• Non ci sono risultati.

Studi di farmacologia clinica di nuovi antimicrobici per il trattamento di gravi infezioni batteriche.

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Studi di farmacologia clinica di nuovi antimicrobici per il trattamento di gravi infezioni batteriche."

Copied!
103
0
0

Testo completo

(1)

1 Sommario

Riassunto ... 3

Elenco delle pubblicazioni ... 5

Capitolo 1. Introduzione ... 6

Importanza della Farmacocinetica Clinica ... 6

Farmaci antibatterici nuovi ... 8

Parametri PK/PD predittivi di efficacia ... 10

Fattori di variabilità ... 11

Trattamento di popolazioni speciali ... 14

Monitoraggio terapeutico e ottimizzazione del trattamento ... 17

Analisi farmacocinetica e farmacocinetica di popolazione ... 18

Bibliografia ... 21

Capitolo 2. Monitoraggio terapeutico di daptomicina ... 22

Introduzione ... 22

Validazione di un metodo di dosaggio con metodica HPLC ... 33

Bibliografia ... 46

Capitolo 3. Linezolid: studi clinici ... 49

Introduzione ... 49

Linezolid ... 49

Distribuzione di Linezolid ... 56

Bibliografia ... 63

Capitolo 4. Daptomicina: studi clinici... 67

Introduzione ... 67

Distribuzione e diffusione tissutale di daptomicina ... 68

Escrezione biliare di daptomicina ... 72

Penetrazione di daptomicina nei tessuti valvolari cardiaci ... 74

Bibliografia ... 79

Capitolo 5. Daptomicina: studi PK/POP ... 82

Introduzione ... 82

Farmacocinetica di popolazione di daptomicina ... 84

Bibliografia ... 99

(2)
(3)

3

Riassunto

Il progetto di ricerca presentato in questa tesi si è prefisso come obiettivo principale quello di valutare criticamente, tramite una strategia di analisi farmacocinetica/farmacodinamica (PK/PD), le caratteristiche farmacocinetiche e la simulazione delle concentrazioni plasmatiche e tissutali di farmaci antibatterici mediante l’applicazione di protocolli di monitoraggio terapeutico eseguiti presso la UO di Farmacologia Clinica dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana. Ulteriori obiettivi sono stati l’adozione e l’applicazione di questi protocolli e della farmacocinetica di popolazione per identificare tutte quelle variabili che possono influenzare la cinetica di farmaci antibatterici mediante l’elaborazione di modelli matematici.

Nella prima parte della tesi (Capitolo 1, “ Introduzione”), sono descritti gli aspetti più importanti della farmacocinetica clinica. L’importanza di questa disciplina è determinante per la valutazione globale dei farmaci in studio, la comprensione dei meccanismi molecolari e la complessità dei fattori che entrano in gioco nel corso di una terapia farmacologica.

Un’altra parte introduttiva ha invece il compito di descrivere l’impiego di nuove molecole antibiotiche soprattutto in popolazioni speciali di pazienti e in trattamento per gravi malattie infettive. D’altro canto, per ottimizzare il trattamento sono descritti i parametri PK/PD predittivi di efficacia per queste molecole, sono identificati i fattori di variabilità che influenzano la cinetica del farmaco determinando diverse risposte al trattamento e infine sono raccolti i dati di efficacia terapeutica e i possibili rischi di resistenza e tossicità.

Nel secondo capitolo sono descritte le caratteristiche farmacologiche di daptomicina e l’elaborazione e la validazione di un metodo di cromatografia liquida ad elevate prestazioni da utilizzare nella pratica clinica in protocolli di monitoraggio terapeutico delle concentrazioni sia plasmatiche che tissutali e in altri fluidi biologici di daptomicina e linezolid.

Nel terzo capitolo sono sommariamente ripercorsi i principali risultati di uno studio sulle cararatteristiche farmacocinetiche di linezolid in pazienti affetti da infezioni sostenute da batteri MRSA. L’obiettivo dello studio è stato quello di valutare la capacità di linezolid di distribuirsi nel liquor dei ventricoli del sistema nervoso centrale e di monitorare le concentrazioni sia plasmatiche che liquorali per l’ottimizzazione del trattamento e per comprendere i meccanismi che possono consentire di ridurre la notevola variabilità interindividuale riportata in letteratura.

(4)

4

Sono poi riportati nel Capitolo 4 i risultati di alcuni studi condotti presso la UO di Farmacologia Clinica sulla distribuzione tissutale di daptomicina. In particolare, sono analizzati i risultati di due lavori, il primo del 2011 che ha valutato il caso di un paziente trattato con successo per una colecistite batterica prodotta da MRSA ed Enterococcus

faecium vancomicino-resistente (VRE) e il secondo del 2013 che ha valutato le

concentrazioni di daptomicina nella valvola mitralica e nella vegetazione valvolare in un paziente affetto da endocardite batterica.

La strategia intrapresa e descritta nei primi capitoli della tesi è necessaria nell’ultima parte (Capitolo 5) che rappresenta il punto di partenza per lo sviluppo di modelli di farmacocinetica di popolazione. In questo ultimo capitolo mediante una analisi di farmacocinetica con modelli non lineari utilizzando il software NONMEM, sono stati simulati i profili farmacocinetici di daptomicina.

(5)

5

Elenco delle pubblicazioni

I dati presentati in questo lavoro di tesi sono stati oggetto delle seguenti pubblicazioni:  A rapid high-performance liquid chromatography method to measure linezolid

and daptomycin concentrations in human plasma.

Polillo M, Tascini C, Lastella M, Malacarne P, Ciofi L, Viaggi B, Bocci G,Menichetti F, Danesi R, Del Tacca M, Di Paolo A. Ther Drug Monit. 2010 Apr;32(2):200-5.

 Linezolid in the central nervous system: comparison between cerebrospinal fluid

and plasma pharmacokinetics.

Viaggi B, Di Paolo A, Danesi R, Polillo M, Ciofi L, Del Tacca M, Malacarne P. Scand J Infect Dis. 2011 Sep;43(9):721-7.

 Case report of a successful treatment of methicillin-resistant Staphylococcus

aureus (MRSA) bacteremia and MRSA/vancomycin-resistant Enterococcus faecium cholecystitis by daptomycin.

Tascini C, Di Paolo A, Polillo M, Ferrari M, Lambelet P, Danesi R, Menichetti F. Antimicrob Agents Chemother. 2011 May;55(5):2458-9.

 Population pharmacokinetics of daptomycin in patients affected by severe

Gram-positive infections.

Di Paolo A, Tascini C, Polillo M, Gemignani G, Nielsen EI, Bocci G, Karlsson MO, Menichetti F, Danesi R.Int J Antimicrob Agents. 2013sep;42(3):250-5

 Different recommendations for daptomycin dosing over time in patients with

severe infections. Di Paolo A, Polillo M, Tascini C, Lewis R, Menichetti F,

(6)

6

Capitolo 1. Introduzione

Importanza della Farmacocinetica Clinica

La durata di una terapia farmacologica è di solito compresa tra due eventi estremi, da una parte, pazienti con malattie croniche che richiedono terapie di lungo termine, quasi sempre croniche, e dall’altra pazienti che invece assumono farmaci occasionalmente. Pertanto, la durata di un trattamento e il dosaggio dipendono dall’obiettivo terapeutico, che può essere curare, alleviare ma anche prevenire una data malattia. Poichè quasi tutti i farmaci sono in grado di indurre tossicità più o meno gravi, il successo del trattamento farmacologico dipende da un ottimale bilanciamento tra l’effetto desiderato e quello indesiderato. Per raggiungere un effetto terapeutico ottimale si deve tener conto di diversi aspetti, quali l’esame clinico del paziente che comprende sia la diagnosi sia la valutazione dello stato di salute, la scelta del farmaco appropriato al tipo di trattamento e la durata della terapia.

