• Non ci sono risultati.

Rassegna storica salernitana. A.11, n.1/4(1950)

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Rassegna storica salernitana. A.11, n.1/4(1950)"

Copied!
170
0
0

Testo completo

(1)

- -

(2)
(3)

­ ­ ­ ­ ­

(4)

­ ­ ­ ­ ­ ­ "

(5)

(6)

-­ ­

(7)

-­ -­ ­

(8)

(9)

-­ -­

(10)

(11)

(12)

(13)

(14)

(15)

(16)
(17)
(18)
(19)

-'

(20)
(21)

Poi r i p r e n d e s u a c a r n e e s u a f i g u r a . La t t a n z i o, D e lla fe n ic e .

I

Son già due ore che divorano la via con grati fra g o re sulle rotale celerissimi convogli di vagoni, d iretti, in senso opposto, a Roma e a Napoli, quando, a metà quasi del percorso, appare da lontano Montecassino, l'eccelsa rocca dell'O rdine di S. Benedetto. Allora, dimenticando la noia del viaggio, tu tti ad a ffo lla rsi ai finestrini, a sporgere il capo, a mandar saluti con la mano, a

guardare in su stu pefatti alla maestosa mole, sim ile a un' impo

nente fo rte z za e ad una reggia suntuosa. A un tratto vieti sotto

mano, bianca nel sole, tutta civettuola, Cassino. G ià riem pie la

valle lo stridulo fischio della vaporiera, e il nero convoglio, ral

lentando la corsa, si protende bel bello lungo la pensilina della

stazione; accorrono i garzoni del ristorante ripetendo via via il

loro grido “ g e la ti! cestini da viaggio!; cestini da viaggio ! g e lati ! „ ; si spalancano g li sportelli : è un piacere balzare a terra,

sgranchir le gambe, dar l’assalto di corsa al buffet e all’edicola

del tabacchi: un a ffre tta rsi, un correre, un salutarsi, un form icolìo chiassoso, finché suona il segnale, e la colonna riprende la marcia.

Dai balconi del Cenobio qualche monaco, uso a " esercitare

il silenzio contempla lontano la lunga fila delle vetture, tacita

e nera come una striscia di form iche, andare sollecita alle città

rumorose ; indi posa lo sguardo sul vagoncino colorato della fu n i via che sale con placido corso alla vetta del Sacro M onte, e, m i

rando, ripensa assorto a un’ aquila dalle all aperte e ferm e, vo

lante alle altezze.

Tutto ora tace.- Il lieto spettacolo si ripeteva, un tempo, venti

volte al giorno, prima che si costruisse la linea, più breve, per

Formia, azionata ad elettricità. Ora scarse macchine a vapore

­ ­ ­ ­ ­ ­

(22)

­

(23)

Tuttavia, se mai azioni inique vi furori nelle guerre, se si d ie dero crudeltà ed em pietà, se si videro bestiali colpi di testa, s i f fa tte prodezze f u dato vederle tu tte in una volta come accavalla/itisi

in una gara feroce, nella distruzione d i M ontecassino.

Innanzi tutto, qual motivo c’era d i investire con le p iù te r r i

bili armi, come se fo sse una form id ab ile trin cia , un luogo in d i

feso, senz' ombra di presidio alcuno, e per d i più, non soltanto

lontano dal tum ulto della guerra, ma del tutto fu o r i d a ll’ umano

commercio ? Forse, sì, consigliavano la deplorevole im presa con

getture e sospetti di insidie e di agguati; si aggiungeva, consi

gliera più efficace, la paura; ma il vero motivo determ inante f u

l’altezzoso disprezzo p er l’ Italia intera, piegata a resa incondi zionata. Eppoi ! la cosa sarebbe stata fa cile , immune da pericolo:

e g li audaci aviatori avrebbero potuto fa re egregie cose, m asti

cando e rimasticando tranquillam ente le loro gomm e aromatiche.

Intanto, una volta presa nel consiglio di guerra la deliberazione di distruggere Cartagine, tornava comodo, sul punto di dar l ’or

dine della nuova distruzione che veniva ad aggiun gersi ad altre

e altre, protestare a gran voce che i nemici fero c i e brutali ave vari osato porre agguati di compagnie e compagnie in quell' arce sacra.

E così, mal fon da te congetture, fa tte tirando a Indovinare da gente adusata a portar chiazze di sudore sotto le ascelle, ebbero

maggior peso che non la grave testim onianza del venerando ve

gliardo, di vita intem erata e santa, Abate del M onastero.

Ed ora, andate, coorti; andate a inca lzan ti ondate, andate

ad abbattere il vetusto monumento. Non compagnie di nem ici ac colsero qui i pii cenobiti, non un plotone, non un solo soldato; ma

i superstiti Cassinesi, che, s fu g g iti p er miracolo alla morte a

traverso le fu m a nti rovine della loro città, avevano sperato di

trovar qui l’ultimo rifug io per la salvezza dei loro bambini e

delle loro povere donne. Non postazioni di a rtiglieria qui, non

posti di osservazione, non occultati mucchi di bombe, non am

massati spezzoni incendiarli, non il più piccolo e volgare p ro ie t

tile in pronto; ma da per tutto spettacoli di miseria : una cesta e

della paglia è tutta la suppellettile; vesti inform i, disadatte al

verno; coperte logore e rattoppate, nemiche al sonno; razionato

­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­

(24)

­ Cas­ ­ ­ ­ ­ ­

(25)

volanti; tessono e ritessono i loro voli; assorda g li orecchi lo s tr i dente fragore, lo spavento m ozza il respiro.

Quanti sono ? cento, duecento, trecento, quanto non ha celle il cenobio, quanti non sono i p ro fu g h i rifu g ia ti.

Centinaia di E urizioni s’adoprano a tra fig g ere una colomba, nè una colomba che sbatta le ali volando alto, ma che si tien p a vida al nido.

Oscurano il cielo in densi storm i le macchine o stili; trascor

rono a ondate, a ondate mandan g iù bombe dirom penti di quattro

quintali: tuoni, folgori, esplosioni, scotimenti, vasta caligine di

polvere, neri globi di fum o: sembra che si scrolli e fr a n i il mondo. Si fendono per le freq u en ti scosse le alte mura, s'in fra n g o n o le colonne, nobile ornamento dei cinque chiostri; rovinan g iù le ter

razze i s o ffitti le pareti, crollano in p e z z i i fa s tig i della c a tte

drale, e si vedono sconciamente dissem inati; cadon prone le statue

di marmo dalle loro nicchie; da per tutto s ’agglomerano Inform i

mucchi di rovine: di qui pendono, sul punto di cadere, assi e

travi, di lì imposte divette dai cardini, e contorte ringhiere d i

balconi; il lastrico a grossi quadroni dell'atrio m aggiore si apre

con una vasta voragine, e dove prima ricreava la vista con le sue

belle pitture la volta della navata centrale si stende il cielo

nemboso.

Che faranno quegl’ in felici ? qual via d i scampo non è ta

gliata ? La turba dei pro fu g h i si stringe in densa massa sotto

una volta, dove sembra più sicuro il rifu g io ; nessuno osa m an

dare un grido: trattengono pallid issim i il respiro, si agghiaccia

il sangue nelle vene; ma i discepoli del Patriarca, cui la solitudo

fu sola beatitudo, stan tu tti intorno a llo r o Abate: una generosa

volontà porta quei m orituri a confortare il m orituro con la loro

presenza Allora l’a n tistite. rotto dagli anni, levatosi su dalla

seggiola, benedice tu tti col segno della croce, dice parole di sol lievo, ricorda che il cenobio, tre volte distrutto, f u tre volte rico

struito; la Regola Santa esser pietra auspicale del M onastero, che

nessuna fo rza ha potuto smuovere nè nel passato nè al presente, perchè posta una volta per sempre dal P atria rca; perciò esser certa per lui la speranza, certa per tutto L'Ordine, che risorgerà quando che sia VArchlcenobio, nella fo rm a di prim a.

Tre giorni dopo, avuta l’autorizzazione a uscire dalle tris ti

macerie, lasciano i monaci quel loro luogo amato sopra ogni altra

1 ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­

(26)

­

­

(27)

nastero ebbero una prova solenne d i quanto si fossero ingannati con quella determinazione presa senza riflettere.

Dopo di allora, rovine sopra rovine davano un triste presagio che i fu tu r i tu risti avrebbero visitato il d istru tto cenobio come si visitano i ruderi dei tem pii a Selinunte.

Ma aveva pure il suo peso la cagione a bene sperare. La distruzione di Montecassino, chi ben guardi, ha una carat teristica spiccata in confronto con g li a ltri fla g e lli della g u e rra , sì che non è un palmare errore riconoscere nella causa della d i struzione la causa della ricostruzione, e quasi vedere nel medesimo tempo la medesima mole cadere e risorgere.

