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Documento di indirizzo sulla valutazione dell'apprendimento delle competenze professionali acquisite in tirocinio dagli studenti dei corsi di laurea di ostetricia

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Academic year: 2021

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Gli orientamenti della formazione che si intersecano con la cognizione umana sono essenzialmente due: Behaviourista e Gestalt.

Da qui nascono due diverse visioni della formazione .

Il Behaviourista(comportamentismo) è una corrente della psicologia che nasce all’inizio del ‘900 e si basa sull’assunto che l’unico fenomeno studiabile dalla psicologia consiste nel comportamento esplicito degli individui.

Nessun “fatto mentale “ risulta credibile scientificamente e le uniche cose rilevanti all’interno di una analisi fondata risultano essere i collegamenti tra gli stimoli (percettibili o artificiali) e gli output comportamentali. E’ l’apprendimento, inteso appunto come il prevalere di una determinata risposta agli stimoli dati, al centro delle analisi comportamentistiche , e di conseguenza la formazione, intesa proprio come l’attività volta a provocare apprendimento, risulta essere un concetto strettamente connesso ad esso.

QUINDI: il comportamento visibile che l’individuo mette in atto a fronte di determinate situazioni è ciò che risulta dopo una fase di apprendimento.

La formazione ha dunque il compito di portare il soggetto alla costruzione di determinati comportamenti , mostrando quale sia la condotta migliore da a dottare: la formazione deve insegnare cosa fare e quando farlo per ottenere i risultati auspicati.

Il modello Gestaltico invece, ha come obiettivo di portare le persone a rielaborare la propria esperienza per poter essere in grado di guardare entrambi gli oggetti visibili nel medesimo disegno.

Si porrà l’accento su alcuni concetti, emozioni o ancora atteggiamenti presi, tenendo sempre presente che quello che conta è che il soggetto riesca ad allargare la propria esperienza, giungendo a riflettere ed a spaziare su di essa anche a costo di generare altri dubbi. L’esito di questa formazione sarà la crescita stessa della persona in quanto tale e non solo come tirocinante .

In questo processo non sarà il docente a modificare direttamente determinanti atteggiamenti , ma lo stesso discente lo farà una volta terminata la propria formazione .

LE DINAMICHE DELL’APPRENDIMENTO

“Dai latini VERUM e FACTUM sono usati scambievolmente o , come si dice comunemente nelle scuole si convertono l’uno con l’altro. Questo fa pensare che gli antichi sapienti Italiani convenissero circa il vero, in queste opinioni: il vero è il fatto stesso, perciò in Dio c’è il primo vero in quanto è il primo fattore: infinito, perché fattore di tutte le cose, perfettissimo, perché rappresenta in sé, in quanto li contiene, gli elementi esterni ed interni delle cose.

Sapere è allora comporre gli elementi delle cose : il pensiero è proprio della mente umana, l’intelligenza di quella divina . Infatti Dio legge tutti gli elementi delle cose , ma la mente umana che è finita, ed ha fuori di se tutte le altre cose che non sono essa stessa , è costretta a muoversi tra gli elementi esterni delle cose e non li raccoglie mai tutti: può certo pensare le cose ma non può intenderle, in quanto è partecipe della ragione ma non è padrona di essa …..così il vero umano è ciò che l’uomo, mentre conosce, compone e fa. E cosi la scienza è la conoscenza della genesi, cioè del mondo in cui la cosa è fatta”.

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Questo è uno dei passi più importanti e conosciuti passi del DE ANTIQUISSIMA ITALORUM SAPIENTIA, scritto dal metafisico del filosofo, storico e giurista napoletano Giambattista Vico. In essa viene esposta la teoria del VERUM IPSUM FACTUM ovvero la presa di coscienza dell’assoluta vicinanza tra il fare e il conoscere. Con Vico nasce l’ipotesi che l’apprendimento non è semplicemente un’attività nei confronti della quale il soggetto ha un orientamento esclusivamente passivo, si trova cioè di fronte al mondo e non deve fare altro che “stare a guardare”, ma al contrario il conoscere implica in se un comportamento attivo. Si apprende dunque mentre si modifica ciò che si apprende , si impara ciò che viene prodotto. Imparare non significa giungere alla comprensione degli oggetti e dei fatti che si realizzano indipendentemente da chi li esperisce, ma invece indica la costruzione di un significato elaborato a partire da una massa confusa di sensazioni prive di qualunque contenuto semantico.

Nasce con l’opera di DAVID KOLB la teoria dell’apprendimento esperenziale (experimental learning) elaborando una visione di diversi processi cognitivi attraverso i quali l’individuo apprende dalle proprie esperienze: il concetto di stile di apprendimento indica la precisa modalità attraverso la quale un soggetto attua questa operazione.

ESPERIENZA CONCRETA: lezioni, discussioni, eventi

problemi OSSERVAZIONE RIFLESSIVA: riflessione sulle esperienze, osservazione da prospettive multiple CONCETTUALIZZAZIONE ASTRATTA: creazione di

concetti che integrano e generalizzano in teorie astratte

SPERIMENTAZIONE ATTIVA: test delle ipotesi attraverso l’azione

Queste quattro fasi interagiscono tra di loro e sono in ogni persona contemporaneamente , ma ognuno di noi , nel processo di apprendimento predilige o comunque utilizza le fasi che più sono consone alla propria personalità.

