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Studio dei fattori genetici di rischio di comportamento violento, psicopatia ed impulsività in un campione di criminali maschi adulti: l'influenza del pathway serotoninergico

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(1)

UNIVERSITÀ DI PISA

Tesi di laurea

Studio dei fattori genetici di rischio di comportamento

violento, psicopatia e impulsività in un campione di

criminali maschi adulti:

l’influenza del pathway serotoninergico

Relatori Candidato

Dott.ssa Sara Palumbo Stefano Vellucci Prof.ssa Silvia Pellegrini

(2)

INDICE

pag.

RIASSUNTO

1

ABSTRACT

3

CAPITOLO 1. INTRODUZIONE

5

1.1 Il sistema serotoninergico

5

1.1.1

La biosintesi della serotonina

5

1.1.2

I recettori serotoninergici

6

1.1.3

Il trasportatore della serotonina

8

1.1.4

Il catabolismo della serotonina

9

1.2 Le caratteristiche del comportamento antisociale 11

1.3 La genetica del comportamento antisociale

14

1.3.1

Gli studi sui gemelli e sulle adozioni

14

1.3.2

L’influenza dei polimorfismi genetici sul

comportamento antisociale

15

1.3.2.1 Studi di associazione tra varianti alleliche del

pathway serotonineregico e il comportamento

antisociale

17

(3)

3

CAPITOLO 2. MATERIALI E METODI

29

2.1 Partecipanti allo studio

29

2.2 Valutazioni psicometriche

30

2.2.1

Psychopathy Checklist–Revised (PCL-R)

30

2.2.2

Barratt Impulsiveness Scale (BIS)

31

2.3 Raccolta dei campioni di saliva

33

2.4 Estrazione del DNA

35

2.5 Genotipizzazione

37

2.5.1

MAOA-uVNTR

37

2.5.2

rs13212041

40

2.5.3

5-HTTLPR

42

2.6 Analisi statistica

45

CAPITOLO 3. RISULTATI

48

3.1 Analisi delle risposte ai questionari psicometrici 48

3.1.1 Correlazione tra le risposte ai questionari psicometrici

e i fattori “età” e “QI”

48

3.1.2 Confronto dei punteggi ottenuti ai questionari PCL-R e

BIS tra criminali violenti e non violenti

49

3.2

Analisi dei dati genetici

50

3.2.1 Analisi dei singoli polimorfismi

50

3.2.1.1

rs13212041

50

(4)

4

3.2.1.3

5-HTTLPR

55

3.2.2 Analisi di profili genetici

55

CAPITOLO 4. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI

59

4.1 Discussione

59

4.2 Conclusioni

64

APPENDICI A

65

APPENDICE B

74

(5)

1

RIASSUNTO

Studi recenti suggeriscono che varianti alleliche di geni del pathway serotoninergico possono avere un ruolo nello sviluppo di specifici aspetti del comportamento antisociale, come l’aggressività, l’ostilità e l’impulsività.

In questo lavoro di tesi i polimorfismi 5-HTR1B rs13212041, MAOA-uVNTR e 5-HTTLPR, localizzati rispettivamente nel gene HTR1B che codifica per un recettore della serotonina a carattere inibitorio, nel gene MAOA che codifica per l’enzima che metabolizza la serotonina, e nel gene SLC6A4 che codifica per il trasportatore della serotonina, sono stati genotipizzati in 677 campioni di DNA estratti dalla saliva di altrettanti carcerati maschi americani, caucasici, di età ≥ 18 anni, 541 dei quali condannati per crimini violenti. Di questi soggetti erano stati precedentemente collezionati dati psicometrici mediante i reattivi PCL-R (Hare Psychopathy Checklist-Revised) e BIS-11 (Barratt Impulsiveness Scale). Lo scopo della tesi è stato indagare se questi polimorfismi genetici possono rappresentare dei fattori di rischio per il comportamento violento, la psicopatia e l’impulsività.

Confrontando le frequenze alleliche delle varianti studiate, tra il gruppo dei criminali colpevoli di crimini violenti e il gruppo che aveva commesso crimini non violenti, non sono emerse differenze statisticamente significative.

Analizzando le singole varianti in associazione con i dati psicometrici è emerso, invece, che i portatori del genotipo T/T di rs13212041 (associato in letteratura ad una minore inibizione del rilascio di serotonina nel vallo sinaptico) mostravano punteggi maggiori alla sottoscala Fattore2 della PCL-R (pcorretto-Bonferroni=0.015), rispetto ai portatori dell’allele C (C/C e C/T). I

portatori degli alleli a bassa efficienza del MAOA-uVNTR (2, 3 e 5 ripetizioni) (associati in letteratura ad una ridotta degradazione della serotonina), inoltre, mostravano punteggi più bassi alla sottoscala Fattore1 della BIS-11 (pcorretto-Bonferroni=0.045) rispetto ai portatori degli

alleli con 3.5 e 4 ripetizioni. Ripetendo l’analisi separatamente nei due gruppi di criminali violenti e non violenti, entrambe le associazioni suddette sono state osservate solo nel gruppo dei soggetti responsabili di crimini violenti (PCL-R Fattore2: pcorretto-Bonferroni=0.012;

BIS-11 Fattore1: pcorretto-Bonferroni=0.01). Per quanto riguarda il 5-HTTLPR, invece, non è stata

(6)

2

Possiamo ipotizzare, quindi, che nei portatori del genotipo T/T dell’rs13212041, una ridotta capacità inibitoria del rilascio di serotonina dai terminali presinaptici, possa contribuire allo sviluppo di tratti psicopatici, nel senso di maggiore inclinazione alla delinquenza giovanile, mancanza di autocontrollo, continuo bisogno di stimoli, irresponsabilità ed impulsività.

Si può ipotizzare, inoltre, che nei portatori degli alleli a bassa efficienza del MAOA-uVNTR, una ridotta degradazione della serotonina possa contribuire ad attenuare alcuni aspetti dell’impulsività, come l’incapacità di focalizzare l’attenzione e di concentrarsi.

Analizzando, infine, in associazione con i punteggi psicometrici, i profili genetici derivanti dalla combinazione delle tre varianti polimorfiche, è emersa una correlazione inversa tra il profilo genetico responsabile di un’aumentata concentrazione extracellulare di serotonina e i punteggi della sottoscala Fattore1 della BIS-11 (pcorretto-Bonferroni=0.04). In sostanza, in

linea con quanto osservato per la variante del MAOA studiata singolarmente, una maggiore concentrazione extracellulare di serotonina sembra diminuire l’impulsività di tipo attentivo. Questa correlazione si manteneva significativa solo nel gruppo di soggetti colpevoli di crimini violenti (pcorretto-Bonferroni=0.01). Quindi, la variante MAOA-uVNTR sembra avere un

effetto predominante su questo fenotipo, a cui, comunque, contribuiscono anche i polimorfismi rs13212041 e 5-HTTLPR.

Il fatto che l’effetto della genetica sia rimasto statisticamente significativo solo nel gruppo dei soggetti che avevano commesso crimini violenti, si può spiegare con una migliore rappresentatività del fenotipo di interesse da parte di questo gruppo. La letteratura indica, infatti, che impulsività e psicopatia sono tratti maggiormente osservabili in soggetti con condotte violente.

Infine, lo studio di profili genetici, rispetto all’analisi delle singole varianti, ha permesso di apprezzare differenze maggiori (più del doppio) nei punteggi medi alla BIS Fattore1 a conferma che anche le varianti rs13212041 e 5-HTTLPR contribuiscono a questo effetto. Ne consegue che sarebbe interessante analizzare ulteriori polimorfismi in geni implicati nella regolazione del sistema serotoninergico, come i geni codificanti per l’enzima che sintetizza la serotonina (triptofano idrossilasi) o per i recettori postsinaptici serotoninergici che regolano la trasmissione del segnale.

(7)

3

ABSTRACT

Recent studies suggest that allelic variants of genes belonging to the serotonin pathway play a role in the development of specific aspects of antisocial behaviour, including aggression, hostility and impulsivity.

In this dissertation thesis the 5-HTR1B rs13212041, MAOA-uVNTR and 5-HTTLPR polymorphisms - located in the HTR1B gene, coding for a serotonin-inhibiting receptor, the

MAOA gene, coding for the serotonin metabolizing enzyme, and the SLC6A4 gene, coding

for the serotonin transporter, respectively - were genotyped in 677 American White male inmates, of age ≥ 18. Five hundreds and 41 of them were convicted for violent crimes. From each subject, psychometric data had been previously collected by using PCL-R (Psychopathy Checklist-Revised) and BIS-11 (Barratt Impulsiveness Scale). The aim of this work was investigating whether these polymorphisms may represent risk factors for violent behaviour, psychopathy and impulsivity.

