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Anoressia nervosa e tratti autistici: uno studio su un campione di adolescenti.

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Academic year: 2021

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(1)Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale Direttore Prof. Mario Petrini Dipartimento di Patologia Chirurgica, Medica, Molecolare e dell'Area Critica Direttore Prof. Paolo Miccoli Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia Direttore Prof. Giulio Guido. ________________________________________________________________________________. CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN PSICOLOGIA CLINICA E DELLA SALUTE. “ANORESSIA NERVOSA E TRATTI AUTISTICI: UNO STUDIO SU UN CAMPIONE DI ADOLESCENTI”. RELATORE: DOTT. FABIO APICELLA. CANDIDATO: MARTINA PERUFFO. ANNO ACCADEMICO. 2014/2015.

(2) “..direi ora che ero stata io ad aver forgiato una gabbia dorata, tempestata di pietre preziose che luccicavano..” Hilde Bruch, La gabbia d’oro.

(3) RIASSUNTO. Background: L’Anoressia Nervosa (AN) è un Disturbo della Condotta Alimentare caratterizzato principalmente da un’intensa paura di ingrassare e dalla conseguente messa in atto di una dieta altamente restrittiva. I tratti autistici consistono in pattern comportamentali. e. di. processazione. delle. informazioni. riconducibili a quelle che sono le caratteristiche distintive dei Disturbi dello Spettro Autistico. Negli ultimi decenni sono state svolte ricerche con lo scopo di indagare la relazione tra i presunti deficit di empatia e le difficoltà nella sfera sociale nell’AN con l’elevata presenza di tratti autistici nei soggetti con tale disturbo alimentare. Gli studi più recenti hanno cercato di capire se i tratti autistici riscontrati negli individui con AN siano dipendenti dalla sintomatologia del disturbo o se invece siano collegabili alla sua comorbidità con i sintomi internalizzanti associati ai Disturbi dell’Umore. Obiettivi: Indagare la presenza di tratti autistici in due gruppi: uno sperimentale, composto da 14 adolescenti con diagnosi di ANsottotipo restrittivo, uno di controllo composto da 23 adolescenti sane. Analizzare inoltre le correlazioni tra le dimensioni di socialità ed empatia, i tratti autistici, i comportamenti alimentari e l’eventuale comorbidità psichiatrica. Metodologia: Sono state somministrate otto scale psicometriche ai due gruppi sperimentali: l’Eating Attitudes Test-26, l’Autism Spectrum Quotient, il Systemizing Quotient-Revised, il Reading the Mind in the Eyes, il Faux Pas, le Standard Progressive Matrices, l’Interpersonal Reactivity Test e lo Youth-Self Report 11-18. Risultati:. Sono. state. riscontrate. differenze. statisticamente. significative tra i due gruppi per quanto riguarda la presenza di.

(4) tratti autistici, che risulta più elevata nelle adolescenti con AN-R. Risultano differenze statisticamente significative tra i due gruppi anche per le problematiche comportamentali collegate ai sintomi internalizzanti, maggiori nel gruppo sperimentale. Infine, i livelli di tratti autistici correlano maggiormente con la presenza di sintomi internalizzanti rispetto alla sintomatologia alimentare dell’AN-R. Conclusioni:. Le. adolescenti. con. AN-R. sembrano. essere. caratterizzate da livelli più alti di tratti autistici rispetto alle coetanee sane. Tali tratti sembrano tuttavia essere indipendenti dalla sintomatologia alimentare ed essere piuttosto legati alla comorbidità con i sintomi internalizzanti tipici di disturbi come ansia e depressione.. Parole Chiave: Anoressia Nervosa; Tratti autistici; Empatia; Abilità sociali; Sintomi internalizzanti..

(5) INDICE. INTRODUZIONE. 1. CAPITOLO 1 - I DISTURBI DELLA NUTRIZIONE E DELL’ALIMENTAZIONE: L’ANORESSIA NERVOSA 3 1.1 Cenni Storici. 3. 1.2 Definizione e Criteri Diagnostici. 5. 1.3 Cause. 8. 1.3.1 Fattori predisponenti. 9. 1.3.2 Fattori precipitanti. 12. 1.3.3 Fattori di mantenimento. 13. 1.4 Caratteristiche cliniche dell’anoressia nervosa. 15. 1.5 Comorbilità. 18. 1.6 Epidemiologia e prevalenza. 20. CAPITOLO 2 - I TRATTI AUTISTICI NELL’ANORESSIA. 22. 2.1 I Disturbi dello Spettro Autistico: definizione, criteri diagnostici e caratteristiche cliniche.. 22. 2.2 Il concetto di spettro autistico. 26. 2.3 I tratti autistici nell’anoressia. 27. 2.3.1 Social Cognition. 29. 2.3.2 Coerenza centrale e funzioni esecutive. 33. 2.3.3 Tratti autistici. 36.

(6) CAPITOLO 3 - METODOLOGIA E PROCEDURA SPERIMENTALE 40 3.1 Partecipanti. 41. 3.2 Analisi dei dati. 42. CAPITOLO 4 - RISULTATI E DISCUSSIONI. 44. 4.1 Risultati. 44. 4.2 Discussioni. 51. CONCLUSIONI. 56. APPENDICE A. 58. Scale utilizzate. 58. 1. Matrici Progressive Standard di Raven – SPM. 58. 2. Eating Attitude Test-26 – EAT-26. 58. 3. Youth Self Report 11-18 – YSR 11-18. 59. 4. Autism spectrum Quotient – AQ. 60. 5. Systemizing Quotient-Revised – S-R. 61. 6. Interpersonal Reactivity Index – IRI. 62. 7. Reading the Mind in the Eyes – RME. 62. 8. Faux Pas – FP. 63. APPENDICE B. 64. BIBLIOGRAFIA. 78. RINGRAZIAMENTI. 89.

(7) INTRODUZIONE I. Disturbi. del. Comportamento. Alimentare. (DCA). sono. caratterizzati principalmente da una distorsione delle abitudini alimentari, da una estrema preoccupazione per il peso e per le proprie forme corporee, da un’alterata percezione dell’immagine corporea e da bassi livelli di autostima. Tali disturbi insorgono prevalentemente. nella. fase. dell’adolescenza. e. colpiscono. soprattutto il sesso femminile, anche se negli ultimi anni si è assistito ad una crescente diffusione anche nel sesso maschile. L’Anoressia Nervosa (AN) è, insieme alla Bulimia Nervosa, il disturbo più noto tra quelli facenti parte della categoria diagnostica dei DCA, anche a causa delle sue evidenti e drammatiche conseguenze sul corpo di chi ne è affetto. Chi soffre di anoressia nervosa rifiuta infatti di mangiare e di mantenere un peso corporeo che rientri nella norma; questi soggetti hanno una paura intensa di ingrassare e, anche se sono in sottopeso per la loro età e statura, molto spesso negano la realtà affermando di non essere eccessivamente magri ma, piuttosto, grassi. Il peso e la forma del corpo assumono un’influenza eccessiva sul proprio livello di autostima, portando l’individuo a credere di valere solamente se riuscirà a dimagrire il più possibile. Si distinguono due forme cliniche di AN: un sottotipo restrittivo, caratterizzato dall’uso esclusivo della restrizione alimentare e dalla pratica sportiva eccessiva per perdere peso; un sottotipo binge-purging in cui alla restrizione alimentare si alternano episodi di abbuffate (reali o soggettive) seguite da condotte eliminatorie come vomito o uso eccessivo di lassativi e diuretici. Negli ultimi decenni è nato un consistente filone di ricerca che si è interessato di analizzare le similitudini riscontrate nella pratica clinica tra AN, soprattutto con sottotipo restrittivo, e tratti autistici. Per tratti autistici si intendono delle caratteristiche comportamentali riferibili a quelle tipiche dei Disturbi dello Spettro Autistico (ASD). 1.

(8) I Disturbi dello Spettro Autistico sono caratterizzati dalla compromissione di due importanti aree di funzionamento dell’individuo: l’area della comunicazione e interazione sociale e l’area degli interessi, dei comportamenti e delle attività. I soggetti con ASD presentano quindi deficit della comunicazione (sia verbale che non verbale) e della reciprocità emotiva, stereotipie dei movimenti, del linguaggio e dell’uso degli oggetti, un’aderenza esagerata a routine con la presenza di rituali motori e resistenza al cambiamento, ristrettezza degli interessi con particolare attenzione a dettagli inusuali rispetto all’età. Gli studi volti ad indagare la presenza di tratti autistici nell’AN si sono concentrati, oltre che sui livelli di questi nei soggetti con AN, anche sui deficit empatici e della Teoria della Mente, di coerenza centrale e set-shifting riscontrati in tali individui per scoprire se fossero riferibili ai tratti tipici dell’ASD. Recentemente inoltre, alcune ricerche si sono concentrate sulle possibili relazioni tra la presenza di. caratteristiche riconducibili. alle problematiche. comportamentali dell’ASD e la comorbidità con Disturbi dell’umore come ansia e depressione negli individui con AN. Il presente studio, seguendo la via già tracciata in letteratura dalle suddette ricerche, aveva lo scopo di indagare la presenza di tratti autistici in un campione di adolescenti con diagnosi di Anoressia Nervosa – sottotipo restrittivo (AN-R). Si voleva inoltre vedere se l’eventuale presenza di tratti riconducibili ai ASD fosse collegabile alla sintomatologia del disturbo alimentare e se quindi le due dimensioni fossero correlate anche nei soggetti sani. Infine, la ricerca intendeva scoprire se i tratti autistici fossero o meno legati ad una comorbidità di tipo internalizzante. I risultati che abbiamo ottenuto sono illustrati e discussi nel quarto capitolo, seguiti dalle nostre considerazioni finali in merito.. 2.