Le tipologie di persone che sono indicate da KOLB nella sua dinamica di vita sono:

-ADATTATIVO(produttivo) :prediligono l’esperienza concreta e la sperimentazione attiva. Si trovano maggiormente a loro agio nella gestione di problemi concreti e nelle situazioni in cui devono assumersi responsabilità, sono orientati all’agire piuttosto che alla riflessione accettando così anche cambiamenti operativi e situazioni nuove. Si affidano all’intuizione e in una logica androgico-didattica sono motivati se incoraggiati alla scoperta autonoma ;

-DIVERGENTE(sensibile): più orientamento verso l’osservazione e riflessione su esperienze concrete rispetto al precedente. E’ una persona motivata ed ha una immaginazione molto accentuata grazie ala quale sa partorire molte idee, anche se non è interessato alla loro realizzazione pratica. In un percorso formativo ha bisogno di essere motivato e deve avere ben chiara la relazione tra l’oggetto da apprendere e la sua esperienza pratica ;

-CONVERGENTE(decisionale): ha un orientamento pratico e tende alla realizzazione delle proprie idee. Si basa sulla concettualizzazione astratta e alla sperimentazione attiva e quindi sarà portato a valutare in modo critico le conseguenze delle azioni confrontandole con quanto dedotto dalle sue ipotesi. Risulta rigido e poco immaginativo prefigurando una sola soluzione e sperimentandola in pratica. Ha bisogno di poter sbagliare per apprendere perché è solo con il fare che può rivedere le proprie posizioni;

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-ASSIMILATORE(teorico): osservazione riflessiva e concettualizzazione sono i due cardini del proprio apprendimento.

Ha quindi una disposizione prettamente riflessiva ed è portato per le scienze pure. Elabora modelli teorici da dati semplici, è in grado di astrarre e concettualizzare, ragiona facilmente per induzioni. Apprende maggiormente nelle classiche lezioni frontali in cui sono presentate strutture logiche ben definite. Ha bisogno di un formatore esperto cui fare riferimento e non si trova a proprio agio nella ricerca superficiale o accellerata di soluzioni alle varie problematiche .

Questi stili sovra descritti definiscono il percorso attraverso il quale le persone apprendono. Kolb sottolinea il fatto che se dovutamente strutturata al loro conoscenza è in grado di potenziare il nostro apprendimento mettendo in ombra i punti deboli. Gli studenti infatti, avranno un calo dell’attenzione verso le lezioni che seguono se queste non saranno in sintonia con i loro stili di apprendimento.

Da questa breve premessa si evince quindi quali siano le tipologie di apprendimento per le professioni sanitarie e quale sia lo schema didattico che il docente deve aver interiorizzato prima di approcciarsi all’esperienza di educatore /tutor e quindi di valutatore.

TIPOLOGIE DI APPRENDIEMNTO PER LE PROFESSIONI SANITARIE -Orientamento iniziale al lavoro;

-addestramento su problemi specifici, come l’uso di strumentazione o tecnologie avanzate; -Addestramento su nuove indagini, metodologie e settori di attività;

-Crescita personale; -Capacità gestionali;

-sicurezza e privacy del paziente; -Sicurezza della persone stessa ;

-Programmi di guida per la sicurezza e la qualità sul lavoro.

MODELLI DIVERSI DI FORMAZIONE

Nella società della conoscenza, la formazione va oltre la specificità dell’educazione degli adulti e della formazione professionale, integrando due concetti:

-LIFELONG LEARNING (apprendimento per tutto l’arco della vita- concetto da imprimere ai nostri studenti) -LIFEWIDE LEARNING (apprendimento in ogni luogo della vita-concetto da imprimere ai nostri studenti) La formazione continua come sistema da integrare immediatamente nelle coscienze dei discenti dall’inizio del loro percorso formativo!

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Non si può concepire la formazione e quindi la formazione continua(richiesta dal documento del Libro bianco della comunità europea) al di fuori di questo quadro di relazioni dinamiche tra i tempi e i luoghi delle diverse tipologie di apprendimento.

Gian Piero Quaglino (ordinario di Psicologia della Formazione all’Università di Torino )ragionando del senso della formazione come “far apprendere”, individua, sulla scorta della letteratura psico-pedagogica, tre tipologie di apprendimento:

A)SELF-DIRECTED LEARNING(apprendimento autodiretto che si esprime come capacità, da parte dei discenti, di autogestirsi)

B)REFLECTIVE LEARNING (apprendimento riflessivo, il luogo in cui la riflessione è centrale ) C)TRANSFORMATIVE LEARNING (necessità di adattamento dell’individuo alle modificazioni che si presentano nelle organizzazioni

SELF- DIRECTED LERANING/FORMAZIONE PSICO PEDAGOGICA

La formazione psico-socio-pedagogica, favorisce un apprendimento autodiretto e libero rispetto alla scelta degli oggetti, dei modi, dei tempi. E’ innanzitutto il diritto alla cura del sé umano prima che professionale, diretto a realizzare il proprio progetto di vita anche attraverso il lavoro. La formazione , quindi, consiste in un processo di cambiamento globale della persona, mirante a conciliare sviluppo personale e adattamento socio culturale .

Si tratta di un lavoro centrato sul soggetto normativo piuttosto che sulla sua conformazione a norme esterne.

E’ una grande illusione pensare che percorsi formativi ben progettati possono modificare o creare realmente realmente la professionalità senza che eventi e corsi e moduli formativi, vengano ritenuti congruenti con le istanze profonde della personalità del soggetto-utente.

La formazione, deve incrociare il vissuto delle persone nelle loro scelte di libero sviluppo, appartenere, cioè, ad un orizzonte di senso di cui il soggetto è in qualche modo responsabile e che contribuisce a determinare. L’apprendimento autodiretto e libero è dunque una variabile indipendente regolativa di senso ( valore, motivazione, partecipazione, convinzione) e dunque di successo (volizione, decisione, azione modificatrice ) della formazione .

