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Puntura durale accidentale in ostetricia: revisione della procedura di gestione e trattamento.

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Academic year: 2021

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INDICE

INDICE

INTRODUZIONE

CAPITOLO 1 - La partoanalgesia

1.1 Il dolore del parto

1.2 Anatomia della colonna vertebrale

1.3 Tecnica di esecuzione dei blocchi perimidollari in ostetricia 1.4 Analgesia in travaglio di parto

1.4.1 Infusione a boli su richiesta della partoriente 1.4.2 Infusione epidurale continua

1.4.3 Analgesia epidurale a boli programmati automatizzati intermittenti

1.5. Indicazioni all'epidurale in travaglio di parto 1.6 Complicanze dell'anestesia locoregionale

1.7 La puntura durale accidentale (ADP) e la cefalea post puntura durale (PDPH) 1.8 Trattamento della PDPH 1.8.1 Supporto psicologico 1.8.2 Riposo a letto 1.8.3 Idratazione 1.8.4 Analgesici 1.8.5 Metilxantine 1.8.6 Agonisti serotoninergici 1.8.7 Cortisonici 1.8.8 Pregabalin e Gabapentin

1.8.9 Posizionamento del catetere epidurale nello spazio subaracnoideo

1.8.10 Infusione continua attraverso il catetere 1.8.11 Morfina per via intratecale

1.8.12 Agopuntura

1.8.13 Blocco del nervo grande occipitale 1.8.14 Epidural blood patch (EBP)

CAPITOLO 2 - Lo studio EPiMAP Obstetrics (European Practices in the Management of Accidental Dural Puncture in Obstetrics): European prospective multicentre observational audit to MAP out current practices in the management of patients who had accidental dural puncture during EPIdural insertion

2.1 Informazioni generali 2.2 Introduzione e background 2.3 Obiettivi e disegno dello studio

2.3.1 Criteri di inclusione 1 3 4 4 6 14 18 23 25 25 26 29 35 37 37 37 38 38 38 39 39 39 40 41 41 41 42 43 45 45 47 49 50

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2.3.2 Criteri di esclusione 2.4 Raccolta dei dati

2.5 Raccolta dei dati per il blood patch epidurale 2.6 Misure da prendere per eliminare o ridurre i bias 2.7 Durata attesa

2.8 I centri partecipanti 2.9 Statistica

2.9.1 Calcolo della numerosità campionaria 2.9.2 Metodologia statistica

2.10 Considerazioni etiche

2.11 Trattamento e registrazione dei dati

CAPITOLO 3 - Revisione della procedura di gestione e trattamento della puntura durale accidentale in ostetricia presso la SOD Anestesia e Rianimazione Materno-Infantile e Santa Chiara dell'Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana

3.1 Introduzione 3.2 Obiettivi 3.3 Materiali e metodi 3.4 Risultati 3.4.1 Diagnosi 3.4.2 Procedura

3.4.3 Gestione della partoriente dopo puntura durale 3.4.4 Trattamento profilattico 3.4.5 Trattamento terapeutico 3.5 Discussione 3.6 Conclusioni BIBLIOGRAFIA RINGRAZIAMENTI 51 51 52 52 53 53 53 53 55 55 56 57 57 58 58 59 59 60 61 61 61 67 68 69 76

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INTRODUZIONE

La cefalea da puntura durale accidentale (PDPH) rappresenta la complicanza più comune dell'analgesia epidurale durante il travaglio di parto e dell'anestesia combinata spinale-epidurale nella popolazione ostetrica.

La puntura durale accidentale (Accidental Dural Puncture, ADP) ha una frequenza variabile a seconda dei materiali impiegati e dell'esperienza dell'operatore, variando dallo 0,3 al 3%1-2. Nel caso di puntura durale accidentale,

visto il grosso calibro degli aghi di Tuohy, la cefalea post-puntura durale (Post Dural Puncture Headache, PDPH) è pressoché inevitabile e in genere richiede un trattamento terapeutico. L'incidenza della PDPH dopo puntura con ago da epidurale è del 50-75%.

La PDPH può manifestarsi in qualunque momento entro 5 giorni dall'evento, è tipico che inizi a dare i primi sintomi quando la partoriente riprende la posizione seduta. La durata è variabile, da 2-3 giorni a una settimana o più, ma nella grande maggioranza dei casi regredisce entro 5 giorni se adeguatamente trattata. Il dolore è tipicamente esacerbato dai movimenti della testa e dall'assunzione della posizione eretta e si riduce in posizione sdraiata. L'esacerbazione della cefalea in posizione eretta è la conditio sine qua non per la diagnosi di PDPH. In assenza di cefalea posturale la diagnosi di PDPH deve essere messa in dubbio e devono essere escluse altre patologie intracraniche3.

Sfortunatamente l'evidenza scientifica che supporti la migliore strategia terapeutica per la gestione di questa complicanza è minima e limitata a pochi studi non randomizzati o case reports. Si è resa quindi necessaria una revisione della procedura di gestione e trattamento della puntura durale accidentale e della cefalea post-puntura durale nella popolazione ostetrica all'interno della SOD Anestesia e Rianimazione Materno-Infantile e Santa Chiara dell'Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana. Obiettivo della presente tesi è descrivere l'esperienza di aggiornamento dei protocolli in uso tenendo conto delle più recenti acquisizioni a livello internazionale sul tema della puntura durale accidentale e della cefalea post-puntura durale. La realizzazione di una procedura di gestione unitaria si è resa necessaria per il miglioramento della qualità assistenziale. Tale attività si inserisce inoltre all'interno di uno studio clinico europeo prospettico e osservazionale denominato EPiMAP Obstetrics dell’European Society of Anesthesia, che si pone come obiettivo quello di descrivere le pratiche europee sulla gestione della puntura durale accidentale nella popolazione ostetrica.

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CAPITOLO 1

La partoanalgesia

1.1 Il dolore del parto

Il dolore del parto è un'esperienza complessa che prevede il ciclico alternarsi di opposti ed è caratterizzato da una crescente intensità e un progressivo adattamento del corpo, è diverso da ogni altro tipo di dolore e si avvicenda tra vissuti emotivi forti, gratificazione e benessere. Dal punto di vista evolutivo ha dei significati ben precisi: protezione sia della madre che del bambino, segnalazione di pericolo al corpo, reazione di difesa.

Dal momento che il parto rappresenta un evento fisiologico, il dolore che lo caratterizza è stato per lungo tempo misconosciuto e ignorato. Fino all'inizio del secolo scorso la comunità scientifica era unanimamente concorde nel sostenere che il dolore del parto fosse una necessità e il prodotto di fattori culturali e ambientali. Si dovette giungere agli anni '40-'50 per assistere a un maggiore interesse scientifico in questo campo, promosso dagli studi sulla fisiologia del dolore e dall'introduzione di nuove tecniche anestesiologiche (la tecnica della peridurale venne messa a punto in quegli anni).

Il dolore del parto è il risultato di molte e complesse interazioni fisiologiche e psicologiche, eccitatorie e inibitorie. Ha le caratteristiche del dolore acuto, veicolato dalle fibre A-delta e C, che afferiscono alle corna dorsali del midollo spinale per innescare i riflessi spinali segmentari o per essere trasmessi ai centri superiori tramite il tratto spinotalamico4.

Il dolore del parto è dovuto a una componente di danno tissutale o infiammatoria e una componenete nervosa o neuropatica. La componente tissutale è correlata alla liberazione di mediatori infiammatori che stimolano le fibre dolorifiche afferenti nelle strutture cutanee e nei visceri, le quali poi convergono verso le corna dorsali. La nocicezione è modulata dal tratto spinale discendente che riceve input dai centri superiori e dal sistema limbico.

Per convenzione durante il travaglio di parto si distinguono tre stadi5:

– I stadio, dall’inizio del travaglio alla dilatazione completa della cervice (fase dilatante);

– II stadio, dalla dilatazione completa della cervice al parto (fase espulsiva);

– III stadio, dal parto all’espulsione della placenta (secondamento). Durante il I stadio si distinguono una fase di latenza e una fase attiva. Il dolore del travaglio ha due componenti, una viscerale e una somatica. Durante il I stadio del travaglio la distensione e lo stiramento della cervice e del segmento uterino inferiore causano un dolore viscerale sordo e poco localizzato, trasmesso da fibre amieliniche di tipo C. Il dolore in questa fase è riferito all'utero e agli annessi. Nel corso del II stadio del travaglio la distensione del pavimento pelvico, della vagina e del perineo da parte delle parti presentate produce un

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dolore somatico e ben localizzato, trasportato dalle fibre mieliniche A-delta. Nella prima parte del travaglio, quando il dolore è prevalentemente di tipo viscerale mediato dalle fibre di tipo C, gli oppiacei trovano indicazione specifica come unici agenti analgesici. Quando il dolore diventa somatico è necessario affiancare l'anestetico locale all'oppioide.