By comparing the allele frequencies of the studied variants between criminals that committed and those that do not committed violent crimes, no statistically significant difference was observed.

By analysing each individual variant in association with the psychometric data, instead, we observed that carriers of the T/T genotype of rs13212041 (associated in the literature with a reduced inhibition of serotonin release in the synaptic cleft) scored higher at the PCL-R Factor2 subscale (pcorretto-Bonferroni=0.015), as compared to C-allele (C/C and C/T) carriers.

Carriers of the low efficiency alleles of the MAOA-uVNTR (2, 3 and 5 repeats) (associated in the literature with a reduced degradation of serotonin) scored lower at the BIS-11 Factor1 subscale (pcorretto-Bonferroni=0.045), as compared to carriers of the 3.5 and 4 repeats alleles.

By repeating the analysis in violent and non-violent criminals separately, both associations were observed only in the group of subjects convicted for violent crimes (PCL-R Factor2: pcorretto-Bonferroni=0.012; BIS-11 Factor1: pcorretto-Bonferroni=0.01). Concerning 5-HTTLPR,

however, no association was found.

Therefore, we hypothesize that in the rs13212041 T/T genotype carriers, a reduced inhibition of serotonin release from the presynaptic terminals, may contribute to the

(8)

4

development of psychopathic traits, such as greater inclination to juvenile delinquency, lack of self-control, constant need for stimulation, irresponsibility and impulsivity.

Moreover, in subjects carrying the low efficiency alleles of MAOA-uVNTR, a reduced degradation of serotonin may contribute to attenuate some aspects of impulsivity, including the inability to focus and concentrate.

Finally, by analysing the association between psychometric scores and the genetic profiles deriving from combinations of the three genetic variants, an inverse correlation was observed between the genetic profile responsible for the highest extracellular serotonin concentration and BIS-11 Factor1 subscale scores (pcorretto-Bonferroni=0.04). Basically, in line

with what we observed for the MAOA variant individually, a higher extracellular serotonin concentration seems to diminish the attention impulsivity. This correlation remained statistically significant only in criminals convicted for violent crimes (pcorretto-Bonferroni=0.01).

Thus, the MAOA-uVNTR variant seems to have a predominant effect on this phenotype, to which, however, the rs13212041 and 5-HTTLPR polymorphisms also contribute.

The fact that the effect of genetics remained statistically significant only in the group of subjects convicted for violent crimes could be explained as these subjects better represent the phenotype of interest. The literature suggests, in fact, that impulsivity and psychopathy traits are highly expressed in subjects with violent behaviour.

Finally, the study of genetic profiles, as compared to the analysis of single variants, allowed the appreciation of larger differences (more than double) in the mean scores of BIS Factor1, confirming that also rs13212041 and 5-HTTLPR variants contribute to this effect. It would be interesting to analyse some additional polymorphisms of the serotonergic pathway, including genes encoding for the enzyme that synthesizes serotonin (tryptophan hydroxylase) or for the serotonin postsynaptic receptors that regulate signal transmission.

(9)

5

CAPITOLO 1

INTRODUZIONE

1.1 Il sistema serotoninergico

1.1.1 La biosintesi della serotonina

La serotonina, o 5-idrossitriptamina (5-HT), è un neurotrasmettitore di natura peptidica sintetizzato a partire dall’aminoacido triptofano. Il triptofano è inizialmente idrolizzato dall’enzima triptofano idrossilasi (TPH) e convertito in 5-idrossitriptofano in presenza del cofattore tetraidrobiopterina (THB) (Figura 1.1) (Warden & Haney, 2008). Esistono due isoforme dell’enzima TPH, una localizzata in aree periferiche (es. nel sistema gastrointestinale) e l’altra localizzata principalmente nel sistema nervoso centrale. Il 5-idrossitriptofano è decarbossilato da una decarbossilasi piridossalfosfato-dipendente specifica per aminoacidi aromatici, e convertito in 5-HT.

Figura 1.1. Biosintesi della serotonina a partire dall’aminoacido triptofano.

FONTE: S.J. Warden, E.M. Haney (2008). Skeletal effects of serotonin (5-hydroxytryptamine) transporter inhibition: evidence from in vitro and animal-based studies. J Musculoskelet Neuronal Interact.

(10)

6

La 5-HT neosintetizzata viene immagazzinata in vescicole localizzate nei terminali presinaptici, le quali, a seguito dell’arrivo di un impulso nervoso, migrano verso la membrana cellulare fino a fondersi con essa per rilasciare il neurotrasmettitore nel vallo sinaptico dove andrà ad interagire con specifici auto ed etero recettori sia pre- che post-sinaptici (Figura 1.2) (David & Gardier, 2016).

Figura 1.2. Rappresentazione schematica del pathway della serotonina nel sistema nervoso centrale in un neurone del nucleo del rafe.

FONTE: D.J.David, A.M. Gardier (2016) Les bases de pharmacologie fondamentale du système sérotoninergique: application à la réponse antidépressive. L'Encéphale.

1.1.2 I recettori serotoninergici

La 5-HT interagisce con circa 14 recettori 5-HTR (5-HydroxyTryptamine Receptor) suddivisi in 7 famiglie (Tabella 1.1), chiamate 5-HTR1-7, in base alle caratteristiche funzionali e strutturali e al meccanismo di trasduzione del segnale (Hoyer, Hannon, & Martin, 2002; McCorvy & Roth, 2015; Švob Štrac, Pivac, & Mück-Šeler, 2016).

(11)

7 Tabella 1.1. Classificazione, distribuzione e meccanismo d’azione dei recettori serotoninergici.

FONTE: Štrac DŠ, Pivac N and Mück-Šeler D (2016). The serotonergic system and cognitive function. Translational Neuroscience.

Fatta eccezione della famiglia 5-HTR3 che ha le caratteristiche di un canale ionico ligando-dipendente, tutte le altre famiglie sono costituite da recettori associati a proteine G (Hoyer et al., 2002).

I recettori della famiglia 1 sono associati a proteine G inibitorie (Gi) dell’adenilato ciclasi, che provocano una riduzione della concentrazione citoplasmatica di AMP ciclico (cAMP):

- i 5-HTR1A sono autorecettori sia presinaptici, nelle cellule del rafe, che postsinaptici, localizzati principalmente nell’ippocampo e nell’amigdala. I 5-HTR1A promuovono l’attivazione dei canali per il potassio e inibiscono quelli per il calcio, portando a una iperpolarizzazione della membrana neuronale (Burnet, Eastwood, Lacey, & Harrison, 1995; Hannon & Hoyer, 2008; Riad et al., 2000).

- i 5-HTR1B sono sia autorecettori presinaptici con funzione inibitoria del rilascio di 5-HT, che eterocettori postsinaptici sui neuroni non serotoninergici (Boschert, Amara, Segu, & Hen, 1994). I 5-HTR1B sono particolarmente espressi nel globus pallidus e nella substantia nigra.

I recettori della famiglia 2 sono associati a proteine G di tipo q (Gq) che attivano la fosfolipasi C. Questa stimolazione porta ad un aumento di diacilglicerolo (DAG) sulla membrana plasmatica e di inositolo fosfato (IP3) citosolico che vanno rispettivamente ad attivare la proteina chinasi C (PKC) e a incrementare i livelli di Ca2+ intracellulari (Nichols &

Nichols, 2008). Uno dei sottotipi più conosciuti della famiglia 5-HTR2 è il 5-HTR2A, che è un autorecettore postsinaptico a carattere eccitatorio presente in alte concentrazioni in

(12)

8

diverse aree corticali, inclusi i lobi frontale, parietale ed occipitale, e la corteccia entorinale (Pazos, Probst, & Palacios, 1987). Il 5-HTR2A favorisce il rilascio di altri neurotrasmettitori, come la dopamina e il GABA (acido-γ-aminobutirrico), e inibisce il rilascio di noradrenalina (Fink & Göthert, 2007).

1.1.3 Il trasportatore della serotonina

Uno dei meccanismi principali tramite il quale viene conclusa l’azione della 5-HT è la sua ricaptazione all’interno dei neuroni presinaptici mediata da uno specifico trasportatore, detto 5-HTT o SERT (Figura 1.3) (Kreke & Dietrich, 2008).

Figura 1.3

.

Struttura del 5-HTT.

FONTE: N. Kreke, D.R. Dietrich (2008). Physiological endpoints for potential SSRI interactions in fish. Crit Rev Toxicol.