Rivendicare la natura trasformatrice della persona nei suoi molteplici aspetti (cognitivi, affettivi, sociali) induce al cambiamento nei comportamenti operativi, nelle rappresentazioni sociali, nelle competenze relazionali. Occorre avere ben chiaro che la formazione è un fatto sociale, con componenti non solo psico-pedagogiche o scientifiche, ma anche giuridiche, economiche, ideologiche e politiche .

REFLECTIVE-LEARNING/ FORMAZIONE TECNICO-SCIENTIFICA E

APPRENDIMENTO RIFLESSIVO SULLE PRATICHE

La formazione tecnico scientifica favorisce un apprendimento riflessivo sulle pratiche, sulle azioni, sul fare. L’operatore sanitario per essere professionista “riflessivo” (D.Schon-Il professionista riflessivo)deve partiree dalla razionalità tecnica della propria professione fondata sulla scienza di base e su quella applicata, per

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arrivare alla “riflessione durante l’azione “ e quindi una professionalità che confronta il caso unico con le altre situazioni e costruisce una teoria di contesto.

Si parla allo stesso tempo di continuità e innovazione delle conoscenze disciplinari e delle competenze professionali. La competenza professionale emerge come il risultato complesso dell’interazione tra conoscenze dichiarative, procedurali, condizionali e modellate sulla diversità dei pazienti e sulla particolarità dei contesti socio-culturali.

Limitarla non assicura il passaggio da prestazioni INESPERTE , semplificatrici delle situazioni, a prestazioni ESPERTE, attente agli indizi, ai dettagli, alla complessità olistica .

Nella situazione di problemi professionali, l’apprendimento riflessivo deve condurre ad un diverso atteggiamento o modo di interpretazione del rapporto tra conoscenze teoriche e pratiche di azione . L’inesperto cerca nei problemi a conferma di teorie e conoscenze apprese e , quando questi possono essere configurati come buoni esempi di una teoria, ne ignora le differenze, oppure tende a semplificarle.

L’esperto, viceversa, si lascia guidare dalla natura interrogativa dei problemi, che interpreta come occasioni per rielaborare la conoscenza, verificare la tenuta delle teorie sul dato di realtà ed eventualmente

modificarle o ricercarne di nuove . Egli è orientato ad una idea di intervento di tipo negoziale e riflessivo.

TRANSFORMATIVE LEARNING /FORMAZIONE ORGANIZZATIVO-SOCIALE E

APPRENDIMENTO TRASFORMATIVO

Favorisce un apprendimento trasformativo della MISSION professionale in rapporto alla MISSION didattica , perfettamente sovrapponibili alla mission professionale versus la mission aziendale , una volta

contestualizzato il soggetto formato in un attività lavorativa propriamente detta, ambedue strettamente connesse agli obiettivi del Piano sanitario Nazionale e dei Piani Sanitari Regionali.

Il processo valutativo no deve essere imposto dall’alto con processi tipo top-down, non più solo eterovalutazione dei profili professionali di competenze ; di conseguenza di progettazione di eventi formativi atti a colmare le lacune mostrate con un assessment dinamico condiviso dei profili di sviluppo individuale e soprattutto delle competenze trasversali, le “live skills” (le abilità vive) che l’OMS pone a fondamento di qualunque percorso formativo.

Analizzandole , esse si presentano centrate sul soggetto e sulla sua capacità di migliorarsi e di mettersi in discussione. Esse sono : cognitive (risolvere problemi e prendere decisioni, spirito critico e capacità di trovare soluzioni innovative ad eventi imprevisti), relazionali (saper comunicare ed interagire positivamente con gli altri, provare empatia), affettive ( avere un concetto equilibrato di sé, gestire le proprie emozioni e far fronte allo stress).

APPRENDERE NELLE COMUNITA’ DI PRATICA

La condivisione di esperienze tra un gruppo di professionisti, l’individuazione di percorsi di miglioramento e di buone pratiche per lo svolgimento di determinati processi lavorativi sono i concetti alla base delle comunità di pratica .

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Il primo a definirne le specificità è stato Wegner J. Leave della Cambridge University Press di New York: egli dice che la conoscenza è soprattutto un atto sociale.

Elemento centrale per il gruppo è la motivazione e questa risulta presente se le persone che vi partecipano condividono le stesse mansioni lavorative o gli stessi interessi. Solo così la coesione sociale potrà generare la situazione nella quale le conoscenze acquisite sul campo, dal singolo, si diffondono , passando da una fase di una conoscenza sottaciuta ad una esplicita.

Lo scambio del sapere diventa esperienza per chi ne può trarre vantaggio, generando un vero e proprio patrimonio intellettivo o di comportamenti virtuosi quindi , la capacità di interagire con gli altri diviene essenziale al fine di non rendere la conoscenza una mera trasmissione passiva di sapere, ma costituisce la cornice attorno alla quale è possibile pensare ad un comportamento cooperativo.

In tutto questo Wegner favorisce una concezione dell’apprendimento originariamente di carattere sociale ( l’apprendimento dunque non è un genere di attività, ma l’aspetto di ogni attività ).

Centrale è dunque la partecipazione al mondo sociale da parte del singolo, poiché le attività, i compiti, le funzioni e le cognizioni non esistono se non all’interno di sistemi di relazioni più ampie in cui hanno il significato loro proprio.