(9) CAPITOLO 1 I DISTURBI DELLA NUTRIZIONE E DELL’ALIMENTAZIONE: L’ANORESSIA NERVOSA I Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione sono disturbi specifici delle abitudini alimentari caratterizzati da comportamenti estremi nei confronti del cibo e del controllo del peso. Nonostante questi disturbi siano dovuti essenzialmente ad una patogenesi psicologica e rientrino pertanto nei campi d’azione di psicologia, psicoterapia. e. psichiatria,. essi. possono. sfociare. in. un. deterioramento clinicamente significativo della salute fisica e portare gravi conseguenze somatiche, fino alla morte. Negli ultimi decenni si è assistito ad un forte aumento della diffusione dei Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione, con una corrispondente crescita dell’interesse sia da parte dei ricercatori che dei mass media.. 1.1 Cenni Storici I primi casi di anoressia documentati risalgono al Medioevo, epoca in cui i valori religiosi erano ben radicati nelle persone ed il digiuno era visto come un traguardo spirituale da raggiungere; si parlava infatti di sante anoressiche che perseguivano il matrimonio con Dio attraverso il digiuno e la mortificazione del proprio corpo. Successivamente il comportamento alimentare di queste ragazze iniziò. però. a. suscitare. sospetti,. tanto. che. i. tribunali. dell’Inquisizione processarono per stregoneria molte di loro [Selvini Palazzoli, 1963]. Tuttavia, mentre alcuni studiosi hanno appunto affermato che la magrezza estrema rappresentasse un dono simbolico a Dio, Bell ha 3.

(10) invece ipotizzato che le donne usassero la magrezza per liberarsi dalla struttura sociale patriarcale dell’epoca: secondo l’autore la ricerca assidua dell’ideale di perfezione potrebbe essere interpretata come il tentativo di affermare la propria individualità [Bell, 1998]. Nonostante le documentazioni precedenti, tuttavia la prima descrizione clinica dell’anoressia viene attribuita al medico inglese Richard Morton, che nel 1689 descrisse nel suo trattato Phthisiologia, seu exercitationes de Phthisis [Morton, 1689] una condizione caratterizzata da "una consunzione del corpo senza febbre, né tosse, né dispnea, ma accompagnata da perdita dell'appetito e da cattiva digestione...", chiamandola emaciazione nervosa. Morton, riferendo dettagliatamente due casi da lui seguiti, elencò le caratteristiche essenziali del disturbo, che erano amenorrea, stitichezza, disturbo dell’appetito, dimagrimento estremo, una continua attività ed il rifiuto delle pazienti a qualsiasi tentativo di cura; non riuscendo a rilevare però nessuna patologia organica scatenante tali conseguenze, suppose che alla base della consunzione nervosa ci dovessero essere delle “sofferenze morali e delle preoccupazioni”. La definizione di anoressia nervosa come entità clinica con un quadro sintomatologico ben delineato è contesa da due illustri psichiatri dell'epoca vittoriana: Ernest Lasègue, professore di Clinica medica all’Università di Parigi che parlò di anoressia isterica [Lasègue, 1873], e William Gull, noto clinico londinese che, quasi contemporaneamente al collega francese, condusse dei lavori sulla dispepsia isterica, che chiamò successivamente anoressia nervosa [Gull, 1873]. Entrambi posero l’accento sull’origine non organica del disturbo, sostenendo che la famiglia potesse avere un ruolo importante nello sviluppo dell’anoressia.. 4.

(11) Si ritenne quindi che la malattia avesse per base solo un’alterazione psichica e che il rifiuto delle pazienti di mangiare e la conseguente denutrizione causassero la cachessia e, talvolta, la morte.. 1.2 Definizione e Criteri Diagnostici In psichiatria ed in psicopatologia i vari disturbi vengono oggi principalmente classificati secondo due manuali, il Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders. (DSM), prodotto. dall’American Psychiatry Association (APA), e l’International Classification of Diseases (ICD), stilato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Entrambe le classificazioni hanno lo scopo di fornire un linguaggio comune alle varie discipline e alle diverse zone del mondo per codificare le informazioni relative alla morbilità e mortalità dei disturbi, in modo da monitorare così i dati epidemiologici attraverso la raccolta di statistiche comparabili. Il DSM [American Psychiatry Association, 1952] è uno strumento di diagnosi descrittiva dei disturbi mentali, che utilizza la presenza di profili sintomatologici collegati ad ognuno di essi e la loro frequenza statistica per classificarli in categorie nosografiche ben precise. Nel DSM-5 [Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders – Fifth Edition], l’ultima versione del manuale diagnostico uscita nel 2013, i Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione vengono definiti. come. caratterizzati. dell’alimentazione. oppure. “da. un. persistente. da. comportamenti. disturbo inerenti. l’alimentazione che hanno come risultato un alterato consumo o assorbimento di cibo e che compromettono significativamente la salute fisica o. il. funzionamento. psicosociale” [American. Psychiatric Association, 2013]. I disturbi che rientrano in questa categoria diagnostica sono: - Anoressia Nervosa (AN) 5.

(12) - Bulimia Nervosa (BN) - Binge–Eating Disorders (BED) - Disturbo Evitante/Restrittivo dell’assunzione di cibo - Disturbo della ruminazione - Pica - Altri disturbi specifici della nutrizione e dell’alimentazione - Disturbi della nutrizione e dell’alimentazione non altrimenti specificati. L’anoressia nervosa è un disturbo caratterizzato da una serie di comportamenti persistenti, ossessivi e anomali finalizzati al controllo dell’alimentazione e del peso corporeo, che danneggiano significativamente la salute fisica e il funzionamento psicologico del soggetto che li mette in atto. I criteri diagnostici stabiliti nel DSM-5 per l’AN sono i seguenti: A) Restrizione delle calorie rispetto al fabbisogno, con una significativa perdita di peso corporeo rispetto all’età, al sesso, al percorso di sviluppo e alla salute fisica. Il peso significativamente basso è definito come inferiore al minimo normale o, per bambini e adolescenti, inferiore a quello minimo atteso per l’età. B) Intensa paura di aumentare di peso o d’ingrassare, o comportamento persistente che interferisce con l’aumento di peso, nonostante questo sia significativamente basso. C) Disturbo della percezione dell’immagine corporea, influenza del peso corporeo o dell’immagine di sé sull’autostima, persistente perdita di consapevolezza della gravità del basso peso corporeo attuale. Vengono inoltre individuati due sottotipi del disturbo: a) Forma restrittiva: la perdita di peso è dovuta esclusivamente ad una massiccia riduzione dell’assunzione di cibo e all’esercizio fisico eccessivo. Inoltre durante gli ultimi 3 mesi il soggetto non ha mai avuto episodi di abbuffate o comportamenti di eliminazione, come vomito autoindotto o uso di lassativi/diuretici.. 6.

(13) b) Forma con abbuffate e/o manovre di eliminazione: caratterizzato da frequenti episodi di abbuffate e da comportamenti impropri di svuotamento. Infatti negli ultimi 3 mesi il soggetto deve aver avuto ricorrenti episodi di abbuffate o comportamenti di eliminazione (vomito autoindotto o abuso di lassativi/diuretici). Un individuo è considerato sottopeso quando ha un peso corporeo minore dell’85% del peso che sarebbe normale per età e altezza; si può altrimenti fare riferimento all’indice di massa corporea (BMI), calcolato come rapporto tra peso e altezza, ponendo come limite minimo un BMI maggiore o uguale a 17,5 Kg/m. In base all’indice di massa corporea possiamo quindi distinguere quattro livelli di gravità dell’anoressia nervosa: - Lieve: BMI ≥ 17 - Moderata: BMI 16-16,99 - Severa: BMI 15-15,99 - Estrema: BMI < 15 Per quanto riguarda l’esordio, questo è solitamente graduale ed insidioso, con una progressiva riduzione dell’introito alimentare; l’esordio può avvenire in seguito a una dieta ipocalorica, eventi di vita stressanti, cambiamenti importanti, difficoltà digestive, malattie, depressione, interventi chirurgici, traumi. Il decorso della malattia può essere caratterizzato da un episodio singolo, da episodi con ricadute ricorrenti, oppure può essere cronico. La prognosi è purtroppo sfavorevole nel 40% dei casi, con una mortalità che va dal 6 al 20% e che avviene solitamente per collasso cardiocircolatorio, aritmie cardiache o suicidio [Wentz et al., 2001; Pompili et al., 2004]. Tuttavia si ha una prognosi favorevole in circa 2/3 dei casi che vengono sottoposti precocemente ad un trattamento integrato, messo cioè in atto da un’équipe composta da psichiatri o neuropsichiatri infantili, internisti o pediatri, psicologi, dietisti, infermieri, specialisti come. 7.