L'utero è innervato dal sistema nervoso autonomo simpatico con fibre afferenti (T5-L2) responsabili dell'attività contrattile e della regolazione del flusso

ematico e fibre efferenti (T10-L1) responsabili delle sensazioni dolorifiche. Il

perineo ha un'innervazione di tipo somatico che fa capo ai nervi pudendi, femoro-cutaneo laterale, sacrococcigeo, ileoinguinale e genitofemorale.

Il dolore della fase latente (early) del I stadio di travaglio, di natura viscerale, è riferito ai dermatomeri innervati dagli stessi segmenti spinali T11-T12.

Quando il dolore progredisce alla fase attiva del I stadio diviene acuto e crampiforme, si estende ai dermatomeri adiacenti. Completata la dilatazione della cervice, si aggiunge la componente dovuta alla pressione della parta presentata sulla pelvi e alla distensione della vagina e del perineo. Il dolore perineale, di tipo somatico, si presenta acuto e ben localizzato. Nell'ultima parte del I stadio e durante il II stadio alcune donne sviluppano un dolore bruciante o crampiforme alle coscie e talora alle gambe, che è il risultato della stimolazione di strutture sensibili al dolore nella cavità pelvica.

Fattori fisici che possono influenzare la severità e la durata del dolore includono l'età, la parità, la relazione tra taglia del neonato e dimensioni del canale della nascita, lo stato della cervice all'inizio del travaglio.

Il travaglio e il parto producono un danno tissutale che provoca dolore e risposte segmentali, soprasegmentali e corticali. Il dolore del parto è uno stimolo respiratorio potentissimo, con aumento del volume tidalico e della ventilazione minuto. La conseguenza è una caduta della PaCO2 con concomitante aumento del

pH. L'alcalosi respiratoria, quando severa, provoca lo shift a sinistra della curva di dissociazione materna con diminuito transfer di ossigeno dalla madre al feto e vasocostrizione ombelicale. In fase di rilasciamento il dolore non stimola più la funzione respiratoria, per cui l'ipocapnia determina un transitorio periodo di ipoventilazione con ipossiemia che, se marcata, ha effetto anche sul feto con diminuzione della PaO2 fetale e insorgenza di decelerazioni tardive. Il dolore è

responsabile dell'incremento della secrezione delle catecolamine e del cortisolo con concomitante decremento del flusso uterino. Una quota dell'aumento del cardiac output è correlato all'incremento dell'attività simpatico-adrenergica correlata al dolore. Inoltre si ha un aumento della pressione arteriosa, che insieme al cardiac output si traduce in un aumento del lavoro cardiaco. L'aumentato release di catecolamine e cortisolo porta ad uno switch verso il metabolismo di tipo lipolitico, all'aumento del consumo di O2 fino all'acidosi metabolica e a

modificazioni dell'attività uterina con possibilità di riduzione del flusso uterino. Il dolore del parto è inoltre associato a disturbi emozionali che possono protrarsi per lunghi periodi di tempo. Molti studi hanno prodotto l'evidenza che il sollievo dall'ansia e dal dolore possono ridurre o eliminare queste alterazioni. È stato

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dimostrato che la peridurale attraverso i suoi meccanismi di blocco vasomotorio aumenta il flusso intervilloso nelle donne con riduzione del flusso e della funzionalità placentare6.

1.2 Anatomia della colonna vertebrale

La colonna vertebrale è un complesso formato da 33-34 segmenti ossei sovrapposti e articolati tra loro, le vertebre. Può essere scomposta in quattro segmenti, cervicale, toracico, lombare, sacrococcigeo. Presenta quattro curvature fisiologiche sul piano sagittale: due a concavità anteriore, primarie (cifosi toracica e sacrale) e dua a convessità anteriore, secondarie o di compenso (lordosi cervicale e lombare).

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Facendo eccezione per il sacro e per il coccige i cui segmenti vertebrali risultano fusi tra loro e fortemente modificati, si possono riconoscere nelle vertebre caratteristiche generali di costituzione e particolarità di conformazione che consentono di assegnarle a un determinato tratto della colonna.

Le vertebre presentano la conformazione interna delle ossa brevi, sono cioè formate da sostanza ossea spugnosa rivestita in superficie da una lamina di sostanza compatta. Esse sono costituite da un corpo e da un arco che, insieme, delimitano un foro vertebrale. Il corpo è la parte ventrale della vertebra, la più voluminosa e resistente. Ha forma quasi cilindrica e presenta una faccia superiore, una faccia inferiore e una faccia di contorno denominata anche circonferenza. Le due facce superiore e inferiore sono lievemente concave al centro mentre, alla periferia, si sollevano nei margini superiore e inferiore del corpo. Nella circonferenza si considerano una porzione anterolaterale concava, conformata come una doccia orizzontale poco profonda e una porzione posteriore, pianeggiante o solo lievemente concava in senso trasversale, che delimita anteriormente il foro vertebrale. I corpi delle vertebre contigue si articolano tra loro tramite le facce superiore e inferiore e tra queste si pongono i dischi intervertebrali.

L'arco è la parte posteriore della vertebra e insieme con il corpo contribuisce a delimitare il foro vertebrale. Con i suoi processi ossei e legamenti, è la parte anatomica di maggior interesse per l'anestesista. Vi si distinguono, dall'avanti in dietro, due peduncoli, due masse apofisarie, due lamine e un processo spinoso. I peduncoli sono due piccole lamine appiattite dirette sagittalmente, formano i limiti laterali del foro vertebrale e rappresentano un ponte che unisce l'arco al corpo. Ciascun peduncolo ha una faccia interna prospiciente il foro vertebrale, una faccia esterna e due margini, superiore e inferiore, che sono concavi rispettivamente in alto e in basso e prendono il nome di incisure vertebrali. I margini dei peduncoli di due vertebre contigue delimitano, sovrapponendosi, un foro intervertebrale o di coniugazione che dà passaggio al nervo spinale. La masse apofisarie si trovano posteriormente ai peduncoli . Hanno una conformazione alquanto irregolare e in ciascuna di esse si possono notare dei rilievi ossei, il processo articolare superiore, il processo articolare inferiore, il processo trasverso. I processi articolari superiore e inferiore mettono in giunzione gli archi delle vertebre contigue, mentre il processo trasverso è una propaggine dell'arco diretta in fuori. Le lamine vertebrali fanno seguito alle masse apofisarie e formano la maggior parte del contorno posteriore del foro vertebrale. Esse si dirigono obliquamente dall'alto in basso per convergere sulla linea mediana. Le lamine delle vertebre contigue risultano tra loro embricate. Il processo spinoso, impari e mediano, prende origine nell'angolo di unione delle due lamine e si porta indietro.

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IMMAGINE 2. FORMA BASALE DI UNA VERTEBRA LOMBARE, VISIONE POSTERIORE E LATERALE

I principali caratteri distintivi delle vertebre lombari rispetto a quelle degli altri segmenti consistono nel notevole volume del corpo e nella caratteristica forma dei processi spinosi. Il corpo ha un diametro trasverso maggiore di quello anteroposteriore e ha la forma di un cuneo, essendo più alto in avanti che dietro. I peduncoli sono voluminosi, con incisure inferiori più accentuate di quelle superiori. I processi articolari hanno le faccette articolari orientate sul piano

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sagittale. Dai peduncoli e dalla parte contigua delle masse apofisarie si distaccano i processi costiformi, lamine osee robuste che si dirigono in fuori. Posteriormente al processo costiforme si trovano, l'uno sopra l'altro, i processi mammilare e accessorio. Le lamine sono spesse e più alte che larghe. I processi spinosi sono robuste lamine quadrilatere dirette orizzontalmente in dietro. Il foro vertebrale si presenta in questo segmento triangolare e ristretto.

L'angolo di inclinazione dei processi spinosi, importanti punti di repere per le iniezioni neuroassiali, cambia ai vari livelli della colonna vertebrale. I processi spinosi cervicali, i primi due processi spinosi toracici e quelli lombari si trovano sullo stesso livello della rispettiva vertebra. Da T3 a L1 i processi spinosi

sono inclinati caudalmente, in particolare a livello di T4-T9.

IMMAGINE 3. IMMAGINE COMPUTERIZZATA LATERALE DELLA COLONNA VERTEBRALE RIPORTATA SULLA SUPERFICIE ANATOMICA CORRISPONDENTE, CHE MOSTRA L'ANGOLAZIONE NECESSARIA PER IL POSIZIONAMENTO DELL'AGO A LIVELLO CERVICALE, TORACICO E LOMBARE

Le vertebre si pongono tra loro in rapporto articolare tramite i corpi e i processi articolari e sono inoltre riunite tra loro per mezzo di legamenti a distanza che connettono le lamine, i processi trasversi e i processi spinosi.

