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Profili innovativi della regolazione "flessibile" dell'Autorità Nazionale Anticorruzione Le linee guida attuative del nuovo Codice dei contratti pubblici tra cogenza ed effettività

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I

INDICE

CAPITOLO I... 1

QUADRO EVOLUTIVO DEL SISTEMA DELLE FONTI E DELLE AUTORITÀ DI VIGILANZA E REGOLAZIONE NEL SETTORE DEI CONTRATTI PUBBLICI. ... 1

§1. Premessa. ... 1

§2. Il quadro normativo di settore ante riforma del 2016. ... 3

§2.1. Da una visione “contabilistica” ad una “proconcorrenziale”. ... 3

§2.2 L’oscillazione della normativa interna tra lotta alla corruzione e tutela della concorrenza. ... 5

§2.3 Le direttive comunitarie del 2004. ... 7

§2.4 Il Codice del 2006. Le difficoltà applicative. ... 8

§2.5. Le principali criticità della normazione di settore. ... 10

§2.5.1. L’inflazione legislativa. ... 11

§2.5.2. La “sfiducia” nella discrezionalità amministrativa.12 §2.5.3. L’abuso dei regimi derogatori a danno della concorrenza. ... 13

§3. La riforma del 2016 con l’approdo al nuovo “Codice dei contratti pubblici”. Il quadro normativo. ... 15

§3.1. Le direttive nn. 23, 24 e 25 del 2014. ... 15

§3.2 La legge delega n. 11/2016. L’obiettivo di sistema della “qualità della regolazione”. ... 17

§3.2.1. Il divieto di gold plating fra tutela della concorrenza e lotta alla corruzione. ... 17

§3.2.2. La predisposizione di un “Codice”: il d.lgs. n. 50/2016. ... 19

(4)

II

§3.2.3. La “sperimentazione” di nuovi atti attuativi del Codice: le “linee guida”. ... 20

§4. L’evoluzione delle funzioni dell’Autorità di settore. ... 21 §4.1 L’Autorità di Vigilanza sui Lavori Pubblici (AVLP).

Un’Autorità garante dell’osservanza dei principi

dell’attività amministrativa. ... 21 §4.2. L’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (AVCP). Il rafforzamento delle funzioni consultive di indirizzo. ... 23

§4.3. La l. n. 190/2012 e la nascita dell’Autorità Nazionale Anticorruzione. ... 26

§4.4. La l. n. 125/2013 e la modifica della procedura di nomina dei componenti della ridenominata ANAC. ... 27

§4.5. La confluenza delle funzioni di vigilanza dei contratti pubblici e di anticorruzione nella nuova ANAC: il d.l. n. 90/2014. ... 29

§4.6. L’ANAC nella nuova normativa sui contratti pubblici.

... 30 §4.6.1. La funzione di vigilanza. ... 30 §4.6.2. I poteri sanzionatori. ... 32 §4.6.3. La funzione precontenziosa e il potere di impugnazione degli atti delle stazioni appaltanti. ... 33 §4.6.4. I poteri normativi e regolatori. ... 34

§5. Un primo tentativo di de-finizione del potere di regolazione dell’ANAC. L’inquadramento dogmatico del Consiglio di Stato sulle linee guida attuative del Codice. ... 35

§5.1. Le linee guida di rango regolamentare. ... 35

§5.2 Le linee guida vincolanti e non vincolanti. ... 37

§5.3. La peculiare ibridazione tra carattere normativo e regolatorio delle linee guida dell’ANAC. ... 38 CAPITOLO II ... 40

(5)

III

LA REGOLAZIONE DELL’AUTORITÀ NAZIONALE

ANTICORRUZIONE NEI CONTRATTI PUBBLICI. ... 40

§1. Premessa. ... 40

§2. Tratti caratteristici del modello di amministrazione indipendente. ... 42 §2.1. L’origine dal common law, l’importazione nel civil law e le relative problematiche. ... 44 §2.2. Il “fenomeno” giuridico delle Autorità indipendenti. . 47 §2.3. Il mercato come fattore di legittimazione del

rulemaking. La torsione della legalità sostanziale nelle

Autorità di regolazione e le relative giustificazioni. ... 48

§2.3.1. Le ragioni dell’istituzione delle Autorità di regolazione nel contesto italiano. ... 51

§2.4. Il modello anomalo delle Autorità al di fuori del contesto della regolazione dei mercati. ... 53

§3. L’ANAC: un’Autorità di regolazione sui generis. ... 55 §3.1. La diversa declinazione del principio di legalità nella regolazione dell’ANAC. Il parere del Consiglio di Stato sul punto. ... 56

§3.1.1. Il potere “puntuale” di adozione delle linee guida vincolanti. ... 57 §3.1.2. Il potere “generale” di adozione delle linee guida non vincolanti. ... 58

§3.2. La peculiare “condivisione” del potere regolamentare tra l’ANAC e il Governo. ... 58 §3.3. L’insufficiente collegamento della regolazione dell’ANAC col diritto europeo. ... 61 §4. Le fonti di legittimazione dei poteri di regolazione dell’ANAC in materia di contratti pubblici. ... 63 §4.1. La Convenzione di Merida di lotta alla corruzione. ... 64

§4.2. Lo spazio regolatorio nel settore emergente dalle direttive del 2014. ... 66

(6)

IV

§4.3. Il fondamento costituzionale. La tutela del buon andamento e dell’imparzialità dell’amministrazione. ... 68 §5. L’oggetto, i soggetti destinatari e le finalità della regolazione “flessibile” dell’ANAC nei contratti pubblici. ... 70 §5.1. “Autorità” e “libertà” nel “mercato” dei contratti pubblici. ... 71

§5.1.1. La peculiare struttura del “mercato” dei contratti pubblici. ... 72 §5.1.2. Il ruolo dell’operatore – pubblica amministrazione. ... 74

§5.2. La finalità “efficientista” della regolazione dell’ANAC.

... 75

§5.3. La regolazione dell’ANAC come “guida” della

discrezionalità amministrativa in funzione

proconcorrenziale e anticorruzione. ... 77

§5.4. La tecnica di perseguimento delle finalità: una regolazione “flessibile” diretta all’attività discrezionale delle stazioni appaltanti. ... 79

CAPITOLO III ... 83

GLI STRUMENTI DI REGOLAZIONE FLESSIBILE

ATTUATIVI DEL NUOVO CODICE - LE LINEE GUIDA DELL’ANAC. ... 83 §1. Premessa. ... 84

§2. Le caratteristiche dell’atto “linee guida”. ... 87

§2.1. Le linee guida come fonti relative ad

un’organizzazione. ... 87

§2.2. L’inquadramento sistematico fra gli atti

amministrativi generali. ... 89

§2.3. Il contenuto delle linee guida. La peculiare declinazione delle prescrizioni. ... 90

§3. Le linee guida nell’ambito della vigilanza sui contratti pubblici. ... 91

(7)

V

§3.1. Un caso emblematico degli effetti giuridici delle “indicazioni” dell’Autorità di settore. La sentenza n.