Il 5-HTT è una proteina integrale di membrana codificata dal gene SLC6A4 che appartiene alla famiglia dei trasportatori sodio-dipendenti SLC6 (Solute Carrier Family 6). Il trasporto di una molecola 5-HT tramite il 5-HTT richiede un co-trasporto di due ioni sodio (Taciak, Lysenko, & Mazurek, 2018). La 5-HTT presenta una struttura molto conservata, caratterizzata da 12 domini transmembrana (TM) con l’N- ed il C-terminale localizzati a livello intracellulare. I primi 10 TM formano due motivi, ciascuno costituito da 5 regioni TM, importanti per il funzionamento della proteina stessa. Al centro della molecola si trova un

(13)

9

sito di legame ad alta affinità per il substrato, detto S1, costituito dai domini TM1, TM3, TM6 e TM8. S1 si trova inizialmente in una conformazione aperta sul versante extracellulare; avvenuto il legame con il substrato e con due Na+, S1 si chiude per aprirsi sul

versante citoplasmatico con conseguente rilascio del substrato e degli ioni nel terminale presinaptico.

La funzionalità del 5-HTT è regolata da una serie di meccanismi di glicosilazione e fosforilazione (Bermingham & Blakely, 2016). Nello specifico, i domini TM3 e TM4, situati nel versante extracellulare, subiscono una N-glicosilazione che porta ad un incremento del trasporto di 5-HT ad opera del 5-HTT. A livello dell’N-terminale si trovano tre siti intracitoplasmatici che sono bersaglio della proteina chinasi cAMP-dipendente (PKA). L’effetto complessivo della PKA sul 5-HTT non è del tutto chiaro e dipende dal conteso cellulare e da meccanismi di modificazione sia trascrizionali che post-trascrizionali. Infine, a livello del C-terminale e in un sito posto tra i domini TM4 e TM5 sono presenti siti bersaglio della PKC (proteina chinasi C). La PKC svolge un ruolo importante nella regolazione della funzionalità del trasportatore, andando a favorire il processo d’internalizzazione del trasportatore con conseguente inibizione del reuptake di 5-HT.

1.1.4 Il catabolismo della serotonina

In seguito alla ricaptazione, la 5-HT è trasportata nuovamente nelle vescicole presinaptiche, oppure subisce degradazione enzimatica (Sibley, Hazelwood, & Amara, 2018). Nel sistema nervoso centrale, il processo catabolico della 5-HT comporta una deaminazione ossidativa da parte di una monoammino ossidasi (MAOA) che catalizza il passaggio da ammina ad aldeide formando 5-OH indoloacetaldeide. Quest’ultima viene utilizzata come substrato dall’aldeide deidrogenasi che va a sostituire il gruppo aldeidico con un gruppo carbossilico, portando alla formazione dell’acido 5-idrossiindolacetico (HIAA) (Figura 1.2 e Figura 1.4). In alternativa, la 5-OH indoloacetaldeide può subire una riduzione enzimatica, da parte di una aldeide reduttasi, formando 5-idrossitriptofolo. I prodotti finali sono eliminati dall’organismo tramite escrezione renale.

La 5-HT è catabolizzata anche a livello dell’epifisi, dove avviene l’acetilazione del gruppo amminico per opera di un’acetiltrasferasi, formando la N-acetilserotonina. Quest’ultima

(14)

10

viene metilata a livello del gruppo ossidrilico dall’idrossi-indol-O-metiltrasferasi che utilizza la S-AdoMet come donatore del gruppo metilico, con formazione della melatonina (Figura 1.4).

Figura 1.4. Catabolismo della serotonina.

FONTE: David R. Sibley, Lisa A. Hazelwood and Susan G. Amara. Goodman & Gilman's: The Pharmacological Basis of Therapeutics. edition. Chapter 13: 5-Hydroxytryptamine (Serotonin) and Dopamine.

(15)

11

1.2 Le caratteristiche del comportamento antisociale

Come definito dalla American Psychiatric Association (2000), il termine comportamento antisociale definisce un insieme di azioni o atteggiamenti che violano le norme sociali e/o i diritti personali e le proprietà altrui, come l’aggressività, la delinquenza e la criminalità, con grave impatto sulla società e ricadute sul sistema giudiziario (Byrd, Loeber, & Pardini, 2014). Componenti diverse del comportamento antisociale sono osservabili in un gran numero di malattie psichiatriche, come riportato nel manuale di psichiatria DSM-5, principalmente relative all’età evolutiva, come ad esempio, il disturbo oppositivo provocatorio (Oppositional Defiant Disorder, ODD), il disturbo della condotta (Conduct Disorder, CD), il disturbo di disregolazione dell’umore dirompente (Disruptive

Mood Dysregulation Disorder, DMDD), il disturbo di personalità antisociale (Antisocial Personality Disorder, APD), il disturbo da deficit di attenzione e iperattività (Attention Deficit Hyperactivity Disorder, ADHD), e i disturbi dello spettro autistico (Autistic Spectrum Disorder, ASD)(American Psychiatric Association, 2013).

Si tratta dunque di un comportamento multifattoriale e quindi con eziologia complessa, in parte genetica, ma di cui ancora non è chiaro quali siano esattamente i geni di rischio e il contributo esercitato da ciascuno di essi (Baker, Bezdjian, & Raine, 2006; Tuvblad & Beaver, 2013). Un approccio utile per comprendere quali siano i fattori genetici che svolgono un ruolo nello sviluppo di fenotipi comportamentali complessi, come quello antisociale, è rappresentato dallo studio degli endofenotipi che sono componenti oggettive, misurabili, e stabili di un tratto più complesso (Gottesman & Gould, 2003). L’endofenotipo può essere di varia natura, neuropsicologica, biochimica, endocrina, neuroanatomica o cognitiva, e rappresenta un punto intermedio nel tragitto che va dal genotipo al fenotipo finale (Gottesman & Gould, 2003). Gli endofenotipi hanno il vantaggio, rispetto al fenotipo complesso, di essere regolati da un numero minore di geni; lo studio degli endofenotipi aumenta quindi la possibilità di osservare varianti alleliche associate al tratto comportamentale esaminato (Gottesman & Gould, 2003). Ne consegue che è possibile ipotizzare l’esistenza di un legame tra il comportamento complesso, come quello antisociale, e le varianti alleliche associate ai suoi endofentipi.

(16)

12

I principali endofenotipi del comportamento antisociale comprendono diversi tratti di personalità come l’impulsività, l’ostilità, la rabbia, l’aggressività e la psicopatia (N. E. Anderson & Kiehl, 2014; Mann et al., 2017).

L’impulsività è la tendenza ad agire in modo rapido e non pianificato, senza un’adeguata valutazione delle possibili conseguenze delle proprie azioni (Dalley, Everitt, & Robbins, 2011; Durana, 1993; J., 1993). Nel 1990, Dickman fu il primo a suddividere l’impulsività in “funzionale” e “disfunzionale”. I soggetti con alti livelli d’impulsività funzionale si presentano energici, avventurosi e tendono a correre rischi poiché non si soffermano a riflettere sulle possibili conseguenze negative delle loro azioni. L’impulsività disfunzionale è invece caratterizzata dall’incapacità di pianificazione, di controllare il comportamento e di mantenere livelli adeguati e duraturi di attenzione (Dickman, 1990, 1993, 2000; Lyvers, 2000). Molti studi hanno riportato l’esistenza di una correlazione positiva tra impulsività, sia funzionale che disfunzionale, e diversi aspetti del comportamento antisociale come il vandalismo, la delinquenza e i problemi esternalizzanti (Maneiro, Gomez-Fraguela, Cutrin, & Romero, 2017; Moffitt, 1993; Peach & Gaultney, 2013).

L’aggressività è uno dei principali endofenotipi del comportamento antisociale, definita come un qualsiasi comportamento diretto verso un altro individuo con l’intento di arrecarne un danno (Anderson & Bushman, 2002). Il comportamento aggressivo rappresenterebbe, in realtà, una forma di sopravvivenza della specie umana, ma anche animale, che come tale si sarebbe conservata nel corso dei millenni come risposta fisiologica con finalità adattive legate alla selezione naturale; se eccessivo e non controllato, tuttavia, è considerato un comportamento patologico (Krug, Mercy, Dahlberg, & Zwi, 2002).