(14) ad esempio cardiologi, figure non-sanitarie come gli educatori [Keski-Rahkonen et al., 2007].. 1.3 Cause I disturbi della nutrizione e dell’alimentazione vengono oggi interpretati secondo un’ottica multifattoriale che si rifà al modello bio-psico-sociale1 [Engel, 1977] e gli studiosi concordano sul fatto che non esista una causa unica per questi disturbi, ma che essi siano dovuti ad una concomitanza di fattori che interagendo tra di loro favoriscono la comparsa ed il mantenimento della malattia.. Figura 1 - L’origine multifattoriale dei disturbi del comportamento alimentare (adattata da Ostuzzi et al., 2003). Nell’eziopatogenesi dei disturbi alimentari sarebbero perciò implicati fattori predisponenti (individuali, socio-culturali e 1. Per il modello biopsicosociale la valutazione dello stato di salute di un individuo non può prescindere dal considerare i fattori biologici, psicologici e sociali propri della persona. La salute non è più assenza di malattia fisica come nel modello biomedico, ma viene valutata all’interno dell’ambiente attraverso un approccio più interdisciplinare. 8.

(15) familiari) che vanno a creare una certa vulnerabilità al disturbo; fattori precipitanti che vanno ad innescare il passaggio dalla vulnerabilità all’esordio del disturbo vero e proprio, slatentizzando quindi una situazione che poteva altrimenti restare silente. Infine abbiamo i fattori perpetuanti, che creano un circolo vizioso tendente a determinare il mantenimento e la cronicizzazione della malattia [Fabbro, 2012].. 1.3.1 Fattori predisponenti Come si evince anche dalla figura 1, quando si parla di fattori predisponenti per i Disturbi dell’alimentazione li si distingue solitamente in tre tipologie: fattori individuali, familiari e socioculturali [Ostuzzi et al., 2003]. Per quanto riguarda i fattori individuali, le ricerche hanno appurato che i principali siano il sesso e l’età. Il sesso, perché il genere femminile sembra essere il più colpito, con un rapporto di 1:9, anche se negli ultimi anni stiamo purtroppo assistendo ad un aumento dei casi maschili. Sembra comunque che l’appartenere al sesso femminile possa rendere maggiormente vulnerabili alla pressione socioculturale verso l’eccessiva magrezza e portare così a diete dimagranti molto dure, spesso condotte senza rivolgersi ad esperti nutrizionisti e sovente legate all’esordio del Disturbo alimentare [Stice, 2002; Fairburn et al., 1999]. L’altro fattore principale, come detto, è l’età ed in particolare il periodo adolescenziale, segnato dal passaggio dall’infanzia all’età adulta e quindi dalla dipendenza all’autonomia. In questa fase della vita l’identità della persona è ancora in definizione e spesso le ragazze tendono a giudicare il proprio valore evincendolo dal confronto con l’altro e questo paragone si basa soprattutto sull’aspetto fisico. Inoltre in questo periodo l’adolescente deve affrontare anche dei cambiamenti fisici che possono influire considerevolmente sul modo in cui poi si percepirà, senza contare 9.

(16) che è in questo periodo che si hanno i primi approcci con l’altro sesso e si inizia quindi a vedere il proprio corpo come mezzo per relazionarsi con l’altro, sentirsi accettati e probabilmente accettare se stessi. Se la ragazza o il ragazzo non è in grado di far fronte a tali cambiamenti, e quindi alla maturità con tutte le sue richieste e responsabilità, il Disturbo alimentare può in un certo senso diventare un modo per restare bambini, un rifugio sicuro sia sul piano fisico che su quello affettivo [Selvini Palazzoli, 1963]. Sempre parlando di fattori individuali, ragazze e ragazzi che sviluppano un Disturbo del comportamento alimentare sono solitamente. caratterizzati. da. una. bassa. autostima. e. da. perfezionismo [Dalle Grave, 2009], che insieme li portano a ritenere di poter essere accettati solamente se soddisferanno le aspettative degli altri. Pertanto la paura di non riuscire ad essere come gli altri vorrebbero fa sì che questi adolescenti si impegnino al massimo in ogni attività che fanno, ottenendo voti altissimi a scuola e ottimi risultati nelle attività sportive e ricreative. Il pensiero dicotomico è un altro tratto che associato al perfezionismo e alla bassa autostima può predisporre all’insorgere di un Disturbo alimentare [Dalle Grave, 2004]. Sono inoltre da annoverare tra i fattori individuali anche tratti di personalità ansiogeni, depressivi o ossessivi, con una particolare attenzione per l’ordine e la pulizia [Guidetti, 2005]. Infine, anche l’essere in sovrappeso e avere alle spalle una storia di diete fallite può costituire un importante fattore di rischio individuale [Guidetti, 2005]. I fattori familiari sono stati a lungo indagati, ritenendo che la famiglia abbia un ruolo molto importante nell’insorgere dei Disturbi del comportamento alimentare. Le numerose teorie che si sono avvicendate negli anni hanno spesso parlato di una dinamica familiare caratterizzata da un rapporto disturbato tra la figlia ed una madre intrusiva, iperprotettiva e molto intransigente e da un padre assente e spesso si è data la colpa alle madri per il disagio delle 10.

(17) figlie [Recalcati, 1997]. E’ in realtà molto difficile sapere se il clima familiare rilevato al momento della presa in carico sanitaria possa effettivamente essere la causa o la conseguenza del disturbo stesso [Ostuzzi et al., 2003]. Al momento perciò, avendo le ricerche evidenziato l’esistenza di molteplici realtà familiari attorno ai pazienti con DCA, l’ipotesi per cui l’insorgere del disturbo sia dovuto ad un particolare tipo di famiglia viene tenuta molto meno in considerazione rispetto al passato. Secondo il modello sistemico-relazionale, il Disturbo alimentare più che derivare da una famiglia tipica sarebbe la manifestazione sintomatica di particolari tipi di relazioni che si sono instaurate all’interno di essa. Pertanto, secondo l’interpretazione dei DCA di questo modello, i fattori predisponenti familiari consisterebbero in modi disfunzionali di interagire, caratterizzati in particolare da invischiamento, iperprotettività, evitamento del conflitto e rigidità2. Questi modelli relazionali renderebbero difficoltoso il passaggio dalla dipendenza all’autonomia, ostacolando il cambiamento e l’espressione delle emozioni negative [Minuchin et al., 1980]. Infine, i fattori socioculturali. Questi sono annoverati tra i fattori predisponenti. ai. DCA. perché. tali. disturbi. sono. diffusi. maggiormente nei paesi industrializzati e nei paesi in via di sviluppo che abbiano incontrato la cultura occidentale: questo dato ha fatto quindi pensare che alla base dell’insorgenza dei Disturbi dell’alimentazione possa esserci una matrice socioculturale.. 2. Invischiamento: eccessivi coinvolgimento ed attaccamento reciproco tra i membri della famiglia, con intrusioni nei pensieri, nei sentimenti e nelle azioni degli altri; si ha inoltre labilità dei confini tra gli individui con conseguente confusione delle funzioni e dei ruoli. Iperprotettività: tendenza alla preoccupazione e all’interesse reciproco tra i membri della famiglia, manifestato soprattutto riguardo al benessere fisico con continue espressioni di cura e protezione. Evitamento del conflitto: i membri della famiglia si impegnano a fondo per evitare che disaccordo e conflittualità divengano espliciti. Rigidità: reiterazione delle medesime regole di relazione, che rende difficile accettare cambiamenti e trasformazioni e tende a mantenere il fragile equilibrio che si è creato. 11.

(18) D’altra parte è vero che negli ultimi decenni l’ideale di bellezza si è ancorato ad una magrezza eccessiva e gli adolescenti si sono trovati a dover fare i conti con continue pressioni sociali, da parte soprattutto dei mass media, costituite da immagini di ragazze sempre più magre, ragazzi sempre più muscolosi e costanti pubblicità di diete e cure dimagranti miracolose [Harrison et al., 1997]. In parallelo a questa tendenza si è assistito ad un notevole incremento dei casi di anoressia e bulimia, prima nelle ragazze e adesso anche nel sesso maschile.. 1.3.2 Fattori precipitanti I fattori precipitanti, come detto, favoriscono o determinano l’esordio di un Disturbo del comportamento alimentare quando si incontrano con i fattori predisponenti di cui abbiamo parlato. Per cui se persone che hanno alcune caratteristiche di vulnerabilità vengono a contatto con degli eventi scatenanti, ecco che avremo con molta probabilità il Disturbo alimentare. L’inizio di una dieta restrittiva è considerato uno dei fattori precipitanti principali: spesso ragazze o ragazzi che si sentono insoddisfatti per il loro aspetto fisico e che presentano gli aspetti di vulnerabilità descritti nel paragrafo precedente intraprendono diete eccessivamente restrittive, portate peraltro avanti in autonomia e senza il controllo di un nutrizionista. Anche eventi particolarmente stressanti o addirittura traumatici possono dare inizio al disturbo: i conflitti tra i genitori o la loro separazione, un lutto in famiglia, la fine di una relazione affettiva, gli importanti cambiamenti fisici che si hanno in età puberale, un trasferimento in un’altra città e quindi in una nuova scuola, i commenti di familiari o amici sull’aspetto fisico, il subire molestie fisiche o anche psicologiche. Tutte le eventualità citate possono andare ad aggravare le difficoltà psicologiche già esistenti 12.