E forse qualcuno potrebbe dire ridendo che chi così parla

risica di imitare l' amena disinvoltura d eg li Am ericani, i quali,

sul punto di radere al suolo il monastero, *distruggerem o „, d i

cevano, 11riedificheremo ! che ci vuole ? „ Così, talvolta i fa n c iu lli,

quando giocano sul lido, lì dove sale e discende il lieve fio tto,

fanno e disfanno in continua vicenda le Loro opere con l1arena

bagnata : piramidine, torricine, ponticini, statuine d i Tanagra, d i cui mani e braccia fanno massa col corpo; e, fu se insieme, non si distinguono nè gambe nè piedi.

M a vai la pena seguire esempi più 'degni, e ag li A m ericani preferire, senza pericolo di offesa, i poeti antichi che fu ro n va ti

di saggezza. Qual nascosto vero non svela il fam oso mito, così

ammonitore, della fe n ic e, a quelli, almeno, che si studiano d i i n

vestigare le cause ascose dei f a t t i umani ! La celebre leggenda

della fenice si direbbe una parabola evangelica ; v’ è una verità

in fondo a questa favola, la quale ammonisce non poter le alte

cose risplendere della loro luce se non a prezzo d yun tal quale

annichilimento, e per una loro virtù intriseca. V 1è proprio bisogno di ricordare i moniti del Vangelo o le esortazioni d e ll’ Apostolo:

se il granello di frum ento non si d isfà sotterra...; se moriamo

insieme con Cristo, insieme con Cristo vivremo ?

Ché anzi, anche nelle pubbliche calamità, d i cui tiene il p r i

mato la guerra, è lecito scoprire, a chi cerca, che Dio ha posto

in esse il suo granello di senapa.

Quali nefande scelleragginl non ha viste la nostra genera

zione ! Quelli che hanno il nome d i moderatori suprem i delle na zioni, e non conoscono né anche il significato del vocabolo, acce cati dalla libidine di dominare il mondo e di convertirlo alle loro ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­

(28)

­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­

(29)

tigarsi i condottieri di guerra, apparire sulla testata dei giornali, per molti giorni consecutivi, a lettere cubitali, quel nome: Montecas sino, Montecassino.

E, finalm ente, la voce del Sommo Pontefice, inu tile voce fin o a quel momento, si cominciò ad ascoltare.

O evento memorabile in eterno, la salvezza di Roma ! O R o ­

ma nobilis, o per divino prodigio incolume e in tatta, Rom a, che vai di sopra alle cose m o rta li!

Le fo rte z ze alate transvolano innocue, come nuvole o uccelli, il Campidoglio, le Chiese, i po n ti sul Tevere, la Basilica d i San Pietro.

La stessa tigre teutonica, smessa la sua rabbia, si ritira f i nalmente.

Ormai i due g em elli potranno poppare placidam ente sotto la Lupa.

* * *

Sta il vero che, f i n da ll’origine, M ontecassino f u vestibolo e corpo di guardia della C ittà Eterna. Questa fu , come p ar chiaro, la missione ad esso assegnata da Dio; che appunto questa dovesse

essere aveva ben intuito il genio previggente di S. Benedetto,

quando, lasciato lo speco sublacense, " migrò a Cassino „, e costruì

l’arce del suo Ordine a guardia della via L a tina, per dove un

giorno era passato Annibaie, tra breve sarebbero passate orde di Longobardi e di Saraceni, e in seguito g li eserciti di quasi tu tte le nazioni.

E l’eccelsa rocca aveva tu tti i num eri p e r eseguire com piuta mente una missione così alta, sì che p er ben quattordici secoli

con lo stesso prestigio del nome f u di presidio a ll’ Urbe, di am

mirazione alle nazioni. Qui, imperversante la barbarie, Roma an

tica ebbe un luogo di scampo p er i suoi m onum enti letterari,

Roma Cristiana un sacrario delle divine e umane cose; qui l’E u

ropa vide la culla della sua vita cristiana e civile; qui l’Italia il primo ritorno alla cultura d eg li antichi e a g li stu d i delle Let

tere. Che altro m ai, o p er maestà d i edificio o p e r d ignità e

decoro di vita, potrebbe trovarsi di più nobile d i questa casa, nella quale entravano principi non pochi e due re per divenire, depo

sta la loro corona e indossata la cocolla, servi tra servi; dalla

quale i monaci uscivano portando con sè la cocolla, mentre a ltri ­ ­ ­ ­

(30)

­

­

(31)

-" nel suo manto sopportò con la decenza d ’Ifig e n ia l colpi

"dell'Europa. Così fin iv a l’Italia. „

E f u davvero la fin e dell'Italia: polche più g ravi Iatture subì In seguito l'Ita lia , ma non più f u sim ile a Ifig enia. O li stranieri cl portarori via tesori, ci lasciarono sozzure. A ll’uscir del secolo

X V III, le 11galliche tig r i „ rapirono tutto, devastarono tutto, in

sozzarono tutto) fecero ciò che a memoria d ’uomo nessuno aveva mai veduto sulla Terra; ma i nostri m aggiorenti, i nostri oratori, i nostri scrittori, non che esecrare quella sarabanda di scellerag

gini di fla g iz ii di oscenità, diventati a un tratto rauchi tribuni

di parte popolare, preferirono fa r s i banditori della p estifera ideo logia degli enciclopedisti, donde era nato tanto fla g ello .

O vergogna ! la Francia devasta l'Ita lia , l ’Italia fra n ceseg g la \

Non è chi non veda che la causa e l'origine prim a di tanta

demenza sta tu tta nel disprezzo della religione. M ontecassino,

sconciamente devastato dal legato d i Bonaparte, lo dim ostrò a l

lora in modo eloquente, se vai qualche cosa la testim onianza del

l ’ innocenza violata; e gravem ente ammonendo lo dim ostra ora,

distrutto dalle fondam enta per la medesima causa.

M a come potevano g li odiatori di Cristo ascoltare il m artire

di Cristo ? Come lo ascolterebbero o ggi ? P iù di Cristo conta

naturalmente un qualunque tiranno Sarrnatico ; non la Croce, non

la Resurrezione sono contrassegni della divinità, ma i grossi b a ffi sotto il grosso naso del novissimo idolo.

M a bravi! Ma beatissim i voi, o nepoti d i D ante !

* * *

Questi gravi m oniti della d istrutta Abbazia, come è speranza di tu tti i buoni, un giorno fo rse gioverà ricordare.

Intanto giova ricordare che in tre cicli d i 5 0 0 anni M ontecas

sino tre volte f u distrutto e tre volte risorse. O di vita bella

morte più bella, se f u arra di resurrezione ! Donde raccolse la

casta fen ice ramoscelli di palma e aromi e gocce d ’ incenso e il

lungi olezzante amomo che le fossero e rogo e cuna ? Qual solitu

dine, ignota ai mortali, è mai questa, dove la moritura effo nd e

melodie d ’ un mistico canto, e dove Dio le ha concesso d i rina scere p er propria virtù ?

O fe lic e Casa d i Benedetto, d i cui è vita la grande parola

­ ­ ­

(32)

­ ­ ­ ­ ­ -’ '

(33)

"Quanto d'aere abbraccia intorno al sepolcro del Patriarca! E già suonano in cadenza i sacri bronzi ; con voce alterna i rintocchi sonori, O RA dice l’uno, dice l’a ltro : L A B O R A .

Spinta con ritmo uguale in su e in giù, la campana m aggiore s’affaccia con la sua immensa bocca or qua or là, em ettendo dalla sua massa vibrante il vasto respiro del suo rombo, che si propaga

lontano ; a quel moto della campana mandata a distesa, divien

canoro il tacito aere, e riempie della sua voce im m ensi spazi.

Si leva alto nella sua gloria lo stemma fu lg e n te d ell’ antica

Arce :

(34)

­ ­ ­ -­ '

(35)

tarii avanzi (1). Non si tratta, quindi, di spi egare il secolo XI col secolo XVI ( 2 ) c h è invero sar ebbe criterio ass ur d o ed antistorico - , ma di cercare di c o m p re nd er e come si è per venut i a quest ' ul t i mo, tenendo presente un dato certo ed i ncont rovert ibi l e che es s o ci offre.

La datazione in tutti i diplomi trovasi nell' escatocollo, ed è così concepita nella laurea di Gi ovanni de Angelo di C a p u a del 1504:

" Acta fuerunt supradicta omni a in cappella Sanct ae Catheri nae, in qua Studium in dictis facultatibus regi solet (3), s ub a n n o Domini Millesimo qui ngent es i mo quarto, die martis vicesima quarta mensis decembris, octavae indictionis, pontificatus sanctis simi in Christo patris et domini nostri Julii divina provi dent i a pape II, anno secundo, praesent i bus etc.

Questa formula, nella quale variavano u ni camente 1' a nno e l'indicazione del luogo in cui si svolgeva la ceri monia del conferi mento della laurea o conventus, si trova cos ta nt eme nt e ed i nvari a bilmente usata in tutti i diplomi originali e nelle mi nute degli a p positi registri, fino all'epoca della soppressione. Essa risulta c o m posta di tre parti: 1) data topica i nt rodot ta dall’actum (4), che in dica il luogo, con riferimento allo svol gimento della ceri monia ;

( 1 ) v. L. CASSESE, L archivio d el C ollegio m edico d i Sa lern o , in N o t i z i e deg li A rch ivi d i Stato, a. Vi l i (1948), p. 45 s eg. La p e r d i t a dei pi ù a n t i c h i d o c u me n t i h a a v u t o c o me effetto di fare a s s e g n a r e a l l a S a le rn ita n a schola u n ruol o me n o i m p o r t a n t e di q u e l l o dei g r a n d i S t u d i me d i e v a l i di P a r i g i e B o l ogna.