Vivere nel mondo e rapportarsi ad esso genera senso per la persona stessa che attraverso l’apprendimento costruisce la propria identità .

Nell’apprendistato, quando cioè le nuove generazioni entrano a far parte di una comunità e vengono istruite sulle prat5iche sociali, le competenze e le abilità presenti in essa, si genera una relazione

riassumibile come implicante tre soggetti la comunità di pratica comprende apprendisti, giovani maestri con apprendisti e maestri i cui apprendisti sono i parte diventati maestri a loro volta .

La conoscenza è un processo vivo e dinamico di interazione e scambio, creazione e diffusione, piuttosto che un accumulo di informazioni. Tutto ciò ha una chiara conseguenza nel mondo delle organizzazioni in un epoca già definita società della conoscenza. Oggi viene richiesto l’aggiornamento e lo sviluppo rinnovato del proprio sapere durante tutto l’arco della vita .

Se consideriamo l’apprendimento come relazione e quindi non solo come sterile passaggio di nozioni , ma come miscela di sapere e saper fare, di esperienza e di intuito, possiamo comprendere come le persone possono sperare di svolgere le attività proprie al ciclo di creazione della conoscenza.

La pratica è il fondamento dei processi di apprendimento ( quindi il tirocinio) ed il punto di riferimento delle comunità di pratica in cui ci si impegna a far si che in esse gli impegni reciproci degli attori (docenti-tutor-discenti) siano stimolati dalla consapevolezza di partecipare ad un progetto comune .

Socializzare(scambi taciti)

Esternare(Catturare e esternare la conoscenza tacita ) Articolare(in forma esplicita)

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Combinare(La conoscenza esplicita per nuovi usi)

Interiorizzare(Portare informazione esplicitamente nella mente) Incorporare(L’idea di un prodotto/ processo che ha valore )

Empatizzare (Condividere e sviluppare idee insieme attraverso scambi sociali)

Grazie a questo schema che ripete sempre se stesso , risulta semplice capire come la sede

dell’apprendimento e della conoscenza di ogni soggetto non risiedono solo nella sua memoria , ma nelle informazioni che l’ambiente è in grado di supportare e rendere note . Se quindi l’apprendimento è centrale per il soggetto che conosce , il processo concettuale compiuto dall’idea della comunità di pratica sta proprio nella comprensione di come l’attività conoscitiva si ottenga attraverso l’interazione con l’ambiente culturale, sociale e fisico che circonda l’individuo.

L’uomo primariamente è un essere sociale e la pratica è il fondamento dei processi di apprendimento e il punto di riferimento costitutivo delle comunità di pratica : va da se che la valutazione diventa altresì determinante è per lo studente e fonte di conoscenza e di sviluppo della conoscenza da parte del docente /tutor.

LA VALUTAZIONE DELLE COMPETENZE E LA DEFINIZIONE DEI PROFILI DI

SVILUPPO INDIVIDUALI

La valutazione inizia nel momento stesso della decisione del fabbisogno, si sviluppa nel momento della selezione come costruzione del profilo di ruolo( selezione ab-interim lungo il percorso di formazione dello studente )e la scoperta del potenziale per arricchirsi nella progettualità e nell’azione quotidiana attraverso il presidio permanente della prestazione e delle competenze di ruolo.

La valutazione produce sempre delle conseguenze positive e negative , nel senso che la realytà valutatat non può essere alla fine la stessa .

LA DEFINIZIONE DEL SISTERMA DELLE COMPETENZE TRASVERSALI

Competenze carenti e miglioramento

continuo

Potenziale dei singoli Motivazione alla “crescita”

Spazi organizzativi possibili

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Sempre nella logica di offrire al professionista la maggiore informazione possibile per potersi collocare la meglio(e vivere bene ) sul suo posto di lavoro abbiamo sentito la necessità di portare attenzione, e “fare marketing”, a quelle competenze, spesso poco esplicitate, o più di frequente collocate in una posizione sub-alterna alle competenze tecniche specifiche . Ci riferiamo alle cosiddette competenze trasversali, in altri termini a quelle che esprimono quei

comportamenti attesi dall’organizzazione che devono essere patrimonio di tutti a prescindere dal ruolo , responsabilità, settore di lavoro.

Le competenze trasversali sono :  Ascolto e comunicazione  Lavorare insieme

 Spirito di iniziativa e cambiamento  Sviluppo di relazioni positive  Concretezza

 Tenzione al risultato

Il principale valore d’uso di questo progetto è di non legittimare la corrispondenza “bravo tecnico/bravo professionista ”ad ex., “è il migliore: tratta male i parenti dei pazienti, ma è bravissima nell’esecuzione del pap-test”), che può determinare l’effetto perverso di continuare ad investire dove si sa già di più, ma proporre un idea di professionista che è sintesi adeguata di tre livelli di competenze : organizzative , tecniche, relazionali, senza che nessun livello abbia una prevalenza gerarchica sull’altro .

PROFESSIONALITA’ DELLE PERSONE :VOCAZIONE E COMPETENZA

Nessuna attività umana può essere basata solo su elementi razionali misurabili in termini fisici ed oggettivi. L’uomo è stato sempre caratterizzato da un insieme di bisogni, esigenze ed aspettative di tipo razionale ed emozionale . Un vecchio detto esprimeva bene questo concetto:” l’uomo giusto, al posto giusto, al tempo giusto “.

Perché questo possa avvenire è necessario considerare, oltre agli aspetti razionali, gli aspetti emozionali delle persone.

Questi elementi” personali” possono essere definiti come “ vocazione delle persone “ e la vocazione può essere esplicitata in : caratteristiche, attitudini, motivazione e consapevolezza.

