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Principi Lean applicati alla divisione Shoes del Gruppo Gucci: il caso Tiger Flex srl

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(1)

DIPARTIMENTO DI INGEGNERIA DELL’ENERGIA DEI SISTEMI,

DEL TERRITORIO E DELLE COSTRUZIONI

RELAZIONE PER IL CONSEGUIMENTO DELLA

LAUREA MAGISTRALE IN INGEGNERIA GESTIONALE

Principi Lean applicati alla divisione Shoes del

Gruppo Gucci: il caso Tiger Flex srl

RELATORI CANDIDATO

Prof. Ing. Gino Dino Linda Pucci

Dipartimento di Ingegneria Civile e Industriale

Federico Bartoli

Direttore di produzione Tiger Flex srl Gruppo Gucci

22/07/2014

(2)

(3)

Linda Pucci

Sommario

Questo lavoro di tesi è il risultato di un periodo di tirocinio, svolto all’interno della divisione calzature del Gruppo Gucci, in particolar modo nel calzaturificio Tiger Flex srl.

Grazie all’applicazione della lean production, verso cui l’azienda aveva intrapreso un avvicinamento già dal 2011, è stato possibile risolvere le due macro criticità emerse in fase iniziale di osservazione ed analisi: assenza di uno standard di lavorazione all’interno delle linee produttive e un numero elevato di “Incidenti di produzione”, con conseguente blocco della produzione stessa, all’immissione di un nuovo articolo in linea. Implementando gli strumenti messi a disposizione dalla filosofia lean, è stato possibile creare una nuova situazione, standardizzarla e mantenerla; la fase successiva è stata la creazione di una metodologia che consentisse l’anticipazione dei problemi, la proposta di soluzioni e scelta finale prima dell’avvio in produzione. Tale metodo è stato poi applicato su due diversi articoli per valutarne gli effettivi benefici.

Abstract

This thesis is the result of an internship period, carried out within the Gucci Group footwear division in the Tiger Flex srl shoe factory. Thanks to the application of lean production methodology, already approached by the company since 2011, it has been possible to solve the two main problems that came up in the initial phase of observation and analysis: the absence of a work flow in the production lines and a large number of “production incidents”, that caused stops of production, during the introduction of a new article in line. By implementing the lean philosophy's tools, it has been possible to create a new situation and standardize it; the next step has been the creation of a methodology that would allow to detect any problem in advance, setup a solution and make the final choice before serial production. This method has been then applied on two different products in order to evaluate its effectiveness.

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Introduzione 1. Il contesto di riferimento ... 1 1.1 Il Gruppo Gucci ... 2 1.1.1 La storia ... 2 1.1.2 La divisione Shoes ... 3 1.2 Tiger Flex srl ... 5

1.2.1 Le tappe della crescita aziendale ... 5

1.2.2 La produzione ... 7

1.2.3 La struttura dell’azienda ... 7

2. La situazione attuale in Tiger Flex ... 9

2.1 Introduzione ... 10

2.2 La calzatura: i suoi componenti ... 10

2.3 Il processo produttivo ... 12

2.3.1 Il montaggio e il finissaggio in Tiger Flex ... 15

2.3.2 Strobel ... 20

2.3.3 Blake ... 22

2.4 Progettazione di una nuova collezione ... 31

2.4.1 Industrializzazione ... 32

2.4.1.1 La preserie ... 32

2.5 Problematiche riscontrate ... 33

2.6 Obiettivi della tesi ... 36

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3.2 Nascita ed evoluzione ... 39

3.3 I due concetti chiave ... 41

3.3.1 Creazione del valore ... 42

3.3.2 L’abbattimento degli sprechi ... 42

3.3.3 I Muda ... 44

3.4 I principi del Lean Thinking ... 49

3.5 Gli strumenti e tecniche lean... 51

3.5.1 Il Just in Time ... 52

3.5.2 Il Kanban ... 52

3.5.3 Visual Management ... 53

3.5.4 Le 5S ... 53

3.5.5 La Standardizzazione del lavoro ... 61

3.5.6 Il 3P: Production Preparation Process ... 65

4. La standardizzazione del lavoro ... 68

4.1 Introduzione ... 69

4.2 Approccio seguito: PDCA ... 70

4.2.1 Plan ... 70

4.2.2 Do ... 74

4.2.2.1 Osservazione ed analisi ... 74

4.2.2.2 Applicazione delle prime 3S ... 87

4.2.2.3 Standardizzazione: la quarta S ... 96

4.2.3 Check ... 110

4.2.4 Act ... 115

(6)

5. Production Preparation Process ... 122

5.1 Introduzione ... 123

5.2 L’attuale processo di Preserie ... 125

5.3 I macro obiettivi del cambiamento ... 126

5.4 Approccio seguito ... 128

5.4.1 Plan ... 128

5.4.2 Do ... 129

5.4.3 Check ... 137

5.4.4 Act ... 142

6. Prima applicazione della metodologia: articolo BOARD ... 144

6.1 Introduzione ... 145

6.2 Preserie Board ... 145

6.2.1 Analisi dei problemi emersi ... 151

6.2.1.1 Prove e test di masticiatura ... 151

6.2.1.2 Creazione di attrezzature e strumenti specifici ... 159

6.2.1.3 Approvvigionamento dei componenti in linea ... 169

6.3 Risultati ottenuti ... 169

7. Seconda applicazione della metodologia: articolo RAFER ... 171

7.1 Introduzione ... 172

7.2 Preserie Rafer ... 172

7.2.1 Analisi dei problemi emersi ... 177

7.2.2 Modifica del layout ... 178

(7)

Bibliografia ... 189 Ringraziamenti ... 192 Allegato A ... 195

(8)

Tiger Flex srl, la maggiore produttrice di calzature da uomo del Gruppo Gucci, ha avuto una rapida crescita negli ultimi anni. L’azienda, dal 2011, si è avvicinata ai principi della lean production o meglio si è dedicata alla diffusione a tutti i livelli aziendali dell’importanza del lean thinking.

Il tirocinio si inserisce proprio qui, all’interno dell’implementazione di una serie di progetti orientati a rivoluzionare il modo di produrre calzature, attraverso l’applicazione di strumenti messi a disposizione dal lean manufacturing.

Il presente elaborato di tesi, risultato di uno stage di sei mesi, è strutturato in sette capitoli.

Il primo capitolo è dedicato alla presentazione del Gruppo Gucci di cui Tiger Flex fa parte e al contesto di riferimento in cui tale lavoro si inserisce.

Il secondo capitolo è volto a strutturare la situazione attuale all’interno di Tiger Flex, attraverso la descrizione del processo produttivo e del processo di progettazione di una nuova calzatura; dall’osservazione ed analisi delle prime settimane di tirocinio è stato possibile, in ottica lean, identificare due macro criticità: l’assenza di uno standard di lavoro e un numero elevato di blocchi di produzione, in seguito alla dichiarazione di “Incidente di produzione” [quando la percentuale di calzature affette da una difettosità riconducibile al ripetersi dello stesso difetto è superiore al 0,5% della produzione giornaliera].

Preso atto della situazione attuale, gli obiettivi hanno riguardato l’avvio, sulle prime due isole di lavorazione, di un processo di standardizzazione principalmente grazie all’utilizzo delle 5S; il secondo importante obiettivo, invece, è stato quello di ridurre il numero di Incidenti di produzione attraverso la modifica del processo di preserie, ultima fase prima dell’ingresso in produzione dell’articolo.

Il terzo capitolo, teorico, permette di effettuare una panoramica sul lean thinking e sui principali strumenti, utilizzati in tesi, messi a disposizione dalla produzione snella. Con il quarto capitolo si inizia a dettagliare la parte operativa del lavoro, descrivendo tutte le attività ed i risultati relativi al processo di standardizzazione.

Il quinto capitolo riguarda la descrizione delle modifiche al processo di preserie e la creazione di un metodo, ovvero un documento che consente di conoscere le attività e i tempi richiesti per la realizzazione dell’articolo, nonché la risoluzione di particolari problemi che potrebbero presentarsi in produzione.

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modifica al processo di preserie.