Le articolazioni tra i corpi vertebrali o intersomatiche sono sinartrosi, si stabiliscono tra la faccia superiore e inferiore di due vertebre contigue. Le

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superfici articolari si presentano depresse al centro e rilevate alla periferia e sono rivestite di cartilagine articolare. Tra esse si trova il disco intervertebrale, cosicchè le articolazioni intersomatiche possono essere considerate delle sinartrosi del tipo delle sinfisi. Il disco intervertebrale ha la forma di lente biconvessa e raggiunge il suo massimo spessore a livello lombare. È formato da un anello fibroso esterno e un nucleo polposo interno, quest'ultimo si sposta durante i movimenti della colonna vertebrale e in tal modo rende possibile una certa inclinazione dei piani vertebrali che vengono tra loro a contatto. Oltre al disco intervertebrale, i mezzi di unione delle articolazioni intersomatiche sono dati dai legamenti longitudinali anteriore e posteriore. Il legamento longitudinale anteriore è un nastro fibroso che si addossa alla faccia anteriore dei corpi vertebrali, rappresenta il prolungamento del legamento atlanto-assiale e si estende fino al sacro. Il legamento longitudinale posteriore è una benderella fibrosa a contorno festonato che si trova sulla faccia posteriore dei corpi vertebrali e prospetta verso il canale vertebrale. La sua faccia posteriore si mette in rapporto con la dura madre.

Le articolazioni tra i processi articolari sono diartrosi del tipo delle artrodie in quanto si effettuano tra faccette articolari piane o, come accade nel segmento lombare, leggermente incurvate. I movimenti sono quindi di scorrimento tra superfici contigue. I mezzi di unione sono dati da una capsula fibrosa al cui interno si trova una sinoviale piuttosto lassa. La capsula è rinforzata in tutti i segmenti dai legamenti gialli e nei segmenti toracico e lombare anche da un legamento di rinforzo posteriore. I legamenti gialli sono formazioni rettangolari costituite in grande prevalenza da tessuto elastico e sono tesi tra le lamine contigue, la loro faccia anteriore è separata dalla dura madre dalla regione epidurale, quella posteriore è a contatto con le lamine e i muscoli spinali. Sulla linea mediana i legamenti gialli dei due lati convergono tra loro in prossimità della base dei processi spinosi formando un angolo di 70-90°. I legamenti gialli a livello lombare sono più alti e più spessi (circa 3,5 mm). I processi spinosi sono riuniti tra loro dai legamenti interspinosi e dal legamento sovraspinoso. I primi si fissano su due processi spinosi adiacenti, fondendosi posteriormente con il legamento sovraspinoso e anteriormente con il legamento giallo. A livello lombare risultano particolarmente spessi e densi. Il legamento sovraspinoso si sovrappone ai legamenti interspinosi e si presenta come un cordone fibroso che si estende per tutta la colonna vertebrale fissandosi all'apice dei processi spinosi, aumentando di spessore dall'alto al basso. I legamenti intertrasversari connettono i processi trasversi di vertebre vicine e assumono il massimo sviluppo a livello lombare.

Il midollo spinale è la porzione più caudale del nevrasse, continua cranialmente con il bulbo ed è rivestito da involucri connettivali riccamente vascolarizzati, le meningi spinali, insieme alle quali occupa il canale vertebrale. È connesso alla periferia dai nervi spinali, risulta elastico e flessibile, più consistente rispetto all'encefalo per via della disposizione periferica della sua sostanza bianca. Protetto dalle meningi spinali e dal liquido cafalorachidiano e grazie ai suoi mezzi di fissità, il midollo spinale segue la colonna vertebrale in tutti i suoi movimenti, senza entrare mai in contatto con superfici ossee. Privo dei suoi involucri

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meningei, il midollo spinale appare come uno stelo cilindrico, leggermente appiattito in senso anteroposteriore. A livello lombare il midollo si restringe nel cono midollare e continua con un lungo e sottile filamento fibroso, il filamento terminale, che termina sulla faccia dorsale del coccige. La guaina terminale è il rivestimento che le meningi fuse insieme costituiscono intono al filamento terminale. Prende il nome di cauda equina l'insieme delle ultime radici dei nervi spinali che con decorso verticale si portano ai fori intervertebrali di emergenza decorrendo ai lati del filamento terminale. Il midollo spinale non ha calibro uniforme, ma presenta due rigonfiamenti fusiformi a livello cervicale e lombare, dai quali emergono i nervi destinati agli arti superiori e inferiori. Alla nascita l'estremità inferiore del midollo spinale corrisponde alla 2ª-3ª vertebra lombare, nell'adulto termina a un livello compreso tra 1ª-2ª vertebra lombare nel maschio e in corrispondenza del corpo della 2ª vertebra lombare nella donna. Eccezionali sono i casi di posizione alta o bassa. Così come per l'encefalo, il midollo spinale è circondato dalle tre meningi, involucri connettivali membranosi che si presentano come tre lamine concentriche denominate, dall'esterno all'interno, dura madre o dura meninge, aracnoide e pia madre o pia meninge. Per la diversa derivazione embriologica si può distinguere la pachimeninge dalla leptomeninge, di quest'ultima fanno parte aracnoide e pia madre. La dura madre è formata da strati di connettivo fibroso ricco di fibre elastiche, la pia madre e l'aracnoide sono costituite invece da un connettivo più lasso. Le meningi sono separate tra loro da spazi detti intermeningei, lo spazio sottodurale o infradurale tra dura madre e aracnoide e lo spazio subaracnoideo tra aracnoide e pia meninge dove circola il liquido cefalorachidiano. Lo spazio subaracnoideo è attraversato, oltre che dai nervi che partono dal midollo spinale, anche dalle arterie e dalle vene che giungono fino al midollo stesso. I vasi sanguigni decorrono in piccoli spazi che sono estensioni dello spazio subaracnoideo e giungono fino al midollo. Gli anestetici locali somministrati nello spazio subaracnoideo possono quindi diffondersi attraverso questi spazi perivascolari fino al midollo stesso, determinando il blocco delle strutture neurassiali. Lo spazio subaracnoideo si estende fino alla 2ª vertebra sacrale. All'estreno della dura madre, tra questa e la superficie ossea, si delimita un altro interstizio denominato spazio epidurale o peridurale, occupato da plessi venosi e da materiale adiposo. Lo spazio epidurale si estende dalla base del cranio fino allo iato sacrale, è delimitato anteriormente dal legamento longitudinale posteriore che ricopre i corpi vertebrali e posteriormente dal legamento giallo e dalle lamine vertebrali. Lo spazio epidurale non è uno spazio chiuso, ma comunica con lo spazio paravertebrale attraverso i forami intervertebrali. Viene distinto in due compartimenti, uno anteriore e uno dorsolaterale. Esso è costituito da grasso distribuito soprattutto intorno alle radici nervose e da tessuto areolare presente in strato sottile tra la dura e il canale vertebrale.

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IMMAGINE 4. SEZIONE TRASVERSA

Il grasso epidurale ha degli effetti importanti sulla farmacologia degli oppioidi e degli anestetici locali somministrati per via intratecale o epidurale. Lo spazio epidurale accoglie il plesso venoso vertebrale interno che scorre nel contesto del tessuto areolare sia anteriormente che posteriormente e le vene longitudinali anteriori. Sono inoltre presenti piccole connessioni venose tra la dura e il plesso venoso vertebrale interno. La dura madre è adesa al canale vertebrale anteriormente e posteriormente mediante un apparatore sospensore che ne impedisce l'allontanamento, mentenendo comunque un certo grado di mobilità. Il termine spazio epidurale è improprio in quanto non esiste nel vivente così come nel cadavere un vero e proprio spazio se non quando la dura madre è separata artificialmente dal canale vertebrale come avviene iniettando anestestici locali, per cui sarebbe più corretto parlare di regione epidurale. La distanza dello spazio epidurale dalla cute nella popolazione ostetrica varia da 2,5 a 9 cm con valori medi di 4-5 cm7-9. Lo spazio epidurale subisce dei cambiamenti in gravidanza.

Esso si restringe a causa della dilatazione dei plessi venosi epidurali che trasportano il sangue dagli arti inferiori alla vena cava superiore (ciò spiega il più basso dosaggio di anestetici richiesto nella paziente gravida). I legamenti e i tessuti sovrastanti si imbibiscono per cui il reperimento dello spazio epidurale può

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essere più difficoltoso con aumento del rischio di puntura durale accidentale. Inoltre, durante le contrazioni uterine si perde la caratteristica pressione negativa nello spazio epidurale, utile per il reperimento dello stesso.