Mediante la farmacocinetica clinica possiamo considerare la risposta ad un trattamento come una funzione della concentrazione del farmaco nel sito di azione, ed è quindi logico pensare come l’effetto farmacologico dipenda dalle capacità del farmaco di interagire con il proprio bersaglio molecolare. Queste osservazioni suggeriscono che l’obiettivo della terapia venga raggiunto mantendendo un’adeguata concentrazione di farmaco nel suo sito d’azione per tutta la durata del trattamento. Indipendentemente dalla via di somministrazione scelta, il farmaco deve essere in grado di muoversi dal punto di somministrazione verso il sito di azione. Una parte del farmaco somministrato è eliminato e la sua concentrazione plasmatica e tissutale è spesso sufficientemente elevata da produrre l’effetto terapeutico desiderato, sebbene in qualche occasione possa causare tossicità. Pertanto, per una somministrazione ideale è necessario non soltanto conoscere i meccanismi di assorbimento, distribuzione ed eliminazione del farmaco ma

(7)

7

anche la cinetica di questi processi. L’applicazione dei principi di farmacocinetica nella gestione di una terapia farmacologica è rappresentata dalla farmacocinetica clinica. Da queste considerazioni deriva che la valutazione in toto dell’azione farmacologica prevede sicuramente l’osservazione dell’effetto terapeutico nei confronti della malattia ma anche l’effetto sui tessuti sani e quindi l’osservazione della tollerabilità. La conoscenza della relazione esistente tra dose, concentrazione del farmaco ed effetto finale, permette di prendere in considerazione le condizioni fisiologiche e patologiche che rendono un particolare paziente differente dal paziente ideale nella risposta ad un farmaco. L’importanza della farmacocinetica clinica, insieme anche alla farmacodinamica, consiste quindi nel miglioramento del beneficio terapeutico e nella riduzione della tossicità, realizzabile attraverso l’applicazione di questi principi nella pratica clinica. Infatti, basta pensare ai risultati delle sperimentazioni cliniche condotte sui volontari sani per capire che i dosaggi standard, studiati in soggetti con normali capacità di assorbimento, distribuzione ed eliminazione, possono non risultare adatti a tutti i tipi di pazienti a cui il farmaco verrà successivamente somministrato. Le condizioni fisiopatologiche dei singoli pazienti, infatti, sono spesso responsabili di quella variabilità interindividuale che si concretizza all’esame clinico dell’efficacia della terapia. Pertanto le strategie in termini concentrazione-bersaglio possono essere perseguite utilizzando i principi che la farmacocinetica clinica, insieme alla farmacodinamica, mettono a disposizione per trovare non solo il regime posologico appropriato ma anche l’ottimizzazione del trattamento sulla base delle singole caratteristiche dei pazienti con l’obiettivo finale di personalizzare le terapie individuali.

(8)

8

Farmaci antibatterici nuovi

Dopo la scoperta e l’ampia diffusione dei primi antibiotici, soprattutto penicilline e sulfamidici, molte infezioni che in passato presentavano andamenti gravi e potenzialmente fatali hanno trovato un trattamento efficace. Questi successi hanno comunque incoraggiato un utilizzo eccessivo ed errato degli antibiotici. Attualmente, molti microorganismi sono divenuti resistenti a diversi agenti antimicrobici e in alcuni casi a quasi tutti gli antibiotici disponibili. I batteri divenuti resistenti possono causare incrementi della morbilità e della mortalità, soprattutto in pazienti immunodepressi che spesso vengono a contatto con questi microorganismi in ambiente ospedaliero,.

Di solito il fenomeno della resistenza e la sua diffusione sono il risultato di una pressione selettiva dell’antibiotico. I batteri resistenti vengono trasmessi tra i pazienti e i fattori di resistenza vengono trasferiti fra i batteri. L’utilizzo inappropriato delle molecole antibiotiche, l’eccessiva prescrizione, le terapie subottimali, l’insufficiente durata dei trattamenti e le diagnosi errate favoriscono l’emergere e la diffusione dei ceppi resistenti. In termini generali, l’emergenza della resistenza è più spesso causata da un sottodosaggio dell’antibiotico o da prescrizioni di terapie empiriche per la carenza di laboratori di microbiologia, causando dapprima un aumentato rischio di fallimento terapeutico e poi di diffusione di ceppi resistenti.

Nel corso degli ultimi venti anni l’emergenza resistenza è andata aumentando, e all’introduzione di nuove molecole antibiotiche è seguita l’osservazione, più o meno precoce, di resistenza batterica. Dal punto di vista epidemiologico, si è accresciuta soprattutto la complessità microbiologica degli stafilococchi che mostrano diversi meccanismi di resistenza: sensibilità intermedia alla vancomicina, eteroresistenza ai glicopeptidi, resistenza a linezolid, e resistenza alla teicoplanina per gli stafilococchi coagulasi-negativi. Da tener in conto è poi la caratteristica resistenza “trasversale” acquisita da alcuni ceppi di Staphylococcus aureus che può avere ripercussioni sull’adeguatezza della terapia empirica, differenzialmente attiva su ceppi meticillino-sensibili o resistenti di S. aureus (rispettivamente MSSA e MRSA). Si avverte quindi

(9)

9

l’esigenza di minimizzare al meglio il fenomeno della resistenza e avere a disposizione nuove molecole antibiotiche. Caratteristiche ideali di un nuovo antibiotico sono la rapida batteriocidia, la scarsa tossicità, l’assenza di significative interazioni farmacologiche, la documentata efficacia clinica nei confronti di batteri che hanno sviluppato resistenza verso molte molecole antibiotiche e che spesso sono responsabili di infezioni anche molto gravi (Carpenter et al., 2010). Queste caratteristiche sono distintive di daptomicina che con il suo innovativo meccanismo d’azione, la rapida attività battericida e la documentata efficacia nei confronti di infezioni gravi sostenute dai batteri Gram-positivi si conferma ancora oggi uno dei migliori antibiotici usati nella pratica clinica. Antibiotici con attività battericida sono considerati indispensabili per il trattamento di infezioni gravi: sepsi, endocarditi infettive, meningiti, broncopolmoniti, ecc., anche se spesso antibiotici con solo profilo batteriostatico sopperiscono la mancata batteriocidia con una notevole capacità di diffondere nei tessuti. Tuttavia, va anche ricordato che l’attività dell’antibiotico non è basata su di un unico parametro, ma è il risultato di una serie di caratteristiche farmacocinetiche e farmacodinamiche tra cui biodisponibilità, emività, diffusione tissutale, meccanismo d’azione e correlazione PK/PD, ovvero batteriocidia tempo- o concentrazione-dipendente (De Rosa et al., 2008). E non a caso daptomicina riflette gran parte di queste caratteristiche: infatti la monosomministrazione giornaliera consente il raggiungimento di concentrazioni plasmatiche elevate ma allo stesso tempo riduce il rischio di tossicità muscolo-scheletrica riportata agli inizi degli studi e dovuta alla doppia somministrazione giornaliera. Daptomicina, pertanto, è disponibile in un momento in cui la disponibilità di molecole attive contro microorganismi resistenti e responsabili di infezioni molto gravi è impellente (Liu et al., 2008).

(10)

10

Parametri PK/PD predittivi di efficacia

Nello scegliere l’antibiotico più opportuno e quindi più efficace nel trattamento di un singolo individuo, la conoscenza della farmacocinetica e farmacodinamica degli agenti antinfettivi è di fondamentale importanza. Come è noto, gli antibiotici, possono essere somministrati per via endovenosa, oppure per somministrazione orale e in questo caso necessitano di assorbimento gastrointestinale. Il parametro farmacocinetico che valuta l’entità dell’assorbimento dei farmaci è la biodisponibilità, che indica la frazione della dose di farmaco somministrata che raggiunge la circolazione sistemica, e che è pari al 100% nel caso della somministrazione per via endovenosa. Strettamente correlati e dipendenti dall’assorbimento sono altri due parametri farmacocinetici rappresentati dalla concentrazione plasmatica massima (Cmax) raggiunta dal farmaco e il tempo che

intercorre tra la somministrazione del farmaco e il raggiungimento della Cmax, parametro

appunto definito tempo di picco (Tmax). Dopo l’assorbimento, gli agenti antinfettivi per

essere attivi nel sito dell’infezione devono distribuirsi nei tessuti e nei fluidi corporei. Le capacità diffusive dipendono per lo più dalle caratteristiche chimiche della molecola che se è sufficientemente lipofila sarà in grado di attraversare le membrane biologiche, raggiungendo elevate concentrazioni tissutali. Il parametro che permette di identificare le concentrazioni del farmaco nell’organismo in rapporto al tempo è l’ area sottesa alla

curva concentrazione/tempo (AUC). L’ultimo parametro farmacocinetico importante

che influenza l’attività terapeutica di un antibiotico è l’emivita plasmatica (t1/2), cioè il

tempo che occorre affinchè la concentrazione plasmatica del farmaco si dimezzi. Pertanto, farmaci con emivita breve sono rapidamente eliminati e quindi richiedono ripetute somministrazioni per produrre più elevati livelli tissutali nel sito di infezione. Al contrario, farmaci con lunga emivita richiedono quasi sempre singole somministrazioni giornaliere.