La tesi si conclude con un capitolo volto a evidenziare i risultati ottenuti e gli sviluppi futuri che nascono dall’implementazione dei progetti sopra descritti.

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1. Il contesto di

riferimento

(11)

2

1.1 Il Gruppo Gucci

1.1.1 La storia

L’azienda Gucci nasce nel 1921 a Firenze come azienda specializzata in pelletterie artigianali ed oggi è una delle più importanti e prestigiose maison italiane di alta moda e articoli di lusso. Il famoso logo con due G intrecciate simboleggia le iniziali dello storico fondatore e nasce nella metà degli anni ’60 resistendo al tempo e alle mode, e rimanendo una certezza che affonda le sue radici nella storia viva del marchio.

La casa di moda è passata attraverso gli avvenimenti più importanti del 900, ha vissuto il periodo della guerra e si è affermata come simbolo del successo, della crescita e della ripresa economica del nostro paese. Fu fondata da Guccio Gucci, artigiano pellettiere, proprio nella sua città natale, Firenze. In pochi anni il marchio ottiene un tale successo che i sofisticati clienti di livello internazionale in vacanza a Firenze affollano la bottega Gucci in cerca delle collezioni di borse, bauli, guanti, scarpe e cinture ispirate al mondo equestre. Fin dall’inizio il marchio è stato apprezzato da una clientela di alto livello, amante degli accessori ricercati, dello stile e della tradizione artigiana, tipica del territorio fiorentino.

Negli anni, la casa di moda comincia a svilupparsi ulteriormente e a pensare in grande con l’apertura di boutique in diverse città italiane. Alla scomparsa di Guccio Gucci nel 1953, i suo figli ereditano l’attività continuando ad espandersi all’estero aprendo negozi a Londra, Parigi e Beverly Hills.

Nel 1994, Tom Ford diventa direttore creativo di Gucci ed infonde nel marchio di lusso uno spirito audace e provocatorio che viene apprezzato dalle celebrità e dal mondo della moda. Il mondo dell’equitazione è nel codice genetico del marchio, come testimoniano il morsetto, la staffa e il nastro verde-rosso-verde, presenti nei prodotti Gucci. Nel 1995 Domenico De Sole viene nominato Amministratore delegato e Gucci compie la grande trasformazione, diventando definitivamente una società quotata in borsa.

Gucci viene nominata “Società europea del 1998” dalla Federazione della Stampa Economica Europea per le sue performance economiche e finanziarie, per la sua visione strategica e per la qualità della sua gestione.

Gucci continua nel rafforzamento dei valori sui quali ha costruito la propria reputazione in quasi 90 anni di storia: esclusività, qualità, made in Italy e autorità nel campo della moda.

(12)

3 Ad oggi, Gucci, appartenente alla holding Kering, ha più di 8000 dipendenti, oltre ad un indotto di 45000 persone e 750 fornitori.

Nel corso degli anni l’azienda si è avvalsa della collaborazione di altre aziende di produzione, alcune di totale proprietà, altre appartenenti in percentuale variabile all’azienda stessa.

1.1.2 La divisione Shoes

Fin dalle sue origini la divisione calzature è stata un punto di forza per tutta l’azienda Gucci, contribuendo a diffondere l’immagine dell’eccellenza e lo stile Gucci in tutto il mondo.

Il settore, negli ultimi anni ha avuto una crescita lineare (escludendo il periodo che ha riguardato la forte crisi globale del 2008 e 2009). Analizzando nel dettaglio le categorie merceologiche, è cresciuta la quota di mercato relativa alle collezioni uomo, e negli ultimi anni, a seguito della recente introduzione, ha avuto una forte espansione la quota delle calzature baby e kids.

La mission dell’azienda per questa divisione è:

“Fare le scarpe più desiderate e belle del mondo”.

Nel settore calzaturiero, fortemente “labour intensive”, la quasi totalità delle aziende ha optato per la delocalizzazione del loro sistema produttivo, con l’obiettivo di ridurre drasticamente i costi delle produzione: la riduzione dei costi di produzione è stata possibile, rivolgendosi a paesi dove il costo della manodopera è minimo e il peso delle imposte è nettamente vantaggioso.

La strategia di Gucci, a differenza dei suoi competitors diretti, e in generale, delle aziende dello stesso settore, è stata in controtendenza rispetto a questo fenomeno.

L’azienda ha concretizzato la volontà di rimanere legata alle proprie origini, mantenendo la produzione in Italia, conservando la passione, l’amore e la qualità che ha sempre distinto il marchio: tale scelta ha contribuito al sostegno del settore calzaturiero italiano.

La presenza dell’azienda fiorentina si è radicata principalmente in Toscana e nelle Marche, storicamente le due principali regioni italiane dedicate al settore calzaturiero.

(13)

4 In queste regioni, come rappresentato in Fig. 1, Gucci ha creato un network di stabilimenti produttivi costituito da:

 Calzaturifici di cui Gucci è diventata proprietaria (acquistati dalle proprietà originarie).

 Calzaturifici con cui Gucci ha stretto delle collaborazioni (fornitori esclusivi del gruppo).

Figura 1 - Gucci Shoes Business Unit

Per la donna, Gucci possiede i due calzaturifici Pigini e Flora, mentre per l’uomo Tiger Flex e Crest.

Nell’indotto Gucci, creato sul territorio nazionale, solo relativamente alla produzione di calzature, sono coinvolte 1470 persone, con quasi due milioni di calzature prodotte all’anno.

Da questi dati è possibile evincere che la delocalizzazione di queste attività all’estero, verso paesi caratterizzati da un costo della manodopera minore, avrebbe un impatto sociale significativo, mettendo in crisi intere aree del Paese.

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5

1.2 Tiger Flex srl

1.2.1 Le tappe della crescita aziendale

Nel 1952 viene fondata la Tiger Flex dai F.lli Bruno e Marino Bartoli, in una piccola sede con soli quattro dipendenti, a Monsummano Terme (PT).

Fin dall’inizio della sua attività l’azienda ha avuto un’impostazione artigianale dedita alla produzione di calzature da uomo.

Nel decennio successivo, dal 1960 al 1970 l’azienda si ingrandisce, il numero dei dipendenti aumenta fino a 60 e la produzione si spinge fino a 700 paia al giorno.

In questi anni arrivano le prime griffes con le quali il calzaturificio realizza delle collaborazioni, tra le più importanti: Pierre Cardin, YSL, C.Jourdan.

Nello stesso periodo viene lanciato il marchio proprietario, Tiger Flex.

Figura 2 - Calzaturificio Tiger Flex nel 1952

Nel 1975 la produzione si trasferisce nella nuova sede di via Risorgimento, denominata T1.

Nel 1990 l’azienda continua a svilupparsi, stringendo una partnership con le aziende produttrici di calzature Bally e Rockport.

Nel 1994 il Tiger Flex diventa fornitore del gruppo Gucci.

Nel 1998 nasce una partnership con Prada per la realizzazione di una nuova tipologia di prodotto: la sneaker.

Nel 2002 la Gucci acquista la quota di maggioranza di Tiger Flex srl e il calzaturificio entra a far parte del gruppo.

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6 Oggi Tiger Flex, grazie al suo management è diventata una realtà solida e all’avanguardia, con 180 dipendenti, una produzione che supera le 400 mila paia all’anno e un fatturato che raggiunge i 34 milioni di euro.

Figura 3 - Produzione di Tiger Flex negli anni

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7

1.2.2 La produzione

La produzione di Tiger Flex spazia su 140 diversi articoli maschili, che vanno dalle calzature eleganti, casual e sneakers.

Il calzaturificio Tiger Flex fornisce la maggior parte delle calzature della linea uomo Gucci.

Figura 5 - Esempi di calzature prodotte all'interno di Tiger Flex

La capacità produttiva complessiva è di circa 1200/1300 paia/giorno realizzate internamente con l’aggiunta di 700/900 paia/giorno realizzate da terzisti, che puntualmente consegnano alla fine della giornata lavorativa, permettendo così a Tiger Flex di effettuare una fatturazione quotidiana di prodotto finito pari a 2000/2100 paia/giorno.

