• Non ci sono risultati.

Progettazione di un museo virtuale in XVR e di un'applicazione Android a realtà aumentata con contenuti presi da database esterni.

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Progettazione di un museo virtuale in XVR e di un'applicazione Android a realtà aumentata con contenuti presi da database esterni."

Copied!
186
0
0

Testo completo

(1)

DIPARTIMENTO DI

FILOLOGIA, LETTERATURA E LINGUISTICA

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN INFORMATICA

UMANISTICA

TESI DI LAUREA

Progettazione di un museo virtuale in XVR e di un'applicazione Android

a realta aumentata con contenuti presi da database esterni.

CANDIDATO

RELATORI

Michele Mallia

Chiar.mo Prof. Marcello Carrozzino

Chiar.mo Prof. Franco Tecchia

(2)
(3)

Indice

Introduzione ... 1

CAPITOLO I ... 5

RV/RA nei beni culturali, musei virtuali e database online ... 5

1.1 Tecnologie dell’informazione, i Beni Culturali e l’Arte ... 5

1.2 Virtual Heritage ... 7

1.2.1 La “nascita” della realtà virtuale applicata ai Beni culturali ... 8

1.2.2 CUVE (Cultural Virtual Environments) ... 8

1.2.3 Fasi realizzative per un progetto di virtual heritage ... 9

1.3 Musei Virtuali ... 11

1.3.1 Il Virtual Museum della Apple (1992) ... 11

1.3.2 Gli obbiettivi per la realizzazione di un museo virtuale ... 12

1.3.3 La tomba di Nefertari e primo paradigma di museo virtuale ... 12

1.3.4 L’avvento di Internet e il secondo paradigma di museo virtuale ... 14

1.3.5 Differenze fra il museo reale e il museo virtuale ... 15

1.4 La realtà aumentata applicata ai beni culturali ... 16

1.4.1 La tassonomia di Milgram e i primi albori ... 16

1.4.2 Campi di applicazione ... 17

1.4.3 La realtà aumentata come ausilio per le disabilità ... 18

1.5 Stato dell’arte: casi studio ... 18

1.5.1 Il progetto Nu.M.E. ... 19

1.5.2 Il Progetto MU.VI ... 20

1.5.3 Krzysztof Walczak e le esibizioni museali in VR/AR ... 22

1.5.4 Il Museo delle Forme Pure ... 27

1.6 Repositories online di opere d’arte... 28

1.6.1 National Gallery of Art – NGA Images ... 29

1.6.2 The Metropolitan Museum of Art online repository ... 30

1.6.3 Google Art & Culture ... 30

1.6.4 Europeana ... 32

CAPITOLO II ... 34

Architettura dei progetti in RV e in RA ... 34

(4)

2.1.1 Selezione dei criteri di ricerca ... 35

Figura 2: Schema che rappresenta la composizione della pagina web in base alla repository scelta. ... 37

Figure 3: Schema riassuntivo sui vari controlli effettuati dal codice javascript sui componenti della pagina HTML. ... 38

Figura 4: Schema che riassume le operazioni dello script per il popolamento dinamico del menu delle categorie. ... 39

2.1.2 Recupero delle risorse ... 40

Figura 6: Ciclo che raffigura le operazioni effettuate per lo scaricamento delle immagini. ... 43

2.1.4 Generazione dinamica del museo virtuale ... 50

2.2 Architettura del Museo Virtuale in AR ... 55

2.2.1 Progettazione in ambiente Android ... 55

2.2.2 Progettazione in Unity3D ... 60

Figure 12: Schema che raffigura le varie componenti di un oggetto plane. ... 64

CAPITOLO III ... 65

Implementazione e strumenti ... 65

3.1 Implementazioni e strumenti nel Museo Virtuale in VR ... 65

3.1.1 Controllo e recupero dei parametri di ricerca ... 65

3.1.2 Trattamento dei dati in entrata ... 70

3.1.3 Recupero delle informazioni da Google Images ... 70

3.1.4 Recupero delle informazioni da Wikimedia Commons ... 76

3.1.5 Recupero delle informazioni da Europeana ... 83

3.1.6 Scaricamento delle risorse ... 85

3.1.7 Creazione delle texture ... 88

3.1.8 Algoritmo di modularità delle stanze ... 89

3.1.9 Popolamento delle opere d’arte ... 94

3.1.10 Funzionalità per la fruizione dei beni culturali ... 98

3.2 Implementazioni e strumenti nel Museo Virtuale in AR ... 103

3.2.1 Controllo dei parametri di ricerca in Android Studio ... 104

3.2.2 Recupero delle informazioni da Google Images ... 109

3.2.3 Recupero delle informazioni da Wikimedia Commons ... 115

3.2.4 La classe UnityPlayerActivity.java ... 118

3.2.5 Componenti della ARCamera di Unity3D ... 120

(5)

3.2.7 Scaricamento delle texture ... 124

3.3 Problematiche riguardo il museo virtuale XVR ... 125

3.3.1 Virtualizzazione e carenza di prestazioni ... 126

3.3.2 Richieste HTTPS ... 126

3.3.3 Approccio con C++ ... 126

3.3.4 Variabilità dei metadati ... 127

3.3.5 Problemi nella codifica dei metadati ... 127

3.3.6 Raggiungimento delle risorse in Europeana ... 128

3.4 Problematiche riguardo l’applicazione AR ... 128

3.4.1 Integrazione di Unity3D con Android Studio ... 128

3.4.2 Gestione delle operazioni asincrone ... 128

3.4.3 Primo approccio con Unity3D e Vuforia ... 129

CAPITOLO IV ... 130

Test di performance e di usabilità ... 130

4.1 Test di performance sull’applicazione XVR ... 130

4.1.1 Test relativi a Google Images ... 130

4.1.2 Test relativi a Wikimedia Commons ... 134

4.1.3 Test relativi a Europeana ... 137

4.1.4 Sistemi a confronto ... 141

4.2 Test di performance sull’applicazione Android ... 143

4.2.1 Test relativi a Google Images ... 143

4.2.2 Test relativi a Wikimedia Commons ... 145

4.2.3 Sistemi a confronto ... 146

4.3 Test di usabilità ... 148

4.3.1 Analisi demografica del campione... 148

4.3.2 Analisi sugli aspetti culturali e videoludici ... 150

4.3.3 Test di usabilità per l’applicazione XVR ... 152

4.3.4 Test di usabilità per l’applicazione Android/Unity3D ... 167

CAPITOLO V ... 174

Riepilogo e idee per il futuro... 174

5.1 Analisi dei traguardi raggiunti... 174

5.2 Idee future per l’applicazione XVR ... 175

5.2.1 Utilizzo del VR con interfaccia vocale ... 175

(6)

5.2.3 Creazione di nuove ambientazioni per la fruizione ... 176

5.2 Idee future per l’applicazione Android ... 176

5.2.1 Implementazione markerless ... 176

5.2.2 Aggiunta dei metadati ... 177

5.5 Conclusioni... 177

(7)

1

Introduzione

La realtà virtuale è una tecnologia che sta prendendo sempre più piede nella società moderna. Con questo nome s’intende quell’insieme di tecnologie volte alla visualizzazione di immagini generate al computer in un ambiente tridimensionale in cui l’utente può navigare e interagire. L’obbiettivo della realtà virtuale è “quello di far immedesimare l’utente creando l’illusione di realismo e immersione attraverso una serie di feedback visivi, sonori e anche tattili, dando la possibilità all’utente di poter dominare assolutamente la scena virtuale rappresentata”.1 Per questo motivo, il nuovo mondo digitale può essere chiamato virtual reality in quanto riesce a simulare da vicino l’esperienza della realtà attuale. Creare immagini allo scopo di riprodurre ciò che si vede è stato uno degli elementi che ha caratterizzato per millenni la specificità dell’essere umano e, sin dai primi graffiti delle pitture rupestri, il genere umano ha esibito un’abilità innata nella rappresentazione del mondo che lo circonda, del movimento e dello spazio tridimensionale.

I primi campi d’applicazione della realtà virtuale hanno riguardato l’ambito militare e narrativo.

