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Confronto tra stimolazioni SCS nel trattamento del dolore cronico da FBSS: studio randomizzato cross-over in singolo cieco

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA

​Dipartimento di Patologia Chirurgica, Medica, Molecolare e dell’Area Critica

TESI DI SPECIALIZZAZIONE

Confronto tra stimolazioni SCS nel trattamento del dolore

cronico da FBSS:

studio randomizzato cross-over in singolo cieco

Scuola di specializzazione in

Anestesia, Rianimazione, Terapia Intensiva e del Dolore

DIRETTORE ​ ​Prof. Francesco Forfori

​RELATORI

​ Prof. Francesco Forfori ​Dott. Giuliano De Carolis CANDIDATO

Dott.ssa Nadia Catania

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Indice

Riassunto CAPITOLO 1 Il dolore

​1.1 Storia del dolore e della Spinal Cord Stimulation

1.2 Cenni di fisiopatologia del dolore nocicettivo e neuropatico

CAPITOLO 2

Spinal Cord Stimulation 2.1 Descrizione

2.2 Caratteristiche dei dispositivi 2.3 Impianto del neurostimolatore

2.4 Principi e parametri di funzionamento e programmazione 2.5 Modalità di stimolazione

2.5.1 Stimolazione tonica

2.5.2 High Frequency Spinal Cord Stimulation 2.5.3 Burst Stimulation

2.5.4 Stimolazione 1.2kHz

2.6 Indicazioni alla SCS e selezione dei pazienti 2.7 Complicanze

2.7.1 Complicanze intra-operatorie 2.7.2 Complicanze post-operatorie 2.7.3 Rischi associati alla RM

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CAPITOLO 3 Studio clinico

3.1 Obiettivo dello studio 3.2 Materiali e metodi

3.2.1 Popolazione arruolata 3.2.2 Descrizione dello studio 3.2.3 Questionari

3.3 Schema riassuntivo dello studio 3.4 Risultati

Note conclusive Bibliografia

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Riassunto

Il dolore cronico colpisce un adulto su cinque in Europa ed il 38% di questi lamenta una gestione inadeguata del proprio dolore.

La stimolazione del midollo spinale (Spinal Cord Stimulation-SCS) è un'opzione clinicamente provata e con un buon rapporto costo-efficacia per i pazienti affetti da dolore neuropatico cronico che hanno riscontrato un fallimento con la gestione medica tradizionale. Si tratta di una terapia reversibile che gestisce il dolore attraverso un generatore di impulsi impiantabile e dei dispositivi esterni che controllano la terapia e caricano l'impianto. Decine di migliaia di pazienti affetti da dolore cronico hanno riscontrato che la SCS li aiuta a gestire il dolore.

I parametri elettrici della stimolazione convenzionale tonica a bassa frequenza sono stabiliti in Pulse width (300-500µsec), ampiezza (2-5 mA) e frequenza (40-50Hz).

Quando usata per la SCS, la stimolazione a bassa frequenza, convenzionale, provoca nel paziente una parestesia che, per essere efficace, deve coprire quanto più possibile le zone interessate dal dolore.

Un nuovo tipo di SCS (High-Frequency Spinal Cord Stimulation) utilizza la stimolazione ad alta frequenza trasmessa alle colonne dorsali attraverso un sistema di elettrodi e un generatore di impulsi impiantabile (Implantable Pulse Generator-IPG) molto simile agli impianti convenzionali ma, rispetto agli stimolatori convenzionali, riesce a trasmettere una stimolazione ad una frequenza fino a 10kHz non provocando alcuna parestesia.

La stimolazione ad alta frequenza si è dimostrata efficace nel trattamento del dolore lombosciatalgico ad arti inferiori e dorso con conseguente miglioramento

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dell’attività, del sonno e della qualità di vita a lungo termine. L’alta frequenza permette inoltre di superare alcuni dei limiti associati alla SCS convenzionale (tonica): per essere efficace necessita di una copertura parestesica che si sovrappone, quanto più possibile, alle zone del dolore per cui, per il corretto posizionamento dell’elettrodo, è necessario un test intraoperatorio di mappatura parestesica. Generalmente nei pazienti con FBSS l’elettrodo è posizionato tra T7-T8. Non generando parestesia, il posizionamento dell’elettrodo per la stimolazione ad alta frequenza è su target anatomico, T9-T10, con variazioni di posizionamento tra i pazienti che vanno da T8-T11 senza compromissione dell’efficacia.

Recentemente altri due tipi di stimolazione si sono dimostrati efficaci per il trattamento del dolore cronico da FBSS (Failed Back Surgery Syndrome):

- Modalità di stimolazione burst, composta da un pacchetto di 4 o 5 spike ad alta frequenza ripetuti solitamente a 40Hz. L’impianto dell’elettrodo è parestesia – guidato ma la stimolazione non genera parestesia.

- Stimolazione a 1.2kHz, un nuovo tipo di stimolazione efficace nel trattamento del dolore dei pazienti con FBSS.

Numerosi studi hanno confermato la superiorità della stimolazione ad alta frequenza, della modalità burst e della stimolazione a 1.2kHz rispetto alla stimolazione tonica, pochi sono invece gli studi di confronto tra stimolazioni e con risultati non significativi perché condotti su campioni indipendenti, non randomizzati e non in cieco.

In questo studio pilota ogni paziente ha provato le diverse stimolazioni permettendo di avere risultati significativi su quale stimolazione tra burst, 10kHz, 1.2kHz e tonica è stata più efficace e non inferiore alle altre nel

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trattamento del dolore cronico da FBSS, fornendo così indicazioni significative sulle strategie terapeutiche più efficaci per il paziente con dolore cronico.

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Capitolo 1

IL DOLORE

1.1 Storia del dolore e della Spinal Cord Stimulation

La terapia del dolore è stata praticata fin dai tempi remoti, come si può osservare tramite l’analisi della storia della medicina.

Nelle civiltà primitive si credeva che il dolore e la sofferenza fossero direttamente ascrivibili a spiriti maligni e forze occulte penetrate nel corpo; queste culture produssero articolati dispositivi culturali, riti e simbologie, per ingraziarsi o allontanare i demoni responsabili del dolore. Lo stregone o lo sciamano aveva il compito di “leggere”, tramite simbologie, tutto ciò che risultava positivo o negativo a livello sensoriale al fine di poter attuare azioni riparatrici o propedeutiche: i rituali.

Nella medicina cinese tradizionale il termine “dolore” comparve per la prima volta nel trattato medico Huang Di Nei Jing scritto più di 3000 anni fa secondo cui il dolore era il frutto di uno sbilanciamento tra Yin e Yang, una coppia di forze complementari, interrelate l’una all’altra e dinamicamente interconnesse la terapia mirava al ripristino dell’equilibrio delle due forze.

Nell’Occidente la prima descrizione del dolore apparve nell’ottavo secolo a.C., nei poemi di Omero, l’Iliade e l’Odissea.

Con Ippocrate (460-377 a.C.) si inaugurava una concezione organicistica della medicina secondo cui erano le circostanze umane della persona a causare la malattia e il dolore. La sua teoria umorale sosteneva che il corpo è governato da quattro diverse tipologie di umori (bile gialla e nera, sangue, flegma) le cui varie combinazioni ed equilibri condurrebbero a salute o a malattia.

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Platone (428-347 a.C.) concepiva il dolore come proveniente da aspetti sensoriali ma anche dalle emozioni proprie dell’anima che alberga nel cuore. Alcmeone, Democrito e Anassagora ipotizzarono che la sede della sensibilità e della razionalità fosse il cervello e non il cuore; Aristotele (384-322 a.C.) supponeva che la sede delle sensazioni (vista, udito, tatto, olfatto, dolore) fosse il cuore, sostenendo che proprio il tatto, a fronte di stimoli eccessivi, fosse il responsabile del dolore; Erofilo (335-280 a.C.) dimostrò l’appartenenza del cervello al sistema nervoso centrale e ipotizzò che l’encefalo fosse la sede della percezione; come avevano già sostenuto in precedenza Pitagora (570-495 a.C.) e Anassagora (500-428 a.C.), Galeno (130-201 d.C.) e Avicenna (980-1039) avrebbero ripreso tale ipotesi. Galeno ipotizzava la presenza dei meccanismi del dolore nel Sistema Nervoso Centrale, descrivendo il processo acuto infiammatorio come caratterizzato da dolor, calor, rubor, tumor e functio laesa. Avicenna, medico e filosofo musulmano, nel 1025, propose per la prima volta il dolore come una sensazione indipendente dal tatto o dalla temperatura. Egli, inoltre, avanzò l’ipotesi che la vera causa del dolore fosse il cambiamento delle condizioni fisiche dell’organismo coinvolto, a prescindere dalla presenza o meno di un danno. Ciò fece di questo medico un degno precursore dell’algologia moderna e il primo a formulare una teoria specifica.