Per poter prevedere l’efficacia nel corso di un’antibioticoterapia, sempre nell’ottica di ottimizzare un trattamento, è necessario identificare i parametri farmacocinetici/farmacodinamici (PK/PD) dei singoli antibiotici. Gli studi di PK/PD permettono la suddivisione degli antibiotici essenzialmente in due gruppi. Al primo gruppo appartengono gli antibiotici detti tempo-dipendenti il cui parametro predittivo di

(11)

11

efficacia èla percentuale di tempo durante il quale il farmaco permane nel sangue a concentrazioni superiori alla minima concentrazione inibente (MIC) del microorganismo (T>MIC). Al secondo gruppo, invece, appartengono gli antibiotici

concentrazione-dipendenti il cui parametro predittivo di efficacia è il rapporto tra i

valori di Cmax o AUC e la MIC del batterio (rispettivamente, Cmax/MIC o AUC/MIC).

Queste caratteristiche farmacodinamiche sono necessarie nell’ottica di ottimizzare il dosaggio e l’intervallo tra le diverse dosi. Pertanto, con farmaci ad attività battericida tempo-dipendente è necessario massimizzare il tempo di esposizione e il tempo in cui l’antibiotico permane al di sopra della MIC; il prolungamento dei tempi di esposizione può essere fatto in due modi, optando per un’infusione continua in modo da ottenere livelli sierici sempre al di sopra della MIC oppure riducendo gli intervalli tra le diverse somministrazioni. Nel caso di killing concentrazione-dipendente è necessario raggiungere livelli sierici molto elevati ed elevate concentrazioni tissutali, per cui il modo migliore per somministrare questi antibiotici è di impiegare dosi elevate e con tempi prolungati tra una somministrazione e l’altra. L’utilizzo dei parametri PK/PD è di notevole importanza ai fini dell’adeguatezza della terapia, dell’ottimizzazione del trattamento e anche nell’osservazione dei parametri di efficacia e tollerabilità. Gli stessi parametri PK/PD possono però variare in modo considerevole nei pazienti. Tale variabilità può essere osservata sia nei singoli pazienti di una specifica popolazione ma anche nei pazienti che mostrano infezioni a diversi livelli di gravità. Pertanto i regimi terapeutici standard non sempre risultano ottimali nel trattamento di questi pazienti che quindi necessitano di ottimizzazione del dosaggio

Fattori di variabilità

Un importante problema della farmacoterapia è rappresentato dalla variabilità nella risposta ad uno specifico trattamento farmacologico che può dipendere da una serie di fattori che includono variabili fisiologiche (età, peso, altezza, indice di massa corporea [BMI]), variabili patologiche (alterazioni della funzionalità epatica e renale, obesità, ecc.) e caratteristiche genetiche, come i polimorfismi genici. Tutte queste variabili concorrono alla modulazione della risposta individuale del singolo paziente verso la

(12)

12

terapia. Il risultato dell’aggiunta di variabili ad un comune regime terapeutico è una differente risposta interpaziente e intrapaziente; pertanto, una terapia al medesimo dosaggio potrebbe essere sufficiente a raggiungere l’obiettivo terapeutico in un paziente, ma inefficace o addirittura tossica per altri. È evidente come esista quindi la necessità di attuare un aggiustamento del dosaggio, se non per ogni singolo paziente, almeno per tutti quei pazienti che mostrano variabili che possono modificare significativamente la farmacocinetica portando a risposte inefficaci o ad eventi avversi gravi, soprattutto per quei farmaci con un indice terapeutico basso. Aggiustamenti di dosaggio possono essere richiesti anche nei casi di terapie concomitanti il cui esito potrebbe non essere prevedibile.

Nella prospettiva di realizzare un piano terapeutico è quindi importante prevedere quei possibili fattori di variabilità all’interno di una popolazione che possono influenzare i parametri PK/PD di un farmaco. Le ragioni per cui gli individui rispondono in modo diverso ad un trattamento sono molteplici. Un importante fattore di variabilità è rappresentato dalla malattia: pazienti che mostrano alterazioni della funzionalità epatica e renale, problemi cardiaci, disordini tiroidei o metabolici e altre patologie diventano candidati ideali per un aggiustamento della dose di farmaci che vengono assunti per queste specifiche patologie, ma aggiustamenti di dosaggio possono anche essere considerati per prevenire eccessivi accumuli o per ridurre i rischi di tossicità di farmaci assunti per altri tipi di affezioni,. Tuttavia adattamenti di dosaggio possono essere previsti non solo nei casi di un diretto danneggiamento d’organo ma anche per effetti secondari che possono modificare le capacità dei farmaci di legarsi alle proteine in grado di veicolarli, di distribuirsi, di essere metabolizzati ed eliminati.

Tra i più importanti fattori che possono contribuire alla variabilità nella risposta ad un farmaco spicca la mancanza di compliance da parte del paziente. È stato dimostrato da numerosi studi come un paziente compliante verso il trattamento tragga maggiori benefici dalla terapia. Pazienti che al contrario dimenticano di assumere il farmaco, lo assumono ad orari e tempi errati, interrompono la terapia perché non mostrano più sintomi o perché sottoposti ad effetti collaterali che considerano inaccettabili risultano maggiormente predisposti a variabilità nella risposta o addirittura al fallimento della terapia.

(13)

13

Contribuiscono alla variabilità anche fattori che dipendono dalla molecola, quali la

formulazione farmaceutica e i processi di sviluppo del prodotto che possono avere

effetti sul rilascio e la veicolazione della molecola nell’organismo. La via di

somministrazione può determinare cambiamenti farmacocinetici più spesso legati alla

concentrazione dei metaboliti prodotti e questo può avere effetti sulle concentrazioni sia plasmatiche che tissutali del farmaco e di conseguenza sul tipo di risposta. Altri fattori sono rappresentati dalla concomitante assunzione di altri farmaci, dall’età e dal sesso, dalla dieta e dal fumo di sigaretta anche se la variabilità tende ad essere minima. Per ultimi, ma non per questo di minore importanza, sono da considerare i fattori genetici che sono responsabili di notevoli variabilità interindividuali in quanto in grado di determinare modificazioni della farmacocinetica a tutti i livelli. Tali variabilità risultano ad esempio evidenti quando si analizzano i dati di studi che hanno come endpoint principale quello di valutare gli effetti di una patologia sulla farmacocinetica del farmaco oggetto di studio, confrontando popolazioni di pazienti con popolazioni di soggetti sani.

Una volta ipotizzati i possibili fattori di variabilità è necessario capire quanto possono essere informativi nell’ottica di ottimizzare un piano terapeutico per trattare il singolo individuo. Il migliore dei propositi sarebbe quello di calcolare il dosaggio ad hoc per un paziente prima della somministrazione del farmaco, ma tutto questo è difficile da mettere in pratica, pertanto l’obiettivo primario diventa quello di garantire all’intera popolazione un range di concentrazioni di farmaco libero nel plasma associate ad efficacia clinica e tollerabilità e successivamente, con analisi farmacocinetica, utilizzare i dati dell’intera popolazione per valutare in maniera quantitativa come le variabili valutate influenzano la cinetica del farmaco somministrato nel singolo individuo. Considerato un singolo individuo è possibile stimare i parametri farmacocinetici in termini di biodisponibilità, clearance (CL), volume di distribuzione (Vd) e di tutti quei

(14)

14

Trattamento di popolazioni speciali

Gravidanza e allattamento: lo stato di gravidanza e il periodo dell’allattamento sono

due momenti fisiologici nella vita di una donna in cui alcuni organi importanti quali i reni e il fegato possono essere sottoposti a variazioni funzionali con conseguenti modificazioni della cinetica dei farmaci, soprattutto l’assunzione di farmaci antibiotici potrebbe essere dannosa sia per la madre che per il feto. Pertanto, non è consigliabile l’assunzione di antibiotici antifolici come oppure farmaci che hanno una importante metabolizzazione epatica, come tetracicline e macrolidi. Nel feto, invece, l’assunzione di antibiotici da parte della madre nelle prime 12-14 settimane di gestazione può provocare effetti teratogeni e nelle settimane successive malformazioni dei singoli organi. Analogamente, molecole con basso peso molecolare o lipofile devono essere evitate durante il periodo di allattamento, in quanto in grado di passare nel latte materno mediante diffusione passiva.