Adozioni individuali Formazione e autosviluppo Programma di sviluppo e miglioramento

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E’ necessario che si possa ricoprire con competenza oggettiva il “ posto giusto “ ,che quella competenza oggettiva venga riconosciuta nel mercato del lavoro e che produca prestazioni in grado di soddisfare le esigenze e le aspettative di tutte le parti interessate.

E’ chiaro quindi che in questa “nuova economia” non si possa prescindere da un mix ottimale di vocazione e di competenze e da uno specifico grado di vocazione e di competenza in relazione ai diversi livelli di

responsabilità.

E’ necessario comunque riconoscere che : solo le prestazioni possono essere scambiate nel mercato del lavoro; solo la professionalità ossia l’insieme di vocazione e di competenza rende possibili le prestazioni ; solo la percezione finale di un'altra persona rende oggettivo il mix di vocazione e di competenza di ciascuna persona ; solo la certificazione della vocazione e delle competenze può garantire preventivamente

l’efficacia della prestazione a tutte le persone interessate .

LA MISURAZIONE DEL GAP ATTRAVERSO LA TNA :TRAINING NEEDS

ANALYSIS

Il sistema delineato è dinamico, complesso ed aperto e comporta il dotarsi di strumenti adeguati di gestione ed integrazione .

Uno degli strumenti che sembra adeguato a questo fine è la TNA :  Misura del gap tra prestazioni e buone prassi aziendali

 Comparazione del gap tra prestazione e buone prassi del settore

Valutazione del gap futuro tra l’estrapolazione delle prestazioni attuali e le prestazioni richieste dalle buone prassi future definite dagli schemi di generale accettazione .

Dall’incrocio tra vocazione , portafoglio di competenze, gap attuale e gap futuro è possibile delineare i contorni di un piano di azione per lo sviluppo personale : il PDAP( personal development action plan).

IL PDAP( personal development action plan)

Il piano di sviluppo personale consente di definire un piano di azioni che dovrà aiutare a realizzare le proprie aspirazioni .

Solo in questo modo è possibile ottimizzare gli sforzi e ridurre il rischio degli investimenti necessari a colmare il gap di prestazione definito.

Determinante è la disponibilità , dei coach ossia dei consulenti formatori che operino insieme ai discenti per raggiungere prestazioni di più alto livello. Questo approccio consente di soddisfare i vincoli propri di un mercato del lavoro evoluto e quindi consente di misurare in modo rigoroso:

 Le people satisfaction

 Il valore attualizzato delle competenze spendibili nel mercato del lavoro da parte di ogni persona (DCF: discounted competence flow)

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 La qualifica, la classificazione e la certificazione della professionalità delle persone ( vocazione e competenza) in funzione del livello di responsabilità e del grado di competenza posseduto e richiesto.

I FATTORI DELLA PROFESSIONALITA’

I criteri di riferimento e gli elementi per la qualifica delle professionalità sono basati su :

 La vocazione delle persone , ossia l’insieme dei tratti distintivi del carattere , delle attitudini, della consapevolezza e delle motivazioni razionali ed emozionali delle persone

 La competenza, ossia la possibilità dimostrata di applicare con successo le conoscenze e capacità ad un determinato tipo di lavoro. Le competenze sono articolate in: conoscenze e capacità specifiche e funzionali; in conoscenze e capacità relazionali che in ambiente di lavoro diventano conoscenze e capacità di marketing verso il cliente interno ed il cliente esterno.

La premessa di base è che le prestazioni ed i risultati conseguiti da ogni persona hanno più valore di un esame formale .

Il processo sviluppa, prova, controlla e migliora la professionalità attraverso un programma tutto basato sul lavoro e sul risultato.

Il candidato ottiene una certificazione riconosciuta a livello nazionale nelle materie strettamente attinenti al proprio lavoro. Può garantire preventivamente la propria competenza e vocazione .

Non ci sono esami formali e pre- requisiti di ingresso di tipo accademico . Non ci sono tempi limite , il che significa che i tempi per raggiungere la qualifica professionale sono determinati dal singolo individuo rispetto ai suoi obiettivi di sviluppo .

 La certificazione dimostra che il candidato ha la volontà di svilupparsi e la capacità di diventare il tipo di persona su cui l’organizzazione potrà investire per il futuro.

 Competenze migliori nel proprio lavoro migliorano le prestazioni professionali, la fiducia in se stessi , la propria soddisfazione e la soddisfazione dell’organizzazione .

 Si riducono i rischi di errori nei percorsi di sviluppo professionale .

In un sistema di gestione complesso che opera in mercati ad alata competitività è ovvio che , solo in funzione dei livelli di maturità dell’organizzazione e solo in funzione del livello di responsabilità che le persone devono assumere, sia possibile determinare , e successivamente valutare e certificare, i gradi di competenza necessari.

METODI DI VALUTAZIONE

La valutazione , in funzione degli obiettivi definitivi e della complessità della professione ri9chiesta , può essere effettuata da una sola persona o da un panel di esperti utilizzando i metodi riportai nella tavola seguente.