Tra Rinascimento ed epoca moderna, periodo in cui iniziarono a svilupparsi le prime Università, Galilei (1564-1642) e Descartes (1596-1650) rappresentano i maggiori fautori dell’evoluzione del pensiero scientifico e del metodo sperimentale applicato al dolore. Soprattutto Descartes considerò il dolore come un preciso segnale sensoriale relativo a determinate disfunzioni biologiche. Con Descartes compare il modello di trasmissione dell’informazione sensoriale dolorosa dove uno stimolo esterno attiva i nervi periferici i quali, tramite il

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midollo spinale e i ventricoli cerebrali, portavano alla ghiandola pineale l’informazione che, in quella sede, sarebbe diventata percezione cosciente.

Anche il trattamento del dolore tramite stimolazione nervosa ha radici storiche antiche. Gli egiziani, i greci e i romani utilizzavano correnti elettriche in numerose condizioni algiche, sfruttando le proprietà degli organi elettrici di alcuni pesci. Pitture tombali risalenti al 2750 a.C. suggeriscono che gli egiziani impiegavano il pesce gatto del Nilo. Nel 420 a.C. Ippocrate sfruttava l’azione paralizzante della torpedine, in grado di generare scariche da un minimo di 8 volt fino a 220 volt a seconda della specie. Nel 46 d.C. il medico romano Scribonio Largo suggeriva l’utilizzo delle scariche della torpedine per alleviare il dolore nei pazienti con gotta, artrite o cefalea.

La Spinal Cord Stimulation (SCS) nasce e si afferma come metodica antalgica nella seconda metà degli anni Settanta come tecnica reversibile, non definitiva per il trattamento del dolore cronico.

Nel 1965 Melzack e Wall, autori della Teoria del controllo dell’ingresso o Gate Control Theory (GCT), ipotizzano che la trasmissione degli impulsi dolorosi dalla periferia al cervello è correlata all’equilibrio di informazioni che attraversano il midollo spinale tramite le fibre nervose nocicettive (Adelta e C) e quelle non nocicettive (Abeta), che interagiscono fra loro. In particolare, quando prevale l’attività delle fibre Abeta il dolore è lieve o assente (cancello chiuso), viceversa la prevalenza dell’attività delle fibre Adelta e C porta alla percezione del dolore (cancello aperto).

Gli altri momenti accademicamente cruciali nello sviluppo della teoria sulla neurostimolazione sono principalmente tre:

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● Nel 1967 Shealey dimostra come la corrente elettrica applicata al midollo spinale (colonne dorsali) sia in grado di inibire la trasmissione di impulsi associati a stimoli dolorosi. Nasce così la stimolazione elettrica del midollo spinale, anche detta Spinal Cord Stimulation. In particolare ha sperimentato per primo e con successo la SCS, previa laminectomia, nel trattamento del dolore cronico ribelle. Seguono anni di successo per la SCS come metodica antalgica e parallelamente il suo campo di applicazione si va progressivamente estendendo sulla base di nuove indicazioni, prevalentemente neurologiche, trovando applicazione, ad esempio, nella spasticità da sclerosi multipla, da lesioni traumatiche e vescica neurologica.

● Nel 1974-1975 Larson mette in discussione la teoria del Gate control, avanzando l’ipotesi che il blocco di conduzione delle vie ipotalamiche svolga un ruolo chiave nella riduzione del dolore.

● Nel 1973 Campbell e Taub avanzano l’ipotesi che la neurostimolazione porti a una diminuzione del numero di impulsi condotti dal nervo fino ad arrivare al blocco della conduzione, ipotesi questa sostenuta anche nel 1976 Ignelzi e Nyquist.

Nell’impianto dei primi stimolatori midollari, l’elettrodo era posizionato nello spazio subdurale tramite laminectomia. Nella prima metà degli anni Settanta la tecnica venne perfezionata prevedendo il posizionamento dell’elettrodo nello spazio peridurale per via percutanea (suggerito da Dooley nel 1975). Dal punto di vista pratico questo porta ad una svolta importante, infatti a partire dal 1982 si iniziano a utilizzare i sistemi totalmente impiantabili.

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1.2 Cenni di fisiopatologia del dolore nocicettivo e neuropatico

Le sensazioni dolorose costituiscono un normale sistema di difesa contro gli stimoli potenzialmente dannosi per i tessuti. Il dolore fisiologico viene evocato da uno stimolo nocicettivo e normalmente cessa al cessare dello stimolo che lo ha evocato. In esso si evidenzia una relazione diretta tra l’intensità dello stimolo apportato e l’ampiezza della risposta evocata.

Nel dolore patologico, al contrario, si sviluppano fenomeni di ipersensibilità agli stimoli nocicettivi. Esso consegue generalmente alla lesione di una fibra nervosa ed è caratterizzato dalla presenza di allodinia e di ipersensibilità.

I meccanismi patogenetici di base di questo dolore sono essenzialmente due: l’ipersensibilità che si produce nei nocicettori e l’ipersensibilità che si genera nelle fibre nervose.

La prima rappresenta la caratteristica fondamentale del dolore nocicettivo patologico, mentre la seconda costituisce la caratteristica essenziale del dolore neuropatico.

Le fibre con diversa velocità di conduzione che trasportano le sensazioni termiche e dolorifiche sia protopatiche (fibre C) che epicritiche (fibre Adelta) vanno a formare il fascio spinotalamico che trae origine dalla colonna grigia posteriore.

Il dolore nocicettivo è dovuto alla stimolazione dei recettori presenti sulle fibre nervose Adelta e C polimodali, che si trovano nella cute, nelle ossa, nel tessuto connettivo, nei muscoli e nei visceri. Questi recettori hanno la funzione biologica di localizzare gli stimoli nocicettivi siano essi meccanici, termici o dovuti a mediatori chimici locali dell'infiammazione (come l’istamina, la bradichinina, la sostanza P). Il dolore nocicettivo può essere differenziato in

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dolore somatico e dolore viscerale. Il dolore somatico solitamente è ben localizzato, costante e viene spesso descritto come tagliente, pulsante, rodente. Il dolore viscerale invece è solitamente non ben localizzato, parossistico e viene spesso descritto come profondo, stringente, schiacciante, a coliche.

L’ipersensibilità dei nocicettori rappresenta il meccanismo patogenetico del dolore di tutte le lesioni tissutali. Esso è caratterizzato dal fatto che i nocicettori, che normalmente vengono attivati da stimoli di intensità elevata, in caso di lesioni tissutali vengono attivati anche da stimoli sotto soglia. Quando la sensibilizzazione raggiunge livelli elevati, i nocicettori sono talmente ipersensibili da scaricare anche in assenza di stimoli, producendo in questo caso il dolore spontaneo. Questa ipersensibilità è dovuta generalmente alla liberazione di sostanze algogene, ma può anche conseguire allo sviluppo di una sensibilizzazione adrenergica delle terminazioni nervose integre. In quest’ultimo caso le terminazioni nervose, entrando in contatto con le catecolamine possono scaricare e generare dolore. Per scatenare questo meccanismo non è neppure necessario un’iperattività del simpatico, ma sono sufficienti i normali livelli di catecolamine circolanti.

Un particolare meccanismo che può portare all’ipersensibilità dei nocicettori è rappresentato dall’infiammazione neurogena causata dal rilascio di mediatori, che portano all’infiammazione attraverso le cellule nervose. Questo processo porta alla liberazione di sostanze proinfiammatorie e perciò potenzialmente pro-nocicettive in senso antidromico.

Con l’attivazione delle fibre nervose infatti l’impulso che viaggia in senso ortodromico può eccitare i rami collaterali dell’assone attivato, generando in tal modo impulsi che viaggiando in senso antidromico ritornano al tessuto da cui lo stimolo nocicettivo era originariamente partito.

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L’attivazione antidromica degli assoni che propagano gli impulsi nocicettivi è accompagnata dalla liberazione a livello delle terminazioni nervose libere di neuropeptidi (sostanza P) ed altri mediatori con conseguente generazione di processi infiammatori che vengono definiti appunto infiammazione neurogena. Il dolore neuropatico è dovuto ad un danno o ad una disfunzione del sistema nervoso centrale o periferico. Le alterazioni che possono causare questo tipo di dolore includono la sensibilizzazione centrale correlata con il danno delle funzioni inibitorie del sistema nervoso, la prolungata sensibilizzazione neuronale centrale o periferica, le interazioni anormali tra il sistema nervoso somatico e simpatico.