1.2.3 La struttura dell’azienda

Tiger Flex Srl ha il suo stabilimento principale in Via Risorgimento a Monsummano Terme (PT), dove sono presenti i due stabilimenti denominati rispettivamente T1 (uffici e produzione) e T2 (magazzino).

Dal 2010 è stato realizzato un altro sito produttivo situato a Serravalle Pistoiese, il T3, utilizzato come sede per la formazione di giovani stagisti.

Il T1 è lo stabilimento produttivo principale, si estende su una superficie di 3.000 mq ed è diviso nei seguenti reparti:

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8  Ufficio produzione/acquisti, dove sono gestiti gli acquisti e la produzione vera e

propria.

 Il reparto modelleria, dove viene svolta l’industrializzazione del prodotto.

 Il reparto taglio, dove sono tagliati i pellami e preparati i documenti di consultazione tecnica per le aggiunterie.

Figura 6 - Stabilimento produttivo T1

Lo stabilimento chiamato T2, posto a fianco del T1, è il magazzino. E’ organizzato nelle seguenti aree:

 Ricezione e controllo merce in ingresso.  Ufficio back office

 Stoccaggio e prelievo materiali  Trasloelevatore e formazione kit  Spedizione del prodotto finito.

Le operazioni di stoccaggio, prelievo e allestimento kit sono realizzate all’interno di due aree che presentano soluzioni differenziate : una prima zona (890 mq) è attrezzata con scaffalature tradizionali porta-pallet bifronti, mentre una seconda area (160 mq) è occupata dal sistema automatizzato miniload, ovvero traslo elevatore.

Inoltre viene dedicata una piccola zona del magazzino al controllo qualità dei

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2. La situazione

attuale in Tiger

Flex

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10

2.1 Introduzione

Nel presente capitolo viene descritto l’intero processo che concorre alla realizzazione di una nuova calzatura.

In particolare, dopo un primo paragrafo volto alla descrizione generica di una scarpa e dei suoi principali componenti, è necessario dare un primo inquadramento generale relativo al processo produttivo che coinvolge tutte le aziende della filiera delle calzature.

All’interno del processo produttivo in questione ci si soffermerà sulle fasi svolte effettivamente all’interno di Tiger Flex, ovvero il montaggio e il finissaggio.

Viene data poi una panoramica sui processi a monte della produzione, ovvero la prototipia, il campionario e l’industrializzazione, quest’ultima a sua volta composta da prova calzata e preserie; tali processi si svolgono ogni qualvolta viene realizzata una nuova collezione e quindi ogni qualvolta viene lanciato un nuovo articolo.

Successivamente ci si concentra sulle criticità riscontrate all’interno di Tiger Flex, emerse durante la prima fase di osservazione ed analisi della produzione e in ultima istanza quindi si andrà a definire gli obiettivi che il tirocinio si prefigge.

2.2 La calzatura: i suoi componenti

Prima di procedere con la descrizione del processo produttivo vero e proprio si ritiene necessario per maggior chiarezza e comprensione del lavoro svolto, dare una panoramica dei principali componenti relativi ad una calzatura.

Va detto che esistono varie tipologie di calzature, che spaziano dallo sportivo all’elegante e che sono realizzate con i più svariati materiali; in ogni caso è possibile individuare degli elementi comuni a tutte le tipologie, che concorrono alla realizzazione di una scarpa, di qualsiasi tipologia essa sia.

Si rimanda comunque al Paragrafo 2.3.1 per una maggiore chiarezza sulle tipologie di articoli prodotti all’interno di Tiger Flex.

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11 I principali componenti necessari alla produzione di una calzatura sono:

Forma

E’ la rappresentazione geometrica della sagoma e delle dimensioni del piede e come tale viene utilizzata durante le diverse fasi del ciclo produttivo della calzatura. Viene realizzata in legno o in plastica e riprodotta in due pezzi, destro e sinistro, tra loro perfettamente simmetrici.

A seconda della lavorazione e del genere di calzatura da realizzare si utilizzano differenti tipologie di forme.

Soletta o sottopiede

E' la parte interna della scarpa, sulla quale viene incollata la tomaia e la suola; può essere rivestita di pelle sui lati esterni ed essere visibile, ad esempio nei sandali e nelle scarpe aperte. La soletta, infatti, viene applicata alla parte inferiore della forma per permettere il montaggio della tomaia; non sempre però viene applicata intera: in particolari lavorazioni viene applicata soltanto la parte corrispondente al tallone, che viene chiamata allora "tallonetta".

Suola o fondo

La suola è quella parte della scarpa, tradizionalmente intesa a proteggere la pianta del piede; inoltre, a seconda del materiale con cui è realizzata, essa garantisce caratteristiche funzionali che vanno dall'impermeabilità, all'aderenza sul terreno, alla leggerezza, alla resistenza a fluidi ed oli. La scelta del tipo di suola più adatto dipende quindi, in primo luogo, dalle esigenze che la calzatura, sulla quale la suola stessa dovrà essere applicata, intende soddisfare.

In generale si assisterà ad un uso più frequente di suole in cuoio per scarpe classiche ed eleganti, di suole in materiali espansi (gomma o poliuretano) per calzature più sportive e confortevoli.

Il cuoio infatti, materiale naturale per eccellenza, permette la realizzazione di fondi assai sottili e di gran classe, oltre a facilitare la traspirazione del piede; su terreni bagnati il fondo in cuoio tende tuttavia ad essere molto scivoloso e si impregna rapidamente di umidità, diventando addirittura inutilizzabile su terreni sconnessi.

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12 peso specifico relativamente basso e risultano particolarmente confortevoli; la loro scarsa resistenza all'abrasione ed alla lacerazione li rende però inadatti per utilizzi tecnici.

Tomaia

La tomaia è la parte superiore della scarpa, che viene fissata al sottopiede ed alla suola. Le parti che compongono la tomaia sono:

- la mascherina e la puntina, che insieme formano la parte anteriore; - i quartieri, che formano i lati e la parte posteriore;

- i riporti, cioè quei pezzi staccati che servono per completare i quartieri e la mascherina (listini, linguetta, decorazioni, rinforzi, sperone, e così via);

- la fodera, che può essere intera o a più pezzi.

Nelle fasi di realizzazione della tomaia l’operazione di giunteria è quella ricopre il ruolo centrale. Essa consiste nell’incollaggio delle varie parti della tomaia prima che vengano fissate dalle cuciture.

Tacco

E’ un rialzo realizzato in diversi spessori ed applicato sotto il tallone; serve per dare alla scarpa un determinato assetto. La struttura del tacco è sempre riferita al tipo di scarpa ed al sistema di lavorazione adottato; il tacco, precedentemente incollato alla sua sede con materiali termoplastici, viene poi fissato al sottopiede dall’interno della scarpa per mezzo di viti o chiodi sufficientemente lunghi, al fine di assicurarne l’ancoraggio nel tempo.

2.3 Il processo produttivo

Il processo produttivo delle calzature, a differenza di quanto si possa immaginare, è piuttosto complesso ed è molto difficile che esso si svolga interamente all’interno di un’unica realtà aziendale. Tipicamente le aziende della filiera si dedicano alla realizzazione di componenti, parti o materiali o di specifiche fasi di lavorazione.

Per questo è possibile effettuare una prima macroclassificazione delle aziende che costituiscono la filiera:

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13 1. Imprese specializzate nella realizzazione e lavorazione della parte superiore

della calzatura, denominata tomaia.

2. Imprese specializzate nella realizzazione e lavorazione di componenti del fondo come suole o tacchi.

3. Imprese che forniscono le parti accessorie, che consentono di completare il prodotto finito.

4. Imprese che svolgono le fasi essenziali del ciclo produttivo cioè le fasi di montaggio, di assemblaggio e finissaggio del prodotto finito, ovvero i calzaturifici veri e propri.

Il ciclo produttivo relativo alla produzione di una calzatura è sintetizzato in Fig.7:

Figura 7 - Il processo produttivo di una calzatura

Si nota bene come le fasi che concorrono alla realizzazione di una calzatura siano essenzialmente quattro.