4358/2015 del Consiglio di Stato. ... 93

§3.1.1. Cenni al fenomeno dell’“indurimento del soft law” nel diritto amministrativo... 95

§4. Contenuto e forme delle linee guida nel nuovo Codice dei contratti pubblici. ... 96

§5. Le linee guida dell’ANAC nel nuovo Codice. ... 98

§5.1. Le linee guida attuative di specifiche disposizioni codicistiche. ... 99

§5.1.1. Gli “indicatori” di vincolatività delle linee guida sinora emanate dall’Autorità. ... 100

§5.1.2. Rilievi sulla non vincolatività di alcune linee guida attuative. ... 103

§5.1.3. Le linee guida attuative e non vincolanti sinora emanate dall’Autorità. ... 105

§5.2. Le linee guida non vincolanti ex art. 213 co. II. ... 106

§6. Analisi di due linee guida dell’ANAC. ... 107

§6.1. Le linee guida n. 6 (attuative e non vincolanti). ... 107

§6.1.1. La base legislativa: l’art. 80 co. V lett. c) ... 107

§6.1.2. La natura necessariamente “orientativa” delle linee guida n. 6. ... 108

§6.1.3. Il contenuto delle linee guida n. 6. ... 110

§6.1.4. L’effetto delle linee guida non vincolanti sulla discrezionalità delle stazioni appaltanti... 112

§6.2. Le linee guida n. 3 (attuative e vincolanti). ... 112

§6.2.1. La centralità del ruolo del R.U.P. nelle procedure ad evidenza pubblica. ... 113

§6.2.2. La trasformazione delle linee guida n. 3: l’originaria natura “ibrida”. ... 114

§6.2.3. La natura integralmente vincolante delle linee guida n. 3 post decreto correttivo. ... 115

(8)

VI

§6.2.4. La perimetrazione codicistica della regolazione subprimaria vincolante dell’ANAC. ... 116 §6.2.5. Il contenuto delle linee guida n. 3. ... 116 §6.2.6. Il “vincolo” delle linee guida e la “discrezionalità esecutiva” delle stazioni appaltanti. La desumibilità del vincolo dal contenuto. L’opinione del Consiglio di Stato sul punto. ... 118

§7. Le linee guida dell’ANAC fra sistema delle fonti e sistema di regolazione “flessibile”. ... 120 §7.1. Le linee guida vincolanti come atti di regolazione delle Autorità indipendenti. ... 121

§7.2. Le linee guida attuative dell’ANAC come atti di rango regolamentare. ... 124

§7.2.1. La compatibilità costituzionale dell’inquadramento delle linee guida attuative fra gli atti regolamentari. ... 127

§7.3. Le analogie tra le linee guida vincolanti e non vincolanti. ... 129

§7.4. La peculiare vincolatività delle linee guida dell’ANAC. Il parere del Consiglio di Stato sul punto. ... 132

§7.4.1. La valorizzazione della regolazione “flessibile” diretta alle amministrazioni pubbliche. ... 134 §7.4.2. La maggior effettività della regolazione “flessibile” diretta alle amministrazioni pubbliche. ... 136 §7.4.3. Linee guida flessibili nel metodo e nel contenuto, ma non negli effetti. Le responsabilità delle stazioni appaltanti in caso di inosservanza. ... 138

CAPITOLO IV ... 141

IL PROCEDIMENTO DI ADOZIONE DELLE LINEE GUIDA DELL’AUTORITÀ NAZIONALE ANTICORRUZIONE. ... 141 §1.Premessa. ... 141

§2. La legalità procedimentale nella regolazione delle Autorità indipendenti. ... 144

(9)

VII

§2.1. Le garanzie partecipative nel procedimento di adozione

degli atti di regolazione. ... 146

§2.1.1. Le deroghe degli atti di regolazione alla legge sul procedimento amministrativo. ... 147

§2.2. Le garanzie di qualità della regolazione. Le attività di analisi e di verifica di impatto della regolazione (AIR e VIR). ... 150

§2.3. Il regime di pubblicità degli atti di regolazione. ... 152

§3. La legalità procedimentale nella regolazione dell’ANAC. ... 153

§3.1. Le garanzie “rinforzate” delle linee guida dell’ANAC. ... 155

§3.2. Il regime procedimentale unitario e il rinvio codicistico agli atti di auto-organizzazione dell’ANAC. ... 157

§3.2.1. Cenni sui regolamenti di auto-organizzazione della pubblica amministrazione in relazione all’efficacia (interna/esterna). ... 157

§3.3. I regolamenti dell’ANAC sul procedimento di adozione delle linee guida. ... 159

§4. Il procedimento di adozione delle linee guida dell’ANAC. ... 160

§4.1. I metodi di consultazione preventiva degli stakeholders. ... 161

§4.2. La fase di avvio del procedimento di regolazione. .... 162

§4.3. La fase di consultazione on-line. ... 162

§4.3.1. Il documento posto in consultazione. ... 163

§4.3.2. Gli atti uscenti dalla consultazione... 165

a) I “contributi” degli stakeholders. ... 165

b) La proposta di linee guida. ... 167

(10)

VIII

§4.4. Una fase sui generis: l’acquisizione dei pareri preventivi da parte del Consiglio di Stato e delle

Commissioni parlamentari. ... 169

§4.4.1. La consulenza delle Commissioni parlamentari sulle linee guida. ... 171

§4.4.2. La consulenza del Consiglio di Stato sulle linee guida. ... 171

§4.4.2.1. Il controllo sulla qualità della regolazione. ... 173

§4.4.2.2. Il controllo sul “bilanciamento” della finalità anticorruzione. ... 174

§4.4.2.3. Il controllo sul rispetto delle garanzie partecipative. ... 175

§4.4.3. Il rapporto tra la consulenza e il sindacato giurisdizionale del Consiglio di Stato sulle linee guida. ... 177

§4.5. La fase di adozione e di pubblicazione delle linee guida. ... 179

§4.6. Cenni sullo svolgimento della verifica di impatto delle linee guida dell’ANAC. ... 180

§5. Prognosi del sindacato del giudice amministrativo sulle linee guida dell’ANAC. ... 182

§5.1. Il sindacato sulle linee guida vincolanti. ... 184

§5.2. Il sindacato sulle linee guida non vincolanti. ... 186

BIBLIOGRAFIA ... 189

(11)
(12)

1

CAPITOLO I

QUADRO EVOLUTIVO DEL SISTEMA DELLE FONTI E

DELLE AUTORITÀ DI VIGILANZA E REGOLAZIONE NEL

SETTORE DEI CONTRATTI PUBBLICI.

SOMMARIO. - §1. Premessa. - §2. Il quadro normativo di settore ante riforma del 2016. - §2.1 Da una visione “contabilistica” ad una “proconcorrenziale”. - §2.2. L’oscillazione

della normativa interna tra lotta alla corruzione e tutela della concorrenza. - §2.3 Le direttive comunitarie del 2004. - §2.4. Il Codice del 2006. Le difficoltà applicative. - §2.5. Le principali criticità della normazione di settore. - §2.5.1. L’inflazione legislativa: -

§2.5.2. La “sfiducia” nella discrezionalità amministrativa; - §2.5.3. L’abuso dei regimi derogatori a danno della concorrenza. §3. La riforma del 2016 con l’approdo al nuovo

“Codice dei contratti pubblici”. Il quadro normativo. §3.1 Le direttive nn. 23, 24 e 25

del 2014. - §3.2. La legge delega n. 11/2016. L’obiettivo di sistema della “qualità della regolazione”. - §3.2.1. Il divieto di gold plating fra tutela della concorrenza e lotta alla

corruzione. - §3.2.2. La predisposizione di un “Codice”: il d.lgs. n. 50/2016. - §3.2.3. La “sperimentazione” di nuovi atti attuativi del Codice: le linee guida. - §4. L’evoluzione delle

funzioni dell’Autorità di settore. - §4.1. L’Autorità di Vigilanza sui Lavori Pubblici

(AVLP). Un’Autorità garante dell’osservanza dei principi dell’attività amministrativa. - §4.2. L’Autorità di Vigilanza sui Contratti Pubblici di lavori, servizi e forniture (AV CP). Il rafforzamento delle funzioni consultive di indirizzo. - §4.3. La l. n. 190/2012 e la nascita dell’Autorità Nazionale Anticorruzione. - §4.4. La l. n. 125/2013 e la modifica della procedura di nomina dei componenti della ridenominata ANAC. - §4.5. La confluenza delle funzioni di vigilanza dei contratti pubblici e di anticorruzione nell ’ ANAC: il d.l. n. 90/2014. - §4.6. L’ANAC nella nuova normativa sui contratti pubblici. -

§4.6.1. La funzione di vigilanza. - §4.6.2. I poteri sanzionatori. - §4.6.3. La funzione precontenziosa e il potere di impugnazione degli atti delle stazioni appaltanti. - §4.6.4. I poteri normativi e regolatori. - §5. Un primo tentativo di de-finizione del potere di

regolazione. L’inquadramento dogmatico del Consiglio di Stato sulle linee guida dell’ANAC. - §5.1. Le linee guida di rango regolamentare. - §5.2. Le linee guida

vincolanti e non vincolanti. - §5.3. La peculiare ibridazione tra carattere normativo e regolatorio delle linee guida dell’ANAC.

§1. Premessa.