(2) E q u e s t o il p r i n c i p a l e e pi ù g r a v e e r r o r e degl i s c r i t t o r i m u n i c i p a l i , g i u s t a me n t e ri levat o dal p i ù r ecent e e d i l i g e n t e s t o r i c o d e l l a S c u o l a m e d i c a , P. O . KRiSTELLER, The School o f Salerno. Its D evelopm ent an d its c o n tr ib u tlon to thè H lsto ry o f L e a rn in g , in B a lle ttiti o f thè H ls to r y o f M e d ic in e ,

voi. XVII (1945), p. 139. (« Even r e c e n t s s c h o l a r s bave b e e n t oo m u c h i n c l i n e d to take t e s t i mo n i e s of a l a t e r p e r i o d as d i r e c t e e v i d e n c e f o r a m u c h e a r l i e r p e r i o d , o r to c o n s i d e r h y p o t h e t i c a l c o m b i n a t i o n s wh i c h a r e at b e s t p o s s i b l e as t h o u g h t hey wer e p r o v e d facts »).

(3) Sot t o il P r i o r e P a o l o de G r a n i t a (1490 1514) si e b b e il d o p p i o p r i o rato, u n o pe r le arti e d un alt ro p e r la m e d i c i n a , e, di c o n s e g u e n z a , un d o p pio c o l l e g i o : c o s a che cost it uì u n a n o v i t à , o f or s e un r i t o r n o a l l ’ a n t i c o p e r br e ve t e mp o .

(4) No n vi è u s a t a l ' e s p r e s s i o n e daturn, p e r c h è la l a u r e a ha v a l o r e di

charta, c. in essa il n o t a i o at t e s t a la l egal i t à dell o s v o l g i me n t o d e l l ' a z i o n e ,

-­ -­ ­ ­ ­ ­ ' -­ ' -- ­ ­

(36)

(37)

permetta di orientare le ricerche storiche verso risultati m e n o vaghi e più concreti (1).

* * *

Dobbi amo innanzi tutto chiederci c om' e r a co mp o st a la cancel leria del Collegio, nella quale veni vano compilate le lauree ; oc c or rerà poi definire la nat ura della laurea in senso diplomatico, e sporte le fasi della sua formazione, ed infine i ndagar e se, e in che misura, essa subì l'influsso della cancelleria vescovile.

La cancelleria, ovvero segreteria del Collegio, era c o m p o s t a dal Notaio e dal Mastrodatti. Il pri mo redigeva e aut ent i cava tutti gli atti del Collegio, come le deliberazioni accademiche, le a g g r e g a ­ zioni dei collegiali e dei soprannumeri , e i privilegi dottorali. 11 Mastrodatti, poi, oltre ad aver cura dell'archivio, aveva l ' incarico di annotare in apposito registro i privilegi e le licenze che via via rilasciava il Collegio, e di trascrivere la loro formul a sulla pergamena (2).

11 diploma di laurea, r igu a r da t o sotto l 'aspetto gi uri di co e dal punto di vista diplomatico, può farsi ri ent rare nella i nnumer e v ol e categoria di scritture aventi carattere storico e giuri di co a un tempo, e forme a ciò convenienti. In altre parole è un vero e p r o

prio documento, cioè, secondo la nota definizione del Paoli, è

" una testimonianza scritta di un fatto di nat ura giuridica, compilata coll'osservanza di certe determinate forme, le quali sono destinate a procurarle fede e a darle forza di prova „ (3). C o m e tale la laurea passa attraverso diversi moment i di preparazi one e di ela borazione, e cioè : a) il mandat o di compilare e scrivere il d o c u ­ mento ; b) la compilazione e minutazione del med e s i m o ; c) la t ra

ci) Le l aur ee s a l e r n i t a n e s o n o state s t u d i a t e d a Ca p p a r o n i, D ip lo m i d i laurea dello S ta d io S a lern ita n o , in R lv. d i sto ria critica d elle scienze m e d i che e n a tu ra li, voi. Ili (1916), pp. 65 74, e d a A. S i n n o , D ip lo m ic i t . , m a c o n criteri del t utt o e s t r i n s e c i .

(2) Q u e s t a o r g a n i z z a z i o n e si r i f e r i s c e al sec. XVI, e s u d i e s s a v . S iN N O ,

D ip lo m i cit., p. 221 seg. Si not i che il ma s t r o d a t t i s o l e v a c o m p i l a r e p e r s u a c o mo d i t à un cer t o n u m e r o di d i p l o m i , n e i qu a l i l a s c i a v a in b i a n c o il n o m e del l au r e an d o ed altre f o r mu l e che v a r i a v a n o . N e l l A. S. S. si c o n s e r v a n o a l cuni d i p l o mi così a p p r o n t a t i . La d e c o r a z i o n e v e n i v a f at t a s u o r d i n a z i o n e , e variava in r e l a z i o n e alle p o s s i b i l i t à f i nanz i a r i e d e l n e o d o t t o r e .

(3) Pa o l i, op. cit., p . 18. ­ ­ -­ ­ ­ ­ -’ ­

(38)

­ -­ ­ ­

(39)

-La clausola di corroborazione, necessaria a firm a re chartam ,

cioè a dare compi ment o al d ocument o, perfeziona, d u nq ue , la l a u rea e le conferisce piena forza probatoria.

La laurea non è mai firmata dal Priore o dai collegiali (1), tanto meno dai testimoni, i quali sono sol ament e citati, per chè la loro segnatura non era necessaria alla piena validità del d o c u m e n t o .

Il notaio, abbi amo detto, è un funzionario del Collegio ; ma non basta : egli per poter assumere la carica di segret ari o deve avere un particolare titolo, cioè quello di notaio auctoritate apo

stolica, non essendo sufficiente la qualifica di notaio regio e i m

periale per esplicare le specifiche funzioni che è chiamato ad a s solvere. Tutte le lauree, tutti i document i del Collegio, senza ecce zione alcuna, sono compilati e autenticati da un notaio apostolico, ovvero da un notaio apostolico e regio insieme, mai da un notaio di sola nomina regia.

* * *

Prima di ricercare la ragione per la quale il Collegio si serviva, per la compilazione e 1' autenticazione dei suoi atti, di un notaio apostolico, è opport uno richiamare alcune nozioni relative a q u e sto magistrato.

Rispetto alla derivazione giuridica del loro ufficio i notai nel Medioevo erano o cittadini, o feudali, o vescovili, o p p u r e istituiti dall'autorità imperiale, ovvero pontificia. Il Muratori afferma che prima del secolo XIII non vi è menzione espressa di notai istituiti

auctoritate apostolica (2). Questi notai dice il Paoli, " adoperat i

dapprima soltanto a servizio delle chiese e per atti ecclesiastici, assunsero poi il libero esercizio del tabellionato, e, come i notari eletti dall’imperatore o da altre autorità civili, scrissero e aut ent i carono le carte private „ (3).

Durante il periodo l ongob ar do e n o rm a n n o la chiesa sal er ni tana per i suoi atti si servì ach’essa, come tutti gli enti ecclesia stici, dei notari pubblici, laici o clerici, di nomina principesca e

(1) Le sole l icenze in f a r ma ci a del p e r i o d o t a r d o p o r t a n o le f i r me del P r i o r e e dei Co l l e g i a l i .

(2) v. D isserta zio n i sopra le antichità ita lia n e , Na p o l i 1783, D iss.XII, p 75. (3) P a o l i , op. c i t., p. III. ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­

(40)

­ ' ­ - -' -­ -° ' -­

(41)

auctoritate apostolica (1); e nonost ant e la scarsità dei d o c um en t i vescovili di questo periodo, possi amo dire che dalla s ec onda met à del '200 la chiesa salernitana fece uso costante del notaio apostolico. Orbene, è notevole il fatto, ampi ament e p rova t o per i secoli XV- XVl r che Tactoram m agister e notaro auctoritate apostolica

della chiesa salernitana, è sempr e anche adorim i scriba e notaro' del Collegio medico.

Adduciamo un esempi o per tutti : nella più antica laurea, del 1504, appare come notaio Luise Aurofino, la cui s cheda si conserva nell' Archivio di Stato di Salerno (1492 1493). Egli fu notaio a p o ­ stolico e regio ; ma, ment re nella s cheda dichiara di essere “ regia auctoritate notarius „, e intitola gli atti con Yera re gi a (1492 : " Regnante serenissimo et illustrissimo Domi no nost ro F er di n a n d o Dei gratia Hungarie, Hierusalem et Sicilie gl oriosissimo rege, r egnorum vero eius anno tricesimoquinto,,), nella laurea, invece si dichiara " apostolica et regia auctoritatibus notarius „ ed usa nella datazione la sola era pontificia. Co me notaio apostolico co mp ar e ancora in una sentenza del Vicario general e del l ' Arci vescovo di Salerno, Filippo Maria d e’ Saracenis, del 1470 (2), e come "act or um magister della chiesa salernitana appare nel 1497 in una bolla con la quale Cosimo, Vescovo di Ravello e Vicario general e di Ottaviano Bentivoglio, arcivescovo di Salerno, nomi na don Giulio Fabricatore di Nocera, cappellano della chiesa parrocchiale di S. Maria Maggiore di detto paese (3).