La letteratura indica che l’aggressività può manifestarsi secondo due diverse modalità comportamentali, una “reattiva”, con caratteristiche principalmente impulsive, ostili e affettive in risposta ad una provocazione, dominato da un senso di rabbia incontrollabile e disfunzionale in risposta a stimoli esterni anche di scarsa rilevanza, e l’altra detta “proattiva” prevalentemente a carattere controllato, proattivo, strumentale e premeditato, con modalità programmate e non emozionali e finalità ben definite, caratterizzata da un deficit della sfera empatica e con assenza totale di senso di colpa (Krug et al., 2002).

(17)

13

Alcune caratteristiche dell’aggressività strumentale ricadono nella sfera delle problematiche calloso-anemozionali (CU), caratterizzate da deficit della sfera affettiva e mancanza di empatia, che riconducono all’endofenotipo psicopatia che è uno degli aspetti personologici più importanti in ambito forense (Snowden & Gray, 2011). Infatti, gli psicopatici costituiscono solo circa l'1% della popolazione globale, ma rappresentano ben il 25% della popolazione detenuta nelle carceri statunitensi (Theodorakis, 2013). È stato osservato che, tra i criminali, gli psicopatici erano molto più inclini a commettere atti di aggressività di tipo strumentale, e quindi premeditata (Porter & Woodworth, 2007; Woodworth & Porter, 2002). I comportamenti aggressivi di tipo reattivo, invece, erano più comuni tra i soggetti non affetti da psicopatia (Porter & Woodworth, 2007; Woodworth & Porter, 2002). Comunque, non è possibile determinare a priori che gli psicopatici non abbiano un passato di aggressività reattiva; ad esempio, la teoria di Cornell e colleghi afferma che le persone caratterizzate da violenza strumentale avrebbero maggiori probabilità di avere un passato di violenza di tipo reattivo (Cornell et al., 1996).

Esistono diverse teorie sull’origine della psicopatia:

 Un modello basato sul senso di paura, secondo il quale gli psicopatici sarebbero caratterizzati da una soglia della paura molto elevata (Fowles & Dindo, 2009).

 Un modello basato sull’eccitazione, che descrive gli psicopatici come soggetti caratterizzati da bassi livelli di eccitazione autonomica, e in continua ricerca di stimoli e nuove sensazioni (Quay, 1965).

 Un modello che ipotizza lo sviluppo dei cosiddetti “paraocchi psicologici”, ossia di una insensibilità agli stimoli dovuta ad una eccessiva esposizione ad emozioni forti (Patterson & Newman, 1993).

 Un modello che ipotizza l’esistenza di una disfunzione dell’amigdala che impedirebbe lo sviluppo dell’empatia (Blair, 2004).

(18)

14

1.3 La genetica del comportamento antisociale

Il comportamento è il risultato di complessi meccanismi neurobiologici che dipendono dall’azione combinata dei geni e dell’ambiente. Negli ultimi anni, un numero crescente di studi nel campo della genetica comportamentale ha avuto lo scopo di indagare quali fossero i diversi fattori genetici e ambientali di rischio di comportamento antisociale, e di stimare in che misura ognuno di essi influenza tale comportamento.

1.3.1. Gli studi sui gemelli e sulle adozioni

I primi studi condotti sui gemelli e sulle adozioni sono stati di fondamentale importanza nell’individuazione di una forte componete genetica alla base del comportamento antisociale (Rhee & Waldman, 2002).

I gemelli monozigoti possiedono un’omologia genica del 100% e generalmente condividono lo stesso ambiente di crescita; i dizigoti, diversamente, condividono solo il 50% del patrimonio genetico crescendo nello stesso ambiente. Confrontando il comportamento dei gemelli monozigoti e dizigoti, la varianza fenotipica totale può essere suddivisa in fattori genetici (o ereditabilità, h2) e in fattori ambientali condivisi (c2) e non (e2); h2, a sua volta,

può essere ripartita in influenze genetiche additive (ereditarietà di più alleli in loci diversi con effetto cumulativo sul fenotipo) e non additive (es. la dominanza, ossia l’effetto di un allele che maschera quello di un altro situato nello stesso locus, e l’epistasi, ossia l’interazione tra alleli situati in loci diversi) (Tuvblad & Baker, 2011).

Nello studio condotto da Rhee e Waldmann (2002), nel quale sono stati analizzati 51 studi effettuati sui gemelli e sulle adozioni, è emerso che i fattori genetici, additivi e non, spiegherebbero il 41% della varianza del comportamento antisociale, l’ambiente condiviso il 16% e quello non condiviso il 43% (Rhee & Waldman, 2002). Un’altra meta-analisi ha indagato più nello specifico l’ereditabilità del comportamento aggressivo evidenziando che, in un gruppo di soggetti caratterizzati da comportamento antisociale, le influenze genetiche additive erano significativamente maggiori negli individui con condotte aggressive rispetto a quelli che non mostravano aggressività (rispettivamente 65% e 48%).

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Il comportamento di quest’ultimi era, invece, maggiormente influenzato dall’ambiente sia condiviso (18% vs 5%) che non (34% vs 30%) (Burt, 2009).

Un’attenta revisione degli studi sui gemelli ha mostrato che il metodo utilizzato per la valutazione dell’aggressività influenza significativamente la stima dell’influenza genetica e ambientale. L’influenza genetica, ad esempio, risultava essere sovrastimata se il comportamento aggressivo era stato misurato tramite questionari di auto-valutazione rispetto a quando venivano impiegati questionari compilati dai genitori (Baker, Raine, Liu, & Jacobson, 2008; Tackett, Waldman, & Lahey, 2009) o dagli insegnanti (Haberstick, Schmitz, Young, & Hewitt, 2006). Infine, poiché esistono varie forme di aggressività, è stata ipotizzata l’esistenza di diverse eziologie, ad esempio l’aggressività reattiva sembra essere influenzata soprattutto da fattori ambientali, mentre quella proattiva sembra risentire maggiormente della genetica (Tuvblad, Raine, Zheng, & Baker, 2009).

1.3.2. L’influenza dei polimorfismi genetici sul comportamento antisociale

Il termine polimorfismo genetico identifica una variazione della sequenza del DNA

presente in almeno l’1% della popolazione. Gli SNP (Single Nucleotide Polymorphism) sono variazioni di un singolo nucleotide che si presentano come transizioni, vale a dire una sostituzione tra due purine (A/G) o tra due pirimidine (C/T), o cometrasversioni, ovvero tra una purina e una pirimidina (A/C, A/T, G/C, G/T) (Manolio et al., 2009). È stato stimato che nel genoma umano siano presenti circa tre milioni diSNP, uno ogni circa 1000 pb, reputati essere i maggiori responsabili della variabilità interindividuale; per questo motivo gli SNP rappresentano degli ottimi marker biallelici frequentemente utilizzati negli studi di associazione (Pearson & Manolio, 2008).

Gli SNP possono trovarsi all’interno di una sequenza genica codificante (esone), all’interno di una regione genica non codificante (introne), o in una regione intergenica. SNP posizionati nelle sequenze geniche possono provocare un cambiamento della sequenza amminoacidica della proteina prodotta (si parla di “SNP non sinonimo”) (Sachidanandam et al. 2001), con potenziale alterazione della struttura e/o della funzione della proteina stessa. In alternativa, lo SNP, sia che si trovi in una regione esonica, intronica o intergenica, può generare un peptide con sequenza aminoacidica invariata (si parla di “SNP sinonimo”). In

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quest’ultimo caso, lo SNP può avere comunque un impatto biologico, modificando, ad esempio, il legame con i fattori di trascrizione o interferendo con i meccanismi di splicing (Djebali et al., 2012).

I polimorfismi comprendono anche altre tipologie di variazioni della sequenza nucleotidica, come le VNTR (Variable Number of Tandem Repeat), o minisatelliti, che sono sequenze costituite da unità di 10-100 nucleotidi ripetuti in tandem per un numero variabile di volte, e le STR (Short Tandem Repeat), o microsatelliti, in cui le unità ripetitive sono costituite da 2-9 nucleotidi.

La maggior parte degli studi di associazione tra genetica e comportamento antisociale ha impiegato il metodo del “gene candidato”, che si basa in una prima fase di ricerca di dati di letteratura che suggeriscono il potenziale coinvolgimento di uno specifico gene sullo sviluppo di un determinato fenotipo comportamentale e una fase successiva di carattere sperimentale in cui viene testata l’ipotesi di associazione. Tale approccio, sebbene basato su ipotesi solide, presenta alcuni limiti imprescindibili dovuti al fatto che i singoli polimorfismi hanno generalmente una bassa penetranza sul comportamento, soprattutto sui fenotipi complessi, come quello antisociale, e non possono essere considerati fattori causativi ma fattori di rischio che possono predisporre ad uno specifico tratto comportamentale in interazione con altre varianti alleliche e con i fattori ambientali. Dagli gli studi su geni candidati spiccano, in associazione al comportamento antisociale, alcune varianti dei pathway serotoninergico e dopaminergico, come il MAOA-uVNTR, il 5-HTTLPR, il DRD4 exon 3 VNTR, il DRD4 rs1800955 e COMT rs4680 (Iofrida, Palumbo, & Pellegrini, 2014).