La riforma del 2016 e l’entrata in vigore del nuovo Codice dei contratti pubblici hanno segnato una netta discontinuità in punto di tecnica di

(13)

2 produzione delle regole nel settore.

É stata infatti rivolta un’attenzione particolare per la “qualità della regolazione”, volta da un lato a soddisfare l’esigenza di una disciplina chiara a beneficio degli agenti del settore, dall’altro ad arginare le corruttele. Tali fini sono stati perseguiti con due scelte di sistema: da un lato la predisposizione di un Codice, dall’altro la “sperimentazione” di atti attuativi dello stesso connotati da “flessibilità”.

In particolare questi ultimi colpiscono per la loro dirompenza nel sistema: sono previste infatti “linee guida” adottate dall’Autorità Nazionale Anticorruzione, o in via autonoma, o con varie forme di collaborazione con altri Ministeri, in particolare quello delle Infrastrutture e dei Trasporti. L’ANAC infatti, con la riforma del 2016, è stata destinataria di un potere di regolazione dei contratti pubblici. L’obiettivo implicito è che le pubbliche amministrazioni, in special modo interessate dal supporto regolatorio dell'Autorità, esercitino virtuosamente la discrezionalità loro riconosciuta su impulso del legislatore comunitario.

Per iniziare a muovere i “primi passi” nella presente trattazione, verrà dunque fatto riferimento al contesto evolutivo in cui il legislatore ha maturato la scelta di affidare un potere di attuazione della disciplina codicistica all’ANAC, ripercorrendo il quadro normativo di settore antecedente alla riforma.

La materia dei contratti pubblici è stata infatti interessata nel corso dei decenni da numerosi interventi di rango legislativo che hanno generato un ingente corpus normativo, foriero di non poche incertezze applicative per le stazioni appaltanti e per gli operatori economici. Siffatta normazione “alluvionale” ha peraltro costituito l'humus ideale per la diffusione di fenomeni corruttivi.

Verrà in particolare dato rilievo alle criticità che, in punto di tecnica di normazione, hanno apportato una notevole instabilità al settore, pur essendo state adoperate proprio per combattere il fenomeno corruttivo. Quest’ultimo obiettivo ha sempre costituito la priorità del legislatore nazionale, tanto da indurlo a non recepire compiutamente quei procedimenti ed istituti flessibili promossi dagli interventi comunitari, finalizzati ad una graduale apertura del mercato dei contratti pubblici.

(14)

3

Verrà inoltre fatto riferimento all’evoluzione del ruolo, nelle discipline succedutesi nel tempo, delle Autorità di vigilanza del settore dei contratti pubblici. La trattazione di tale tematica permetterà di rendere l’idea della progressiva “ritrazione” della regolamentazione statale a vantaggio della regolazione ex ante dell’Autorità di settore.

Infatti l’Autorità Nazionale Anticorruzione è da un lato “erede” delle competenze e funzioni – anche di indirizzo - degli Enti di vigilanza pregressi; d’altro canto è espressa beneficiaria, ai sensi dell’art. 213, co. I del nuovo Codice, di un potere di regolazione dei contratti pubblici.

A tale ultimo proposito, verrà fatto riferimento all’inquadramento dogmatico, operato dal Consiglio di Stato, sulle linee guida dell’Autorità, chiamate ad attuare con diverse modalità ed efficacia (anche “vincolante”) la disciplina di settore.

§2. Il quadro normativo di settore ante riforma del 2016.

Lo studioso Massimo Severo Giannini ha avuto modo di definire la normativa sui contratti pubblici un esempio di “enigmistica giuridica”1. Tale perifrasi restituisce vividamente il quadro d’incertezza della disciplina dovuto ai costanti reinterventi del legislatore. La disciplina ante 2016 ha invero vissuto una perenne tensione fra due opposte - ed apparentemente inconciliabili - esigenze: da un lato la lotta al fenomeno corruttivo, considerata prioritaria per l’ordinamento italiano, dall’altro la tutela della concorrenza, propugnata dall’ordinamento comunitario.

§2.1. Da una visione “contabilistica” ad una “proconcorrenziale”.

Nella sua iniziale impostazione, la normativa del settore dei contratti pubblici era retta da una logica “contabilistica”2. L'operato della stazione appaltante nella scelta del proprio contraente avrebbe dovuto essere ispirato

1 Per il richiamo al noto studioso, cfr. P. MANTINI, Nuovo codice degli appalti tra Europa,

Italia e Autonomie Speciali, in Giustamm – Rivista di diritto amministrativo, n. 2/2016,

con-sultabile on-line su www.giustamm.it.

2 Le procedure di aggiudicazione dei contratti erano infatti disciplinate dalla legge sulla

contabilità dello Stato (r.d. 18 novembre 1923, n. 2440) e relativo regolamento di attuazione (r.d. 23 maggio 1924, n. 827). Cfr. M. CLARICH, Manuale di diritto amministrativo, seconda edizione, Bologna, 2015, pag. 426.

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4

ad una gestione corretta ed efficiente del denaro pubblico; quest’ultimo era l’unico fine che il principio di evidenza pubblica tendeva a tutelare3.

Attesa l’efficacia meramente interna – o anche “aziendalistica”, come suggerito dalla dottrina4 - del procedimento, forme di tutela erano apprestate unicamente in favore delle pubbliche amministrazioni, al fine di arginare possibili collusioni tra imprese in corso di gara.

Viceversa, l’accesso dei concorrenti in condizioni di parità alla procedura non era ritenuto un interesse meritevole di tutela. Agli operatori esclusi era inoltre preclusa l’impugnazione degli atti di gara; solo in un secondo momento il Consiglio di Stato ha ammesso su questi un sindacato giurisdizionale, riconoscendone dunque un’efficacia esterna5.

La normazione sugli appalti pubblici raggiungeva un grado di dettaglio tale da azzerare la discrezionalità delle pubbliche amministrazioni, per evitare che potessero verificarsi fenomeni corruttivi e collusivi6.

Intorno agli anni Novanta del secolo scorso è iniziata ad emergere un'impostazione “proconcorrenziale” nel settore.

La compiuta realizzazione dell’allora “mercato comune” (art. 2 TCEE) postulava un necessario “ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri” (art. 100 TCEE); così anche i contratti pubblici hanno iniziato ad essere oggetto di interesse delle direttive comunitarie7.

Tramite una progressiva apertura del mercato di settore, le imprese europee avrebbero avuto la possibilità di competere in par condicio con gli operatori

3 Cfr. V. CERULLI IRELLI, Lineamenti del diritto amministrativo, quinta edizione, Torino,

2016, pag. 511; M. CLARICH, ibidem.

4 Cfr. V. CERULLI IRELLI, ibidem. 5 Cfr. V. CERULLI IRELLI, ibidem.

6 Ad es., nonostante la stazione appaltante avesse potuto scegliere il proprio contraente

ban-dendo un’asta pubblica, aperta a tutti gli operatori economici, o avviando una licitazione privata, su invito a presentare le offerte ad una cerchia ristretta di imprese, in entrambi i casi la valutazione e la scelta su quella migliore avvenivano sulla base del criterio vincolato del “prezzo offerto”. Sul punto cfr. M. CLARICH, Manuale, cit., pag. 427. Sul “rigore delle for-me” della disciplina dell’epoca come argine a fenomeni collusivi cfr. anche F. GAMBARDELLA, Le regole del dialogo e la nuova disciplina dell’evidenza pubblica, Tori-no, 2016, pag. 14.

7 I primi interventi comunitari nel settore hanno iniziato a registrarsi sin dagli anni ’70, con le

dir. 77/62/CEE (relativa alle forniture), 71/305/CEE (relativa ai lavori), 77/62/CEE (relativa ai servizi); negli anni ’80 sono state fatte oggetto di ulteriori modifiche.

(16)

5

nazionali. La normativa interna, di conseguenza, ha dovuto gradualmente al-linearsi a tale trend comunitario.

Il processo di integrazione positiva ha riguardato sia i settori “ordinari”8 che “speciali” 9.