(19) nell’individuo, come la bassa autostima o l’incapacità di relazionarsi con gli altri [Fabbro, 2012].. 1.3.3 Fattori di mantenimento Secondo Christopher Fairburn [Fairburn, 2003] i Disturbi del comportamento alimentare ed in particolare l’Anoressia Nervosa sarebbero. perpetuati. da. uno. schema. di. autovalutazione. disfunzionale focalizzato sulla forma del proprio corpo e sul controllo dell’alimentazione. Nei soggetti con AN la valutazione di sé dipenderebbe infatti dalla sola immagine corporea e non, come di solito accade, dalle varie sfere personali ed interpersonali che concorrono alla formazione dell’idea che una persona ha di se stessa: il proprio valore viene allora misurato in base a quanto si riesce a modificare il peso e la forma corporea e quindi a quanto si riesce a controllare la propria alimentazione.. Figura 2 - Rappresentazione grafica degli schemi di autovalutazione. Pertanto inizialmente il fattore di mantenimento principale è dato da questo modo di pensare disfunzionale, per cui essere magri è 13.

(20) sinonimo di forza. Un rinforzo importantissimo viene poi dall’approvazione e dai commenti positivi che amici, familiari e conoscenti fanno alla ragazza o al ragazzo che perde peso, anche quando parte da una condizione di normopeso. Spesso poi una ragazza leggermente in sovrappeso può sentirsi lusingata e addirittura maggiormente accettata dal gruppo di amici e questo non fa che andare a rafforzare ancora di più la convinzione di dover essere magra ad ogni costo. La perdita iniziale di peso produce quindi un notevole senso di gratificazione, con un conseguente aumento dell’autostima e la sensazione di poter riuscire in tutto: la persona arriva infatti ad eccellere in tutte le attività svolte, dalla scuola al lavoro e allo sport. Questo crea ovviamente un circolo vizioso in cui i pensieri disfunzionali vengono assecondati ed in qualche modo valorizzati sempre di più. Inoltre quando il disturbo diventa esplicito i genitori tendono a essere iperprotettivi e ad occuparsi dell’alimentazione dei figli in modo analogo a come facevano quando questi erano piccoli; essendoci però alla base del disturbo il timore di crescere e di staccarsi dalla famiglia, un tale atteggiamento non fa altro che produrre ed incentivare il mantenimento del disturbo, come sostenuto anche da Hilde Bruch [1983]. Accanto agli schemi di autovalutazione disfunzionali troviamo altri due fattori di mantenimento specifici per i Disturbi del comportamento alimentare: il body checking e il food checking. Il body checking, o controllo della forma corporea, consiste nel guardarsi ripetutamente allo specchio esaminando le proprie forme e misurando con le mani o con un metro alcune parti del corpo e nel pesarsi molto spesso per aggiornare continuamente i progressi fatti. Queste routine iperfocalizzano la ragazza o il ragazzo su pensieri relativi al peso e alla forma corporea, andando a intensificare le idee ossessive già presenti. Per food checking, o controllo dell’alimentazione, si intende invece il pesare tutto ciò 14.

(21) che si mangia, contandone le calorie grazie alle etichette apposte sui prodotti e divenendo presto molto esperti sul contenuto calorico di ogni cibo. Chiaramente anche questo meccanismo andrà ad aumentare le ossessioni dirette all’alimentazione e a mantenere quindi il disturbo [Ostuzzi et al., 2003]. In alcuni sottogruppi di pazienti con DCA troviamo poi dei fattori di mantenimento aggiuntivi, che sono il perfezionismo, di cui abbiamo già parlato nel paragrafo sui fattori di rischio, l’intolleranza alle emozioni, specialmente quelle negative come rabbia e tristezza; una bassa autostima nucleare, per cui i soggetti non si autovalutano negativamente solo per non riuscire a controllare il peso e l’alimentazione, ma hanno una visione di se stessi negativa a priori, che non dipende dalle loro prestazioni. Questi tre fattori, uniti ad eventuali problemi interpersonali e alle caratteristiche citate precedentemente contribuiscono quindi a rinforzare il circolo vizioso che tiene in vita il Disturbo del comportamento alimentare.. 1.4 Caratteristiche cliniche dell’anoressia nervosa La caratteristica clinica principale e senz’altro più nota dell’anoressia nervosa è la restrizione alimentare. Si parte solitamente con una dieta che porta a perdere i primi chilogrammi e questo dona al soggetto una sorta di euforia, una sensazione di forza e di invincibilità che lo porta a desiderare di proseguire con la cura dimagrante, anche se non necessario. Piano piano però il monitoraggio sul cibo diventa sempre più attento e rigido e nell’individuo inizia a svilupparsi il timore di perdere il controllo vanificando così tutti gli sforzi precedenti. Si cominciano perciò ad eliminare i cibi abitualmente ingeriti, che vengono percepiti come pericolosi perché giudicati ipercalorici, e a sostituirli con alimenti ipocalorici come frutta, verdure scondite, yogurt magro, i quali 15.

(22) vengono. rigorosamente. pesati. e per cui. viene calcolata. attentamente ogni caloria. Il momento del pasto diventa il più difficile della giornata e per questo si cerca di evitarlo o rimandarlo il più possibile, oppure si creano dei rituali che facciano percepire di riuscire a mantenere il controllo: ad esempio si può scegliere di mangiare sempre nello stesso luogo e preferibilmente da soli, oppure di disporre il cibo nel piatto o di spezzettarlo in un modo prestabilito e sempre uguale. Questi rituali possono talvolta diventare dei veri e propri comportamenti ossessivi. Un’altra caratteristica clinica tipica dell’AN è la negazione della malattia e la totale inconsapevolezza del fatto che i propri comportamenti non siano salutari: i soggetti tendono infatti a dichiarare di comportarsi in modo del tutto normale e a rassicurare genitori e medici in merito alle proprie condizioni. Mara Selvini Palazzoli, [1963] parla infatti così dei primi colloqui e della negazione: “Alla prima visita le anoressiche mentali si presentano sempre con caratteristiche tipiche. Nei rapporti con il medico, a cui vengono sempre condotte, riluttanti, dai familiari, si mostrano educatamente fredde, scostanti, controllate. Altre, molto più rare, appaiono invece fatue, logorroiche, con un atteggiamento falso e inconsistente che mira allo stesso scopo: scoraggiare o esasperare il medico. Infatti le pazienti protestano di stare benissimo, non realizzano uno stato di malattia, sono indifferenti alle proprie condizioni fisiche, anche se evidentemente gravi”. Il negare di avere un problema è dovuto principalmente ad una dispercezione. dell’immagine. corporea,. sempre. presente. nell’anoressia nervosa, che porta a vedersi in sovrappeso anche quando si arriva a livelli di magrezza tali da mettere a rischio la propria vita: durante le sempre più numerose ricognizioni davanti allo specchio, i soggetti continuano a vedere fianchi larghi e cosce troppo grandi, anche quando il riflesso rivela tutt’altro. Oltre alla restrizione alimentare il controllo del peso è mantenuto anche attraverso un’attività fisica eccessiva, praticata sia passando 16.

(23) molte ore in palestra, sia facendo lunghe camminate o salendo e scendendo ripetutamente le scale di casa. Importante è anche la presenza di un’intensa iperattività, per cui gli individui con AN tendono a voler stare in piedi o, quando si siedono, a contrarre i muscoli e a muovere continuamente le gambe in un modo quasi compulsivo: l’iperattività non ha infatti la sola funzione di bruciare calorie, ma anche di agire sulla regolazione emotiva per lenire l’ansia e fermare i pensieri. Ancora, a causa del continuo semi-digiuno, alcuni possono cedere alla fame ed abbuffarsi. Le abbuffate nell’anoressia nervosa non sono per niente simili a quelle nella bulimia nervosa, in cui si può arrivare ad ingurgitare quantità di cibo veramente esagerate; i soggetti con AN invece sentono di essersi abbuffati dopo aver mangiato quantità comunque modeste di cibo, oppure uno dei piatti proibiti, e mettono allora in atto delle condotte di eliminazione. Le condotte di eliminazione consistono nell’uso di lassativi o nel vomito autoindotto, usati per ripulirsi dalle calorie in eccesso e per riacquisire il controllo sul proprio corpo. Infine, negli individui con AN si possono notare i sintomi da digiuno postulati negli anni ’50 da una nota ricerca americana condotta da Keys sulle conseguenze del digiuno [Keys et al., 1950]. Lo studio non venne svolto su pazienti con AN, ma su uomini sottoposti ad un digiuno prolungato: quello che si vide è riassunto nella tabella sottostante e come possiamo vedere i sintomi corrispondono alle evidenze cliniche riscontrate nell’anoressia nervosa. Poiché lo studio è stato svolto solo con soggetti maschi, tra le modificazioni fisiche manca la comparsa di amenorrea, quasi sempre presente invece nelle ragazze che sviluppano l’AN. Peraltro, proprio come successe agli uomini che parteciparono allo studio di Keys, tutti i sintomi da digiuno sotto elencati scompaiono una volta recuperato il peso ottimale.. 17.