Una strategia per studiare un numero maggiore di polimorfismi è rappresentata dall’analisi degli aplotipi che consistono in combinazioni di varianti alleliche lungo un cromosoma o segmento cromosomico contenente loci associati tra di loro, che in genere vengono ereditati congiuntamente. Appurata l’esistenza di un aplotipo, è sufficiente selezionare un’unica variante, definita “tag”, per dedurre il genotipo di tutti i polimorfismi presenti sullo stesso blocco aplotipico.

Negli ultimi anni, con l’introduzione di nuove tecniche di biologia molecolare che hanno permesso di sequenziare l’intero genoma umano è stato possibile realizzare i primi studi di

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associazione estesi all’intero genoma (Genome-Wide Association Studies, GWAS). Questi studi, rispetto alla ricerca dei geni candidati, hanno il vantaggio d’indagare in maniera meramente esplorativa le basi genetiche del comportamento senza alcuna ipotesi a priori, testando quindi l’associazione di tutte le varianti. A causa dell’elevato numero di ipotesi testate contemporaneamente, un’associazione risulta essere significativa solo se lo SNP raggiunge la soglia di “significatività genomica” di p < 5 × 10-8 (McCarthy et al., 2008). Ne

consegue un incremento dell’errore di tipo 2, che consiste in un aumento dei falsi negativi, motivo per cui sono pochissime le varianti che risultano significativamente associate al comportamento antisociale dagli studi GWAS. Ne è un esempio uno studio recentemente pubblicato nel quale è emersa l’associazione di tre soli SNP dell’intero genoma con il comportamento antisociale di 16.400 individui (Tielbeek et al., 2017).

1.3.2.1

Studi di associazione tra varianti alleliche del pathway serotonineregico e il comportamento antisociale

L’interesse per il pathway serotoninergico nell’ambito del comportamento antisociale è notevolmente cresciuto a seguito di un famoso studio condotto sui componenti maschi di una famiglia olandese caratterizzati da una storia di comportamento antisociale con tratti particolarmente aggressivi; questi soggetti avevano la particolarità di possedere una mutazione a carico del MAOA che era responsabile dell’inattivazione dello stesso gene (Brunner, Nelen, Breakefield, Ropers, & van Oost, 1993). Negli ultimi anni diversi geni del pathway serotoninergico sono stati oggetto di studio in relazione al comportamento antisociale, in particolare quelli codificanti proteine fondamentali per la trasmissione del segnale serotoninergico, come l’enzima triptofano idrossilasi (TPH2), che catalizza la sintesi della 5-HT, per il trasportatore 5-HTT, e per i recettori serotoninergici (5-HTR). Da questi studi è emerso che questi geni siano degli importanti fattori di modulazione del comportamento aggressivo, impulsivo e dei tratti psicopatici e CU (Constantino, Morris, & Murphy, 1997; New, Goodman, Triebwasser, & Siever, 2008; Siever, 2008; Stoltenberg & Nag, 2010).

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Di seguito è riportata una revisione della letteratura in merito alle basi biologiche del comportamento antisociale, con particolare focus sugli studi di associazione che hanno riguardato le varianti alleliche del pathway serotonineregico.

- TPH2 (Triptofano Idrossilasi)

Il gene TPH2 si trova in posizione 12q21 e codifica per l’enzima che catalizza la tappa limitante la biosintesi della 5-HT nel sistema nervoso centrale (SNC). Esperimenti effettuati su topi knock-out per il gene TPH2 hanno mostrato che la ridotta quantità di 5-HT a livello del SNC dovuta alla mancanza del gene portava ad un comportamento maggiormente aggressivo (Mosienko et al., 2012). In realtà, la prima evidenza del coinvolgimento del TPH2 nei meccanismi alla base del comportamento aggressivo del topo risale ad uno studio del 2005 che aveva indagato l’effetto dello SNP C-1437G presente nel TPH2 sul test dell’intruso (Kulikov, Osipova, Naumenko, & Popova, 2005); i risultati mostravano una maggiore aggressività nei topi portatori dell’allele G, allele precedentemente associato ad una minore attività dell’enzima a livello cerebrale (Zhang, Beaulieu, Sotnikova, Gainetdinov, & Caron, 2004).

Gli studi condotti sugli uomini hanno investigato il ruolo di vari SNP situati a monte e a valle delle regioni di controllo trascrizionale del TPH2. In particolare, da uno studio condotto su pazienti affetti da disturbi della personalità è emerso che l’allele T del polimorfismo rs4570625 (G-703T), gioca un ruolo nello sviluppo della personalità antisociale, borderline, istrionica e narcisistica (Gutknecht et al., 2007). Da una meta-analisi del 2012 è emerso che i portatori dell’allele T avrebbero un rischio maggiore di presentare disturbi affettivi e problematiche relazionali (Gao et al., 2012) probabilmente dovuto ad una maggiore vulnerabilità, conferita da questo genotipo, agli eventi stressanti della vita (Mandelli et al., 2012). Uno studio del 2017 che ha coinvolto 1176 bambini e adolescenti, suggerisce, invece, che l’allele G dello stesso SNP predisponga al comportamento aggressivo e impulsivo (Laas et al., 2017). Le implicazioni neurobiologiche di questo polimorfismo non sono ancora del tutto chiare, però, trattandosi di uno SNP non sinonimo che cade nella regione del promotore del

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effetto funzionale. Diversi studi hanno dunque valutato l’effetto dell’rs4570625 sull’espressione del TPH2, mostrando che l’allele T non avrebbe di per sé alcun effetto sull’attività del promotore (Scheuch et al., 2007), ma, in aplotipo con l’allele T dello SNP rs11178997 (T-473A) sembrerebbe portare ad un aumento (Lin et al., 2007) o ad una riduzione (Chen, Vallender, & Miller, 2008) dell’espressione a seconda del genotipo di un terzo SNP, l’rs11178998 (90AG). Inoltre, uno studio di risonanza magnetica funzionale ha suggerito che l’allele T contribuisce ad aumentare l’attività dell’amigdala; tuttavia, il dato è stato ottenuto in un campione di soli 22 soggetti e necessiterebbe di essere validato in un campione più numeroso (Canli, Congdon, Gutknecht, Constable, & Lesch, 2005).

Il ruolo di altri SNP presenti nel TPH2 è stato indagato in uno studio del 2006 nel quale sono state valutate le dimensioni cognitive e aggressive dell’impulsività in 1180 bambini e adolescenti, tramite questionari compilati sia dai genitori che dagli insegnanti (Brookes et al., 2006). Lo studio di Brookes e colleghi ha evidenziato un’associazione significativa tra l’impulsività cognitiva, legata all’incapacità di pianificare e prevedere le conseguenze negative delle proprie azioni, e l’allele A del polimorfismo rs6582071 (A/G), che sembra modulare l’efficienza di sintesi della serotonina (Diksic & Young, 2001). Inoltre, è stata osservata un’associazione tra l’impulsività e gli alleli A dello SNP rs1352250 (A/G), T dell’rs10879352 (C/T) e G dell’rs1487275 (C/A) (Oades et al., 2008).

L’attività del TPH2 sembra essere avere un ruolo anche nel rischio di suicidio, considerato anch’esso una forma di aggressività anche se rivolta verso se stessi (Bach et., 2014; Fudalej et al., 2009). L’aplotipo GGTG risultante dalla combinazione degli SNP del TPH2 rs2171363, rs1386491, rs6582078 e rs1352250, ad esempio, è stato associato sia all’aggressività che al comportamento suicidario (Perez-Rodriguez et al., 2010).