Nel quadr o della legislazione napoletana il notaio apostolico aveva limitata autorità. Le scritture, difatti, per avere pubbl i ca fede sia che trattassero negozi laici, che ecclesiastici, d o v e v an o essere rogate da notai nominati dall' autorità regia ; di c o ns eguenza tutti gli atti rogati da notai non nominati da questa, er ano considerati privati, tanto se compilati nell' interesse di ecclesiastici, q u a n t o di laici, ed i giudici, quindi, non pot evano dare ad essi esecuzione. Il notaio di sola autorità apostolica, aveva, perciò, un' at t ri buzi one ristretta ai negozi p urament e ecclesiastici, relativamente al p o t e ­ re conferitogli dalla Sede apostolica mediante il vescovo locale

(1 ) v . Pe n n a c c h i n i, P ergam ene c i t . , p. 17 2, e G . Pa e s a n o, M em orie p er servire alla sto ria d ella Chiesa sa lern ita n a , t. I l i , S a l e r n o 1 8 5 5 , p . III.

(2) v . Pe n n a c c h i n i, Pergam ene c i t . , p. 2 0 6 . (3^ v . Pe n n a c c h i n i, Pergam ene c i t . , p . 2 1 2 .

(42)

-a ­ ­

(43)

sarebbe molto utile pot er chiarire esattamente la genesi, i limiti e la portata.

Il De Renzi, strenuo difensore della tesi della " laicità „ della Scuola salernitana, al punto da present arcel a come un istituto i m mobile e fisso entro un rigido s chema intellettualistico, s up pos e che in un certo periodo fosse i nt ervenuto qual cosa a t ur b a r e la tradizione del formulario della laurea; ma egli, tutto preso dalla sua tesi, non riuscì o non volle sciogliere il d u b b i o balenatogli per un attimo nella mente, o meglio si soffermò ad un dat o e strinseco, ed in base ad esso fissò la modifica alla s ec ond a metà del secolo XVI (1). Ma è evidente che se, come a bb i am o d i m o strato, l'era del pontificato è collegata alla figura del notaio a p o ­ stolico, essa non fu introdotta nell'epoca voluta dal De Renzi, ma q u a n d o si affermò la funzione di quei notai, cioè nella secon da metà del Duecento. Nè vale richiamare alla ment e un fatto p ri m a d ’ora trascurato dagli storici della Scuola, e che p o t r eb be essere invocato come causa det erminante del nuov o indirizzo della cancelleria del Collegio. E cioè, nel 1417, ess endo stato eletto papa, nel concilio di Costanza, Martino V, la regina Gi ovan na II, non contenta di averlo sollecitamente ri conosciut o e di essersi a lui sottomessa, concesse, per acquistare maggi ori meriti e stima, il Principato di Salerno ad Antonio Colonna, il quale ammi nist rò la città in nome del papa, suo zio, fino alla mort e di lui, avv e nut a nel 1431. Non si può dire quale i mport anza e bb e ques t o fatto nella storia della città; ma è facile i mma gi na re che esso, piuttosto che crearlo, non fece altro che cont ri bui re a r e nd e r e più stretto il r a pp or t o fra il Collegio e l’autorità ecclesiastica (2).

(1) «. . . . la f o r m u l a (egli scri ve, S to ria docu m en ta ta , p. 575) d e l l e l aur ee del l a Scuol a s a l e r n i t a n a , m a l g r a d o u n a cer t a enfasi p r o p r i a del t e m p o , è s t a t a a d o t t a t a con u n a c e r t a d i g n i t à e c on u n a s o l e n n i t à c h e d à p r o va dell a ut or evol e i n f l u e n z a d e l l a Sc u o l a. N o i non s a p p i a m o l e p o c a p r e c i s a in cui q u e l l a f o r mu l a fu a d o t t a t a ; ma c e r t a m e n t e e s s a d a v a s i n e ’ t e m p i , dei quali d i s a m i a m o (sec. X V I ) ; c o m u n q u e t r o v a n d o v i s i la c i t a z i o n e de l p o n t e ­ fice P i o IV, mo s t r a che l ant i ca f o r mo l a o sia st at a mo d i f i c a t a , o a l m e n o vi sia st at a a g g i u n t a qua l c he cosa d o p o la m e t à del XVI s e c o l o » . Si not i che la b ol l a In sacrosanta, di cui si fa c e n n o n e l l a f o r m o l a cit. da l De R e n z i , fu e m a n a t a da P i o IV il 13 n o v e m b r e 1564.

(2) v. G. Pa e s a n o, M em orie cit. , t. Ili, p. 394 s eg. v. i nol t r e la No v e l l a VI di M a s u c c i o Sa l er ni t ano, d o v e è d e t t o c h e « negl i anni che la n o s t r a s al er

­ -­ ­ ­ ­ ’ ’ ’

(44)

-­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ’ ’ ' ’

(45)

not only thè full development of medicai knowl edge and litera ture, but also thè graduai e mer geuce of a regular cur ri cul um based on anatomical demost rat i ou and on thè st udy of a g r o u p of standard text books, as appears in thè c omment ar ie s of Mau rus, and also an e xpa ndi ng interest in naturai Science and philo sophy, as appears in thè works of Ur s o „ (1); è c e r t ament e difficile negare validità ad ogni più ovvia congett ur a, di cui l ' immaginazione scientifica si serve l egittimamente per c ol ma re le più o meno vaste lacune che s'i ncont rano nel t essuto d o cumentario (2). Nel nostro caso le congett ure, alle quali ci o b b l i ­ ga a ricorrere la perdita dei più antichi document i , acquist ano validità e concretezza qualora si ab ba nd o ni il vecchio motivo che

la Salernitana schola sia stato nient' altro che un fenome no s t o

rico isolato, fuori da ogni scambio e contatto con gli altri a m ­ bienti culturali del Medioevo (3). Ma se,, invece, r i conduc i amo la Scuola salernitana nel circolo vivo del pensiero e in mezzo alle lotte ideali, che resero drammati che le vicende delle varie r e g i o ni d ’Italia nella età di mezzo, allora possiamo r i conoscere i m m e ­ diatamente in essa l'espressione più evidente di quel f e rment o di idee, che nel secolo XI e nell’ età successiva trovò nell' Italia me ridionale forme precorritrici di una più m o d e r n a civiltà, e che trasse forza della lotta vivacissima di oppos t e tendenze culturali e di vari interessi politici. Possiamo allora ritenere che, a pres ci n dere dalle caratteristiche particolari che t rag gono origine da ben definite situazioni locali, la linea essenziale della storia della Scuola salernitana si sviluppa secondo un a nda me nt o com u ne agli altri grandi Studi, dei quali è lecito richiamare, per analogia, la f o r ma ­

zione istituzionale.

Ed innanzi tutto a Salerno nel secolo XI sorse una Societas

medlcorutn (1), nella quale lentamente, ma molto chi ar ament e, si

(1 ) Kr i s t e l l e r, op. cit., p . 162.

(2) Sul l a l e g i t t i mi t à d e l l a f u n z i o n e d e l l a i m m a g i n a z i o n e n e l l att i vit à s t o ­ ri ografi ca, v. Q. Sa l v e m i n i, S to ria e scien za , F i r e n z e 1948, p. 39 seg.

(3) È q u e s t a l o p i n i o n e d e l Ra s h d a l l, The U n iversities o f E u ro p e in thè M id d le A ges, O x f o r d , voi. I, p. 82 ( del l a 1* ed. del 1895); il q u a l e così si e s p r i m e : « S a l e r n o in fact r e m a i n s a c o m p l e t e l y i s ol at e d f a c t o r in t h è a c a d e m i c pol it y of t hè M i d d l e Age s . » v. a n c h e p a g . 21. -­ ­ ­ ­ -­ ’ ’

(46)

-­ ­ ­ ­ ­ -' -’

(47)

-un potere che veniva riconosciuto superiore alla magi s t rat ura c o r ­ porativa e a quella comunale.

Non altrimenti fece la Unìversitas civitatis salernitanae q u a n do volle far redigere in scripturis le sue antiche consuetudi ni

11ad evitanda omnino et singulariter in judiciis ordinariis, scandala et jurgia, lites, discussiones p r o b or u m h o m i n u m ei usdem Univer sitatis salerniianae „. Si rivolse al vescovo che era allora Ces ar eo d ' A l a g n o , il quale, nella concezione del t empo, risalente agli ordinamenti bizantini, era consi derat o defensor e custos civitatis,

secondo la norma dettata dall'Ecloga che aveva ac cor da t o all’ordi nario il potere di controllo sull’oper a dei magistrati. Ed il vescovo, che 1' Anonimo salernitano aveva chiamato caput et dominus civi

tatis, intervenne, ad rem vero segnatlm vocato et rogato, per vi

gilare sulla esatta compilazione di quelle nor me gi uridiche s e c on do i veri principi del diritto naturale e di quello divino, e per garantire il popolo contro ogni accusa di violazione di essi.