Bambini: quando si fa riferimento alla terapia in età infantile bisogna tenere conto di

una considerazione importante e cioè che i bambini non sono adulti in miniatura e che quindi non è congruo adattare i dosaggi dei farmaci basandosi semplicemente alle caratteristiche fisiche dei piccoli pazienti ma va posta l’attenzione alle diversità fisiologiche che li distinguono dagli adulti. Intanto è importante classificare i bambini tra cinque distinte categorie, ovvero pretermine: nei quali bisogna tener conto dell’età gestazionale, del peso alla nascita, dell’immaturità degli organi; i neonati a termine: in questo caso è necessario valutare il volume di distribuzione del farmaco per il diverso contenuto di acqua e tessuto adiposo del bambino rispetto all’adulto; i lattanti, nei quali si tiene conto dei processi di mielinizzazione e la rapida crescita biologica e della funzione degli organi emuntori che possono modificare la clearance del farmaco;

bambini veri e propri tra i 2 e gli 11 anni. Infine, gli adolescenti hanno un’età maggiore

a 11 anni e in questi ultimi si valutano oltre ai processi di accrescimento rapido anche l’influenza degli ormoni sessuali sulla cinetica dei farmaci. Nello specifico, da studi condotti su bambini di differenti età che hanno assunto daptomicina sono emerse differenze nel legame alle proteine plasmatiche, nell’eliminazione renale e nella

(15)

15

distribuzione del farmaco rispetto ai risultati riportati dagli studi su pazienti adulti Questo suggerisce che in questi pazienti è necessario un aggiustamento del dosaggio.

Pazienti con insufficienza epatica e renale: un importante problema è quello relativo

alle modalità di trattamento antibiotico di tutti gli stati infettivi insorti in pazienti con particolari patologie d’organo, soprattutto in soggetti con insufficienza epatica e renale. Nei pazienti con gravi epatopatie deve essere usata cautela soprattutto nell’uso di antibiotici epatolesivi o con elevata potenzialità itterigena in quanto possono determinare modificazioni dei processi di metabolizzazione. Meritano attenzione le modificazioni farmacocinetiche che possono essere indotte da alcuni antibiotici in soggetti con insufficienza epatica; tali modificazioni, infatti, riguardano tutte le tappe della cinetica, dai processi di assorbimento a quelli di eliminazione. Nel caso di antibiotici che subiscono una notevole metabolizzazione epatica possono verificarsi aumenti della biodisponibilità. Possono verificarsi altresì modificazioni dei legami farmaco-proteici che tendono a diminuire sia per riduzione dei livelli di albuminemia sia per aumento di sostanze come la bilirubina, che competono per lo stesso legame. Queste alterazioni cinetiche non comportano in genere la necessità di particolari modificazioni posologiche. Modificazioni nella velocità di metabolizzazione dei farmaci si possono verificare in tutte le condizioni patologiche in cui sussiste una ridotta funzionalità; antibiotici che subiscono in gran parte un metabolismo epatico tendono a mostrare un aumento dell’emivita plasmatica che può comportare danni ematologici evidenti soprattutto in presenza di una grave insufficienza epatica. Si rende pertanto necessario un aggiustamento di dose di antibiotici con metabolizzazione epatica in pazienti con insufficienza epatica grave. Epatopatie gravi, possono inoltre condizionare i processi di eliminazione, come ad esempio la colestasi che può influenzare il processo di eliminazione dei farmaci escreti parzialmente o totalmente per via biliare. L’eliminazione lenta di questi farmaci può comportare un aumento dell’emivita plasmatica. Inoltre, in presenza di colestasi, il trattamento di infezioni biliari può essere basato sull’impiego di antibiotici con modesta eliminazione biliare, che raggiungono concentrazioni efficaci nel sito di infezione. Linezolid, antibiotico non epatotossico è utilizzabile per il trattamento di infezioni nei casi di pazienti con ridotta funzionalità sia epatica che renale. Allo stesso modo, daptomicina, che è eliminata dalle urine quasi

(16)

16

completamente immodificata, è eliminata per un 5% attraverso la via biliare e ha dimostrato di poter essere utilizzata per il trattamento di infezioni delle vie biliari in quanto capace di raggiungere e mantenere concentrazioni biliari che favoriscono la sua attività battericida (Tascini et al., 2011).

Pazienti obesi: gli effetti dell’obesità sull’attività dei farmaci rappresenta oggi una

importante questione clinica considerando l’aumento di incidenza di obesità in tutto il mondo. La fisiopatologia dei pazienti obesi può avere notevoli ripercussioni sui processi di distribuzione e di eliminazione. Inoltre, devono essere considerate le alterazioni nel volume dei fluidi corporei e soprattutto, come emerso da molti studi, la ridotta funzionalità renale che spesso accompagna l’obesità. È necessario aggiungere che le cause dell’obesità non sempre sono conosciute, in quanto verosimilmente attribuibili a fattori nutritivi, genetici o molto spesso ormonali. Inoltre, il grado di obesità, che sia lieve, moderato o grave, può influenzare in modo diverso l’attività del farmaco. In ultimo, ma non meno importante, è da considerare la concomitante presenza di altre patologie come ipertensione, diabete, riduzione della funzionalità renale che sono conseguenze dell’obesità. Gli effetti maggiori sono segnalati sulla distribuzione (per l’eccesso di tessuto adiposo in rapporto alla massa muscolare ed al contenuto in acqua), metabolismo (maggiore gittata cardiaca e maggiore flusso ematico a livello epatico) e infine sull’escrezione (per un aumento sia del flusso di sangue al rene che della filtrazione glomerulare). Da studi su pazienti obesi che hanno ricevuto daptomicina (Dvorchik et al., 2005) è emerso come in questi pazienti sia evidente un incremento del 30% nei valori di Cmax e AUC rispetto a pazienti non obesi, anche se le concentrazioni

rimangono nel range di efficacia e tollerabilità. inoltre, è stato osservato un aumento dei valori di Vd e della CL che però aumentano in maniera proporzionale al valore di BMI,

(17)

17

Monitoraggio terapeutico e ottimizzazione del trattamento

Mediante la farmacocinetica clinica è possibile individualizzare il regime di dosaggio di un farmaco con l’obiettivo di ottimizzare il trattamento di una patologia. Gli antibiotici rappresentano un chiaro esempio di come una terapia personalizzata porti ad una migliore risposta clinica. Nella pratica clinica, l’uso dei principi di farmacocinetica per mantenere le concentrazioni all’interno di range terapeutici piuttosto stretti rappresenta uno dei motivi principali per l’individualizzazione di una terapia antibiotica ma non l’unico. Infatti, l’elaborazione di modelli PK/PD consente un approccio razionale alla terapia antibiotica nell’aggiustamento del dosaggio che può permettere un migliore più efficace trattamento farmacologico. Pertanto, in contrasto ai diversi tipi di risposta associati all’uso di dosaggi standard, è possibile ottimizzare un trattamento utilizzando un regime di dosaggio basato sia sulle caratteristiche dell’individuo che su considerazioni farmacologiche riguardanti la specie batterica responsabile dell’infezione.

La terapia antibiotica personalizzata più di frequente si riferisce all’aggiustamento del regime terapeutico in specifici pazienti per poter raggiungere concentrazioni efficaci comprese all’interno del range terapeutico standard. L’individuazione del ceppo batterico responsabile dell’infezione e l’attuazione di terapie antibiotiche appropriate e tempestive possono, infatti, aiutare a ridurre il rischio di mortalità in pazienti con gravi infezioni, quali le batteriemie. Come dimostrato da numerosi studi, il trattamento tempestivo ed adeguato di pazienti con batteriemie da S. aureus riesce a ridurre la mortalità del 44,7%, mentre una terapia antibiotica intempestiva può aumentare la mortalità fino all’86,7% (Lodise et al, 2003).