Il dolore neuropatico, contrariamente a quello nocicettivo, viene descritto come sensazione di bruciore, di formicolio, di scossa elettrica. Può presentarsi in modo continuo o più frequentemente in modo parossistico. Alcuni esempi di dolore neuropatico periferico sono le monoradiculopatie, la nevralgia del trigemino, la nevralgia post-erpetica, il dolore da arto fantasma e varie neuropatie periferiche soprattutto quella diabetica. Un esempio di dolore neuropatico centrale è invece quello presente dopo un ictus cerebrale.

Generalmente in seguito al danno periferico di un nervo (ad esempio, stiramento, schiacciamento, assotomia) si produce una sensibilizzazione caratterizzata da abbassamento della soglia di attivazione, da aumentata risposta agli stimoli e da attività spontanea del neurone. Naturalmente nel caso il nervo danneggiato sia un nocicettore all‟aumentata scarica neuronale corrisponde un aumentata intensità del dolore percepito. Se il danno interessa una fibra C si possono generare nuovi recettori adrenergici, e ciò potrebbe spiegare il mantenimento del dolore attraverso il sistema nervoso simpatico. Oltre alla sensibilizzazione conseguente al danno periferico del nervo si può generare, in

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seguito ad un anomalo processo di reinnervazione, una neo-formazione di pacemaker neuronali ectopici lungo il decorso di tutto il nervo. Questa neoformazione può avvenire nella sede di lesione del connettivo, ossia nelle radici prossimali, dove in seguito a tale crescita caotica si forma un groviglio di assoni (neuroma), oppure può avvenire nello strato superficiale delle corna dorsali (dove proiettano le fibre nocicettive mieliniche: fibre C) [Thompson, 1990], oppure può accadere in foci di demielinizzazione lungo l'assone. Il neuroma può avere un certo grado di innervazione simpatica e può poi sensibilizzarsi alle catecolamine, prostanoidi e citochine.

E` ormai conosciuto che gli impulsi che originano dalle fibre nocicettive afferenti primarie provocano la comparsa del dolore a seconda del numero e della frequenza con cui raggiungono il sistema nervoso centrale. Un primo controllo delle afferenze sensitive avviene a livello midollare nella sostanza gelatinosa di Rolando dove brevi interneuroni hanno una funzione inibitoria. Le fibre Adelta e le fibre C se stimolate sarebbero inibitrici di questi interneuroni mentre le fibre Abeta sarebbero eccitatorie. Ne deriva che quando uno stimolo periferico percorre le fibre di diametro maggiore vi è la chiusura di questo cancello midollare, mentre se lo stimolo percorre le fibre più sottili questo cancello rimane aperto, pertanto è possibile filtrare le informazioni dolorifiche solo al di sopra di una determinata soglia. Se per motivi patologici la componente nervosa afferente è costituita prevalentemente da fibre di rigenerazione, ossia amieliniche, la funzione dell'interneurone inibitore viene spenta e stimoli sotto soglia vengono invece interpretati come dolore, come era stato inizialmente proposto nella teoria del “gate control” da Ronald Melzack e Patrick D Wall [1965]. Questa teoria fornisce una spiegazione per esempio del

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dolore che insorge nella nevralgia posterpetica dopo la distruzione delle fibre afferenti di grosso diametro.

Un’altra ipotesi riguarda il dolore nelle fasi iniziali delle neuropatie.

Limitatamente al sistema nervoso periferico, nell’endonevrio delle radici spinali e nei plessi nervosi sono state identificate delle terminazioni libere con verosimile funzione nocicettiva. Tali terminazioni sono connesse a fibre nervose di piccolo calibro che costituiscono quelle diramazioni dei nervi periferici che vanno sotto il nome di “nerva nervorum”. Secondo questa ipotesi i suddetti recettori nocicettivi vengono attivati da processi patologici che interessano il nervo periferico nel suo insieme, come ad esempio i processi infiammatori o compressivi cronici. Il dolore che compare subito dopo il danneggiamento di un nervo potrebbe essere prodotto proprio dall‟attivazione dei nerva-nervorum [Asbury & Fields, 1984]. Il dolore associato alle mononeuropatie periferiche da compressione può essere di origine ischemica e sembra spiegato da questa ipotesi. Questo fenomeno ad esempio si osserva clinicamente nella sindrome del tunnel carpale.

Il danno di un nervo periferico può generare a livello del sistema nervoso centrale (SNC) cambiamenti anatomici e neuro-chimici che possono persistere, talora a lungo, anche dopo la risoluzione del problema al nervo periferico. Questo fenomeno avviene a causa della plasticità del SNC e può avere un’importanza fondamentale nell’evoluzione successiva verso una forma di dolore cronico o neuropatico.

La prima stazione di controllo centrale del dolore è situata nel midollo spinale ed è rappresentata dai gangli delle radici dorsali e dai neuroni delle corna dorsali.

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Quando in periferia si verifica un’attivazione persistente di fibre mieliniche, sia da genesi recettoriale, che da genesi ectopica, questi neuroni spinali diventano ipersensibili agli stimoli. Pertanto, sia lesioni tissutali, che lesioni nervose periferiche sono in grado di rendere ipersensibili tali neuroni spinali. Inoltre i neuroni nocicettivi spinali subiscono regolazioni sia inibitorie, sia eccitatorie da parte dei centri superiori. Ne consegue che essi possono sensibilizzarsi anche a causa di una aumentata facilitazione ascendente.

Un terzo meccanismo che può causare l’ipersensibilità dei neuroni spinali è la perdita o la riduzione della loro inibizione fisiologica, proveniente sia dagli interneuroni inibitori spinali, sia da neuroni che hanno il corpo cellulare a livello sopraspinale. Recentemente sono emerse alcune forme di plasticità neuronale con spiccata localizzazione nei circuiti midollari la cui esistenza potrebbe chiarire la natura delle condizioni di iperalgesia.

Almeno tre di questi meccanismi di plasticità sembrano avere un rilevanza fondamentale: il fenomeno del wind-up; la Long Term Potentiation (LTP) e la Long Term Depression (LTD).

Il wind-up consiste in un progressivo incremento, registrato a livello delle corna posteriori e anteriori del midollo spinale, del numero dei potenziali di azione scatenati in seguito ad una stimolazione delle fibre C ad una frequenza maggiore degli 0.5 Hz. Quando la frequenza di stimolazione di una singola radice dorsale raggiunge gli 0.5 Hz, il potenziale eccitatorio postsinaptico (EPSPs) totale nelle cellule anteriori produce una depolarizzazione cumulativa, che si esprime in una raffica di potenziali d’azione invece che in un singolo potenziale di azione, per ogni stimolo a livello della radice posteriore. Quando la stimolazione ad alta frequenza viene interrotta, i potenziali di azione si protraggono ancora per 60 secondi, tempo che corrisponde alla durata della depolarizzazione delle cellule

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delle radici dorsali, per poi cessare [Dickenson & Sullivan 1987]. L'insorgenza del Wind-up è abolita dagli antagonisti dei recettori dell'NMDA (N-metil-D-aspartato) che si legano ad un sottotipo recettoriale legante il glutammato, accoppiato con i canali di entrata del calcio nelle cellule postsinaptiche.

La Long Term Potentiation (potenziamento a lungo termine) consiste in un incremento, a lunga durata, dell'efficacia della trasmissione sinaptica (cioè un aumento dell'ampiezza dei potenziali eccitatori postsinaptici in risposta ad uno stimolo e successivo incremento dell'eccitabilità della cellula postsinaptica) causata da una stimolazione ad alta frequenza, superiore a 100 Hz, e di breve durata della via postsinaptica. Nel fenomeno della LTP i recettori del glutammato coinvolti sono sia quelli dell’NMDA, che quelli degli AMPA (che legano l’acido α-amino-3-idrossi-5-metil-4-isossazolo propionico), localizzati entrambi sul terminale postsinaptico somatosensoriale. A differenza del wind-up la LTP può durare da un'ora ad alcuni giorni.