- 5-HTR1A

5-HTR1A è un autorecettore localizzato sulle membrane pre- e post-sinaptiche codificato da un gene situato in posizione 5q12.3 (Nichols & Nichols, 2008). Come

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autorecettore presinaptico, il 5-HTR1A esercita un feedback negativo diretto sui neuroni serotoninergici andando a inibire il rilascio della 5-HT nel vallo sinaptico. Il ruolo di questo recettore sul comportamento aggressivo è stato studiato negli animali, soprattutto topi e ratti. In uno studio, in particolare, è stato osservato che l’espressione dell’RNA messaggero del 5-HTR1A era significativamente inferiore nel mesencefalo dei ratti norvegesi aggressivi rispetto ad altri ratti meno aggressivi. Inoltre, nei ratti aggressivi era stata osservata anche una ridotta densità recettoriale in altre aree celebrali come la corteccia prefrontale, l’ipotalamo e l’amigdala (Popova, Naumenko, Plyusnina, & Kulikov, 2005). Inoltre, la somministrazione di agonisti del 5-HTR1A portava all’inibizione in modo dose-dipendente del comportamento aggressivo (de Boer & Koolhaas, 2005; Popova et al., 2005). Il trattamento con antagonisti, invece, non alterava il profilo comportamentale (de Boer & Koolhaas, 2005). Partendo da questi risultati ottenuti sugli animali, alcuni ricercatori hanno ipotizzato che la somministrazione di agonisti del 5-HTR1A potesse rappresentare un buon intervento farmacologico per il trattamento del comportamento violento nell’uomo; tuttavia, i principi attivi testati non hanno mostrato alcun beneficio (Rosell & Siever, 2015).

Complessivamente, i dati ottenuti dagli studi farmacologici mostrano una correlazione negativa tra concentrazione di serotonina e comportamento aggressivo. Gli studi effettuati su animali geneticamente modificati, invece, hanno portato all’ottenimento di risultati discordanti. Ne è un esempio uno studio nel quale topi transgenici caratterizzati da una over-espressione del gene 5-HTR1A a livello dei nuclei del rafe e nel rombencefalo, mostravano livelli di aggressività al test dell’intruso maggiori rispetto ai controlli wild type (Audero et al., 2013). Questo dato suggerirebbe che il comportamento aggressivo è legato a un’eccessiva, e non ridotta, funzionalità serotoninergica.

Tra i polimorfismi presenti nel gene HTR1A, l’rs6295 (C-1019G) sembra modulare il rischio di problematiche comportamentali, psichiatriche e suicidarie. Si tratta di uno SNP situato all’interno di una regione palindroma del promotore alla quale si lega una proteina nucleare, detta NURD, che funge da repressore della trascrizione. La presenza dell’allele G dell’rs6295 inibisce il legame di NURD portando a un incremento dell’ espressione del gene HTR1A (Lemonde et al., 2003). Mentre i dati sul comportamento

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suicidario (Huang, Battistuzzi, et al., 2004; Lemonde et al., 2003; Pompili et al., 2017; Samadi Rad et al., 2012) sono contrastanti nell’associare l’uno o l’altro allele dell’rs6295, l’allele G sembra predisporre in maniera consistente all’insorgenza di malattie psichiatriche, in particolare la schizofrenia (Huang, Battistuzzi, et al., 2004) e il disturbo bipolare (Joyce, Stephenson, Kennedy, Mulder, & McHugh, 2014), e all’impulsività, misurata mediante i questionari IVE (Impulsivity Venturesomeness and

Empathy) o BIS-11 (Barratt Impulsiveness Scale) (Benko et al., 2010).

- 5-HTR1B

Il gene 5-HTR1B è situato in posizione 6q14.1 e codifica per un recettore localizzato sia sulle membrane pre-sinaptiche serotoninergiche, come autorecettore, che su quelle post-sinaptiche di neuroni non serotoninergici, come eterocettore. Analogamente al recettore 1A, 5-HTR1B svolge una funzione regolatrice del rilascio di serotonina dai terminali presinaptici mediante un meccanismo a feedback negativo. Il trattamento farmacologico con agonisti selettivi del 5-HTR1B produce un effetto inibitorio sul comportamento offensivo murino simile a quello indotto dagli agonisti del 5-HTR1A (Bannai, Fish, Faccidomo, & Miczek, 2007; de Boer & Koolhaas, 2005; Faccidomo, Quadros, Takahashi, Fish, & Miczek, 2012). L’attivazione farmacologica del 5-HTR1B portava, infatti, ad una riduzione dell’aggressività, soprattutto di tipo motorio, con riduzione della frequenza degli inseguimenti, del numero di attacchi, e delle minacce. Analogamente, l’ablazione del gene 5-HTR1B provocava, nei topi, un incremento del comportamento aggressivo al test dell’intruso, con attacchi più rapidi e intensi (Saudou et al., 1994). I dati ottenuti negli animali indicano, quindi, che il recettore 1B svolge un ruolo chiave nella regolazione del comportamento aggressivo (Bouwknecht et al., 2001; Popova, 2006).

Gli studi di associazione condotti nell’uomo hanno mostrato che variazioni della sequenza genica del 5-HTR1B possono modulare la trasmissione serotoninergica con effetti sul comportamento. L’rs13212041 (T-1997C) è uno SNP situato in posizione 3’UTR che ricade all’interno di una sequenza riconosciuta da un particolare miRNA, il miR-96 (Jensen et al., 2009). La presenza dell’allele T permette il riconoscimento ad

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opera del miR-96 con conseguente riduzione dell’espressione genica di 5-HTR1B (Jensen et al., 2009), che si dovrebbe tradurre in una diminuzione del controllo inibitorio esercitato sul rilascio della serotonina dai terminali pre-sinaptici. È stato osservato che proprio questo allele incrementa il rischio di impulsività, rabbia, ostilità e disordini della condotta (Conner et al., 2010; Jensen et al., 2009). Anche l’allele C dello SNP esonico rs6296 (G-861C) è stato associato ad alti livelli di rabbia e ostilità (Conner et al., 2010; Hakulinen et al., 2013). L’allele T dello SNP rs130058 (A-161T), ha invece mostrato un’associazione con punteggi maggiori alle scale che valutano il comportamento aggressivo e l’impulsività (Pompili et al., 2017; Zouk et al., 2007) e con un maggior uso di sostanze, alcol e tabacco (Müller et al., 2017). Le dipendenze sembrano essere regolate anche dallo SNP rs11568817, che è stato anche accosciato ad alti livelli di tratti CU (Moul, Dobson-Stone, Brennan, Hawes, & Dadds, 2013).

- 5-HTR2A

Il gene 5-HTR2A è situato in posizione 13q14.2 e codifica per uno dei principali target di molti antipsicotici e di alcune molecole psichedeliche, come l’LSD (Nichols, 2004). Studi sugli animali hanno premesso di valutare gli effetti sull’aggressività e l’impulsività di molecole agoniste e antagoniste di questo recettore. Uno studio, in particolare, ha mostrato che il trattamento con un antagonista specifico per il 5-HTR2A induce, nei topi, un calo significativo del comportamento aggressivo (Sakaue et al., 2002). Questo dato suggerisce che l’attività del 5-HTR2A sarebbe direttamente proporzionale al livello di aggressività. Anche nell’uomo è stata osservata l’esistenza di una correlazione positiva tra la concentrazione post mortem di questo recettore a livello della corteccia prefrontale e il comportamento aggressivo (Oquendo et al., 2006).

Tra i vari SNP studiati nell’uomo, l’rs6311 (A-1438G), situato nella regione del promotore, sembra modulare il comportamento impulsivo e suicidario. L’allele G aumenterebbe il rischio di commettere il suicidio con modalità impulsive e violente, mentre i portatori del genotipo A/A preferirebbero modalità maggiormente pianificate (Giegling, Hartmann, Möller, & Rujescu, 2006; Pompili et al., 2017; Saiz et al., 2011). L’associazione tra l’allele G e l’impulsività è stata confermata da uno studio GWAS in

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una popolazione di 983 soggetti sani ai quali è stato somministrato il questionario BIS-11 (Gray et al., 2018). La stessa analisi ha evidenziato un effetto significativo anche dell’allele C dello SNP rs6313 (T-102C), un polimorfismo esonico che però non influisce sul prodotto proteico (Gray et al., 2018). Uno studio precedente, sebbene non avesse evidenziato alcuna associazione significativa tra l’rs6313 e le risposte al questionario BIS-11, aveva osservato una maggiore impulsività negli omozigoti C/C rispetto ai portatori del genotipo T/T nel test Stop-Signal che permette di valutare l’impulsività intesa come capacità di astenersi da un qualsiasi comportamento (Jakubczyk et al., 2012). La maggiore impulsività dei soggetti C/C potrebbe avere un ruolo anche nelle recidive osservate frequentemente negli alcolisti portatori di questo genotipo (Jakubczyk et al., 2013).