Questi ultimi, in un primo periodo considerati marginalmente dalla normati-va europea, a causa della forte opposizione degli Stati membri ad una disciplina comune, successivamente sono stati sottoposti alle regole comuni-tarie in ragione del consistente valore economico, nonostante la conservazione di talune “peculiarità” rispetto alle procedure ordinarie10. Un’ulteriore distinzione emersa in ambito comunitario è invece dipesa dalla consistenza economica delle commesse pubbliche. Infatti sono state oggetto di maggiore attenzione solo le procedure al di sopra di una certa soglia di va-lore, cui sarebbero state applicate le direttive e la normativa nazionale di recepimento. Con riguardo alle procedure c.d. “sotto soglia”, invece, la di-sciplina sarebbe stata quella interna, congiuntamente al rispetto dei principi generali sanciti dal Trattato11.

§2.2 L’oscillazione della normativa interna tra lotta alla corruzione e tutela della concorrenza.

La diversità di vedute dei legislatori interno e sovranazionale sul “come” e “quanto” regolamentare le procedure di evidenza pubblica ha caratterizzato i successivi interventi normativi di adeguamento del primo ai dettami del se-condo.

8 Direttive nn. 92/50/CE (appalti pubblici di servizi nei settori ordinari) 93/36/ CE (appalti

pubblici di fornitura nei settori ordinari), 93/37/CE (appalti pubblici di lavori nei settori ordi-nari).

9 Direttiva n. 93/38/CE (appalti degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che

forniscono servizi di trasporto nonché degli enti che operano nel settore delle telecomunicazioni).

10 La specialità delle regole in tali settori è tradizionalmente dovuta al fatto che gli operatori

sono imprese pubbliche, o anche private, ma titolari di diritti speciali o esclusivi. Non essen-doci un regime concorrenziale pieno, per l’interesse degli Stati a mantenere delle barriere all’ingresso nei mercati di erogazione di servizi pubblici (energia elettrica, gas, servizi postali, portuali ed aeroportuali) sono previste delle procedure semplificate rispetto a quelle ordinarie. Sul punto Cfr. M CLARICH, Manuale, cit., pag. 431.

(17)

6

Gli atti di intervento comunitario nel settore hanno infatti registrato la prefe-renza per delle procedure di evidenza pubblica improntate ad una maggiore flessibilità. Quest’ultima era funzionale a consentire alle amministrazioni di operare una valutazione ponderata delle offerte, mediante la possibilità di confronto con gli operatori economici, specialmente nella fase precedente l'aggiudicazione12.

Tuttavia l’istanza di maggior discrezionalità riconosciuta alle amministra-zioni aggiudicatrici si è affermata con difficoltà nell'ordinamento italiano. Il legislatore interno ha infatti iniziato ad operare una distinzione fra la di-sciplina dei servizi e delle forniture, soggetta in toto alle direttive comunitarie senza particolari adattamenti interni, e la disciplina dei lavori in cui ha accordato preminenza alla necessità di evitare fenomeni di corruzione e collusione tra imprese. Dunque l’iper-regolamentazione di talune fasi della vita dell’appalto pubblico e il conseguente azzeramento della discrezionalità amministrativa sono stati ancora una volta elementi caratterizzanti la disci-plina nazionale di settore.

I contrasti tra le normative interna e comunitaria non sono stati sopiti, bensì accentuati con l’approvazione della l. n. 109 / 1994 (c.d. legge “Merloni”) adottata in risposta ai noti fatti di “Tangentopoli” che hanno rivelato un am-pio reticolo di corruttele negli appalti pubblici. La legge Merloni ha predisposto una disciplina legislativa sui lavori pubblici particolarmente det-tagliata, con la previsione di meccanismi automatici di aggiudicazione dei contratti e soppressione pressoché completa del margine di valutazione dell'amministrazione nella gestione dei procedimenti13.

Tale normativa ha finito con il manifestare ben presto tutti i suoi limiti, e proprio per garantire maggior celerità e flessibilità operative la sua

12“Nella visione europea un qualche margine di discrezionalità, lungi dall’essere considerato

con sospetto, consente all'amministrazione di invitare alla contrattazione le imprese ritenute più affidabili e di valutare meglio in concreto le offerte valorizzando gli elementi qualitativi delle medesime”. Così M. CLARICH, Manuale, cit., pag. 427.

13 “La legge Merloni, nella prima formulazione – poi parzialmente attenuata nelle varie

rifor-me – è difatti una legge che dimostra l’ansia di ridurre gli spazi di discrezionalità, di ricondurre ogni decisione al momento vincolato, di predeterminare in modo rigoroso tutto l’iter di affidamento dei lavori pubblici e di scelta dei contraenti”. Così M.A. SANDULLI,

Natura ed effetti dei pareri dell’AVCP, in Federalismi, n. 25/2013, pag. 2; sul punto cfr.

an-che G. FIDONE, La corruzione e la discrezionalità amministrativa: il caso dei contratti

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7

zione è stata sospesa14, subendo nel corso degli anni una serie di modifiche al testo originario15.

Il regolamento attuativo (d.P.R. n. 554/1999) costituiva unitamente alla leg-ge quadro “l'ordinamento leg-generale in materia di lavori pubblici” (art. 3, co. III). L’atto in esame era un regolamento di delegificazione ai sensi dell'art. 17 co. II della l. n. 400/1988 e pertanto al Governo erano demandati la cura continuativa dell’attuazione della normativa primaria e l’adeguamento dell'ordinamento italiano alla disciplina comunitaria.

La l. n. 109 ha comunque accolto alcuni profili significativi della normativa sovranazionale, quali la distinzione tra elemento soggettivo (i soggetti rea-lizzatori di opere) e oggettivo (distinzione tra opera pubblica e lavori pubblici) e tra i contratti di appalto e concessione16.

§2.3 Le direttive comunitarie del 2004.

L'emanazione delle direttive nn. 17 e 18 del 200417 ha costituito l’approdo ad una fase di riordino della disciplina comunitaria in materia di contratti pub-blici18. Un elemento di novità della disciplina ha riguardato l’attenzione per la “domanda” di beni e servizi. É infatti emersa la forte capacità delle ammi-nistrazioni pubbliche di influire con le proprie attività sul corretto funzionamento del mercato di settore e di condizionare il gioco della

14Con d.l. n. 67/1997, convertito in l. n. 135/1997, che ha introdotto alcune misure volte a

“velocizzare” l’azione amministrativa. Ad es., se la l. Merloni prevedeva l’obbligo di adozione del piano triennale dei lavori pubblici da parte delle amministrazioni aggiudicatrici, il d.l. sospensivo, all’art. 9, co. I, ha permesso alle stesse di venir meno a tale obbligo per avviare tempestivamente le attività di progettazione e di esecuzione dei lavori pubblici. Cfr. S. PALESANDRO, Infrastrutturazione per l’economia e competitività, in M. GIUSTI, E. BANI (a cura di) Complementi di diritto dell’economia, Padova, 2008, pag. 54.

15 L. n. 216/95 (Merloni–bis); l. n. 415/1998 (Merloni–ter); l. n. 166/2002 (Merloni quater). 16 Tali distinzioni sono contenute nell’art. 1, rispettivamente lett. b), c), a) e d) della Direttiva

93/37/CE. Cfr. S. PALESANDRO, ibidem.

17Rispettivamente “Direttiva 2004/17/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 31

marzo 2004 che coordina le procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto e servizi postali” e “Direttiva 2004/18/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 31 marzo 2004 che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi”.

18 Risale al 27 novembre 1996 l’adozione del “Libro Verde” della Commissione dal titolo

“Gli appalti pubblici nell’Unione Europea-Spunti di riflessione per il futuro”, sulla cui base sono state avviate le consultazioni degli operatori del settore. Il Documento è consultabile sul sito istituzionale www.europa.eu.

(19)

8 renza.

Pertanto la riconferma del confronto con gli operatori economici come ele-mento imprescindibile nella gestione della procedura di affidaele-mento19 ha risposto all’esigenza di simulare quelle negoziazioni che avvengono nor-malmente nei mercati in cui operano soggetti privati20.

Sono così affiorati istituti quali il dialogo competitivo (art. 29, Dir. 2004/18) e il partenariato pubblico – privato (art. 29, Dir. 2004/17), quest’ultimo in-trodotto anche per coinvolgere capitali privati nella realizzazione delle infrastrutture.

§2.4 Il Codice del 2006. Le difficoltà applicative.