Attraverso il monitoraggio terapeutico delle concentrazioni è possibile stabilire quale sarà la risposta del paziente nei confronti della terapia. Inoltre, l’attività di monitoraggio permette di individuare altre cause di fallimento terapeutico, quali la mancanza di compliance da parte del paziente, errori nel regime di dosaggio, rapida eliminazione del farmaco, aumentato volume di distribuzione, mancato raggiungimento dello stato

(18)

18

stazionario oppure errato momento del prelievo. D’altro canto, concentrazioni elevate anticipano invece gli effetti opposti quali eventi avversi e aumento del rischio di tossicità. Concentrazioni efficaci e mancanza di risposta clinica nel paziente, invece, possono evidenziare possibili effetti di tollerabilità, cioè il paziente non risponde più alla terapia. Questo, nel trattamento con antimicrobici può evidenziare la selezione di ceppi resistenti.

Questi elementi restituiscono utili informazioni in merito all’appropriatezza dello schema posologico adottato in ciascun paziente, indicando altresì la necessità di un eventuale aggiustamento della terapia farmacologica. Il monitoraggio terapeutico delle concentrazioni si rende estremamente utile nel trattamento di popolazioni speciali di pazienti, come può essere ad esempio un paziente critico con gravi infezioni e con mutevoli condizioni fisiopatologiche che possono influenzare la cinetica dell’antimicrobico somministrato.

Analisi farmacocinetica e farmacocinetica di popolazione

Per poter ottenere le informazioni necessarie a valutare l’efficacia e la tollerabilità del trattamento farmacologico, oggi, è possibile utilizzare l’analisi farmacocinetica che assume nella pratica clinica un ruolo fondamentale. Per poter procedere con l’analisi farmacocinetica è necessario sottoporre i pazienti ad un numero minimo di prelievi che consentono di calcolare i valori dei principali parametri farmacocinetici quali l’AUC e la CL, che assumono un ruolo fondamentale quali possibili indici predittivi di efficacia. Nel caso specifico di daptomicina, infatti, il valore del parametro AUC permette di valutare l’effetto battericida in relazione alla MIC del batterio responsabile dell’infezione, mentre un aumento della clearance potrebbe essere associato ad una ridotta efficacia. Per raggiungere tali risultati è possibile adottare delle procedure di analisi farmacocinetica di popolazione. Questa strategia di calcolo permette di ottenere i principali parametri farmacocinetici impiegando un numero ridotto di valori di concentrazione per ciascun paziente. Inoltre, la disponibilità di strumenti informatici in grado di ricostruire e simulare l’andamento delle concentrazioni plasmatiche misurate e

(19)

19

le caratteristiche del paziente (ad esempio, età, sesso, peso corporeo, clearance renale) favorisce la valutazione dell’efficacia e della tollerabilità del trattamento. Attraverso questo tipo di analisi è possibile fin dalle prime somministrazioni del farmaco prevedere l’andamento delle concentrazioni plasmatiche a diversi livelli di dose nel singolo paziente o sulla base di una diversa modalità di somministrazione. È pertanto possibile prevedere l’effetto della personalizzazione della terapia nel singolo paziente, potendo così decidere quale schema terapeutico adottare per massimizzare l’efficacia del trattamento.

Queste strategie, integrate con il monitoraggio terapeutico e l’analisi farmacocinetica, rivestono una notevole importanza nella gestione farmacologica del paziente. Le informazioni sulla cinetica del farmaco, il calcolo dei parametri che consentono di valutare efficacia e tollerabilità, la valutazione delle capacità dell’antibiotico di distribuirsi nei siti di infezione e la valutazione dei profili plasmatici assumono un ruolo di grande importanza per poter stabilire l’efficacia del trattamento antibatterico. Queste analisi farmacocinetiche possono essere ottenute mediante l’uso di software capaci di elaborare i profili dei singoli pazienti. Nella farmacocinetica classica, con l’uso di programmi informatici quali MwPharm possono essere ottenuti i profili simulati delle concentrazioni plasmatiche per ciascun paziente e valutati in termini quantitativi i processi di assorbimento e di eliminazione del farmaco. Il software, infatti, è in grado di stimare i parametri farmacocinetici sulla base dei dati di popolazione per i farmaci di interesse, delle caratteristiche e dei dati clinico-laboratoristici del paziente, nonché della dose del farmaco e delle concentrazioni plasmatiche misurate, permettendo così la stima dei valori di concentrazione. D’altro canto, la notevole variabilità interindividuale messa in evidenza dal monitoraggio terapeutico delle concentrazioni può essere investigata mediante uno studio di farmacocinetica di popolazione (PK/POP) che studia i fattori responsabili della variabilità e di tutti i parametri farmacocinetici tra gli individui di una popolazione. Lo scopo ultimo di queste analisi è quello di identificare e di quantificare i fattori capaci di influenzare il profilo cinetico dei farmaci, aprendo la strada a possibili interventi sia nell’ottica dell’ottimizzazione sia della personalizzazione di un trattamento.

(20)

20

Pertanto gli obiettivi principali di questo lavoro di tesi sono stati quelli di:

 validare un metodo di dosaggio di daptomicina e linezolid con metodica di cromatografia liquida ad elevate prestazioni (HPLC);

 valutare la distribuzione sistemica e tissutale di linezolid nei pazienti candidati a ricevere in farmaco per il trattamento di infezioni batteriche;

 valutare la diffusione sistemica e tissutale di daptomicina in popolazioni speciali di pazienti verificando l’appropriatezza mediante lo studio delle caratteristiche farmacocinetiche e la simulazione delle concentrazioni;

 infine,calcolare i valori dei parametri PK/PD per valutare e analizzare i risultati farmacocinetici, di efficacia e tollerabilità.

(21)

21

Bibliografia

Carpenter CF, Chambers HF. Daptomycin: another novel agent for treating infections due to drug-resistant Gram-positive pathogens. Clin Infect Dis 2004; 38(7):994-1000

De Rosa FG, Garazzini SG, Di Perri G. Principi di terapia antibatterica. Malattie infettive, maggio 2008 ed. Milano: Casa Editrice Ambrosiana; 2008; 79-115

Dvorchik BH, Damphousse D: The pharmacokinetics of daptomycin in moderately obese, morbidly obese, and matched nonobese subjects. J. Clin. Pharmacol. (2005). 45:48-56. Liu C, Graber CJ, Karr M, et al., A population based study of the incidence and molecular epidemiology of methicillin-resistant Staphylocossus aureus disease in San Francisco, 2004-2005. Clin Infect Dis 2008; 46: 1637-1646.

LodiseTP, McKinnon PS, Swiderski L, Rybak MJ. Outcomes analysis of delayed antibiotic treatment for hospital-acquired Staphylococcus aureus bacteremia. Clin Infect Dis.2003Jun 1;36(11):1418-23.

Tascini C, Di Paolo A, Polillo M, Ferrari M, Lambelet P, Danesi R, Menichetti F. Case report of a successful treatment of methicillin-resistant Staphylococcus aureus (MRSA) bacteremia and MRSA/vancomycin-resistant Enterococcus faecium cholecystitis by daptomycin. Antimicrob Agents Chemother. 2011 May;55(5):2458-9.

(22)

22

Capitolo 2. Monitoraggio terapeutico di

daptomicina

Introduzione

Daptomicina è stata scoperta intorno al 1980 ed inizialmente studiata ad un dosaggio non adeguato che portò all’interruzione degli studi clinici per tossicità muscolo-scheletrica quando il farmaco veniva somministrato alla dose di 4 mg/kg due volte al giorno. Gli studi clinici ripresero successivamente nel 1999 e il farmaco fu approvato dalla FDA nel settembre del 2003 e dall’EMEA (oggi EMA) nel gennaio del 2006 al dosaggio di 4mg/Kg/die per il trattamento delle infezioni complicate della cute e dei tessuti molli causate da batteri Gram-positivi. La scelta della monosomministrazione giornaliera ha permesso di minimizzare gli effetti collaterali a carico della muscolatura scheletrica essendo la miopatia correlata alla frequenza di somministrazione intesa come periodo trascorso tra le dosi e all’AUC. La tossicità muscolare è reversibile, indipendentemente dalla dose, dalla durata del trattamento e dal valore di Cmax.

L’innalzamento della creatin-fosfochinasi sierica (CPK) è evidente entro 7 giorni dal termine della terapia e il recupero si osserva dopo circa 30 giorni (Jeu et al., 2004). Ulteriori indicazioni sono state approvate successivamente nel marzo 2006 per il trattamento di infezioni indotte da S.aureus ed endocardite batterica destra.

