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La delega dell'autorità decisionale nei top management team

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Academic year: 2021

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POLITECNICO DI MILANO

Scuola di Ingegneria Industriale e dell’Informazione Corso di Laurea Specialistica in Ingegneria Matematica

Indirizzo Finanza Quantitativa

La delega dell’autorità decisionale

nei Top Management Team

Relatore: Prof.ssa Cristina ROSSI LAMASTRA Correlatore: Ing. Paola ROVELLI

Tesi di Laurea di: Giuditta PIACENTI

Matr. 787753

(2)

1

Ai miei genitori e a mio fratello, che mi hanno supportato e sopportato sempre.

(3)

2

Ringraziamenti

Ringrazio la Prof.ssa Cristina Rossi Lamastra per i consigli, le idee suggerite

e la disponibilità sempre dimostrata. Ringrazio il Prof. Massimo Colombo per le proposte e suggerimenti forniti.

Ringrazio l’Ing. Paola Rovelli per la gentilezza e gli aiuti offerti durante la stesura di questa tesi.

(4)

Indice

1 Rassegna della letteratura 12

1.1 Introduzione alla delega . . . 12

1.2 I Fondamenti teorici della delega . . . 15

1.2.1 Information processing theory . . . 15

1.2.2 Divergent Belief . . . 16

1.2.3 Agency Theory . . . 17

1.3 Conseguenza della delega sulle performance: alcuni modelli empirici . . . 22

2 Il ruolo della comunicazione nella delega dell’autorità deci-sionale 27 2.1 Alcuni modelli teorici . . . 27

2.2 Modello di Harris e Raviv . . . 31

2.2.1 Ipotesi . . . 31

2.2.2 Ricerca degli equilibri . . . 32

2.2.2.1 Centralizzazione . . . 32

2.2.2.2 Delega . . . 35

2.2.2.3 Esempio di Crawford e Sobel . . . 36

2.2.3 Scelta tra centralizzazione e delega . . . 37

2.2.3.1 Ex ante environment . . . 38

2.2.3.2 Ex post environment . . . 40

2.2.4 Risultati . . . 42 3

(5)

INDICE 4

3 Definizione delle Ipotesi 46

3.1 Importanza delle informazioni . . . 46

3.2 Bias . . . 47

4 Dati e Modelli 49 4.1 Progetto StiMa - L’impatto degli stili di management sulle performance delle imprese italiane . . . 49

4.1.1 Questionario . . . 50

4.1.1.1 Definizione del campione . . . 51

4.1.1.2 Raccolta dati . . . 52 4.1.1.3 Somministrazione . . . 53 4.2 Campione utilizzato . . . 54 4.3 Variabili utilizzate . . . 58 4.3.1 Variabile dipendente . . . 58 4.3.2 Variabili esplicative . . . 60 4.3.3 Variabili di controllo . . . 63 4.3.4 Statistiche descrittive . . . 66 5 Modelli e Risultati 69 5.1 Modelli . . . 69 5.2 Risultati . . . 72 5.2.1 Variabili indipendenti . . . 73 5.2.2 Variabili di controllo . . . 78 6 Conclusioni 79 6.1 Risultati . . . 79

6.2 Limitazioni e sviluppi futuri . . . 81

Bibliografia 82

(6)

INDICE 5

(7)

Elenco delle figure

2.2.1Scelta del regime come funzione di A e P (fonte:Harris

and Raviv (2005)) . . . 39

3.2.1Valore limite in funzione del bias . . . 48

4.2.1Numerosità TMT . . . 58

4.3.1Delega al variare della decisione . . . 60

5.2.1Modello 2:Qqplot, plot(residui,fitted values), VIF . . . . 74

5.2.2Modello 3:Qqplot, plot(residui,fitted values), VIF . . . . 75

5.2.3Modello 4:Qqplot, plot(residui,fitted values), VIF . . . . 77

(8)

Elenco delle tabelle

4.1 Distribuzione del campione . . . 52

4.2 Popolazione e tasso di Risposta . . . 54

4.3 Completezza dei Questionari . . . 54

4.4 Area geografica . . . 55

4.5 Dimensione . . . 56

4.6 Struttura Organizzativa . . . 56

4.7 Età del CEO . . . 57

4.8 Titolo di studio del CEO . . . 57

4.9 Variabili importanza delle informazioni del CEO . . . 61

4.10 Variabili importanza delle informazioni del TMT . . . 62

4.11 Variabili Bias . . . 63

4.12 Sintesi delle variabili utilizzate . . . 66

4.13 Statistiche descrittive . . . 67

4.14 Matrice di Correlazione e P_value . . . 68

5.1 Valori dei coefficienti derivanti dalla regressione lineare 72 5.2 Analisi ANOVA . . . 77

(9)

Sommario

La delega negli ultimi decenni è risultata un mezzo fondamentale per l’azienda moderna in cui è necessario sfruttare al meglio le in-formazioni, le capacità e il tempo a disposizione. Il trasferimento di responsabilità e potere decisionale dal CEO al manager permet-te a quest’ultimo di utilizzare la propria esperienza e conoscenza derivanti dal lavoro sul campo. La delega permette inoltre di non perdere informazioni durante la comunicazione. Ciò è dovuto non solo a problemi tecnici di trasferimento dei dati, ma soprattutto dal-la presenza di una disparità tra gli obiettivi del principale e quelli dell’agente. La tesi si pone l’obiettivo quindi di analizzare gli effetti di questo scostamento, il bias, sulla delega. Inoltre data la riscon-trata importanza delle informazioni a disposizione dei due soggetti, verrà studiato come il valore dei dati di cui dispongono CEO e ma-nager influisce sulla disposizione del primo a delegare le decisioni al secondo.

(10)

Abstract

In the past few years delegation has been an essential means to modern firms. In this environment, being able to exploit information, capabilities and time has been more and more necessary. By shif-ting responsibilities and power to decide from the CEO to the ma-nager, the latter can use his experiences and knowledge gained working on the field. Furthermore, delegation avoids losing informa-tion through communicainforma-tion. This is the result not only of technical problem transferring data, but mostly of the fact that principal and agent have different goals. Therefore, the aim of this thesis is to ana-lyze the bias effects on delegation. Moreover, given the importance of information the CEO and manager have, it will be examined how the value of their data affects the principal will to delegate decision to the agent.

(11)

Introduzione

La tesi analizza la delega dell’autorità come strumento con il quale un superiore (il principale) può affidare a un subordinato (l’agente) autorità decisionale in merito a una data decisione.Nelle imprese, la delega permette a un superiore (ad esempio il capo azienda, Chief Executive Officer, CEO) di sfruttare al meglio le informazioni e competenze in possesso di un subordinato (ad esempio un mana-ger che a lui riporta) dovute alla sua vicinanza ai clienti e alle pro-blematiche interne ed esterne all’imprese. L’agente, però è spes-so spinto da interessi diversi da quelli del principale a volte tanto distanti da rendere la delega svantaggiosa per il principale. Dopo una breve rassegna della letteratura economica della delega e dei suoi vantaggi e svantaggi (capitolo 1) in cui sono analizzati i sui prin-cipali fondamenti e modelli teorici, ci si concentra sul ruolo della co-municazione tra delegante e delegato e in particolare sul modello di Harris e Raviv (capitolo 2), che permette di valutare analitica-mente, al variare di diversi parametri, in quali situazioni e ambienti è favorevole per il principale preferire la delega alla centralizzazione. Partendo dalle implicazioni empiriche descritte dai due autori , sono state formulate 3 ipotesi (capitolo 3) riguardanti l’influenza del-l’importanza delle informazioni possedute da agente e principale e lo scostamento tra i loro obiettivi sulla delega. Queste ipotesi sono poi state testate attraverso modelli econometrici e il software R

(12)

ELENCO DELLE TABELLE 11 pitolo 5) utilizzando i dati raccolti attraverso il progetto StiMa con-dotto dalla School of Management del Politecnico di Milano che è stato descritto in dettaglio nel capitolo 4.

Le conclusioni sono poi state tratte nel capitolo 6 in cui si sono di-scusse anche le limitazioni dello studio e proposti dei possibili sviluppi futuri.

(13)

Capitolo 1

Rassegna della letteratura

1.1

Introduzione alla delega

Definizione di delega Nell’ambito del disegno organizzativo delle

imprese, la delega consiste nell’ «assegnare nuove responsabilità agli agenti e trasferire l’autorità necessaria per portare a termine l’incarico o l’autorizzazione da parte di un superiore affinché un di-pendente prenda la responsabilità di alcune attività»; così Chen e Aryee (Chen and Aryee (2007),pag 226) definiscono la delega, come forma di coinvolgimento dei dipendenti nel processo di deci-sione. Il principale ha il potere di delegare e si identifica con l’am-ministratore delegato o il proprietario dell’azienda; colui a cui vie-ne delegato il compito, l’agente, può essere un senior o un middle manager oppure un esperto esterno meglio informato.