La LTP è stata scoperta nell’ippocampo nel 1973 [Bliss & Gardner-Medwin, 1973] ma successivamente dimostrata in molte altre regioni della corteccia cerebrale. I recettori AMPA sono accoppiati con canali ionici che fanno entrare il sodio nei neuroni postsinaptici. Questo influsso di sodio causa una depolarizzazione localizzata ai dendriti postsinaptici e quando questa depolarizzazione raggiunge la soglia del potenziale di azione l’impulso nervoso è trasmesso al neurone successivo. Per quanto riguarda invece i recettori dell’NMDA, quando le cellule postsinaptiche sono al potenziale di riposo il canale è bloccato dagli ioni magnesio ed il legame con il glutammato non può fare entrare il calcio nei neuroni. Durante la depolarizzazione delle membrane dei dendriti invece, gli ioni magnesio escono dal canale lasciando libero

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accesso al calcio, e questo è esattamente quello che succede quando una stimolazione ad alta frequenza produce una LTP: il neurone postsinaptico diviene depolarizzato in seguito all’attivazione continua dei recettori AMPA; il magnesio pertanto esce dal canale dell’NMDA e lascia che una grande quantità di ioni calcio entri nella cellula. L’aumentata concentrazione di calcio poi scatena diverse reazioni biochimiche nei dendriti che rendono la sinapsi più efficiente per un periodo prolungato.

La Long Term Depression (depressione a lungo termine) consiste, invece, in un decremento di lunga durata dell’efficacia della trasmissione sinaptica, causato da una stimolazione prolungata. E' caratteristica dell'ippocampo, della corteccia visiva, sensitiva, motoria e prefrontale. Attualmente, si ritiene che sia necessario un incremento di ioni calcio di notevole entità per scatenare la LTP, mentre per la LTD sarebbe sufficiente un incremento minore.

Nella LTP ci sarebbe una fosforilazione di proteine, tra cui alcune proteine recettoriali, mentre nella LTD si osserverebbe una defosforilazione delle stesse. In pratica, la LTD consisterebbe in una deattivazione delle stesse strutture attivate nella LTP. La defosforilazione causerebbe poi una internalizzazione dei recettori AMPA nelle cellule postsinaptiche, con conseguente diminuzione della densità recettoriale e refrattarietà alla depolarizzazione della membrana dei dendriti.

Inoltre, in aggiunta ai meccanismi sopra descritti, recentemente è stato dimostrato che oltre alla plasticità sinaptica possono contribuire alla sensibilizzazione centrale anche cambiamenti nella microglia, astrociti, giunzioni GAP, eccitabilità della membrana e trascrizione genetica.

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Capitolo 2

SPINAL CORD STIMULATION

2.1 Descrizione

La Spinal Cord Stimulation rappresenta uno degli sviluppi più stimolanti nella gestione e nella terapia del dolore cronico refrattario costituendo, grazie allo sviluppo degli attuali devices, un’efficace alternativa là dove le terapie conservative hanno fallito e, a discapito di un elevato costo iniziale, consente di ottenere un aumento del comfort del paziente ed una riduzione dei costi a lungo termine, grazie ai minori effetti collaterali della metodica ed al minor utilizzo di farmaci analgesici. Come tale è stata approvata nel 1989 dalla Food and Drug Administration.

Le metodiche di neurostimolazione midollare rappresentano un’opzione di trattamento in svariate patologie dolorose croniche, in particolare Failed Back Surgery Syndrome (FBSS), Complex Regional Pain Syndrome (CRPS) e vasculopatie croniche degli arti inferiori. Più di 30.000 persone all’anno vengono trattate con SCS. Pazienti trattati con SCS riportano una riduzione del dolore con incremento della capacità funzionale rispetto ai pazienti trattati solamente con terapie mediche. La metodica di neurostimolazione è entrata a far parte della pratica clinica ormai 40 anni orsono, tuttavia sono ancora largamente sconosciuti i meccanismi spinali e/o sopraspinali con i quali essa indurrebbe il pain relief, soprattutto in termini di riduzione dell’allodinia o dell’iperestesia; inoltre, dal punto di vista clinico, si sta palesando una percentuale di successo nel trattamento dei pazienti inferiore a quella che ci si potrebbe attendere,

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accompagnata peraltro ad una ampia variabilità interindividuale d’efficacia. Solo il 58% dei pazienti riporta una riduzione del dolore del 50% o superiore; tuttavia il dato di assoluto rispetto riguarda il fatto che, tali percentuali, non correlano con gli anni nei quali sono stai eseguiti i vari studi. In parole povere, la percentuale di successo della metodica non migliora con l’innovazione e l’esperienza clinica. Tali considerazioni trovano le loro radici nella scarsa conoscenza dei meccanismi neurofisiopatologici che sottendono alle condizioni di dolore cronico da una parte, e dei meccanismi neurofisiologici e biochimici espressione dell’azione terapeutica della SCS dall’altra. Per ovviare a tali inconvenienti sono stati sviluppati negli ultimi anni modelli di studio teorici, sperimentali e “computazionali” finalizzati a comprendere come l’SCS agisca a livello dei centri spinali e sovraspinali. Oltre a questi, molti sforzi si sono protesi ad individuare corretti setting di selezione ed adeguato training dei pazienti, in modo da evitare drop out terapeutici. Nel recente passato la SCS convenzionale è stata affiancata da nuove modalità di stimolazione tra le quali la SCS ad alta frequenza (HFSCS), la burst stimulation, la SCS ad alta densità (HDS), la neurostimolazione applicata a livello dei gangli delle radici dorsali (DRG Stimulation), nonché metodiche di SCS accoppiate ad infusione intratecale di farmaci.

La SCS prevede, previa anestesia locale, l’inserzione di un elettrodo in spazio peridurale a livello midollare/radicolare ove si concentra principalmente il dolore. Una volta stabilizzato, l’elettrodo viene collegato a un “pacemaker”. Tale sistema è in grado di somministrare impulsi elettrici al midollo spinale e l’intensità di tali impulsi elettrici è regolabile dal paziente mentre gli altri

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parametri di funzionamento (principalmente tempo di ripetizione e frequenza) vengono stabiliti al momento dell’impianto.

I meccanismi fisiologici alla base di questa metodica sono molteplici.

Le prime teorie chiamavano in causa la Gate Control Theory di Melzack e Wall: nel corno dorsale del midollo spinale le fibre nervose nocicettive (Adelta e C) e quelle non nocicettive (Abeta) interagiscono tra loro; se uno stimolo nocicettivo e uno stimolo meccanico (elettrico nel caso della SCS) vengono trasmessi simultaneamente, la trasmissione dello stimolo algico sarà attenuata per via dell’azione eccitatoria svolta dalle fibre Abeta sull’interneurone encefalinergico che modula l’ingresso di informazioni al sistema nervoso centrale.

Successivamente, nello sviluppo della SCS, sono stati studiati i neurotrasmettitori eccitatori e inibitori a livello delle corna dorsali del midollo spinale. In particolare lo stimolo da SCS provoca un incremento dei livelli di neurotrasmettitori inibitori rilasciati e una contemporanea riduzione delle molecole ‘eccito-tossiche’ come il glutammato.

È stato dimostrato che l’integrità delle colonne dorsali e soprasegmentali encefaliche è una condizione necessaria perché la SCS possa avere effetto. Studi condotti su animali hanno dimostrato che, la SCS promuove l’attivazione di recettori che modulano il dolore, in particolare il recettore GABA-B e adenosina A-1. In particolare lo stimolo da SCS provoca un incremento di GABA, sostanza P e serotonina, tutti neurotrasmettitori coinvolti nella modulazione del dolore nel midollo spinale.

Proprio lo studio di animali con lesioni del nervo sciatico ha suggerito che gli effetti anti-nocicettivi della SCS avvengono tramite le fibre Abeta.

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La SCS promuove, di fatto, anche l’insorgere di potenziali che viaggiano in periferia, interferendo con gli stimoli patologici che nascono dal focus neuropatico e contemporaneamente avvia potenziali che raggiungono l’encefalo, permettendo al paziente di avvertire le parestesie nel territorio normalmente dolente.

Al momento non sono ancora del tutto chiari tutti i meccanismi di correlazione della SCS con PESS (è probabile che i meccanismi fisiologici responsabili del beneficio dei pazienti risiedono in fattori molteplici e complessi).

In conclusione, la SCS si presenta come uno strumento potente per trattamento del dolore neuropatico e il suo ulteriore studio aiuterà a selezionare la migliore modalità d’utilizzo per ogni singolo paziente.

2.2 Caratteristiche dei dispositivi

Il primo neurostimolatore fu impiantato da Shealey nel 1967; lo sviluppo tecnologico, unitamente ai progressi dell’ingegneria biomedica, hanno condotto agli attuali neurostimolatori caratterizzati dalla flessibilità di programmazione e dalla possibilità di intervenire, mediante un telecomando tascabile ed entro certi limiti predefiniti dal medico, nella regolazione del dispositivo, finalizzata all’ottenimento della migliore qualità di vita del paziente.

I principali componenti di un sistema di SCS sono (figura 1): ● l’elettrocatetere

● il generatore di impulsi.