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METODI VALUTAZIONE OBIETTIVI ESEMPI

Analisi dei documenti Verificare il bagaglio culturale

della persona Analisi dei documenti attestanti: -il livello di istruzione -la formazione

-l’attività di tirocinio

-l’esperienza pratica acquisita

Intervista Valutare le :

-caratteristiche personali -la capacità di comunicare correttamente

-verificare le informazioni presentate

-verificare le conoscenze -acquisire ulteriori informazioni sulle motivazioni

-interviste dirette

-interviste ai superiori , ai colleghi, ai collaboratori

Osservazioni -Valutare le caratteristiche personali

-Valutare l’applicazione delle abilità e delle conoscenze

-role playing

-verifica con il supervisore -Verifica della prestazione sul lavoro

Analisi dei lavori eseguiti L’analisi di lavori già eseguiti viene utilizzata quando non è possibile effettuare il metodo dell’osservazione

-esame dei rapporti, discussi e valutati con colleghi e clienti -rapporti discussi e valutati con la persona

Test Valutare le caratteristiche

personali, le abilità e la loro applicazione

-esami scritti e orali -test psicometrici Informazioni di ritorno Le informazioni di ritorno

( positive o negative ) sono utilizzate per fornire informazioni sul come è stata percepita la prestazione della persona

-ricerche -questionari -referenze -testimonianze -relazioni

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Interazione di formazione in presenza, sul campo

LA FORMAZIONE IN PRESENZA

Permette di fare interagire l’apprendimento autodiretto e libero e quindi le scelte individuali di eventi, lo studio dei testi, l’at5tività scientifico didattica ecce cc…, con l’apprendimento di conoscenze e abilità coerenti con l’evoluzione tecnologica e scientifica del sapere, potendo cosi riflettere su come rinnovare le pratiche sanitarie.

Si tratta di articolare l’acquisizione di nuovi contenuti e metodi con lo sviluppo personale, ossia, far si che la formazione sia epistimiologicamente valida e allo stesso tempo psicologicamente formatrice. Liberata dalla matrice puramente culturale di sapere astratto, cosi come della sola esperienza, la competenza si definisce piuttosto come sintonizzazione adattiva dei saperi (teorici e pratici) alle situazioni.

Imparare ad agire in sintonia richiede infatti, un serie di processi di “invenzione” e di “intuizione” , che vanno oltre l’applicazione diligente di conoscenze , procedure, regole e tecniche.

La formazione in presenza , se vuole essere utile psicologicamente, richiede di portare al confronto le pratiche professionali attraverso il racconto dei propri vissuti, delle proprie idee, del proprio agire quotidiano secondo scienza e coscienza.

La formazione in presenza

Permette una interazione tra l’apprendimento riflessivo sulle partiche e l’apprendimento trasformativo della professionalità degli operatori per corrispondere al cambiamento interno di un organizzazione sanitaria e al miglioramento dello stato di salute dell’intera popolazione .

L’IMPORTANZA DELLA RILEVAZIONE DEI FBBISOGNI

Il fabbisogno formativo

Generalmente definito dallo scarto (gap) tra conoscenze ed abilità in atto da possedere nella disciplina d’esercizio e durante tutto il percorso.

Organizzazioni ufficiali come società scientifiche o istituzioni a questo dedicate definiscono gli standard di conoscenza e prassi ottimale necessarie ad ottenere prestazioni di qualità.

Se il fabbisogno formativo è orientato al percorso professionale (fabbisogno dinamico) , il gap si colloca tra conoscenze ed abilità possedute e quelle che devono ancora essere ac1quisite per espletare con qualità le attività future programmate.

L’analisi dei fabbisogni formativi rappresenta il momento principe, del processo di formazione, perché dalla qualità della sua esecuzione dipende una corretta estrazione e valutazione dei fabbisogni formativi, compresi quelli “latenti”, necessari a definire gli obiettivi formativi.

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METODI E STRUMENTI

Definendo ora la metodologia dell’analisi dei fabbisogni formativi dobbiamo comprendere diverse tipologie di approccio tutte rivolte a fare emergere i valori ( competenze, abilità, aspetti relazionali) su cui la

formazione deve agire per garantire qualità. Le direttrici di approccio considerano vari aspetti quali:

-tecnico-professionali, che raccolgono i gap formativi riguardo a competenze e prassi: con questo approccio si colgono i fabbisogni base sui quali si costruisce tutto il progetto formativo;

-organizzativo-manageriali: i bisogni formativi legati a questa dimensione si riferiscono alle capacità di relazione tra singoli e con l’organizzazione a tutti i livelli;

-socio-sanitari: esplorano la congruenza tra comportamenti ed atteggiamenti degli operatori sanitarie gli obiettivi della programmazione sanitaria nazionale, regionale e locale e l’interazione professionale e personale tra colleghi, con i collaboratori, i pazienti e i loro familiari. Questa dimensione comporta una formazione definita SOFT SKILL, capacità di relazione e di gestione dei rapporti che rappresentano

necessariamente un patrimonio individuale ma che consentono di svolgere in modo più efficace ed anche soddisfacente sul piano personale la propria attività lavorativa ;

-di SELF-IMPROVEMENT (auto-miglioramento) , dimensione tipicamente personale ma con elevato impatto sulla qualità di lavoro nel suo complesso. Sotto questo aspetto rientrano le conoscenze linguistiche che agiscono nel settore della relazione e della formazione (lettura di riviste scientifiche4, la comunicazione tra individui di lingue diverse), la capacità di gestire la risorsa tempo , lo stress ed altro.

Continuando nell’esposizione delle varie modalità di analisi dobbiamo non dimenticare : -autovalutazione mediante diari, revisioni periodiche delle attività svolte;

-valutazione da parte dei colleghi;

-controllo periodico del proprio lavoro tramite apposita documentazione ; -questionari;

-esami di avvenimenti di importanza critica.

RACCOLTA DEI DATI

Una volta stabilite le modalità di approccio alla ricerca e gli strumenti di utilizzo, il processo di analisi dei fabbisogni entra nella sua centralità: la raccolta e l’analisi dei dati .