Motivazioni che spingono alla delega Come emerge dalla

lette-ratura pubblicata negli ultimi venti anni, la delega è un elemento indispensabile per le imprese moderne. All’interno di una azienda, non tutti gli individui sono ben informati riguardo ogni ambito e pro-getto implementato (Suen et al. (2004)), al contrario, per ogni

(14)

CAPITOLO 1. RASSEGNA DELLA LETTERATURA 13 minio decisionale, sono presenti esperti in possesso delle capacità e le informazioni specifiche e necessarie per la presa di decisione ; ad esempio i manager sono spesso più informati sulle necessità del consumatore o le opportunità di mercato rispetto all’amministrato-re delegato il quale, attraverso la delega, potall’amministrato-rebbe sfruttaall’amministrato-re queste conoscenze e competenze per decidere al meglio (Dessein (2002)). Inoltre non solo le conoscenze e capacità non sono trasferibili da agente a principale, ma anche la comunicazione spesso è imper-fetta; questo perché gli agenti tipicamente hanno preferenze che si discostano da quelle del principale e attraverso il passaggio di so-lo parte delle informazioni a so-loro disposizione inducono quest’ultimo a prendere la decisione a loro più favorevole. La delega permette quindi al principale di sfruttare a pieno le energie e le conoscen-ze e le energie degli agenti che gli fanno capo. Inoltre, le imprese operano oggi in ambienti turbolenti, è quindi sempre più importan-te per loro risparmiare importan-tempo e velocizzare la presea di decisione. A questo proposito la delega permette al principale di risparmiare tempo nel raccogliere tutte le informazioni necessarie alla presa di decisione, velocizzando il processo di decision making.(Harris and Raviv (2002))

Vantaggi e svantaggi della delega Nel precedente paragrafo, si

è così inquadrato il contesto in cui il problema della delega si po-ne; si illustrano qui i benefici e gli svantaggi della delega. Come già accennato sopra uno dei principali vantaggi della delega emersi in letteratura è la possibilità di sfruttare al meglio le capacità e le infor-mazioni degli agenti (Dessein (2002), Harris and Raviv (2005)). Come descritto da Hales (Hales (1999)), per esempio, il manager di una sotto unità ha delle competenze locali riguardo i prodotti, il merca-to, i clienti o i concorrenti che gli permettono di avere maggior

(15)

fles-CAPITOLO 1. RASSEGNA DELLA LETTERATURA 14 sibilità per adattarsi all’ambiente e ai suoi cambiamenti. In sintesi: ”decision rights should be delegated to the lower layers where the relevant knowledge is” (Marengo and Pasquali (2012),pag 1299).

Trasferire l’autorità agli agenti, permette di contrastare più ra-pidamente una minaccia o cogliere tempestivamente un’oppor-tunità (Hales (1999)). Se è l’agente a prendere le decisioni, que-st’ultimo non ha l’obbligo di comunicare con il principale evitando così una perdita di informazioni nella trasmissione delle informazio-ni stesse. Inoltre, l’autorità e le maggiori responsabilità conferite-gli, accrescono la soddisfazione e la motivazione dell’agente che è quindi incentivato ad acquisire ulteriori informazioni, riducendo anche il sovraccarico informativo del principale (Harris and Raviv (2002)). Le conoscenze apprese dall’agente risultano essere pe-rò anche uno svantaggio per il principale; infatti, come affermano Marengo e Pasquali (Marengo and Pasquali (2012)) la delega ge-nera costi di agenzia poiché l’agente, avendo (spesso) preferenze divergenti da quelle del principale, può utilizzare le informazioni ac-quisite per agire in favore dei propri interessi scegliendo, prendendo decisioni (ad esempio relative all’iniziare un progetto) che il princi-pale non avrebbe approvato (Aghion et al. (2013)). Questo porta alla perdita di controllo sull’agente da parte del principale come ampiamente documentato in letteratura (Marengo and Pasquali (2012); Hales (1999); Dessein (2002); Aghion et al. (2013)) a causa del possibile abuso da parte dell’agente del maggiore potere acquisi-to. Questo implica un aumento dei costi di monitoraggio che sono crescenti al crescere della divergenza delle preferenze tra agente.

(16)

CAPITOLO 1. RASSEGNA DELLA LETTERATURA 15

1.2

I Fondamenti teorici della delega

Dopo aver definito la delega e analizzato in breve le sue poten-zialità, si descrivono sinteticamente due teorie che riguardano la comunicazione delle informazioni e la differenza di preferenze che sono alle base della teoria della delega.

1.2.1

Information processing theory

L’Information processing theory ha a oggetto la raccolta, il recupe-ro, la classificazione, ma soprattutto l’elaborazione delle informa-zioni. Si può considerare l’impresa come una grande macchina di information processing, che trae segnali dall’ambiente e li trasforma in decisioni da parte dei manager e dipendenti dell’impresa (detti in questi contesto, decision makers) (Radner (1993)).

Ogni membro dell’impresa ha informazioni diverse che sono di-stribuite in modo disomogeneo e in modo tale che nessuno sia in grado di raccoglierle e analizzarle tutte; per questo motivo e a cau-sa delle dimensioni delle imprese moderne, si tende a decentraliz-zare l’information processing in modo tale che ogni decisione sia presa da un diverso decision-maker il quale, avendo mansioni dif-ferenti e una propria visuale sulla decisione da prendere, si basa su informazioni diverse derivanti dalla sua posizione. Attraverso un’a-nalisi teorica del modello organizzativo di una impresa, basato sulla coordinazione ottimale delle interazioni tra le attività, Harris e Raviv (Harris and Raviv (2002)) concludono infatti che l’unica persona in grado di gestire e coordinare l’intera impresa sia il CEO e che i midd-le manager riescano sì a comprendere e organizzare midd-le interazioni, ma solo limitatamente alla loro area di esperienza. Alle stesse con-clusioni giunge Mookherjee (Mookherjee (2006)) il quale aggiunge che i singoli agenti sono motivati dal loro interesse personale nel

(17)

CAPITOLO 1. RASSEGNA DELLA LETTERATURA 16 prendere le decisioni . Ferreira e Rezende (Ferreira and Rezende (2007)) sviluppano un modello che analizza il trasferimento delle in-formazioni da parte dei manager, quindi se trattenerle o divulgarne una parte o tutte. I dati raccolti dai manager sono generalmente soft, cioè non possono essere verificati. Per esempio se viene fatto un report dal manager in merito a una qualsiasi progetto, questo non può essere verificato se non a progetto implementato. Inol-tre i dati dei manager derivano da informazioni private e possono essere divulgate, a loro discrezioni, a tutti o solo ad alcuni. Dall’a-nalisi degli autori, a seconda della strategia scelta dal manager di rivelare o meno le proprie informazioni, si può ottenere, nel primo caso, di fornire ai partner dell’impresa un incentivo ad accettare gli investimenti proposti. Nel secondo, invece, il manager tende a prendere decisioni inefficienti riguardo l’implementazione del pro-getto poiché, una volta rese note le proprie intenzioni, è riluttante a cambiare idea.

1.2.2

Divergent Belief

Agente e principale si occupano dello stesso stato del mondo; tut-ti e due osservano segnali correlatut-ti a questo stato del mondo che possono essere gli stessi per entrambi o differenti poiché legati alla loro area di competenza. Dopo aver ricevuto quindi ulteriori infor-mazioni, i due attori presi in considerazione possono avere convin-zioni a posteriori differenti sullo stato del mondo esaminato. Ciò può accadere anche se i segnali ricevuti sono gli stessi sia per agente che principale; questo perché ogni persona ha un prior belief ri-guardo lo stato del mondo considerato, le informazioni aggiuntive ottenute e la loro combinazione (Morris (1995)). Questa asimmetria di opinione è alla base della teoria dei divergent belief.

(18)

CAPITOLO 1. RASSEGNA DELLA LETTERATURA 17 Van den Steen (Van den Steen (2005)), analizza un modello che si basa sull’interazione e la divergenza tra l’opinione del manager e quella dei suoi subordinati e si domanda quale sia il ruolo del prin-cipale e come possa il comportamento influenzare la performance dell’impresa. Dall’analisi fatta dall’autore si giunge alla conclusio-ne che un manager può avere un’influenza indiretta sul compor-tamento e il rendimento dell’impresa stessa. Infatti delle forti con-vinzioni del principale attraggono persone con simili belief e questo allineamento tra i belief del manager e del suo subordinato incre-menta lo sforzo e l’utilità di quest’ultimo; se, invece, le convinzioni del principale sono più forti e in disaccordo con quelle del subor-dinato, l’effetto sarà contrario. L’analisi fatta comporta che i belief dei manager determinino una linea guida e aumentino il coordi-namento poiché tendono ad allineare le convinzioni degli agenti, eliminando inoltre coloro che sono demotivati e meno soddisfatti dalle scelte del manager.