L’elettrocatetere è un cavo sottile impiantato nello spazio epidurale, che possiede, sia distalmente che prossimalmente, degli elettrodi in iridio di platino.

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Tali elettrodi, collegati tramite cavi isolati, conducono una serie di impulsi di corrente di breve durata e, nella maggior parte dei casi, a frequenza costante; gli impulsi stimolano gli assoni dei corni posteriori del midollo e permettono loro di inviare un segnale sensitivo non nocicettivo.

Sia i cavi che il catetere sono rivestiti da una guaina in poliuretano biocompatibile o in gomma di silicone, che conferisce resistenza al catetere evitando la frattura e il distacco degli elettrodi.

FIGURA 1: Componenti di un sistema SCS

Gli elettrocateteri attualmente impiegati sono i chirurgici ed i percutanei.

I chirurgici vengono introdotti tramite una piccola incisione o una procedura di emilaminectomia e possono essere composti da 4, 8 o 16 elettrodi di forma simile a una lastra e inseriti in una scatola di silicone; quelli percutanei, invece, vengono inseriti nello spazio epidurale mediante un ago di Tuohy e impiegando il fluoroscopio e sono composti da 4-8 elettrodi cilindrici collocati a distanze precise.

La principale differenza tra i due tipi di elettrocateteri, che ne condiziona la scelta, è la maggiore stabilità, a favore di quelli chirurgici; questi, infatti,

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difficilmente vanno incontro a dislocazione e pertanto vengono impiantati in pazienti con una storia di pregressa dislocazione o in quelli in cui l’impianto per via percutanea è precedentemente risultato difficoltoso.

Uno dei parametri principali da considerare nella scelta degli elettrocateteri è la resistenza elettrica; questa è direttamente proporzionale alla loro lunghezza; pertanto l’impiego di elettrocateteri troppo lunghi può limitare, per dissipazione lungo l’elettrocatetere stesso, l’ampiezza e l’intensità dell’impulso che arriva agli elettrodi.

I generatori di impulsi originariamente pensati come pura e semplice batteria, si sono evoluti costantemente e parallelamente agli sviluppi della tecnologia, seguendo così le necessità cliniche, rappresentate fondamentalmente da una maggiore efficacia e un miglior confort dei pazienti. I primi generatori di impulsi sono comparsi agli inizi degli anni 70 e lavoravano a radiofrequenza. Tali dispositivi erano costituiti da due parti: la parte impiantabile era passiva mentre la seconda parte era costituita da un generatore esterno, che inviava l’energia necessaria per eseguire la neuro stimolazione attraverso una antenna appoggiata sulla cute in corrispondenza di un ricevitore impiantato sottocute collegato al catetere stimolatore. L’energia necessaria alla neurostimolazione veniva trasmessa tramite radiofrequenze.

Il primo sistema completamente impiantabile, con cella al nickel-cadmio, comparve nei primi anni 80. Da tali batterie, tipiche dei primi sistemi impiantabili, l’evoluzione è stata verso celle al litio.

Oggi un generatore di impulsi è un dispositivo multiprogrammabile progettato per la stimolazione del midollo spinale e per la stimolazione nervosa periferica (Peripheral Nerve Stimulation). I generatori di impulsi sono di due tipi: quelli totalmente impiantabili (IPG) e quelli, già descritti, a radiofrequenza. I sistemi

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totalmente impiantabili sono costituiti da una fonte energetica (una batteria sigillata) e un circuito elettronico che controlla l’invio degli impulsi di stimolazione alle sedi prescelte attraverso le estensioni degli elettrocateteri impiantati (figura 2). Gli IPG esistono ricaricabili (durata media 11 anni) e non ricaricabili (durata media 4 anni).

FIGURA 2: RX rachide con sistema completamente impiantabile.

E’ stato inoltre sviluppato un neurostimolatore con tecnologia wireless con lo scopo di migliorare la gestione terapeutica del dolore cronico intrattabile del tronco e/o degli arti ed il comfort del paziente.

Simile agli altri sistemi SCS, la stimolazione elettrica al midollo spinale avviene attraverso cavi collocati a livello epidurale; contiene diversi componenti per aumentare la comodità e la facilità d'uso da parte del paziente.

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Il sistema utilizza circuiti miniaturizzati sufficientemente piccoli da essere integrati all'interno del device principale, eliminando così la necessità di un IPG e di una tunnellizzazione estesa.

Tale device è composto da uno stimolatore, un dispositivo formato da un elettrocatetere dotato di 4 elettrodi situati in prossimità dell'estremità distale che creano un campo elettrico quando vi è applicata energia e da un ricevitore miniaturizzato, rivestiti da una guaina esterna biocompatibile che rende il dispositivo più resistente e ne evita la frattura con distacco degli elettrodi.

Si tratta di un impianto permanente, di forma cilindrica che ha una lunghezza di 45 cm ed un diametro di 1,3 mm; la profondità di impianto raccomandata è di 6 cm ed è dotato di un sistema di ancoraggio che ne evita la dislocazione.

Il neurostimolatore comunica con un'unità esterna attraverso tecnologia wireless, il trasmettitore: un dispositivo esterno indossabile utilizzato per inviare segnali allo stimolatore.

Freedom-4 SCS System utilizza tecnologia wireless per programmare la WAA ed attivare il neurostimolatore. Il segnale wireless inviato dalla WAA, per raggiungere lo stimolatore, attraversa i tessuti del paziente ed i dispositivi comunicano attraverso segnali a radiofrequenze.

La programmazione della WAA con gli specifici parametri di stimolazione del singolo paziente è ottenuta mediante connessione bluetooth e la presenza di codici identificativi consente il riconoscimento da parte dello stimolatore solo della propria antenna.

Il trasmettitore stimola con un'ampiezza che va da 0 ai 15 mA ed una frequenza variabile dai 2 ai 1500 Hz, permette l'accensione e lo spegnimento da parte del paziente oltre ad una variazione dell'ampiezza della corrente di stimolazione nell'ordine dei 5 mA.

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I vantaggi del sistema wireless sono la completa compatibilità con RM fino a 3 Tesla ed inoltre l’eliminazione della necessità di interventi per la sostituzione dell’IPG a causa dell’esaurimento della batteria.

Esistono inoltre dispositivi secondari:

● Screener (stimolatore di prova): al momento dell'impianto, in sede intraoperatoria, viene utilizzata una stimolazione di prova per mezzo di una fonte di alimentazione temporanea. All'elettrocatetere viene collegata un’estensione temporanea collegata allo screener per mezzo di un cavo. Lo screener consente di impostare i parametri ampiezza, frequenza, durata dell’impulso e selezione degli elettrodi.

● Programmatori: sono dispositivi che vengono usati insieme al sistema completamente impiantato che consentono la programmazione non invasiva dei parametri di stimolazione. ● Dispositivo magnetico di controllo: programmatore portatile a

disposizione del paziente con il quale il paziente stesso può accendere o spegnere il dispositivo e variare le modalità di stimolazione, entro parametri definiti dal medico.

2.3 Impianto del neurostimolatore

A causa dell'elevato costo iniziale della tecnica ed il rischio di risultati clinici insoddisfacenti, l'impianto viene, di norma, effettuato in due fasi: la prima di stimolazione provvisoria e la seconda di impianto definitivo.

La durata del periodo di impianto provvisorio varia nei diversi trials clinici, passando da un giorno a molte settimane.

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La SCS si effettua principalmente tramite due tecniche: ● laminectomia minima

● impianto percutaneo

Si raccomanda di eseguire l’impianto degli elettrocateteri percutanei con il paziente in anestesia locale e minima sedazione. Ciò permette di ottimizzare il posizionamento degli elettrocateteri e riduce il rischio di lesioni neurologiche arrecate inavvertitamente. Il posizionamento di elettrocateteri chirurgici richiede una chirurgia aperta (laminectomia o laminectomia parziale), generalmente effettuata in anestesia generale. Questo tipo di elettrocateteri è meno soggetto a dislocazione.

Attualmente per facilità di approccio, minore invasività e reversibilità totale, qualora si decidesse di non procedere ad un impianto definitivo dopo il periodo di prova, è preferibile, per la maggior parte degli autori, la tecnica percutanea. La laminectomia minima viene effettuata con tecnica chirurgica, praticando un foro di 8-10 cm fra le due vertebre prescelte, previa resezione del legamento giallo. Attraverso questo accesso viene inserito nello spazio peridurale il sistema resume e viene effettuata la stimolazione di prova, fino a trovare la giusta posizione degli elettrodi. Questa stimolazione provoca parestesia in un'area più ampia rispetto all’impianto percutaneo in ragione della maggiore superficie degli elettrodi utilizzati.