(24) Figura 3 - Le conseguenze del digiuno prolungato. 1.5 Comorbilità Con il termine comorbilità si indica una condizione clinica in cui nello stesso paziente coesistono più patologie, riferendosi sia a due o più disturbi simultanei ma indipendenti, sia a disturbi che invece si manifestano in modo secondario alla patologia principale [First, 2005]. Lo studio della comorbilità tra i disturbi mentali è molto importante, poiché essa sembra essere collegata ad una durata più lunga degli episodi di malattia e ad un rischio maggiore di ricadute e di suicidio [First, 2005]. Nei Disturbi della condotta alimentare è frequente avere sintomi di tipo depressivo; in particolare nell’anoressia nervosa le pazienti lamentano spesso umore depresso, senso di colpa, irritabilità, 18.

(25) disturbi del sonno e della concentrazione, sentimenti di perdita di speranza. Inoltre sono frequentemente presenti pensieri di morte ed il suicidio è una delle cause di decesso più comuni. Tuttavia la sintomatologia depressiva sembra essere soprattutto conseguente alla grave perdita di peso e tende a migliorare con il recupero ponderale, anche se la persistenza dei sintomi è stata riscontrata anche in soggetti in fase di remissione [Pollice et al., 1997; Klump et al., 2004]. Inoltre negli individui con AN è molto frequente anche la presenza di disturbi d’ansia, in particolare sintomi ossessivo-compulsivi, fobie, attacchi di panico [Kaye et al., 2004]. Infine, la personalità è considerata un fattore decisivo nella genesi e nel mantenimento dell’AN. I disturbi di personalità possono infatti predisporre al disturbo alimentare, ma possono anche manifestarsi indipendentemente da esso. Studi recenti condotti secondo i criteri del DSM-IV [American Psychiatry Association, 1994] hanno riscontrato percentuali di disturbi di personalità variabili dal 23% all’80% nei soggetti con AN. In particolare, gli individui con sottotipo restrittivo presentano principalmente disturbi del cluster C, soprattutto quello ossessivocompulsivo (22%) ed il disturbo evitante di personalità (19%); il sottotipo bulimico invece tende a manifestare più frequentemente disturbi di personalità sia del cluster B che del cluster C, con una predominanza del disturbo borderline di personalità (25%), seguito dai disturbi di personalità evitante o dipendente (15%) e da quello istrionico (10%) [Randy et al., 2004]. Secondo Cassin e colleghi [Cassin et al., 2005] nella personalità premorbosa. del. sottotipo. restrittivo. sono. frequentemente. riscontrabili tratti di ossessività, di inibizione sociale ed emotiva, conformismo, evitamento delle novità e timore dell’incertezza, i quali uniti a certi fattori ambientali portano al rigido controllo dell’alimentazione con lo scopo di sentirsi sicure ed in un mondo del tutto prevedibile. 19.

(26) E’ però importante sottolineare come questi aspetti possano essere esacerbati dal digiuno e dalla perdita di peso e quindi quanto sia complicato. e. rischioso. stabilire. se. queste. caratteristiche. rappresentino tratti stabili della personalità delle pazienti e se possano costituire degli esiti a lungo termine dopo la fase di remissione.. 1.6 Epidemiologia e prevalenza Come detto precedentemente, l’AN ed i disturbi alimentari in genere sembrano essere legati alla cultura. I dati epidemiologici ci dicono infatti che i paesi in cui i disturbi del comportamento alimentare sono più diffusi sono quelli occidentali industrializzati, poi il Giappone, il Sudafrica, l’Australia e la Nuova Zelanda; risultano invece rari o addirittura assenti in Africa, nelle zone meno industrializzate dell’Asia e nell’America Latina. In Italia finora sono purtroppo stati condotti pochi studi sulla diffusione dei disturbi dell’alimentazione e quelli esistenti sono perlopiù riferiti alle realtà riscontrate nelle singole regioni. Favaro e colleghi, ad esempio, [Favaro et al., 2003] analizzando la situazione nelle regioni settentrionali hanno riscontrato una prevalenza puntuale (cioè riferita all’anno in corso) dello 0,3% e una prevalenza nell’arco di vita del 2% per quanto concerne l’anoressia nervosa, oltre ad una prevalenza puntuale dello 0,7% e lifetime del 2,6% se si considerano le forme sottosoglia. I dati epidemiologici internazionali indicano che nei paesi occidentali la prevalenza dei Disturbi del Comportamento Alimentare si aggira intorno al 5% della popolazione generale [Treasure et al., 2010]. Per quanto riguarda in particolare l’anoressia nervosa i dati dello studio riscontrano nei paesi industrializzati una prevalenza tra le adolescenti e le donne adulte tra lo 0,5 e l’1%, arrivando fino al 6-10% se si analizzano le forme 20.

(27) subcliniche, nelle quali si manifestano meno sintomi in confronto al quadro clinico principale. Questi dati combaciano con quelli già riportati dall’APA per quanto riguarda gli Stati Uniti [American Psychiatric Association, 2000]. Attualmente però la letteratura internazionale indica che i valori di prevalenza dell’AN sembrano essere in aumento rispetto al passato, essendo compresi tra l’1,4% e il 2,8%, con lo 0,24% per quanto riguarda la popolazione maschile [dati Cnesps, 2015].. 21.

(28) CAPITOLO 2 I TRATTI AUTISTICI NELL’ANORESSIA Negli ultimi decenni si è sviluppato un ampio filone di ricerca che ha indagato in numerosi studi le somiglianze ed i tratti comuni tra due disturbi che sono stati e sembrano ancora essere protagonisti di una drastica diffusione nell’età evolutiva: l’Anoressia Nervosa (AN) ed i Disturbi dello Spettro Autistico (ASD). In questo capitolo accenneremo brevemente alle caratteristiche distintive dell’ASD, per poi concentrarci sugli studi che ne hanno evidenziato o meno le somiglianze con il suddetto Disturbo del comportamento alimentare.. 2.1 I Disturbi dello Spettro Autistico: definizione, criteri diagnostici e caratteristiche cliniche. I Disturbi dello Spettro Autistico sono un gruppo eterogeneo di deficit dello sviluppo che si manifestano fin dai primi anni di vita. Gli aspetti più caratteristici di questo sviluppo atipico sono quelli che riguardano le abilità socio-comunicative, deficitarie sin da subito, la presenza di comportamenti ed interessi ristretti e stereotipati molto diversi dalle abitudini tipiche dell’età del soggetto ed un marcato apparente disinteresse per l’altro con un deficit dell’empatia [American Psychiatry Association, 2013]. Secondo il DSM-5 [American Psychiatry Association, 2013] il Disturbo dello Spettro Autistico per essere diagnosticato deve soddisfare i seguenti criteri A, B, C e D: A. Deficit persistente nella comunicazione e nell´interazione sociale in diversi contesti, non spiegabile attraverso un ritardo generalizzato dello sviluppo e manifestato da tutti e tre i seguenti punti: 22.

(29) 1. Deficit nella reciprocità socio-emotiva che va da un approccio sociale anormale e un insuccesso nella normale conversazione (botta e risposta) attraverso una ridotta condivisione di interessi, emozioni, percezione mentale e reazione,. fino. alla. totale. mancanza. di. iniziativa. nell´interazione. 2. Deficit nei comportamenti comunicativi non verbali usati per l´interazione sociale, da una scarsa integrazione della comunicazione verbale e non verbale, attraverso anormalità nel contatto oculare e nel linguaggio del corpo, o deficit nella comprensione e nell´uso della comunicazione non verbale, fino alla totale mancanza di espressività facciale e gestualità. 3. Deficit nella creazione e mantenimento di relazioni appropriate al livello di sviluppo (non comprese quelle con i genitori e con i caregivers); che vanno da difficoltà nell’adattare il comportamento ai diversi contesti sociali attraverso difficoltà nella condivisione del gioco immaginativo e nel fare amicizie fino all’apparente assenza di interesse per le persone. B. Pattern di comportamenti, interessi o attività ristretti e ripetitivi come manifestato da almeno due dei seguenti punti: 1. Linguaggio, movimenti o uso di oggetti stereotipati o ripetitivi, come semplici stereotipie motorie, ecolalia, uso ripetitivo. di. oggetti,. o. frasi. idiosincratiche.. 2. Eccessiva fedeltà alla routine, comportamenti verbali o non verbali riutilizzati o eccessiva riluttanza ai cambiamenti: rituali motori, insistenza nel fare la stessa strada o mangiare lo stesso cibo, domande incessanti o estremo stress a seguito di piccoli cambiamenti. 3. Interessi altamente ristretti e fissati, anormali in intensità o argomenti: forte attaccamento o interesse per oggetti insoliti, interessi. eccessivamente. persistenti. o. circostanziati.. 4. Iper o Ipo-reattività agli stimoli sensoriali o interessi insoliti 23.