In campo militare si può fare riferimento ai fatti che anticipano e che seguono la Seconda Guerra Mondiale; basti pensare allo sviluppo di un simulatore di volo da parte della Link Areonautic Corporation. Sviluppato nel 1929, rappresenta il primo simulatore della storia utilizzato dall’esercito statunitense per consentire ai piloti dell’aeronautica miliare di potersi allenare in maniera sicura. Inizialmente, l’esercito americano comprò sei di questi dispositivi per 3500 dollari; con lo scoppiare della Seconda Guerra Mondiale, vennero usati oltre 10000 pezzi per poter allenare oltre mezzo milione di piloti.2

In tutt’altro ambito, quello narrativo, la realtà virtuale viene descritta per la prima volta nel 1930 in un’opera fantascientifica di Stanley Weinbaum intitolata Lo Spettacolo di Pigmalione; in questo scritto è contenuta l’idea di un paio di occhiali che permettono a chi li indossa di sperimentare un mondo immaginario attraverso l'olografia, l'olfatto, il gusto e il tatto3.

L'esperienza descritta da Weinbaum è così incredibilmente simile all'esperienza moderna ed emergente della realtà virtuale, da rendere l’autore un vero precursore in questo campo.

1 Learning Site’s, Inc, Milestones in Virtual Heritage, gennaio 2017, visto il 31 gennaio 2018.

http://www.learningsites.com/EarlyWork/LSInc_VH-history.php

2 Virtual Reality Society, History of Virtual Reality, 2017, visto il 31 gennaio 2018.

https://www.vrs.org.uk/virtual-reality/history.html

(8)

2

Tra i primi esempi di applicazioni di realtà virtuale è necessario ricordare il Sensorama, creato nel 1957 da Morton Heilig; si tratta di un simulatore in grado di generare gli odori della città, la sensazione del vento e delle vibrazioni in cui l’utente percepiva l’ambiente ricostruito di New York City. Questo dispositivo aveva molte delle caratteristiche di un sistema VR tranne per il fatto che la rotta era fissa e l'esperienza non era quindi completamente interattiva; tuttavia, un tale coinvolgimento sensoriale completo è stato raramente duplicato da allora.

Come sappiamo, dagli anni Cinquanta ai giorni nostri, l’informatica si è sviluppata con un ritmo straordinariamente rapido, divenendo una componente insostituibile nella vita dell’uomo moderno. Con essa, il campo di interesse nell’utilizzo della realtà virtuale è aumentato a dismisura; sono molteplici i settori in cui questa tecnologia viene adottata con enormi benefici: medicina, chirurgia, architettura, intrattenimento, business, sport, ramo militare, arte, educazione, media ed anche nella riabilitazione e nel trattamento delle fobie.

Entrando nello specifico di questo progetto di tesi di laurea, la mia attenzione si è concentrata sul campo di applicazione della realtà virtuale nell’ambito dei beni culturali. Quest’ultimo, infatti, rappresenta un’enorme potenzialità nell’utilizzo di questa nuova tecnologia che determina una svolta nella fruizione delle opere d’arte.

Essendo questa una tesi di laurea di Informatica Umanistica, si è cercato di coniugare l’aspetto tecnologico con quello culturale facendo interagire due discipline considerate lontane le une dalle altre.

L’obbiettivo di questa tesi magistrale consiste nella realizzazione tutta virtuale di un museo di quadri che vengono presi direttamente da “depositi” presenti nella rete. Il museo è stato realizzato con l’ausilio di strumenti di realtà sviluppati presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e con tecniche di fetching4 di dati che consentono di poter avere informazioni su varie opere d’arte. Il programma utilizzato per la realizzazione del progetto è XVR (eXtreme Virtual Reality) che gestisce l’aspetto immersivo e grafico dell’applicazione, creando un ambiente virtuale, inizialmente vuoto, che può essere popolato con vari elementi di natura grafica, quali possono essere solidi oppure modelli tridimensionali.

Anche se un programma puramente didattico, è stato possibile realizzare un modello museale abbastanza fedele alla realtà e, nonostante la sua struttura sia abbastanza semplice, capace di contenere diverse opere d’arte. Essendo il numero di opere d’arte variabile, la struttura del museo è modulare, nel senso che cambia forma in base al numero di opere selezionate dall’utente.

(9)

3

L’obbiettivo di questa tesi, infatti, è quello di poter dare al fruitore uno strumento con il quale possa esplorare una grande varietà di opere prese da depositi di immagini autorevoli come Europeana, Google Art Project e che contengono grandi informazioni multimediali come Google Images. L’utente potrà effettuare diverse ricerche: selezionare il tipo di deposito da cui vuole recuperare le immagini, inserire il nome dell’artista oppure esplorare diverse gallerie d’arte presenti in tutto il mondo. Attraverso il programma, si potrà ricreare un ambiente virtuale con quadri presenti nella Galleria degli Uffizi, oppure visualizzare opere presenti nelle gallerie d’arte di tutto il mondo. Infine, l’utente potrà selezionare il numero di immagini da visualizzare, partendo da una base di cinque immagini per un massimo di trenta (questi limiti verranno spiegati nel capitolo inerente alla realizzazione tecnica del museo virtuale).

Le immagini dei quadri e le varie informazioni che riguardano queste opere sono state prese grazie all’ausilio di strumenti creati dal candidato e da altri creati appositamente dai gestori dei servizi web di Europeana e Wikimedia Commons. Sono state, pertanto, utilizzate delle API (Application Program Interface) in grado di poter comunicare con i server ed effettuare richieste ben specifiche per l’estrazione di metadati e risorse multimediali da poter essere utilizzare per la realizzazione di questo museo.

Per realizzare queste richieste sono stati utilizzati vari linguaggi di programmazione, fra i quali Javascript, C++, JSON e XML; alcuni sono serviti per estendere le capacità del programma (in quanto molte funzioni di recupero di immagini non erano presenti nella versione base) e altri per poter leggere le risposte dei vari server relative alle informazioni riguardanti le opere d’arte.

Il progetto principale è stato affiancato da o un progetto secondario consistente in un’applicazione Android che sfrutta la tecnologia della realtà aumentata per la fruizione di opere d’arte. L’applicazione Android è stata sviluppata prendendo spunto dal progetto principale, ovvero il museo virtuale sviluppato con XVR; con essa è possibile effettuare ricerche per nome dell’artista e per collezioni d’arte, prendendo spunto da repositories come Google Art Project (Wikimedia Commons) e Google Images.

Per l’applicazione a realtà aumentata sono stati utilizzati un software e una libreria specifica per l’AR. Il software in questione è Unity3D, un motore grafico che negli ultimi anni sta avendo molto successo ed è molto utilizzato per la realizzazione di videogames per diverse piattaforme (macOS, Windows, Linux etc…). Per l’implementazione delle capacità di Realtà Aumentata è stata utilizzata Vuforia, una libreria creata appositamente per la realizzazione di applicazioni AR in diversissimi campi, dall’intrattenimento (videogames come Pokemon Go) ai beni culturali. Anche con questa libreria è possibile creare applicazioni per diverse piattaforme, quindi sia per Android che per iOS.

(10)

4

Questo progetto di tesi ha diverse finalità: la prima, è quella di poter realizzare uno strumento per poter fruire di beni culturali secondo un paradigma diverso da quello museale in quanto è possibile poter vedere in qualsiasi momento opere d’arte allocate in posti a volte molto lontani. Inoltre, attraverso questi dispositivi anche le persone con problemi (come chi, per esempio, non può spostarsi a causa di disabilità) potranno avvicinarsi e godere dei beni artistici.

Sia per l’applicazione VR sia per quella in AR, sarà l’utente a decidere lo spazio dove poter visualizzare le opere d’arte.

Da quanto accennato, si evince che l’obbiettivo principale di questo progetto è quello di avvicinare le persone al mondo della cultura attraverso mezzi nuovi e più coinvolgenti dal punto di vista tecnologico, in modo da abbattere i limiti fisici e spaziali e stuzzicare la curiosità di coloro che preferiscono visitare un museo con un supplemento tecnologico.

Nel primo capitolo si affronterà il tema delle tecnologie VR e AR applicate al mondo dei beni culturali, con una particolare attenzione ai musei virtuali presenti nella rete e nei vari ambienti virtuali di arte e cultura presenti nel mondo; si tratterà anche dei vari repository di opere d’arte online (come Europeana e Google Art Project) che promuovono la conoscenza attraverso Internet e dei vari rapporti che intercorrono fra il mondo dei beni culturali e il mondo tecnologico. Verrà anche fatta una piccola dissertazione sul concetto delle tecnologie informatiche applicate ai beni culturali.

Nel secondo capitolo verrà mostrata l’architettura delle varie soluzioni create per questo progetto di tesi, con una spiegazione sui meccanismi che costituiscono il progetto senza però addentrarsi nella parte algoritmica e implementativa.

