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Darwinismo e filosofia in Italia: il contributo di Michele Lessona

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Academic year: 2021

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Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere

Corso di Laurea in Filosofia e Forme del Sapere

Darwinismo e filosofia in Italia: il contributo di Michele Lessona

CANDIDATO

Francesco Mazzoni RELATORE

Alfonso M. Iacono

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Indice

Introduzione.

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1. Darwin in Italia.

1. 1. Prima di Darwin. 1. 1. 1. Lamarck: teorie e divulgazione. 9

1. 1. 2. Brocchi: un'alternativa a Lamarck e Cuvier. 11

1. 1. 3. La comunità scientifica prima di Darwin. 14

1 . 2. L'arrivo di Darwin. 1. 2. 1. Darwin: cenni biografici e genesi dell'origine delle specie. 19

1. 2. 2. Accoglienza e clima culturale in Europa e in Italia. 21

1. 2. 3. Filippo De Filippi: L'uomo e le scimie. 25

1. 3. Darwinismo Sociale 1. 3. 1. Origine, significato ed applicazione del termine 36

1. 3. 2. Il darwinismo sociale in Italia. 39

1. 3. 3. Carlo Darwin e il darwinismo nelle scienze biologiche e sociali: l'introduzione di Enrico Morselli. 40

1. 3. 4. Achille Loria: Carlo Darwin e l'economia politica. 41

1. 3. 5. Tito Vignoli: Carlo Darwin e il pensiero. 51

1. 3. 6. Il darwinismo nelle opere di Tito Vignoli. 56

2. Samuel Smiles.

2. 1. Samuel Smiles e la filosofia del Self-help. 2. 1. 1. Introduzione. 67

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2. 2. Il modello di Smiles arriva in Italia. 2. 2. 1. La diffusione. 74 2. 2. 2. Carlo Lozzi. 79 2. 2. 3. Gustavo Strafforello. 89

3. Michele Lessona

3. 1. Biografia. 97 3. 2. Adesione al darwinismo. 99 3.3. Volere è potere. 3. 3. 1. Genesi e struttura dell'opera. 110

3. 3. 2. Analisi dei contenuti: l'introduzione e il capitolo primo. 112

3. 3. 3. Alcune biografie scelte. 121

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INTRODUZIONE

In questa tesi di laurea si cercherà di riscoprire la figura di uno dei più importanti naturalisti e letterati italiani della seconda metà del 1800, ovvero Michele Lessona.

Prima di analizzare questo personaggio, ci soffermeremo su argomenti quali Darwin e il darwinismo, e Samuel Smiles e la morale proposta dalla sua opere principale, intitolata Sefl-help; autori e argomenti intorno ai quali Lessona si interessò nell'arco della sua vita.

Inoltre si deve sottolineare che le opere e gli autori appena citati verranno analizzati non solo nel loro ambiente di produzione originario, ma anche e soprattutto alla luce dell'impatto che ebbero sulla realtà italiana.

Nel primo capitolo verranno affrontate tematiche riguardanti l'ambiente scientifico prima dell'arrivo di Darwin, le reazioni alla pubblicazione dell'Origine delle specie, e infine l'applicazione al campo sociale della teoria darwiniana.

Nel Novembre del 1859 veniva pubblicato L'Origine delle specie1, opera che ottenne un successo

clamoroso (di cui lo stesso Darwin si stupirà2), e che in breve tempo si diffuse rapidamente in tutta

Europa, venendo tradotta pure in Italia nel 1864 da Canestrini3 e Salimbeni.

Nonostante si possa considerare l'opera di Darwin come uno spartiacque imprescindibile per tale ambito scientifico, in Italia e non solo il dibattito sull'argomento dell'evoluzione era già fervido, anche grazie alle teorie di autori precedenti come per esempio Linneo, Cuvier e Lamarck.

Per questa motivazione, prima di affrontare un discorso riguardante l'impatto di Darwin e della sua teoria in Italia verranno analizzate alcune posizioni ed alcuni autori precedenti sulla quale si innesta la discussione e che magari, serviranno proprio a spianare il terreno alla teoria darwiniana.

Dopodiché l'interesse si sposterà su come venne accolta l'opera di Darwin in Italia, focalizzando l'attenzione in particolare sulla storica lezione di Filippo De Filippi L'uomo e le scimie. Infine cercheremo di rintracciare quale sia il significato del termine "darwinismo sociale" e come questa corrente si sia affermata in Italia, analizzando alcuni scritti di Achille Loria e Tito Vignoli.

Nel secondo capitolo ci soffermeremo invece su Samuel Smiles e sul suo Self-help, concentrandoci soprattutto sull'effetto che questa opera ebbe al suo arrivo in Italia, e come il suo messaggio venne rielaborato e applicato alla nostra realtà grazie ad autori come Gustavo Strafforello e Carlo Lozzi.

1 C. Darwin, On the Origin of Species by Means of Natural Selection, Londra, 1859.

2 "Ho sentito dire che il successo di un'opera all'estero è la prova migliore del suo valore duraturo. Non so se le cose stanno davvero così, ma se si adotta questo criterio il mio nome dovrebbe durare alcuni anni."

C. Darwin, Autobiografia, Torino, Einaudi, 1964, p. 121.

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Nel terzo e ultimo capitolo verrà analizzata finalmente la figura di Michele Lessona, a partire dalla sua biografia, per passare attraverso il suo interesse riguardo le scienze naturali e la sua profonda stima nei confronti di Charles Darwin, per poi concludere con un paragrafo dedicato probabilmente alla sua opera più famosa, cioè Volere è potere, figlia appunto di quella corrente che si ispirava al modello smilesiano proveniente dall'Inghilterra.

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1. DARWIN IN ITALIA.

1. 1. PRIMA DI DARWIN

1. 1. 1. LAMARCK: TEORIE E DIVULGAZIONE.

Jean-Baptiste Lamarck4 è una figura importante che occorre almeno menzionare poiché è definibile

come l'autore che per primo parlò di evoluzione, per quanto egli parli perlopiù in termini di trasformazione.

A Lamarck si deve il merito di aver rovesciato l'argomentazione teologico-naturale, ritenendo che non sono gli organi ad aver dato luogo alle abitudini ed alle funzioni di un organismo, ma sono piuttosto le abitudini e le circostanze in cui incorrono gli organismi che modificano con il tempo il corpo, il numero, lo stato, e le funzioni dei loro organi.

Secondo Lamarck tutti gli animali sono formati secondo un plan commun d'organisation, e perciò condividono tra loro legami di parentela e filiazione: questo è l'ordine che la natura segue per realizzare i suoi prodotti.

Le trasformazioni da cui nascono quei legami di parentela sono connesse da una dinamica ecologica-etologica.

Può inoltre essere utile soffermarsi sulla definizione di "ambiente" che ci viene data da Lamarck: l'ambiente non è da intendersi come il semplice clima, ma devono essere considerati una grande quantità di fattori, come il il tasso di umidità, la natura del terreno e delle acque, la quantità di luce e la qualità dell'aria per esempio.

Questa definizione di ambiente si ben ricollega a ciò che si definisce come "Trasformismo Lamarckiano".

Secondo Lamarck gli organismi più semplici si originano per generazione spontanea, i quali essendo prima esposti a lenti e graduali ma continui mutamenti del luogo d'origine e successivamente, con la loro diffusione, alla varie condizioni di vita caratteristiche delle diverse regioni del globo, danno vita a specie diverse.

L'ambiente agisce direttamente sui primi vegetali ed animali apatici (infusori, polipi, radiati)

4 Jean-Baptiste Lamarck (Bazentin-le-Petit, 1 agosto 1744 – Parigi, 18 dicembre 1829), naturalista, zoologo,

botanico, enciclopedista e chimico francese. Lamarck ebbe il merito di introdurre per primo il termine "biologia", e di elaborare una prima teoria dell'evoluzione.

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modificandone fisiologia ed anatomia; mentre per gli animali "sensibili" ed "intelligenti" (dai vermi ai mammiferi) il processo di trasformazione non è dovuto alle sole cause fisiche, ma si deve aggiungere e considerare le dinamiche degli sforzi e dell'abitudine.

L'ambiente esterno agisce sull'ambiente interno, che spinge l'organismo a modificarsi ed adattare le sue funzioni.

Sulla base di queste sue teorie, Lamarck trasse le conclusioni per formulare due leggi (qui riassunte in modo anche forse troppo semplicistico, ma sufficienti per il nostro scopo):

1 - L'aumentato uso di un organo lo sviluppa e lo potenzia, mentre il suo crescente disuso lo indebolisce ed atrofizza fino a farlo sparire.

2 - Le modificazioni acquisite in questo modo diventano ereditarie, si trasmettono alla discendenza, che quindi appare identificarsi sempre di più, anche fino a formare nuove specie distinte.

L'adattamento è sempre determinato dalle circostanze, forzato, irresistibile e collettivo, e non deve necessariamente essere inteso come perfezionamento organico.