Disgraziatamente questo import ant i ssi mo d o c u m e n t o ci è p e r ­ venuto mutilo; ma esso probabilmente, oltre la segn a t ur a del g i u dice a contratti, recava anche quella del vescovo, nonché il suo sigillo ; proprio, cioè, come il t ransunto, che ci ha t ra ma n d at o le consuetudini in parola, fatto nel 1423 in episcopali palatio saler

nitano, alla presenza dell’ arcivescovo Niccolò Piscicelli, il quale

ne appr ovò la redazione con la formula : “ predicta omni a et sin gula a d pr o b am u s ac presentem t r ansu mp t um re l a xamus ac sigillo nostro munimus et subscribitnus „ (1).

Non ci sembra azzardata, do p o quant o si è detto, 1' opi ni one che l'ossequio tradizionale della Scuola verso la Chi esa ed il Ve scovo locale, si tradusse in una forma gi uri di cament e concret a con l'adozione, fin dall’epoca più antica, ael suo sigillo (2). Quell o del Collegio, come si rileva da un t ardo esemplare del secolo XVI, recava al centro la figura del santo prot et t ore della città, S. M a t ­ teo, avente ai lati quelle dei santi medici C os ma e Damiano, e in t orno la l eggenda : tiyppocratica Civitas. Non si hanno prove per

(1) v . R. Tr i f o n e, I fr a m m e n ti delle C o n su etu d in i d i Salerno in ra p p o rto a quelli del territo ri circo sta n ti, Rom a 1919, p p . 4, 13 seg. , 114, 121.

(2) Non si c o n o s c o n o e s e m p l a r i d e l l ' a n t i c o s i gi l l o dell a c h i e s a s a l e r n i t a n a . V. s u l l ’ i mp o r t a n z a dei sigilli, m u r a t o r i,A n tiq ., 111, 85 149, e s p e c i a l m e n t e la

D iss. XXXV, D e s ig lllls M . A evi. ­ ­ ­ ­ ­ -­ ­

(48)

-tà, ­ -’ ’ ' ­ ’

(49)

-E' difficile sostenere, come fa il Kristeller, che nel pe r io d o più antico della sua esistenza la Scuola salernitana non ebbe al cun rapporto col papa, con Yarcivescovo o con qualche m o n a ­ stero (1). Ciò equivale a pensare la Scuola avulsa dal suo t empo, cristallizzata e quasi imbalsamata in uno schema di pensiero p r e ­ giudizialmente laico, e condannata, quindi, alla immobilità, a non avere sviluppo, contrasti e ri nnovamento, e, in definitiva, a non avere storia. Essa, invece, va concepita come un o r g a n i s m o s t o rico vivente all'unisono con le varie epoche, e che, nella per enne battaglia fra i due principii di autorità, che si c ont ra s t a no fiera mente il campo, ora si schiera con uno, ed ora si a p p o g g i a al 1’ altro, durante il lungo susseguirsi della domi nazi one di l o ng o bardi e normanni, svevi, angioini ed ar agonesi (2). Ed oltre tutto, è chiaro che essa si ispira alla concezione unitaria del sapere, che fu un geloso patrimonio della Chiesa nel Medi oevo; talché la in dusse a controllare e guidare, con instancabile perseveranza, l ' in segnamento di tutti i gradi e di q u al unque forma. Mac è altresì chiaro che ridottosi quel controllo uni camente alle scuole vescovili, divenute preparatorie agli insegnamenti superiori, le Università assumono la funzione di difesa del pensiero laico; ed allora " la vera vita dello spirito scientifico è tutta nei nuovi istituti, estranei al l' ordi nament o ecclesiastico, che alla Chiesa fanno capo solo in quanto il pontefice, alla pari dell' imperatore, è ra p p re s en ta nt e di quell' unica volontà trascendente che con un' unica l egge dà n o r ma all'universo „ (3).

Le o p o l d o Ca s s e s e

(1) cfr. op. cit., p. 146, n o t a 29.

(2) Tolt o il pactum del l a resa di Sa l e r n o a R u g g i e r o II nel 1127, nel q u a l e i riferiménti alle Scholae e al C ollegium s o n o una e v i d e n t e i n t e r p o l a z i o n e de l sec. XV, il d o c u m e n t o pi ù anti co, che si r i feri sca a d un fatto s t o r i c o critica men t e accert ato, è il r i c o n o s c i m e n t o o t t e n u t o d a l l a S c u o l a nel 1231 da F e d e r i c o II. V. : Hu i l l a r d Br è h o l l e s, H ist. D ipi. Fred. II, t o m o IV, P a r i g i , 1855, p. 150. No n si c o m p r e n d e p e r c h è la d i s p o s i z i o n e f e d e r i c i a n a v i e n e a s s e g n a t a da l Carucci al 1241 (c fr. Cod. D ipi. S a i., I, p. 204).

(3) Q. Ce n c e t t i, I l pensiero m edioevale e lo S tu d io d i B o lo g n a , in

L A rchiginnasio, a. XXXVI I I (1943), p. 18 d e l l ’ es t r . Vedi sui c o n ce t t i cui s o ­ p r a si è tatto c e n n o , ol t r e il già cit. l a v o r o d el l o s t e s s o C e n c e t t i s u l l a l a u r e a nell e Uni ver s i t à medi eval i , il voi. di U. Gu a l a z z i n i, R icerche su lle Scuole preunlversitarie del Medioevo. C ontributo d i In d a g in i s u l sorgere delle U n i versità, M i l a n o 1943. ­ ­ ­ -­ ­ ­ ­ -' ­ ­

(50)

’ ­ ­ ’ -­ ’ ’ ’ ­ ’ ’

(51)

tano. (1) Egli narra che il Principe Arechi, per meglio difendersi dall’esercito, col quale Carlo Mag no minacciava di i nvader gl i lo Stato, fuggì da Benevento a Salerno, che, a fine di meglio d i f e n derla, mirabilmente ampliò e le cui mu r a rese mi rabi l ment e più elevate. In seguito, ad evitare danni maggiori, fece atto di sotto missione e dette in ostaggio il figliuolo Ori moal do, il quale, ri mandato in patria dopo la morte del padre, per p re n d e r n e la successione, dovette giurare a Carl o di radere al suolo le m u r a di Salerno, di Conza e di Acerenza. Gri moal do, o bb e di e n t e allo ordine ricevuto, si recò a Conza „et locus, qui erat t utissimus sine muros, inuris illic inventis disrupit, ut civitas omni ino di s d i r u t a esse videretur andato quindi ad Acerenza, la di strusse tutta, “ sed eam, plus melius quam ipsa vetustissima fuit, in locum a lium aedificavit „. Anche per Salerno si ricorse ad uno s t ra t ag em ma, che permise nello stesso t empo al Principe e di a d e mp i e r e al giuramento dato e di far sì che " ista civitas s e mp e r illaesa permaneat Lo s t rat agemma venne consigliato a Gr i m o a l d o da un astuto signore longobardo, il quale gli suggerì : " Ips um mu rum ab oriente, qui est situs iuxta Faustini rivum (2), prot i nus diruamus, quia nempe machina, quo d nos petraia n u n c u p a mu s ,

p. 36 ha s cr i tt o : « Di r e c e n t e le mu r a de l l a città s ono s t at e o g g e t t o di s t u d i t notevoli. L i mp o r t a n t e a r g o m e n t o è con mol t o a c u m e s t u d i a t o dal P r o f . Er c silio Cas t el l u cc i o in un l avor o n o n a n c o r a p u b b l i c a t o : Le m u r a ad o r i e n t e t di S a l e r n o ,, in cui s o n o el i mi n a t i var i er ror i , nei qual i q u a l c h e s t u d i o s o e r a « c ad u t o ».

Ma dal l o n t a n o 1936 si sono avverati ne l l a t o p o g r a f i a dei l u o g h i ( Vi a F i e r a Vecchia - Vi a Vel ia - Vi a Arce - Vi a P i r r o - A l t o p i a n o d e l l a T o r i e t t a ) de i c amb i amen t i iali che a v r e b b e r o c o n s i g l i a t o di m o d i f i c a r e in q u a l c h e p u n t o l ori ginari a s t e s u r a del l avor o, af fi nchè il l et t or e, che c o n o s c e s o l o e d ha s ot t o gli occhi l a t t u a l e t op o g r a f i a , avesse p o t u t o me g l i o o r i e n t a r s i e c o m p r e n d e r e . Tut t avi a ho c r e d u t o o p p o r t u n o l a s c i a r e i nt at t a l o r i g i n a r i a s t e s u r a , r i m e d i a n d o a l l i n conve ni ent e con not e a pi è di p a g i n a , in cui si dà c o n t o d e l l o s t a t o dei l uoghi p r i m a dei c a mb i a me n t i a p p o r t a t i v i d a l l e r ecent i c o s t r u z i o n i .