Nel terzo capitolo si passerà a una spiegazione più approfondita che consiste nella presentazione dei vari codici che permettono al progetto di svolgere le varie funzioni di estrazione di dati e di immagini dai repository di opere d’arte, con una attenzione verso i vari linguaggi di programmazione e spiegazioni della natura tecnica dei vari componenti del progetto.

Nel quarto capitolo si passerà a una rassegna delle varie performance dei programmi analizzando, da una parte, i risultati ottenuti con i vari metodi per estrazione di informazioni, e dall’altra la fruibilità della cultura attraverso l’utilizzo di strumenti di Realtà Virtuale e Realtà Aumentata, concentrandoci soprattutto sull’aspetto delle prestazioni computazionali e sull’usabilità dei due progetti.

Nel capitolo finale si farà un riepilogo delle varie tematiche che sono state affrontate nella tesi, sia dal punto di vista tecnico che teorico, con una particolare attenzione sugli sviluppi futuri che potranno essere effettuati nel campo della XR (Mixed Reality) applicato ai beni culturali.

(11)

5

CAPITOLO I

RV/RA nei beni culturali, musei virtuali e database online

In questo capitolo si tratterà dell’applicazione delle tecnologie della Realtà Virtuale (abbreviata con RV) e delle Realtà Aumentata (RA) nel campo dei beni culturali. Verranno qui esposti vari casi studio che possono essere considerati gli archetipi in quanto si tratta di progetti sviluppati utilizzando le prime forme di tecnologia. Si parlerà, inoltre, di progetti che rappresentano lo stato dell’arte e di alcuni database di opere d’arte online utilizzati per gli scopi di questo progetto.

Prima di parlare delle tecnologie RV e RA applicate ai beni culturali è necessario fare un discorso sul tema delle tecnologie informatiche applicate ai beni culturali e sul concetto di museo virtuale.

1.1 Tecnologie dell’informazione, i Beni Culturali e l’Arte

Dall’introduzione dei primi calcolatori, negli anni Cinquanta del secolo scorso, l’informatica si è sviluppata con un ritmo straordinariamente rapido, divenendo ormai una componente insostituibile della vita dell’uomo moderno.

Dai settori più tradizionali nell’ambito delle amministrazioni, delle banche, del calcolo scientifico, i calcolatori man mano sono stati utilizzati anche in altri ambiti e per altri scopi, come ad esempio nello studio, nell’analisi e nell’indagine sulle opere d’arte e, più in generale, sui Beni Culturali già esistenti.

Per quanto riguarda il connubio fra tecnologie informatiche ed arte si possono distinguere due tendenze principali5:

1. Il calcolatore utilizzato per effettuare indagini sulle opere d’arte o per riprodurre

virtualmente le opere d’arte esistenti

2. Il calcolatore impiegato per creare opere d’arte

(12)

6

Soprattutto riguardo al primo filone, ovvero sulla conoscenza più approfondita delle opere d’arte, si sono avuti diversi sviluppi importanti. Tramite le nuove tecnologie è stato possibile effettuare un’indagine dall’interno per “capirne i segreti e i contenuti più intimi”6 al fine di poter tramandare e preservare in modo sicuro un valore importante per l’umanità.

Vito Cappellini7 presenta uno schema che elenca le varie mansioni che un calcolatore può occupare nel mondo dei beni culturali; esso può essere utilizzato per:

1. Costruire un archivio elettronico pressoché indistruttibile contenente schede, immagini e altri dati multimediali, partendo dalla documentazione elettronica delle opere d’arte reali.

2. Effettuare una valutazione sul grado di invecchiamento nel tempo delle opere d’arte attraverso le acquisizioni digitali e le archiviazioni effettuare in periodi diversi.

3. Realizzare cataloghi elettronici delle opere d’arte per diffondere la conoscenza dei Beni Culturali a livello nazionale e internazionale.

4. Realizzare restauri virtuali o elettronici che permettono di simulare il restauro fisico di opere degradate o danneggiate, con lo scopo di formare restauratori che devono lavorare su un’opera vera e per finalità di fruizione.

5. Realizzare delle visite virtuali remote degli ambienti contenenti le opere d’arte tramite l’utilizzo di programmi di ricostruzione e rappresentazione o effettuare una

navigazione degli ambienti ricostruiti in 3D tramite degli appositi terminali

multimediali.

6. Effettuare operazioni di commercio elettronico mediante la distribuzione via rete della documentazione stessa.

6 Ibidem, pag 4. 7 Ibidem, pag VIII.

(13)

7

Con la rivoluzione dell’informatica è possibile, pertanto, effettuare analisi, rappresentazioni e ricostruzioni di opere d’arte sempre più accurate, cambiando le abitudini di accesso ai Beni Culturali da parte degli utenti. Alcuni studiosi temono che tale utilizzo delle tecnologie informatiche possa far diminuire le visite alle vere mostre di Beni Culturali, mentre secondo alcuni si potrà verificare l’esatto opposto.

Al di là di tali dibattiti, si può affermare che l’utilizzo di queste tecnologie, soprattutto quello relativo alla realtà virtuale (e anche della realtà aumentata), può sicuramente migliorare la fruizione dei beni culturali da parte dei visitatori e la stessa formazione degli studenti che si avvicinano al mondo della cultura.

È da queste basi e presupposti che si può iniziare a introdurre il discorso sul concetto di virtual heritage.

1.2 Virtual Heritage

Per poter parlare di Virtual Heritage bisogna fare un salto nel passato, precisamente nel 1972, quando l’UNESCO definisce le linee guida per proteggere e salvaguardare i beni culturali. Con questo termine si intendono tutte le “componenti materiali o immateriali appartenenti al patrimonio culturale di una data società”8, intese in senso ampio come manoscritti, opere d’arte, edifici, siti archeologici, tradizioni orali, forme rituali, arti performative e altre manifestazioni artistiche accomunati da caratteristiche simili.

Con l’applicazione di queste linee guida, i luoghi che presentavano importanti aspetti culturali e antropologici diventarono beni universalmente riconosciuti. Da quel momento fino ad oggi, migliaia di siti furono inseriti nella lista dei World Heritage List dell’organizzazione delle Nazioni Unite al fine di essere tutelati.

8 UNESCO, Definition of Cultural Heritage, 2017, visto il 1 febbraio 2018

http://www.unesco.org/new/en/culture/themes/illicit-trafficking-of-cultural-property/unesco-database-of-national-cultural-heritage-laws/frequently-asked-questions/definition-of-the-cultural-heritage/

(14)

8

1.2.1 La “nascita” della realtà virtuale applicata ai Beni culturali

Per ambiente virtuale si intende un “insieme di dati tridimensionali che descrivono un ambiente basato attraverso il mondo reale o oggetti astratti e dati”9, indicando quei modelli tridimensionali interattivi e navigabili che derivano da un ambiente reale. Esso non deve essere necessariamente una copia virtuale dell’esempio fisico, ma può essere anche una ricostruzione astratta. Questi strumenti di simulazione sono ormai da anni utilizzati in moltissimi settori tra i quali la visualizzazione scientifica, il design architetturale e industriale, il campo dell’intrattenimento, e “in tutti quei settori in cui la simulazione digitale permette di risparmiare risorse umane e capitali o eseguire azioni e attività rischiose in modo sicuro, perché virtuale”.10

Il mondo dei Beni culturali si collega a quello che viene inteso come realtà virtuale nel 1989 da Jaron Lanier o, per essere più precisi, al concetto di virtual environments, ovvero ambienti virtuali. Quello che poteva essere considerato un ossimoro divenne particolarmente famoso tra le persone che si occupavano di comunicazione e visualizzazione scientifica e per i cyber-entusiasti che potevano accedere a una tecnologia così avanzata nonostante la precocità di quei tempi. Per ottenere delle simulazioni che coinvolgessero l’intero sistema percettivo si cominciarono ad utilizzare supercalcolatori grafici, ma gli esperti scoprirono che era ancora troppo presto per poter applicare questa tecnologia ai beni di consumo e in altri settori.

1.2.2 CUVE (Cultural Virtual Environments)

Il connubio fra beni culturali e ambienti virtuali è esemplificato dai CUVE11, ovvero i cultural virtual environments, modelli tridimensionali che permettono la navigazione all’interno di luoghi o ambienti di interesse storico, artistico o archeologico. In questo tipo di ambienti virtuali la questione tecnica o informatica viene considerata di secondo piano rispetto a quella storico/culturale che ha una rilevanza fondamentale.