La prima fase, quella di taglio, può apparire semplice, ma è tra le più complesse e delicate, infatti è da questa fase che dipendono tutte le altre. In sostanza la fase di taglio del pellame comprende tutte le operazioni relative alla realizzazione delle parti di tomaia che completano la calzatura.

E’ chiaro che il tagliatore deve utilizzare al meglio il materiale che ha a disposizione, cercando di ottenere da ogni dimensione di pellame il miglior risultato con il minore scarto possibile: deve fare attenzione nel comporre lo schema di taglio attraverso il piazzamento dei modelli, tenendo sempre presente la relazione esistente tra le

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14 caratteristiche delle specifiche parti del pellame e le esigenze di lavorazione delle diverse sezioni della tomaia: nella calzatura, infatti, i punti di maggiore sollecitazione devono essere realizzati con la parte migliore del pellame.

Le tecnologie principali utilizzate per realizzare tale fase sono:

 Taglio in continuo: si utilizzano sistemi computerizzati che permettono la realizzazione automatica di tutte le operazioni del processo di taglio con un controllo digitale.

 Taglio con fustella: consiste nella pressione esercitata sulla superficie del pellame mediante un utensile di taglio, detto fustella, realizzato con un nastro tagliente sagomato sulla geometria del pezzo da tagliare.

In seguito alla fase di taglio si procede con la preparazione della tomaia ovvero si passa alla fase di aggiunteria (giunteria) o orlatura tramite la quale si ottengono alcuni importanti effetti sulla tomaia tra cui:

 assottigliamento del pellame  ripiegatura degli orli

 spianatura e martellatura delle cuciture della tomaia  profilatura

 bordatura  risvoltatura  dentellatura

 marcatura e timbratura della tomaia

In seguito a ciò le varie parti della tomaia vengono quindi assemblate alla fodera tramite appunto l’operazione di orlatura, la quale consiste nel cucire con ago e filo le varie parti insieme.

La fase successiva è quella di montaggio, all’interno della quale rientrano una serie di macro operazioni, tra cui la cucitura, il montaggio vero e proprio e la suolatura. Questa fase verrà descritta dettagliatamente in seguito.

La fase di finissaggio ha come obiettivo quello di preparare il prodotto per la vendita per cui si procede alla pulizia della scarpa con prodotti e materiali appositi, ad inserire lacci e ad inscatolare il prodotto.

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15 All’interno di Tiger Flex si svolgono le attività di montaggio e finissaggio ed una piccola parte del taglio.

La maggior parte delle operazioni di aggiunteria sono esternalizzate ad aziende collocate in Serbia.

2.3.1 Il montaggio e il finissaggio in Tiger Flex

Come accennato nel Capitolo 1, Tiger Flex ha una produzione estremamente differenziata; tuttavia è possibile classificare tutti i prodotti in due macro categorie:

 Strobel, che prende il nome dalla particolare cucitura a cui è sottoposta la calzatura, appunto Cucitura Strobel. La lavorazione Strobel, come è facile intuire anche dal nome, si caratterizza per la particolare morbidezza e flessibilità del prodotto. La cucitura è la fase più importante e che meglio identifica questa lavorazione: la tomaia viene cucita con la soletta lungo tutto il suo perimetro con molta attenzione e cura. Questa tecnica rende la scarpa estremamente comoda grazie al fatto che camminandoci assumerà la forma del piede migliorando la circolazione sanguigna e alleviando la stanchezza delle gambe, flessibile perché non presenta eccessi di pellame sotto la soletta come accade per l’assemblaggio con altre tecniche di lavorazione. Dopo l’assemblaggio della tomaia con la soletta, la forma viene inserita nella scarpa per essere stirata e preparata per l’assemblaggio col fondo.

Rientrano in questa categoria le cosidette sneakers.

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16  Blake, anch’essa prende il nome dalla particolare cucitura alla quale le calzature devono essere sottoposte. Si tratta tipicamente di calzature con la tomaia in cuoio; nella lavorazione Blake l’assemblaggio della suola, sottopiede e tomaia, avviene mediante una sola cucitura. La scarpa viene tolta dalla forma per essere cucita, poi rimessa di nuovo in forma per provvedere alla fresatura, molatura e tintura di suola e tacchi. Rientrano in questa categoria la maggior parte di scarpe eleganti ed il classico e famoso mocassino Gucci, mostrato in Fig. 9.

Figura 9 - Mocassini Gucci

Il periodo iniziale dello stage ha visto anche un’altra tipologia di lavorazione definita Ago: la lavorazione ad ago è quella tipica della produzione calzaturiera italiana per l’estrema robustezza e tenuta. Questo tipo di produzione necessita dell’uso di macchinari sofisticati per poter dare al prodotto un aspetto migliore. Infatti, dopo il taglio e la cucitura dei componenti, è estremamente importante la fase di montaggio della parte anteriore della scarpa nella forma. Questo procedimento è molto importante per controllare che il pellame sia ben stirato e che la scarpa sia montata correttamente. Per questo si avvale di personale con esperienza decennale. La fase successiva è la chiusura e lo stiraggio della parte posteriore della scarpa sotto l’occhio attento dell’addetto alla produzione. L’incollaggio del fondo è rigorosamente effettuato a mano da personale di esperienza decennale per avere un controllo di qualità migliore ed evitare sbavature o filamenti che potrebbero incidere sull’aspetto esteriore del prodotto. L’azienda ha tuttavia deciso di esternalizzare, a causa di una scelta strategica, tale lavorazione e quindi di dismettere un’intera manovia, mantenendo per tale lavorazione una piccola manovia, parallela alla produzione, che verrà descritta in seguito.

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17 Poiché l’azienda era nel vivo dell’implementazione di una serie di progetti lean il periodo di tirocinio ha visto la trasformazione da manovie ad isole di lavorazione passando dalla configurazione riportata in Fig. 10:

Figura 10 - Configurazione Layout con manovie

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18

Figura 11 - Attuale configurazione Layout con Isole

Si nota come le manovie presenti in azienda abbiano lasciato il posto ad isole di lavorazione, che si configurano come un layout ottimale per la gestione della produzione a flusso e per garantire le migliori condizioni e una buona ergonomia per gli operatori.

Va specificato che l’azienda, come citato precedentemente, aveva uno stabilimento produttivo a Serravalle Pistoiese, che prende il nome di T3, che aveva la funzione di scuola di formazione per nuovi stagisti, ragazzi che affiancando un tutor all’interno delle varie fasi di lavoro, imparavano passo passo le varie attività per la realizzazione di una calzatura.

Il T3, all’interno di questa situazione di rinnovamento, è stato inserito all’interno dell’azienda stessa, in un’area esattamente parallela al reparto produttivo.

Ad essa è stata dedicata la lavorazione Ago che, come è stato precedentemente specificato, è stata affidata ad aziende esterne, ma in piccola parte si è deciso di mantenere una ristretta produzione interna.

Globalmente, all’interno di Tiger vengono realizzate circa 1200/1300 paia giornaliere, così distribuite:

 330 paia per ciascuna isola Strobel  270 paia per l’isola Blake

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19 La fase di scatolatura (ultima fase dell’intero processo produttivo) di ognuna delle cinque linee (compreso il T3) è asservita da un AGV, programmato per fermarsi nelle stazioni terminali delle cinque linee per prelevare i colli di scatole finite e trasportarli alla linea di imballaggio, presente nello stabilimento e situata parallelamente al T3.

La configurazione del layout produttivo attuale è riportata in Fig.12.

Figura 12 – Layout attuale dello stabilimento produttivo

Il montaggio e il finissaggio, le due macroattività che vengono svolte all’interno di Tiger Flex, sono diversi sia per numerosità delle attività che per complessità, quando si parla di Strobel o differentemente di Blake.

1 2 3 4

T3

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20

2.3.2 Strobel

Per quanto riguarda lo Strobel, le macroattività nelle quali si può suddividere il flusso, e che corrispondono alle tipiche postazioni in cui si suddivide la linea, sono:

1. Preparazione kit 2. Cambratura 3. Cucitura Strobel 4. Montaggio 5. Masticiatura 6. Suolatura 7. Cucitura fondo 8. Finissaggio 9. Scatolatura Preparazione kit

La preparazione kit è l’attività preliminare a tutte le attività. Infatti tramite questa attività sostanzialmente si va a preparare tutti i componenti necessari alle varie attività successive.