Nella tecnica percutanea si individua il punto della colonna in cui si intende reperire lo spazio epidurale e si procede ad una anestesia locale per infiltrazione. La via di approccio, dopo avere praticato un’incisione di 3-5 mm, è mediana o paramediana, a seconda del punto prescelto per il repertamento dello spazio, attraverso l'utilizzo di un ago di Tuohy. Reperito lo spazio epidurale, attraverso l'ago, si fa risalire l’ elettrocatetere sotto controllo radioscopico fino al punto

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midollare da stimolare e, utilizzando i processi spinosi come repere osseo, si posiziona l'estremità del catetere il più possibile sulla linea mediana (figura 3).

FIGURA 3: Tecnica percutanea

Collegando l'estremità prossimale del catetere al generatore esterno ed effettuando una stimolazione di prova, si ricerca il livello definitivo di stimolazione midollare. L'elettrocatetere viene collocato in modo che l'elettrostimolazione copra un'area di dolore il più ampia possibile. E' quindi l'area di distribuzione della parestesia ottenuta che per definizione deve corrispondere all’area di distribuzione del dolore, che conferma il livello definitivo dei neuromeri da stimolare.

Una volta individuato il livello, l’elettrocatetere viene collegato ad un cavo di estensione percutanea, tunnellizzato sul fianco del paziente e successivamente collegato allo screener test (stimolatore esterno provvisorio) attraverso il cavo. Tutto ciò consente di poter effettuare sul paziente un periodo di stimolazione di prova, che varia da 1 a 4 settimane.

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L’obiettivo dello screening di prova è valutare l’impatto della SCS sulla qualità di vita del paziente in termini di riduzione del dolore e di utilizzo di analgesici e consente ai tecnici di determinare il fabbisogno di energia elettrica del paziente ed i parametri di funzionamento ottimali.

Per generare un campo magnetico è necessario che ci sia almeno un elettrodo negativo ed uno positivo. Durante il posizionamento dell’elettrocatetere si modifica la scelta degli elettrodi mentre il paziente fornisce indicazioni sulla sede e sull'intensità della parestesia.

Lo screening di prova offre inoltre l’opportunità di determinare quale tipologia di sistema, se totalmente impiantabile o a radiofrequenza, sia più indicato per singolo paziente. Se allo screening di prova il paziente non risponde positivamente l’ elettrocatetere viene rimosso; se invece il paziente ottiene benefici, si procede all’impianto definitivo di un sistema di SCS completo. Questa procedura si svolge in due fasi:

● impianto di un elettrocatetere/estensione ● impianto di un neurostimolatore

Generalmente il neurostimolatore viene posizionato in una tasca creata nella regione addominale, destra o sinistra. Successivamente il medico regola i parametri di stimolazione in base ai risultati ottenuti tramite lo screening di prova.

2.4 Principi e parametri di funzionamento e programmazione

Il sistema SCS applica una corrente elettrica generata tra l’elettrodo negativo e l’elettrodo positivo del elettrocatetere, sotto forma di impulsi ad una specifica regione del midollo spinale. La corrente elettrica si verifica in presenza di una fonte di alimentazione o di un circuitoelettrico completo.

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Un circuito semplice è costituito dai seguenti elementi:

● una fonte di elettroni detta fonte di alimentazione

● un conduttore di elettroni per inviare l’elettricità dalla fonte di alimentazione attraverso il tessuto corporeo e successivamente di nuovo alla fonte di alimentazione.

Le estremità dei fili conduttori della SCS sono detti elettrodi. La resistenza al flusso di elettricità, detta anche impedenza o impedenza di carico, è causata dal tessuto corporeo e dai fili stessi.

La stimolazione del midollo spinale può avvenire attraverso due tipi di flussi di corrente:

● monopolare ● bipolare

Nel sistema monopolare uno o più elettrodi posti sul elettrocatetere vengono attivati per funzionare come polo negativo mentre l’involucro della batteria funziona come polo positivo. In questo modo la corrente può scorrere tra elettrocatetere e l'involucro di metallo della batteria attraverso il tessuto corporeo.

In un sistema bipolare, la corrente scorre tra due o più elettrodi del elettrocatetere che funzionano sia come polo positivo che come poli negativi. La stimolazione multipolare è un modo bipolare correlato in cui si utilizzano uno, due o tre degli elettrodi rimanenti sul elettrocatetere.

L’obiettivo primario della programmazione è sovrapporre l’andamento della stimolazione all’andamento del dolore del paziente. L’obiettivo secondario è prolungare la durata della batteria.

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Per controllare il dolore ciascun paziente presenta un andamento proprio della stimolazione che può variare nel tempo, in particolare nelle prime due settimane dopo l’impianto, a causa delle eventuali variazioni di posizione del elettrocatetere in seguito a movimenti bruschi effettuati dal paziente. Inoltre, può essere necessario regolare la stimolazione per ottenere un controllo più adeguato del dolore.

Il sistema SCS è costituito da numerosi elementi programmabili, studiati per soddisfare le varie esigenze individuali. Questi comprendono i parametri di ampiezza, durata dell’impulso, frequenza modo di stimolazione.

Le applicazioni d’onda del SCS comprendono quattro elementi o parametri fondamentali che possono essere regolati per soddisfare le esigenze individuali di controllo del dolore:

● Ampiezza: misura dell’intensità o della potenza della stimolazione; il paziente la avverte in termini di intensità della parestesia. L’ampiezza si misura in volt.

● Durata dell’impulso: misura in microsecondi (ms) della durata dell’impulso. Quanto maggiore è la durata dell’impulso, tanto più ampia è la zona di tessuto che viene stimolata e più intensa è la sensazione di parestesia.

● Frequenza ossia numero di volte in un secondo in cui viene inviato l’impulso; si misura in impulsi per secondo (pps) o Hertz.

● Selezione degli elettrodi che permette la stimolazione monopolare, bipolare e multipolare.

● Combinazione di elettrodi; serie di due o più elettrodi o contatti di cui almeno uno abbia una polarità opposta agli altri. Quando ci sono combinazioni di più di due elettrodi si parla di “disposizione di elettrodi”.

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Ciò consente di generare campi elettrici attraverso contatti in ciascun catetere singolo come pure attraverso i due cateteri opposti per creare le parestesie desidera.

● Elettrodi protetti; selezione di tre elettrodi adiacenti in cui l’elettrodo di mezzo ha una polarità opposta agli altri due. Di solito l’elettrodo di mezzo è negativo e si parla di catodo protetto o anodo diviso. Esiste un catodo protetto al di là del catetere quando l’elettrodo negativo è su un catetere ed i due elettrodi più vicini sul catetere opposto sono positivi.

Le varie opzioni di stimolazione servono per aumentare il comfort del paziente, per variare l’andamento della stimolazione e per aumentare la durata della batteria.

Ciascun paziente richiede un andamento proprio della stimolazione per controllare il dolore. Tale andamento della stimolazione può variare nel tempo, in particolare durante le prime due settimane dopo l’impianto, a causa della eventuali variazioni della posizione dell’elettrocatetere in seguito a movimenti bruschi. Può pertanto risultare necessario regolare la stimolazione per controllare adeguatamente il dolore. I modi impostabili di erogazione della corrente elettrica dal generatore sono:

● modo continuo ● modo ciclico

Nel modo continuo il generatore di impulsi eroga continuamente la corrente elettrica impostata coi parametri settati. Di solito la modalità di erogazione continua viene impostata in fase di screening e impianto iniziale per abituare il paziente alla neurostimolazione; successivamente si programma in modo ciclico. Nel ciclico l’erogazione di corrente elettrica avviene in modo da alternare momenti in cui la zona viene elettricamente stimolata a momenti in cui la zona

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non è interessata da flusso di corrente elettrica. Questa modalità di funzionamento oltre a garantire, in linea di massima, una buona copertura dal dolore, aumenta notevolmente la durata della batteria del generatore di impulsi. Il modo ciclico deve essere adottato il più presto possibile dopo l’impianto. Grazie ad un effetto di “trasferimento” il paziente continua ad avvertire la remissione del dolore anche durante il periodo in cui il dispositivo è spento.

2.5 Tecniche di stimolazione

Fino a qualche anno fa una delle maggiori problematiche per il medico impiantista di neurostimolatori era la programmazione della neurostimolazione stessa; da tale problema scaturiva, conseguentemente la scelta della tipologia di elettrodo da impiantare: a quattro o ad otto poli. L’evoluzione della tecnica e dell’ingegneria biomedica ha portato allo sviluppo di nuovi devices e all’impiego di nuove tecniche di stimolazione.