1.2.3

Agency Theory

Si definisce agency relationship un contratto per il quale uno o più soggetti (il/i principale/i) assumono un’altro soggetto (l’agente) per compiere un’azione al suo posto e che coinvolge la delega dell’au-torità del processo di decisione all’agente. Così Jensen e Meckling (Jensen and Meckling (1976)) definiscono la relazione tra agente e principale; l’agency theory si occupa quindi dei problemi legati a questa relazione derivanti dal fatto che gli agenti possono avere in-teressi personali che si discostano da quelli del principale agendo in favore dei propri interessi privati.

(19)

CAPITOLO 1. RASSEGNA DELLA LETTERATURA 18

Autorità formale e autorità reale L’autorità formale è il diritto di

pre-dendere decisioni che influiscono su di una parte o su tutta l’orga-nizzazione. Colui che detiene questa autorità (ad esempio su di un asset), può prendere decisioni in merito al suo utilizzo. Chi possie-de l’autorità reale, però, è chi effettivamente sceglie il progetto. Aghion e Tirole (Aghion and Tirole (1997)) sviluppano una teoria sul-l’autorità formale nell’organizzazione e sulla differenza tra autorità formale e reale, basando la loro analisi sulla asimmetria informativa. Nella loro analisi, l’agente sfrutta le sue informazioni per proporre un progetto al principale il quale ha l’autorità formale per approvar-lo; il principale sceglie quanto saperne al riguardo e quindi prende una decisione. La proposta a volte può non essere ottimale per il principale, quindi l’asimmetria ha un grosso valore: se ben informa-to, il principale è in grado di valutare al meglio il progetto proposto e se sia o meno il migliore per lui; in caso contrario, non può che ap-provare il progetto, fidandosi del suo agente. In questa situazione, l’autorità formale e quella reale non coincidono: la prima è come sempre in mano al principale, ma la seconda è dell’agente che detiene la conoscenza.

Informazioni e agency theory Nell’analisi di Aghion e Tirole,

fonda-mentale è la comunicazione; un agente, spinto dai propri interessi, trasferisce o meno informazioni a seconda di quanto possa guada-gnare da un principale meglio aggiornato. Il valore limite è il rap-porto tra il vantaggio atteso derivante da un superiore up-to-date e i benefici attesi indotti dall’avere l’autorità reale.

“Nelle organizzazioni, molte delle informazioni usate nel proces-so di decisione proces-sono disperse nella gerarchia” (Dessein (2002)). Nel suo articolo, in cui i dati sono in possesso di vari soggetti all’inter-no dell’azienda, Dessein analizza perché un principale, ipotizzato

(20)

CAPITOLO 1. RASSEGNA DELLA LETTERATURA 19 disinformato, fornisca al più aggiornato agente diritto di decisione sebbene abbia obiettivi differenti. Se il superiore prende il potere e decide lui il progetto da implementare, spesso si ha perdita di infor-mazioni poiché il dipendente non comunica; inoltre in genere le in-formazioni sono soft, cioè non possono essere verificate; per questo motivo a volte il principale delega all’agente il potere decisionale mettendo così a frutto tutte le informazioni locali che quest’ultimo è riuscito ad acquisire. L’analisi si basa quindi su un trade-off tra perdita del controllo e perdita di informazioni.

Harris e Raviv (Harris and Raviv (2005)) sviluppano una simile teo-ria sull’allocazione del processo di decisione basata nuovamente sulle informazioni private e obiettivi differenti. In questo articolo, pe-rò, si considerano due casi, sia che il principale non sia informato e si basi esclusivamente sui dati comuni, sia che analizzi le sue informa-zioni private prima di prendere una decisione riguardo al progetto. In entrambe le ipotesi, la probabilità che il CEO deleghi all’agente è decrescente nell’importanza delle proprie informazioni, ma cre-scente rispetto all’importanza di quelle dell’agente. Quindi la pos-sibilità che il CEO affidi al manager la decisione è minore più i dati del principale sono rilevanti e quelli del subordinato trascurabili.

Nell’agency theory la delega è fondamentale . I vari autori han-no ipotizzato diversi modelli su cui basare le loro teorie giungendo così a conclusioni e conseguenze leggermente differenti.

Aghion e Tirole (Aghion and Tirole (1997)) utilizzano un classico modello di agency theory in cui i protagonisti sono agente e cipale. Loro ipotizzano che se è l’agente a essere informato, il prin-cipale gli delega l’autorità di scegliere il progetto, rinunciando al proprio potere di decisione; se, viceversa, è il principale ad avere i dati necessari, decide egli stesso il progetto per lui ottimale che viene successivamente implementato dall’agente.

(21)

CAPITOLO 1. RASSEGNA DELLA LETTERATURA 20 Dal loro studio, i due autori concludono che delegare, anche se può costituire una significativa perdita di controllo da parte del prin-cipale, aumenta lo sforzo dell’agente, il suo incentivo a raccoglie-re ulteriori informazioni, aumentando la sua partecipazione al pro-getto. Inoltre, dal loro modello teorico, deducono che il principale tende a delegare quando le decisioni sono relativamente poco im-portanti o viceversa piuttosto innovative da richiedere competenze specifiche che solo l’agente ha, in quanto più esperto.

Dessein (Dessein (2002)), partendo dal modello di Aghion e Ti-role(Aghion and Tirole, 1997), fa un’ipotesi differente: il principale è disinformato e l’unico soggetto ad avere informazioni aggiuntive è l’agente. L’obiettivo dell’autore è capire se il principale prefe-risca delegare l’autorità formale al manager affinché quest’ultimo scelga il progetto sfruttando le sue più specifiche competenze, seb-bene gli obiettivi si discostino da quelli del principale, o comunicare e prendere egli stesso la decisione, dopo essere stato aggiornato dell’agente.

Dessein giunge alle stesse precedenti conclusioni, alle quali ag-giunge altri due risultati. Il principale è maggiormente incentivato a delegare se i problemi causati dalla distorsione degli obiettivi dell’a-gente rispetto a quelli del principale sono minori rispetto ai vantaggi derivanti dalle proprie informazioni. La situazione in cui è più favo-revole comunicare si ha invece quando il vantaggio dell’agente, derivante dalle sue informazioni, è meno importante della propria propensione verso progetti più ambiziosi; questa condizione è però poco probabile e il modello potrebbe quindi rappresentare non il rapporto tra principale e agente, ma la sola possibilità per il primo dei due di avere o meno l’altro.

Li e Suen (Suen et al. (2004)) analizzano un modello in cui, a dif-ferenza del precedente, sia l’agente, nello specifico, l’esperto, che

(22)

CAPITOLO 1. RASSEGNA DELLA LETTERATURA 21 il principale hanno informazioni private; il principale può sceglie-re se sfruttasceglie-re solo le proprie conoscenze o affidarsi all’agente. Il trasferimento di informazioni non è considerato un costo poiché si ipotizza che questi non sia interessato a nasconderle, ma ciò che può causare problemi ed essere un costo è la discrepanza tra gli obiettivi dell’agenti e del principale. La questione presa in conside-razione è il compromesso tra la tutela da parte del principale, dei propri interessi e lo sfruttamento delle conoscenze e competenze dell’agente. I due autori concludono che la decisione da parte del decision-maker di delegare o meno, che è condizionata dalle sue informazioni private, è un metodo efficace per bilanciare le due necessità sopra descritte.

Harris e Raviv (Harris and Raviv (2005)) ampliano l’analisi conside-rando che oltre ad avere entrambi dati privati, come in preceden-za, sia agente che principale possono decidere se, ma soprattut-to, quanto comunicare. Studiano così due situazioni speculari, sia quando l’agente (in questo caso il division manager) riferisce parte delle sue informazioni private al principale (in questo caso il CEO) il quale prende la decisione riguardo alla dimensione di un determi-nato investimento (centralization regime), sia quando il principale comunica con l’agente e gli delega la scelta (delegation regime). Le conseguenze dei due diversi regimi sono simmetriche: se la cen-tralizzazione permette di usare al meglio le informazioni private del principale, ma non quelle dell’agente, la delega sfrutta le compe-tenze dell’agente il quale però tendenzialmente preferisce investi-menti di dimensione maggiore di quella ottimale. Come per Aghion e Tirole, la delega prevale sulla centralizzazione se le informazioni del principale sono meno rilevanti di quelle del manager, ma giungono a un’ulteriore conclusione a prima vista contro intuitiva: il principale è incentivato a delegare all’aumentare del della distorsione degli

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CAPITOLO 1. RASSEGNA DELLA LETTERATURA 22 obiettivi tra agente e principale (detta bias); questo perché la co-municazione tra i due soggetti è differente a seconda del regime scelto.

Marengo e Pasquali (Marengo and Pasquali (2012)) ipotizzano che il principale non sia in grado di sapere dove siano le informa-zioni rilevanti, che gli individui all’interno della struttura organizzativa abbiano interessi differenti e che la delega sia limitata dalle interdi-pendenze tra conoscenza e processo di decisione. Queste ipotesi fanno sì che le decisioni prese dagli agenti possano portare risul-tati positivi, se i belief sono allineati o negativi in caso contrario. I due autori, attraverso il loro studio, concludono che la delega e una struttura organizzativa affidabile possono ridurre i problemi de-rivanti dal disallineamento degli obiettivi, anche ipotizzando che la raccolta di informazioni non è in gioco.