(1) Ch r o n i c o n a n o n i m i s a l e r n i t a n i c api t . 11, 24, 27, 28 in M o n u m en ta G ermanìae H istorica, edi t o dal Pe r t z nel 1838, Voi. V. Ve d i a n c h e Sc h i p a,

Il P rincipato Longobardo d i Salerno in A rch . S to r. N a p . A. 12, pag. 87 e segg. E vedi a n c h e lo s t udi o, che nei mi ei l o n t a n i a n n i gi ovani l i p u b b l i c a i s u l ­ l at t e n d i b i l i t à d e l l ’A n o n i m o , il cui r a c c o n t o è l o r i g i n e p r i m a e. . . i n n o c e n t e dell e present i d i s c us s i oni : Il Chronicon A n o n im i S a le rn ita n i come f o n t e p er la S to ria dei L on g o b a rd i d a l 75 2 a l 97 4 .

(2) Il Faustino {Ch'Anonimo corrisponde all’attuale Rafastia,

­ -­ -­ -’ ­ ’ ' ' ’ -’ ’

(52)

­ -­ -' ’ ­ ­ ’ ­ ’ ­

(53)

nio fa questo altopiano sul tratto del suo appicco orientale, tra Via San Benedetto e Via Arce, era delimitato da uno scarpato, alto sulla pianura sottostante Lungo il ciglio super ior e di questo scarpato " prima della costruzione del r a mo s uperiore di Via Velia, compreso tra Via S. Benedetto e Via Arce, egli r i cor da (1) „ “ di aver visto un moncone d i vecchio muro, che si e s t e n ­ deva su tutta la lunghezza del ciglio orientale dell’ altopiano. Nell' attualità (nell' anno cioè 1935) esiste solo un rudere d i que

sto moncone, all’estremità, verso Via Arce (2), il quale è cont i

nuato verso la stessa Via Arce da un rudere d i vecchio muro, che evidentemente sembra interrotto dallo scavo del t rincerone di detta via (3) „. Al termine del suo percorso, " il m on co n e o meglio il rudere del moncone, si c ongi unge con 1' estremità m e ridionale dell' acquedotto alto cavalcante Via Arce. A quest a m e desima estremità, mediante un certo attacco, ancora visibilissimo

sull’ altopiano della Torretta fra l’ estremità meridionale dell’ ac

quedotto e l’ estremità orientale d ’ un mur o det t o " Gi gant e si congiunge appunt o questo muro " Gi gant e „, il quale corre per un certo tratto verso ovest, sul ciglio dello scarpat o m e r i ­ dionale di Via Arce, sino a raggiungere un fortilizio. Di qui un altro muro con la stessa direzione verso ovest r a gg i unge 1' arco Capone, e poi, fino a pochi anni fa, procedeva verso ovest, col muro settentrionale di Via Bastioni (che fu demol i to per far luogo alla costruzione del palazzo dei ferrovieri), per passare

p a r t e a n o r d d e l l ’a l t o p i an o . P e r la c o s t r u z i o n e de l l e a n z i d e t t e p a l a z z i n e e e de l i a scalea fu a n ch e d e m o l i t o il g r o s s o mu r a g l i o n e , c h e s o s t e n e v a lo s c a r ­ pato l ungo Via Velia. Di d e t t o m u r a g l i o n e r e s t a a t t u a l m e n t e il t r at t o, c h e d a l la scalea va fino ai pont i d e l l a c q u e d o t t o , rico stru ito per ò, u n a d e ci n a di a n n i fa, per circa 12 o 13 met r i , nel s u o p r i m o t r a t t o m e r i d i o n a l e , il q u a l e c r o l l ò p e r c a u s e i mp r e c i s a t e , c h e al cuni f ecer o ri sali re alla forte p r e s s i o n e e s e r c i t a t a sul t e r r e n o dal p r o s s i m o g r a n d e p a l a zz o dei Mu t i l a t i , e d altri all i n f i l t r az i o n e delle p i o g g e t o r r e n z i a l i c a d u t e in c o n t i n u a z i o n e i g i or ni p r e c e d e n t i .

(1) Q u a n d o fu c o s t r u i t o ques t o r a m o di Via Vel ia, c o m p r e s o t r a Vi a S. B e ne det t o e Via Ar c e, non e r a n o stati a n c o r a edifi cat i gli attuali q u a t t r o g r a n d i caseggi at i sul l at o o r i e n t a l e di d e t t o r a m o , al p o s t o dei q u a l i c e r a n o ort i e gi ar di ni . D i m o d o c h é dal cigl i o s u p e r i o r e d e l l o s c a r p a t o si d o m i n a v a il s o t t o st a nt e t e r r e n o , che s e n z a os t acol i di s or t a si e s t e n d e v a con l e g g e r o p e n d i o fi no al g r e t o del Raf as t i a. (2) De An g e l i s, A cq. N o rm . p a g . 23, (3) De An q e l i s, op. cit. p a g . 2 0 ; ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ’ ’ ­ ’ ­

(54)

- ­

-’

(55)

di centimetri. Nel quarto ed ultimo tratto l’altezza diminuisce un poco, ma lo spessore si conserva identico a quello del terzo tratto; III) Il muro del primo e secondo tratto funziona da a c q u e dotto, perchè in uno speco praticato su di esso deflui scono le acque provenienti dal pont e canal e alto : acque che alla fine del secondo tratto continuano il loro deflusso in uno speco c o n t en u to da un muricciuolo, addossato alla facciata settentrionale del muro del terzo tratto, per finire in diverse cisterne, di cui u na è dalla parte esterna del mu r o del q uar t o tratto, le altre dalla parte interna del muro del terzo tratto;

IV) Si rileva in ultimo che, quasi in continuazione del m u r o del secondo tratto e con la stessa direzione n o r d - s u d , si par te un muro di dimensioni più piccole, sia come spessore sia come altezza, il quale con percorso rettilineo va a finire all'angolo sud est del monastero di S. Benedetto.

Notati questi particolari, procedi amo nella nos t ra esposizione.

Del "g ig a n te ,, e solo di esso si è occupato, non di p r o p o

sito però, ma quasi solo per incidens, anche l'ing. Schiavo, che gli dedica le seguenti pochissime righe nel lavoro so pr a ricordato: " A valle di Via Arce l'acquedotto lungo (1) perviene all'altopiano della Torretta e volge - det er minando un angol o di 90 gradi - a ponente. Lo speco per l'acqua non è più sos t enut o da archi, ma

da un alto muro continuo e massiccio, che si i nnesta alla testata

meridionale del pont e canal e di Via Arce „ (2). Qu est o manufat to continuo, d op o aver percorso con a n d ame nt o rettilinio circa 50 metri, volge a sud e " s'imbatte in un muro ciclopico, che lo d o mina. Lo speco continua ai piedi di questo gigante medi ant e un muricciuolo ad esso addossato a nord „ (3).

Da quant o sopra appare evidente che lo Schiavo all' attacco,

che servirebbe come tratto di congiunzione tra 1' estremità meri dionale dell'acquedotto e il " gigante „, non dà, ai fini del suo lavoro, molta importanza. A proposito poi dell' appellativo "g i

gante „ è bene far rilevare che lo Schiavo indica con esso solo il

(1) V e d r e m o in s egui t o che il De A n g e l i s c h i a m a «alto » q u e s l ' a c q u e d o t t o . L ' u n o e l a l t r o a p p e l l a t i v o si e q u i v a l g o n o nell a d e s i g n a z i o n e d e l l ’ a c q u e d o t t o e noi u s e r e m o i n d i f f e r e n t e m e n t e l u n o e l al t r o.

(2) Vedi p a g . 40 cit. lav. (3) Vedi p a g . 43 cit. l av.

- ­ -­ -­ -­ ­ ’ ’ '

(56)

­ ­ -­ ­

(57)

to del vecchio imposto dai patti di Carl o Magno, deve essere scelto in quello più interno, sull’altopiano della Torret t a, il quale mentre era più lontano dal Rafastia e più al riparo dalla minaccia della Petraia, nello stesso t empo poteva essere convali dato dal moncone, che era rimasto sul ciglio, allo es t re mo orientale di detto altopiano, che, per essere lungo l'appicco verso il Rafastia, poteva essere facilmente difeso senza ulteriori oper e murarie. Egli però non insiste sull’ ipotesi avanzata e disi nteressat amente " a spetta che altri veda meglio di me su ques t o a r g o me nt o del m u r o ricostruito all'indietro da Gri moal do

Lo Schiavo sostiene che il mu r o ricostruito più indietro da Grimoaldo in sostituzione del muro orientale abbatt ut o, non sia

altro che il muro-canale, che innestandosi alla testata

meridio-naie del ponte canale ne porta l'acqua sull' altopiano : m u r o - c a

nale che abbiamo convenuto di chiamare " gi gant e „ (vedi pagg. 57 e 58 del suo lavoro). La tesi dello Schiavo è co mbat tut a dal De Angelis con argomenti fondati specialmente sulla nar ra zione dell’Anonimo.