Verranno di seguito inquadrate le tecniche di stimolazione che saranno oggetto della presente trattazione:

● stimolazione tonica o convenzionale ● stimolazione ad alta frequenza

● burst stimulation

● stimolazione a 1.2kHz. 2.5.1 Stimolazione tonica

La stimolazione convenzionale (detta anche tonica o a bassa frequenza) utilizza frequenze di stimolazione di 60-100 Hz tramite uno o due elettrodi posti nello

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spazio peridurale modulando la trasmissione degli impulsi nocicettivi e producendo parestesia nell'area target. Nella SCS convenzionale, una serie di impulsi di corrente di breve durata vengono condotti a frequenza costante in modo da stimolare gli assoni dei cordoni posteriori del midollo e permettere loro di inviare un segnale sensitivo non nocicettivo. I parametri di neurostimolazione quali ampiezza, durata dell’impulso, frequenza di ripetizione dell’impulso e poli attivi dell’elettrodo, vengono configurati in relazione all’area riferita della parestesia, al pain relief ed al comfort del paziente e possono giocare un ruolo determinante nell’outcome clinico. Questa è la modalità di stimolazione più comune, ma negli ultimi anni sono diventate popolari altre modalità prive di parestesie e quindi meglio tollerata dai pazienti.

2.5.2 High frequency spinal cord stimulation

Una delle evidenze sperimentali della stimolazione dei cordoni spinali tradizionale, specialmente in caso di dolore neuropatico, è che se non è possibile ottenere parestesie localizzate nell’area dolente del paziente, difficilmente si riuscirà a ottenere un soddisfacente pain relief. In particolare è sempre estremamente difficoltoso ottenere una buona irradiazione delle parestesie nella zona assiale lombare, plantare e toracica.

Questo risultato è stato reso obsoleto dall’adozione della stimolazione ad alta frequenza, nella quale i parametri della frequenza di stimolazione vengono incrementati progressivamente fino a 10kHz, contrariamente alle frequenze tradizionali che oscillano tra 60 e 85 Hz ed arrivano a un massimo erogabile dall’IPG di circa 250 Hz. L’invio di impulsi ad alta frequenza (parlare di 10 KHz significa inviare 10000 impulsi al secondo nell’area sottoposta a

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trattamento) porta come effetto della neurostimolazione la totale assenza di parestesie. L’assenza di parestesie porta a diversi vantaggi:

- semplificazione della procedura di impianto: infatti in sede intraoperatoria l’elettrodo è posizionato utilizzando parametri anatomici e dunque non è necessaria né la programmazione intraoperatoria né il feed-back del paziente, che può essere tranquillamente sedato

- miglior comfort e tollerabilità per il paziente sia durante la fase di impianto test sia durante la stimolazione definitiva

- uso del dispositivo anche durante le ore notturne, dato che non si hanno modificazioni dell’intensità delle parestesie con i cambiamenti di posizione.

L’utilizzo di impulsi ad alta frequenza è definito, in letteratura scientifica con ‘High Frequency 10kHz Spinal Cord Stimulation’ (HF10 SCS) e viene impiegato per il trattamento del dolore cronico refrattario del tronco e/o degli arti.

I risultati di numerosi studi, anche multicentrici, prospettici randomizzati, evidenziano l’efficacia della HF 10 SCS anche in quei pazienti che precedentemente avevano fallito un trial di stimolazione midollare tradizionale o del nervo periferico.

La metodica HF 10 SCS è una forma di SCS che rilascia stimoli ad alta frequenza al midollo spinale attraverso un sistema di cavi e di un generatore di impulsi impiantabile (IPG) molto simile ai sistemi standard. L’onda ad alta frequenza, avente una forma diversa da quella usata nell’SCS tradizionale, offre una stimolazione elettrica priva della sensazione di parestesia, diminuendo, o in certi casi eliminando, gli effetti collaterali più comuni della stimolazione; ci si riferisce, specificatamente, al reclutamento e alla stimolazione di aree “non

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doloranti” e al discomfort e la percezione di scossa elettrica durante i cambiamenti di posizione. Nella stimolazione tradizionale viene comunemente prodotta una parestesia non voluta e opprimente a livello degli arti inferiori o delle coste per ottenere una parestesia mirata nelle aree doloranti come la schiena.

Cuellar, nel suo studio su modelli animali, ha stato dimostrato che HFAC (high frequency alternating current) rilasciata verso le radici dorsali e nella dorsal root entry zone (DREZ) attraverso vari tipi di elettrodi può inibire in modo significativo l’attività dei neuroni WDR (wide dynamic range) nel corno dorsale del midollo spinale. Tale inibizione causa che i neuroni WDR si decussano e salgono nel midollo spinale fino ai centri talamici; tale attività riveste carattere di criticità nella percezione del dolore durante una stimolazione nocicettiva. Per quanto riportato, anche l’HFAC, come la SCS, può inibire in modo significativo l’attività neuronale WDR, supportando in tal modo la possibilità di poter usare la HFAC per il trattamento del dolore nocicettivo che origina dal sistema nervoso periferico. Inoltre, visto che la stimolazione persistente periferica afferente può provocare una sensibilizzazione centrale con la conseguente possibilità di stati di dolore cronico o ipersensibilità, l’uso della HFAC può portare ad un miglioramento del dolore cronico modulando l’input nervoso periferico. I neuroni WDR sono, quindi, più che semplici cellule di collegamento, in quanto il loro tasso di stimolazione e quindi l’output verso centri superiori è un riflesso dello stato eccitatorio del neurone che è un’integrazione dell’input inibitorio ed eccitatorio che ricevono. Quindi se l’input ai neuroni WDR è ridotto dalla HFAC applicata ad un qualunque aspetto del sistema neuronale afferente primario, consegue che la HFAC stessa ha la potenzialità di influenzare l’output WDR modulando l’eccitabilità complessiva

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di questi neuroni WDR. Si ipotizza che la soppressione dell’attività neuronale WDR sia il risultato di un blocco nella conduzione indotto nei neuroni primari afferenti attraverso la stimolazione con HFAC. Risulta pertanto molto probabile che la HFAC agisca secondo un meccanismo fisiologico diverso rispetto alla SCS tradizionale. Infatti la SCS è rilasciata a basse frequenze, di norma inferiore ai 100 Hz, che possono attivare i neuroni. L’azione della SCS può quindi essere dovuta alla vera stimolazione delle colonne dorsali del midollo e all’induzione della Gate Control Theory del dolore ma l’attivazione di altre strutture neuronali non può essere esclusa come potenziale contributo. Al contrario, nella HFAC, che viene rilasciata a frequenze troppo grandi per attivare i neuroni, viene indotto un blocco di conduzione, probabilmente attraverso l’inattivazione di canali ionici voltaggio dipendenti.

2.5.3 Burst Stimulation

Nella stimolazione BURST, un treno ravvicinato di impulsi ad elevata frequenza seguito da un plateau viene veicolato attraverso l’elettrodo epidurale al midollo spinale, senza generare le parestesie tipiche della SCS convenzionale. Tale metodica si basa sull’idea di mimare il fisiologico BURST firing del sistema nervoso centrale. L’innovazione nella forma d’onda della corrente erogata permette l’esecuzione di studi in doppio cieco a placebo controllato. Tali studi hanno evidenziato la riduzione di back, limb e general pain maggiore rispetto alla SCS tradizionale. Inoltre studi molto recenti hanno evidenziato l’efficacia di questa metodologia anche su pazienti affetti da neuropatia diabetica e nei pazienti,affetti da FBSS che rispondevano male alla SCS convenzionale.

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Nella stimolazione BURST la forma d’onda inviata è sensibilmente diversa da quella ad alta frequenza (figura 1).

FIGURA 1: confronto tra forma d’onda in stimolazione BURST e ad alta frequenza

La stimolazione BURST consiste in una serie di stimoli (pacchetti) ad alta frequenza intervallati da periodi di quiescenza. I pacchetti consistono in cinque stimoli da un millisecondo con un intervallo di quiescenza da 1 millisecondo (500Hz). Il numero di pacchetti utilizzati per secondo genererà il periodo di quiescenza tra i pacchetti stessi. Ad esempio se vengono utilizzati 40 pacchetti per secondo avremo una stimolazione BURST 40Hz.

Negli studi eseguiti sino ad oggi è stata dimostrata una pain relief superiore al 25% con una stimolazione BURST rispetto alla SCS. Tale differenza di efficacia si accentua significativamente nei casi di trattamento di FBSS.

2.5.4 Stimolazione 1.2kHz

La stimolazione a 1.2kHz è un nuovo tipo di stimolazione efficace nel trattamento del dolore dei pazienti con FBSS.