Seguendo queste teorie sulle modificazioni dei viventi possiamo arrivare al sunto che secondo Lamarck le specie esistenti sono diverse da quelle rintracciate nei resti fossili non perché queste si siano estinte (come riteneva Cuvier5) o migrate (come invece riteneva Linneo) e quindi sostituite

dalle nuove, ma perché piuttosto si sono trasformate in quelle specie che oggi possiamo vedere. Queste prime teorie evoluzioniste però non godettero di una grande fortuna in Italia, e solo pochi naturalisti se ne interessarono concretamente. Ciò accadde perché l'Italia della prima metà del 1800 era una realtà in cui si trovavano una gran quantità di piccoli centri divisi tra loro, e la mancanza di momenti in cui gli scienziati potevano riunirsi per dibattere delle nuove teorie scientifiche non poté che portare ad una situazione di relativa staticità .

Tra le città culturalmente più attive ed interessate a queste nuove teorie evoluzionistiche vi è sicuramente Torino: qui infatti, anche grazie al prestigioso Museo Zoologico, si trovano alcuni importanti seguaci delle teorie lamarckiane, primo tra tutti Franco Andrea Bonelli6.

Bonelli venne riconosciuto per i suoi meriti di grande divulgatore scientifico, tanto da ottenere la carica del suddetto Museo dal 1811 al 1831, continuando anche per tutto questo lasso di tempo a professare le sue convinzioni esplicitamente evoluzioniste.. L'influenza di Bonelli sarà decisiva pure per la formazione di tutta una generazione successiva di medici e naturalisti piemontesi, come Filippo De Filippi e Michele Lessona.

5 Georges Leopold Chretien Frédéric Dagobert Cuvier (Montbéliard, 23 agosto 1769 – Parigi, 13 maggio 1832), biologo francese.

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Alla morte di Bonelli però, vuoi per le posizione radicalmente opposte del suo successore Giuseppe Genè7, vuoi per l'opera di censura attuata dagli ambienti ecclesiastici, le cose subirono un brusco

arresto, portando ad un ambiente piuttosto stagnante.

Alcune personalità però rifiutarono questa tendenza, tra cui Carlo Lessona, che rimase per tutta la vita un convinto sostenitore e divulgatore delle teorie di Lamarck8.

Un altro personaggio in Italia che discusse e si confrontò direttamente con Lamarck fu il geologo e naturalista Gian Battista Brocchi9, il quale si interessò all'argomento dell'estinzione delle specie e

formulò alcune particolari ipotesi su delle presunte leggi che hanno regolato (e regoleranno ancora in futuro) il succedersi delle specie sulla terra.

Brocchi lavorerà su alcuni scritti che affrontano l'argomento intorno agli anni 1804, 1807 e 1822; anni che corrispondono grosso modo al periodo in cui Lamarck propose per la prima volta le sue tesi trasformiste.

Queste nuove idee, insieme a quelle più ortodosse di Cuvier (di cui parleremo meglio successivamente), ebbero una grande circolazione negli Stati italiani in cui si trovava ad operare Brocchi, permettendogli così di averne non solo una buona conoscenza, ma anche di poterle confutare.

Il rifiuto di Brocchi sia verso le tesi di Lamarck, sia verso quelle di Cuvier, fece sì che molti importanti geologi, tra cui Charles Lyell10, puntassero gli occhi su di lui. Lyell, ammirandole, si

ritrovò più volte a riflettere sulle tesi di Brocchi, anche nell'opera che è considerata come il suo capolavoro, i Principless of Geology11.

Questo è un fatto che non deve essere sottovalutato poiché proprio i Principless of Geology furono un'opera fondamentale per la formazione di Darwin e per le sue prime riflessioni riguardo le specie. 1. 1. 2. BROCCHI: UN'ALTERNATIVA A LAMARCK E CUVIER.

Nel paragrafo che segue ci occuperemo di approfondire il pensiero e le teorie di Brocchi, che come abbiamo visto risulteranno (seppur indirettamente) cruciali per lo sviluppo delle teorie darwiniane.

7 Giuseppe Genè (Turbigo, 9 dicembre 1800 - Torino, 14 luglio 1847) è stato uno zoologo ed entomologo italiano. 8 Questo atteggiamento si rivelerà fondamentale per la formazione del figlio, Michele Lessona.

M. Lessona infatti poté in questo modo godere di un genere di educazione che lo avrebbe reso molto aperto nei confronti delle teorie evoluzionistiche.

9 Gian Battista Brocchi (Bassano del Grappa, 18 febbraio 1772 - Khartum, 25 settembre 1826), geologo italiano. 10 Charle Lyell (Kinnordy, 14 novembre 1797 - Londra, 22 febbraio 1875) è stato un geologo scozzese.

Grazie ai suoi studi Lyell può essere considerato come colui che ha posto le basi per la moderna geologia. 11 Principles of Geology: being an attempt to explain the former changes of the Earth's surface, by reference to

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Nel 1814 Brocchi pubblicò la sua opera più importante, la Conchiologia fossile subappennina, nella quale, oltre ad un'analisi dei resti fossili di conchiglie presenti nella zona citata nel titolo, cercò di ricercare le leggi provocanti l'origine e l'estinzione delle specie.

Uno dei modelli a cui Brocchi si ispirò fu probabilmente i Memories suer le fossiles des environ de

Paris di Lamarck, testo con il qualche chi avesse avuto intenzione di stendere un'opera simile non

avrebbe potuto non confrontarsi.

L'opera di Lamarck testimoniava come durante le sue ricerche nelle zone limitrofe di Parigi fossero state ritrovate delle conchiglie fossili che non avevano un corrispettivo tra le specie viventi. Questi fossili furono ritrovati in zone che secondo i geologi erano state fino ad un tempo relativamente recente sommerse dalle acque, ed è perciò che questi fossili potevano essere rinvenuti proprio lì. Alla luce di questi dati, il Brocchi riteneva che questo sarebbe stato giustificato da una certa teoria, ma a quale teoria di preciso egli alludeva?

Tutti i naturalisti infatti si trovarono di comune accordo sul fatto che, paragonando fossili e viventi, questi differissero tra loro, ma allo stesso tempo vi era una gran discordia sul perché questo avvenisse.

Per comprendere quali fossero le risposte a questo problema è possibile tracciare tre linee di pensiero tra loro distinte, che per comodità qui citeremo sotto il nome degli esponenti più illustri: 1 - Linneo: le specie di cui non si trovano più gli analoghi nei viventi nelle nostre regioni non si sono estinte, ma sono emigrate a causa di alcuni mutamente climatici ed ambientali. I loro discendenti saranno ritrovati dagli esploratori che scopriranno le regioni in cui sono emigrati.

2 - Cuvier: Nell'opera del Discours sur le rivolution de la surface du globe del 1796 Cuvier espose la sua posizione a riguardo. Nello scritto citato poc'anzi veniva affermato che le specie di cui non si trovano più i corrispettivi nei viventi si sono davvero estinte a causa di alcuni radicali sconvolgimenti ambientali.

3 - Lamarck: Nessuna specie si è realmente estinta. Le specie viventi sono semplicemente il prodotto di una lunga e graduale trasformazione delle specie che possiamo osservare nei resti fossili.

Ma quale fu l'atteggiamento di Brocchi ne confronti di queste tre ipotesi? E quale fu invece la sua teoria per spiegare l'estinzione delle specie?

Come possiamo notare nella sua Conchiologia, l'esame delle conchiglie ritrovate in Italia portò a dei risultati diversi da quelli riportati in Francia da Lamarck, che documentavano come solo pochissime esemplari fossili riscoperti avessero un loro corrispondente tra i viventi (si parla di un

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numero come 20 su 500), mentre in Italia più della metà dei fossili riportati alla luce erano ancora di specie viventi.

Inoltre a rendere ancor più intrigata la questione fu l'opinione dei geologi i quali ritenevano che le regioni di Parigi e la zona subappennina indagate rispettivamente da Lamarck e Brocchi, avevano avuto origini all'incirca nello stesso periodo temporale. Come stavano dunque le cose?

I dati parevano suggerire che la storia di quelle forme viventi avesse preso una strada diversa, o forse, come pensava Brocchi, che i geologi che avevano studiato quelle determinate zone si erano lasciati fin troppo condizionare dalle due diverse teorie in cui essi credevano.

Ciononostante c'è da dire che Brocchi non affrontò mai dettagliatamente il problema dell'estinzione fondandosi sulla tesi del trasformismo lamarckiano, parlandone solitamente in modo piuttosto vago. La posizione di Brocchi, che riprese quella di Cuvier, invece fu più netta rispetto all'idea dell'estinzione per migrazione rappresentata da Linneo: questa teoria infatti poteva essere valida per quanto riguarda animali come conchiglie e simili, ma lo stesso non si poteva dire per alcuni animali quadrupedi i quali sono realmente scomparsi ed è impossibile che questi non siano ancora stati ritrovati.