(30) verso aspetti sensoriali dell´ambiente: apparente indifferenza al caldo/freddo/dolore, risposta avversa a suoni o consistenze specifiche, eccessivo annusare o toccare gli oggetti, attrazione per luci o oggetti roteanti. C. I sintomi devono essere presenti nella prima infanzia (ma possono non diventare completamente manifesti finché le esigenze sociali non oltrepassano il limite delle capacità). D. L´insieme dei sintomi deve limitare e compromettere il funzionamento quotidiano. Il Disturbo dello Spettro Autistico, clinicamente parlando, ruota quindi. intorno. a. due. nuclei. patologici. principali:. la. compromissione qualitativa delle competenze sociali e relazionali con il deficit della comunicazione verbale e non verbale, e la presenza di interessi ristretti e di comportamenti stereotipati. L’individuo con ASD ha un’iniziativa nel rapporto diretto molto scarsa, che unitamente all’apparente indifferenza per il contesto ambientale. lo. portano. ad. isolarsi,. spesso. immergendosi. completamente in attività poco finalizzate. Difficilmente infatti lo sguardo viene rivolto al proprio interlocutore, che sia questo uno sconosciuto o il genitore; quando viene chiamato dalla madre non si gira né risponde e ha notevoli difficoltà nell’apprendere le regole dell’interazione sociale. Inoltre non richiede la partecipazione degli altri nelle sue attività, né ama che qualcuno vi si intrometta per farne parte: l’altro è usato in modo più strumentale che relazionale e viene perciò interpellato solo per la soddisfazione dei propri bisogni, per lo meno nella prima fase dello sviluppo. In tale fase anche l’attaccamento alla madre sembra incostante, il contatto fisico viene evitato, manca la normale reazione che solitamente si ha di fronte ad un estraneo. Frequentemente le anomalie del comportamento sociale cambiano nelle fasi successive dello sviluppo e l’attaccamento alla madre diventa più intenso e stabile, dando modo ai genitori di essere più coinvolti nella vita del figlio.. 24.

(31) Alla base di questo deficit dello sviluppo relazionale sembra esserci l’incapacità di comprendere le emozioni ed i sentimenti dell’altro e quindi di creare un rapporto empatico ed affettivo sia con i genitori che con i coetanei [Guidetti, 2005; Strepparava & Iacchia, 2012]. Riguardo la comunicazione, questa può essere deficitaria a vari livelli di gravità: possiamo infatti riscontrare un ritardo nello sviluppo delle abilità comunicative, oppure un loro sviluppo atipico, fino ad arrivare alla totale assenza della produzione del linguaggio, con grandi difficoltà anche nella comprensione. In generale, si ha una mancanza di intenzionalità comunicativa per cui anche quando il linguaggio si sviluppa viene usato solo esprimendo singole parole per fare richieste e resta quindi povero. Quando invece il soggetto raggiunge un buon livello espressivo nell’acquisizione del linguaggio, si hanno comunque difficoltà pragmatiche, quindi nell’iniziare e mantenere una conversazione, nell’usare o comprendere metafore o barzellette, nell’usare la mimica per dare senso o enfasi al discorso. Inoltre, le capacità immaginative sono spesso molto scarse, con la conseguente assenza del gioco di finzione e con l’uso solo meccanico degli oggetti [Fabbro, 2012]. Passando infine al lato comportamentale, questo è completamente assorbito dalla routine e dai rituali: il soggetto con ASD presenta infatti una grande rigidità nel mantenere le proprie abitudini di vita e. anche. vestirsi. può. diventare. un. rituale. da. seguire. scrupolosamente, indossando sempre gli stessi abiti. Gli oggetti vengono utilizzati in modo anomalo e spesso non funzionale: ci si interessa a parti insignificanti del giocattolo che si sta maneggiando oppure questo viene sbattuto a terra per fare rumore, ma non viene usato in modo appropriato. Le stereotipie, movimenti ripetitivi finalizzati, sono sempre presenti nell’ASD a più livelli di gravità, hanno probabilmente una funzione autostimolatoria e vengono espresse in risposta agli eventi ambientali. Spesso sono bizzarre, come il camminare sulla punta 25.

(32) dei piedi o il muovere le mani mimando una farfalla. La stereotipia più grave è l’autoaggressività: gli individui con ASD possono infatti manifestare comportamenti autolesivi, come mordersi, picchiarsi o sbattere la testa contro il muro o altre superfici provocandosi lesioni o ferite [Guidetti, 2005; Strepparava & Iacchia, 2012]. Per quanto riguarda l’epidemiologia, il Disturbo dello Spettro Autistico non presenta prevalenze geografiche o etniche e sembra non escludere nessun ambiente sociale. Si ha però una prevalenza di sesso, in quanto il rapporto tra maschi e femmine è di circa 4:1 [Fabbro, 2012].. 2.2 Il concetto di spettro autistico In psichiatria per “spettro” si intende un continuum fenomenico lungo il quale si possono collocare vari livelli di gravità di un disturbo. Essendo l’ASD un disturbo che dura per tutta la vita e che può manifestarsi con quadri clinici e livelli di gravità diversi, la sua dicitura è stata accompagnata dal concetto di spettro proprio per evidenziare una flessibilità diagnostica data da un approccio più dimensionale che categoriale. Gli elementi caratterizzanti la diade sintomatologica infatti, usati da sempre per un inquadramento di tipo categoriale, presentano un’espressività che può variare da soggetto a soggetto e che anche nello stesso individuo può cambiare a seconda della fase di sviluppo in cui si trova. Lo spettro autistico racchiude infinite variazioni di intensità delle suddette caratteristiche, che possono essere moderate fino a molto gravi, ed il modo in cui vengono manifestate può variare in base a innumerevoli fattori biologici e ambientali: a seconda del punto sul. 26.

(33) continuum in cui il soggetto si colloca avremo quindi disturbi differenti [Wing, 1997]. Il concetto di spettro ha però un utilizzo molto più ampio rispetto all’applicazione allo specifico disturbo. Secondo l’approccio dimensionale infatti, che viene usato soprattutto per studiare le variazioni normali della personalità, il profilo della persona è determinato da una serie di tratti che insieme vanno a formare la personalità stessa [Widiger, 2005]. Anche i tratti tipici di alcune patologie vanno quindi a comporre la personalità degli individui, distribuendosi uniformemente su tutta la popolazione. Le persone si collocheranno perciò su un continuum che andrà da una condizione di normalità ad una patologica, passando per delle condizioni subcliniche. Per quanto concerne l’ASD, sembra che la diade di tratti tipici del disturbo si distribuisca uniformemente e quasi del tutto indipendentemente sulla popolazione [Happé et al., 2006] e che circa il 2,5-3% di essa presenti caratteristiche tali da rientrare nei criteri diagnostici dello spettro autistico ma solo lo 0,8-1% abbia difficoltà clinicamente rilevanti [Wheelwright et al., 2010]. Questi dati ed il nuovo approccio dimensionale hanno quindi recentemente dato adito a nuove ricerche, miranti ad indagare le somiglianze tra alcune patologie per individuare dei tratti comuni.. 2.3 I tratti autistici nell’anoressia Il primo a suggerire l’esistenza di un collegamento tra anoressia nervosa (AN) e Disturbo dello spettro autistico (ASD) fu Gillberg [Gillberg, 1983], che con il suo studio sottolineò come la somiglianza tra i due disturbi coinvolgesse due aspetti: quello genotipico, poiché notò come anche i familiari delle pazienti avessero tratti riconducibili a AN e ASD, e quello fenotipico,. 27.

(34) riscontrando in entrambe le tipologie di soggetti sia difficoltà a livello sociale e relazionale sia sintomi ossessivi. D’altra parte l’esperienza clinica fornisce diverse ragioni per cui ipotizzare una correlazione tra anoressia e disturbo dello spettro autistico. Innanzitutto gli individui con AN mostrano comportamenti rigidi e ripetitivi ed una ristrettezza degli interessi che ricordano una delle caratteristiche principali dei soggetti con ASD: nell’anoressia gli unici interessi e la rigidità dei comportamenti riguardano ovviamente il cibo ed il proprio peso. Inoltre i soggetti con AN sono costantemente focalizzati su loro stessi e questo, oltre a ricordare il significato letterale del termine autismo, potrebbe essere collegato alla loro difficoltà nel provare empatia per chi li circonda. Sia nell’ASD che nell’AN troviamo poi difficoltà nei compiti che rimandano alla Teoria della Mente (ToM) [Russell et al., 2009; Oldershaw et al., 2010], ma anche anedonia sociale, quindi l’incapacità. di. provare. piacere. in. situazioni. socialmente. significative, e alessitimia [Tchanturia et al., 2012]. Ulteriormente, entrambi i disturbi sono caratterizzati da rigidità cognitiva [Oldershaw et al., 2011; Tchanturia et al., 2012], con la conseguente difficoltà. nel. modificare le. proprie strategie. comportamentali, e da un’eccessiva attenzione per i dettagli [Lopez et al., 2008]. Infine, molti individui con ASD rifiutano di mangiare cibi nuovi richiedendo sempre le stesse pietanze [Williams et al., 2000] e si è visto che le adolescenti con ASD ottengono punteggi più alti dei soggetti di controllo a strumenti di screening per i disturbi del comportamento alimentare, come l’ Eating Attitudes Test (EAT)26, con addirittura il 27% di loro che riporta sintomi relativi a tali disturbi [Kalyva, 2009]. Per tutti i suddetti motivi si è ipotizzato che esista un fenotipo socio-cognitivo comune ai due disturbi [Zucker et al., 2007]. 28.