Essa prevede una serie di microattività che sono:  Prelevare cassette

 Preparare forme  Avanzare bolla al PC

 Accoppiare solette con forme  Accoppiare tomaie con forme  Svuotare carrello forme

 Posizionare fussbett e suole sul carrello

Cambratura

La cambratura è quell’attività svolta attraverso la macchina cambratrice che va a dare una forma migliore alla parte anteriore e posteriore della tomaia.

(30)

21 Cucitura Strobel

Tramite questa attività si va a cucire, tramite appunto la cucitrice Strobel, la soletta con la tomaia precedentemente cardata.

Montaggio

Il montaggio è l’attività volta a inserire la forma nella tomaia cucita con la soletta. Essa prevede una serie di microattività che sono:

-Gestione pieno/vuoto cartoncini -Insaccare tomaia

-Allacciare tomaia con spago -Inserimento in forno

Masticiatura

La masticatura è la fase in cui si va a stendere il collante sulla soletta e sul fondo, per il loro successivo accoppiamento. Per alcune tipologie di calzature è sufficiente una prima mano di colla, mentre per altre occorre la prima e la seconda mano.

Suolatura

La suolatura prevede l’accoppiamento della tomaia con il fondo ed essa è composta da: -Suolatura

-Pulire e inserire in frigo

Cucitura fondo

In seguito all’accoppiamento della suola con la tomaia, è necessario cucire insieme le due parti per garantire una maggiore tenuta.

Finissaggio

Il finissaggio è una fase estremamente importante del processo produttivo, infatti tramite essa si va a finire la scarpa prima di essere inscatolata.

Innanzitutto è necessario togliere lo spago (inserito nella fase di montaggio al posto dei reali lacci, che vengono inseriti in questa fase). In seguito a ciò devono essere eseguite tutta una serie di attività volte a pulire e terminare la scarpa:

-Inserire fussbett

(31)

22 -Allacciare e inserire carta riempitiva

-Rifinire

-Inserire scarpa nel sacchetto trasparente

Scatolatura

La scatolatura è l’ultima attività che necessita la scarpa prima di essere inviata alla linea di imballaggio e di essere quindi spedita. Nel dettaglio essa consta delle seguenti microattività:

 Funzione SHCV  Scatolare

 Chiusura bolla al PC  Funzione CKCI

 Chiusura collo e avanzamento su rulliera  Scarico baia

 Inserimento ritardi

2.3.3 Blake

Per quanto riguarda la Blake, le attività sono più numerose e più complesse:

1. Preparazione kit 2. Topponatura 3. Montaggio 4. Gestione forno 5. Lavorazione Betis

6. Preparazione alla masticiatura 7. Masticiatura 8. Suolatura 9. Alzare increne 10. Cucitura Blake 11. Abbassare increne 12. Lavorazione suola

(32)

23 13. Finissaggio suola

14. Finissaggio tomaia 15. Scatolatura

Si descrivono di seguito quelle attività che o sono in più o che differiscono rispetto allo Strobel:

Topponatura

La topponatura è il corrispondente della cambratura nello Strobel. Anch’essa, tramite dei macchinari, serve a dare una migliore forma alla tomaia.

Montaggio

Il montaggio Blake, rispetto allo Strobel, è un’attività estremamente complessa e faticosa tanto che è affidata ad operatori uomini con esperienza pluriennale. Questa attività si avvale di due macchinari, denominati premonta e calzera, che hanno l’obiettivo di insaccare la forma all’interno della tomaia e di bloccare le due parti (visto che in questo caso non si hanno soletti cuciti alla tomaia e quindi quest’ultima nella parte sottostante è aperta) con delle spillature.

Gestione forno

La gestione forno prevede che, in seguito al montaggi, la calzatura venga fatta passare all’interno del forno, con un programma apposito per ogni calzatura (dipendente dalla tipologia della tomaia).

Lavorazione Betis

Tale lavorazione è tipicamente svolta da donne e rappresenta l’attività più delicata relativa ad una calzatura. Essa, infatti, consente di donare alla tomaia, tramite dei prodotti appositi, la sfumatura di colore richiesta. E’ un’attività che richiede estrema precisione ed ha una durata molto elevata.

Preparazione masticiatura

A differenza dello Strobel la parte sottostante della tomaia che aderisce alla forma tramite spillature deve essere lavorata prima di passare alla fase di masticiatura. Tramite

(33)

24 macchine come la basatrice e la cardatrice, si va a sgrossare la zona sottostante per renderla idonea per la stesura del mastice.

Alzare/Abbassare increne

In seguito alla suolatura, ovvero dopo aver accoppiato la tomaia con la suola, la lavorazione Blake richiede un’attività particolare, cioè di alzare l’increne (rappresentato in Fig.13).

Figura 13 - Increne

Dopo aver alzato questa piccola parte di suola, si procede con la cucitura Blake proprio all’interno di questo “pezzettino” e si provvede poi a riabbassare l’increne, dopo averlo mastciato, tramite un macchinario apposito.

Lavorazione suola

La lavorazione della suola prevede tutta una serie di microattività che possono essere così riassunte:

 Spomiciare suola e tacco  Spazzolare suola

 Disegnare riga ornamentale  Applicare pastina su suola  Decorare suola con lissa  Spazzolare bordo suola

(34)

25 Finissaggio suola

 Applicare chiodi ornamentali  Spazzolare/lucidare suola  Sformatura  Inchiodare Finissaggio tomaia  Pulire/trattare tomaia  Stirare tomaia

 Pulire tomaia interno/esterno  Applicare ravvivante/antiacqua

Dopo aver descritto le varie operazioni può essere utile, per vedere la differenza sia di numerosità delle operazioni che di durata, riportare il ciclo di lavorazione di due diversi articoli, il primo realizzato con lavorazione Strobel, mentre il secondo con una lavorazione Blake.

In Fig 14 e in Fig. 15 si riporta un generico ciclo Strobel e un generico ciclo Blake. E’ evidente come essi differiscano per numero di operazioni, tipologia di operazione e tempo ciclo.

(35)

26

Progressivo Tipo Operazione Tempo Fase [SEC]

1 Prelievo e apertura sacco tomaie 0,7

2 Avanzamento bolla al pc 4,1

3 Trasporto kit da stock MP a cambratura 1,2

4 Cambratura puntale 24,1

5 Cambratura con pollo 24,1

6 Riporre tomaie cambrate in cassetta 0,8

7 Trasporto kit da cambratura a stock forme 1,5

8 Preparazione forme 11,6

9 Accoppiamento tomaie con forme 4,32

10 Accoppiamento tomaie con soletti 4,6

11 Trasporto kit a finissaggio 4,55

12 Trasporto fondi a suolatura e prelievo vuoti 2,55 13 Trasporto carrello a cucitura strobel 1,2

14 Cucitura Strobel 56,9

15 Trasporto carrello a montaggio 1,2

16 Montaggio Strobel 54,6

17 Inserimento forno riattivatore 11,7

18 Spostamento carrello suolatura 1,7

19 Suolatura 37

20 Inserimento in frigo 4

21 Rimozione forma 19,3

22 Rimozione fodera superiore 22

23 Eliminazione nastrino interno 44

24 Cucitura fondo 124,8

25 Set-up macchina da cucire 12

26 Inserimento fussbett 7,7

27 Applicazione bollini misura 15,2

28 Inserimento carta riempitiva 13,4

29 Finissaggio 17,5

30 Inserimento in sacchetto di plastica 10,9

31 Funzione SHCV e stampa etichette 2,09

32 Preparazione nuovo collo 3,37

33 Scatolatura 61,4

34 Chiusura bolla al pc 4,98

35 Funzione CKCI 2,54

36 Chiusura collo e avanzamento su rulliera 2,85

37 Scarico baia 0,63

38 Scarico carrello forme 16,7

633,78

(36)