Con Cuvier però Brocchi condivise solo questo, entrambi infatti erano d'accordo sul fatto che alcune si erano realmente estinte, ma vi erano divergenze sulla modalità di come questo sia accaduto.

Ma quale era dunque la posizione di Brocchi?

Secondo Brocchi era possibile tracciare un parallelo tra la storia di una specie e la vita di un individuo, dando vita da un rapporto ontogenesi-filogenesi: così come gli individui, anche le specie nascono, si sviluppano ed infine muoiono.

I ragionamenti di Brocchi tuttavia sono più incentrati a giustificare l'estinzione che non l'origine delle specie, di cui parlerà in modo piuttosto generico: sulla terra nessun organismo è perennemente presente, ogni organismo scompare e lascia spazio a quello successivo; ed è la natura che permette questo a causa di una continua successione di cambiamenti. Gli organismi sono dei prodotti della natura ai quali questa concede un certo periodo da poter trascorrere su questa terra.

Riguardo invece alle teorie sull'estinzione, Brocchi risulta essere più preciso ed esaustivo. L'estinzione delle specie è preparata da un processo di "invecchiamento", che si manifesta con la riduzione delle dimensioni della specie e si compie con il venire meno della "virtù prolifica"12.

Altro elemento che viene affrontato nella Conchiologia in modo piuttosto superficiale sono le cause

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che hanno portato al susseguirsi delle specie. Brocchi infatti rifiuterà sia le argomentazioni della tradizione religiosa poiché egli riteneva che le scoperte scientifiche degli uomini non dovessero mescolarsi ai dogmi della fede, sia l'idea del trasformismo di Lamarck.

Riguardo a quest'ultima tesi infatti Brocchi ammette che alcuni organi fondamentali e alla riproduzione potessero subire dei cambiamenti, ma non ammetteva che un organismo potesse essere oggetto di una vera e propria trasformazione.

Per riassumere, le teorie di Brocchi tentano di spiegare lo sviluppo, le funzioni e la durata degli organismi attraverso delle leggi a loro interne che regolano tutto questo, con l'ambizione di poter mettere così sullo stesso piano le scienze biologiche e quelle della fisica.

Tali leggi inoltre, come abbiamo già accennato, non vengono applicate solo alla specie ma anche al singolo individuo.

Queste teorie di Brocchi dettero vita ad un importante sviluppo della biologia del 1800, occupando un ruolo importante nella storia di questa scienza.

1. 1. 3. LA COMUNITÀ SCIENTIFICA ITALIANA PRIMA DI DARWIN.

Tra il 1839 e il 1847 furono svolti numerosi congressi tra i più importanti scienziati italiani in cui vennero dibattute le nuove scoperte scientifiche sul problema delle specie, focalizzando la loro attenzione sulla classificazione naturale degli esseri viventi.

Questa ricerca non poté fare a meno di confrontarsi, e talvolta sfruttare, le nuove discipline che si stavano sviluppando in quel periodo come per esempio l'embriologia e la paleontologia. Tali nuove scienze iniziarono a scardinare il sistema di classificazione costruito da Ètienne Geoffroy Saint-Hilarie13 sulla base dell'anatomia comparata, che ormai stava diventando obsoleto.

Il nuovo sistema di classificazione si sarebbe fondato perciò sulla disciplina che più di altre parve attirare l'attenzione dei naturalisti italiani: l'embriologia. L'interessamento a questa nuova disciplina si tradusse pure con una diversa attenzione alle realtà scientifiche esterne all'Italia, se infatti prima l'interesse era rivolto (e in certa parte, seppure in maniera ridotta lo era ancora) alla Francia, ed in

13 Étienne Geoffroy Saint-Hilarie (Étampes, 15 aprile 1772 - Parigi, 19 giugno 1844), biologo francese, è riconosciuto come uno dei fondatori dell'anatomia comparata.

Saint-Hilarie fu un oppositore di Cuvier: mentre Cuvier ribadiva la sua convinzione che le varie specie avessero una loro diversa organizzazione, ognuna non riducibile ad un'altra, Saint-Hilarie riteneva che tutti gli organismi avessero una struttura fondamentale comune.

Inoltre il dibattito tra i due consisteva anche nella loro posizione riguardo le tesi di Lamarck. Se Cuvier si dimostrò esplicitamente avverso alle teorie di Lamarck ed al suo trasformismo, Saint-Hilarie si dimostrò invece propenso ad

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particolare a Henri de Blainville14, ora l'attenzione si era focalizzato sulle ricerche dei naturalisti

tedeschi che sempre più stavano facendosi largo.

La prima discussione in materia avvenne nel 1840 al congresso di Torino, dove Filippo De Filippi mostrò le sue perplessità riguardo dei recenti tentativi di sostituire all'idea della serie unica degli organismi, l'immagine di una molteplicità di serie parallele tra loro a cui corrispondevano diverse classi di esseri viventi, come suggeriva per esempio Isidore Geoffroy Saint-Hilarie15.

De Filippi contrariamente a questa teoria affermava l'esistenza di un organismo per così dire "primordiale", che subendo delle successive diverse mutazioni aveva dato origine alle diverse specie, partendo dalle più semplici alle più complesse.

Sempre nella stessa occasione De Filippi innestò sulla solita discussione della scala organica una riflessione riguardo proprio l'embriologia, riferendosi in particolare alle scoperte di Rusconi16.

Secondo De Filippi le nuove scienze embrionali avrebbero non solo aiutato a redigere una nuova classificazione degli organismi, ma anche a dedurre dallo sviluppo del singolo individuo le regole di sviluppo della specie (ricordando così quanto già detto da Brocchi ed avvalorandolo di una tesi del tutto scientifica).

Il parallelo tra specie ed individuo adesso veniva letto sotto una nuova luce grazie a questa "giustificazione" scientifica, venendo definito come teoria della ricapitolazione, secondo un termine elaborato dagli embriologi tedeschi.

In poche parole quindi, potremmo definire la teoria della ricapitolazione come l'idea secondo la quale un individuo ripercorre negli stadi del suo sviluppo embrionale la serie animale, e che può dunque essere concepita a sua volta come il risultato di un lungo processo di sviluppo che si dispiega nel tempo.

Per quanto non tutti gli embriologi tedeschi condividessero questa teoria, a partire dal celebre Karl Ernst von Baer17, questa visione ebbe in Italia un grande successo, tanto che altri importanti

scienziati come Filippo Parlatore18 se ne dimostrarono sostenitori e divulgatori.

Filippo Parlatore infatti, insegnante di botanica nel museo di fisica e storia naturale di Firenze intorno agli anni '40, dedicò molte attenzioni all'argomento durante i suoi studi e le sue lezioni. Anche per Parlatore, per quanto desideroso di non tagliare del tutto i ponti con la tradizione

14 Henri Marie Ducrotay de Blainville (Arques-la-Bataille, 12 settembre 1777 - Parigi, 1 maggio 1850), zoologo e naturalista francese.

15 Isidore Geoffroy Saint-Hilarie (Parigi, 16 dicembre 1805 - Parigi, 10 novembre 1861), zoologo francese. 16 Mauro Rusconi (Pavia, 18 novembre 1776 - Cadenabbia. 27 marzo 1849), naturalista italiano.

17 Karl Ernst Ritter von Baer (Piibe, 17 febbraio 1792 - Dorpat, 16 novembre 1876), biologo tedesco considerato il padre dell'embriologia.

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francese (rappresentata da Cuvier), il modello di riferimento era ormai la Germania: egli infatti rimase attratto dalle idee sulla botanica comparata formulate da autori come Goethe, Schelling e Carus19.

Parlatore attribuì a Goethe l'aver attuato una vera rivoluzione nelle scienze naturali grazie alla sua opera sulla metamorfosi delle piante20, mentre invece mostrò ammirazione verso Carus per aver

sostenuto l'idea dell'identità di composizione degli organismi di Saint-Hilarie21.

Filippo Parlatore riuscì a riprendere entrambe le correnti scientifiche e riordinarle in modo originale: esaminando la forma, le funzioni, la struttura ed i resti fossili delle piante, dimostrò come anche nei vegetali ci sia stata una catena dettata da un progressivo sviluppo, che è a sua volta una parte di una serie più generale che racchiude tutti i viventi.

Inoltre venne dimostrato come le piante superiori replichino nel loro sviluppo la strutture della piante inferiori. In tale modo Parlatore dimostrò che la legge della ricapitolazione era valida non solo per il regno animale, ma anche per quello vegetale, collegandoli pure tra di loro: la serie vegetale e quella animale dovevano essere tra loro parallele poiché entrambe sono partite da forme semplici per poi svilupparsi in forme via via più complesse, per quanto ciò accadesse solo fino ad un certo stadio visto la complessità troppo superiore raggiunta dagli animali rispetto ai vegetali. Quindi, riassumendo: la serie organica è complessivamente discontinua perché non si può parlare di un passaggio diretto dai vegetali più complessi agli animali inferiori, ma rimane comunque un'affinità nel percorso evolutivo tra le due serie per quanto riguarda gli "estremi inferiori".