1.3

Conseguenza della delega sulle

performan-ce: alcuni modelli empirici

In questa sezione si illustrano tre articoli che contengono analisi em-piriche di delega, condotte con metodologie diverse. Nel primo articolo considerato, si studia l’autorità e la volontà o meno del prin-cipale di mantenere il potere decisionale e come questa influenzi il comportamento e l’efficienza degli agenti.

Nei due articoli successivi invece viene analizzata la performan-ce e come questa possa migliorare al variare dell’autonomia e del-le relazioni esterne o a seconda della disponibilità da parte del CEO a delegare. Questo studio viene fatto attraverso l’osservazione di dati empirici ottenuti attraverso survey condotte su varie imprese che operano in ambiti differenti.

(24)

CAPITOLO 1. RASSEGNA DELLA LETTERATURA 23 Partendo dalla teoria dell’articolo di Aghion e Tirole(Aghion and Tirole, 1997), Fehr e coautori (Fehr et al. (2013)) conducono un espe-rimento, attraverso un authority game, per analizzare l’allocazione, da parte degli individui, dell’autorità all’interno di una struttura ge-rarchica. Il principale e l’agente devono scegliere uno tra gli n pro-getti possibili da implementare; ad ognuno è legato un diverso be-neficio privato per l’agente e un guadagno per il principale. Ex an-te i progetti sono indistinguibili, ma ogni paran-te inan-teressata conosce il proprio profitto derivante da ogni singolo progetto. Sia agente che principale hanno quindi un progetto che preferiscono, senza però conoscere le caratteristiche degli altri n − 1 progetti le cui specifiche possono essere scoperte raccogliendo informazioni in un secondo momento.

L’esperimento è formato da quattro fasi:

• La decisione da parte del principale, se delegare o meno il progetto all’agente;

• La raccolta contemporanea di informazioni, attraverso la spe-sa di risorspe-sa che però è assicurata solo con una certa probabi-lità;

• La proposta da parte dell’agente di un progetto che può es-sere preso in considerazione o meno dal principale

• La scelta ed implementazione del progetto da parte di chi ha il potere decisionale, l’agente in caso di delega, altrimenti il principale.

Dall’esperimento, viene rilevato che in genere i principali tendono a mantenere l’autorità anche se questo può essere svantaggioso per entrambi , come se "gli individui attribuissero un valore non pecunia-rio al possesso dell’autorità" (Fehr et al. (2013)). Mantenere il potere

(25)

CAPITOLO 1. RASSEGNA DELLA LETTERATURA 24 infatti comporta una condotta propensa al guadagno potenzia-le nel caso di situazioni rischiose, viceversa la mancanza di pote-re determina un comportamento focalizzato sul rischio di perdita. Questo significa che il principale si concentra sul guadagno che potrebbe avere attraverso uno sforzo maggiore, l’agente invece si preoccupa soprattutto del caso peggiore possibile .

Il modello empirico rivela che l’autorità ha effetti sulla motivazio-ne che la teoria non aveva previsto, come l’imotivazio-nefficienza gemotivazio-nerata dai conflitti derivanti dagli incentivi che è maggiore di quella che il modello teorico si aspettava. Questo esperimento ha permesso inoltre di concludere che la riduzione dell’autorità non demoralizza chiunque quindi è sempre più importante mettere le persone giuste in posizioni in cui è necessario ridurre il controllo.

Haas nel suo articolo (Haas (2010)) analizza empiricamente l’au-tonomia dei manager di team che può permettere di migliorare l’efficienza e l’importanza delle relazioni esterne e le conoscenze che da queste si possono ottenere. L’autrice vuole convalidare, at-traverso dati empirici, varie ipotesi riguardo autonomia e relazioni esterne. Haas ipotizza ex ante che l’autonomia, cioè la possibilità per il manager di prendere decisioni in modo indipendente, pos-sa permettere di fare scelte critiche migliori soprattutto se riguarda compiti specifici; per quanto riguarda invece compiti riguardanti un progetto specifico, le performance non sempre migliorano poiché l’autonomia può causare isolamento che determina perdita di tem-po per sviluppare progetti già elaborati da altri team e di optem-portu- opportu-nità di conoscere informazioni utili. Per quanto concerne le relazioni esterne, quindi con l’ambiente esterno al team, sia all’interno che al di fuori dell’organizzazione di cui il team fa parte, queste permet-tono di avere maggiori informazioni avendo un quadro più generale del problema che si sta affrontando; le comunicazioni esterne

(26)

pos-CAPITOLO 1. RASSEGNA DELLA LETTERATURA 25 sono però causare influenze sul team e sono dovute ai possibili con-flitti tra i due gruppi, chi fornisce informazioni e chi le riceve. I bene-fici della autonomia e delle relazioni esterne possono essere sfruttati al meglio limitandone gli svantaggi attraverso la complementarietà poiché "i benefici delle informazioni derivanti dalle relazioni esterne riducono il rischio di isolamento" e "i vantaggi dell’autonomia ridu-cono il rischio di essere influenzati dalle ridu-conoscenze esterne" (Haas (2010), pagg 991-992). Per questo motivo vengono testate in primis la correlazione tra autonomia e conoscenze esterne, quindi l’effetto di questi due elementi sulla performance considerando anche ca-si particolari in cui per esempio le informazioni interne sono poche oppure se il compito da eseguire è complesso oppure innovativo. Analizzando dati provenienti da 96 team in organizzazioni che si oc-cupano di ambiti differenti, finanziari o tecnici, l’autrice verifica che team con alti gradi di autonomia unita a forte conoscenza deri-vante dall’esterno sono più efficienti di team con livelli di autorità alta, ma poche informazioni o viceversa; inoltre l’effetto è maggio-re se il compito è complesso oppumaggio-re necessita di informazioni meno comuni.

Il principale, attraverso la delega, può ricevere supporto dalle competenze dell’agente e anche alleggerirne il carico lavorativo. A volte però le decisioni vengono prese direttamente dal principale se questi ritiene che siano troppo importanti o nel caso in cui non si fidi dell’agente che potrebbe quindi agire in modo sbagliato per mancanza di competenze o perché ha obiettivi differenti. Richard-son e colleghi (RichardRichard-son et al. (2002)) si occupano quindi della di-sponibilità del CEO a delegare e in particolare analizzano gli effetti che ha la performance su di essa. L’ipotesi fatta è che la relazione tra performance e volontà di delegare sia negativa, quindi migliori sono i risultati dell’azienda minore è il desiderio del CEO di lasciare

(27)

CAPITOLO 1. RASSEGNA DELLA LETTERATURA 26 il controllo a qualcun altro e viceversa se l’azienda ha qualche pro-blema, il principale è più disposto a rischiare delegando. Il modello empirico si basa infatti sul presupposto che il CEO possa essere sia avverso che favorevole al rischio, a seconda della situazione che si trova ad affrontare. Dall’analisi fatta considerando 51 aziende operanti in 4 settori differenti, Richardson conclude che l’ipotesi è supportata dal modello soprattutto quando il principale valuta la delega di decisioni riguardanti prodotti e servizi e non nuovi inve-stimenti, deducendo che "la disponibilità varia con la natura delle decisioni da delegare" (Richardson et al. (2002)) e la percezione delle decisioni, come il contesto sono fondamentali per stabilire la quantità di autorità decisionale da delegare ai membri del team.

(28)

Capitolo 2

Il ruolo della comunicazione

nella delega dell’autorità

decisionale

2.1

Alcuni modelli teorici

I modelli di seguito descritti partono dalla sola comunicazione per poi aggiungere la possibilità da parte di uno dei due soggetti di trasferire anche l’autorità oltre che le sole informazioni.

Crawford & Sobel Il modello di Crawford e Sobel (Crawford and

Sobel (1982)) analizza il problema della comunicazione strategica tra due individui, il mittente (S) e il destinatario (R). La dinamica è molto semplice: S invia un segnale a R ipotizzando che entrambi sia-no a cosia-noscenza delle informazioni pubbliche prima dell’invio della comunicazione e che solo il mittente possa venire a conoscenza di una certa quantità di dati privati (m). In particolare S, il quale ha obiettivi differenti rappresentati attraverso la distorsione b, osserva

(29)

CAPITOLO 2. IL RUOLO DELLA COMUNICAZIONE NELLA DELEGA DELL’AUTORITÀ DECISIONALE28

m e quindi manda un segnale rumoroso a R il quale prende una

decisione che però si riflette su ambedue i payoff. L’obiettivo di en-trambi è massimizzare la propria utilità attesa U , rispetto alle possibili strategie. Partendo da queste ipotesi, viene cercato l’equilibrio che è dato dalla signaling rule, cioè il segnale che S manda a R dopo essere venuto a conoscenza di maggiori informazioni e la action rule y, la decisione presa dal destinatario. Le due funzioni devono essere tali che la prima, per ogni tipo di informazione m, produca una utilità attesa che massimizzi la seconda. Infatti si ricava che

y∗R(m) = arg max UR(y, m)

y∗S(m, b) = arg max US(y, m, b) .