27

Progressivo Tipo Operazione Descrizione operazione Tempo fase[SEC] Nr. operatore

1 Prelievo cassette da area stock MP 3000-Prelievo cassette da area stock MP 0,8 1

2 Trasporto tomaie da stock MP a montaggio 3010-Trasporto tomaie da stock MP a montaggio 1,9 1

3 Trasporto suole da montaggio a stock forme 3020-Trasporto suole da montaggio a stock forme 1,1 1

4 Preparazione forme 3030-Preparazione forme 10,7 1

5 Trasporto carrello da stock forme a montaggio 3040-Trasporto carrello da stock forme a montaggio 1,0 1

6 Accoppiamento e chiodatura tallonetta-forma 3050-Accoppiamento e chiodatura tallonetta-forma 23,7 1

7 Avanzamento bolla al pc 3060-Avanzamento bolla al pc 3,4 1

8 Rimozione sacchetto 3070-Rimozione sacchetto 6,6 2

9 Inserimento cartoncino sottopassante 3080-Inserimento cartoncino sottopassante 10,8 2

10 Accoppiamento tomaie-forme 3090-Accoppiamento tomaie-forme 4,8 2

11 Trasporto cassetta vuota da montaggio a stock MP 3100-Trasporto cassetta vuota da montaggio a stock MP 1,5 1

12 Inserimento tomaie in umidificatore punta 3110-Inserimento tomaie in umidificatore punta 13,0 2

13 Spruzzatura lubrificante calzante 3120-Spruzzatura lubrificante calzante 0,8 2

14 Insaccamento tomaia 3130-Insaccamento tomaia 28,4 2

15 Chiusura fianchi con punti pelle 3140-Chiusura fianchi con punti pelle 31,5 2

16 Set-up spillatrice 3150-Set-up spillatrice 0,4 3

17 Chiusura fianchi a boetta 3160-Chiusura fianchi a boetta 36,4 3

18 Set-up macchina montaggio 3170-Set-up macchina montaggio 0,6 3

19 Trasporto carrello da montaggio a forno 3180-Trasporto carrello da montaggio a forno 2,1 3

(37)

28

21

Set-up forno

3200-Set-up forno

1,3

4

22

Passaggio al soffione

3210-Passaggio al soffione

38,2

4

23

Carico forno

3220-Carico forno

5,7

4

24

Trasporto carrello da monte a valle del forno

3230-Trasporto carrello da monte a valle del forno

1,2

4

25

Scarico forno

3240-Scarico forno

4,6

4

26

Rimozione grappe scollo

3250-Rimozione grappe scollo

31,0

4

27

Trasporto carrello da rimozione grappe a lav. BETIS

3260-Trasporto carrello da rimozione grappe a lav. BETIS

2,0

4

28

Trasporto carrello da lav. ROOS a sgrossatura

3310-Trasporto carrello da lav. ROOS a sgrossatura

2,0

4

29

Sfumatura anilina

3270-Sfumatura anilina 307929_BLM00_2535

258,4

5

30

Stiratura lav. Betis

3280-Stiratura lav. Betis 307929_BLM00_2535

199,5

6

31

Mano di saphir

3290-Mano di saphir 307929_BLM00_2535

77,9

6

32

Lucidatura finale

3300-Lucidatura finale 307929_BLM00_2535

27,3

6

33

Sgrossatura

3320-Sgrossatura

18,4

7

34

Basatura tacchi

3330-Basatura tacchi

10,4

7

35

Carico tomaie in manovia

3340-Carico tomaie in manovia

5,9

8

36

Accoppiamento tomaie-suoletti

3350-Accoppiamento tomaie-suoletti

3,7

8

37

Rimozione sacchetto suola

3360-Rimozione sacchetto suola

2,1

8

38

Cardatura automatica

3370-Cardatura automatica

21,6

7

39

Smerigliatura manuale

3380-Smerigliatura manuale

38,4

7

40

Masticiatura suola

3390-Masticiatura suola

34,3

8

(38)

29

41 Masticiatura tomaia 3400-Masticiatura tomaia 44,1 8

42 Suolatura con pressa 3410-Suolatura con pressa 42,0 9

43 Sollevamento increne manuale 3420-Sollevamento increne manuale 7,1 9

44 Sollevamento punto increne 3450-Sollevamento punto increne 22,6 9

45 Rimozione forma automatica 3460-Rimozione forma automatica 13,4 9

46 Cucitura blake 3450-Cucitura blake 43,7 10

47 Set-up rocchettino 3460-Set-up rocchettino 4,7 10

48 Set-up cambio filo 3470-Set-up cambio filo 13,2 10

49 Rimozione cartoncino 3480-Rimozione cartoncino 8,0 10

50 Abbassare increne manualmente 3510-Abbassare increne manualmente 16,6 10

51 Abbassare increne meccanicamente 3520-Abbassare increne meccanicamente 14,5 10

52 Masticiatura increne 3490-Masticiatura increne 70,3 11

53 Messa in forma manuale 3500-Messa in forma manuale 33,8 11

54 Lissatura 3530-Lissatura 16,1 12

55 Spomiciatura suola 3540-Spomiciatura suola 43,1 12

56 Spazzolatura suola 3550-Spazzolatura suola 19,5 12

57 Eliminazione residui con aria compressa 3560-Eliminazione residui con aria compressa 17,6 12

58 Riga ornamentale suola marrone 3570-Riga ornamentale suola marrone 37,7 13

59 Verniciatura suola 3580-Verniciatura suola 28,6 13

60 Smussatura tacco 3590-Smussatura tacco 12,2 13

61 Spazzolatura per eliminazione mastice 3600-Spazzolatura per eliminazione mastice 11,5 13

62 Chiodatura ornamentale punta suola 3610-Chiodatura ornamentale punta suola 14,0 14

63 Lucidatura suola 3640-Lucidatura suola 29,8 14

64 Spazzolatura tomaia 3650-Spazzolatura tomaia 13,4 14

(39)

30

66

Chiodatura tacco

3670-Chiodatura tacco

14,0

14

67

Ribattitura costine e bordo

3690-Ribattitura costine e bordo

20,4

20

68

Rifinitura

3621-Rifinitura 307929_BLM00_2140

78,6

15

69

Eliminazione protezione morsetto

3630-Eliminazione protezione morsetto

10,1

20

70

Incollaggio soletti

3680-Incollaggio soletti

40,3

20

71

Pulizia finale senza forma 307929_BLM00_2140

3701-Pulizia finale senza forma 307929_BLM00_2140

47,0

16

72

Inserimento carta riempitiva

3750-Inserimento carta riempitiva

15,2

16

73

Controllo Qualità

3711-CQ 307929_BLM00_2140

32,5

17

74

Antiacqua

3720-Antiacqua

14,2

16

75

Spazzolatura finale

3730-Spazzolatura finale

22,8

17

76

Lucidatura finale

3740-Lucidatura finale

20,9

17

77

Inserimento in sacchetto di plastica

3760-Inserimento in sacchetto di plastica

10,9

18

78

Preparazione nuovo collo

3770-Preparazione nuovo collo

3,4

18

79

Funzione SHCV e stampa etichette

3780-Funzione SHCV e stampa etichette

2,1

18

80

Scatolatura

3790-scatolatura

61,4

18

81

Chiusura bolla al pc

3800-Chiusura bolla al pc

5,0

18

82

Funzione CKCI

3810-Funzione CKCI

2,5

18

83

Chiusura collo e avanzamento su rulliera

3820-Cchiusura collo e avanzamento su rulliera

2,9

18

84

Scarico baia

3830-Scarico baia

0,6

18

1973,9

(40)

31

2.4 Progettazione di una nuova collezione

La progettazione di una nuova collezione viene svolta per tutti i marchi del Gruppo Gucci dall’ufficio stile a Casellina (FI) con una organizzazione chiaramente suddivisa per categorie di prodotto (uomo/donna) e per brand (si ricorda infatti che all’interno del Gruppo Gucci sono presenti numerosi brand). L’ufficio stile opera secondo gli input ricevuti dall’ufficio ricerca e sviluppo ed è anch’esso suddiviso per categoria di prodotto.

Il processo di progettazione di una nuova collezione viene svolto attraverso una serie di fasi, parte delle quali vengono gestite centralmente da Gucci, mentre le restanti si svolgono in collaborazione con Tiger Flex.