Anche i vegetali però non subiscono una modificazione omogenea e generale ma nel tempo si sono sviluppati degli organi prima e altri dopo. Visto che proprio gli organi venivano presi come riferimento da Cuvier per la classificazione dei viventi, Parlatore riuscì in questo modo a conciliare la tradizione francese con le nuove teorie della serie organica e della ricapitolazione.

Questi concetti esposti da De Filippi e Parlatore, che possiamo definire come figli di una visione più filosofica di intendere la storia naturale, provocarono però lo scetticismo di alcuni naturalisti di formazione più tradizionale come Spinola22 e Bonaparte23.

Secondo Spinola era infatti del tutto prematuro, e forse impossibile passare dalla descrizione

19 Carl Gustav Carus (Lipsia, 3 gennaio 1789 - Dresda, 28 luglio 1869), uomo dalla personalità poliedrica, noto come dottore, naturalista, scienziato, psicologo, fisiologo e addirittura pittore.

20 Goethe scrisse un'opera di botanica intitolata Metamorfosi delle piante (Versuch die Metamorphose der Planfzen zu

erklären) in cui indagava la natura omologa di diversi organi in diverse piante, che si sarebbero sviluppati da un

primo esemplare originario a tutte comune. 21 Vedi nota 12 a pagina 6.

22 Massimiliano Spinola (Pézenas, ottobre 1780 - Tassarolo, 12 novembre 1857), entomologo italiano.

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analitica degli organismi ad una visione sintetica dell'intero mondo vivente24; ritenendo inoltre che

fosse assurdo cercare di ridurre ad immagini geometriche il tentativo di riordinare il "labirinto della natura".

Anche Bonaparte si trovò pienamente d'accordo con le perplessità avanzate da Spinola, per quanto non nascose certe sue simpatie verso alcune versioni della teoria delle catene dei viventi e per l'introduzione di parallelismi e "circoli" nelle classificazioni.

Da questi spunti possiamo perciò dedurre che sia Bonaparte, sia Spinola, guardarono con preoccupazione sempre crescente alle formulazioni di nuove teorie intorno alla composizione degli esseri viventi che si stavano rapidamente diffondendo in Italia.

Anche un'autorità in materia come Lorenz Oken25, famoso filosofo e zoologo tedesco, che molte

volte aveva partecipato ad alcuni congressi che venivano organizzati in Italia, percepì questa propensione dei circoli scientifici italiani.

Anche il noto paleontologo e zoologo britannico Richard Owen26 percepì l'importanza dei congressi

italiani come luogo estremamente valido per quanto i riguarda i dibattiti in materia di classificazione dei viventi, tanto che decise addirittura di prendere parte al congresso indetto a Napoli nel 1845. Owen si interessò soprattutto a teorie omologiche27, sostenendo che gli organi

fondamentali erano gli stessi in ogni specie animale, ispirandosi soprattutto alle teorie di Carus e Oken.

La teoria di Owen ebbe un discreto successo in Italia, e non pochi naturalisti vi aderirono come per esempio Oronzo Gabriele Costa28.

Costa, insegnante dell'università di Napoli, nelle sue lezione degli anni '40 mostrò una certa perplessità riguardo la moltitudine di sistemi di classificazione che venivano continuamente proposti di volta in volta, esprimendo però una sua preferenza nei confronti del sistema di Blainville.

Costa inoltre traeva ispirazione da questa incertezza degli studi sulla classificazione per riaffermare il principio di un ordine nella serie dei viventi: le serie riguardavano solo le singole classi di organismi, seppure egli tentò di ricercare una congiunzione che collegasse tutte le classi tra loro, ispirandosi al modello proposto dall'astronomia.

24 G. Pancaldi, Darwin in Italia, p. 118.

25 Lorenz Oken (Bohlsbach, 1779 - Zurigo, 1851), naturalista, botanico, biologo ed ornitologo tedesco.

Oken riteneva, al contrario delle diffuse tesi dell'unità di composizione, che i tipi di organizzazione animale si suddividessero in svariati tipi fondamentali, che si trovavano poi riassunti nell'uomo.

26 Sir Richard Owen (Lancaster, 20 luglio 1804 - Londra, 18 dicembre 1892), biologo e paleontologo britannico. 27 In biologia è possibile parlare di omologia, generalmente, quando ci si riferisce ad organi che hanno avuto stessa

origine ma che svolgono funzioni diverse.

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In astronomia infatti così come la scoperta di nuovi asteroidi e pianeti ha permesso di confermare la legge di Keplero, la scoperta di nuove specie viventi o resti fossili confermeranno la congiunzione di specie che sembrano distinte tra loro.

Altro importante naturalista italiano fu Carlo Porro29, il quale esaminando un gran numero di

conchiglie, comprese l'importanza di studiare le leggi della variazione a cui possono andare incontro gli organismi della medesima specie.

Tali variazioni secondo Porro dipendono da diversi fattori: alcune erano decise dall'ambiente in cui l'organismo si trovava, mentre altre sono determinate dall'organismo stesso (secondo modalità sconosciute). Queste due tipologie di variazioni solitamente si riscontravano negli individui di una medesima specie, ma esistevano anche delle variazioni individuali descritte come "anomalie", di cui si interessò soprattutto la teratologia30, che aveva avuto in quegli anni un notevole sviluppo grazie

alle ricerche di Isidore Saint-Hilarie (a cui lo stesso Porro si ispirava).

Al suo intenso studio delle conchiglie, Porro decise di affiancare pure un esame comparativo dei dati forniti dalle innumerevoli opere che circolavano in quel periodo sull'argomento, ritenendo che questi studi sulle conchiglie avrebbero dimostrato che lo stesso termine "specie" era qualcosa di del tutto convenzionale, come tra l'altro era già affermato da Linneo ed ancor prima da Buffon.

Porro però riuscì ad inserire tale discussione in un contesto nuovo, dove veniva messa in dubbio non solo la convenzionalità del termine fondamentale per la classificazione, ma allo stesso tempo veniva a delinearsi la nuova teoria della variazione.

Per quanto fosse preoccupato di non essere compreso, gli studi di Porro ottennero il favore delle comunità scientifica italiana, tra cui, stranamente, personaggi come Spinola e Bonaparte che come abbiamo visto precedentemente nutrivano un forte scetticismo nei confronti di questi nuovi metodi di classificazione.

29 Carlo Porro (Como, 12 Marzo 1813 - Milano, Marzo 1848), naturalista italiano.

30 In biologia e medicina, studio delle anomalie morfologiche e in partic. delle anomalie fetali (nella medicina del passato denominate mostruosità) che interessano il campo dell’ostetricia e dell’anatomia patologica, oltre che la zoologia generale, con riferimento a malformazioni.

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1. 2. L'ARRIVO DI DARWIN

1. 2. 1. DARWIN: CENNI BIOGRAFICI E GENESI DELL'ORIGINE DELLE SPECIE.

Prima di affrontare L'Origine delle specie e la rivoluzione che comportò nella comunità scientifica europea ed italiana, potrebbe essere opportuno passare in rassegna un breve biografia della vita di Darwin, utile a comprendere meglio la natura di quest'opera.

Charles Darwin nacque a Shrewsbury il 12 febbraio del 1809 da una famiglia benestante, grazie in particolare alla professione di medico sia del nonno Erasmo, sia del padre Robert.

Come è noto, l'evento che dette una vera e propria svolta alla vita di Darwin fu il suo viaggio a bordo del brigantino "Beagle", viaggio che ebbe una durata di circa cinque anni, dal dicembre del 1831 all'ottobre 1836.

Durante questo viaggio Darwin compì delle osservazioni che si riveleranno poi cruciali per le riflessioni che porteranno alla stesura dell'Origine, che possiamo sintetizzare così:

- Scoperta in Patagonia di fossili affini a specie ancora viventi nella regione.

- Scoperta in Patagonia di una nuovaspecie di nandù (una sorta di uccello che ricorda gli struzzi) più piccola rispetto a quelle note.

- Scoperta alle Galápagos di flora e fauna analoghe a quelle continentali, ma diversificate da isola a isola nonostante le condizioni climatiche fossero identiche.

Dalla sua Autobiografia ci è detto che già dal luglio 1837 egli iniziò a lavorare ad alcune bozze dell'Origine, ma prima di passare a questa opera è importante accennare anche ad altri suoi scritti che pubblicò sia prima che dopo: nel 1839 pubblicò il Diario del suo viaggio intorno al mondo, che dal 1860 in poi prese il titolo di Viaggio di un naturalista, mentre nel 1846 uscirono le Osservazioni

geologiche sul Sudamerica.