La creazione di tali luoghi deriva da una pratica già nota in passato denominata ricostruzione virtuale, una disciplina che consiste nella restituzione visuale di dati storici

9 J. Vince, Introduction to virtual reality. London, Springer 1999, p. 150.

10 Nicola Lercari, Il linguaggio degli ambienti virtuali culturali: comunicare la storia di bologna attraverso il progetto Nu.M.E, Tesi di Dottorato in “Storia e Informatica, Università di Bologna, 2011, p 10.

(15)

9

attraverso l’utilizzo di strumenti come programmi per la modellazione 3D e dati storici dal valore scientifico inconfutato. Grazie all’ausilio delle tecnologie informatiche si concretizza quello che si può definire la materia interdisciplinare del virtual heritage, ovvero il mondo dei beni culturali sotto nuove forme di interpretazione e fruizione.

La prima conferenza internazionale dedicata all’uso della realtà virtuale applicata ai beni culturali viene tenuta nel 1995 a Bath, in Inghilterra. L’evento ha il titolo di Virtual Heritage ’95 e sono presenti tutta una serie di innovatori nel campo pronti a dimostrare l’integrazione di mondi virtuali con immagini, testi connessi e informazioni raccolte in grandi banche dati.12

Una delle caratteristiche principali di un’applicazione di virtual heritage è la possibilità di integrare in un’unica rappresentazione, diverse informazioni di varia natura. È possibile infatti visualizzare elementi multimediali come fotografie di opere d’arte, rappresentazioni iconografiche, dati geo-referenziali come GIS, informazioni sulla stratigrafia oppure informazioni storiografiche.13 Si può considerare non-lineare questo nuovo tipo di fruizione dell’opera d’arte in quanto la non linearità fa parte della natura stessa dei media digitali. Rispetto alle prime applicazioni di realtà virtuale, l’utente è adesso in grado di modificare i percorsi da visitare in base alle proprie scelte e alle proprie esigenze.14 Con l’implementazione di sistemi di interrogazione ai database è possibile effettuare delle query per poter recuperare informazioni relative agli elementi che compongono l’ambiente virtuale, in modo da poter offrire all’utente anche delle valide informazioni storico-culturali “mappando” il territorio e dando un senso al percorso che l’utente vuole affrontare.

1.2.3 Fasi realizzative per un progetto di virtual heritage

Le varie operazioni che mirano a sviluppare un progetto di virtual heritage solitamente seguono un percorso composto da quattro fasi15:

12 Learning Sites Inc., Milestones in Virtual Heritage, aggiornato il 20 gennaio 2017, visto il 1° febbraio 2018.

http://www.learningsites.com/EarlyWork/LSInc_VH-history.php

13 Lercari, Il linguaggio…, pag 11. 14 Ivi.

(16)

10

1. La prima fase consiste nella ricerca delle informazioni storico culturali o

archeologiche che si vogliono simulare, per essere poi raccolte, catalogate e inserite

in un apposito database relazionale;

2. La seconda fase consiste nello studio di un piano di comunicazione per poter presentare i dati ottenuti nella fase iniziale e per scegliere la migliore tecnologia utile a costruire l’apparato interattivo e l’user experience;

3. La terza fase corrisponde al trattamento e all’ottimizzazione dei dati, in modo da creare un’applicazione tanto più precisa sia dal punto di vista informatico che su quello storico-culturale.

4. La quarta e ultima fase consiste nella verifica dei risultati e all’analisi della

fruizione che coinvolge gli utenti, in modo da capire il livello di comprensione

dell’applicazione da parte del pubblico.

Per adempire al completamento di queste “opere” tecnologiche è necessaria la collaborazione di figure appartenenti a settori diversificati; per la multidisciplinarità della ricerca è necessario che storici, modellatori 3D, archeologi ed esperti di comunicazione e informatica facciano un lavoro di squadra nei progetti di virtual heritage.

Negli ultimi anni si è visto uno sbocciare di nuovi corsi di laurea, come quello di Informatica Umanistica, volti a creare nuove figure professionali in grado di gestire queste mansioni multidisciplinari e che possiedono competenze sia a livello umanistico che a livello informatico, figure dedite a seguire la forza innovativa che vede nelle competenze ibride un punto di crescita e di sviluppo per le nuove mansioni della società avanzata.

Dal 200316, l’utilizzo di virtual heritage è diventata una prassi comune nel campo archeologico (con l’uso di fotomodellazione aerea basata sui droni o con modelli panoramici a 360 gradi), nell’esposizione museale (con l’accesso touch-screen a modelli interattivi e la proiezione di immagini olografiche) e nell’insegnamento (con l’utilizzo di modelli interattivi su desktop nei laboratori muniti di Head Mounted Display), con la creazione di corsi specialistici nel settore.

(17)

11

1.3 Musei Virtuali

Il concetto di museo virtuale lo si può far risalire alla prima metà degli anni Ottanta, definito come “un’entità digitale che si disegna sulle caratteristiche di un museo, nell’ottica di migliorare, completare o aumentare le capacità di un museo attraverso la personalizzazione, l’interattività e la ricchezza dei contenuti”.17

Le esigenze che portarono alla realizzazione dei virtual museum furono molteplici: innanzitutto c’era il bisogno di creare una soluzione per agevolare i curatori dei musei nella conservazione e nella consultazione dei documenti sulle collezioni in modo da gestire anche le questioni di natura amministrativa (come ad esempio i restauri e i prestiti); la seconda esigenza era quella di potenziare l’efficacia comunicativa delle istituzioni per favorire una più consapevole fruizione dei beni consentendo, tramite una comunicazione multidirezionale e una narrazione interattiva, una partecipazione attiva anche agli utenti.18

1.3.1 Il Virtual Museum della Apple (1992)

Uno dei primi esempi di museo virtuale è il Virtual Museum della Apple Computer, un CD-ROM rilasciato nel 1992 e distribuito in circa mille scuole, università e musei in tutto il mondo. Il Virtual Museum era un museo elettronico interattivo in cui l’utente si poteva spostare da una stanza all'altra e, selezionando un oggetto in una stanza, poteva avere delle informazioni riguardo l’oggetto selezionato. Gli argomenti esposti erano educativi e comprendevano la medicina, la crescita delle piante (la botanica), l'ambiente e lo spazio. In questo esempio di applicazione viene implementata per la prima volta una vera e propria navigazione virtuale, per rendere più fluida l’interazione con il museo e consentire all’utente di interagire con gli oggetti dell’ambiente ricostruito. La navigazione virtuale viene realizzata tramite una tecnica di prerendered 3D space19 che consentiva di pre-calcolare e visualizzare lo spazio tridimensionale durante l’esplorazione da

17 Christiana Polycarpou, The ViMM definition of a Virtual Museum, 10 gennaio 2018, visto il 2 febbraio 2018.

https://www.vi-mm.eu/2018/01/10/the-vimm-definition-of-a-virtual-museum/

18 Paolo Galluzzi, Museo Virtuale, XXI Secolo (2010), Treccani, 2010

http://www.treccani.it/enciclopedia/museo-virtuale_%28XXI-Secolo%29/

19 Gavin Miller, Eric Hoffert, Shenchang Eric Chen, Elizabeth Patterson, Dean Blackketter, Steve Rubin, The Virtual Museum: Interactive Navigation and Multimedia Database, The Journal of Visualization and Computer Animation,

(18)

12

parte dell’utente. L'utilizzo di video precompilati ha permesso la navigazione 3D in uno spazio dall'aspetto realistico, senza richiedere hardware grafico a scopo speciale. Questo progetto è stato sviluppato per testare le nuove tecniche di computer grafica del momento e per testare uno dei software che diventeranno fra i più importanti di quelli di casa Apple, ovvero QuickTime.

1.3.2 Gli obbiettivi per la realizzazione di un museo virtuale

Gli obbiettivi che si erano posti gli sviluppatori costituiranno i punti chiave per gli sviluppi futuri nel campo di tali tecnologie informatiche20. Le finalità erano quelle di

1. Creare un metodo pratico per la navigazione in un ambiente tridimensionale con un ricco database multimediale correlato.

2. Creare un sistema che possa implementare vari modi di interazione;

3. Creare un sistema che possa supportare la maggior parte di sistemi hardware senza particolari specifiche.

4. Fare in modo che il sistema sia esteticamente piacevole e sufficientemente veloce per l’interazione.

5. Creare un sistema che possa essere il prototipo per progetti futuri.

In concomitanza con lo sviluppo dell’applicazione di casa Apple, alcuni musei iniziarono ad allestire delle apposite sale nelle quali i visitatori potevano usufruire dell’esplorazione virtuale delle opere, creando quindi dei musei virtuali all’interno di musei reali.