Le fasi attraverso le quali si muove una nuova collezione sono: 1. Merchandising Grid

2. Prototipia 3. Campionario 4. Industrializzazione

Attraverso il Merchandising Grid si vanno a definire i requisiti commerciali e stilistici. I requisiti commerciali derivano da analisi e ricerche di marketing accurate, le quali sono la conseguenza delle caratteristiche possedute dal gruppo di consumatori mirato, dal segmento di mercato del quale essi fanno parte, delle occasioni d’uso e delle funzioni d’uso alle quali è destinata la calzatura e delle motivazioni d’acquisto.

I requisiti stilistici rappresentano le modalità con le quali vengono raffigurate e rappresentate le calzature che si vogliono offrire al mercato prescelto. Essi devono rispettare i requisiti tecnici ed essere coerenti con i requisiti commerciali: il rischio, infatti, è quello di produrre campionari non aderenti alle esigenze di mercato.

La fase successiva è la Prototipia, in conformità a quanto definito nel Merchandising grid, consente di definire quanti e quali prototipi realizzare e le indicazioni dettagliate su quali materiali, forme e accessori sono necessari. La fase di Prototipia si ripete tipicamente due-tre volte prima di giungere ad una decisione definitiva.

Si procede così, con la fase di Campionario: in conformità con quanto definito nell’ultima versione di Prototipia,si definisce quanti e quali campioni realizzare sulla base delle strategie di vendita e si vanno a definire i materiali, le strutture e gli accessori definitivi.

(41)

32 E’ chiaro che in tale fase vengono coinvolti numerosi attori, tra cui Ufficio Costi, Ufficio tecnico/Modelleria, Ufficio Sviluppo prodotto e lo Stile

2.4.1 Industrializzazione

La fase di industrializzazione rappresenta una fase estremamente importante nella progettazione di una calzatura.

Come mostrato in Fig. 16 essa è costituita da due diverse attività: la prova calzata e la preserie.

Figura 16 - Processo di progettazione di una calzatura

Durante la prova calzata si realizzano due paia di quella calzatura di due taglie differenti e si fanno testare (provare) da dei modelli per qualche giorno per verificare la calzata della scarpa. Contemporaneamente i tecnici effettuano una prima valutazione del modello ed al termine delle “due prove calzata/modello” si potrà avere esito positivo o negativo.

Se l’esito è positivo si procede con la realizzazione della preserie.

2.4.1.1 La preserie

La preserie rappresenta l’ultima fase del processo di industrializzazione, fase che precede l’ingresso in produzione del nuovo articolo.

Durante la preserie viene realizzata una “piccola produzione” dell’articolo in questione, infatti si vanno a realizzare una media di quattro paia.

(42)

33 Tra la preserie e l’immissione in produzione del nuovo articolo intercorre tipicamente un periodo di due mesi. Essa rappresenta, quindi, l’ultimo momento utile per osservare il ciclo produttivo che il nuovo articolo necessita.

Nella situazione attuale, all’interno di Tiger Flex, la preserie viene seguita esclusivamente dai modellisti e ispettori Gucci, con l’intento di valutare l’idoneità finale del modello, prima dell’immissione in produzione. Teoricamente nel Documento di Preserie realizzato dai tecnici vengono appuntati anche eventuali problemi che si sono verificati in Preserie. Tuttavia essi seguono tale fase soltanto per quanto riguarda il montaggio, lasciando all’operatore di produzione le restanti attività: è chiaro che eventuali problemi che potrebbero verificarsi in tali momenti non sono sotto la supervisione di nessuno.

Quindi, quando viene lanciato un nuovo articolo, due giorni prima dell’immissione in produzione, vengono effettuate delle stime grazie al supporto del Responsabile di produzione, tramite le quali si cerca appunto di stimare il tempo necessario per ogni attività che l’articolo richiede confrontandolo tipicamente con articoli passati simili e maggiorando/minorando tali tempi sulla base di stime soggettive.

In tal modo si cerca di realizzare un ciclo di lavorazione molto spesso non conoscendo effettivamente le reali attività, talvolta anche specifiche che quell’articolo richiede. Da qui viene realizzato un bilanciamento e assegnate le operazioni agli operatori.

Questo, molto spesso, porta a problemi nei primi giorni di realizzazione del nuovo articolo in questione e ad eventuali dichiarazioni di “Incidente di Produzione”, con blocco di produzione per quell’articolo e conseguenze dannose in termini di rispetto delle date di consegna.

2.5 Problematiche riscontrate

Il periodo iniziale dello stage ha avuto come obiettivo la conoscenza del contesto nel quale si sarebbe andati ad operare e soprattutto delle persone con le quali si sarebbe dovuto collaborare.

(43)

34 Infatti nelle prime settimane del tirocinio l’attività principale è stata quella dell’osservazione approfondita del processo produttivo, del modo di lavorare degli operatori per effettuare una prima panoramica della situazione, individuare le problematiche presenti ed entrare in contatto con gli operatori stessi.

Attraverso un’accurata osservazione ed analisi di questi fattori è stato possibile giungere ad una conoscenza dettagliata del processo produttivo e della gestione della produzione all’interno di Tiger Flex.

Come evidenziato precedentemente, all’interno dell’azienda si svolgono esclusivamente le fasi di montaggio e finissaggio, che costituiscono la parte finale della realizzazione di una calzatura e che sono costituite a loro volta da una serie di microattività, per cui è stato necessario scendere nel dettaglio di ognuna di queste, parlando con gli operatori stessi e con i responsabili di produzione per farsi spiegare dettagliatamente il processo di ogni singola postazione di lavoro.

Questa prima fase di studio, osservazione ed analisi del processo produttivo ha avuto una durata di circa un mese, quindi è stato necessario un tempo abbastanza lungo per esaminare la situazione iniziale, mettere in luce tutti i problemi e le criticità e da qui apportare miglioramenti.

Innanzitutto era ben evidente come all’interno di tutta l’azienda non ci fosse uno standard di lavoro ovvero ognuno aveva un modo di lavorare non condiviso dagli altri, cioè operava nel modo che personalmente riteneva migliore.

In particolar modo, concentrandosi sull’analisi delle prime due isole di lavorazione Strobel è emerso che, in riferimento ad una stessa postazione (nelle quali si può suddividere un’isola di lavorazione) e per articoli simili o addirittura lo stesso articolo:

 gli operatori svolgono il proprio ciclo di lavorazione con due metodi differenti;  la postazione di lavoro si presenta diversa;

 i materiali di consumo sono in quantità diversa;

 il WIP osservato in momenti diversi della giornata lavorativa non è costante, sia in riferimento ad una stessa postazione, sia tra le due postazioni delle due isole;  non è presente nessun tipo di visual management strutturato;

 assenza di ordine e pulizia;

(44)

35  nelle postazioni dotate di macchinari, i parametri delle macchine non sono settati in maniera uguale (ad esempio per la stessa tipologia di articolo, il forno dell’isola 1 ha una temperatura di 90° mentre quello dell’isola 2 è settato a 105°);

 assenza di una metodologia di lavoro accettata e condivisa in azienda.

E’ chiaro che tutto questo va in netta controtendenza con la standardizzazione del lavoro e quindi con i principi lean, che l’azienda ha deciso di implementare e che verranno descritti in seguito.

Il secondo importante problema emerso riguarda la messa in produzione dei nuovi articoli, come anticipato nel paragrafo precedente.

Infatti è stato possibile rendersi conto che molto spesso arrivavano in produzione nuovi articoli, dei quali non si conosceva affatto le operazioni che esso richiedeva, il tempo necessario a svolgere tutte le attività, e di conseguenza le persone necessarie da coinvolgere (che spesso risultavano essere in eccesso, altre volte carenti). Inoltre non si aveva conoscenza dei programmi da impostare sui macchinari nelle varie postazioni di lavoro e ciò che succedeva, molto spesso, era un semplice incontro pochi giorni prima dell’ingresso in produzione, dell’Ufficio PES con il Responsabile di produzione, che tramite stime più o meno soggettive determinava le attività che quell’articolo avrebbe richiesto e i tempi previsti attraverso comparazioni con articoli simili, dei quali si possedeva un database.