Nel 1851 e nel 1854 invece si dedicò ad alcune opere sui Cirripedi (una classe dei crostacei), pubblicando prima due volumi sui viventi e successivamente altri due sui resti fossili.

Anche dopo il successo dell'Origine delle specie la produzione di Darwin rimase comunque molto feconda: nel 1862 pubblicò il suo celebre lavoro sulla Fecondazione delle piante ad opera degli

insetti e nel 1880, dopo altri scritti minori sempre sullo stesso argomento, pubblicò un volume dal

titolo Capacità di movimento delle piante.

C'è da dire però che nonostante questi interessi rivolti alla zoologia ed alla botanica, le opere successive all'Origine degne di maggiore attenzione furono tre scritti in cui vi era un'ulteriore

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rielaborazione del suo pensiero: La variazione degli animali e delle piante allo stato domestico (1868), L'origine dell'uomo e la selezione naturale (1871), Espressione dei sentimenti nell'uomo e

negli animali (1872).

Nonostante questa grande quantità di scritti testimonino la grande varietà degli interessi di Darwin, è ovvio che il pensiero centrale della sua produzione fosse sempre l'evoluzione, come appunto egli ammette nella sua Autobiografia.

Uno degli episodi più interessanti della vita di Darwin è la collaborazione con il suo contemporaneo Alfred Russel Wallace31, il quale formulò nello stesso periodo una teoria dell'evoluzione fondata

sulla selezione naturale assai simile.

Wallace, durante un suo viaggio a Ternate, nella Malouche, concepì una spiegazione evoluzionistica fondata sulla selezione naturale, decidendo di scrivere un saggio dal titolo Sulla tendenza della

varietà a dipartirsi indefinitamente dal tipo originario e di inviarlo a Darwin, chiedendogli il

piacere di farlo leggere a Lyell nel caso in cui l'avesse ritenuto interessante.

Darwin effettivamente apprezzò il saggio di Wallace, decidendo di inviarlo come promesso a Lyell, proponendogli di chiedere il consenso dello stesso Wallace per pubblicarlo al più presto.

Lyell e Hooker32 accettarono la proposta, ma a condizione che anche Darwin dovesse pubblicare

qualcosa sul tema, viste le sue molte ricerche svolte in quegli anni proprio sull'argomento. Alla fine, le cose andarono proprio in quel modo, e così vennero pubblicate contemporaneamente l'estratto di un'opera inedita di Darwin, un riassunto in una lettera sempre di Darwin al professore Asa Gray di Boston, e del saggio di Wallace; il tutto preceduto da una lettera di Lyell e Hooker al presidente della Società linneiana che aveva la funzione di essere come una sorta di introduzione.

Tra Darwin e Wallace non vi furono screzi: entrambi avevano elaborato la medesima teoria, ed entrambi riconobbero e stimarono il lavoro dell'altro. Più che altro fu la critica che proclamò il merito di Darwin, considerando solo come secondaria l'intuizione di Wallace.

Tra i due però rimase per sempre una sincera forma di amicizia e rispetto, e solo alla fine dei suoi giorni Wallace non spese belle parole nei confronti di Darwin.

Darwin concepì la sua teoria dell'evoluzione attraverso graduali trasformazioni della specie quando, una volta riscoperti dei fossili di alcuni mammiferi ormai estinti, paragonandoli ai mammiferi attualmente viventi, poté constatare la graduale transizione di una alle altre.

Questa sua idea si perfezionò nella sua mente durante i suoi viaggi. Infatti, mentre procedeva verso sud, notò che animali tra loro simili andavano via via sostituendosi.

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La sua idea dell'evoluzione quindi era figlia della necessità di spiegare la successione delle forme di vita e la loro attuale distribuzione geografica: alla fine del suo viaggio, Darwin aveva concepito l'idea dell'evoluzione come un processo storico.

Dopo che si fu accertato che il fenomeno dell'evoluzione fosse effettivamente un processo storico, Darwin si occupò di spiegare quali ne fossero le cause, individuandole nella selezione naturale. L'idea della selezione naturale si fece strada nella mente di Darwin attraverso due momenti:

- Osservazione del processo di selezione attuato dagli uomini su animali e piante per produrre nuove razze.

- Lettura del saggio di Malthus Sul principio della popolazione, dove era descritta la nota legge secondo la quale, dato che la velocità della crescita della popolazione era superiore alle risorse disponibili, solo le forme di vita più adatte a procurarsi i mezzi di sussistenza sarebbero sopravvissute. Questa teoria suggerì a Darwin i concetti di "lotta per l'esistenza" e di "sopravvivenza del più adatto".

La teoria della selezione naturale soddisfò pienamente le esigenze di Darwin, risultando a tutti gli effetti una teoria scientifica che considerava unicamente fenomeni naturali empiricamente osservabili ed escludendo così ogni sorta di intervento esterno, inteso come "forze" oppure "volontà".

Sulla base di tutto questo Darwin si mise al lavoro: si occupò di raccogliere un'enormità di dati ed osservazioni, sia sue che ricavate dalla lettura e dalla corrispondenza con altri naturalisti, che una volta riorganizzati e rielaborati dettero vita a L'Origine delle specie.

1. 2. 2. ACCOGLIENZA E CLIMA CULTURALE IN EUROPA E ITALIA.

Nel novembre del 1859 venne pubblicato in Inghilterra L'Origine delle specie: l'opera fu immediatamente al centro dell'attenzione pubblica, travolgendo non solo l'ambiente scientifico inglese, ma pure quello filosofico e religioso.

Infatti, al di fuori degli scienziati non tutti accolsero con piacere quest'opera: la Chiesa Anglicana (soprattutto inizialmente) prese una posizione nettamente contraria, così come gli ambienti della borghesia benestante, la quale non poteva accettare l'idea che l'uomo derivasse da alcuni antenati scimmieschi.

Ma nonostante queste aspre opposizioni, l'avanzata della nuova teoria pareva inarrestabile, gettando luce su molti argomenti che fino ad allora parevano non poter avere una spiegazione razionale.

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La biologia per esempio aveva permesso di indagare la maggior parte delle forme organiche, arrivando perfino a darne una classificazione piuttosto precisa ed ordinata; così come l'anatomia comparata aveva testimoniato l'esistenza di organi e strutture fondamentali che accomunavano tutti gli organismi. O ancora, l'embriologia grazie ai suoi nuovi sviluppi aveva svelato delle somiglianze tra gli embrioni di organi che poi nella fase adulta non avrebbero condiviso più nulla.

Per quanto questi studi fossero validi, condividevano tra loro il problema di una mancanza di una vera e propria interpretazione scientifica, dovendo considerare il tutto alla luce di un presunto disegno che risultava più o meno imperscrutabile. È grazie alla teoria darwiniana che queste discipline si poterono liberare dalle concezioni vitalistiche e finalistiche per trovare finalmente il loro posto come scienze accanto alla fisica e alla chimica.

Nel 1860 intanto L'Origine delle specie veniva tradotto in tedesco e pubblicato in Germania, dove le teorie di Darwin vennero accolte abbastanza calorosamente. Nel giro di pochi anni la maggior parte degli scienziati (intesi come zoologi, botanici, biologi, fisiologi, medici ed antropologi) si dichiararono apertamente darwiniani.

Nel 1864 infatti Fritz Muller 33 scrisse un libro chiamato Per Darwin, e poco dopo iniziarono ad

essere pubblicate le opere dello zoologo Ernst Heackel, il quel elaborò una propria teoria evoluzionistica fondandosi su una riscoperta delle teorie lamarckiane, che ormai erano andate quasi dimenticate.

Le opere di Heackel in materia come La storia della creazione naturale34 del 1867 e

l'Antropogenesi del 1874, vennero tradotte in molte lingue ed ottennero un gran successo in molti Paesi, tra cui l'Italia.

Anche in Francia, dove l'opera venne tradotta nel 1862, nonostante le attenzioni fossero rivolte allo scontro tra lamarckisti e cuveristi, la discussione sulle nuove teorie fu piuttosto profonda, incontrando però maggiori difficoltà che altrove, e venendo osteggiate anche da personalità importanti dell'epoca come il biologo Pierre Flourens, il quale per quanto riconoscesse in parte il talento di Darwin definì la sua opera come un insieme di idee vuote e confuse.

In Italia L'Origine delle specie venne tradotta solo nel 1864, ma dal 1859 fino a quel momento le informazioni circolanti riguardo l'opera furono soprattutto di seconda mano.

Infatti in Italia si era a conoscenza soprattutto delle discussioni che si erano sollevate in Inghilterra, Germania e Francia e che affrontavano soprattutto la nuova teoria evoluzionista applicata all'idea delle derivazione dell'uomo dalla scimmia, argomento tra l'altro mai affrontato da Darwin in quel

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periodo.