I fabbisogni formativi rappresentano l’OUTPUT originato dall’interazione tra diversi gruppi di variabili che definiscono:

-L’utente (Lo studente); -il profilo socio anagrafico;

-l’aspetto delle competenze e delle capacità tecniche ;

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-la formazione percepita;

-la ricerca di un equilibrio tra lavoro, famiglia e tempo libero, tra identità professionale e sociale, tra crescita e sicurezza, tra obbedienza ed autonomia, tra esecuzione e partecipazione;

-i rapporti percepiti tra individui ed organizzazione ed i bisogni a questa collegati (di appartenenza, sviluppo).

Non dimentichiamo mai , l’ORGANIZZAZIONE :

-la realtà organizzativa entro la quale è pensato e promosso il progetto formativo;

-i dati sul personale che definiscono le caratteristiche degli individui appartenenti ad una determinata realtà;

-lo storico dei progetti formativi in modo da ricavare lo sviluppo personale dello studente ; -i dati sui bisogni di formazione percepiti.

L’analisi dei dati raccolti evidenzia, le carenze che un professionista deve colmare adeguando conoscenze, abilità e competenze a quelle descritte dalle società scientifiche o professionali di appartenenza.

OBIETTIVI EDUCATIVI

Costituiscono le conoscenze e le abilità operative che il docente intende fare acquisire mediante la sua opera di insegnamento. Sono composti da competenze che di solito sono inerenti alla professione, che riguardano la sfera dell’attività relazionale con il paziente, la sfera operativa della gestualità e la sfera delle conoscenze pure.

E’ lo scopo finale a ciò che si vuole arrivare ed il raggiungimento da parte del discente di tale fine è la dimostrazione che il lavoro del docente è stato valido.

In sintesi può essere identificato come una performance relativa ad un compito professionale o ad una attività professionale, associata ad un criterio di valutazione.

Un obiettivo educativo deve essere: -espresso in termini comportamentali;

-pertinente alla funzione o attività o compito professionale; -rilevante in relazione ai bisogni educativi;

-osservabile, valutabile, misurabile; -realizzabile;

-logico;

-inequivocabile.

Dopo averne formulato l’enunciato, si devono inserire le esperienze di insegnamento/apprendimento idonee per garantire la modificazione delle performance, con i relativi criteri di valutazione .

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Dobbiamo passare quindi dalla semplice teoria di enunciazione alla vera realizzazione della costruzione dell’obiettivo stesso. Per fare tale passaggio si devono scegliere opportunamente sia le esperienze di apprendimento che il suo sistema di controllo e pertanto devono essere considerati due vettori di analisi che sono le “componenti operative e quelle strutturali”.

Le componenti operative che servono per realizzare una performance vengono suddivise nelle tre componenti delle conoscenze che sono il SAPERE (possedere conoscenze) , il SAPER FARE (eseguire correttamente manovre e procedimenti operativi) e del SAPER ESSERE ( porsi in condizioni relazionali utili per affrontare il problema).

Nell’ambito della sfera cognitiva (sapere) sono stati u8ndividuati tre livelli e per ciascuno di essi sono state individuate tecniche diversificate nelle varie esperienze di apprendimento e nella sua valutazione.

Se si tratta di acquisire informazioni nuove e richiamare alla mente quelle apprese, si tratta del primo livello del sapere e cioè della MEMORIZZAZIONE e per questo sono sufficienti tecniche semplici quali lezioni, questionari, letture-studio; se invece si devono fare deduzioni o correlazioni, analisi o confronti il livello sale al secondo ed è indicato come INTERPRETAZIONE DEI DATI che si raggiunge utilizzando tecniche didattiche quali le griglie e i questionari che possono suscitare analisi e confronti di scelte differenti.

Il terzo livello della sfera cognitiva è quello rappresentato dalla SOLUZIONE DEI PROBLEMI che richiede al discente un maggiore impegno per affrontare i problemi analoghi alla realtà.

Esso dovrà essere basato sulla tecnica della riproduzione di una vicenda o di un avvenimento reale della propria pratica professionale e potrà essere presentato come caso descritto. A questo proposito potranno essere utilizzate anche altre tecniche che comunque presentino delle corrispondenti situazioni reali. Nell’ambito della sfera della manualità, anche detta pragmatica o dei gesti, sono comprese le capacità del SAPER FARE che richiedano, insieme alle cognizioni, l’impiego di altre funzioni sensorie e motorie ( tatto, udito, vista, movimenti e manovre).

Il primo livello è quello della IMITAZIONE dove il discente è chiamato ad eseguiore manovre o gesti visti fare dal docente esperto e per le esercitazioni possono essere usati anche manichini.

Il secondo livello è quello del CONTROLLO cioè dopo aver appreso cosa fare bisogna orinarlo secondo una logica sequenziale e dimostrare come farlo sia nella realtà che sul manichino.

Il terzo livello è quello dell’AUTOMATISMO dove si devono integrare più qualità e dove l’abilità personale si devono associare, ad esempio, disinvoltura e naturalezza che si possono raggiungere anche con il ripetere continuo di una performance.

Nell’ambito della sfera affettiva ( SAPER ESSERE) sono compresi invece tre livelli di atteggiamento .

I. Recettività: comprende l’empatia e l’autocontrollo. Dimostra buona disponibilità al colloquio ed è in grado di dominare le sue reazioni emotive .