Nell’esone 3 del gene 5-HTR2A è presente un polimorfismo funzionale, l’rs6314 (C-1354T), che porta ad una sostituzione aminoacidica (istidina/tirosina) in posizione 452 con conseguente aumento dell’espressione del 5-HTR2A e stimolazione della trasmissione del segnale serotoninergico nella corteccia prefrontale (Hazelwood & Sanders-Bush, 2004; Moul et al., 2013). È stato osservato che il genotipo C/C è più frequente in soggetti con elevati tratti CU, rispetto a soggetti con livelli più bassi (Moul et al., 2013). Lo stesso genotipo è stato associato anche all’isolamento sociale e al comportamento rule-breaking (Burt & Mikolajewski, 2008; Rubin et al., 2013).

Infine, in un campione di 887 soggetti caucasici, gli omozigoti dell’allele T dello SNP rs7322347 (T/A) avevano riportato punteggi di ostilità, rabbia e aggressività fisica significativamente maggiori rispetto ai portatori dell’allele A (Banlaki et al., 2015).

- 5-HTT

La proteina 5-HTT è codificata dal gene SLC6A4 (solute carrier family 6 member 4) localizzato sul cromosoma 17q11.2 che comprende 14 esoni di circa 31 kb ciascuno. Nella sequenza nucleotidica del gene SLC6A4 sono presenti due polimorfismi funzionali (5-HTTLPR e rs25531) comuni che alterano l’efficienza trascrizionale e che sembrano avere un ruolo importante nel modulare il rischio di comportamento antisociale.

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Il 5-HTTLPR (5-HTT-Linked Polymorphic Region) è una regione di tipo VNTR situata 1 kb a monte dal sito di inizio di trascrizione che consiste in unità di circa 20 pb ripetute 13-22 volte. Gli alleli più comuni sono quello a 16 ripetizioni, detto Long (L), e quello a 14 ripetizioni, detto Short (S) (Cadoret et al., 2003). Gli alleli con lunghezza maggiore a 16 ripetizioni, detti extra-large, sono molto rari e riscontrabili principalmente nelle popolazioni africane o afro-americane (Gelernter, Kranzler, & Cubells, 1997; Goldman, Glei, Lin, & Weinstein, 2010; Murdoch, Speed, Pakstis, Heffelfinger, & Kidd, 2013; Nakamura, Ueno, Sano, & Tanabe, 2000; Odgerel, Talati, Hamilton, Levinson, & Weissman, 2013). L’allele S è responsabile di una riduzione della trascrizione del gene rispetto all’allele L, pari al 30-40%, che causa un dimezzamento dell’efficienza di trasporto della serotonina dal vallo sinaptico al terminale presinaptico ad opera del HTT (Heils et al., 1996). Nella sequenza del

5-HTTLPR sono presenti due polimorfismi a singolo nucleotide, rs25531 e rs25532,

che apportano addizionali variazioni funzionali (Figura 1.5). In particolare, l’rs25531 porta alla formazione dei sottotipi allelici SA, LA, LG e SG (Iurescia, Seripa, & Rinaldi, 2016). La combinazione LG è responsabile di una riduzione dell’espressione genica paragonabile a quella osservata in presenza dell’allele S (Hu et al., 2006).

Figura 1.5. Polimorfismi del promotore del gene SLC6A4.

FONTE: Iurescia S, Seripa D, Rinaldi M (2016). Role of the 5-HTTLPR and SNP promoter

polymorphisms on serotonin transporter gene expression: a closer look at genetic architecture and in vitro functional studies of common and uncommon allelic variants. Mol Neurobiol.

Studi effettuati sui primati rhesus hanno mostrato che i soggetti portatori dell’allele S erano più sensibili ai fattori ambientali negativi e mostravano livelli di aggressività maggiori rispetto agli omozigoti dell’allele L (Jarrell et al., 2008).

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La letteratura riguardante il ruolo dell’allele S nel rischio di comportamento antisociale è ampia (Iofrida et al., 2014) e, secondo una meta-analisi pubblicata nel 2014, l’allele S sembra contribuire in maniera modesta allo sviluppo del comportamento antisociale (Ficks & Waldman, 2014). L’influenza dell’allele S sembrerebbe essere maggiore se associata a condizioni ambientali stressanti, all’abuso di alcool e di droghe (Caspi et al., 2002; Gerra et al., 2004; Hallikainen et al., 1999).

Tuttavia, negli ultimi anni non sono mancati dati che non hanno confermato questa tendenza, come ad esempio uno studio del 2017 che attribuisce all’allele L un rischio maggiore di comportamento criminale (Toshchakova et al., 2017).

- MAOA

L’enzima MAOA è codificato da un gene composto da 16 esoni, situato in posizione Xp11.3. I primi studi sulla genetica molecolare del comportamento antisociale, in particolare dell’endofenotipo aggressività, hanno riguardato proprio il gene MAOA. Da uno studio condotto nel 1995 su un topo knock-out è infatti emerso che l’inattivazione del gene MAOA causava un aumento del comportamento aggressivo (Cases et al., 1995). Un dato analogo è stato successivamente ottenuto in un’altra linea di topi

knock-out che presentavano una mutazione non senso nell’esone 8 del gene MAOA, e

che manifestavano un’aggressività particolarmente violenta (Scott, Bortolato, Chen, & Shih, 2008). Allo stesso modo, i componenti maschili di una famiglia olandese portatori di una mutazione, molto rara, equivalente umano di un knock-out animale che causava una completa inattivazione del gene, avevano anch’essi un comportamento estremamente aggressivo (Brunner et al., 1993).

Nel promotore del gene MAOA, a 1.2 kb a monte del sito di inizio della trascrizione, è presente un polimorfismo di tipo VNTR che consiste in unità di 30 pb che possono essere presenti in 2, 3, 3.5, 4 o 5 copie (Figura 1.6). Le varianti alleliche più diffuse nelle popolazioni caucasiche sono quelle a tre e quattro ripetizioni (3R e 4R).

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26 Figura 1.6. MAOA-uVNR.

È stato dimostrato che gli alleli a 2, 3 e 5 ripetizioni (2R, 3R e 5R) riducono l’espressione del gene, per questo motivo sono detti Low, rispetto agli alleli a 3.5 e 4 ripetizioni (3.5R e 4R) detti High (Sabol, Hu, & Hamer, 1998) (Figura 1.6). Gli alleli Low sembrerebbero anche provocare una riduzione del volume del giro cingolato e dell’amigdala e un aumento di circa il 14% del volume della corteccia orbito-frontale rispetto ai portatori degli alleli High nel genere maschile (Meyer-Lindenberg et al., 2006).

Rispetto alla mutazione osservata nella famiglia olandese, dovuta all’inattivazione del MAOA, la presenza degli alleli Low ha un’influenza relativamente bassa sulla tendenza a sviluppare comportamenti violenti, che risulta significativamente maggiore rispetto agli individui con alleli High solo in interazione con un ambiente di crescita negativo (Caspi et al., 2002; Craig, 2007; Fergusson, Boden, Horwood, Miller, & Kennedy, 2012; Gerra et al., 2004; Huang, Cate, et al., 2004; Nilsson et al., 2006; Reti et al., 2011; Volavka, Bilder, & Nolan, 2004; Widom & Brzustowicz, 2006). Questo dato è stato ulteriormente confermato dalla meta-analisi pubblicata nel 2014 da Courtney A. Ficks ed Irwin D. Waldman (Ficks & Waldman, 2014).

Altri studi hanno evidenziato che anche un ambiente negativo vissuto nella fase prenatale, come ad esempio l’esposizione al fumo di sigaretta materno durante la gestazione, possa portare, in interazione con gli alleli Low del MAOA-uVNTR, a una maggiore probabilità di osservare disturbi della condotta nel bambino (Wakschlag et al., 2010).

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Anche nel gene MAOA dei macaco rhesus è presente una VNTR localizzata in una regione promotrice situata a 1.1 kb a monte della sequenza codificante, caratterizzata da elementi di 18 pb ripetuti cinque, sei o sette volte. Gli alleli con cinque e sei ripetizioni (5R e 6R) determinano un aumento del 26% dell’attività trascrizionale rispetto all’allele 7R. Analogamente a quanto osservato nell’uomo, l’allele 7R a bassa attività transizionale incrementava l’aggressività se l’ambiente di crescita era stato negativo (Karere et al., 2009; Newman et al., 2005).

I dati sinora ottenuti indicano, quindi, che il genotipo Low non è di per sé un fattore causativo di comportamento antisociale, ma rappresenta piuttosto un elemento di vulnerabilità agli eventi avversi che contribuisce ad aumentare la suscettibilità al comportamento aberrante.