Così come già succedeva in altri Paesi, la discussione non si limitò ai soli scienziati, ma coinvolse anche liberi pensatori, filosofi e ecclesiastici: alcuni si rivelarono ben disposti ad accogliere queste novità, ma altri si preoccuparono più di tutelare le loro convinzioni filosofiche oppure a difendere ciò che professava la loro fede.

Argomenti come l'origine del mondo, della vita, dell'uomo e delle varie razze, così come i temi relativi alla scienza ed il rapporto che intercorreva tra questa, filosofia e religione non erano nuovi ed infatti furono affrontati ben prima dell'arrivo Darwin. Forse è proprio per questo motivo che le teorie darwiniane furono accolte e discusse con una sorta di pregiudizio, che non fece altro che originare conflitti ed errate interpretazioni.

Questo atteggiamento è confermato da un breve riassunto dell'opera di Darwin dal Politecnico in un articolo del 1860, e da una rapida citazione di poche pagine da parte de La civiltà Cattolica in un articolo che riguardava più che altro Lamarck e l'origine del mondo e dei viventi.

Possiamo affermare perciò, anche alla luce di quanto detto fin'ora, che nonostante le flebili voci che provenivano dall'estero, la discussione in Italia sull'opera di Darwin fu molto sterile ed accolta con una certa indifferenza.

Nel decennio tra il 1860 e il 1870 probabilmente l'Italia non era ancora pronta ad accogliere un simile argomento ed affrontare delle discussioni scientifiche di caratura internazionale, anche per via dell'instabilità della vita politica italiana. Una volta però che quest'ultima raggiunse una certa stabilità, vi fu un vero e proprio risveglio dell'attività scientifica ed intellettuale italiana: in quegli anni alcuni dei più importanti naturalisti italiani come Michele Lessona, Giovanni Canestrini e Pellegrino Strobel iniziarono ad affacciarsi alle dottrine darwiniane.

Il primo però che sostenne pubblicamente le idee di Darwin fu Filippo De Filippi, che nel gennaio del 1864 tenne a Torino una lezione intitolata L'uomo e le scimie che scatenò sia entusiasmi che polemiche in tutta Italia (di cui parleremo in maniera più approfondita in un capitolo successivo vista la sua grande importanza).

I motivi e le opinioni politiche rappresentarono non tanto un ostacolo alla penetrazione dell'evoluzionismo, ma più che altro alla sua accettazione. Il numero dei libri e degli articoli scritti nel 1845, dove si tentava di demolire e confutare il darwinismo con la Sacra Scrittura è impressionante: le discussioni riguardo l'uomo concepito da Dio a sua immagine e somiglianza, sull'origine dell'umanità e sui presunti deliri del darwinismo furono innumerevoli.

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una valutazione della società, portando così ad una situazione in cui le argomentazioni scientifiche si andarono confondendo con altre considerazioni di tipo politico, religioso ed etico-filosofico. Ad un anno dalla famosa lezione di De Filippi, per esempio, Salvotti aggredì gli accusatori del darwinismo, argomentando proprio una difesa non tanto articolata su delle giustificazioni scientifiche, ma più che altro sociali: egli riteneva che il concetto di creazione fosse soltanto un triste escamotage per dare spiegazioni al popolo che chiedeva riposte. Criticò inoltre l'idea secondo la quale, dato che l'uomo discendeva dalla scimmia, la schiavitù dovesse essere perciò perfettamente giustificata e legittima; infine ribadì che la fissità delle specie fosse una visione comoda al clero ed all'aristocrazia vista la loro visione immobile e conservatrice della società. Sulla stessa linea, seppur in maniera diversa, si mosse tre anni dopo il Maschi con un suo articolo pubblicato sulla Rivista Contemporanea in risposta a De Filippi e Salvotti.

In questo articolo Maschi notò come a causa di alcune improprietà del linguaggio ed errori di metodo si passò dal campo delle semplici ipotesi alla presunta verità scientifica, dimostrandosi pure ben informato sulle critiche rivolte al darwinismo da parte di discipline come l'embriologia, la geologia e la fisiologia.

Più che altro però il Maschi si interessò ad affrontare tale dibattito affidandosi a critiche basate su fondamenti morali e teologici.

Secondo Maschi gli uomini rifiutano di accettare la loro discendenza dalle scimmie non tanto per un atteggiamento dovuto alla superbia, ma perché l'accettazione di una simile teoria avrebbe giustificato il dispotismo e l'oppressione dei popoli. Inoltre Maschi si mostrò reticente alle affermazioni di Mantegazza35, il quale durante un discorso in Parlamento riguardo al darwinismo,

espresse l'idea di un progresso indefinito: Maschi però pensava che concretamente non si fossero fatti poi così grandi progressi dal punto di vista sociale.

Utile alle nostre osservazioni è sicuramente anche il discorso di conclusione del suo articolo, dove venivano affrontate con particolare attenzione le problematiche legate al discorso biblico e rovesciando la prospettiva di Salvotti.

Secondo Maschi l'affermazione biblica in cui viene detto che l'uomo venne creato da Dio a sua immagine e somiglianza fa del genere umano una categoria particolare, a se stante; facendo risultare la parola di Dio come una minaccia all'uomo che danneggia e opprime i suoi simili più deboli di lui. Nel regno animale è naturale invece che il più forte sopravviva a scapito del più debole.

La teoria darwiniana, dove si suppone che dalle prime forme di vita primitive si sia passati

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progressivamente all'uomo, allora servirebbe da incentivo e giustificazione per l'oppressione del più debole rispetto al più forte. Quindi, conclude Maschi, è la teoria di Darwin, che porta l'uomo a considerarsi superiore rispetto ai propri simili, mentre nella rivelazione biblica visto che gli uomini sono tutti concepiti alla medesima maniera come simili a Dio, vi è un messaggio di fraternità ed uguaglianza.

Da tali scritti possiamo dedurre come emerga uno dei più costanti equivoci nella discussione riguardo il darwinismo: la confusione tra idea di evoluzione e concetto di progresso.

Possiamo vedere inoltre come la discussione sul darwinismo non rimase circoscritta agli ambienti scientifici ma avrà delle conseguenze pure sul piano sociale, conseguenze che si fonderanno in particolare sull'affermazione dell'ipotesi secondo la quale l'uomo derivi dalla scimmia: le questioni riguardo l'unità del genere umano, sulla schiavitù e sull'uguaglianza furono argomenti fondamentali della discussione.

Probabilmente questo atteggiamento fu condizionato pure dalla situazione storico politica che correva in quegli anni. Molti furono infatti gli avvenimenti che sconvolsero il mondo: la guerra di secessione, che oltre all'importanza politica si portò dietro delle questioni ideologiche fondamentali; così come le grandi esplorazioni geografiche e le successive imprese coloniali francesi ed inglesi che portarono alla luce problemi cruciali riguardo ai rapporti tra le varie razze e culture.

Inoltre in quegli anni la Prussia si avviava a compiere l'unità della Germania, imponendosi agli altri stati europei: gli anni 186636 e 187037 furono due date che di fatto posero grandi problemi anche alla

cultura ed alla scienza.

Non c'è da stupirsi perciò che le preoccupazioni di alcuni ecclesiastici ed aristocratici era quello di tentare di mantenere una certa stabilità in un mondo in cui, concretamente, di stabilità non era possibile parlare.

1. 2. 3. FILIPPO DE FILIPPI: L'UOMO E LE SCIMIE.

Come abbiamo potuto notare, in Italia la svolta che dette l'impulso deciso alle discussioni sull'evoluzionismo fu la celebre lezione svolta nel 1864 a Torino da Filippo De Filippi dal titolo

L'uomo e le scimie, che appunto affronteremo con maggior attenzione in questo capitolo.

De Filippi con questo intervento si mostrò pubblicamente favorevole all'evoluzionismo, rivelando

36 Il 1866 è l'anno in cui Austria ed Italia firmarono il trattato di Vienna, con il quale veniva dichiarata chiusa la terza guerra di indipendenza e il Veneto ed il Friuli venivano ceduti dall'Austria alla Francia, che gli avrebbe poi a sua volta trasferiti all'Italia.

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così un netto rifiuto rispetto alle concezioni tradizionali. Questo rifiuto è evidente fin dal titolo che egli decise di dare al suo intervento: la questione infatti era veramente molto spinosa,tanto che che nemmeno lo stesso Darwin si era ancora espresso riguardo al rapporto tra uomo e scimmia se non di sfuggita nell'Origine delle specie.

Il pensiero di Darwin in materia verrà espresso solo nell'opera L'origine dell'uomo che però verrà pubblicata solo molto dopo gli eventi di cui stiamo affrontando, per esattezza nel 1871.

Filippo De Filippi nella sua lezione mise subito il punto sulla problematica questione dell'origine dell'uomo, basando le sue affermazioni sul fatto che se uomo e scimmia venissero esaminati alla luce del solo punto di vista anatomico, allora tra i due non si presenterebbero delle differenze significative.