Dal midollo spinale fuoriescono le radici spinali anteriori e posteriori che uscendo dallo spazio subaracnoideo incrociano lo spazio epidurale e si uniscono infine a formare 31 paia di nervi cranici (8 paia cervicali, 12 paia toracici, 5 lombari, 5 sacrali e un paio coccigeo). Le radici posteriori conducono gli impulsi afferenti e lungo il loro decorso si trova il ganglio spinale. Le radici anteriori sono efferenti.

Le fibre nervose possono essere classificate in base al loro diametro e alla loro velocità di conduzione. Le fibre di tipo A hanno un diametro e una velocità di conduzione maggiore e sono densamente mielinizzate. Si distinguono tre sottogruppi in questa categoria. Le fibre A-alfa e le fibre A-beta veicolano principalmente stimoli di tipo meccanico, le fibre A-gamma trasportano informazioni tattili, le fibre A-delta sono più sottili e rispondono a stimolazioni meccaniche e termiche, il 25% di esse viene attivato da stimoli nocicettivi. Le fibre appartenenti alla categoria B sono di tipo mielinico e sono localizzate nella porzione pregangliare del sistema nervoso autonomo e portano impulsi simpatici e parasimpatici. Le fibre C sono le più piccole, sono amieliniche e conducono impulsi termici e dolorifici. Il dolore viene quindi tramesso dalle fibre A-delta e dalle fibre C, sebbene sembra che il dolore acuto e intenso sia veicolato di preferenza dalle fibre A-delta, mentre quello sordo dalle fibre C. Il diametro delle fibre nervose è il principale determinante della suscettibilità della fibra stessa all'anestetico locale. Nelle fibre di diametro inferiore gli impulsi nervosi sono bloccati da concentrazioni inferiori di anestetico locale di quelle necessarie a bloccare fibre di diametro più ampio. Altro fattore determinante è la distanza internodale, ovvero la distanza tra i nodi di Ranvier, poichè il blocco della conduzione procede in modo progressivo e richiede più tempo nelle fibre che hanno i nodi di Ranvier più distanziati. Dopo la somministrazione di un anestetico locale il blocco si stabilisce prima a livello delle fibre B, segnalato dall'aumento della temperatura cutanea, subito dopo alle fibre A-delta e C con perdita della sensibilità dolorica e termica, segue poi il blocco della sensibilità propriocettiva (fibre A-gamma) e in maniera più o meno completa della sensibilità tattile (A-beta). Il blocco motorio completo (fibre A-alfa) avviene solo se sono state somministrate concentrazioni elevate di anestetico locale.

Il liquido cefalorachidiano si trova nel canale centrale del midollo spinale e nelle cavità encefaliche dalle quali passa nello spazio subaracnoideo tramite i fori di Magendie e di Luschka situati nel tetto del 4° ventricolo. Il liquido cefalorachiadiano è un liquido incolore o lievemente citrino, di aspetto limpido con reazione alcalina e in equilibrio idrostatico e osmotico rispetto al plasma. Il suo peso specifico medio è di 1,006 a 37°C e varia in relazione al sesso, alla gravidanza e allo stato ormonale della donna. Risulta costituito da acqua per il 99%, da sostanze organiche e sali, sono inoltre presenti piccole quantità di glucosio (50-75 mg/dl). Le proteine del liquor variano da soggetto a soggetto e

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con l'età (23-38 mg/dl). La parte corpuscolata del liquor è costituita da linfociti, rari monociti e da cellule ependimali. Questi elementi si trovano in numero di circa 2-5 per mm3. La quantità totale corrisponde a 100-130 ml e aumentà nell'età

avanzata. La pressione del liquor è di circa 6-20 cmH2O. Esso viene prodotto con

un meccanismo di dialisi dai plessi corioidei alla velocità di 0,35 ml al minuto, equivalenti a circa 500 ml al giorno, e il suo riassorbimento è opera principalmente dei capillari presenti nello spazio subaracnoideo e attraverso le granulazioni del Pacchioni nei seni della dura madre.

1.3 Tecnica di esecuzione dei blocchi perimidollari in ostetricia

L´anestesia spinale ed epidurale o la loro tecnica combinata spinale-epidurale permettono di raggiungere un livello anestesiologico appropriato in caso di taglio cesareo programmato o urgente e un'adeguata analgesia in corso di travaglio di parto.

Esistono delle controindicazioni all'esecuzione dei blocchi perimidollari. I disturbi della coagulazione e i trattamenti anticoagulanti sono annoverabili tra le controindicazioni assolute, così come la sepsi e le infezioni locali nel sito dell'iniezione, i deficit immunitari, la patologie acute cerebrali e della colonna vertebrale, lo shock ipovolemico, i casi di aumentata pressione intracranica e di ipersensibilità agli agenti locali. Gravi deformazioni spinali, malattie croniche neurassiali, artrite, prolasso del disco intervertebrale, stenosi del canale spinale e interventi di artrodesi vertebrale rappresentano delle controindicazioni relative, dove occore fare un'attenta valutazione dei rischi rispetto si benefici. Nella gravide esistono inoltre delle controindicazioni specifiche: placenta previa centrale sanguinante, prolasso del cordone ombelicale, asfissia fetale acuta.

Il raggiungimento dello spazio subaracnoideo e dello spazio epidurale si ottiene inserendo un ago nello spazio interlaminare tra i processi spinosi L2-L3, L3

-L4, L4-L5. Questi vengono identificati partendo dalla linea che congiunge il limite

superiore delle due creste iliache e che attraversa il processo spinoso di L4 (linea di

Tuffier). Il blocco perimidollare può essere effettuato con la gravida in posizione seduta, con le spalle abbassate, la testa piegata sul torace e il bacino e le spalle sullo stesso piano orizzontale, o in decubito laterale, con le gambe flesse sull'addome e spalle e bacino sullo stesso piano verticale. In posizione seduta i reperi anatomici sono più facilmente identificabili, tuttavia, in questa posizione, la pressione idrostatica è maggiore nello spazio epidurale, nelle vene epidurali e nel sacco durale, aumentando il rischio di puntura durale o venosa accidentale. La posizione laterale è più comoda per la paziente, previene la compressione aorto-cavale, è associata a minor rischio di ipotensione posturale e di procidenza di parti presentate durante il travaglio. Occorre considerare che nella donna gravida risulta più difficile riuscire ad ottenere una corretta flessione della colonna vertebrale, anche per via del dolore in corso di travaglio. La pelvi è ruotata sull'asse longitudinale, per cui la linea che congiunge idealmente le due creste iliache o linea di Tuffier assume un rapporto più cefalico rispetto alla colonna stessa e

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attraversa di solito il corpo di L4. Lo spazio tra due processi spinosi adiacenti

risulta inoltre ridotto nella gravida.

Gli aghi da spinale e da epidurale si distinguono per il tipo di punta (a matita, a punta smussa, con margine tagliente). Vengono utilizzati i diametri esterni degli aghi da spinale e da epidurale per determinare il loro Gauge. Tutti gli aghi da spinale e da epidurale possiedono un mandrino aderente che previene l'ostruzione dell'ago ad opera di frammenti di cute o grasso.

L'approccio allo spazio subaracnoideo ed epidurale può essere mediano o paramediano.

I tessuti attraversati dall'ago nell'approccio mediano sono nell'ordine, dall'esterno verso l'interno, la cute, il tessuto sottocutaneo, il legamento sovraspinoso, il legamento interspinoso, il legamento giallo, lo spazio epidurale, la dura madre, l'aracnoide. L'ago va inserito sulla linea mediana e mantenuto sul piano sagittale. Il raggiungimento da parte della punta dell'ago nel legamento giallo è percepito come un aumento della resistenza all'ago stesso, sensazione che risulta più marcata qualora si usi un ago da peridurale.

Nell'approccio paramediano bisogna porre particolare attenzione nell'infiltrazione con anestetico locale dei tessuti sottocutanei e dei muscoli paravertebrali fino al periostio della lamina. L'ago viene inserito 1 cm lateralmente e caudalmente allo spazio intervertebrale prescelto e viene fatto avanzare in direzione craniomediale con un angolo di circa 10-15°. I tessuti attraversati in questo caso dall'ago sono, nell'ordine, la cute, il tessuto sottocutaneo, l'aponeurosi lombare, il legamento giallo, lo spazio epidurale, la dura madre, l'aracnoide.

L'anestesia locale per infiltrazione dei tessuti e dei legamenti attraversati dall'ago prima dell'esecuzione del blocco perimidollare è di primaria importanza, specialmente durante l'anestesia epidurale o combinata, per evitare che la paziente avverta dolore e compia movimenti di difesa durante l'esecuzione del blocco stesso.