La normativa comunitaria è stata recepita nell'ordinamento interno con il d.lgs. n. 163/200621. In un primo momento tale corpus risultava composto da un numero contenuto di articoli (257); nel corso del tempo ha perso tuttavia la vocazione di “Codice”, in ragione delle continue modifiche della discipli-na con atti normativi che non sono intervenuti direttamente sull’impianto originario.

Come emerge da una puntuale ricognizione effettuata dal Consiglio di Stato nel parere reso sull’emanando Codice del 201622, nell’arco di un decennio solo 3 dei 52 atti di modifica hanno avuto la natura di decreti correttivi23.

19 Cfr. Considerando (31), dir. n. 2004/18, che fa riferimento alla necessità che le

amministrazioni aggiudicatrici che realizzano “progetti particolarmente complessi” e che si trovano “nell'impossibilità oggettiva” di definire i mezzi atti a soddisfare le loro esigenze o di valutare ciò che il mercato può offrire in termini di soluzioni tecniche e/o di soluzioni giuridico/finanziarie, siano messe in condizione di accedere ad una “procedura flessibile” per discutere con ciascun candidato di tutti gli aspetti dell’appalto.

20 Cfr. sul punto M. LIBERTINI, Le società di autoproduzione in mano pubblica: controllo

analogo, destinazione prevalente dell’attività ed autonomia statutaria, in Federalismi, n.

8/2010, pagg. 4 e ss. L’A. ha evidenziato che le direttive del 2004 avevano l’intento di instau-rare una concorrenza effettiva nel settore mediante la simulazione di un normale mercato, “in un campo in cui erano state storicamente prevalenti (nel bene e nel male) scelte allocative di natura politica”.

21“Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive

2004/17/CE e 2004/18/CE”, G.U. n. 100 del 2 maggio 2006; esso è frutto della delega ex art. 25 della legge comunitaria 2004, 18 aprile 2005, n. 62.

22 Parere dell’Adunanza della Commissione speciale n. 855 del 21 marzo 2016 sullo Schema

di decreto legislativo recante “Codice degli appalti pubblici e dei contratti di concessione, ai sensi dell’art. 1, co. III della legge 28 gennaio 2016, n.11”.

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9

raltro, anche quando si è trattato di intervenire con tali strumenti, l’instabilità politica del periodo (si succedettero tre governi di “colori” diversi) ha creato una forte disomogeneità di intervento sulla materia dei contratti pubblici. Come suggerito in dottrina si è trattato di una “nomorrea”24, che ha compor-tato una forte crescita del contenzioso dinanzi al giudice amministrativo suscitato dall’incertezza applicativa25, oltre che l’aumento dei costi ammini-strativi a detrimento soprattutto delle piccole e medie realtà imprenditoriali, maggiormente diffuse nel panorama economico italiano.

La ragione della produzione di norme extra vagantes è stata ancora una volta dettata dalla necessità di approntare dei regimi derogatori ad una disciplina ordinaria eccessivamente farraginosa in punto di applicazione.

Il quadro già di per sé complesso era poi aggravato dall’ esistenza di disci-pline speciali, come nel settore degli appalti della difesa e della sicurezza nonché di quello relativo ai beni culturali. Persisteva inoltre una normativa diversificata fra appalti “sotto” e “sopra soglia” e la vigenza di disposizioni della legge Merloni.

A completare il quadro occorre aggiungere inoltre la ripartizione di compe-tenze legislative – uscente dalla riforma costituzionale del 2001 - tra Stato e Regioni, sia ordinarie che a statuto speciale (nonché delle Province autono-me), che nell’eccessiva genericità del Codice ha reso necessari reiterati interventi della Corte Costituzionale26.

23 Oltre ai tre decreti legislativi di natura correttiva (d.lgs. n. 6/2007; 113/2007; 152/2008)

furono emanati ben 49 atti normativi modificativi; il Consiglio di Stato nel parere n. 855/2016, cit., pagg. 5-6, ne dettaglia gli estremi; sembra utile riportarli in questa sede per “rendere l’idea”: d.l. n. 173/2006; l. n. 296/2006; d.P.R. n. 90/2007; l. n. 123/2007; l. n. 124/2007; l. n. 244/2007; d.l. n. 207/2008; d.l. n. 78/2009; l. n. 69/2009; l. n. 94/2009; l. n. 99/2009; d.l. n. 135/2009; d.lgs. n. 53/2010; d.lgs. n. 104/2010; d.l. n. 34/2011; d.l. n. 70/2011; d.lgs. n. 58/2011; d.l. n. 95/2011; l. n. 180/2011; d.lgs. n. 195/2011; d.l. n. 201/2011; d.lgs. n. 208/2011; d.l. n. 1/2012; l. n. 3/2012; d.l. n. 5/2012; d.l. n. 16/2012; d.l. n. 52/2012; d.l. n. 83/2012; d.l. n. 95/2012; d.lgs. n. 169/2012; d.l. n. 179/2012; l. n. 190/2012; d.l. n. 35/2013; d.l. n. 69/2013; d.l. n. 101/2013; d.l. n. 145/2013; l. n. 147/2013; d.l. n. 150/2013; d.l. n. 47/2014; d.l. n. 64/2014; d.l. n. 66/2014; d.l. n. 83/2014; d.l. n. 90/2014; d.l. n. 91/2014; d.l. n. 133/2014; l. n. 161/2014; d.l. n. 192/2014; d.l. n. 210/2015; l. n. 221/2015. Le c.d. “so-glie” sono state modificate dai seguenti regolamenti comunitari: 1422/2007; 1177/2009; 1251/2011; 1336/2013; 2341/2015; 2341/2015.

24 M. P. CHITI, Il sistema delle fonti nella nuova disciplina dei contratti pubblici, in Giornale

di diritto amministrativo, n. 4/2016, pag. 437.

25 “La sola adunanza plenaria del Consiglio di Stato, preposta all’esercizio della funzione

no-mofilattica in caso di contrasti giurisprudenziali, ha reso 48 decisioni in materia di appalti, computando solo quelle rese a partire dal 2011, dopo l’entrata in vigore del nuovo codice del processo amministrativo”; così il parere Cons. St. n. 855/2016, cit., pag. 6.

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10

Il d.P.R. n. 207/2010 ha recato il regolamento di esecuzione e di attuazione del Codice (art. 17 co. I della l.n. 400/1988). Tale atto, particolarmente “cor-poso” (357 articoli), ha predisposto una disciplina dettagliata delle fasi di progettazione, aggiudicazione ed esecuzione dei lavori pubblici. Come si può desumere dagli anni di emanazione delle discipline primaria e seconda-ria, la tecnica adoperata del regolamento unico ha comportato per il varo di quest’ultimo una lunga “sfasatura” temporale.

L'attuazione regolamentare ha inoltre provocato un fenomeno singolare in quanto, proprio per le lunghe attese nell’emanazione delle norme di rango secondario, è stata prevista una modifica delle disposizioni regolamentari per via legislativa, pervenendo così al paradosso per cui l’iter di approvazione di un atto normativo primario sia stato ritenuto più veloce di quello previsto per l'emanazione di un regolamento, con l'effetto di una “non corretta ri-legificazione di singole disposizioni di una fonte di rango secondario”27.

§2.5. Le principali criticità della normazione di settore.

I fenomeni che verranno di seguito esaminati illustrano le patologie che han-no interessato la han-normativa dei contratti pubblici prima della riforma del 2016.

Sono elementi che vivono di un collegamento strutturale; infatti maggiore è il numero di fonti di disciplina, maggiore è la tendenza ad “occupare il cam-po” proprio delle scelte dell’amministrazione, più avvertita è la necessità di predisporre regimi in deroga alla disciplina ordinaria, per consentire agli operatori di fruire di sistemi di aggiudicazione meno farraginosi ed alle am-ministrazioni di recuperare spazi di discrezionalità.

Tali elementi, unitariamente considerati, d’altro canto incentivano il dilagare di fenomeni corruttivi. In effetti si può parlare di un paradosso, atteso che l’iper-regolamentazione e l’azzeramento della discrezionalità amministrativa erano state apprestate proprio per combattere la corruzione.

26 Fra le più importanti C.Cost., sentt. n. 303/2003; n. 401/2007 e 431/2007.

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11 §2.5.1. L’inflazione legislativa.