1.3.3 La tomba di Nefertari e primo paradigma di museo virtuale

Nell’ottobre del 1994 venne realizzata la prima mostra virtuale sulla tomba della regina Nefertari intitolata “Nefertari: Luce d’Egitto”, dove era possibile visitare l’interno della tomba tramite degli speciali occhiali per poter vedere i modelli tridimensionali e con un joystick per muoversi all’interno dell’ambiente virtuale. Attraverso l’utilizzo della realtà virtuale era possibile immergersi all’interno di un mondo del passato ricostruito tridimensionalmente riesumando

(19)

13

“visioni cancellate, mutilate o oscurate dal tempo [che] potevano ritrovare la loro completezza e splendore di nuovo”21. La mostra virtuale sulla tomba della regina Nefertari consentiva agli utenti, oltre di poter vedere il reperto storico senza la necessità di andare in Egitto e senza danneggiarla, di poter visualizzare la copia originaria del reperto. I dettagli della tomba erano stati recuperati da alcuni documenti redatti dall’archeologo italiano Schiapparelli che nel 1904 aveva scoperto il reperto in Egitto e aveva fatto fare delle fotografie e delle riproduzioni su acquarelli del manufatto. Grazie alla presenza di questa documentazione è stato possibile applicare le fotografie al modello ricostruito dando così l’impressione di vedere la tomba nel suo stato originario.

1.3.3.1 Il mezzo visivo come forma di apprendimento

Il vantaggio di questo tipo di presentazione risiede nel fatto che, rispetto alla forma linguistica, il mezzo visivo rappresenta un canale più coinvolgente, sia perché la completa immersione sensoriale crea un forte coinvolgimento emotivo, sia perché la peculiarità, nella quasi totalità dei casi, del bene artistico è quella di essere stato concepito e creato in funzione della percezione visiva.22

Sulla base di questa tesi, l’applicazione delle nuove tecnologie secondo Antinucci, potenzia due fattori che rappresentano la base dell’apprendimento:

1. Il primo fattore riguarda la componente cognitiva, ovvero la comprensione dell’oggetto di apprendimento, secondo la quale non si può apprendere ciò che non si capisce;

2. Il secondo fattore riguarda la componente dinamica o affettiva, ovvero la motivazione a voler apprendere in quanto senza questo presupposto non c’è alcuno stimolo nel voler imparare.

L’esempio della tomba di Nefertari ha rappresentato un punto di inizio poiché per la prima volta il patrimonio artistico poteva essere fruito in modi totalmente diversi e poteva finalmente essere diffuso alle grandi masse di persone dal momento che la trasmissione culturale risultava semplificata e migliorata con l’ausilio delle nuove tecnologie.

21 Francesco Antinucci, Musei Virtuali, Collana Percorsi [101], Editori Laterza, 2007, pag. 4. 22 Ibidem, pag. 5.

(20)

14

1.3.4 L’avvento di Internet e il secondo paradigma di museo virtuale

Il paradigma del museo virtuale come clone digitale del museo reale fu presto affiancato da un altro filone di pensiero che prevedeva la creazione di musei virtuali che illustrassero dei temi o delle discipline particolari prescindendo dai musei reali.

La realizzazione di un museo virtuale speculare a quello reale non presentava delle particolarità importanti se non quelle della sua dimensione immateriale.23 Da queste basi nacque una nuova definizione di museo virtuale coniata da Geoffrey Lewis nel 1996 che testualmente definisce un museo virtuale come “una collezione di immagini digitali, file sonori, documenti testuali e altri dati di interesse storico, scientifico o culturale ai quali si può accedere per mezzo dei media elettronici. Un museo virtuale non ospita oggetti reali e quindi è privo della sua dimensione materiale e delle caratteristiche peculiari di un museo nel senso tradizionale del termine”.24

Il concetto di museo virtuale cambia radicalmente durante negli anni a cavallo tra il 1997 e i primi anni del 2000 con l’evoluzione di Internet e il graduale passaggio dal Web 1.0 al Web 2.0 che consentiva agli utenti di interagire con i contenuti presenti in un sito web. Lo sviluppo di tecnologie legate al livello di interscambio in rete ha fatto sì che avvenissero diverse trasformazioni nel modo di utilizzare Internet, passando da un approccio top-down, dove gli utenti fungevano da consumatori passivi, ad un approccio bottom-up, grazie al quale gli utenti diventavano i protagonisti nella costruzione del panorama informativo e culturale.25 Con l’avvento di internet si viene quindi a creare un nuovo tipo di museo virtuale che si configura come “un insieme strutturato di risorse pubblicate da una molteplicità di soggetti diversi [le quali] consistono in rappresentazioni digitali realizzate con media diversi”26.

Una serie di conferenze intitolate Museums and the web iniziano a far proliferare dei dibattiti e delle discussioni fra studiosi e curatori sulle nuove modalità di fruizione culturale da parte da un nuovo bacino di utenze rappresentato dai visitatori remoti. Al concetto di musei virtuali sul web si affianca quello delle biblioteche digitali e delle repository on-line, un insieme di oggetti digitali collezionati e catalogati in base a una relazione semantica che intercorre tra

23 Galluzzi, Museo…, Treccani, 2010.

24 The Editors of Enciclipædia Britannica, Marco Sanpaolo, Virtual Museum, 20 luglio 1998, visto il 4 febbraio 2018

https://www.britannica.com/topic/virtual-museum

25 Cfr. Galluzzi, Museo…, Treccani, 2010. 26 Cit. Ibidem.

(21)

15

loro, da utilizzare assieme ai musei virtuali per potenziarne le capacità e offrire agli utenti una mappa completa e concettuale degli elementi ricercati.

1.3.4.1 Musei virtuali in Second Life

Nel 2003 emerge una nuova tipologia di museo virtuale online che include la possibilità di effettuare una visita immersiva tramite l’ausilio della realtà virtuale. Il sito di Second Life è una piattaforma frequentata tipicamente da utenti giovani, i quali possono costruire ed esporre dei veri e propri musei virtuali che presentano caratteristiche molto diverse rispetto ai precedenti tipi di musei. Trattandosi di una piattaforma online è possibile infatti instaurare una connettività fra i diversi utenti, rappresentati da un avatar, consentendo di poter comunicare tra loro in real-time e di interagire con gli oggetti dell’ambiente virtuale.

Alcune delle azioni che possono fare i vari avatar all'interno di un museo virtuale sono:27

 Cambiamento dei sistemi di illuminazione  Commento gli allestimenti

 Modifica degli allestimenti

 Cambiamento del colore degli oggetti  Scrittura di testi esplicativi

 Osservazione del comportamento di una comunità di visitatori  Assistenza ai visitatori durante la visita virtuale

1.3.5 Differenze fra il museo reale e il museo virtuale

Dopo aver passato in rassegna le diverse tipologie di musei virtuali è necessario indicare le differenze tra un museo virtuale e un museo reale. Innanzitutto bisogna dire che:

(22)

16

1. il museo virtuale non è il museo reale trasposto sul web, in quanto non ci sarebbe alcun valore aggiunto se non il fatto di poter raggiungere il museo abbattendo i limiti spaziali;

2. il museo virtuale non è un archivio/database del museo reale, in quanto non ci sarebbe alcuna guida per condurre il visitatore a scoprire le informazioni veramente essenziali per la comprensione di un oggetto;

3. Il museo virtuale non è ciò che manca al museo reale, in quanto i musei reali tendenzialmente costruiscono una propria identità custodendo determinate opere d’arte che si possono trovare solo in quel museo;

4. Il museo virtuale è la proiezione comunicativa a tutto campo del museo reale, in quanto in questo tipo di museo possono essere usati tutti i mezzi fisici, concettuali e comunicativi che non si possono usare in un museo reale.

1.4 La realtà aumentata applicata ai beni culturali

La realtà aumentata è una tecnologia emergente figlia della realtà virtuale; essa consiste nell'aggiunta di informazioni alla scena reale e mira a sostituire il mondo reale con un ambiente completamente sintetico ed isolato da quello reale in cui l’utente è immerso e con cui può interagire.

La RA non isola l’utente dal mondo reale, ma lo arricchisce con l’ausilio di oggetti generati dal computer; sostanzialmente, la RA aumenta la percezione e l'interazione dell'utente con l'ambiente fornendo informazioni visive che l'utente non potrebbe direttamente rilevare con i propri sensi. Il mondo reale risulta “aumentato”, ovvero virtualmente arricchito con informazioni grafiche e testuali addizionali, sincronizzate e generate dal computer.