Gli equilibri così trovati sono rappresentati da delle partizioni. In-fatti il mittente, volendo introdurre rumore poiché c’è distorsione tra la sua utilità e quella del destinatario, non invia un segnale preciso che contiene solo l’informazione a sua disposizione, ma un intervallo di cui questa fa parte.

L’analisi della comunicazione tra due individui viene fatta teori-camente e con un esempio semplificato in cui la densità delle infor-mazioni m è uniforme si giunge alla conclusione che la comunica-zione è determinata principalmente da quanto è piccolo il bias tra i

due individui. Detta σ2

m la varianza residua tra l’informazione inviata

m e il valore modellizzato y∗, il suo valore è dato da

σm2 = 1

12N2 +

b2(N2− 1) 3

che è crescente al crescere di b e decrescente in caso contrario. Quindi, una "diretta comunicazione è più probabile che giochi un

(30)

CAPITOLO 2. IL RUOLO DELLA COMUNICAZIONE NELLA DELEGA DELL’AUTORITÀ DECISIONALE29 ruolo importante, più vicini sono gli obiettivi degli agenti" (Crawford

and Sobel (1982)). Inoltre il dialogo è perfetto solo se gli

interes-si sono esattamente coincidenti (b → 0 ⇒ σmminimo) e viceversa,

quando questi ultimi sono sufficientemente distanti, non c’è alcun

tipo di rapporto informativo tra gli agenti (b → ∞ ⇒ σm → ∞).

Dessein Dessein parte dallo studio sulla comunicazione di

Cra-wford e Sobel per considerarne un’alternativa: la delega dell’auto-rità decisionale. Infatti il trasferimento di informazione può determi-narne anche una perdita dovuta al disallineamento degli obiettivi e la delega permette di evitarlo; al contempo, quest’ultima deter-mina una perdita di controllo. Dessein concentra il suo lavoro quindi sull’analisi di questo trade-off.

Il modello in questione consiste in due soggetti, agente e prin-cipale; il primo ha più informazioni riguardo i progetti e il secondo ha maggiore potere e deve scegliere quale è il migliore da imple-mentare. Il principale ha anche il potere di decidere se affidare il compito completamente all’agente il quale a questo punto, sce-glie il progetto che preferisce e lo implementa, oppure consultare l’agente e prendere la decisione.

Il principale ha quindi "due strumenti per utilizzare le informazioni dell’agente: la delega e la comunicazione" (Dessein (2002)). Par-tendo dal modello per la comunicazione di Crawford e Sobel il qua-le caratterizzava l’equilibrio attraverso una partizione, Dessein cer-ca una condizione entro la quale la delega sia più performante del-la comunicazione. Considerando anch’egli una semplificazione del modello in cui le informazioni ottenute dall’agente siano distribuite uniformemente, ipotizza che il fattore determinante per la scelta tra comunicazione e delega sia il bias cioè la discordanza tra gli obiet-tivi dell’agente e quelli del principale. Infatti si dimostra che per

(31)

CAPITOLO 2. IL RUOLO DELLA COMUNICAZIONE NELLA DELEGA DELL’AUTORITÀ DECISIONALE30 piccoli valori di tale bias la delega è più performante della

comuni-cazione perché affinché questa sia significativa, deve fornire molte informazioni e ciò si ha per partizioni in media molto ampie quindi molto rumorose che quindi portano a preferire la delega; per valori molto alti invece, la comunicazione vince sulla delega. Infatti nell’e-sempio con distribuzione uniforme si può dimostrare che il principale preferisce delegare se e solo se il valore della distorsione è inferiore

a un certo limite b0 in cui la scelta tra delega e comunicazione è

indifferente e aumentando le informazioni cambiando distribuzione di m, rimane costante la perdita di controllo, ma si riduce la perdita di informazione sotto l’ipotesi di comunicazione quindi per bias alti, la delega viene esclusa.

La conclusione di Dessein è che la comunicazione, così come descritta da Crawford e Sobel, dà risultati positivi se le informazioni detenute dal principale sono sufficienti e necessarie per prendere la decisione, ma spesso la soluzione migliore per fare la giusta scelta tra i progetti è delegare a colui che è in possesso delle informazioni necessarie.

Limitazione dei modelli precedenti Il modello di Crawford e Sobel

si limita ad analizzare la comunicazione, che sebbene sia una par-te fondamentale nel rapporto tra principale e agenpar-te, spesso non è sufficiente in un ambiente di business in rapido cambiamento e in cui le informazioni del principale diventano obsolete in poco tem-po. Inoltre l’ipotesi che solo uno dei due soggetti sia più informato è poco realistica; una supposizione più veritiera sarebbe invece che ognuno abbia conoscenze proprie, ma private che possono esse-re condivise totalmente o solo in parte. In questo modo, la delega diventa veramente un opzione per il principale su come rapportarsi con l’agente e non una scelta se avere o meno un agente a cui

(32)

CAPITOLO 2. IL RUOLO DELLA COMUNICAZIONE NELLA DELEGA DELL’AUTORITÀ DECISIONALE31 affidarsi come è per il modello di Dessein. Queste ipotesi sono alla

base del modello di Harris e Raviv (Harris and Raviv (2005)) che è descritto nel seguito.

2.2

Modello di Harris e Raviv

2.2.1

Ipotesi

Harris e Raviv creano un modello per determinare la dimensione dell’investimento. Alla base di questa decisione e della scelta di chi debba prenderla, quindi la possibilità di delega, ci sono la qualità, le competenze e le conoscenze sia dell’agente sia del principale e le differenti volontà e benefici privati di questi due soggetti che fanno sì che la comunicazione perfetta non possa avere luogo, es-sendo poco rappresentativa dell’attuale situazione. La decisione ottimale è determinata da un fattore s che non può essere osserva-to in osserva-toosserva-to da nessuno dei soggetti in gioco, né dall’agente, né dal principale , ma di cui ognuno ha informazioni complementari rispet-tivamente a e p. Queste possono essere in parte condivise tra prin-cipale e agente, attraverso un segnale; questa comunicazione non è però completa,ma ciò che viene trasferito è solo l’intervallo entro cui l’informazione vera si colloca. Quindi, per esempio, se l’agente acquisisce a e deve fare un rapporto al principale, ciò che viene trasferito è A che definisce il range [0, A] entro cui a rimane. Mag-giore è il valore di A, magMag-giore è il vantaggio del manager poiché il rumore nella comunicazione cresce. "Formalmente, la coppia ha il compito di scegliere il livello d’investimento, indicato con y "(Harris and Raviv (2005), pag7). Questo valore viene scelto diversamente dai due soggetti, poiché gli interessi e gli obiettivi sono differenti: il principale cerca di massimizzare il profitto, l’agente invece si

(33)

preoc-CAPITOLO 2. IL RUOLO DELLA COMUNICAZIONE NELLA DELEGA DELL’AUTORITÀ DECISIONALE32 cupa sia del profitto sia della dimensione dell’investimento. Viene

ipotizzato che il profitto sia decrescente rispetto alla differenza tra il livello y e la decisione ottimale s, quindi si può assumere che il profit-to sia daprofit-to da una costante che rappresenta il livello di profitprofit-to

ot-timale, meno (y − s)2. Considerate queste assunzioni, gli obiettivi di

agente e principale sono dati rispettivamente dalla minimizzazione della perdita attesa E((y − s)2)e E((y − s − b)2)poiché l’investimento ideale per il manager è dato sa s + b. Dati gli obiettivi di principale e agente, si può cercare la strategia d’equilibrio basata sui diversi interessi dei soggetti e finalizzata a trovare la strategia ottimale.

2.2.2

Ricerca degli equilibri

La definizione e il calcolo dell’equilibrio varia a secondo del regime (delega vs. centralizzazione) scelto dal principale.

2.2.2.1 Centralizzazione

La centralizzazione, definita come il caso in cui la decisione in meri-to alle dimensioni dell’investimenmeri-to è presa direttamente dal princi-pale, si basa sui report (passaggi di informazioni) che l’agente (nel caso del modello un division manager) manda al principale (nel caso del modello il CEO) e sulle convinzioni a posteriori di quest’ulti-mo riguardo le informazioni date dall’agente e quindi la successiva decisione del principale.

L’equilibrio è infatti dato dà tre oggetti:

• una reporting rule q(· |a) che restituisce la distribuzione di pro-babilità dei messaggi inviati dal principale all’agente condizio-nati al valore a osservato dall’agente

(34)

CAPITOLO 2. IL RUOLO DELLA COMUNICAZIONE NELLA DELEGA DELL’AUTORITÀ DECISIONALE33 • una distribuzione g(· |r) che descrive la probabilità a posteriori

dei valori ˜aosservati dall’agente condizionati ai report inviati • l’investement choice rule che fornisce la decisione di

investi-mento y(p, r) presa dal principale e basata sulle sue informa-zioni e i report inviati dall’agente.