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Uno studio recente ha messo a confronto un piccolo gruppo di pazienti con FBSS che inizialmente ha ottenuto un buon controllo del dolore usando 10kHz e successivamente è passato alla stimolazione 1,2kHz (pazienti che precedentemente avevano avuto una riduzione del dolore ≥ 50% con 10kHz), per confrontare i risultati clinici e la carica quotidiana del dispositivo. I risultati di questo studio hanno messo in evidenza che la SCS 1,2kHz ha fornito un simile sollievo dal dolore sub-percettivo come la SCS 10 kHz; una riduzione del dolore medio (1,2kHz): 1,7 ± 0,8; 1,2kHz ha una media riduzione della carica giornaliera del 37%; la SCS subpercettiva con stimolazione a 10kHz può essere efficace come 10kHz e potenzialmente fornire sollievo dal dolore in modo più efficiente.

Sulla base di questi risultati ottenuti, gli autori propongono che l'ottimizzazione precisa dei parametri della SCS (per esempio ampiezza e larghezza dell’impulso) siano essenziali per il raggiungimento degli esiti clinici coercitivi come osservati in questo studio e che ulteriori studi sono necessari per dimostrare pienamente l'efficacia a lungo termine e la soddisfazione del paziente utilizzando SCS 1,2kHz.

Uno studio retrospettivo del 2015 ha seguito per 12 mesi i pazienti con low back pain con SCS 1,2kHz, un pulse width di 40 μs ed un’ampiezza sotto la soglia di percezione. In tutti i casi la programmazione è stata eseguita alla ricerca di parestesie che coprivano ≥ 80% dell'area dolente, sempre con la stessa frequenza e larghezza di impulso, ma con variazioni nella combinazione di catodi e anodi e ampiezza diversa. Una volta ottenuta la parestesia, l'ampiezza è stata ridotta fino a renderla impercettibile al paziente. Secondo tale studio questa modalità di programmazione sembra essere utile e applicabile a tutti i sistemi SCS esistenti: alta frequenza, bassa PW e densità di carica simile ad altri sistemi utilizzati, ma

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con il beneficio di nessuna parestesia, riduzione del VAS e miglioramenti posturali, valida dal punto di vista dell'analgesia e della soddisfazione del paziente. Ad oggi esistono vari studi sulla stimolazione 1,2kHz che ne dimostrano l’efficacia clinica ed il confort per il paziente nonchè il risparmio energetico del dispositivo.

2.6 Indicazioni alla SCS e selezione dei pazienti

Le metodiche di neuromodulazione, tra le quali la SCS, permettono un intervento non distruttivo e reversibile nel trattamento del dolore cronico grave e possono offrire una valida alternativa in quei casi in cui le terapie farmacologiche e/o chirurgiche non siano state efficaci. In generale le forme neurogene del dolore rispondono meglio alle metodiche di neurostimolazione, mentre le forme nocicettive traggono maggiori benefici dalla infusione intraspinale di farmaci.

Nel 2005 la British Pain Society, in collaborazione con la Society of British Neurological Surgeon, ha pubblicato un contenuto in cui raccomanda l’uso della SCS nelle seguenti condizioni cliniche:

● Forte indicazione in caso di Failed Back Surgery Syndrome, Complex Regional Pain Syndromes tipo I e II (CRPS), dolore neuropatico secondario a danno del nervo periferico, angina refrattaria, plessopatia brachiale post-traumatica o post-irradiazione.

● Indicazione di livello intermedio in caso di dolore da amputazione, dolore assiale dopo chirurgia spinale, nevralgia intercostale, dolore associato a danno del rachide, altre sindromi da dolore neuropatico periferico.

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Le linee guida più recenti sono quelle dell’American Society of Interventional Pain Physicans che riconoscono alla stimolazione spinale, per il trattamento del dolore associato a FBSS e CRPS, una grande efficacia per gli esiti a breve termine e un’efficacia di tipo moderata per gli esiti a lungo termine. Nel contesto delle terapie per il trattamento dell’FBSS e del CRPS, quali iniezioni epidurale di steroidi, iniezioni intrarticolari, terapia elettrotermale intradisco, anuloplastica, decompressione percutanea del disco, a cui viene riconosciuta una efficacia di livello moderato o limitato evidenzia, in modo ancora più significativo, l’importanza dell’impiego della neurostimolazione.

Buone indicazioni per l’uso della SCS sono:

● Dolore causato da lesioni di un nervo periferico in seguito a trauma, intervento chirurgico, sindromi da intrappolamento, incisioni per atti chirurgici consueti quali erniotomia e interventi ginecologici (nervi inguinali), chirurgia del ginocchio (nervo infrapatellare), safenectomia (nervo safeno) e mastectomia (nervo intercostobrachiale). Il dolore del moncone risponde meglio del dolore da arto fantasma.

● Nevralgia post Herpetica con qualche residua funzione della sensibilità cutanea

● Trattamento del piede diabetico

● Trattamento dell’Angina Pectoris refrattaria

● Trattamento del tremore invalidante o sintomatologia da Morbo di Parkinson

● Riduzione delle ischemie cerebrali

● Trattamento del dolore post-emilaminectomia, Low Back Pain, Failed Back Surgery Syndrome

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● Radicolopatia cronica cervicale e lombosacrale

● Sindrome del dolore regionale complesso (CRSP tipo II, prima definito Causalgia e CRSP tipo I prima definito Distrofia Simpatico Riflessica)

● Arteriopatie obliteranti periferiche

L’indicazione più comune per la SCS è la presenza di dolore cronico del dorso e degli arti inferiori connesso alla sindrome da intervento al rachide fallito, specialmente quando il dolore ha una natura prevalentemente neuropatica. Per FBSS si intende un dolore persistente, invalidante agli arti inferiori e/o alla regione lombare che segue a uno o più interventi al dorso; tale dolore è comunemente causato da lesioni vertebrali specie nella regione lombare.

Molti pazienti sviluppano il dolore inizialmente da una discopatia, tuttavia il dolore cronico che segue spesso è il risultato di interventi chirurgici che causano l’accumularsi di tessuto cicatriziale e/o lesioni neurali. La Tomografia Computerizzata o meglio ancora la Risonanza Magnetica possono rilevare il tessuto cicatriziale che ingloba o stira la radice.

La FBSS di origine principalmente neuropatica è la migliore indicazione per la neurostimolazione perché tale dolore è principalmente nocicettivo, sebbene risponda anche all'infusione intratecale di farmaci. Tuttavia, dal momento che la maggior parte del dolore da FBSS comprende componenti nocicettive e neuropatiche, può essere efficacemente trattato con la neurostimolazione o l'infusione intratecale. In una review, del 2005, Taylor ha dimostrato che la SCS riduce il dolore, migliora la qualità di vita, riduce il consumo di analgesici e può portare nel tempo a risparmi sui costi rispetto alle altre terapie. A differenza dell’utilizzo a lungo termine di elevati dosaggi di oppioidi, la SCS non è

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comporta disfunzioni del sistema immunitario e ormonale, depressione, aumento di peso, iperalgesia o dipendenza.

I risultati degli studi randomizzati controllati, di seguito indicati con l’acronimo RCT, su pazienti con FBSS attestano che un numero significativamente maggiore di pazienti sottoposti a SCS in aggiunta al trattamento medico convenzionale (CMM) ottiene una riduzione del dolore clinicamente significativa (>50%) rispetto ai pazienti sottoposti al solo trattamento medico convenzionale o re-intervento. Inoltre un RCT di North, la SCS è risultata significativamente più efficace rispetto al re-intervento in termini di sollievo dal dolore e soddisfazione del paziente.

L’esperienza clinica dimostra che la selezione dei pazienti è l’aspetto più importante per migliorare la percentuale di successo della SCS.

Il National Institute for Health and Clinical Excellence raccomanda l’adozione dei seguenti criteri di selezione per l’impianto di un neurostimolatore:

- Dolore non correlato a cancro, con una causa fisiologica ben definita; se il dolore è causato dall’intervento chirurgico effettuato per la resezione del tumore, la SCS può essere presa in considerazione.

- In seguito al fallimento della CMM effettuata per un periodo di 3-6 mesi ma prima di un re-intervento, se il paziente è neurologicamente stabile. - In seguito a fallimento della CMM in pazienti affetti da dolore

neuropatico o dolore misto da almeno 6 mesi, prima di considerare una terapia a lungo termine con oppioidi.

- Re-intervento chirurgico non indicato.

- Pazienti con disturbi psichiatrici maggiori, non trattati o instabili, dovrebbero essere esclusi.

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