D is c u s s io n e su llr ip o t e s i a v a n z a te .

La con gettu ra d el D e A n g e lis

Le ipotesi fatte circa il muro orientale di scendo no dalle n o ­ tizie che l ' Anonimo ci ha tramandate intorno alla sua demolizione e successiva ricostruzione ad oper a di Gri moal do. Ora, c o m ’è d a to facilmente di rilevare dalla lettura di esse, egli non ci dà il sito esatto e preciso in cui sorgeva il vecchio mur o nè quello in cui il nuovo fu costruito; ci riferisce però dei particolari p r e ­ ziosissimi per rintracciarli. Essi ci danno :

I La situazione del muro rispetto ai punti cardinali della città : " murum ab oriente „, muro cioè che cingeva, di fendeva proteggeva la parte, la zona, il lato orientale della città;

II La situazione del muro vecchio in relazione al terreno, su cui si elevava : *situm iuxta F austini rivum „, vicino cioè o presso, o accosto, o lungo il Faustino, su un tratto della sponda, sia essa la destra che la sintstra, così basso rispetto al terr eno fiancheggiante la s po nd a sinistra, che anche il muro, che su di esso tratto si elevava, ne rimaneva dominato, in m o d o da lasciare i difensori esposti alle offese della pet rai a: nempe machina, quod

-- ­ ­ ­

(58)

-­ ­ -­ ’ ’ ­ ' ' ­ ­

(59)

zione indieata dall' Anonimo, o per essere più precisi, in una si tuazione capovolt a: ed allora bi sogna concludere che ad essere abbattuto non fu il muro, che recinge il ciglio orientale dell' al topiano, ma un altro.

E d' altra parte, se il mu r o sul ciglio non r i sp onde alla si tuazione indicata dall'Anonimo, meno che mai vi r i sponde l'altro, quello più interno (il S. Benedetto fortilizio), che nella c o n gettura del De Angelis dov re bb e r a pp r es en t a r e il mu r o nuovo, costruito in sostituzione del vecchio abbatt ut o. Perchè non bast a l’ arretramento di 50 o 60 metri, facilmente superabili dal tiro della petraia (l), per togliere qualsiasi p r e occupazi one delle offese nemiche "omnimodis iam ab hostibus meturn n ih il habemus „ (2): bisognava sopratutto sottrarre il nuovo mu r o allo svant aggi o della minore elevazione, che il vecchio mu r o aveva di fronte a quella più elevata del terreno della s p on d a sinistra, c o st rue ndo l o su t er ­ reno più elevato. Ma anche qui basta una semplice occhiata ai luoghi per convincersi che lo svant aggi o non s ar ebbe stato elimi nato, perchè tra i due terreni, sui quali s or g o no il mur o vecchio e il muro nuovo, non c' è dislivello di sorta, sorgendo entram bi

sullo stesso piano, perfettam ente orizzontale. E d u n q u e il mu r o

S. Benedetto fortilizio, più interno, non p uò essere il m u r o nuovo costruito da Gri moal do in sostituzione di quello più esterno abbattuto. Da tutto ciò che abb i amo detto deriva per naturale conseguenza che la congett ura del De Angelis è insostenibile ed è quindi da eliminarsi.

zi one f o r t e me n t e d o m i n a n t e la via s t e s s a , l u n g o la qu a l e d e f l u i v a n o a l l o s c o ver to le a c q u e del Fa us t i no. In o g n i m o d o q u e l l a pa r t e de l g i a r d i n o Ge n o v e s i , che a ncor a s us s i s t e pi ù a n o r d , p u ò d a r e u n i dea di q u a n t o la p a r t e di e s s o che i ns i eme col g i a r d i n o P a r r o c c h i a si a f f a c ci ava s ul g r e t o del F a u s t i n o , c o s t i t u e n d o n e la s p o n d a s i n i s t r a , d o m i n a s s e il F a u s t i n o .

(1) Si sa c h e le bali st e, o br i cc ol e , o p e t r a i e e r a n o m a c c h i n e be l l i che che p o t e v a n o l anci ar e a d i s t a n z a d a 120 a 160 m e t r i sassi e n o r m i del pes o di 250 l i b r e ; e che le c a t a p u l t e l a n c i a v a n o pe s i di 80 c h i l o g r a m m i f i no a mi l l e me t r i . (2) R i c h i a mo qui ciò che h o fatto o s s e r v a r e alla not a (1) di p a g . 50, sulla pi ena a t t e ndi bi l i t à dell e i ndi c a zi oni d e l l A n o n i m o ci r c a la s i t u a z i o n e dei l u o g h i

e le l or o r e c i p r o c h e r e l azi oni . ­ ­ ­ - ­ ­ -­ ’ ­ ­ '

(60)

­

-’ ’ ­

(61)

demolito risponda alle altre due condizioni des unt e dall' A n o nimo, facciamo sul muro orientale qualche consi der azi one d' i ndol e generica. Trovandosi esso, al dire dell' Anonimo, " iuxta F austlni

rivum „, doveva avere, presso a poco, la direzione n o r d - s u d , che

ha il corso del Faustino. E poiché è da ritenersi che nella cinta delle mura, salvo il caso di considerevoli s t rapi ombi che le r e n ­ dessero inutili, non ci siano state soluzioni di continuità, è da ammettersi anche che il mur o " ab oriente iuxta F austini rivum,,,

dove tali strapiombi non esistono, si sia d ov ut o saldare coi muri, che a nord e a sud limitavano la città. L' estremità meri di onal e doveva saldarsi col mur o che prove ni va da ovest, in cont i nuazione di quello che cingeva a sud l ' a l t o p i a n o della Torr et t a, ment re l ' es t re mi tà settentrionale doveva innestarsi col muro, che, p r o v e ­ niente pur esso da ovest, assicurava la città dal lato settentrionale. Per comodità della nostra discussione, d i v i d i a m o q ues to m u r o

* iuxta Faustini rivum „ in due tratti uno, che chi ame r emo in fe

riore, che dal suo innesto col mur o meri di onal e va fino al p o n t e -

canale dell’ a cquedotto basso, nel punt o cioè dove il Faustino sbocca nella piccola piana della Fiera vecchia ; 1' altro, che chia meremo superiore, il quale dal pont e dell' ac q u ed ot to anzidetto va fino al suo innesto col muro settentrionale. E (dato e non concesso, ripeto, che il “ gigante» sia il sostituto del mu r o o r i e n tale abbattuto) vediamo se e di quale dei due tratti il * gi gant e „ possa dirsi la sostituzione.

Per il tratto inferiore, il gigante „ amme s sa o non a mme s sa per vera l'ipotesi formulata dal De Angelis circa il m u r o orientale, non può considerarsi come la sostituzione di esso. Bast erebbe il semplice fatto della sua direzione, da est ad ovest, che già a bbi amo fatto innanzi notare, per far escludere l’ ipotesi che sia stato c o struito per sostituire un muro, che t rovandosi "ad oriente „ della città, doveva avere la direzione n o rd - s u d . Ma ammet ti amo per un moment o che il De Angelis sia nel vero, q u a n d o pensa che il muro orientale abbatt ut o sia quello sul ciglio dell' altopiano. Ed allora ci domandi amo : " Quale sar ebbe il m u r o costruito in sua sostituzione, il " gigante „ o pp u re quello dal De Angelis stesso indicato, cioè il muro S. Benedetto fortilizio ? „ Evi dent ement e l'uno esclude l'altro; e poiché il mu r o S. Benedetto fortilizio, specie per la sua direzione n o r d - s u d ri sponde alla situazione di m u ro orientale ricordata dall'Anonimo, sarebbe propr io esso, e non già

- ­ ­ ­ ­ ­ ­

(62)

-­ ­ - ­ ­ ­ ­

(63)

mai esistito e che s arebbe qui ndi fatica inutile cercarne la c o n t i nuazione, “iuxta Faustini rlvurn „ oltre il pont e dell’ a c q ue d ot to.