In questo regime, l’equilibrio viene calcolato formalmente cercan-do il punto di minimo della perdita attesa soddisfacente il vincolo che l’equilibrio appartenga al supporto della reporting rule:

∀a ∈ [0, A]se r∗ ∈ spt(q(·|a)), allora r∈ argmin r E(y∗(˜p, r) − a − ˜p − b), ∀r, p y∗p, r) ∈ argmin y ´A 0 (y − p − a) 2g(a|r)da, ∀r ∈ spt(q(·|a)), per qualche a ∈ [0, A], g(a|r) = ´Aq(r|a)

0 q(r|a)da

.

Dato che la funzione che descrive la perdita attesa del CEO è

della forma E[(y − s)2]quindi quadratica, la decisione di

investimen-to d’equilibrio da verificare è data da y∗(p, r) = p + ¯a(r)con ¯a(r)che rappresenta la media delle informazioni dell’agente, dato il report fatto da quest’ultimo verso il principale.

Dimostrazione. Per ottenere la decisione di investimento, si deve rendere minima rispetto ad a la perdita attesa del principale

(35)

CAPITOLO 2. IL RUOLO DELLA COMUNICAZIONE NELLA DELEGA DELL’AUTORITÀ DECISIONALE34

E[(y − p − a)2|r] = E[(y − p − E[a|r] + E[a|r] − a)2|r] = = E[((y − p − E[a|r]) + (E[a|r] − a))2|r] = = E[(y − p − E[a|r])2+ (E[a|r] − a)2+

+2(y − p − E[a|r])(E[a|r] − a)|r] =

= E[(y − p − E[a|r])2|r] + E[(E[a|r] − a)2|r] +

+ 2E[(y − p − E[a|r]) | {z } cost (E[a|r] − a)|r] | {z } 2(y−p−E[a|r])E[E[a|r]−a|r]=2(y−p−E[a|r])(E[a|r]−E[a|r])=0 =

= E[(y − p − E[a|r])2|r] + E[(E[a|r] − a)2|r]

Il minimo di questa espressione si ha minimizzando il primo termi-ne che, essendo sempre non termi-negativo, può essere reso nullo an-nullando il termine della funzione quadratica, quindi per y = p + E[a|r].

Dall’espressione precedente, si ha che

∀r, p y∗(˜p, r) ∈ argmin y A ˆ 0 (y − p − a)2g(a|r)da

quindi bisogna trovare il valore di y per cui la derivata dell’inte-grale rispetto alla variabile a si annulla.

d da ˆ A 0 (y − p − a)2g(a|r)da = 0 d da ˆ A 0 (y − p − a)2g(a|r)da = ˆ A 0 d da(y − p − a) 2g(a|r)da

(36)

CAPITOLO 2. IL RUOLO DELLA COMUNICAZIONE NELLA DELEGA DELL’AUTORITÀ DECISIONALE35 ˆ A 0 d da(y − p − a) 2 g(a|r)da = −2 ˆ A 0 (y − p − a)g(a|r)da = = −2{(y − p) ˆ A 0 g(a|r)da | {z } =:1 − ˆ A 0 ag(a|r)da | {z } =:E[a|r] } = = −2(y − p − E[a|r])

Pertanto la derivata dell’integrale si annulla per y = p + E[a|r]. Si può quindi riassumere che nel regime di centralizzazione l’e-quilibrio è dato dalla seguente dinamica:

• l’agente comunica al principale dei dati a al cui interno sono presenti le vere informazione a sua disposizione

• il principale sceglie l’investimento tale per cui sia pari alle in-formazioni da lui stesso possedute alla quale somma la media dei dati forniti dall’agente.

2.2.2.2 Delega

Nel regime di delega lo stato è speculare rispetto al regime di cen-tralizzazione. In questo caso, è il principale ad inviare all’agente parte delle proprie informazioni e sarà quest’ultimo a prendere la decisione riguardo all’investimento.

Essendo l’agente a prendere la decisione, nella delega, la fun-zione perdita attesa da minimizzare è quella del manager data da

E[(y − s − b)2] che essendo una costante, non cambia

sostanzial-mente le dimostrazioni precedenti se non per l’inversione di a e p che sono ora costante e variabile aleatoria e per l’aggiunta di un

addendo nel calcolo dell’equilibrio y∗

m. Si ottiene quindi che nel

(37)

CAPITOLO 2. IL RUOLO DELLA COMUNICAZIONE NELLA DELEGA DELL’AUTORITÀ DECISIONALE36

ym∗ = a + E[p|r] + b

In conclusione, l’equilibrio nel regime di delega è dato da: • il principale comunica all’agente delle informazioni p che

con-tengono il vero valore delle proprie conoscenze

• l’agente, la cui visione è distorta di un valore b, prende la deci-sione di investimento tale per cui sia data dalla somma del-le proprie informazioni, il bias e la media dei dati forniti dal principale.

2.2.2.3 Esempio di Crawford e Sobel

La decisione di investimento ipotizzata come equilibrio nel regime di centralizzazione è additiva rispetto alle informazioni del CEO date da p. Questa particolare forma fa sì che il manager, per ogni report che è lui stesso a scrivere, possa conoscere a priori la sua utilità

attesa poiché il suo valore è dato da U (y, s, b) = −(y − s − b)2 quindi,

nell’espressione, si annullano le informazioni private del principale. U (y∗, s, b) = −(y∗−s−b)2 s=p+a= −(p+¯a(r)+−p−a−b)2 = −(¯a(r)−a−b)2. Questa particolare forma della funzione utilità e il relativo equili-brio coincidono con l’esempio analizzato da Crawford e Sobel (Cra-wford and Sobel (1982)). I due autori modellano l’intervallo [0, A] co-me una partizione 0 = a1 < ... < ai < ... < aN = A e ipotizzano che

il valore a appartenga a [ai−1; ai] . Partendo dall’equilibrio e dalla

condizione di continuità, ottengono ai =

iA

(38)

CAPITOLO 2. IL RUOLO DELLA COMUNICAZIONE NELLA DELEGA DELL’AUTORITÀ DECISIONALE37 che permette di calcolare i valori degli intervalli [ai−1; ai] a cui

appartiene il report r. Trasferendo il valore r l’informazione mandata è solo che il vero valore di a è all’interno dell’intervallo [ai−1− ai]. Per questo motivo nel caso della centralizzazione, il report sarà meno informativo se il valore di a è alto poiché il manager è interessato a progetti di grosse dimensioni, quindi è più credibile se propone progetti minori cioè riporta valori minori.

Il discorso sulla credibilità della comunicazione è simmetrico nel caso della delega: il principale è maggiormente credibile per valori alti di p poiché, a differenza del manager, è portato a scegliere pro-getti di bassi valore e trasmettere un valore r ∈ [pi−1, pi]alto dimostra la volontà del CEO di scegliere un progetto maggiore.

I valori pi utilizzati in precedenza sono calcolati partizionando

[0, P ]in modo identico a prima e sono dati da

pi = iP

N + 2bi(i − N )

2.2.3

Scelta tra centralizzazione e delega

La scelta del regime (delega vs. centralizzazione) è proprio del prin-cipale il quale può stabilire chi sarà a selezionare l’investimento. Questa decisione può essere presa diversamente a seconda che si valuti il tipo di progetto o il progetto specifico che si deve portare a termine. Nei due casi la scelta tra delega e centralizzazione varia poiché varia l’utilizzo da parte del principale delle proprie informa-zioni. Per quanto riguarda la situazione in cui la scelta viene fatta in base al tipo di progetto, il principale prende una decisione prima di aver osservato le proprie informazioni e viene infatti definita ex ante environment. Se, viceversa, ci si sofferma su ogni singolo progetto, il principale può sfruttare al meglio i dati a sua disposizione e

(39)

ana-CAPITOLO 2. IL RUOLO DELLA COMUNICAZIONE NELLA DELEGA DELL’AUTORITÀ DECISIONALE38 lizzarli prima di scegliere quale dei due regimi, tra delega e

centra-lizzazione, è migliore per la decisione d’investimento da prendere; questa condizione viene detta ex post environment.

2.2.3.1 Ex ante environment

In queste condizioni, ci si concentra non sui valori p ∈ [0, P ] e a ∈ [0, A] che rappresentano le informazioni che il principale e l’agente di cui sono a conoscenza, ma su P e A che permettono di descrive-re l’importanza dei dati posseduti rispettivamente dal principale e dall’agente.

L’adozione di uno dei due regimi da parte del principale è de-terminata da quale dei due permette di avere una perdita attesa inferiore. Per questo motivo si devono calcolare le perdite nel ca-so di entrambi i regimi e quindi cercare il valore limite di P che sia discriminante per la scelta tra delega e centralizzazione.