Daptomicina è il capostipite di un nuovo gruppo di composti lipopeptidici ciclici contenente 13 aminoacidi con un nucleo idrofilo e una coda lipofila (Figura 2.1), ottenuto come prodotto di fermentazione di Streptomyces roseosporus (Tally e DeBruin, 2000) che mostra una potente attività battericida per lo più rivolta verso i Gram positivi (Fuchs et al., 2002).

(23)

23

Figura 2.1. Struttura chimica di daptomicina

Daptomicina è un farmaco dal peso molecolare elevato disponibile esclusivamente per somministrazione endovenosa. Il meccanismo d’azione consiste nel penetrare e distruggere la membrana plasmatica del microorganismo senza entrare nel citoplasma della cellula. Questo meccanismo calcio-dipendente prevede un legame tra la coda lipofila di daptomicina e la membrana cellulare batterica, la quale va incontro a depolarizzazione , con diminuzione del potenziale, conseguente aumento della conduttanza al potassio e blocco della sintesi proteica, di RNA e DNA, con l’evento finale rappresentato dalla morte cellulare (Silverman et al., 2003).

A conferma dell’attività di daptomicina, alcuni studi dimostrano come la sintesi di acido lipoteico prodotto dalle cellule batteriche viene fortemente inibita dal farmaco che, con tali risultati, può essere somministrato una sola volta al giorno alle dosi di 4-6 mg/Kg di peso corporeo (Canepari et al., 1990).

Daptomicina ha un’emivita di 8 ore (Safdar et al., 2004) e le massime concentrazioni raggiunte nel plasma sono di 77,5 mg/L e nei liquidi infiammatori di 27,6 mg/L, mentre quelle raggiunte in periferia e a livello di un coagulo di sangue sono rispettivamente di 4,8 e 3,5 mg/L (Wise et al., 2002). Daptomicina non supera la barriera ematoencefalica e non penetra nel liquido cerebrospinale di individui sani. Viene poco metabolizzato ed escreto quasi esclusivamente immodificato (~78%) attraverso le urine (Tally e DeBruin, 2000).

(24)

24

Farmacologia

Il meccanismo di daptomicina è stato proposto da Silverman e collaboratori come un processo a più fasi (Silverman et al., 2003; Silverman, 2005). Nella prima fase (Figura 2.2), daptomicina si inserisce nella membrana citoplasmatica del batterio usando un meccanismo calcio-dipendente (Lakey e Ptak, 1988; Canepari et al.,1990).

Figura 2.2. Meccanismo d’azione di daptomicina

Nella seconda fase, gli oligomeri di daptomicina formano canali ionici o micelle (Maget-Dana e Peypoux, 1994; Wu et al.,1999) innescando così il rilascio di ioni intracellulari (cioè potassio) e portando a una rapida morte cellulare (fase tre) (Silverman et al., 2003). A causa dell’inserimento nella membrana con un meccanismo calcio-dipendente, la valutazione in vitro dell’attività di daptomicina varia a seconda della concentrazione di calcio nel mezzo di coltura.

L’innovatività del meccanismo d’azione di daptomicina si riflette in un’eccellente attività antibatterica nei confronti di una vasta gamma di patogeni Gram-positivi aerobi e anaerobi, inclusi ceppi multiresistenti. Risulta infatti efficace e battericida nei confronti dei ceppi MSSA, MRSA, ceppi di S. aureus con sensibilità intermedia a vancomicina (VISA) o francamente resistenti al glicopeptide (VRSA), stafilococchi coagulasi-negativi meticillino-resistenti ed enterococchi vancomicino-resistenti (VRE) sia in fase replicativa che in fase stazionaria. Daptomicina si è inoltre rivelata particolarmente attiva nei confronti di batteri Gram-positivi produttori di biofilm. In un

(25)

25

primo lavoro (Raad et al.1993) è stata dimostrata un’attività superiore di daptomicina rispetto ad altri antibiotici tra cui linezolid, nei confronti di Enterococcus faecium vancomicino-resistente in fase sessile. Gli stessi autori nel 2007 confrontarono in uno studio successivo l’attività di daptomicina, minociclina, linezolid e tigeciclina in un modello sperimentale di catetere venoso centrale (CVC) da MRSA e dai risultati è emerso come daptomicina mostrasse un’attività battericida sul biofilm e con maggiore rapidità d’azione, seguita da tigeciclina. Alla luce di queste evidenze, daptomicina è apparsa subito un antibiotico candidato alla terapia di infezioni associate a corpo estraneo; tuttavia bisogna tener conto che in caso di infezioni da biofilm non è soltanto difficile la diffusione dell’antibiotico, ma è altresì difficile eradicare la coltura sessile soprattutto nel caso di pazienti gravi e immunocompromessi. Nel 2009 Stewart ha poi condotto un altro studio con l’obiettivo di valutare la rapidità di diffusione di daptomicina in un denso ammasso di coltura sessile prodotta da Staphylococcus

epidermidis. Per condurre l’esperimento, il ceppo RP62A (ATCC 35984) dello Staphylococcus epidermidis è stato messo in coltura a 37 °C con un brodo di soia molto

concentrato. Successivamente, daptomicina marcata con una sostanza fluorescente insieme ad una soluzione di NaHCO3, è stata iniettata nel biofilm alla concentrazione di

40 μg/ml ad un flusso di 1 ml/min il tutto a temperatura ambiente di circa 23 °C (Fig.2.3)

(26)

26

Dallo studio emerge come i tempi di penetrazione di daptomicina nel biofilm siano dell’ordine di uno, due minuti. Tale risultato è notevole se paragonato al tempo di esposizione del biofilm ad altri antibiotici che tipicamente è di decine di ore. Naturalmente è necessario evidenziare il fatto che si tratta semplicemente di un modello

in vitro e che l’esperimento è stato condotto su un singolo ceppo batterico. Gli autori,

suggeriscono comunque una ulteriore valutazione di daptomicina come antibatterico in infezioni da batteri produttori di biofilm. Il risultato concorda con altri studi di diffusione dell’antibiotico in biofilm da stafilococchi (Dunne et al., 2003; Rani et al., 2005; Yasuda et al., 1994 Zheng et al., 2002,). Secondo Stewart la diffusività relativa stimata in questo lavoro per daptomicina è del 28% del coefficiente di diffusione in acqua e che tale stima nella maggior parte dei soluti organici si aggirerebbe intorno al 25% (Stewart, 2003).

Nello studio di fase 1 (Dvorchick et al., 2003) sono stati determinati i principali parametri farmacocinetici dell’antibiotico lipopeptidico. Nel trial sono stati arruolati 24 volontari sani a cui sono state somministrate dosi di daptomicina pari a 4, 6 e 8 mg/Kg mediante infusione endovenosa lenta della durata di trenta minuti, ogni 24 h per una durata da 7 a 14 giorni.

La farmacocinetica dell’antimicrobico è stata valutata mediante misurazione delle concentrazioni plasmatiche e urinarie del farmaco, mentre la sicurezza e la tollerabilità sono state esaminate monitorando gli eventuali effetti avversi e controllando i parametri di laboratorio. I volontari sani di entrambi i sessi (donne non gravide) erano di età compresa tra 21 e 45 anni, con peso corporeo inferiore ai 120 Kg, con funzioni ematiche, epatiche e renali normali e soprattutto con livelli sierici di CPK nella norma. I soggetti non dovevano essere affetti da malattie neurologiche, muscolari, alterazioni del sistema immunitario (ad esclusione di comuni allergie) o anomalie cliniche significative. Ancora, i volontari non dovevano abusare di sostanze stupefacenti o alcool, non dovevano mostrare anomalie elettrocardiografiche, ne’ sieropositività per HIV o virus epatitici.