L'iniezione di un anestetico locale nello spazio subaracnoideo porta a un blocco temporaneo della conduzione di stimoli nelle radici dei nervi spinali e a paralisi delle fibre autonomiche, sensitive e motorie. L'anestesia spinale è caratterizzata dalla facilità di esecuzione, dall'onset dell'effetto rapido, dall'eccellente livello di anestesia prodotta e dalla quasi totale assenza di tossicità sistemica.

L'anestesia spinale richiede l'iniezione di un piccolo volume di anestetico locale direttamente nel liquido cerebrospinale nella regione lombare al di sotto del livello L1-L2, dove termina il midollo spinale.

L'anestesia spinale richiede aghi e introduttori speciali. Gli aghi da spinale possono appartenere a due gruppi con caratteristiche differenti:

– aghi da spinale con punta conica (pencil point), per esempio Pencan, Sprotte, Whitacre 25-29 G. Essi attualmente coscituiscono lo standard. Quando la dura viene perforata con questi aghi le sue fibre inizialmente vengono respinte lateralmente e successivamente si richiudono;

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– aghi da spinale con la punta Quincke 25-27 G. Il foro della punta dell'ago deve essere diretto lateralmente durante la puntura, affinchè oltrepassi la dura in direzione longitudinale.

IMMAGINE 5. AGHI DA SPINALE

Con l'anestesia spinale c'è un'incidenza inevitabile di cefalea da puntura della dura, per cui sono stati introdotti molti modelli di aghi per tentare di ridurre questo problema. Attualmente l'incidenza più bassa si associa all'uso di aghi a punta smussa di calibro molto ridotto (modelli Whitacre da 24 G con punta a matita o di modelli Sprotte con ampio foro laterale). Il piccolo calibro e le punte relativamente smussate di questi aghi ne richiedono l'inserimento tramite un introduttore che deve concordare necessariamnete con il tipo di ago utilizzato per evitare che la punta si danneggi e che viene inserito fino al legamento interspinoso.

Gli aghi più comunemente usati per il blocco subaracnoideo sono quelli di piccolo calibro (25-27 G) con punta a matita. Aghi più piccoli non modificato l'incidenza di cefalea post-spinale dovuta a liquorragia e sono molto meno maneggevoli e più soggetti ad eventuale rottura. Nell'eseguire il blocco subaracnoideo, dopo aver attraversato il legamento giallo con l'ago, si procede alla perforazione della dura avvertendo un caratteristico cambio di resistenza. Si procede quindi all'estrazione del mandrino con evidenza di fuoriuscita di liquido cafalorachidiano.

L'introduzione di un anestetico locale nello spazio subaracnoideo determina un blocco nervoso delle radici spinali ventrali e dorsali, dei nervi del sistema nervoso simpatico, dei tronchi nervosi dei centri misti, del tratto di Lissauer, della sostanza gelatinosa e della superficie del midollo spinale. Le fibre nervose amieliniche di piccolo calibro sono generalmente le prime ad essere bloccate.

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l'ipotensione dovuta al blocco simpatico, da correlare con il diminuito ritorno venoso, che può essere prevenuto con un leggero Trendelemburg e con la somministrazione di cristalloidi. I farmaci vasocostrittori sono da utilizzare con prudenza in ostetricia a causa della vasocostrizione a livello utero-placentare. La funzione respiratoria non risulta modificata nel blocco spinale basso. Se il blocco interessa anche i dermatomeri toracici si può verificare una paralisi dei muscoli intercostali con riduzione del volume inspiratorio e inibizione di un efficacie riflesso della tosse. Il flusso ematico cerebrale non è alterato in corso di anestesia spinale, a meno che non si verifichi un'ipotensione importante. Sull'apparato digerente si può verificare un aumento della peristalsi con rilasciamento degli sfinteri, nausea e vomito da correlarsi sia al rilasciamento del piloro e dello sfintere di Oddi , che a un'ipossia bulbare da ipotensione e all'eventuale uso di farmaci oppiacei. Infine, il blocco simpatico determina una vasodilatazione periferica con dispersione di calore e talora brivido.

L'estensione del blocco dipende da variabili che possono essere distinte in due categorie, indipendenti e dipendenti. Le variabili indipendenti includono l'età (incremento dello spread cefalico per riduzione del volume e della densità liquorale, rallentamento della cinetica di eliminazione), le variabili anatomiche (altezza della colonna vertebrale, indice di massa corporea, configurazione anatomica del rachide) e la caratteristiche fisico-chimiche del liquido cefalorachidiano (volume, pH, densità, temperatura, baricità). Le variabili dipendenti sono il punto di somministrazione, la velocità di somministrazione, la direzione dell'ago, la postura e le somministrazioni epidurali in corso di anestesia combinata (la somministrazione di un volume di liquido nello spazio epidurale crea una riduzione del diametro del sacco durale che contiene il liquor riducendone il volume e aumentando la pressione con una spinta dal basso verso l'alto).

Nel blocco epidurale i farmaci vengono iniettati nello spazio epidurale per interrompere la conduzione nelle fibre sensitive, somatiche e autonome. Lo scopo del blocco epidurale nei parti eutocici è il blocco sensitivo dei segmenti desiderati con le più basse concentrazioni possibili di anestetico locale, di oppioide o della loro combinazione. Nel taglio cesareo lo scopo è ottenere un'anestesia adeguata con dosaggi farmacologici più alti.

Gli aghi da epidurale hanno un diametro maggiore di quelli da spinale, ciò facilita l'iniezione di aria o di liquido effettuata per la tecnica della perdita della resistenza e il passaggio del catetere. L'ago generalmente usato per il blocco epidurale è l'ago di Tuohy, che possiede una punta arrotondata verso l'alto e poco tagliente per ridurre il rischio di puntura durale e per facilitare la fuoriuscita del cateterino e il suo direzionamento. Il calibro dell'ago varia tra 16 e 20 G. Gli aghi sono graduati in centimetri per permettere la misurazione della profondità raggiunta. L'identificazione dello spazio epidurale si basa sulla sensazione di perdita di resistenza che si percepisce quando l'ago passa da un tessuto a maggiore densità, il legamento giallo, ad uno a densità minore, lo spazio epidurale. Il legamento giallo offre una resistenza sia al passaggio dell'ago che all'iniezione di

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fluidi. Quando la punta dell'ago di Tuohy incontra la resistenza fornita dal legamento giallo si sfila il mandrino e si raccorda la siringa all'ago. La siringa può essere riempita con soluzione fisiologica sterile (tecnica del mandrino liquido) o con aria (tecnica del mandrino aereo). Con la tecnica del mandrino liquido è necessario procedere in modo continuo facendo avanzare l'ago e sfruttando solo la pressione costante esercitata sul pistone della siringa. La siringa va impugnata con la mano dominante che esercita la forza sullo stantuffo mentre l'altra mano effettua una contropressione sulla schiena della partoriente. Con la tecnica del mandrino aereo si procede invece in maniera intermittente con ripetute pressioni sullo stantuffo, seguite dai relativi rimbalzi. In questa tecnica la mano dominante effettua la pressione intermittente, mentre quella non dominante esercita la forza necessaria per la penetrazione dell'ago. La tecnica del mandrino aereo è associata a una maggiore incidenza di puntura accidentale della dura, di dolore alla spalla e alla nuca, di compressione delle radici nervose e di analgesia incompleta o a chiazze. Identificato lo spazio epidurale, il cateterino viene fatto progredire delicatamente attraverso l'ago di Tuohy per circa 3-4 cm anteriormente ad esso, che può quindi essere sfilato. Se introdotto per più di 5 cm il cateterino tende ad arrotolarsi, a malposizionarsi o a incannulare più frequentemente un vaso. Il cateterino inserito va quindi testato pe scongiurare un posizionamento accidentale subaracnoideo o intravascolare e quindi connesso con il filtro antibatterico. Il posizionamento accidentale subaracnoideo se non prontamente riconosciuto può portare alla somministrazione di dosi elevate di anestetico locale nello spazio con conseguente anestesia spinale totale. Per evitare questa temuta complicanza si procede al test di aspirazione della durata di almeno 30 secondi e alla somministrazione di una dose-test di anestetico totale che non sia in grado di produrre un'anestesia spinale totale, ma che abbia comunque degli effetti riconoscibili nel corso di un breve periodo di osservazione (2-3 minuti). Il posizionamento intravascolare accidentale può condurre al collasso cardiovascolare. L'incidenza di questa complicanza è maggiore nella popolazione ostetrica a causa della dilatazione delle vene epidurali. L'utilizzo di dose-test non ha applicazione nel travaglio poichè in questo caso si utilizzano dosi di anestetico locale diluite che non provocano sintomi di evidente tossicità vascolare. Quindi l'iniezione endovenosa di soluzioni diluite di anestetici locali non induce chiari segni di tossicità sistemica, ma porta semplicemente a un fallimento del blocco. I boli standard impiegati nell'analgesia epidurale per il travaglio di 10-15 ml di bupivacaina allo 0,065%-0,1% con oppioidi aggiunti sono esse stesse dosi test ottimali. La possibilità della migrazione del cateterino in una vena o nello spazio subaracnoideo implica che ad ogni uso esso debba essere testato.