(35) Gli studi recenti hanno quindi cercato di indagare le aree deducibili dall’osservazione clinica, ottenendo però risultati discordanti.. 2.3.1 Social Cognition Una delle aree più studiate negli ultimi anni in riferimento all’anoressia nervosa è quella della Social Cognition, che viene definita come la capacità di crearsi rappresentazioni mentali delle relazioni che intercorrono tra noi e gli altri e di usare tali rappresentazioni per adattarsi all’ambiente. La Cognizione Sociale è perciò formata da vari processi che si basano sulla comprensione di segnali fondamentali per il relazionarsi con gli altri, come le espressioni facciali, la direzione dello sguardo ed i movimenti corporei. Inoltre, alla base della Social Cognition e quindi delle relazioni interpersonali troviamo due abilità fondamentali: la Teoria della Mente e l’empatia. Per Teoria della Mente si intende l’essere in grado di attribuire a sé e agli altri degli stati mentali, cioè emozioni, intenzioni, desideri, credenze, pensieri, e il saper. prevedere in base a ciò il. comportamento proprio e altrui; abbiamo perciò una componente emotiva ed una cognitiva. L’empatia (dal greco empatéia, dentro al sentimento) si riferisce alla capacità di percepire, immaginare e avere una comprensione diretta degli stati mentali e dei comportamenti osservati negli altri, cioè di capire quello che l’altro sta provando sperimentandolo noi stessi. Anche nell’empatia possiamo distinguere due componenti: una cognitiva, relativa alla capacità di adottare e comprendere la prospettiva psicologica degli altri, ed una affettiva, che riguarda invece. l’abilità. di. esperire. reazioni. emotive. in. seguito. all’osservazione delle esperienze altrui. L’interazione tra le componenti cognitiva e affettiva ci permette quindi di riconoscere lo stato emotivo della persona con cui ci stiamo relazionando.. 29.

(36) Il riconoscimento delle espressioni facciali, il direzionamento dello sguardo, la Teoria della Mente e l’empatia sono stati studiati a fondo nei Disturbi dello Spettro Autistico ed il loro deficit va a rappresentare una delle caratteristiche fondanti di questi ultimi. Per quanto riguarda il riconoscimento delle emozioni, questo è stato trovato deficitario sia negli individui adolescenti [Zonnevylle et al., 2004] che in quelli adulti [Kucharska-Pietura et al., 2004]. In particolare Kucharska-Pietura ed i suoi collaboratori hanno evidenziato una differenza nel riconoscimento delle emozioni positive e negative: le donne con diagnosi di anoressia nervosa ottenevano risultati peggiori nel riconoscimento di emozioni negative rispetto a quelle positive in stimoli visivi; mentre invece il riconoscimento dell’emozione attraverso la voce era ugualmente deficitario per le emozioni positive e negative. Da notare che questa disabilità era scevra dalle interferenze di variabili come l’età, l’educazione e la presenza di depressione. Kucharska-Pietura concluse quindi che il deficit nel riconoscimento emotivo potesse contribuire alle difficoltà interpersonali ed empatiche dei soggetti con AN. Tuttavia, i risultati ottenuti dai precedenti studi non sono ad esempio stati replicati da ricerche successive [Mendlewicz et al., 2005; Kessler et al., 2006], in cui la prestazione degli individui con AN è stata paragonabile a quella del gruppo di controllo. Watson e collaboratori [Watson et al., 2010] hanno analizzato il livello di gratificazione implicita provato da donne con AN tornate al peso normale di fronte a stimoli sociali e hanno misurato il direzionamento del loro sguardo per mezzo dell’eye-tracking; gli stimoli consistevano in fotografie di donne di cui si vedeva solo il volto oppure l’intera figura. Oltre a notare un più alto livello di gratificazione rispetto al gruppo di controllo quando si mostravano donne dal corpo emaciato, i ricercatori hanno visto che le donne affette da AN posavano lo sguardo sui volti fotografati molto meno spesso dei soggetti di controllo, concentrandosi significativamente più a lungo sul corpo ritratto. Secondo gli autori l’evitare di 30.

(37) guardare il volto delle persone non solo rimanda al comportamento tipico dei soggetti con ASD, ma mostra un impedimento alla creazione di un rapporto empatico. La maggior parte degli studi che hanno indagato il funzionamento sociale degli individui con anoressia nervosa si è concentrata sulla Teoria della Mente, analizzando sia la sua funzione di insieme sia le sue componenti separatamente. Uno dei primi studi fatti a tal riguardo venne portato avanti da Tchanturia. e. colleghi. [Tchanturia. et. al.,. 2004],. che. somministrarono a 20 pazienti e a 20 soggetti sani due compiti tipicamente usati per analizzare la ToM nell’autismo: l’Happé Stories task [Happé, 1994], un compito di comprensione di storie dove deve essere applicata la Teoria della Mente e non, e l’Happé Cartoon Task [Happé et al., 1994], un compito in cui i soggetti devono guardare e comprendere delle vignette che coinvolgono o meno la ToM. I risultati dello studio mostrarono che i soggetti patologici ottenevano punteggi più bassi rispetto ai soggetti sani in entrambi i test, ma che li ottenevano sia nelle storie e nelle vignette sperimentali che in quelle di controllo. Gli autori conclusero perciò che non si potesse evidenziare un deficit selettivo per la ToM nei soggetti con AN. Tchanturia e Hambrook [Hambrook et al., 2008] hanno poi confermato i risultati precedenti in uno studio pilota sul ‘Machiavellismo’ nell’anoressia nervosa. Assumendo infatti che questa competenza sia strettamente legata alla comprensione dell’altro e quindi alla ToM, i ricercatori hanno somministrato un questionario self-report che andasse appunto ad esaminarla. I risultati ottenuti dalle partecipanti affette da AN non differivano significativamente con quelli del gruppo dei soggetti sani, sottolineando quindi indirettamente l’assenza di un deficit della ToM. Risultati opposti sono stati tuttavia riscontrati da Russell [Russell et al., 2009] nel suo studio sulle componenti affettiva e cognitiva della 31.

(38) Teoria della Mente nell’anoressia nervosa. Somministrando infatti il test Reading the Mind in the Eyes (RME) [Baron-Cohen et al., 2001] per la parte affettiva e l’Happé Cartoon Test [Happé et al., 1994] per quella cognitiva, Russell e colleghi hanno riscontrato punteggi significativamente peggiori ad entrambi i tests ottenuti dai soggetti con AN rispetto ai controlli sani; hanno perciò potuto affermare l’esistenza di un deficit della Teoria della Mente, a tutti i suoi livelli. Il test RME è stato utilizzato anche da Oldershaw e colleghi [Oldershaw et al., 2010], che hanno però ottenuto risultati molto diversi dal suddetto studio. Sono state confrontate le prestazioni di tre gruppi, uno composto da partecipanti del tutto guarite dall’anoressia nervosa, uno fatto da partecipanti in fase di malattia ed il terzo formato da donne sane. Gli autori hanno riscontrato che i soggetti che erano usciti dall’AN ottenevano punteggi simili a quelli del gruppo di controllo e significativamente superiori a quelli in fase di malattia, i quali avevano punteggi significativamente inferiori al gruppo di donne sane. Oldershaw e collaboratori hanno quindi concluso che il deficit della ToM affettiva sia limitato al periodo di malattia e che con la guarigione si riacquistino quasi del tutto le abilità connesse alla Teoria della Mente. Guardando alla contraddittorietà dei risultati ottenuti dagli studi precedenti, si è ipotizzato che questa possa essere dovuta al fatto di non aver controllato variabili come la durata della malattia, in quanto i deficit riscontrati potrebbero essere dovuti agli effetti del lungo digiuno e della severa perdita di peso ed essere quindi secondari all’anoressia nervosa e non dei veri e propri tratti. Seguendo perciò questa direzione, Adenzato e colleghi [Adenzato et al., 2012] hanno somministrato ad un gruppo di soggetti con AN e con una breve durata di malattia dei questionari per analizzare le varie componenti della Social Cognition, quindi ToM, empatia e riconoscimento delle emozioni, confrontando la loro prestazione con quella di soggetti sani. Gli individui con AN hanno ottenuto 32.

(39) punteggi comparabili a quelli del gruppo di controllo ai compiti misuranti la Teoria della Mente, mentre hanno conseguito punteggi significativamente inferiori ai questionari che valutavano il funzionamento emotivo e l’empatia, che sembrerebbero perciò deficitarie. In un recente studio proprio sull’empatia nell’anoressia nervosa Calderoni [Calderoni et al., 2013] ha somministrato a 32 adolescenti con AN il questionario Interpersonal Reactivity Index (IRI) per andare ad analizzare le due componenti cognitiva ed affettiva. In modo interessante, i risultati ottenuti dalle pazienti erano molto più bassi di quelli del gruppo di controllo, ma solo per quanto riguardava le due scale che misurano la componente cognitiva: il deficit sarebbe quindi proprio dell’assumere la prospettiva altrui sia nella realtà che nella fantasia e questo potrebbe spiegare le difficoltà relazionali tipicamente riscontrate nell’anoressia nervosa. Inoltre, essendo state controllate variabili come la comorbilità con altre psicopatologie, la severità della malattia e la sua durata, il deficit nell’empatia cognitiva sembra essere indipendente da queste e potrebbe quindi essere considerato un fattore di rischio per lo sviluppo del disturbo alimentare.. 2.3.2 Coerenza centrale e funzioni esecutive Come precedentemente accennato, la ricerca di una similarità tra i profili cognitivi dell’anoressia nervosa e del disturbo autistico si è concentrata anche su alcune funzioni neuropsicologiche, come la coerenza centrale e le funzioni esecutive. Per coerenza centrale si intende l’abilità di cogliere la struttura complessiva di uno stimolo e le sue relazioni con il contesto. Questa capacità si sviluppa lungo un continuum, in cui gli individui possono collocarsi diversamente. Una persona con coerenza centrale forte tenderà a percepire il senso generale di un'esperienza piuttosto che a coglierne i dettagli; una forte coerenza centrale 33.