(27)

27

I 24 soggetti scelti con le caratteristiche appena citate sono stati suddivisi in tre gruppi da 8 individui. All’interno di ogni gruppo, sei soggetti hanno ricevuto daptomicina e due soluzione fisiologica (controllo). Il primo ed il secondo gruppo hanno ricevuto daptomicina 4 o 6 mg/kg/die o fisiologica (controllo) per 7 giorni, mentre il terzo gruppo ha ricevuto daptomicina 8 mg/kg o controllo per 14 giorni. Il dosaggio di farmaco e la durata della terapia per i soggetti del terzo gruppo sono stati aumentati per avere ulteriori dati sulla sicurezza e la tollerabilità del farmaco. Tutti i soggetti hanno ricevuto daptomicina mediante infusione endovenosa per 30 minuti e sono stati monitorati per i tre giorni successivi all’infusione. Ogni soggetto ha partecipato ad un singolo gruppo ed ha ricevuto un solo regime della dose. La farmacocinetica di daptomicina è stata determinata mediante l’analisi dei livelli di farmaco nel sangue e nei campioni di urina raccolti durante le fasi dello studio, dal primo al settimo giorno per i soggetti del primo e del secondo gruppo e dal primo al quattordicesimo giorno per il terzo gruppo. Ulteriori campioni di sangue sono stati raccolti dopo 24,5 h dall’inizio dell’infusione del secondo e settimo giorno per primo e secondo gruppo e del decimo e quattordicesimo giorno per il terzo gruppo. Anche nei giorni successivi alla terapia sono stati raccolti campioni di sangue e rispettivamente nei giorni ottavo e decimo per primo e secondo gruppo e nei giorni quindicesimo e diciassettesimo per il terzo gruppo. I campioni di siero per la determinazione della quantità di farmaco legato alle proteine, sono stati invece raccolti alla fine dell’infusione, cioè dopo trenta minuti, e a 2,5 e 8,5 h dall’inizio dell’infusione.

Tutti i soggetti hanno terminato lo studio clinico, tranne un volontario appartenente al secondo gruppo, che ha interrotto lo studio quando, dopo aver ricevuto una sola somministrazione di farmaco di controllo, ha avvertito una leggera eruzione cutanea accompagnata da prurito. Daptomicina ha mostrato una cinetica lineare fino alla dose di 6 mg/kg, mentre una leggera deviazione dalla linearità si verifica quando daptomicina viene somministrata alla dose di 8 mg .

Le concentrazioni di daptomicina nel plasma sono risultate costanti e prevedibili. Per tutte e tre le dosi studiate, i valori di Cmax e di AUC erano del 20% più alte il giorno 7,

rispetto al giorno 1, suggerendo che l’emivita calcolata (t1/2) pari a 9 h, assieme

(28)

28

di 8 mg/kg è risultata una certa non-linearità (~20%) dei parametri rispetto alle dosi 4 e 6 mg/kg, ma questa non-linearità è stata considerata minore o comunque non clinicamente rilevante per le dosi studiate. Il legame di daptomicina alle proteine plasmatiche è risultato anch’esso costante, in media pari al 92% (Cubist Pharmaceuticals, data on file, 2005), con un’eliminazione prevalentemente renale in forma immodificata (Woodworth, et al.,1992). Come conseguenza di queste caratteristiche, il valore di clearance plasmatica risultava basso (~7-9 mg/h/kg) relativamente al flusso sanguigno epatico (~1500 ml/h/Kg) ed alla t1/2 relativamente

lunga. Anche il valore di Vd di daptomicina risultava relativamente piccolo (~0,1 l/kg) e

questo faceva supporre che il farmaco si distribuisse principalmente nel plasma, nel fluido interstiziale extracellulare e nei tessuti altamente vascolarizzati.

Ulteriori studi hanno successivamente documentato le capacità diffusive di daptomicina, analizzate nel quarto capitolo di questa tesi.

Gli studi successivi pubblicati nel 2005 hanno valutato gli effetti dell’obesità sulla farmacocinetica di daptomicina 4 mg/kg/die (Dvorchik e Damphousse, 2005); questo perché il Vd e la CL plasmatica per daptomicina sono risultati più elevati nei pazienti

obesi rispetto ai corrispondenti controlli non obesi. Tuttavia è emerso che la variazione percentuale dei parametri farmacocinetici al crescere del BMI era maggiore quando i parametri erano espressi in valori assoluti rispetto alla normalizzazione per il peso corporeo totale, suggerendo che gli incrementi della massa corporea sono proporzionalmente maggiori dei corrispondenti incrementi del Vd e della CL osservati. Il BMI inoltre non ha influito sull’emivita di daptomicina. In generale, l’esposizione misurata con l’AUC è aumentata di circa il 30% nei pazienti obesi, ma le concentrazioni rientravano ampiamente nel range delle dosi più elevate di daptomicina considerate sicure. I ricercatori quindi hanno concluso che la dose di daptomicina era funzione del peso corporeo totale nei pazienti obesi con funzione renale nella norma e che non era necessario alcun aggiustamento del dosaggio esclusivamente sulla base dell’obesità. Lo stesso Dvorchik pose l’attenzione verso un’accurata ricerca e comprensione della capacità di daptomicina di raggiungere i siti bersaglio e penetrare nei liquidi infiammatori. Lo studio del 2001 (Wise et al., 2001) aveva coinvolto sette soggetti

(29)

29

volontari maschi in buona salute di età compresa tra 21 e 28 anni, ai quali venne somministrata daptomicina alla concentrazione di 4 mg/kg per via endovenosa. Le concentrazioni medie di daptomicina nel plasma e nel liquido infiammatorio a 4 mg/kg ed i parametri farmacocinetici vennero ottenuti per sei dei sette volontari, uno infatti, aveva interrotto lo studio in seguito ad effetti avversi. Dall’analisi dei dati è emerso che il Vd normalizzato al peso corporeo corrispondeva al volume plasmatico, mentre il

valore di Cmax di daptomicina nel plasma era pari a 77,5 mg/l alla conclusione del

periodo di infusione. Il valore di t1/2 era pari a 7,74 h, un valore simile a quello ottenuto

in precedenti studi su volontari sani. Il dato più interessante di questo studio fu sicuramente la capacità di daptomicina di distribuirsi con velocità moderata nell’essudato infiammatorio, con concentrazioni medie dopo la prima e la seconda ora rispettivamente di 9,4 e 14,5 mg/l. Il valore medio di Tmax è stato di 3,7 h quando il

valore di Cmax medio nel liquido infiammatorio era pari a 27,6 mg/l. Inoltre, la riduzione

dei livelli del farmaco nell’essudato non seguiva quella plasmatica, dato che è stato calcolato un valore medio di t1/2 del farmaco di 17,3 ore, con un’ampia variabilità (da 6

a 32 ore). Infine, determinando il rapporto dei valori di AUC0→24h del liquido

infiammatorio rispetto al plasma è stato possibile confrontare la capacità di penetrazione del farmaco, con un risultato medio di 68,4%.L’eliminazione urinaria di daptomicina nelle 24 ore per cinque dei sei volontari è stata pari al 59,7%±10,2%, con un valore di t1/2 di 7,74 ore.

Solo due volontari su sette hanno mostrato o riferito eventi avversi: nel primo caso, il soggetto ha avvertito a quasi due ore dall’infusione senso di nausea accompagnato da vomito e diarrea. Il volontario è stato quindi sottoposto a metoclopramide e i sintomi sono scomparsi entro poche ore. Anche il secondo volontario ha avvertito sintomi gastrointestinali ma il trattamento non è stato interrotto. La gravità dei sintomi gastrointestinali osservati nei due volontari era inattesa e non è stata osservata in altri studi in pazienti o in volontari in buona salute, neanche quando daptomicina è stata somministrata a dosi di 8 mg/kg/die per 14 giorni. Gli effetti avversi osservati non sono stati quindi ritenuti clinicamente attribuibili all’azione del farmaco (Dvorchik, et

(30)

30

Dagli studi clinici successivi è emerso che daptomicina è caratterizzata da una cinetica lineare fino a dosi di 12 mg/kg/die, poiché l’emivita e la CL di daptomicina (normalizzate rispetto al peso corporeo) allo steady state sono simili per tutte le dosi. Nel primo modello di farmacocinetica di popolazione (Dvorchik et al.,2004), la cinetica di daptomicina è ottimamente descritta da un modello aperto a due compartimenti con eliminazione di primo ordine. Dvorchik e collaboratori hanno raccolto i dati di 15 trials di fase 1, 2 e 3. Dallo studio emerge come la CL sia responsabile di una notevole variabilità interindividuale (IIV) in quanto influenzata da una serie di variabili come il sesso e la temperatura corporea ma soprattutto parte di questa variabilità è da attribuire alla funzionalità renale, e questi fattori risultano responsabili del 21,5% della IIV. Pertanto una riduzione della funzionalità renale determina come conseguenza una riduzione della CL di daptomicina. Infatti, aggiungendo la clearance renale al modello finale si ha una riduzione della IIV dal 52,1% al 33,2%, a causa dell’eliminazione per via renale del farmaco immodificato. Inoltre, se in un soggetto con funzionalità renale normale e valori di clearance della creatinina (CLCR) di circa 91,2 ml/min la CL del

farmaco è di circa 13,5 ml/min, nei soggetti con riduzione della funzionalità renale o in dialisi la CL si riduce di 1/3 arrivando a valori di 4,5 ml/min. Dvorchik nello stesso studio sosteneva inoltre che per poter raggiungere valori di Cmax efficaci, il dosaggio di

daptomicina raccomandato nel trattamento delle infezioni della cute e dei tessuti molli doveva essere di 4 mg/kg ogni 24 o 48 ore per valori di CLCR ≥ 30 ml/min o inferiori, rispettivamente. Pertanto, pazienti in dialisi o con disfunzione renale necessitano di un aggiustamento del regime posologico per poter raggiungere efficacia clinica confrontabile con quella di pazienti con funzione renale normale. Infine, lo studio ha dimostrato che la presenza di infezione causa un aumento del volume del compartimento periferico di circa 2 L, portando il Vd totale di daptomicina a circa 12 L.