Oltre a questo nel primo mese di osservazione è stato possibile accorgersi del verificarsi di alcuni problemi in produzione con conseguente blocco della produzione stessa per alcuni giorni, anche semplicemente per la mancata definizione di approvvigionamento di materiali/strumenti/attrezzature che quel particolare nuovo articolo richiedeva.

(45)

36

2.6 Obiettivi della tesi

Una volta preso atto della situazione ed evidenziato le problematiche, lo stage ha avuto due macro-obiettivi:

1) Standardizzare le postazioni ed il ciclo di lavoro; si è deciso di concentrarsi sulle prime due isole di lavorazione Strobel, con l’intenzione in futuro di esportare il modello creato su queste due isole, a tutte le linee di lavorazione dell’azienda. Utilizzando strumenti come le 5S e quindi realizzando postazioni di lavoro migliori, si è cercato poi di perseguire l’obiettivo della “standardizzazione”. Inoltre l’idea finale è quella di creare degli Standard Work Sheet, ovvero dei fogli di lavoro standardizzato per ogni postazione, ovvero un documento che riporti le informazioni necessarie per la standardizzazione delle postazioni di lavoro.

2) Modifica dell’attuale processo di Preserie, attraverso l’avvicinamento alla metodologia 3P (Production Preparation Process), con l’obiettivo di ridurre gli “Incidenti di produzione” [quando la percentuale di calzature affette da una difettosità riconducibile al ripetersi dello stesso difetto è superiore al 0,5% della produzione giornaliera].

I problemi evidenziati durante i primi giorni di lancio di un nuovo articolo hanno suggerito di fare un passo per l’azienda: modificare il processo di preserie. Infatti fino a tale momento esso si svolgeva con la partecipazione di soli tecnici: con l’ingresso dell’ufficio Process Engineering è possibile esaminare il ciclo produttivo, attraverso l’osservazione delle paia in preserie, conoscere tutte le attività per quel particolare articolo, i macchinari richiesti ed anche i tempi di produzione. Inoltre è possibile studiare anche la necessità di particolari attrezzature e la soluzione ottimale dell’arrivo dei componenti alle varie postazioni di lavoro.

In più, in tal modo si evidenziano particolari problemi relativi a quell’articolo in questione, con la possibilità di anticipare prima dell’ingresso in produzione , la risoluzione di tali problemi e formulare una soluzione definitiva. In questo modo

(46)

37 si possono evitare eventuali blocchi di produzione i primi giorni di realizzazione dell’articolo.

Quindi, tramite l’inserimento del PES all’interno del processo di preserie, si vorrebbe anticipare la conoscenza di tempi, attività, macchinari, attrezzature relativi al particolare articolo, nonché rilevare eventuali problemi di processo che l’articolo potrebbe presentare, elaborare delle soluzioni, testarle e scegliere la soluzione definitiva.

(47)

3. Il Lean

Thinking

(48)

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3.1 Introduzione

Lean Production, Lean Thinking e Lean Manufacturing sono oggi termini estremamente di moda, molto usati e spesso abusati. E se ne possono trovare moltissime definizioni. Per capire a fondo cosa significhino, però, è necessario contestualizzarli e quindi risalire alle origini del metodo. Ci troviamo in Giappone, poco dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale: Toyota è una piccola azienda automobilistica e gli affari vanno male tanto che la bancarotta è dietro l’angolo. I grandi concorrenti sono multinazionali americane, grandissime, alcune delle quali con stabilimenti così grandi da produrre

internamente l’acciaio con cui poi faranno le macchine.

Toyota invece è piccolo ed è in un paese povero di materie prime, energie, spazi e risorse economiche. Deve trovare il modo di sopravvivere e prosperare in questo

ambiente di scarsità.

Il lean thinking è proprio quello che ne esce: una filosofia, un modo di pensare, che permette di fare di più con meno spazi, meno risorse, meno apparecchiature, meno sforzo umano. E contemporaneamente il lean thinking serve ad andare a fornire al cliente qualcosa che è sempre più vicino a quello che esattamente vuole.

3.2 Nascita ed evoluzione

L’espressione Lean Production, ovvero produzione snella venne utilizzata per la prima volta da Jhon Krafcik nel 1988 in una recensione relativa al Toyota production System (TPS) e fu poi resa famosa e spiegata da Womack e Jones nel 1990 nel libro “The Machine that Changed the World” (La macchina che ha cambiato il mondo), nel quale vengono analizzate e soprattutto confrontate le performance del sistema di produzione di massa, adottato da Henry Ford e quello adottato dalla giapponese Toyota. Nel suddetto elaborato si evidenzia la superiorità di tale sistema rispetto alla produzione di massa.

La teoria della produzione snella nacque in seguito alla necessità che individuarono Kiichiro Toyoda e Taiichi Ohno di sviluppare un nuovo sistema di produzione poiché la

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40 produzione di massa adottata da Ford mal si sarebbe adattata al contesto giapponese del dopoguerra per quattro motivi principali:

 il mercato interno giapponese era molto limitato in quanto a numeri, ma allo stesso tempo molto ampio per quanto riguarda la gamma di veicoli prodotti;  i lavoratori, presa coscienza della propria posizione, non intendevano più essere

trattati come ingranaggi sostituibili di una macchina, quale era diventata la fabbrica. A questo si erano aggiunte le nuove leggi sindacali che rafforzarono notevolmente la posizione degli operai nelle trattative con l’azienda;

 la guerra segnò notevolmente l’economia giapponese che, povera di capitali, non dava la possibilità di investire nelle più recenti tecnologie occidentali;

 le numerose e grandi aziende automobilistiche sviluppatesi all’estero vedevano nel Giappone una nuova possibilità di crescita e allo stesso tempo erano pronte a difendersi dalle eventuali esportazioni nipponiche.

Il governo per sopperire a quest’ultimo problema vietò gli investimenti esteri diretti nell’industria automobilistica nazionale così da fornire alla Toyota la possibilità di crescere e di acquisire una solida posizione all’interno del settore. Allo stesso tempo, però, avrebbe voluto che le case automobilistiche giapponesi si riunissero in due o tre grandi case costruttrici che si opponessero a quelle americane e che ognuna si specializzasse in un particolare modello di automobile. La Toyota decise di non accettare questa imposizione e cominciò a produrre gamme complete di automobili. Fu in questo momento che Taiichi Ohno, ingegnere della fabbrica, si rese conto che i metodi e l’intero sistema produttivo americano non erano adeguati per una così elevata varietà di prodotto e che allo stesso tempo la produzione artigianale si allontanava dai volumi tipici della produzione di massa che si sarebbero comunque voluti raggiungere. Si ricordi infatti che il limite principale del sistema produttivo americano consisteva nel fatto che era un sistema completamente push, evidente nella famosa dichiarazione di Ford: “il cliente poteva avere la macchina di qualsiasi colore, purchè fosse nera”. Va detto che l’esportazione di tale modello nella realtà occidentale non è stata facile soprattutto perché è stato difficile capire che la Lean production non è un insieme di semplici strumenti da applicare e nemmeno una serie di processi e cambiamenti da “copiare”, ma costituisce una mentalità e soprattutto una direzione verso la quale

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41 progredire continuamente e costantemente, non uno stato da raggiungere (da qui l’espressione “Lean Thinking”).

3.3 I due concetti chiave

I concetti cardine che stanno alla base della filosofia snella sono principalmente due: da una parte la creazione di valore, vista come la capacità di soddisfare le esigenze dettate dal mercato, e dall’altra l’abbattimento degli sprechi (indicati dal termine giapponese muda).

Figura 17 - Concetti chiave del lean thinking

Tali aspetti sono i due punti fermi attorno ai quali ruotano le varie definizioni di lean production e sono estremamente connessi tra loro: combattere gli sprechi significa prevenire, eliminare o ridurre tutto ciò che assorbe risorse ed energia senza generare un effettivo valore per il cliente. D’altra parte, una giusta mentalità lean può aiutare a riconoscere nello spreco un’opportunità di miglioramento e quindi una possibilità di creazione di valore aggiunto.

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