1.4.1 La tassonomia di Milgram e i primi albori

Milgram & Kishino hanno sviluppato una tassonomia che coinvolgono sia la RV che la RA, secondo la quale la Realtà̀ Aumentata e quella Virtuale sono collegate in quanto sia il mondo reale

(23)

17

che l’ambiente virtuale rappresentano due condizioni estreme. Secondo Milgram la Realtà Aumentata è più vicina all’ambiente reale essendo quest’ultimo predominante rispetto ai dati aggiunti tramite computer.28

Questa tecnologia, nata nei primi anni 2000, ha un’ulteriore propulsione nel 2013, l’anno in cui Google avvia il programma di ricerca per un prodotto che aprirà la strada a nuovi sviluppi tecnologici: i Google Glass. Il progetto, che non ebbe il successo sperato, consisteva nel creare un paio di occhiali dotati di “Realtà Aumentata” grazie ad appositi sensori per il rilevamento dell’ambiente esterno e alla sua “multimedializzazione”.

Oggi, la tecnologia della RA è attiva nei settori più disparati, dal settore ludico a quello dell’intrattenimento ma, soprattutto, si sta diffondendo molto nel settore turistico e dei Beni Culturali. Grazie all’applicazione di questa tecnologia, il mondo dei beni culturali ha registrato un aumento delle presenze e delle visite nei luoghi storici.

1.4.2 Campi di applicazione

La possibilità che viene data agli utenti di un museo/sito archeologico di entrare in stretto contatto con la realtà territoriale che visitano permette di aumentare la permanenza del turista in un dato luogo, trasformando così una semplice visita ad un’esperienza quasi “totale” e “immersiva”, senza tralasciare le bellezze del contesto locale e territoriale. Con la RA è possibile far accedere il visitatore al contenuto informativo che caratterizza il bene artistico/storico/ambientale, ricostruire contesti storici e ambientali di reperti antichi o addirittura preistorici che ormai non esistono più.

I walking tours rappresentano uno dei casi più comuni di applicazione della Realtà Aumentata nelle attività turistiche moderne, tramite l’ausilio di head-mounted displays, ovvero di caschetti con una videocamera integrata capaci di riprendere lo scenario reale osservato dal visitatore e di inviarlo a uno programma specifico che processa l’immagine reale inserendo, ad esempio, un’animazione virtuale tridimensionale.

Riassumendo le tipologie di applicazione della RA nel campo dei beni culturali possiamo elencare tre tipi di principali usi di questa tecnologia nel campo turistico: le outdoor guides, interpretative mediation e storytelling, e infine media art/visual exhibitions.29

28 Lucio Tommaso De Paolis, Applicazione di Realtà Aumentata per i Beni Culturali, SCIRES-IT – Ricerca

Scientifica e innovazione, AVR LAB, Dipartimento di Ingegneria dell’Innovazione, Università del Salento, 2012.

29 Izzo, Mustilli, Guida, Realtà aumentata e valorizzazione dei beni culturali. Riflessioni sull’offerta culturale casertana, XXVII Convegno di sinergie, Università degli Studi del Molise, Termoli, 2015.

(24)

18

1.4.3 La realtà aumentata come ausilio per le disabilità

Un campo di applicazione ancora poco esplorato riguarda l’utilizzo delle tecnologie AR per la fruizione di beni culturali da parte di chi ha delle disabilità visive, come le persone non udenti o ipovedenti. Secondo le statistiche, nel continente europeo le persone con disabilità sono circa 80 milioni, di questi la metà non ha mai partecipato ad attività ricreative, culturali o sportive. Nello stato italiano le persone con un deficit visivo grave sono di circa 3.167 e non sono disponibili ulteriori dati sul loro coinvolgimento in attività ricreative e culturali.

Nel mondo della RA applicata ai beni culturali esiste un caso di applicazione AR che mira alla fruizione di beni culturali da parte di persone con disabilità denominato progetto ATLAS.30 Il progetto in questione è stato sviluppato dal Politecnico di Torino e vede l’applicazione di una particolare piattaforma al Museo Egizio di Torino, il GoogleGlass4Liss; la piattaforma sviluppata da Google consente alle persone sordomute di avere accesso alle informazioni relative al materiale del museo grazie alla visualizzazione di un avatar virtuale che spiega il contenuto del caso tramite la lingua dei segni. In quest’ottica la nuova sfida per la tecnologia AR è il suo utilizzo nella fruizione dei beni culturali per gli ipovedenti.

Oltre al progetto ATLAS è in fase di sviluppo anche un altro lavoro denominato Assisted Vision; il progetto consiste nel permettere, sempre tramite i Google Glass, di percepire a chi ha una vista non totalmente danneggiata la spazialità degli ambienti e di capire a quale distanza si trovano gli oggetti e le persone.31

1.5 Stato dell’arte: casi studio

In questo paragrafo si tratteranno alcuni casi di studio e applicazioni delle tecniche di realtà virtuale e/o realtà aumentata nel settore dei beni culturali e di repositories online per la fruizione di informazioni riguardanti le opere d’arte.

30 Cfr. Ibidem. 31 Cfr. Ibidem.

(25)

19

1.5.1 Il progetto Nu.M.E.

Il primo progetto italiano di RV applicato ai beni culturali è stato il Nu.M.E, ovvero “Nuovo Museo Elettronico della città di Bologna”; avviato nella prima metà degli anni ’90, lo si può considerare il punto di riferimento per i successivi lavori nel campo delle tecnologie virtuali applicate ai beni culturali.

Il progetto consiste nella ricostruzione digitale della città di Bologna durante varie epoche storiche; la modellazione delle versioni passate della città è stata affiancata da fonti storiche che ne hanno reso fedele la ricostruzione in tre dimensioni. L’utente può esplorare l’evoluzione della città nel tempo attraverso l’ausilio della realtà virtuale, aggiungendo così la quarta dimensione, quella temporale.

La ricostruzione della città è avvenuta mediante un rilevamento fotografico del centro storico bolognese, apportando poi opportune modifiche per rimuovere tutti i segni della contemporaneità come segnali stradali, cartelloni pubblicitari e altri segni del nostro tempo. In base alle fonti recuperate, è stato possibile ricostruire uno scenario virtuale della città fino al 1200.32 Il processo di rivivificazione ha dovuto tenere conto di alcuni aspetti strutturali dell’antica città di Bologna: molte infatti sono state le trasformazioni che si sono verificate nell’assetto urbano dovute sia a un fattore umano (come ad esempio la costruzione e la distruzione di alcuni palazzi medievali) che a fattori naturali (ad esempio molti palazzi hanno subito un processo di sprofondamento di circa 6/7 metri sotto il livello del suolo attuale, come è successo alle Due Torri principali della città, la Torre degli Asinelli e la Torre Garisenda)33.

Tra le fonti principali utilizzate per la ricostruzione “scientifica” della città di Bologna abbiamo I Libri Terminorum del 1294 che contengono tutte le informazioni riguardanti il livello del terreno, i portici e le distanze tra gli edifici; un’altra fonte degna di nota è l’affresco di Papa Gregorio XIII, realizzato nel 1575, nel quale è riprodotta la città di Bologna all’interno delle mura medievali.34

Tra le novità più importanti del progetto bisogna menzionarne uno in particolare: l’adozione di un linguaggio di programmazione adatto alla realtà virtuale, il VRML.

32 Bocchi, Bonfigli, Calori, Guidazzoli, Liguori, Mauri, Melotti, Vasetti, Realtà Virtuale e beni culturali: alcune applicazioni, conferenza “La telematica per i beni culturali”, Università di Bologna, marzo 2000.

33 Tiziano Diamanti, Programmazione per la fruizione del Progetto Nu.M.E, Tesi di Dottorato, Università di

Bologna, A.A. 2006/2007, p. 2.

(26)

20

Il VRML sta per Virtual Reality Modeling Language ed è un linguaggio adatto per l’implementazione della grafica 3D per Internet. Con una sintassi simile ad HTML, con esso si possono definire vertici, spigoli, texture e altre caratteristiche grafiche per la realizzazione di modelli tridimensionali.35 Non essendo un linguaggio supportato dai browser è stato affiancato da altri plugin come Open Scene Graph, un API per la simulazione 3D, Acrobat Reader e Macromedia Flash.