(40) corrisponde quindi ad una comprensione sintetica di quello che accade.. Una coerenza centrale debole comporta invece la. percezione chiara dei dettagli di quanto avviene, ma forti difficoltà nel dedurne il senso generale; le persone con una coerenza centrale debole hanno perciò una buonissima capacità di discriminare i dettagli in compiti in cui la maggior parte delle persone viene tratta in inganno dalla complessità percettiva degli stimoli presentati. Un deficit della coerenza centrale è stato riscontrato nell’ASD [Happé et al., 2006] ed è ritenuto la causa dei comportamenti ripetitivi e della ristrettezza degli interessi tipici del disturbo. Vista l’ipotesi di una corrispondenza tra i profili dei disturbi dello spettro autistico e dell’anoressia nervosa, la coerenza centrale è stata recentemente studiata anche in pazienti con AN. Lopez e collaboratori [Lopez et al., 2008] hanno somministrato a donne con AN il Rey-Osterrieth Complex Figure Test (RCFT) e l’Embedded Figures Test (EFT) e hanno confrontato le loro prestazioni con quelle di un gruppo di donne sane. Le prime hanno ottenuto punteggi inferiori al gruppo di controllo al RCFT e superiori all’ EFT, dimostrando quindi una migliore capacità di processazione delle informazioni orientata alla focalizzazione sui dettagli, piuttosto che l’utilizzo di strategie globali. Questo, secondo gli autori, renderebbe il profilo cognitivo dei soggetti con AN simile a quello riscontrato nei soggettivi con ASD ad alto funzionamento o nei soggetti con Asperger. Nel 2013 Fonville e colleghi [Fonville et al., 2013] hanno inoltre indagato le basi biologiche di questa differenza in uno studio condotto somministrando l’EFT durante una risonanza magnetica funzionale (fMRI). Gli autori hanno visto che si ha l’attivazione di aree diverse negli individui con AN rispetto ai soggetti sani: mentre infatti questi ultimi mostravano una maggiore attivazione del precuneo, i soggetti con AN avevano invece una maggiore attivazione nell’area del giro fusiforme. Secondo i ricercatori quindi ad una diversa strategia nell’osservazione degli stimoli 34.

(41) corrisponde anche una diversa attivazione a livello cerebrale, che sembra tra l’altro combaciare con quella che si ha nell’ASD. Il deficit nella coerenza centrale documentato è stato dunque associato all’eccessiva preoccupazione per le parti del proprio corpo, per il proprio peso e per la composizione del cibo ingerito, caratteristiche tipiche del comportamento che si ha nell’anoressia nervosa [Lopez et al., 2008]. Le funzioni esecutive sono un insieme di operazioni cognitive che permettono all’individuo di adattare il suo comportamento alle esigenze e alle modificazioni improvvise dell’ambiente e che quindi entrano in gioco in situazioni nuove per il soggetto in cui si ha la necessità di risolvere un problema. Le funzioni esecutive sono perciò responsabili della pianificazione e del controllo del comportamento. Nell’insieme delle funzioni esecutive rientrano quindi le capacità di inibire una risposta o di posticiparla, di pianificare una sequenza di azioni, di rappresentarsi un compito, di selezionare le informazioni rilevanti per eseguire tale compito e, fondamentale, la flessibilità con la quale l’azione viene guidata. Per flessibilità cognitiva, o set-shifting, si intende la capacità di modificare le proprie strategie comportamentali in modo flessibile e in relazione alle variazioni del contesto ambientale che possono avvenire. Un deficit della flessibilità cognitiva è stato più volte dimostrato nell’ASD [Ozonoff et al., 1991, 1994, 2004; Solomon et al., 2008] ed è stato associato ai comportamenti ristretti e ripetitivi e alla perseverazione in tali comportamenti anche quando le regole del contesto cambiano. La disabilità del set-shifting è stata documentata anche nell’AN [Roberts et al., 2007] ed è stata associata alla rigidità delle routine quotidiane e del comportamento. In uno studio del 2011 Oldershaw e colleghi [Oldershaw et al., 2011] hanno paragonato la prestazione di soggetti con AN a quella dei soggetti con ASD documentata in letteratura al Wisconsin Card 35.

(42) Sorting Test (WCST) e hanno riscontrato un profilo molto simile tra le due tipologie di pazienti, senza differenze significative. Sempre utilizzando il WCST, Tchanturia [Tchanturia et al., 2012] ha confrontato i risultati ottenuti da donne con anoressia nervosa con quelli conseguiti da donne guarite dal disturbo e da un gruppo di controllo sano: le prime avevano punteggi significativamente peggiori dei soggetti sani, ma anche delle donne guarite, le quali tuttavia mostravano comunque una performance inferiore a quella del gruppo di controllo. Zastrow [Zastrow et al., 2009], tramite uno studio con fRMI ha collegato la carenza della flessibilità cognitiva nell’AN ad un ipoattivazione del circuito cingulo-striato-talamico anteriore, coinvolto nei comportamenti finalizzati. Tuttavia Bühren e colleghi [Bühren et al., 2012], studiando un gruppo di adolescenti con AN non hanno riscontrato gli stessi risultati ottenuti dagli studi precedentemente citati, spiegandosi ciò con la breve durata di malattia e con l’incompleta maturazione delle aree prefrontali dovuta all’età dei soggetti. Infine, il fatto che una debolezza della coerenza centrale e della flessibilità cognitiva siano stati riscontrati sia in soggetti in corso di malattia che guariti [Holliday et al., 2005; Lopez et al., 2008; Tchanturia et al., 2012], ma anche nelle sorelle sane di individui con anoressia nervosa [Tenconi et al., 2010] ha fatto ipotizzare che esse facciano parte dell’endofenotipo dell’AN e che possano costituire dei fattori di rischio e di mantenimento del disturbo.. 2.3.3 Tratti autistici Vista la somiglianza finora descritta tra i profili dell’anoressia nervosa e dei disturbi dello spettro autistico, alcuni studi hanno indagato la presenza di tratti autistici nelle pazienti con AN utilizzando strumenti abitualmente usati per la diagnosi e la caratterizzazione dell’ASD, che sono l’Autism-Spectrum Quotient 36.

(43) (AQ) [Baron-Cohen et al., 2001], l’Empathy Quotient (EQ) [Baron-Cohen et al., 2004], il Systemizing Quotient (SQ) [BaronCohen et al., 2003] e l’Interpersonal Reactivity Index (IRI) [Davis, 1983], tutti auto-compilati. In uno studio pilota del 2008 Hambrook e collaboratori [Hambrook et al., 2008] hanno somministrato a 22 soggetti con AN l’AQ, l’EQ ed il SQ e hanno confrontato i punteggi da essi ottenuti con quelli di un gruppo di soggetti sani. La prestazione delle ragazze con AN è risultata significativamente differente solo nell’Autism-Spectrum Quotient, dove hanno conseguito punteggi molto più alti del gruppo di controllo. Per quanto riguarda EQ e SQ gli autori hanno invece riscontrato profili simili. Per testare la somiglianza tra AN e ASD, alcuni studi si sono focalizzati sui profili conseguenti alla Teoria E-S (empatiasistematizzazione) [Baron-Cohen, 2002], secondo la quale i maschi avrebbero una maggiore tendenza alla sistematizzazione, cioè ad analizzare l'esperienza cercando regole generali che permettano di fare previsioni; mentre le femmine tenderebbero maggiormente all'empatia, cioè ad analizzare gli stati mentali altrui per rispondere in modo adeguato e fare previsioni sui comportamenti. Quindi in seguito alla compilazione dei questionari EQ e SQ gli uomini avranno un profilo tendente maggiormente alla polarità S (Tipo S), mentre quello delle donne tenderà alla polarità E (Tipo E). I suddetti questionari hanno permesso di differenziare il modo di analizzare le esperienze dei soggetti sani da quello dei soggetti con ASD: questi ultimi infatti conseguono punteggi molto maggiori degli altri al SQ e molto minori all’EQ, andando a determinare il cosiddetto cervello maschile estremo [Baron-Cohen, 2002]. Nel suo studio del 2013 Baron-Cohen [Baron-Cohen et al., 2013] ha confrontato le performance di soggetti con AN con quelle di adolescenti sane ai test AQ, SQ ed EQ. I risultati hanno dimostrato non solo punteggi molto più elevati nell’AQ e quindi la presenza di tratti autistici, ma anche punteggi significativamente superiori nel 37.

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