1.4 Analgesia in travaglio di parto

L'anestesista si trova a operare in un ambiente particolare dove il fine ultimo non è la guarigione della malattia, bensì la nascita di un bambino, un evento denso di implicazioni psicologiche ed emotive. Le persone con le quali

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viene a contatto l'anestesista non sono pazienti ma partorienti e quindi donne sane che si ricoverano in ospedale e che si aspettano di partorire senza alcun problema. La prima preoccupazione dell'anestesista deve essere quindi la sicurezza della partoriente che si ottiene con l'accurata informazione, con l'esecuzione scrupolosa delle procedure e dei protocolli terapeutici in uso e approvati dai responsabili di servizio e dalla direzione sanitaria e con la comunicazione costante con le altre figure professionali.

È opportuno che tutte le gravide ricevano le informazioni riguardanti l'analgesia perimidollare per il travaglio e il parto spontaneo e l'anestesia per il taglio cesareo. La visita anestesiologica con la firma del consenso informato si può effettuare dalla 32a settimana e dovrebbe essere estesa a tutte le gestanti per

poter affrontare ogni tipo di circostanza nel modo più sicuro e adeguato.

L'analgesia durante il travaglio di parto si è dimostrata in grado di apportare notevoli benefici sia alla madre che al nascituro. L'analgesia locoregionale perimidollare con le sue differenti metodiche è considerata il metodo più efficace per combattere il dolore del travaglio e del parto, grazie alla sua modulabilità e flessibilità che la rendono adattabile alle diverse fasi e alle diverse donne, ognuna con caratteristiche e aspettative differenti, nel rispetto del fisiologico andamento della gravidanza. La sicurezza e l'efficacia dell'analgesia in travaglio di parto sono così ampiamente dimostrate che la richiesta materna non può restare insoddisfatta sulla base di un presunto rapporto rischi/benefici sfavorevole della metodica. Inoltre, la pratica dell'analgesia in corso di travaglio di parto su richiesta materna, anche al solo scopo di lenire il dolore da parto ha piena giustificazione clinica, etica e deontologica10. La diffusione della metodica è

necessaria anche al fine di disincentivare il ricorso al taglio casareo, di cui il nostro paese detiene il triste primato mondiale con oltre il 40%. La possibilità di un travaglio senza dolore con la deambulazione conservata riduce la percezione di medicalizzazione legata al ricovero ospedaliero. La letteratura scientifica attualmente non ha ancora raggiunto delle conclusioni definitive circa l'eventuale responsabilità dell'analgesia sulle modificazioni indotte sulla dinamica del travaglio e sul suo espletamento fisiologico. Gli studi non sembrano confermare il dato dell'allungamento della fase dilatante, mentre è dimostrata una lieve tendenza all'allungamento del periodo espulsivo e un maggior ricorso all'ossitocina. Si può ipotizzare che il dato sull'aumento della durata del II stadio sia solo apparente, in quanto mentre la dilatazione sembra aumentare di velocità per via della simpaticolisi indotta dal blocco perimidollare, la discesa della parte presentata segue il suo decorso fisiologico11-12.

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Benefici indotti dalla partoanalgesia

Benefici per la madre • controllo del dolore

• riduzione del consumo di

ossigeno

• riduzione dell'iperventilazione • controllo dell'acidosi metabolica • riduzione dell'increzione di

catecolamine e di ormoni dello stress

• miglioramento del circolo

placentare

• riduzione dell'ansia

Benefici per il feto • ridotta acidosi metabolica

• migliorata circolazione placentare conseguente alla vasodilatazione

• riduzione del consumo di

ossigeno e miglioramento dell'ossigenazione

TABELLA 1. BENEFICI INDOTTI DALLA PARTOANALGESIA

L'analgesia perimodollare in travaglio viene usualmente richiesta dalla donne e può essere eseguita solo previo consenso del ginecologo di guardia. Usualmente la cartella anestesiologica è stata già compilata e il consenso informato già firmato. Solo su indicazione del ginecologo e purché sussistano le condizioni cliniche si può compilare la cartella e sottoscrivere il consenso in maniera estemporanea. Indicazioni all'analgesia in corso di travaglio sono la presentazione occipito-posteriore, l'ipertensione indotta dalla gravidanza, la prematurità e il ritardo di crescita intrauterina, il travaglio prolungato, il travaglio indotto, il pregresso taglio casareo, il parto prematuro, le malattie cardiache o respiratorie della madre, il diabete mellito, il possibile distacco della retina, la rimozione manuale di placenta post-partum e in caso di recente intervento addominale.

Obiettivo della partoanalgesia è limitarsi al controllo della sensibilità enterocettiva dolorifica senza interferire con la sensibilità propriocettiva (pressoria, vibratoria, di posizione, discriminativa) e con la sensibilità esterocettiva (protopatica ed epicritica) per non interferire con l'evoluzione del travaglio13. Per incidere il meno possibile sul travaglio bisogna adattare l'analgesia

alla fase del travaglio, evitare l'ipotensione, favorire la deambulazione, salvaguardare la sensibilità lasciando che emerga il dolore di significato patologico. Non interferendo con la sensibilità propriocettiva si garantirà la

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deambulazione, con miglioramento dei diametri pelvici materni, la riduzione della frequenza e la maggiore intensità delle contrazioni uterine e il miglioramento dell'outcome neonatale per minore compressione aorto-cavale. L'obiettivo è quindi trattare il dolore viscerale bloccando le fibre C e il dolore somatico bloccando le fibre A-delta con basse concentrazioni per scongiurare l'ipotensione secondaria al blocco delle fibre B simpatiche pregangliari. Il secondo obiettivo da perseguire è di evitare di interferire con la percezione della spinta, che condiziona il riflesso di Fergusson che stimola la normale secrezione di ossitocina endogena14. Rispettando questi due principi l'analgesia non potrà essere causa di

distocia, ma piuttosto il mancato o difficile controllo del dolore potrà essere considerato un marker indiretto di distocia o di dolore patologico.

È necessario stabilire quando si ha il passaggio tra il I e il II stadio del travaglio. Il tempo di transizione è definito come il tempo che intercorre tra la dilatazione completa e l'inizio delle spinte che nella nullipara in analgesia epidurale può durare fino a tre ore, nelle donne non in analgesia epidurale fino a due ore. Il questo periodo si compie la discesa fisiologica della testa, per cui sarà corretto far iniziare a spingere la donna solo quando il livello della parte presentata è maggiore di 0 e la donna inizia ad avvertire la sensazione di spinta e non quando ha raggiunto la dilatazione completa. L'outcome fetale non dipende dalla lunghezza del II stadio, risultando invariato o addirittura migliorato dall'allungamento del II stadio, visti gli effetti positivi che l'analgesia svolge sulle modificazioni materne indotte dal parto. Non ha quindi alcun senso interrompere la partoanalgesia a dilatazione conclusa, ma appare deontologicamente corretto dare adeguata informazione alla partoriente al fine di evitare incomprensioni penalizzanti.

La scelta anestetica dovrebbe basarsi su tre variabili, la dose, la concentrazione e il volume di anestetico locale. La tendenza attuale è quella di una progressiva riduzione della concentrazione degli anestetici locali da soli o in combinazione con gli oppioidi finalizzata al raggiungimento del blocco differenziale con minima interferenza sul travaglio di parto, condizionata anche dalla disponibilità di farmaci dotati di capacità dissociativa. L'adozione sequenziale di oppioidi e anestetici locali ha rivoluzionato la condotta dell'analgesia per il parto spontaneo e l'analgesia postoperatoria minimizzando le interferenze sulla funzione motoria e permettendo di raggiungere un controllo ottimale del dolore15.

I requisiti ideali di un anestetico locale per l'analgesia durante il travaglio e il parto sono:

– analgesia efficace e pilotabile;

– sicurezza per la madre;

– nessuno o minimo indebolimento della forza muscolare;

– nessuna alterazione sulla progressione del feto;

– nessuna depressione del feto.