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1.4 SCOPO DELLA TESI

Studi recenti suggeriscono che alcune varianti polimorfiche di geni del pathway serotoninergico possono avere un ruolo nello sviluppo di specifici aspetti del comportamento antisociale, come l’aggressività, l’ostilità, l’impulsività e la psicopatia (Conner et al., 2010; Ficks & Waldman, 2014; Fowler et al., 2009; Huang, Cate, et al., 2004; Jensen et al., 2009; Sadeh, Javdani, & Verona, 2013). Scopo della mia tesi è stato indagare il ruolo di tre varianti alleliche, che esercitano un effetto funzionale sulla trasmissione serotoninergica - MAOA-uVNTR (enzima di degradazione), 5-HTR1B rs13212041 (recettore inibitorio), 5-HTTLPR (trasportatore presinaptico) - nell’aumentare il rischio di comportamento antisociale. Il campione oggetto dello studio era costituito da 677 detenuti, maschi, bianchi, americani. Essendo il comportamento antisociale un fenotipo complesso multifattoriale, sono stati selezionati tre endofenotipi da mettere in relazione con i dati genetici, ossia la psicopatia, misurata mediante il reattivo psicometrico

Psychopathy Checklist-Revised (PCL-R), l’impulsività, misurata mediante la Barratt Impulsiveness Scale (BIS-11), e la violenza, valutata sulla base del tipo di crimine commesso

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Capitolo 2

MATERIALI E METODI

2.1 Partecipanti allo studio

Il campione oggetto di studio della presente tesi comprende 677 criminali di cui 541 colpevoli di crimini violenti e 119 di crimini non violenti. Nella Tabella 2.1 sono riportate le caratteristiche demografiche del campione per quanto riguarda l’etnia, il genere, l’età e il quoziente intellettivo (QI), suddivise a seconda del tipo di crimine commesso.

Campione Numerosità

campionaria Sesso Etnia Età QI

Tutti i criminali 677 M caucasica

33.14 ±10.819

98.42 ±14.280

Criminali colpevoli di

crimini violenti 541 M caucasica

33.74 ±11.034

98.46 ±14.321

Criminali colpevoli di

crimini non violenti 119 M caucasica

30.73 ±9.480

96.74 ±12.860

Tabella 2.1. Caratteristiche del campione. QI= quoziente intellettivo. I dati rappresentano le

medie ± la deviazione standard (DS).

L’età media del gruppo dei violenti è risultata significativamente maggiore rispetto a quella dei non violenti (p=0.011) (Tabella 2.1). In tutte le analisi di confronto tra violenti e non violenti il fattore “età” è stato quindi inserito come covariata.

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2.2 Valutazioni psicometriche

2.2.1. Psychopathy Checklist–Revised (PCL-R)

La PCL-R è un questionario costituito da 20 item compilato dal medico in seguito alla somministrazione di un’intervista semi-strutturata che valuta la presenza di tratti di personalità psicopatica ed antisociale tramite 125 domande (il questionario è consultabile in Appendice A) (Hare, 1991, 2003). Per ciascun item è stato espresso un punteggio mediante una scala Likert a 3 punti, 0 se l’item non si applicava al soggetto, 1 se si applicava parzialmente e 2 se si applicava completamente. Il punteggio totale può variare da 0 a 40 e indica il grado in cui il soggetto si avvicina al profilo prototipico dello psicopatico; infatti, mentre la popolazione normale ottiene mediamente punteggi compresi tra 8 e 10, i soggetti che ottengono un punteggio pari o superiore a 30 sono considerati altamente psicopatici (Sample & Smyth, 2005; Skeem, Polaschek, Patrick, & Lilienfeld, 2011); comunque, è stato suggerito che un punteggio pari a 23 rappresenta il cutoff per la diagnosi di psicopatia (Morana, Arboleda-Flórez, & Câmara, 2005).

Il questionario PCL-R indaga due aspetti della psicopatia, tramite due sottoscale:

 Il Fattore1 che indaga la dimensione interpersonale-affettiva

(Interpersonal-Affective) come la personalità manipolativa, il fascino superficiale, il grande

senso di autostima, la menzogna patologica, la mancanza di senso di colpa e di rimorso, l’affettività superficiale, il deficit di empatia e l’assenza di accettazione della responsabilità per le proprie azioni.

 Il Fattore2, che indaga lo stile di vita antisociale (Lifestyle/Antisocial) come la ricerca di stimoli, lo stile di vita parassitario, la scarsa capacità di autocontrollo, la mancanza di obiettivi a lungo termine, l’impulsività, l’irresponsabilità, i problemi comportamentali precoci, la delinquenza giovanile, le relazioni coniugali a breve termine e la tendenza alla criminalità.

Ciascuno dei due fattori è suddiviso in due componenti: le componenti 1 e 2 del Fattore1 per valutare rispettivamente le sfere interpersonale e affettiva, e le componenti 3 e 4 del Fattore2 per valutare lo stile di vita e la condotta antisociale (Figura 2.1) (Hare, 2003).

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31 Figura 2.1. Modello del questionario PCL-R seconda edizione del 2003.

FONTE: Robert D. Hare (2003). Psychopathy Checklist–Revised, second edition.

2.2.2. Barratt Impulsiveness Scale (BIS-11)

La BIS è un questionario di autovalutazione progettato per misurare i livelli d’impulsività. La prima versione, che risale alla fine degli anni ‘50 (Barratt, 1959), è stata revisionata nel corso degli anni, fino ad arrivare alla versione corrente, BIS-11, che è stata validata tramite uno studio effettuato su un campione di 412 studenti universitari, 248 pazienti psichiatrici e 73 detenuti di sesso maschile (Patton, Stanford, & Barratt, 1995). La BIS-11 è composta di 30 item suddivisi in tre sottoscale, chiamati fattori di secondo ordine, che a loro volta constano di due fattori di primo ordine (Tabella 2.2) (Patton et al., 1995):

 Il Fattore1 misura l’"impulsività attentiva” (fattori di primo ordine: “attenzione” e “instabilità cognitiva”), riferita all’incapacità di restare concentrati su una determinata attività o un progetto;

 Il Fattore2 misura l’“impulsività motoria” (fattori di primo ordine: “impulsività motoria” e “perseveranza”), ossia l’agire senza pensare;

 Il Fattore3 misura l’“impulsività da non pianificazione” (fattori di primo ordine: “autocontrollo” e “complessità cognitiva”), riferita all’incapacità di pianificare nel lungo temine e di preoccuparsi delle conseguenze delle proprie azioni.

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32 BIS-11 Fattori di secondo ordine Fattori di primo ordine Numero di item Item Impulsività attentiva Attenzione 5 5, 9*, 11, 20*, 28 Instabilità cognitiva 3 6, 24, 26

Impulsività motoria Impulsività motoria 7 2, 3, 4, 17, 19, 22, 25 Perseveranza 4 16, 21, 23, 30* Impulsività da non pianificazione Autocontrollo 6 1*, 7*, 8*, 12*, 13*, 14 Complessità cognitiva 5 10*, 15*, 18, 27, 29* Tabella 2.2. Struttura della BIS-11 messa a punto da J.H. Patton nel 1995. La descrizione

di ciascun item è riportata nel dettaglio nell’Appendice B. *reverse scored items.

Ciascun partecipante allo studio ha indicato la modalità con la quale ogni item descriveva situazioni vissute mediante una scala Likert a 4 punti (1 = “quasi mai/mai”, 2 = “occasionalmente”, 3 = “spesso” e 4 = “quasi sempre/sempre”); punteggi più alti indicano un comportamento maggiormente impulsivo.

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2.3. Raccolta dei campioni di saliva

Da ciascun partecipante allo studio è stato raccolto un campione di saliva mediante il kit di auto-prelievo ORAGENE DNA Self-Collection kit OG-500 (DNA Genotek Inc., Ontario, Canada). Prima della raccolta, è stato raccomandato a tutti i soggetti di non fumare, di non bere e di non mangiare nei 30 minuti precedenti la deposizione della saliva.

Per la campionatura sono state seguite le indicazioni fornite dalla ditta produttrice:

Espellere la saliva nel tubo di raccolta tramite l’imbuto fino al raggiungimento della linea di riempimento (circa 2 ml), evitando di produrre bolle;

Chiudere il coperchio dell’imbuto tenendo il tubo in posizione verticale; in questo modo il liquido di conservazione contenuto nel tappo viene rilasciato all’interno del tubo contenete la saliva;

Svitare l’imbuto e chiudere ermeticamente la provetta con il tappo;

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Agitare la provetta per 5 secondi per permettere la completa miscelazione della saliva con il liquido di conservazione. In questo modo il campione può essere conservato per diversi anni a temperatura ambiente.

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