Il settore dei contratti pubblici sembra essere un buon punto di osservazione per analizzare il fenomeno dell’inflazione legislativa. L’emergere di tale problematica, dovuta ad una crescente esigenza di regolamentazione di di-versi settori economici, ha messo in crisi la produzione normativa di derivazione parlamentare e governativa28. Quest’ultima in primo luogo si ba-sa su un’istruttoria inadeguata, che “non si pone il problema della sua attuazione” e, di riflesso, dell’impatto che ha sui destinatari29. Inoltre l’ambizione di predeterminazione esaustiva ed unitaria delle regole rischia facilmente di cozzare con un ormai assodato contesto di costante mutevolez-za della realtà, che rende sempre più attuale il distacco tra factum “regolato” e ius “regolatore”30.

Nei contratti pubblici l’inflazione legislativa ha causato un calo di qualità “sostanziale” delle regole dell’evidenza pubblica. I procedimenti sono diven-tati farraginosi gravando di inutili oneri amministrativi gli operatori economici.

Coerentemente con tale contesto di patologia, anche tale settore ha recato due fondamentali indicatori di cattiva qualità della regolazione, e segnata-mente la crescita del contenzioso da un lato, e dall’altro il parallelo incremento della corruzione31.

In ordine al primo indicatore, è stato rilevato come la crescita di rapporti giu-ridici “patologici” trova la sua causa in una regolazione “opaca”, nella quale regna l’incertezza sulla titolarità di diritti e correlati obblighi32. Quanto poi

28 Cfr. M. DE BENEDETTO, La qualità della funzione regolatoria: ieri, oggi e domani, in

www.historiaetius.eu, n. 9/2016, pagg. 11 e ss. L’A. ha approfondito il legame intercorrente

tra la tendenza della regolamentazione statale a farsi carico di sempre maggiori ambiti sociali ed economici (anche per attuare la Costituzione) ed aumento dell’inflazione legislativa.

29 Cfr. M. DE BENEDETTO, op. cit., pag. 4. 30 Cfr. M. DE BENEDETTO, op. cit., pag. 13.

31 Su tali due fattori indicatori di una “crisi di fiducia nella regolazione” nel mondo

contempo-raneo, si rinvia a M. DE BENEDETTO, op. cit., pag. 14.

32 Come segnalato in dottrina, il contenzioso in materia ha spesso riguardato la violazione o

falsa applicazione di atti normativi. Sul punto cfr. F. MARTINES, Le direttive UE del 2014 in

materia di contratti pubblici e l’articolato processo di integrazione europea nel diritto inter-no degli appalti, in Federalismi, n. 11/2015, pag. 4. L’A. ha rilevato l’eccessivo dettaglio

delle regole, rese nella pratica “inapplicabili senza un margine di errore oltreché, di frequente, non incidenti sugli aspetti sostanziali dell’affidamento dell’appalto”.

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12

alla corruzione, sulla falsariga dell’insegnamento tacitiano33, le (molte) rego-le possono costituire un’imperdibirego-le occasione per l’accumulo di profitti illeciti. L’inflazione normativa, specie nei processi decisionali gestiti dalle amministrazioni pubbliche, è un fattore incentivante l’esercizio abusivo della discrezionalità causato dall’incertezza applicativa, con una contestuale, mal-destra redistribuzione delle risorse della collettività34.

§2.5.2. La “sfiducia” nella discrezionalità amministrativa.

L’inflazione legislativa nel settore dei contratti pubblici va a diretto detri-mento dell’attività discrezionale delle amministrazioni. L’eccessivo dettaglio della disciplina – intervenuta perfino sui meccanismi di aggiudicazione dei contratti - ha comportato una radicale inefficienza delle procedure di setto-re35. É stato peraltro osservato come le occasioni per un “cattivo uso” del margine di scelta sia stato originato anche da una cattiva qualità della rego-lazione, poiché le varie fasi dell’affidamento dei contratti pubblici sono state regolamentate “troppo”, o viceversa “troppo poco”36.

Inoltre, come accennato in precedenza, la normativa comunitaria aveva promosso dei modelli procedurali flessibili che permettessero momenti di dialogo fra stazioni appaltanti ed operatori economici. In tal modo le ammi-nistrazioni avrebbero potuto valutare meglio le offerte in concreto, specie nel caso di appalti di particolare complessità tecnica e organizzativa, nei quali più facilmente avrebbe potuto verificarsi una c.d. “selezione avversa”37.

33 Si richiama la nota frase dello storico latino Tacito “Corruptissima re publica plurimae

le-ges” (Annales, Libro III, 27).

34 L’acquisto di c.d. “posizioni di rendita” dei corruttori è dovuto a varie forme di influenze

sui corrotti – pubblici amministratori, che nell’incertezza delle regole operano più facilmente un’allocazione delle risorse pubbliche sviata nei fini. Da qui la “rendita”, poiché si tratta di un arricchimento non assistito da presupposti legali per l’acquisizione di un particolare beneficio elargito dall’amministrazione, con ingente depauperamento del benessere collettivo. Cfr. A. VANNUCCI, L’evoluzione della corruzione in Italia: evidenza empirica, fattori facilitanti,

politiche di contrasto, in Astrid Rassegna, n. 14/2010, pag. 2.

35 Cfr. G. FIDONE, La corruzione e la discrezionalità amministrativa: il caso dei contratti

pubblici, cit., pagg. 330-333.

36 Per una approfondita disamina del rapporto tra regolamentazione, discrezionalità ed

occa-sioni di corruzione nella varie fasi della procedura di affidamento degli appalti nel vigore del Codice del 2006, si rinvia a G. FIDONE, op. cit., pagg. 327-330.

37Il fenomeno della “selezione avversa” (adverse selection), mutuato dalla teoria economica,

si verifica a causa della genetica asimmetria informativa tra l’amministrazione e l’operatore economico; il deficit di conoscenze rende più “debole” la prima a vantaggio del secondo, in

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13

Il Codice del 2006 non ha recepito tutti i momenti di flessibilità offerti dalla disciplina eurounitaria, attestandosi su un “rigorismo procedurale”38. Esemplare è stato l'“irrigidimento” del dialogo competitivo, il cui utilizzo, ai sensi dell’art. 58, era escluso a priori per le infrastrutture strategiche e gli insediamenti produttivi, nonostante la complessità tecnica e il “volume di af-fari” connotanti la realizzazione di tali opere. Per i contratti relativi ai beni culturali, il ricorso a tale strumento era subordinato all'acquisizione di un previo parere da parte del Consiglio superiore dei lavori pubblici e, nei casi in cui era ammesso, la stazione appaltante avrebbe dovuto motivare il ricorso al dialogo dimostrando la sussistenza della “particolare complessità” dell'ap-palto, la cui definizione era dettagliata all'interno dello stesso articolo. §2.5.3. L’abuso dei regimi derogatori a danno della concorrenza.

L’attività di proposta di modifiche normative dell’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici allora operante è utile per accennare ad un’ulteriore macro-inefficienza del sistema normativo di settore ante 2016. Le segnalazioni dell’Autorità hanno infatti riguardato talune previsioni legislative che hanno introdotto regimi derogatori alle procedure ordinarie39.

Come già evidenziato, le deroghe venivano inserite in vari decreti legge che per così dire “disinnescavano” la disciplina codicistica, al fine di rendere più celeri i procedimenti di settore40. É di tutta evidenza che la previsione dei

ragione della diversità di fini che si prefiggono le due parti dello scambio economico. L’amministrazione infatti vuole compiere un acquisto col miglior impiego possibile di risorse pubbliche, non disgiunto dalla qualità del bene o del servizio richiesto; l’operatore è mosso dalla massimizzazione del profitto. Affinché le conoscenze che il fornitore ha dell’oggetto del contratto siano immediatamente disponibili alla p.a., e dunque perché la scelta sia effettivamente la più “vantaggiosa”, specie nel caso di attività complesse occorre adottare procedure volte a colmare il gap informativo; viceversa, la predisposizione di meccanismi automatici di aggiudicazione del contratto comporta il rischio di scelte radicalmente inefficienti per la p.a., dovute a conoscenze inadeguate e non opportunamente colmate. Cfr. sul punto G. FIDONE, op. cit., pag. 331.