In regime di centralizzazione, la perdita attesa è data da E[(y∗

s)2]. Considerando la discretizzazione (2.2.1),in ogni intervallo [a i−1; ai] il valore medio ¯aè dato da ¯a = ai+ai−1

2 ; per questo y

−s = ¯a+p−a−p =

¯

a−a. Si ottiene quindi che la perdita attesa ex ante per il CEO è data da 1 A N (b,A) X i=1 ˆ a a−1  ai+ ai−1 2 − a 2 da = 1 12  A N (b, A) 2 +b 2(N (b, A)2− 1) 3 = L(b, A).

Simmetricamente, per quanto riguarda il regime della delega,

poiché la perdita attesa è data da E[(y∗−s−b)2]e y−s−b = ¯p−p−b,

(40)

CAPITOLO 2. IL RUOLO DELLA COMUNICAZIONE NELLA DELEGA DELL’AUTORITÀ DECISIONALE39

Figura 2.2.1: Scelta del regime come funzione di A e P (fonte:Harris and Raviv (2005)) 1 P N (b,P ) X i=1 ˆ p p−1  pi+ pi−1 2 − p − b 2 dp = 1 12  P N (b, P ) 2 +b 2(N (b, P )2− 1) 3 +b 2 = L(b, P )+b2.

Si può quindi dedurre che il principale centralizza se L(b, A) < L(b, P ) + b2.

Teorema 1. Il principale sceglie il regime di centralizzazione se e solo se P ≥ P (A, b) dove P (A, b) è una funzione continua e crescente in Aper cui ∀b P (A, b) < A.

Dal teorema si evince che esiste un valore limite entro cui al CEO conviene mantenere la decisione di investimento e inoltre la barrie-ra ha varie cabarrie-ratteristiche che possono determinare delle implica-zioni pratiche.

(41)

CAPITOLO 2. IL RUOLO DELLA COMUNICAZIONE NELLA DELEGA DELL’AUTORITÀ DECISIONALE40 Essendo la funzione P (A, b) crescente, all’aumentare

dell’impor-tanza delle informazioni del manager, rappresentata da A, o vice-versa al diminuire di quella del CEO, P , si può avere una convenien-za a passare da centralizconvenien-zazione a delega, quindi estremizconvenien-zando se il principale non ha informazioni personali, tenderà a delegare la decisione all’agente, nonostante il bias.

Dal teorema si deduce anche che la funzione limite è sempre inferiore alla prima bisettrice che si traduce nel fatto che il CEO, ex ante sceglie la delega solo se le proprie informazioni sono meno importanti di quelle del manager.

2.2.3.2 Ex post environment

In questo ambiente, il valore rilevante è p che non descrive sola-mente l’importanza delle informazioni ricevute ed analizzate dal principale, ma rappresenta i veri dati da lui posseduti e che sa-ranno alla base del report trasmesso. Questo sarà maggiormente informativo quando p assumerà un valore maggiore e ciò sembra favorire la delega. Infatti anche in questo caso si riesce a dimostra-re l’esistenza di un valodimostra-re limite che divide i due dimostra-regimi e si denota che il principale preferisce delegare quando il valore di p supera la barriera.

Teorema 2. ∃p∗ ∈ [0, P ]valore limite di p tale che le strategie seguenti siano un equilibrio di Bayes perfetto del gioco di assegnamento del-la decisione quando l’assegnamento è scelto dal principale dopo che ha osservato p:

il principale sceglie di delegare con probabilità 1 se p ≥ p∗ e di

centralizzare con probabilità 1 se p < p∗. Se viene scelta la delega, il

(42)

prefe-CAPITOLO 2. IL RUOLO DELLA COMUNICAZIONE NELLA DELEGA DELL’AUTORITÀ DECISIONALE41

risce la centralizzazione ottiene ˜a dall’agente e sceglie la decisione

d’investimento y∗(p, r) = p + ¯a(r).

se il CEO sceglie la delega e riferisce r > p∗allora il manager

sceglie la decisione d’investimento y∗

m = a + ¯p(r) + b con ˜p ∈ [p∗, P ]; viceversa, se r < p∗, il manager intuisce che ˜p ∈ [p

N −1, pN] con N = N (b, P −p∗)e y∗ mè data y ∗ m = a+ pN −1+pN

2 +b. Se il CEO sceglie invece la

centralizzazione, il manager emette un report al CEO con ˜p ∈ [0, p∗]

distribuito uniformemente.

Come ipotizzato, il teorema conferma che la delega è la scelta favorita se il valore di p è maggiore. Infatti, per alti valori di p, il report

r sarà più informativo e ciò permette all’agente di avere una

mag-giore quantità di dati per scegliere l’investimento, rendendo quindi la delega il regime più convincente. Il teorema permette quindi di

confrontare la soglia p∗ con il segnale p ricevuto dal principale e

determinare quindi la scelta del regime, ma non dà nessuna

infor-mazione su come vari questa decisione e il valore limite p∗ al variare

non più degli specifici segnali a e p ricevuti da agente e principa-le, ma della loro importanza, quindi di A e P . Il seguente corollario risolve il problema fornendo proprio queste relazioni:

Corollario 3. Il valore limite p∗e la probabilità che il CEO scelga la

centralizzazione, sono crescenti in P e decrescenti in A.

Infatti all’aumentare dell’importanza delle informazione del prin-cipale, i suoi dati saranno sufficientemente rilevanti per preferire la centralizzazione alla delega e viceversa sarà invogliato a delegare se l’agente dispone di informazioni significative. Inoltre quando A cresce essendo la delega più allettante, la soglia si abbasserebbe e sarebbe invece più alta in caso contrario.

L’ambiente ex post permette al CEO di utilizzare le sue informa-zioni al meglio nel regime di delega poiché la comunicazione con il

(43)

CAPITOLO 2. IL RUOLO DELLA COMUNICAZIONE NELLA DELEGA DELL’AUTORITÀ DECISIONALE42 manager è più completa. Nello stesso momento però il

trasferimen-to stesso di dati rende più difficile il controllo dell’agente.

Nel caso in cui il principale abbia la possibilità di decidere non solo il regime, ma anche se sceglierlo primo o dopo aver analizzato i propri dati, il CEO non deciderà mai di centralizzare ex ante; inol-tre se le informazioni del principale sono poco importanti, converrà delegare ex ante, al contrario per valori maggiori di P il principale esclude quell’opzione.

2.2.4

Risultati

Attraverso l’analisi degli equilibri nei due regimi e considerati i due ambienti precedentemente esposti, si possono ricavare vari risulta-ti che hanno riscontri empirici riguardanrisulta-ti la scelta del regime di delega o di centralizzazione legati al variare di diverse variabili.

Importanza delle informazioni e loro segnali Come già

anticipa-to in precedenza, l’importanza delle informazioni sia del principale sia dell’agente influisce sulla scelta del regime da parte del CEO. In particolare, come è intuibile, l’aumento del valore delle informazio-ni del principale favorisce la centralizzazione per poterli sfruttare al meglio e il contrario avviene nel caso in cui l’agente sia in possesso di informazioni fondamentali per la scelta del progetto che gli viene quindi delegata.

Dati due progetti 1 e 2 in cui le informazioni più importanti so-no rispettivamente quella del principale e quella dell’agente, si ha quindi che

(44)

CAPITOLO 2. IL RUOLO DELLA COMUNICAZIONE NELLA DELEGA DELL’AUTORITÀ DECISIONALE43 Per quanto riguarda invece i segnali a e p posseduti dai due

soggetti che descrivono i loro dati privati, la situazione è opposta alla precedente: maggiore è il valore del segnale del principale maggiore è la probabilità di delega e non più di centralizzazione.

Questo risultato sembra poco immediato, ma è dovuto al fat-to che l’aumenfat-to del valore del segnale migliori la comunicazio-ne tra i due soggetti facendo sì che comunicazio-nel caso, per esempio, del re-port inviato dal principale all’ agente renda la delega il regime più favorevole perché ottimizza le informazioni possedute da entrambi.

Agency problem e bias Di nuovo l’intuito non riflette i risultati

tro-vati; il bias si potrebbe pensare agisca negativamente sulla scelta della delega rispetto alle centralizzazione, invece ex ante all’au-mentare della distorsione aumenta la probabilità di delegare la de-cisione al manager. Sebbene gli interessi dei due soggetti siano più distanti, la spiegazione di ciò è data dal fatto che al crescere del valore del bias, la comunicazione nel regime di delega è migliore che nella centralizzazione in cui al limite per valori molto grandi di b sarebbe inesistente.

Dimensione dell’investimento L’agente è interessato ad

investimen-ti di dimensioni maggiori, nonostante ciò, la media delle dimensione dei progetti scelti dal principale è maggiore rispetto a quella in cui è il manager a prendere la decisione se si considera una situazione in cui gli interessi tra CEO e manager non sono del tutto differenti.

Partendo dai progetti 1 e 2 precedenti, definendo E[˜y|C] = P

i∈{1,2} ˜ yiP (i|C) , E[˜y|D] = b+ P i∈{1,2} ˜

yiP (i|D)e ipotizzando che per i migliori investimen-ti medi ¯y1e ¯y2valga ¯y1 > ¯y2 si ottiene che E[˜y|C] > E[˜y|D]−bcioè, per valori non troppo grandi del bias, in media gli investimenti scelti in

(45)

CAPITOLO 2. IL RUOLO DELLA COMUNICAZIONE NELLA DELEGA DELL’AUTORITÀ DECISIONALE44 regime di centralizzazione sono maggiori di quelli presi dal manager

a cui è stata delegata la selezione.