Il progetto Nu.M.E. vede la luce nel 2000 ed è stato presentato al Teatro Virtuale del CINECA, il consorzio interuniversitario di riferimento nazionale per il calcolo scientifico, con l’ausilio di supercalcolatori come il Silicon Graphics Onyx 2. Il progetto è stato molto apprezzato dal pubblico e dagli studiosi per la peculiarità con cui è stato programmato; importante è stato l’utilizzo di database relazionali collegati con i modelli 3D per una migliore rappresentazione informativa e per consentire una migliore ricostruzione della città medievale.

1.5.2 Il Progetto MU.VI

Il secondo progetto, che fa parte di quei lavori che anticiperanno l’applicazione delle tecnologie VR nel mondo dei beni culturali, è denominato Progetto MU.VI, ovvero Museo Virtuale della Vita Quotidiana del XX secolo. Questo lavoro nasce da una serie di riflessioni riguardo la memoria delle persone e gli eventi che ci hanno preceduto soprattutto in relazione al “pericolo” di perdere tutto il patrimonio collettivo che raccoglie le conoscenze legate alla quotidianità e all’identità delle varie comunità. A causa della globalizzazione e al senso di uniformità e omologazione sempre più prominente, queste “memorie” sono in pericolo; ad influire negativamente c’è anche l’interruzione del dialogo intergenerazionale, favorita dalle rapide trasformazioni sociali che allontanano le diverse generazioni. Il progetto, avviato nel 1999 presso il VisIT Lab del CINECA, verte sul tema della trasmissione e della conservazione delle conoscenze del passato che possono essere favorite da opportune soluzioni tecnologiche. Sia i temi che i luoghi di sviluppo sono molto simili a quelli affrontati nel precedente progetto discusso in questo capitolo, il Nu.M.E.

Il progetto consiste nello sviluppo di due applicazioni: la prima parte del progetto consiste in un sito Web con contenuti multimediali36 suddiviso in varie sezioni che vanno dalla vita economica, politica e sociale di Bologna del XIX secolo fino all’età contemporanea; la seconda parte del progetto invece consiste nella ricostruzione 3D di un interno domestico della fine degli

35 Ibid.

(27)

21

anni ’50 del XX secolo, che è possibile visitare sia in un ambiente semi immersivo sia attraverso il sito Web. Il primo passo per la realizzazione del progetto è stata la raccolta di informazioni sui diversi periodi storici, a partire da dati di varia natura: fotografie, immagini, dipinti, film, interviste, documenti ufficiali e canzoni. Molti materiali sono stati reperiti dall’Archivio fotografico della Cineteca comunale di Bologna, utili nella ricostruzione 3D di luoghi che hanno subito danni durante la II° Guerra Mondiale. Come ambiente virtuale è stato sviluppato un modello di casa degli anni Cinquanta, scelto appositamente per far comprendere alle persone alcuni dei rilevanti cambiamenti che si sono verificati nella vita quotidiana del XX secolo. È infatti attraverso i beni di consumo e il loro uso che si possono capire meglio le trasformazioni che si sono verificate nel corso degli anni. Per una questione di maggiore possibilità espositiva è stato scelto un ambiente sociale appartenente al ceto medio.37

Quello che il progetto MU.VE cerca di portare avanti è il concetto che si possono narrare molto più efficacemente le trasformazioni di una società partendo da un semplice ambiente domestico, adottando una ricostruzione scientifica e corretta degli ambienti dell’epoca con lo stesso rigore con cui un reale Museo della Vita Quotidiana allestisce la propria mostra.

Questa parte del progetto, relativa alla ricostruzione degli interni domestici, è stata pensata infatti per assomigliare il più possibile ai reali musei della vita quotidiana. Così come in questi luoghi sono presenti riproduzioni di interni domestici con oggetti originali del periodo ricostruito, lo stesso obbiettivo può essere ottenuto in un museo completamente virtuale. La fase iniziale della ricerca ha riguardato la selezione degli oggetti da inserire nell’ambiente virtuale; è stato condotta un’operazione volta a reperire non solo gli oggetti ma anche le testimonianze che ne garantissero l’autenticità.

Un altro scopo del progetto è stato quello divulgativo e didattico al fine di coinvolgere emotivamente il fruitore nell’immedesimazione del contesto storico. L’idea del progetto è stata quella di ridurre le distanze storiche con il pubblico, stimolando la curiosità nei confronti di uno stile di vita ormai lontano nel tempo e non sperimentato e per invogliare alla conoscenza degli argomenti e al confronto con la vita di oggi.

(28)

22

1.5.3 Krzysztof Walczak e le esibizioni museali in VR/AR

Nel 2004 si iniziano a sviluppare una serie di lavori che rappresentano lo stato dell’arte nel campo delle tecnologie virtuali a disposizione dei musei. In un paper scritto da Rafa Wojciechowski, Krzysztof Walczak, Martin White e Wojciech Cellary viene presentato un sistema che permette ai musei di gestire delle esibizioni basate su modelli 3D in maniera efficiente. Nel loro progetto venivano incluse le due tecnologie, la Realtà Virtuale e la Realtà aumentata, usate al fine di rendere le esposizioni museali più interattive e intuitive, creando così un legame più intimo con lo spettatore che osservava i manufatti storici. Il tutto con l’ausilio di strumenti come touch-screen, schermi installati in zone specifiche e caschi per la visualizzazione di ambienti virtuali.

L’adozione di queste tecnologie era dovuta soprattutto alla fragile natura di alcuni artefatti che non potevano essere disponibili agli utenti che visitavano il museo. Con l’ausilio della RV e della RA era, pertanto, possibile dare la possibilità all’utente di accedere a questi artefatti così antichi e delicati senza causare il rischio di poter danneggiare o corrompere in qualche maniera l’oggetto originale.

Secondo Tsapatori, nel giugno del 2003 solo il 35% dei musei avevano iniziato lo sviluppo di presentazioni tridimensionali di oggetti.38 Questi numeri tenderanno ad aumentare progressivamente nel corso del tempo; negli anni i direttori dei musei hanno potuto constatare il grande interesse per il pubblico per il nuovo paradigma espositivo che coniugava i contenuti storico/artistici con le recenti tecnologie.

Le uniche difficoltà nella realizzazione di quegli eventi tecnologici sono state di tipo economico in quanto per la realizzazione di modelli 3D efficienti e di visite virtuali strategiche occorrevano maggiori fondi; basti pensare all’utilizzo di strumenti come scanner laser per la ricostruzione di modelli 3D. Inoltre, la realizzazione di tali mostre virtuali aveva bisogno del supporto di diverse figure in quanto non poteva essere affidata solamente ai curatori della mostra privi di adeguate competenze informatiche, né ai soli informatici che non possedevano le conoscenze storiche e culturali adeguate per costruire una buona esposizione virtuale.

38 Rafa Wojciechowski, Krzysztof Walczak, Martin White, Wojciech Cellary, Building Virtual and Augmented Reality Museum Exhibitions, gennaio 2004.

(29)

23

1.5.3.1 Progetto SCULPTEUR

Numerosi sono i progetti di ricerca nell’utilizzo della Realtà Aumentata e Virtuale nel campo dei beni culturali. Il progetto SCULPTEUR, ad esempio, sfrutta informazioni di tipo semantico e contenuti multimediali per i beni culturali europei; con questo lavoro si cerca di sviluppare una soluzione per i musei finalizzata a creare e manipolare rappresentazioni digitali di artefatti appartenenti alla collezione, unendo tecniche di ricostruzione 3D e database che contengono informazioni multimediali con altri tipi di metadati per una più completa rappresentazione dell’oggetto. Una tecnica di ricostruzione 3D usata nel progetto è quella del multi view stereo representation, che consiste nella ricostruzione di un oggetto mediante l’acquisizione di fotografie da diversi punti in modo da ricostruire, tramite speciali algoritmi di riconoscimento, delle superfici e interpolazioni geometriche.39

1.5.3.2 3D Murale Project

Un altro interessante progetto è il 3D Murale project (2003) che è l’acronimo di misurazione 3D e ricostruzione virtuale di antichi mordi perduti dell’Europa. Le persone che hanno lavorato al progetto si sono prefissate di sviluppare un sistema che sia capace di effettuare dei rilevamenti archeologici utilizzando tecniche di Realtà Virtuale; è infatti possibile registrare le varie fasi di scavo archeologico, modellare gli artefatti tramite l’utilizzo di diverse tecniche di acquisizione 3D, la ricostruzione e la visualizzazione di resti di oggetti, sculture e impianti architettonici.