38 Cfr. Cons. St., parere n. 855/2016 cit., pag. 5. In merito a tale tendenza “ancor prima che

alcuni istituti flessibili da esso previsti entrassero in vigore, gli stessi furono congelati ad ope-ra di un decreto legge e, a seguire, del primo e del secondo decreto legislativo correttivi (a cavallo degli anni 2006 – 2007)”.

39 In particolare, cfr. Segnalazione ai sensi dell’art. 6 co. VII, lett. e) ed f), del d.lgs. n.

163/2006, sulla predisposizione della legge annuale per il mercato e la concorrenza, discipli-nata dall’art. 47 della l. 23 luglio 2009, n. 99 del 16 giugno 2010, consultabile su

www.anticorruzione.it.

40 Cfr. G. PIPERATA, Contrattazione pubblica e lotta alla corruzione. Uno sguardo alle

re-centi riforme amministrative italiane, in Federalismi, n. 16/2015, pag. 5.

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gimi in esame, sottratti all’applicazione dei principi che assicurano la mas-sima pubblicità delle procedure, abbia impattato negativamente sulla concorrenza e contribuito alla proliferazione del fenomeno corruttivo41. L’Autorità di settore ha ad esempio fatto riferimento all’art. 5bis co. V del d.l. n. 343/2001, che ha esteso la procedura emergenziale, attivabile solo in caso di calamità naturali e prevista dall’art. 5 della legge sulla protezione ci-vile (l. n. 225/1992), anche ai “grandi eventi rientranti nella competenza del Dipartimento della protezione civile e diversi da quelli per i quali si rende necessaria la delibera dello stato d’emergenza”. La dichiarazione dei grandi eventi è stata quindi equiparata in punto di effetti ad una delibera di stato d’emergenza, con possibilità di operare “in deroga ad ogni disposizione vi-gente”, e quindi anche al Codice degli appalti (ed ai suoi principi), col solo limite del rispetto dei “principi generali dell’ordinamento giuridico”. Il ri-schio, segnalato dall’AVCP, era che il “frequente ricorso alle procedure di gestione emergenziale” provocasse delle “distorsioni del mercato, in quanto viene consentito l’affidamento di lavori e servizi in via diretta, senza il ri-spetto delle regole del Codice poste a tutela della concorrenza”. In altri termini, è stata sottolineata la circostanza che procedure “straordinarie” fos-sero divenute la normalità, atteso lo stanziamento complessivo di risorse pubbliche tale da riguardare una parte rilevante del mercato dei contratti pubblici42.

41 Il ricorso a regimi derogatori ha permesso di “spostare la contrattazione delle pubbliche

amministrazioni con gli operatori privati in un contesto di negoziazione con molte zone grigie e con la possibilità di seguire scorciatoie […] formalmente giustificato per il perseguimento dell’obiettivo in termini di maggiore celerità in realtà cela la necessità di avvantaggiare alcuni dei soggetti interessati, in una prospettiva di reciproco e illecito scambio di utilità”. Così G. PIPERATA, op. cit., pagg. 5-6.

42 I dati, riportati dalla stessa Autorità nell’atto di segnalazione cit., riportano 302 ordinanze di

protezione civile, emanate sia ai sensi dell’art. 5, che del 5bis, con “uno stanziamento com-plessivo di risorse pubbliche per la realizzazione degli interventi […] pari ad euro 12.894.770.574,38”. I dati hanno riportato con tutta evidenza che “il ricorso a tali procedure derogatorie riguardi una parte rilevante del mercato”, avendo

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§3. La riforma del 2016 con l’approdo al nuovo “Codice dei

con-tratti pubblici”. Il quadro normativo.

L’elemento di novità che connota la riforma dei contratti pubblici è l’importanza assegnata alla “qualità della regolazione”. Si tratta di un obiet-tivo che ha acquisito centralità nelle agende politiche dell’Unione Europea, che hanno valorizzato il nesso intercorrente tra qualità delle regole destinate ai cittadini e crescita economica. L’attenzione comunitaria sul tema ha fatto sì che i policy makers degli ordinamenti interni acquisissero familiarità con nozioni quali better regulation43 e smart regulation44.

Nel nuovo quadro normativo tale obiettivo risulta essere condiviso dai legi-slatori interno ed eurounitario, e punta ad allentare la tradizionale tensione tra le diverse istanze che animano le scelte normative di settore.

La “flessibilità” degli atti attuativi del nuovo Codice, previsti nell’ordinamento interno, e la valorizzazione dei poteri dell’Autorità Nazio-nale Anticorruzione sembrano infatti puntare ad una convivenza pacifica delle istanze di tutela della concorrenza, da un lato, e di lotta alla corruzione, dall’altro.

§3.1. Le direttive nn. 23, 24 e 25 del 2014.

La nuova normativa comunitaria degli appalti pubblici – nei settori ordinari e speciali - e dei contratti di concessione è contenuta nelle direttive del Parla-mento Europeo e del Consiglio nn. 23, 24 e 25 del 201445.

43 Centrale per l’affermazione della rilevanza della better regulation è stata l’Organizzazione

per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), secondo la quale “better regulation

means to adopt regulations that meet concrete quality standards, avoid unnecessary regulato-ry burdens and effectively meet clear objectives”. Cfr. Relazione “Overcoming barriers to administrative simplification strategies – Guidance for policy makers”, in www.oecd.org, 2009, pag. 44.

44 Ad es., cfr. Communication from the Commission to the European Parliament, the Council,

the European Economic and Social Committee and the Committee of the Regions – “Smart Regulation in the European Union”, in www.eur-lex.europa.eu, Brussels, 8.10.2010. La Commissione Europea ha propugnato il passaggio dalla better alla smart regulation, rilevando l’impatto della cattiva qualità e frammentarietà delle legislazioni degli Stati membri, e delle ricadute negative di queste sul mercato interno.

45 Rispettivamente “sull'aggiudicazione dei contratti di concessione”, “sugli appalti pubblici”,

“sulle procedure di appalto degli enti erogatori nei settori dell'acqua, dell'energia, dei trasporti e dei servizi postali”.

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Gli appalti pubblici figuravano come obiettivo di crescita per il 2020 già nel-la Comunicazione delnel-la Commissione del 3 marzo 201046. I nuovi interventi normativi riconfermano tale obiettivo, garantendo al contempo “l'uso più ef-ficiente possibile dei finanziamenti pubblici” (Considerando (2), Dir. 2014/24/UE).

Le maggiori novità introdotte dalla normativa eurounitaria sono ravvisabili: a) nella disciplina autonoma dei contratti di concessione, mancante nelle di-rettive del 2004; b) nella predilezione riconosciuta alle forme elettroniche nelle varie fasi della procedura dell'appalto; c) nella centralizzazione della committenza; d) nella preferenza accordata al criterio di aggiudicazione – più flessibile - dell'offerta economicamente più vantaggiosa; e) nell'introdu-zione del c.d. “documento unico europeo di gara”; f) nella disciplina del conflitto d'interesse.

Bisogna segnalare che le direttive del 2014 valorizzano la discrezionalità e connessa assunzione di responsabilità in capo alle amministrazioni aggiudi-catrici richiedendo – di conseguenza - che gli Stati membri non “appesantiscano” il quadro regolatorio eurounitario di ulteriori regole. In effetti il grado di dettaglio47 della nuova normativa eurounitaria sembra esaltarne il carattere self-executing. In virtù di tale connotato la legge delega avrebbe potuto essere direttamente attuativa delle tre direttive, tramite l'uti-lizzo, ad esempio, di una procedura di approvazione per commissione in sede redigente, e senza attendere ulteriormente l'emanazione di un decreto legislativo48.

46 Cfr. “EUROPA 2020 Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva”,

consultabile su www.eur-lex.europa.eu.

47 Vengono enumerati 607 fra “considerando” ed articoli, e 46 allegati.

48 Cfr. sul punto M. P. CHITI, Il sistema delle fonti nella nuova disciplina dei contratti

pubblici, cit., pag. 438. L’A. segnala l’esperienza del Regno Unito che ha scelto un

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§3.2 La legge delega n. 11/2016. L’obiettivo di sistema della “qualità della regolazione”.