Dimostrazione. definito l’investimento atteso nei due regimi come

E[˜y|C] = P

i∈{1,2} ˜

yiP (i|C) e E[˜y|D] = b + P i∈{1,2}

˜

yiP (i|D), la loro differenza è data da

E[˜y|C] − E[˜y|D] = y¯1P (1|C) + ¯y2P (2|C) − ¯y1P (1|D) − ¯y2P (2|D) − b =

= y¯1P (1|C) − ¯y1P (1|D) + ¯y2(1 − P (1|C)) − ¯y2(1 − P (1|D)) − b = = y¯1(P (1|C) − P (1|D)) − ¯y2(P (1|C) − P (1|D)) − b =

= (¯y1− ¯y2)(P (1|C) − P (1|D)) − b

Poiché per ipotesi ¯y1 > ¯y2, basta dimostrare che P (1|C) > P (1|D) utilizzando la regola di Bayes e la (2.2.2) per ottenere la tesi.

P (C|1) > P (D|2) P (1|C)P (C) P (1) > P (2|C) P (C) P (2) P (1|C)P (2) P (1) > 1 − P (1|C) P (1|C)(P (2) + P (1)) > P (1) = P (1|C)P (C) + P (1|D)P (D) P (1|C)(1 − P (C)) > P (1|D)P (D) P (1|C)P (D) > P (1|D)P (D)

E[˜y|C] − E[˜y|D] + b > (¯y1− ¯y2)(P (1|C) − P (1|D)) > 0, quindi E[˜y|C] > E[˜y|D] − b.

Asimmetria informativa La distorsione e l’importanza delle

(46)

qua-CAPITOLO 2. IL RUOLO DELLA COMUNICAZIONE NELLA DELEGA DELL’AUTORITÀ DECISIONALE45 le agente e principale hanno opinioni differenti. L’intuizione

porte-rebbe a pensare che il primo sia avvantaggiato se aumenta l’asim-metria e il secondo preferisca sia la più piccola possibile e ciò si può dimostrare.

Valutando prima la situazione per il principale, si prendono in considerazione due progetti in cui l’importanza del principale è

co-stante, ma è diversa quella dell’agente cioè (A, P ) e (A0, P ) con

A < A0. Da quanto detto prima, il CEO centralizzerà nel primo caso

e delegherà nel secondo. Questo implica che L(b, A) < L(b, P ) + b2

e L(b, P ) + b2 < L(b, A0) quindi il principale preferisce (A, P ). In

ca-so contrario in cui A è costante e P varia, con P < P0, così che

il progetto con minore asimmetria informativa sia sempre (A, P ) si

ha centralizzazione per il progetto (A, P0) e delega per (A, P ) che

comporta L(b, A) < L(b, P ) + b2 e L(b, P ) + b2 < L(b, P0). Il principale nuovamente preferisce (A, P ) cioè che l’asimmetria informativa sia minore.

Dal punto di vista del manager, per A < A0 l’agente preferisce

(A0, P ) se e solo se L(b, A) < L(b, P ) + b2 che è la stessa utilità che avrebbe se il CEO centralizzasse (A, P ), ma a parità di guadagno, il manager è portato a preferire la delega che gli conferisce maggiori responsabilità. La situazione è simile per P < P0e l’agente preferisce

(A, P0). Infatti una maggior asimmetria informativa gli permette di far

(47)

Capitolo 3

Definizione delle Ipotesi

Questo capitolo si propone di illustrare e definire le ipotesi di ricerca sviluppate partendo dalle conclusioni derivanti dal modello teori-co di Harris e Raviv (Harris and Raviv (2005)) analizzato nel capitolo precedente. L’obiettivo degli autori è valutare come la tenden-za a delegare cambi a seconda dell’andamento di altre variabili relative alla relazione tra agente e principale, i loro interessi e le informazioni a disposizione di ognuno.

3.1

Importanza delle informazioni

Come già ampiamente discusso nel capitolo precedente, la de-lega permette di sfruttare al meglio le conoscenze e le specifiche possedute dall’agente e viceversa, la scelta di centralizzare la de-cisione può essere dettata dal fatto che il principale detiene le infor-mazioni più rilevanti per fare la scelta migliore. Si comprende quindi che il valore delle informazioni possedute dai due soggetti acquista rilevanza se si vuole analizzare quali fattori influenzino la delega.

Dall’analisi fatta da Harris e Raviv (Harris and Raviv, 2005) e dal teorema (1) riguardante l’esistenza di un valore limite P (A, b) per

(48)

CAPITOLO 3. DEFINIZIONE DELLE IPOTESI 47

P che funge da discriminante tra il regime di delega e quello di

centralizzazione, si può formulare la seguente ipotesi H1:

H1 : « L’importanza delle informazioni possedute dal principale in-fluisce negativamente sull’attitudine di quest’ultimo a delega-re le decisioni all’agente»

Il teorema (1) definisce inoltre il livello limite il quale è crescente in A, l’importanza delle informazioni dell’agente. Ciò implica che al-l’aumentare di A aumenta il valore di P (A, b) che può causare il passaggio dal regime di centralizzazione alla delega. Per questo motivo si formula una seconda ipotesi H2:

H2 : «L’importanza delle informazioni possedute dall’agente influi-sce positivamente sull’attitudine del principale a delegare le decisioni all’agente»

3.2

Bias

Per quanto concerne l’influenza tra il bias e la delega, i due autori mostrano che il valore limite per P non è monotono rispetto a b, co-me mostrato nella figura (3.2.1). Coco-me si è già discusso nel capitolo precedente, infatti, l’aumento del bias ha due effetti contrastanti sulla delega. Il primo, che favorisce la centralizzazione, è l’amplifi-cazione della discordanza tra gli obiettivi, il secondo, che rende la delega preferibile, è la diminuzione della comunicazione nel regime di centralizzazione.

Fatte queste considerazioni, si elabora una terza ipotesi H3: Ipotesi 3: « Lo scostamento degli interessi del principale rispetto a

quelli dell’agente ha un impatto positivo sulla propensione del CEO a delegare le decisioni al manager»

(49)

CAPITOLO 3. DEFINIZIONE DELLE IPOTESI 48

(50)

Capitolo 4

Dati e Modelli

4.1

Progetto StiMa - L’impatto degli stili di

ma-nagement sulle performance delle

impre-se italiane

I dati utilizzati per testare le ipotesi sono stati ricavati attraverso un progetto sviluppato da un gruppo di ricercatori della School of Ma-nagement del Politecnico di Milano (Emilio Bartezzaghi, Raffaella Cagliano, Massimo G. Colombo, Annachiara Longoni, Cristina Rossi Lamastra, Paola Rovelli), Il progetto StiMa (acronimo di Stili Mana-geriali).

Il progetto StiMa (acronimo di Stili Manageriali) si propone di stu-diare il design organizzativo del Top Management Team (TMT) - ossia del gruppo di manager che guida l’impresa e che è responsabi-le delresponsabi-le principali decisioni strategiche - delresponsabi-le imprese italiane e di comprendere quali caratteristiche organizzative e quali stili di ma-nagement permettono di rendere competitive le imprese nell’am-biente in cui operano. Il contesto in cui le imprese italiane operano è caratterizzato da una forte competitività e una sempre maggiore

(51)

CAPITOLO 4. DATI E MODELLI 50 innovazione tecnologica. In questo ambito, a cui si aggiunge an-che il perdurare della crisi economica, la capacità di crescere, di adattarsi ai cambiamenti che permette di essere competitivi si riflet-te principalmenriflet-te sulle decisioni strariflet-tegiche aziendali e quindi sulla performance dell’impresa. L’attenzione del progetto è concentrata sull’organizzazione, i processi decisionali e le modalità di coordina-mento di coloro che fanno parte del TMT e sul mettere in relazione queste caratteristiche con le performance dell’impresa identifican-do le best practice organizzative che permettano alle imprese di competere nel proprio mercato. La raccolta dati è stata condotta somministrando il questionario elaborato dal gruppo di ricerca agli amministratori delegati (CEO) di un campione di imprese italiane opportunamente selezionato.

4.1.1

Questionario

Il questionario era suddiviso in 7 sezioni:

• Informazioni personali: dati personali, controllo familiare, titolo di studio;

• Configurazione organizzativa: struttura organizzativa, numero massimo di livelli gerarchici con responsabilità di budget, in-formazioni sui manager che riportano direttamente al CEO, meccanismi organizzativi ;

• Sistema decisionale: livelli gerarchici coinvolti in varie decisio-ni, tetto di spesa del CEO, informazioni in merito al processo decisionale del TMT ;

• Meccanismi di coordinamento: interazione tra i membri del TMT e loro comportamento;

Riferimenti

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