1.5.3.3 Progetto ARCHEOGUIDE

Nel campo delle tecnologie della Realtà Aumentata uno dei progetti degni di nota è ARCHEOGUIDE (2003)40, che consiste nello sviluppo di una guida turistica in AR da usare nei siti del patrimonio culturale, consentendo ai visitatori di vedere le ricostruzioni virtuali degli antichi edifici. L’utente viene equipaggiato con un display HMD (head mounted display) trasparente che gli permette di visualizzare le informazioni di un manufatto in base alla posizione e all’orientamento del visitatore nel sito.

39 Ibid. 40 Ibid.

(30)

24

1.5.3.4 Progetto ARCO

Uno dei progetti più importanti discussi nel paper è il progetto ARCO, acronimo di Augmented Representation of Cultural Objects. Questo lavoro mira a sviluppare una serie di tecnologie per “aiutare i musei a creare, manipolare, gestire e presentare oggetti culturali digitalizzati in mostre virtuali accessibili sia all'interno che all'esterno dei musei.”41

1.5.3.4.1 Componenti del sistema ARCO

Sono tre le componenti principali che costituiscono il sistema ARCO: produzione di contenuti, gestione dei contenuti e visualizzazione.

Il primo contiene tutti gli strumenti e le tecniche che mirano alla creazione di rappresentazioni digitali di oggetti appartenenti alla collezione museale. Uno degli strumenti inclusi è 3DS MAX, un potente software di modellazione 3D tramite il quale è possibile modellare oggetti che vanno da una geometria semplice sino a quelli con geometrie più complesse. Nel progetto ARCO sono inclusi dei plugin che semplificano il processo di modellazione e di creazione di rappresentazioni virtuali. Per gli oggetti che sono più complessi da modellare con 3DS MAX si utilizza un sistema di telecamere che sfruttano la stereoscopia per generare automaticamente dei modelli 3D, i quali possono in futuro essere rifiniti e/o perfezionati qualora si dovessero presentare delle imperfezioni nel modello (come ad esempio la mancanza di mesh poligonali che devono essere saldate).

Nel progetto è presente un database all’interno del quale vengono memorizzate le informazioni riguardanti le rappresentazioni digitali, le quali possono essere gestite da un sistema di gestione denominato ACMA (acronimo di “ARCO Content Management Application”) che associa ogni modello 3D a una serie di metadati che lo descrivono42; questi ultimi delineano quattro aspetti principali degli oggetti del museo: l’aspetto curatoriale, l’aspetto tecnico, esplorativo delle risorse e amministrativo.

41 Ibid.

42 Nicholaos Mourkoussis, Martin White, Manjula Patel, Jacek Chmielewski, Krzysztof Walczak, AMS--Metadata for Cultural Exhibitions using Virtual Reality, 2003

(31)

25

 I primi registrano le conoscenze curatoriali sull'oggetto e sono composti da elementi descrittivi tratti da alcuni standard come DCMES (Dublin Core Metadata Element Set), SPECTRUM, AMICO e REACH.

 I secondi contengono informazioni riguardo il tipo di hardware e software utilizzato nella creazione, nonché la memorizzazione e la visualizzazione della rappresentazione di oggetti culturali.

 I metadati sull’esplorazione delle risorse adottano gli elementi appropriati del Dublin Core Metadata Element Set per aumentare il potenziale di scoperta interdominio di artefatti dei musei.

 I metadati amministrativi adottano gli elementi DCMES per tenere traccia delle informazioni riguardanti il creatore del metadato e delle eventuali modifiche apportate all’oggetto.

Oltre a modelli tridimensionali sono presenti altri oggetti multimediali come ad esempio filmati storici, documenti scritti, immagini e tracce audio.

Nel progetto ARCO la visualizzazione degli oggetti digitali viene eseguita sia in Realtà Aumentata che in Realtà Virtuale grazie alla presenza di due interfacce dedicate alla presentazione su WEB di esposizioni virtuali VR o AR che consentono agli utenti di cercare, sfogliare i contenuti ed esaminare le ricostruzioni virtuali degli oggetti contenuti nel database. La possibilità che l’utente ha di effettuare delle query al database permette una personalizzazione delle ricerche da parte del visitatore.

1.5.3.4.2 Il linguaggio X-VRML

Il sistema ARCO utilizza un linguaggio di programmazione simile a quello utilizzato nel progetto Nu.M.E, ovvero X-VRML. Quest’ultimo, usato per la gestione dinamica degli oggetti e delle esibizioni virtuali, è un linguaggio procedurale di alto livello basato su XML che aggiunge funzionalità di modellazione dinamica agli standard di descrizione delle scene virtuali come VRML e X3D. Il linguaggio X-VRML “consente la parametrizzazione del processo di generazione di scene virtuali, la selezione dei contenuti della scena e fornisce potenti metodi di

(32)

26

accesso ai dati memorizzati nei database. I dati recuperati da un database possono influenzare il processo di creazione della scena virtuale finale con conseguente modifica della sua struttura, contenuto e aspetto.”43

Esistono due tipi di interfacce utente per la visualizzazione di mostre sul patrimonio culturale: una è l’interfaccia Web dove, all’interno di un browser, si può visualizzare la mostra in Realtà Virtuale; la seconda è l’interfaccia a Realtà Aumentata.

Il server X-VRML genera dinamicamente i contenuti per la visualizzazione di spazi espositivi in diversi domini di presentazione basati su istanze di template appropriate. Diverse raccolte di modelli vengono utilizzate per l'interfaccia basata sul Web e per l'interfaccia Augmented Reality.

Nell'interfaccia Web un utente può sfogliare le informazioni presentate in una forma di gallerie virtuali 3D VRML o pagine Web 2D con oggetti multimediali incorporati. L'interfaccia basata sul Web richiede un browser Web standard come Internet Explorer con un plug-in VRML (come ad esempio Parallel Graphics Cortona44). Questo tipo di interfaccia utente può essere utilizzato sia da locale, all'interno di un museo, oppure da una postazione domestica all’esterno del museo.

Le mostre che vogliono adottare questa tecnologia richiedono l'uso di applicazioni AR appositamente progettate, visualizzando contenuti su Web come per le mostre con la RV oppure con applicazioni standalone che non richiedono un’interfaccia web.

Nel progetto ARCO un utente può controllare la scena indicando dove gli oggetti virtuali possono apparire in una scena reale utilizzando degli speciali marker, dei simboli con cui l’applicazione AR interagisce generando diverse operazioni in base a ciò che il programmatore decide di fare (ad esempio, se l’applicazione “vede” un marker tramite una telecamera, fa comparire un oggetto tridimensionale nella scena). L’utente inoltre ha la possibilità di rimuovere un oggetto virtuale e sostituirlo con un altro mediante l’interfaccia AR. Esistono marker all’interno del progetto che sono dedicati sia alla visualizzazione di oggetti virtuali e altri che possono essere associati alla rimozione di oggetti.

Viste le varie soluzioni presentate dal progetto ARCO per la realizzazione di mostre virtuali, si può considerare questo lavoro come uno dei primi esempi di “stato dell’arte” nel campo delle tecnologie informatiche applicate al mondo dei beni culturali.

43 Krzysztof Walczak, Wojciech Cellary, Building database applications of virtual reality with X-VRML, Web3D ’02

Proceedings of the seventh international conference on 3D Web technology, Tempe, Arizona, USA — February 24 - 28, 2002.

Riferimenti

Documenti correlati

Marco Milanese ha illustrato i dati relativi alla prima sessione, ma veramente significativi sono stati gli orizzonti aperti con le 40 comunicazioni della seconda sessione (I luoghi

In quantitative terms, transferred aid has a markedly stronger impact on migration than total aid including the non-transferred component, but the link is still fairly modest:

[r]

Il veicolo elettrico è dotato di un ricevitore gps collegato alla rete CAN-BUS, quindi in grado di inviare le coordinate ai dispositivi della rete can oppure inviarle al web

Progetto “GAME - Gamification Adventures Make Experience” - Emilio Di Sipio, Funambola Sas Progetto “Formazione immersiva tramite realtà virtuale” - Simone De Santis, Kappaten Srl

The evaluation, in the educational field, is not limited to the evaluation of learning because it considers a systemic dimension, that is the scholastic context within which to

Contrariamente a quanto accade nei rilevamenti effettuati mediante elettrodi superficiali, nella tomografia eseguita con elettrodi in foro non è inusuale trovare dei valori rilevati

The prognostic significance of admission leukocytosis with respect to ischemic complications of subarachnoid hem- orrhage was retrospectively investigated in a series of pa-