La legge delega n. 11/2016 ha stabilito i principi e i criteri direttivi, in ag-giunta a quelli enunciati nella nuova disciplina di matrice europea, ai quali il legislatore delegato deve attenersi nel recepire la normativa comunitaria e al contempo riordinare quella interna.

Un obiettivo centrale che la legge ha inteso perseguire è stato quello di argi-nare l'eccesso di regolamentazione che ha connotato il settore. Il criterio direttivo ex art. 1 co. I, lett. d) fa infatti riferimento alla “ricognizione e rior-dino del quadro normativo” funzionale ad “una drastica riduzione e razionalizzazione del complesso delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative vigenti e un più elevato livello di certezza del diritto e di semplificazione dei procedimenti”.

Come già anticipato, acquista centralità la “qualità della regolazione”, sulla cui base la normativa del settore dei contratti pubblici verrà modificata ed attuata. Tale esigenza è stata oggetto di particolare attenzione anche da parte del Consiglio di Stato, che in qualità di organo di consulenza giuridico-amministrativa ha più volte ricordato il “miglioramento della qualità della regolazione”. Più in particolare, qualsiasi atto di regolamentazione statale dev’essere da un lato “chiaro, intellegibile, accessibile” (c.d. qualità forma-le), e dall’altro recare delle “buone regole” (c.d. qualità sostanziale)49. §3.2.1. Il divieto di gold plating fra tutela della concorrenza e lotta alla corruzione.

Le istanze eurounitarie di radicale semplificazione del quadro regolatorio hanno imposto all’ordinamento italiano un revirement nelle modalità di di-sciplina del settore.

Prova ne è il fatto che in apertura della legge delega sia stabilito, come primo criterio direttivo (art. 1, co. I, lett. a), il divieto di recepimento gold plating50

49 “Una buona legge è: una legge «necessaria», nel senso che non vi sono altre alternative

(nelle leggi già vigenti o negli strumenti amministrativi, o nella deregolamentazione e autore-golamentazione); una legge chiara e comprensibile; una legge completa; una legge sistematica”. Cfr. Cons. St., sez. norm., parere n. 2024/2007, reso sul “Piano di azione per la semplificazione”.

50 Il divieto di recepimento gold plating è stato introdotto dall’art. 14, co. 24ter della l. n.

246/2005, e consiste nella impossibilità, con qualsiasi strumento di regolazione, di: i) introdurre o mantenere “requisiti , standard, obblighi o oneri non strettamente necessari per

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mediante introduzione o mantenimento di livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalle direttive.

Tuttavia bisogna capire come sia possibile rispettare il divieto di introduzio-ne di ointroduzio-neri "non introduzio-necessari”, pur avendo la legge delega previsto diversi momenti di “rigore normativo” volti ad arginare il fenomeno corruttivo nel settore51.

Secondo un’analisi compiuta sul punto dal Consiglio di Stato52, il divieto di gold plating non potrebbe comportare una riduzione degli standards di tutela di interessi ritenuti particolarmente meritevoli all’interno dell’ordinamento, quali la prevenzione della corruzione, la lotta alla mafia, la trasparenza, una tutela “rafforzata” della concorrenza. Il divieto in esame è dunque declinato in modo peculiare nel contesto italiano, attesa la permanenza delle diverse istanze che animano la normativa di settore. Pertanto il Consesso ha anche ritenuto opportuno porre “limiti e contro-limiti” alla derogabilità del divieto. Infatti una disciplina interna di maggior rigore non può tradursi in una com-pressione della concorrenza. Tuttavia maggiori oneri possono trovare giustificazione nella tutela di valori costituzionali “in relazione ai quali le esigenze di massima semplificazione e efficienza non possono che risultare recessive”. Soprattutto se si considera che la predisposizione di norme anti-corruzione e anti-infiltrazioni mafiose punta proprio a garantire la concor-renza, in quanto tutela la parità di accesso al mercato degli operatori economici “migliori” su un piano qualitativo-reputazionale.

A suffragio degli effetti benefici che l’introduzione di “oneri anticorruzione” potrebbe produrre nella disciplina di settore, il Consiglio di Stato ha fatto

l'attuazione delle direttive”; ii) estendere “l'ambito soggettivo o oggettivo di applicazione delle regole rispetto a quanto previsto dalle direttive, ove comporti maggiori oneri amministrativi per i destinatari”; iii) introdurre o mantenere “sanzioni, procedure o meccanismi operativi più gravosi o complessi di quelli strettamente necessari per l'attuazione delle direttive”.

51 É il caso della centralizzazione obbligatoria della committenza (lett. dd) , della

qualifica-zione obbligatoria delle stazioni appaltanti (lett. bb), dell’istituqualifica-zione di un albo dei commissari di gara (lett. hh) , della separazione tra progettazione ed esecuzione (lett. g), dei criteri reputa-zionali per gli operatori economici (lett. uu), del conto corrente dedicato (lett. q) n. 4), di regole maggiormente rigoristiche per gli appalti della protezione civile ( lett. i) e per le con-cessioni autostradali (lett. lll), del dibattito pubblico sulle grandi opere (lett. qqq).

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ferimento ad una recente sentenza della Corte di Giustizia 53, nella quale è stata contestata la compatibilità col diritto europeo del c.d. protocollo di le-galità, poiché limitativo della parità di accesso alle gare pubbliche.

La Corte ha ravvisato in tale onere una deroga ammissibile alla disciplina comunitaria, in quanto appronta in via immediata un'anticipazione della so-glia di tutela contro fenomeni corruttivi e di infiltrazione mafiosa, e in via mediata un più elevato standard di tutela della concorrenza.

§3.2.2. La predisposizione di un “Codice”: il d.lgs. n. 50/2016.

In coerenza con l’obiettivo di una regolazione “di qualità”, il legislatore de-legato ha optato per l’adozione di un unico decreto di recepimento delle direttive e di riordino della materia dei contratti pubblici54.

Il varo del d. lgs. n. 50/2016 è stato favorevolmente accolto dal Consiglio di Stato, che ha sottolineato come dia una risposta corretta alla pressante do-manda degli operatori economici di semplificazione normativa, a sua volta strumentale alla qualità della regolazione55. Quest'ultimo obiettivo è stato perseguito anche con l'introduzione dell’art. 218, che stabilisce che gli inter-venti sul Codice richiedano un’esplicita modifica, integrazione, deroga o sospensione. In questo modo si vuole evitare di reiterare la pratica dell'“alluvionalità” di leggi e atti aventi forza di legge disarmonici con le di-sposizioni del Codice ed incerti in punto di applicazione ed interpretazione56. L’attenzione per il controllo dello stock normativo emerge anche dall’istituzione presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri di una “Cabi-na di regia” (art. 212 del nuovo Codice), con compiti di monitoraggio e

53 Cfr. C-425/2014 del 22 ottobre 2015, vertente sulla conformità all'art. 45 della dir. n.

18/2004 di una causa di esclusione dalla gara, prevista dall'art. 1 co. 17 l.n. 190/2012, e consistente nel mancato deposito ed esplicita accettazione del protocollo di legalità e delle sue clausole.

54 L’art. 1, co. I, l. n. 11/2016 aveva posto l’alternativa tra l’adozione di due distinti decreti –

l’uno di recepimento, l’altro di riordino – o il varo di un unico decreto. La dottrina ha segnala-to come optare per l’uno o per l’altro mesegnala-todo non avrebbe avusegnala-to le stesse conseguenze, perché la prima a differenza della seconda avrebbe provocato “una sovrapposizione temporanea di due normative diverse” (quella del Codice del 2006 e la nuova, recepita nelle direttive), e di conseguenza incertezze interpretative per gli operatori del settore. Cfr. M. P. CHITI, Il

siste-ma delle fonti nella nuova disciplina dei contratti pubblici, cit., pag. 438.

55 Cfr. Cons. St., parere n. 855/2016, cit., pag. 23.

56 La clausola della riserva di Codice ex art. 218 ha tuttavia dei limiti perché non manifesta

una particolare “resistenza” all’abrogazione - espressa o tacita (quest’ultima ex art. 15 disp. prel. c.c.) - che potrebbe essere disposta con una legge successiva di pari rango. Cfr. sul punto Cons. St., parere n. 855/2016, cit., pag. 24.

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