La decisione di De Filippi di tenere una simile conferenza si era già da diverso tempo formata nella sua mente, come testimoniano le diverse lettere scritte all'amico Michele Lessona.

"...da un pezzo io son persuaso che l'antenato dell'uomo è un quadrumano; ma questo mi conferma sempre più nel mio regno umano. Oh bella, dirai tu! Questa è marchiana! Ebbene sia; ti farò vedere come me la caverò. Io dunque farò una lecture su questo argomento: L'uomo e le scimie."38

Già pochi giorni dopo la famosa conferenza tutta la stampa Italiana non parlava d'altro.

Il giornale La Gazzetta del Popolo fu la prima a parlarne, riassumendo in modo piuttosto imparziale l'intervento, senza entrare nel merito della discussione.

Il breve riassunto del giornale si limitò a constatare questo stato detto: l'analogia tra uomo e primate poteva essere considerata valida dal punto di vista anatomico, ma al di fuori di questa era certo che tra le due specie vi fossero delle differenze ritenute incolmabili, dimostrate da comportamenti umani come il suicidio.

Altri giornali di toni più leggeri, come per esempio Il Fischietto se ne interessarono, il quale pubblicò una divertente parodia della lezione tenuta.

Tuttavia le osservazioni di De Filippi trovarono ben presto degli oppositori, come la Chiesa e gli ambienti religiosi in generale, di cui si facevano voce alcuni giornali come L'armonia, che criticò quanto detto in quell'intervento.

Filippo De Filippi però non essendo uno sprovveduto, era ben consapevole dei problemi che il darwinismo avrebbe provocato negli ambienti religiosi, cercando quindi di conciliare evoluzionismo e fede facendo leva sul fatto che dal punto di vista intellettuale e del sentimento

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religioso vi fosse un vero e proprio abisso tra uomo e scimmia.

De Filippi si impegnò molto a porre l'accento su questo punto, ma il pubblico parve essere attratto invece in particolare dalle affermazioni precedenti. Egli, nonostante la sua posizione evoluzionista era una persona profondamente religiosa, ed è per tale ragione che si premurò sempre di evidenziare come sul piano spirituale, essere umano ed animali fossero delle realtà tra loro inconciliabili.

Il testo della conferenza venne pubblicato successivamente sulla rivista Il Politecnico, ed ebbe così tanta fortuna che ben presto ne vennero edite addirittura tre edizioni.

Grazie alle lezione di De Filippi e alla sua pubblicazione, il darwinismo divenne in Italia uno dei maggiori argomenti di discussione.

La nuova teoria di Darwin però non trovò un terreno fertile ad accoglierla, infatti appena questa iniziò a circolare i primi oppositori si fecero avanti, iniziando una serie di pubblicazioni che si dichiaravano esplicitamente come antidarwiniane.

Queste pubblicazioni però dimostravano come in Italia il movimento antidarwinista non fosse particolarmente intelligente: le critiche che venivano mosse si rivelarono fondate soprattutto su motivazioni religiose e filosofiche anziché scientifiche.

Un esempio di tale atteggiamento è rappresentato da Giuseppe Ghiringhello, che nel 1865 scrisse una lunga memoria dove, oltre ad una critica generale del darwinismo, era presente una puntigliosa critica alla conferenza di De Filippi. Nella sua opera Giringhello ribadisce con disprezzo il rifiuto di accettare la possibilità che l'uomo sia un discendente dei primati.

Altro personaggio molto influente per il movimento antidarwinista in Italia fu l'abate Antonio Stoppani39, il quale riteneva che le scienze naturali e fisiche fossero le armi di quei laici che

proclamano il continuo progresso, ma che in realtà porteranno l'umanità verso la distruzione. Stoppani, godendo della fama di essere un prestigioso geologo, fu un personaggio assai dannoso per la diffusione del darwinismo in Italia.

Tra tutti i vari oppositori di Darwin però il più importane e rappresentativo fu sicuramente Giovanni Giuseppe Bianconi40, professore di biologia all'università di Bologna. Bianconi nel marzo del 1864

stese una sua memoria intitolata Teoria dell'uomo-scimmia esaminata sotto il rapporto

39 Antonio Stoppani (Lecco, 15 agosto 1824 - Milano, 1 gennaio 1891), geologo e paleontologo italiano.

40 Giovanni Giuseppe Bianconi (Bologna, 31 luglio 1809 - Bologna, 18 Ottobre 1878), zoologo, botanico e geologo italiano.

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dell'organizzazione, in cui polemizza verso Huxely41 e Vogt42 a causa delle loro idee sulla

discendenza dell'uomo dalle scimmie, preoccupandosi anche di rispondere a quanto detto da De Filippi.

L'opera di Bianconi si rivelò essere una critica intelligente e fondata su ragionamenti scientifici, tanto che De Filippi si sentì in dovere di rispondergli, cosa che poi effettivamente fece nella terza edizione de L'uomo e la scimie del 1865.

Nella terza edizione del suo famoso discorso si trova un'appendice in conclusione in cui De Filippi riconosce, unico tra i molti critici, il Bianconi come degno di rispetto e considerazione.

Anche se si tratta di un'appendice questo non deve ingannare, questa risulta essere importante poiché qui De Filippi non si preoccupa di esaminare argomenti filosofici o religiosi, ma si interessa di prendere in esame solo dei dati scientifici in modo molto chiaro e preciso.

Grazie a questo approccio di De Filippi si inaugurò finalmente anche in Italia l'epoca della scienza positiva.

Se fino ad ora abbiamo parlato più che altro delle reazioni che suscitò questo discorso di De Filippi, adesso è il momento di affrontare con più precisione quanto egli disse in quel giorno del 1864. De Filippi apre l'intervento con la descrizione di come ormai si intenda l'origine e il dispiegarsi della vita sulla terra: le specie non sono apparse tutte insieme nello stesso momento, ma esse sono il prodotto di un graduale e successivo sviluppo nel tempo delle forme di vita che sono progredite le une dalle altre e di cui possiamo avere testimonianza dai fossili. Ciò è facilmente constatabile grazie alla sola osservazione.

"La infinitamente bella e grande varietà di forme di piante e di animali che popolano ora la superficie della terra, non è apparsa tutta insieme d'un sol getto, ma è stata preceduta da una successione di altre forme diverse, di altri mondi di viventi, che hanno lasciato, a documento della loro passata esistenza, spoglie più o meno complete negli strati della corteccia terrestre"43

Come è possibile però interpretare i dati di queste osservazioni? Secondo De Filippi si può scegliere

41 Thomas Henry Huxely (Ealing, 4 maggio 1825 - Eastbourne, 29 giugno 1895), biologo e filosofo britannico. Nel 1863 Huxely pubblicò l'opera Il posto dell'uomo nella natura (Evidence as to Man's Place in the Nature) dove già si era pronunciato a favore di una teoria dell'origine animale dell'uomo.

42 August Christoph Carl Vogt (Gießen, 5 luglio 1817 - Ginevra, 5 maggio 1895), zoologo e filosofo tedesco.

Vogt è l'autore di Lezioni sull'uomo e sul suo posto nella creazione e nella storia della terra (Vorlesungen uber den

Menschen) in cui si schiera dalla parte delle tesi evoluzionistiche.

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tra due teorie.

Una teoria attribuisce l'apparizione di ogni forma di vita ad una forza creatrice che ricopre il ruolo di causa prima, ed attribuisce la loro sparizione a dei cataclismi: attraverso l'alternarsi dei due processi si ha l'avvicendarsi degli organismi sulla terra.

Questa teoria ritiene che i tipi specifici siano fissi ed immutabili, ed una volta che si sono estinti si limitano semplicemente a lasciare il posto ai nuovi44.

Secondo De Filippi però questa teoria ha il difetto di non poter essere considerata del tutto una teoria, limitandosi più che altro ad essere un'ipotesi piuttosto grossolana che si fonda sulla geologia cataclistica; ma essendo ormai quest'ultima un'idea ormai quasi del tutto decaduta, la suddetta teoria non ha più ragione di esistere.

La seconda teoria invece è qualcosa di diametralmente opposto: essa ammette un'unica ed ininterrotta creazione che si dispiega continuamente, così come ammette che le diverse forme di vita derivino tutte da un processo di trasformazione continua e progressiva che stabilisce la continuità tra le specie di un' epoca e quelle dell'epoca successiva. Anche questa teoria si rivela essere più che altro un'ipotesi, ma ha il pregio di essere in armonia con il fatto dello sviluppo progressivo della creazione organica.

Questa seconda teoria purtroppo risulta ancora difficilmente applicabile poiché i casi concreti che la dimostrano sono rari, ma ciò è a causa soltanto della pochezza delle informazioni e dei materiali di cui si dispone rispetto a quelli che devono essere ancora essere scoperti.