II. Risposta o empatia /simpatia: comporta esercitazioni basate sul dialogo e sull’interazione e pertanto dovranno essere utilizzate tecniche appropriate che consentono di poter valutare non solo la componente verbale del colloquio ma anche quella gestuale.

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III. Interiorizzazione e comunione: il paziente ci sente come fonte di sostegno e conforto alle sue paure e come guida per risolvere i suoi problemi.

Tutto ciò dipende soprattutto dalle virtù personali che ognuno di noi ha in sé ma che può perfezionare con l’esperienza quotidiana ed è valutabile con l’osservazione sul campo e tramite il colloquio con i pazienti e con i familiari.

Le componenti strutturali di un obiettivo educativo sono il SOGGETTO che si individua con il discente o meglio la sua figura professionale a cui è rivolta l’attività di apprendimento-insegnamento, con i suoi compiti, i suoi interessi e la sua cultura.

L’atto che deve essere espresso con un verbo di azione o comportamentale ’ il CONTENUTO che costituisce il nucleo vero e proprio dell’enunciato senza il quale è privo di senso.

E’ proprio alla stesura di tali esperienze che il gruppo docente dovrà dedicare molto tempo perché solo attraverso di una loro adeguata preparazione si potranno ottenere esercitazioni efficaci e valutabili in termini di performances (cognitive, manuali, affettive ). A questo punto si può capire perché nel team docente deve esserci almeno un esperto di didattica formativa.

Sarà inoltre in grado di scegliere i mezzi didattici più idonei per far raggiungere ai discenti gli obiettivi di apprendimento.

Quanto detto dimostra perché al contenuto è dato un valore “costruttivo” dell’esperienza formativa in quanto comprende sia l’argomento che le esercitazioni.

Il quarto elemento sono le CONDIZIONI che possono essere poste per limitare la performance fissata inizialmente.

La quinta ed ultima componente è il CRITERIO , cioè stabilire con quanta abilità, quanto tempo e quanta qualità deve essere eseguita la performance.

Questo presuppone più criteri di valutazione (indicatori, punteggio, livello accettabile) che devono essere stabiliti e scritti nell’obiettivo per non perdere l’identità formativa.

Nelle fasi di attuazione delle esperienze formative si nota che il lavoro didattico è svolto sia dai docenti che dai discenti e pertanto i docenti assumono più l’aspetto di guida che di personaggio carismatico.

Le competenze necessarie per la didattica formativa sono fondamentalmente:

-quelle di “contenuto”, cioè quelle che riguardano le capacità tecnico/pratiche e quelle scientifiche; -quelle “pedagogiche” che vanno dall’analisi dei bisogni, dalla definizione degli obiettivi educativi, dalla scelta e gestione dei mezzi didattici alla conduzione dei discenti e alla valutazione e verifica delle performance;

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-quelle “organizzative e di gestione” che comprendono la conoscenza di procedure , la capacità manageriale, e quella di relazione sia con i committenti che con i discenti.

Le diverse e possibili combinazioni tra le competenze e le attività fanno si che si possono creare figure di docenti con caratteristiche diverse. Il docente per l’EDUCAZIONE FORMATIVA lavora in gruppo con altri docenti e con gli animatori di formazione e , oltre alla padronanza dei contenuti, è disposto, perché ben motivato e magari ne possiede le conoscenze, a mettere in pratica la metodologia didattica .

Il docente che viene scelto per affrontare un percorso formativo deve possedere una naturale attitudine ad adeguarsi alla pedagogia dell’adulto. Infatti questo pone il discente al centro del processo didattico e ne segue il suo ritmo, gli permette di commettere errori, chiedendo al docente un impegno di lavoro pesante e continuo che minimizza le gratificazioni della posizione di MAESTRO legate alla lezione e concede la

soddisfazione di constatare una valutazione positiva di gradimento e di efficacia della sua at6tività. Bisogna considerare che spesso le motivazioni estrinseche, cioè quelle legate al prestigio o al compenso , non bastano a ben disporre un docente all’adeguamento metodologico; bisogna senza dubbio agire sul versante motivazionale intrinseco che si basa sulla consapevolezza e sulla soddisfazione di lavorare, magari in gruppo, e di essere sentito dai discenti più come un amico che come un maestro.

Questa caratteristica di adeguamento metodologico ha come premessa la personalità del docente che deve possedere predisposizione al dialogo e al confronto, con uno stile interlocutorio che risulti gradito ai discenti.

Tra i criteri di scelta dei metodi didattici., devono essere preminenti quelli che considerano ciò che i discenti devono apprendere e il metodo e la tecnica didattica più idonei per conseguirli.

Ciò premesso la lezione tradizionale lascia il posto a lezioni brevi, che spesso sono integrate con i lavori dei discenti ma soprattutto hanno la possibilità di essere direttamente valutate dal docente attraverso il FEEDBACK delle reazioni che hanno gli stessi discenti.

La lezione che possiede valenza formativa è quella che viene integrata da tecniche atte a stimolare non solo la memorizzazione ma anche l’elaborazione delle nozioni esposte e in casi in cui la metodologia preveda la didattica a piccoli gruppi, la lezione può subire delle modifiche tali da essere definita introduttiva ( di stimolo o chiarificazione oppure riassuntiva ( finale o di chiusura).

La lezione integrata ha come premesse i riferimenti ai compiti professionali dei discenti e individua problemi e abilità richieste per gli stessi ( le così dette PISTE) e , trasforma il discente da personaggio passivo a vero protagonista attraverso la soluzione di compiti o la condivisione di esperienze. Permette infine la valutazione ed ha potere di sintesi e di riepilogo.

DUE STARTEGIE DIDATTICHE

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