Uno studio di Santos et al del 1999 ha dimostrato che l'infusione di bupivacaina, levobupivacaina e ropivacaina non produceva nessuna variazione

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emodinamica né nella pecora né nel feto16. Per via della tossicità cardiaca della

bupivacaina l'attenzione si è spostata sugli anestetici levogiri levobupivacaina e ropivacaina. La levobupivacaina risulta essere il 40% più potente della ropivacaina e determina un blocco motorio meno intenso rispetto alla bupivacaina. Nel corso dell'analgesia di parto si dovrebbe mirare a bloccare la trasmissione nocicettiva afferente delle sole fibre sottili C e A-delta, entrambe a lenta conduzione risparmiando le fibre nervose motorie A-alfa mediante la scelta di un anestetico locale a concentrazione ridotta. Per quanto riguarda il volume si è visto che il suo aumento con una pari riduzione della concentrazione dell'anestetico locale non determina un decremento analgesico nonostante la riduzione complessiva della dose somministrata, dimostrando i benefici della somministrazione epidurale di alti volumi.

L'analgesia epidurale a basso dosaggio è compatibile con qualsiasi posizione la gravida voglia assumere per effettuare efficacemente la spinta (il riflesso di spinta non viene abolito). Sospendere sempre l'infusione di ossitocina qualora sia in corso. Non è necessaria la preidratazione. È buona norma eseguire sempre il monitoraggio materno e cardiotocografico per 25-30 minuti dopo l'esecuzione del blocco perimidollare.

Una delle motivazioni maggiori che ha spinto negli ultimi anni verso un diverso razionale d'impiego per le dosi di analgesia è stata quella di poter incrementare la deambulazione materna durante il travaglio. I benefici si basano sul razionale teorico che la posizione eretta migliori il confort materno, l'intensità delle contrazioni, eviti la compressione cavale e facili la discesa fetale nello scavo pelvico aiutando a rilasciare la muscolatura. Questi fattori si traducono in un accorciamento del travaglio, una minore durata e dolore del II stadio, un minore numero di parti operativi e ricorso all'episiotomia e minore incidenza di tracciati cardiotocografici non rassicuranti.

L'American College of Obstetric and Gynecologists (ACOG) ha stabilitico nel 2002 che la dilatazione cervicale non è un buon indice per determinare quando iniziare un'analgesia perimidollare17. La decisione di quando

iniziare un'analgesia epidurale dovrebbe essere presa individualmente per ciascuna paziente prendendo in considerazione altri fattori come la parità. Non è richiesto che le donne in travaglio raggiungano 4-5 cm di dilatazione cervicale, ma è sufficiente che il travaglio sia avviato (in una primipara occorre che la frequenza delle contrazioni uterine percepite come fastidiose/dolorose sia di 2-3 in 10 minuti con collo uterino appianato e centralizzato con una dilatazione di almeno 2 cm, mentre nella pluripara l'analgesia epidurale va intrapresa il prima possibile). In accordo con la fisiopatologia quanto più precocemente si inizia un'analgesia tanto meno farmaco occorrerà per abolire il dolore18.

I farmaci somministrati possono essere diversi secondo la posizione della testa fetale e della parità. Nella grande maggioranza dei casi è utilizzata l'associazione oppioide-anestetico locale, poichè l'aggiunta degli oppiodi presenta dei vantaggi dovuti alla riduzione del dosaggio totale di anestetico locale e non è correlata a effetti collaterali materni e fetali, se non con um modesto e transitorio

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prurito.

Alcune donne riferiscono un dolore importante anche durante la fase latente quando cioè la frequenza delle contrazioni è di 1-2 in 10 minuti. È possibile intervenire in questa fase con farmaci appropriati. Una rewiew sistematica della letteratura di Wassen et al. ha mostrato che non si verifica un aumenta del rischio di taglio cesareo o parto vaginale strumentale nelle donne che ricevono precocemente l'analgesia perimidollare rispetto a quelle che la ricevono più tardivamente19.

Gli oppioidi sono utili da soli nel periodo prodromico quando il dolore è prevalentemente di tipo viscerale mediato dalle fibre amieliniche di tipo C. Gli oppioidi non interferiscono sulla conduzione nervosa come avviene per gli anestetici locali, per cui non possono determinare né blocco motorio né simpaticolisi, che sarebbero deleteri nella fase precoce del travaglio. Quando il dolore diviene somatico, mediato dalle fibre A-delta, è necessario affiancare l'anestetico locale all'oppioide.

Prima della somministrazione di ogni bolo di anestetico locale la paziente va posizionata obbligatoriamente sul fianco sinistro o con un cuscino sotto la natica destra per prevenire la compressione aorto-cavale e le sue conseguenze. La mancata prevenzione della sindrome determina una riduzione della gittata cardiaca che può arrivare fino al 50% se l'ipotensione si accompagna a bradicardia, cui consegue diminuzione del flusso utero-placentare. Una ipotensione materna prolungata determina la diminuzione del flusso intervilloso uterino con ipossia fetale, ipotensione, ridotta perfusione cerebrale e probabile insulto cerebrale neonatale.

Dopo la dose di carico iniziare l'analgesia può avvenire come infusione a boli su richiesta della partoriente o come infusione epidurale continua (da intraprendere 30 minuti dopo la dose iniziale) o ancora come epidurale a boli programmati automatizzati intermittenti (ogni 60-90 minuti). Le tre tecniche sono sovrapponibili in termini di analgesia e soddisfazione materna. Il minore blocco motorio si ottiene con le tecniche intermittenti piuttosto che con l'infusione continua, così come si registra un maggiore consumo di farmaci con quest'ultima tecnica rispetto alle altre due20-26.

1.4.1 Infusione a boli su richiesta della partoriente

A) Periodo prodromico e inizo I stadio

È la fase di preparazione al travaglio vero e proprio; le contrazioni uterine, disordinate e asincrone, iniziano a far accorciare e appianare la cervice uterina. Il dolore della contrazione è di solito di intensità moderata e riferito ai dermatomeri T11-T12. Alcune partorienti riferiscono un dolore significativo in questa fase. È sufficiente usare oppioidi per vie epidurale (Fentanil 50-100 mcg o Sufentanil 5-10 mcg in un volume totale di soluzione fisiologica di 5-10 ml). Alle dosi successive si somministra l'anestetico locale (Levobupivacaina 0,0625% 10-20 ml nella primipara, Levobupivacaina 0,125% 10-10-20 ml nella pluripara).

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Corrisponde alla fase attiva della dilatazioe cervicale. Le contrazioni divengono regolari per tempo, durata e intensità e determinano la progressiva dilatazione del segmento uterino inferiore e del collo con conseguente discesa della testa fetale. Il dolore delle contrazioni aumenta progressivamente con il progredire del travaglio e viene percepito inizialmente a livello della proiezione cutanea dei dermatomeri T11-T12 e successivamente si estende ai segmenti

adiacenti T10-L1.

Quando si intraprende la partoanalgesia in questa fase si somministra Fentanil 50-100 mcg o Sufentanil 5-10 mcg in un volume totale di 5 ml di soluzione fisiologica in associazione all'anestetico locale. Nella primigravida si associa Levobupivacaina 0,0625% 10-20 ml, nella plurigravida Levobupivacaina 0,125% 10-20 ml. Le dosi successive sono costituite solo da boli di anestetico locali nelle stesse concentrazioni e volumi della prima dose.

C) Inizio II stadio

La parte presentata si sposta nel canale del parto. In questa fase intervengono le contrazioni dei muscoli addominali, avvengono la riduzione, l'impegno, la progressione e la rotazione interna della testa fetale. Il dolore è molto intenso e ben localizzato al perineo con irradiazione alle cosce. Il passaggio dal I al II stadio è avvertito dalla donna in analgesia epidurale come la trasformazione della sensazione non dolorosa di contrazione addominale in sensazione non dolorosa di pressione sul retto.

Quando si inizia la partoanalgesia e la partoriente si trova in questo stadio si somministra Fentanil 50-100 mcg o Sufentanil 5-10 mcg in 5 ml di volume totale sia nelle primigravide che nelle plurigravide. Nella prime si associa Levobupivacaina 0,0625% 20 ml, nelle seconde Levobupivacaina 0,125% 10-20 ml. Le dosi successive sono costituite solo da boli di anestetico locale nelle stesse concentrazioni e volumi della prima dose.

D) Dilatazione completa

A dilatazione ultimata anche prima che sia avvenuta la rotazione della testa fetale occorre somministrare un bolo di anestetico locale indipendentemente dalla presenza del dolore per prevenire il dolore della fase espulsiva.

Si somministra Levobupivacaina 0,125% 5 ml in assensa di dolore e 10 ml in presenza di dolore.

E) Parto

Durante il periodo espulsivo si compiono il disimpegno e la rotazione esterna della testa fetale. La componente perineale è la causa principale del dolore. Le spinte volontarie della partoriente non vanno consentite e incoraggiate fino a quando la parte presentata non abbia superato il piano dello stretto medio o livello 0 e la rotazione della testa fetale non sia completata, per non interferire con la rotazione della testa fetale stessa.