De Filippi poi elogia alcuni prestigiosi studiosi come Erasmo Darwin, Goethe, Geoffroy Saint-Hilarie e Lamarck, che hanno avuto il merito di essere stati i primi ad avviare gli studi riguardo alla variabilità delle specie, e che hanno preparato il terreno (nonostante l'autorità di Cuvier e il suo fissismo) alla rivoluzione zoologica messa in atto da Charles Darwin.

Dopodiché De Filippi passa rapidamente ad esaminare quella parti dell'Origine che gli servono per continuare nella stesura del suo discorso.

Se prendiamo per esempio gli animali domestici, possiamo notare che questi sono soggetti a variazioni uguali o addirittura maggiori a quelle sui quali sono fondate le distinzioni delle specie. Noi possiamo notare in questi delle accidentali variazioni che si trasmettono e fissano per eredità di generazione in generazione, arrivando così a differire notevolmente dal genitore originario.

Ovviamente nel caso degli animali domestici si deve considerare l'intervento dell'essere umano, il quale dirige volontariamente le cause naturali per poterne vedere gli effetti al più presto, ma questo

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processo però viene compiuto anche dall'azione della natura45: vi sono delle variazioni fortuite che

permettono a certi individui di risultare vincitori nella lotta per la sopravvivenza.

Le varie classificazioni secondo De Filippi sono soltanto convenzioni formulate dai diversi naturalisti a seconda del loro punto vista, e ciò per convenire su un assioma: le specie esistono in natura.

"Di ciò hanno sempre convenuto i naturalisti; solo per riposare su di un assioma, erano convenuti in questo: che le specie esistono in natura; anzi avevan fatto di più: aveano reso più complicato e solenne l'assioma traducendolo con questa frase divenuta tradizionale e come sacra nelle scuole: «Tante sono le specie, quante in origine furono create»."46

Nella realtà dei fatti però risulta molto difficile distinguere la razza dalla specie: tra le razze che in origine venivano distinte solo per comodità classificatoria, dopo le teorie di Darwin ci si rende conto che magari tra queste ci sono delle variazioni intermedie che le accomunano.

È possibile rappresentare l'insieme delle specie con un albero: i rami verdi sono le specie attualmente viventi, le gemme sono le specie che si genereranno e i rami secchi sono le specie precedenti che si sono estinte durante la lotta per l'esistenza.

Dopo queste premesse sul darwinismo, De Filippi passa poi ad applicarle all'uomo.

Nelle famiglia delle scimmie, solo quelle chiamate propriamente "antropoidi" rassomigliano all'uomo. Le scimmie che appartengono a questa classe sono generalmente tre: il gorilla del Gabon, l'orang-outan del Borneo e lo scimpanzé della Guinea.

Queste tre scimmie si trovano tutte e tre nell'emisfero orientale, emisfero in cui appunto si presume abbia avuto la sua origine il genere umano.

Ora, analizzando le scimmie inferiori, possiamo raggrupparle in tre serie che culminano nella rispettiva specia antropoide: i babbuini si legano ai gorilla, i macachi agli scimpanzé e i gibboni aloutan. In altre parole, come dice De Filippi, il gorilla è un babbuino perfezionato, l'orang-outan è un gibbone perfezionato e lo scimpanzé è un macaco perfezionato.

Queste tre serie vengono definite come serie darwiniane.

Procedendo in questo modo sarà possibile retrocedere nella serie finché sarà possibile ritrovare un capostipite comune alle diverse specie di scimmie.

Finalmente, dopo tutte queste considerazioni preliminari, De Filippi si appresta ad affrontare

45 Nel caso in cui l'intervento sia da parte dell'essere umano Darwin parla di elezione umana, nel caso in cui invece l'intervento è da parte della natura allora si parla di elezione naturale.

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l'anima della discussione: l'origine dell'uomo.

"Ora abbiamo preparato il campo ad altro ben più grave problema.

Quel'è il posto dell'uomo nell'impero della natura? Quali sono e di qual grado le sue affinità zoologiche?"47

Vari naturalisti come per esempio Linneo e Geoffroy Saint-Hilarie, seppur fondandosi su diversi criteri, hanno constatato la parentela tra uomini e primati, cosa che sta venendo confermata ancor di più dalle recenti scoperte dell'anatomia comparata.48

Con l'avanzare di questa disciplina, le differenze che prima parevano così nette, adesso vanno via via a diradarsi, mettendo anzi in luce quanto tra le due specie vi sia una grande somiglianza almeno da questo punto di vista.

De Filippi passa poi a paragonare l'uomo e le tre scimmie antropoidi, mettendo in luce su cosa differiscano, e soprattutto, su cosa siano simili, partendo proprio da un indagine sul piano fisico. - Dimensioni faccia: le dimensioni della faccia di uno scimpanzé e di un umano sono assolutamente diverse tra di loro, seppur ci siano delle considerazioni di cui è importante tener conto.

Se invece della faccia di un caucasico, si prende la faccia di certe popolazioni indigene allora la differenza risulta essere molto minore

- Angolo facciale: i gradi dell'angolo facciale umano oscillano da due estremi che sono 85° e 64°, allo stesso tempo nelle scimmie il minimo differisce di assai poco visto che è di 60°.

-Arti anteriori: negli uomini e negli antropoidi la lunghezza delle braccia supera quella dell'avambraccio, mentre nelle scimmie inferiori, come quelle americane è l'inverso.

Negli uomini negroidi la maggior lunghezza del braccio rispetto all'avambraccio è già minore rispetto alla razza caucasica; lo stesso succede per le scimmie inferiori rispetto alle scimmie antropoidi.

- Bimani e quadrumani: l'essere umano viene definito come bimano, mentre le scimmie sono classificato come quadrumani, ma cosa distingue effettivamente la mano dal piede?

Mano e piede sono arti tra loro considerati omologhi, ma è possibile che per via di una certa modificazione questi si differiscano. I caratteri che definiscono una mano sono la mobilità delle dita e la mobilità del pollice opponibile: questa caratteristiche si ritrovano nelle estremità posteriori delle scimmie, anche se è vero che Bory de S. Vincent49 ha dimostrato come anche un piede umano possa

47 Ibidem, p. 51.

48 Naturalmente, c'è stato anche chi ha tentato di tracciare una linea tra uomo e scimmie, come per esempio Cuvier e Blumenbach, che hanno distinto quadrumani e bimani.

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diventare una mano se allenato, e Saint-Hilarie ha addirittura sostenuto come anche l'uomo fosse in origine un quadrumano.

Questo però ancora non basta a far parlare di mano.

Huxely ha compiuto invece un processo inverso a Saint-Hilarie, ritenendo che il piede della scimmia sia anatomicamente davvero un piede, e perciò di conseguenza anche le scimmie superiori entrano di diritto nella sfera dei bimani.

Se si osserva l'andamento nel passo delle scimmie possiamo notare come sia diverso da quello umano: esse infatti quando camminano tendono a non poggiare per terra l'intera pianta del piede ma solo il margine esterno, rivolgendo all'interno la parte plantare. Allo stesso tempo, quando si osservano i bambini compiere i primi passi è possibile notare come il loro piede sia rivolto verso l'interno, riproducendo un andamento che molto ricorda un carattere originario.

- Pelle: in condizioni climatiche particolari, come per esempio nel caso di basse temperature, vediamo come la pelle dell'uomo tenda ad incresparsi, dando vita a ciò che si definisce "pelle d'oca". Tale caratteristica è stata per molto tempo attribuita unicamente all'essere umano, finché poi non è stata riscontrata anche nell'orang-outan.

Inoltre la pelle della mano e del piede hanno papille in numero, raggruppamento e terminazione nervosa tale e quale a quella delle scimmie.

- Cranio: esaminando le dimensioni del cranio delle due specie, senza dilungarsi in differenze quantitative e di proporzione, si può notare la grande differenza tra un uomo di razza caucasica ed una scimmia, differenza che diminuisce notevolmente se si mettono a confronto con un uomo di razza negroide, ed ancor di più se si paragonano una scimmia antropoide ed un uomo risalente all'età della pietra.

- Cervello: uomini e scimmie hanno in comune diverse caratteristiche per quanto riguarda il cervello, gli emisferi cerebrali infatti si prolungano anteriormente al di là dei lobi olfattori rudimentali, posteriormente fino a coprire tutto il cervelletto, talvolta a sopravanzarlo. Dei re lobi del cervelletto, il mediano è molto rimpicciolito ed è chiamato "verme".

La superficie degli emisferi dei mammiferi è segnata da delle solcature che sono chiamate circonvoluzioni cerebrali, e queste circonvoluzioni sono il segno della superiorità nella scala animale (per quanto ciò non sia vero sempre in modo assoluto).

In realtà è lo sviluppo degli emisferi a determinare la ragione dell'intelligenza negli animali, che però non sempre si traduce necessariamente con la formazione delle circonvoluzioni, e questo perché a ciò si aggiunge un ulteriore fattore: la dimensione del cranio, in relazione al resto del

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