Ma mettendo da parte l ' ipotesi fatta, che ci p o r t e r e b b e ad una conclusione un pò affrettata e premat ura, p r o s eg u ia mo le n o ­ stre indagini. E poiché c' incont ri amo in un' altra ipotesi del De Angelis, vediamo se può ritenersi fondata. Egli scrive (in P orta

Elina, pag. 28) che il mur o sul ciglio orientale dell'altopiano della

Torretta " doveva forse proseguire sulla s p o n d a dest ra del Rafa stia, guadagnare fo rse il contrafforte su cui s or g on o i fabbri cat i Tisi, e costituireforse una specie di avandifesa dalla Port a Rotese Cominciamo subito col notare che i tre "fo rse „ con cui il De A n ­ gelis accompagna la sua ipotesi di mos t r ano q u a n t o egli sia per pl es s o nel formularla. L' a mmet t ere infatti 1' esistenza di un m u r o simile significa dare alla città una estensione ad oriente, che mai ha avuta, con un allargamento della cinta delle sue mura, che non si concilia nè coi ruderi, che di essi t ut tor a esistono, nè, c ome in seguito dirò, con 1' ubicazione di Po r t a Rotese. Del resto il De Angelis stesso dà la di mostrazione che la sua ipotesi non è accet tabile, quando, a proposito del trincerone, scavato nel l uogo d ove ora corre la Via Arce per di fendere l ' a l t o p i a n o della Torr et ta, scrive (in Porta Elina, pag. 25) : “ Se si fosse voluta evitare quest'opera, sarebbe stato necessario seguire la s p o n d a dest ra del Rafastia (1). Ma a prescindere che quest o pr ovve di me nt o a v r eb b e reso difficile di unire la cinta orientale al Castello, esso, d' altra parte, avrebbe opposto al nemico un fro n te assai esteso e perciò

d ifficile a d ifendersi Molto ben detto. Ma se quest e difficoltà

esistevano nel secolo XI, l ' e p o c a più antica, a cui s ec ondo il D e Angelis si può far risalire lo scavo del t ri ncerone di Via Arce, perchè non dovevano esistere anche nel sec. VIII, q u a n d o G r i m o aldo ri nnovò ad oriente la cinta delle m u r a ? La difficoltà d u n q u e di unire la cinta orientale al Castello, la g r a n d e est ensione d el fronte e la conseguent e difficoltà della difesa, sono degli ottimi argomenti che i ndu cono a pensare che l ungo il Rafastia, a m o nt e

(1) Il De An g e l i s , f o r m u l a n d o tal e i pot es i , mo s t r a c h i a r a m e n t e di c r ed e r e c he, a l l e p o e a d e l l o s c a v o de l t r i n c e r o n e di V i a A r c e , n o n e s i s t e v a un m u r o (ori ent al e) l u n g o la s p o n d a d e s t r a del Rafastia, a n o r d d e i p o n t i d e l l a c q u e dot t o. E n o n e s i s t eva, f o r s e p e r c h è n o n e r a ma i , dico m a i, esistito, o p e r c h è e r a st at o a b b a t t u t o ? A n o s t r o m o d o di v e d er e , c o m e n e l p r o s i e g u o d e l l e i ndagi ni d i m o s t r e r e m o , esso noti era m a i e s is tito,

­ -­ -’ ’ ­

(64)

­

­ ­

(65)

1' episodio, a dire che il consiglio dat o dall’ ast ut o l o n g o b a r d o al suo signore avr ebbe fatto sì che “ Ista clvitas Inibì sem per in

laesa permaneat, et quod regi spopondisti adlm pleas „. U n ’a m p u t a

zione tale non gli poteva per me t te re di dire che la città s a r e b be rimasta illesa ! E del resto egli non ne ha parlat o ; e non si sa comprendere perchè non ne a vr ebbe parlato se ci fosse stata. Giacché la demolizione, dalla parte settentrionale della città, di uno o due muri lunghissimi e di una porta, la sostituzione di un solo muro, il " gigante „, brevissimo al confronto, e di una port a, e la conseguente esclusione dalla nuov a cinta di m u r a di una zona considerevole della città erano senza d ub b i o fatti di i mport anza ben più grandi di quello della d e n t i z i o n e dei muri che le difen. devano 11 ab oriente „ e " ab occidua parte „ e della loro r i co ­ struzione nelle immediate vicinanze, per essere passati sotto silenzio.

Ma a questo punto t orna utile, anzi necessaria, u na c o n s t a tazione. Se il " gigante „ fosse il sostituto del vecchio o dei v e c chi muri già esistenti in quest a zona, b i s o gn er e b b e conc l ude r e che la sostituzione non può limitarsi al solo " gi gant e „ altrimenti il tratto ad ovest dello stesso fino alla P o r t a Rotese, per effetto della demolizione dei vecchi muri già esistenti, sar ebb e ri mast o indifeso. Se infatti si limitasse al solo " gigante,, bi so g ne r e bb e am m e t t er e che il muro, che lo continuava ad ovest sino a P or t a Rotese, già esi steva, quan do il " gigante „ fu costruito; e se già esisteva, b i sognerà pure ammettere che la cinta muraria in ques t o tratto era da esso rappresentata e non da altri muri, che in altro punt o non ave vano ragione di esistere. E se ciò è ver.), bi so gner à anche venire alla conclusione che i muri di cui :;bbiamo, per ipotesi, amme s sa la esistenza in questo tratto superiore al Rafastia e che s ar ebbe r o poi stati demoliti non esistevano affatto, e che qui ndi il " g ig a n te

non rappresenta la sostituzione di un ipotetico muro in questo

tratto superiore e da Grimoaldo abbattuto. Non pot end osi d u n q u e

la sostituzione limitare al solo " gigante „ b i sognerà ritenere che il “gigante,, continuasse fino alla Port a Rotese, o colle m u r a con cui si vede ancora attualmente congiunto, secondo la descrizione ri port at a a pag. 51 e segg., o direttamente per conto suo. Si s ar ebbe così a v u t o non il brevissimo "gigante,, ma un muro l unghissimo, la cui i m p o r tanza unita a quella della zona della città, che la sua costruzione lasciava fuori cinta, sarebbe stato un motivo di più perchè l'Ano

-­ ­ ­ ­ ­

(66)

­ ­

'

(67)

guisa che, met ten do fine al l ungo r a gi ona me nt o fatto i n t o r n o all’eventuale esistenza di un m u r o l ungo il s ec ond o trat t o del R a ­ fastia, d obbi amo concludere che nessun m u r o ivi esisteva e che, anche ammesso che esistesse, non fu, q u a n d o ve n ne abba tt u t o , sostituito dal " gigante O r a non r a p p re s e n t a n d o il " gi gant e „ la sostituzione nè del mu r o che s or ge va l ungo il pri mo tratto del Rafastia, nè di quello che e v e nt u a men t e era l un go il s e c on do tratto, bisogna d e d u r n e che esso non fu costruito d a G r i m o a l d o e che quindi o preesisteva a lui o fu cost rui t o d o p o di lui. Ci rca l'epoca della sua costruzione d i remo in seguito il nost ro p e n s i e r o ; per ora resta fissa to che il "g ig a n tenon f u costrutto da O ri

moaldo per sostituire il muro 11ab oriente „, che eg li aveva f a t t o

demolire.

N ostra co n g ettu ra sul muro o r ie n t a le

Dimostrate infondate così l'ipotesi del De Angelis come quel l a dello Schiavo, cerchiamo, se è possibile, indi viduare il luogo, in cui, con ogni probabilità per non dire certezza, d ov eva s or g e r e il vecchio muro orientale.

Nel corso delle precedenti i ndagini a bb i am o as s oda t o che, se un muro doveva sorgere l ungo il Faust i no a prot ezi one del lato o zona orientale della città, esso non pot eva s orge re se non su quel tratto del fiume, che è a sud del pont e dell' a c q u e d o t t o che lo scavalca. Dove era l'estremità meridionale di q ues to m u r o ? Lo abbiamo già detto : essa non pot eva essere se non nel p u n t o in cui s'innestava col mu r o meridionale della città. E quest o m u r o non poteva essere a sua volta se non la continuazione, verso o riente, del muro che cingeva a sud 1' altopiano della T o rr et ta e che doveva accompagnar e dal lato n or d la strada, che, m o v e n d o da Porta Elina, metteva alla Fiera Vecchia, e di qui ai mulini dell'Irno, presso il Fuso (1). Dal punt o d' incont ro col m u r o m e ridionale presso la Fiera Vecchia, il mur o orientale p r ocedeva, costeggiando il Faustino, verso nord, fin verso il pont e del l' ac que dotto, che lo scavalca; qui doveva t ermi nare e c ongi unger s i con l’estremità orientale del mur o settentrionale, che doveva veni re dall'acquedotto di Via Arce, in continuazione forse di quel mon*

(1) De Anoelis, Port4 Elina, pag. 29,

-­ ­

(68)

­ ­ ­ ­ ­ ’ ­ ’ ­ ’

Riferimenti

Documenti correlati

Methods Multicenter retrospective evaluation of 130 patients (116 males, 14 females) submitted between 1995 and 2017 to OPHL Types II and III for laryngeal cancer and

Two studies that used hypoxia during endurance training sessions demonstrated that, in addition to the changes usually seen with endurance training (i.e., an increase in

With regard to the origin of ph I, recent experimental evidence from animals or humans carrying an artificial heart set at given (~c levels (Huszczuk et al. 1991) has

It has been shown previously that bedrest induces a reduction in slow- and fast-twitch ®bre cross-sectional areas as well as in muscle oxidative capacity oxidative enzyme

V_ O2 max, maximal oxygen consumption; Pmax, maximal power output; fcard max, maximal heart rate; [La]b,max, maximal blood lactate concentration; total, total cross-sectional area

The present work, by extending the slope range to ⫾0.45, shows that it is similar to the one for walking, despite the broader minima: these probably reflect the athletes’ ability

Therefore a separate set of experiments was carried out on a muscle phantom (2 kg of pork meat) whereby the relation- ship was established between the phosphorus signal,

The energy cost of walking (at 3.2 km · h −1 ) per unit distance ( J · kg −1 · m −1 ) at gradients of 0 %, + 7 %, and + 12 % and during a progressive test (2 % increase in