Dopo la rotazione interna della testa fetale e con la parte presentata al piano perineale si può scegliere di somministare Levobupivacaina 0,25-0,5% 5-10 ml per prevenire il dolore di un'eventuale episiotomia/episiorrafia, per produrre analgesia del perineo e per facilitare la distensione del perineo da parte della testa

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fetale.

1.4.2 Infusione epidurale continua

la dose di carico viene somministrata secondo gli schemi iniziali utilizzati per l'infusione a boli su richiesta della partoriente. Dopo 30 minuti dalla dose carico si inizia l'infusione continua. Nella primipara la soluzione analgesica è costituita da Fentanil 1 mcg/ml + Levobupivacaina 0,0625% a 8-10 ml/h, mentre nella pluripara essa è costituita da Fentanil 1 mcg/ml + Levobupivacaina 0,125% a 10 ml/h.

1.4.3 Analgesia epidurale a boli programmati automatizzati intermittenti

La somministrazione a boli intermittenti programmati ogni 60-90 minuti produce un livello di analgesia stabile e continuaed evita l'alternanza ciclica di analgesia e dolore tipica della tecnica a boli su richiesta della partoriente. Alla soluzione anestetica di Levobupivacaina 0,0625% si può aggiungere Fentanil 1 mcg/ml. I soli automatizzati sono costituiti da 10 ml di soluzione anestetica e vengono somministrati ogni 60-90 minuti.

L'analgesia in travaglio di parto avanzato può essere intrapresa anche con la metodica combinata epidurale-spinale, con una dose iniziale somministrata per via subaracnoidea e le successive dosi per via epidurale.

La dose iniziale per via subaracnoidea è costituita da Levobupivacaina 0,5% 2,5-3 mg + Fentanil 15 mcg o Sufentanil 1,5 mcg con soluzione fisiologica fino a un volume complessivo di 2 ml.

Le dosi successive per via epidurale sono costituite da Levobupivacaina 0,0625% nella primipara e Levobupivacaina 0,125% nella pluripara e possono essere soministrate con tecnica top-up (10-20 ml) o in infusione continua (10 ml/h).

L'impiego della combinata spinale-epidurale nel travaglio permette di raggiungere gli obiettivi ricercati dalla partoanalgesia coniugando la rapidità e specificità degli oppiacei per via intratecale con la possibilità di somministrare anestetico in spinale o in peridurale a concentrazioni minime efficaci sfruttando la sinergia con gli oppioidi. I dati in letteratura confermano che non vi è rispetto alla gestione del travaglio con la sola epidurale alcuna differenza per quel che riguarda l'incidenza di parti operativi, l'influenza sulla mobilità materna, la cefalea post-spinale, l'incidenza di tagli cesarei e di complicanze per il neonato. Tale tecnica risulta vantaggiosa per il rapido onset e quindi può rusultare utile nel travaglio avanzato27. La maggiore difficoltà di esecuzione della tecnica e la non ancora

piena comprensione delle dosi ottimali delle associazioni farmacologiche non la rendono una metodica di routine.

Qualora il travaglio sia già alla fase finale del periodo dilatante o nella successiva fase espulsiva è possibile il controllo del dolore con l'analgesia subaracnoidea, in grado di ottenere un veloce e adeguato controllo del dolore.

La soluzione anestetica è costituita da Levobupivacaina 0,5% 2,5-3 mg + Fentanil 15 mcg o Sufentanil 1,5 mcg con soluzione fisiologica fino a un volume

(26)

complessivo di 2 ml. Questo tipo di analgesia ha una durata di circa 150 minuti, per cui il limite della procedura è costituito dalla durata dell'analgesia.

TECNICA PERIMIDOLLARE

VANTAGGI SVANTAGGI

ANALGESIA

EPIDURALE • analgesia continuapossibilità di estendere l'anestesia per il taglio cesareo • lento onset dell'analgesia • maggiori dosi di farmaco • maggiore rischio di tossicità sistemica materna ANALGESIA

SUBARACNOIDEA • tecnica semplicerapido onset dell'analgesia • minima tossicità • durata limitata dell'analgesia ANALGESIA COMBINATA SPINO-EPIDURALE • analgesia continua • basse dosi di farmaci

• minor blocco della

sensibilità propriocettiva • rapido onset dell'analgesia • possibilità di estendere l'anestesia per il taglio cesareo • verifica ritardata del corretto funzionamento del catetere epidurale

TABELLA 2. TESCICHE DI BLOCCO PERIMIDOLLARE A CONFRONTO

1.5 Indicazioni all'epidurale in travaglio di parto

Il dolore del travaglio presenta due componenti, una sensoriale relativa alla trasmissione dell'impulso doloroso e una affettiva che interpreta le sensazioni dolorose attraverso l'interazione delle variabili emozionali, sociali, culturali e cognitive. È un dolore acuto di intensità variabile, dinamico in relazioni alle condizioni ostetriche, diverso da donna a donna, poichè vari fattori ostetrici contribuiscono al suo determinismo (peso del feto, rottura delle membrane, induzione del travaglio, primiparità, età gestazionale, condizione del collo dell'utero, caratteristiche delle contrazioni). Il dolore, l'ansia e lo stress attivano delle risposte riflesse con effetti sulla madre e sul feto. L'ansia e il dolore durante

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il travaglio causano una significativa iperincrezione di catecolamine con aumento rispetto ai valori basali del 300-600% per l'adrenalina, del 200-400% per la noradrenalina, del 200-300% per il cortisolo28-29. L'iperincrezione di catecolamine

ha come conseguenza importanti modificazioni cardiocircolatorie. A livello dell'utero si assiste a una diminuzione del flusso ematico e a una diminuzione degli scambi materno-fetali. Il flusso ematico uterino in gravidanza dipende solo dalla differenza di pressione artero-venosa esistente tra arterie e vene uterine, non è autoregolato e non risente della tensione parziale dei gas respiratori, risponde con la vasocostrizione a ogni agente alfa-mimetico. La catecolamine agiscono anche sulla contrattilità dell'utero, mediante la stimolazione dei recettori alfa e beta (l'adrenalina e il cortisolo diminuiscono l'attività contrattile uterina, mentre la noradrenalina la aumenta). In alcune donne l'aumento dell'adrenalina e del cortisolo determinano una vera e propria alterazione del normale andamento del travaglio, soprattutto se associate ad acidosi tissutale causano una vera e propria incoordinazione nell'alteranarsi delle fasi di contrazione e di riposo delle fibre muscolari uterine. La contrazioni possono diminuire di intensità ed aumentare di frequenza e si può perciò assistere all'instaurarsi di un travaglio distocico. L'increzione di catecolamine determina un aumento della frequenza cardiaca e della gittata con conseguente aumento del lavoro cardiaco, vasocostrizione periferica, con aumento delle resistenze e diminuzione del flusso uterino. Ciò è dovuto sia all'aumento dell'attività simpatica sia a un aumento del ritorno venoso, dovuto alla spremitura di sangue che subisce l'utero durante la contrazione verso la circolazione generale. L'aumento della gittata cardiaca e dei valori pressori sistemici porta all'aumento del lavoro del ventricolo sinistro. Queste modificazioni sono bel tollerate nella donna sana, ma possono causare seri problemi nelle portatrici di malattie cardiache, ipertensione arteriosa, preeclampsia e grave anemia.

Il dolore e l'ansia causano iperventilazione, con riduzione della PaCO2,

parallelamente si assiste a un aumento del pH e all'instaurarsi di un'alcalosi respiratoria. L'ipocapnia è una altro fattore responsabile della vasocostrizione periferica, con riduzione degli scambi materno-fetali e conseguente ipossia e acidosi fetale. La diminuzione della PaCO2 causa anche una transitoria

depressione dello stimolo alla respirazione. La PaO2 diminuisce in media del 25%,

quando scende al di sotto dei 70 mmHg si verificano effetti negativi anche sul feto (ipossiemia fetale che può causare decelerazioni tardive). La somministrazioni di analgesici o l'esecuzione di analgesia epidurale diminuiscono l'iperventilazione e fanno si che si abbia una PaCO2 più stabile.

L'aumentata stimolazione simpatica determina un aumento del metabolismo basale e del consumo di ossigeno. Questi eventi, associati alla diminuita concentrazione di bicarbonati plasmatici, compenso dell'alcalosi respiratoria, causano l'insorgenza di una progressiva acidosi metabolica, prima materna e poi fetale. Nel corso del travaglio di parto aumenta il matabolismo lipidico, con significativo aumento nel plasma degli acidi grassi e del lattato. Sul tratto gastrointestinale aumenta la secrezione di gastrina, con aumento dell'acidità

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