Nel 2011, uno studio retrospettivo e multicentrico ha valutato daptomicina ad alte dosi nel trattamento di infezioni gravi da Gram-positivi; allo studio condotto da Kullar et al. sono stati arruolati 250 pazienti di cui 184 precedentemente trattati con vancomicina. I pazienti sono stati trattati con daptomicina a dosi mediane da 8,9 mg/kg/die e la durata del trattamento è stata stabilita in base al ceppo batterico, MRSA trattato per dieci giorni e VRE per tredici giorni. Le infezioni in trattamento sono state per lo più batteriemie

(31)

31

(119 pazienti), endocardite batterica (59), infezioni delle cute e tessuti molli (70) e infezioni osteoarticolari (67). La risposta clinica è stata raggiunta nell’83,6% dei pazienti (209/250) mentre l’80,3% (175/218) ha raggiunto la risposta microbiologica. Tredici pazienti non hanno risposto al trattamento con daptomicina, molti dei quali erano già stati trattati a lungo con vancomicina. Tre pazienti, invece, hanno sviluppato eventi avversi non gravi attribuiti all’elevato dosaggio di daptomicina. L’aumento dei valori di CPK però non è stato correlato con l’uso dell’antibiotico. Pertanto dallo studio è risultato come daptomicina mostri efficacia e tollebilità anche a dosi alte e che alla dose di 8mg/kg/die è efficace per trattare gravi infezioni da Gram-positivi.

Il metabolismo di daptomicina differisce da quello di tutti gli altri antibiotici. Dagli studi in vitro infatti è emerso come sia quasi completamente assente il metabolismo epatico microsomiale. Da studi in vivo sull’uomo effettuati somministrando il farmaco radiomarcato, non sono stati riscontrati metaboliti a livello plasmatico, mentre quattro metaboliti minori sono rilevati nelle urine.

In tutti i pazienti con sepsi e insufficienza multiorgano, la EDD (extended daily dialysis) rappresenta un’importante terapia extracorporea molto utilizzata nelle unità di terapia intensiva in Europa e negli USA (Filser e Kielstein, 2006), in grado di rimuovere farmaci come levofloxacina, meropenem e vancomicina in modo più efficiente rispetto alla emodialisi standard effettuata tre volte a settimana (Czock et a.l,2006; Kielstein et

al.,2006).

Dati disponibili sulla farmacocinetica di daptomicina in pazienti sottoposti a dialisi continua sono stati ottenuti dallo studio clinico effettuato da Burkhardt (Burkhardt et

al.,2005). In tale studio la farmacocinetica di daptomicina è stata determinata su una

sola dose di farmaco in un paziente affetto da endocardite infettiva della valvola aortica associata a shock settico ed insufficienza renale acuta. Il paziente, maschio caucasico di 67 anni, con un peso corporeo di 110 Kg e valori sierici di albumina di 21 g/l ha sviluppato insufficienza renale acuta e shock settico nelle ore successive al ricovero. La terapia antibiotica con daptomicina alla dose di 6 mg/kg, somministrata mediante infusione endovenosa di trenta minuti, assieme a ciprofloxacina e tazobactam, è stata

(32)

32

iniziata per l’eventuale infezione da VRE ed MRSA. Dallo studio è emerso che il 15% della dose di farmaco somministrata era eliminata durante una sessione di 4 ore di emodialisi. Dati ottenuti da modelli in vitro dell’emofiltrazione continua e dell’emodialisi (Churchwell et al,2006) suggeriscono come queste forme di terapia sono in grado di eliminare una notevole quantità di farmaco e come la EDD sia in grado di eliminare daptomicina in maniera più efficace rispetto alla emodialisi IHD (standard

intermittent haemodialysis). Pertanto, lo schema di somministrazione ogni 48 ore in

pazienti con alterata funzionalità renale potrebbe rivelarsi inefficace in presenza di emofiltrazione o emodialisi, per cui ulteriori studi sono necessari. Infatti, in questi pazienti il volume di distribuzione del farmaco viene alterato e la bassa concentrazione di albumina facilita la rimozione del farmaco.

(33)

33

Validazione di un metodo di dosaggio con metodica HPLC

Marialuisa Polillo,Carlo Tascini,Marianna Lastella, Paolo Malacarne, Laura Ciofi, Bruno Viaggi, Guido Bocci, Francesco Menichetti,Romano Danesi, Mario Del Tacca, and Antonello Di Paolo.

A Rapid High-Performance Liquid Chromatography Method to Measure Linezolid and Daptomycin Concentrations in Human Plasma. Ther. Drug Monit 2010;32:200–205

Antibiotico con potente attività battericida e meccanismo d’azione unico che rende la resistenza crociata con altre classi di antibiotici un evento raro, daptomicina è risultata efficace tanto quanto le terapie standard. Le revisioni dei dati clinici confermano la sicurezza del farmaco e suggeriscono un’efficacia paragonabile alle terapie standard per il trattamento di infezioni complicate. Infatti, dai risultati degli studi clinici è subito apparso chiaro che l’efficacia di daptomicina, dipenda in stretta misura dal raggiungimento di concentrazioni plasmatiche efficaci a ridurre la crescita dei microorganismi sensibili. Inoltre, è noto che l’appropriatezza della somministrazione del farmaco riduce significativamente la selezione di ceppi a sensibilità “intermedia” o francamente resistenti. Tale fenomeno è alla base della ridotta efficacia dei trattamenti chemioterapici, che nel soggetto in esame si manifesta con prolungamento dello stato di malattia ed eventualmente con l’insorgenza di complicanze, mentre per la comunità ed il reparto ospedaliero tutto ciò si traduce nella maggiore aggressività e gravità delle infezioni contratte in ambito ospedaliero. Poiché dei microorganismi nei confronti dei quali daptomicina ha attività sono noti i valori di MIC, la determinazione delle concentrazioni plasmatiche rappresenta un utile strumento per il monitoraggio dell’efficacia del trattamento di infezioni gravi. Infatti, le infezioni della cute e dei tessuti molli nonché le endocarditi associate o no a batteriemia sostenute da batteri Gram positivi rappresentano delle gravi malattie per l’andamento clinico rapidamente ingravescente e la possibilità che durante la somministrazione dei chemioterapici o sin dall’inizio i batteri responsabili siano resistenti all’azione dei farmaci.

(34)

34

Tra i batteri responsabili delle infezioni sopradette attualmente sono più comunemente osservati lo Streptococcus viridans, ceppi di MSSA o MRSA, lo S. epidermidis, Vancomycin-Resistant Staphylococcus aureus (VRSA). Questi batteri hanno mostrato la loro aggressività e capacità di adattamento all’esposizione ai farmaci mostrando l’insorgenza di resistenze.

Per tali motivi, daptomicina è impiegato nel trattamento di endocarditi e infezioni della cute e dei tessuti molli sostenute da tali batteri (Wise et al.,2001). In particolare, daptomicina, per il suo peculiare meccanismo d’azione (Silverman et al., 2003), non mostra resistenze crociate con farmaci entrati in uso precedentemente, quali linezolid e vancomicina (Laplante e Rybak, 2004). Inoltre, poiché il bersaglio molecolare è rappresentato da costituenti della membrana batterica, daptomicina è efficace anche nei confronti di quei batteri che hanno una ridotta velocità di proliferazione (e che per questo potrebbero essere meno sensibili verso chemioterapici inibitori della parete o della sintesi batterica), e ciò la rende particolarmente efficace nel trattamento delle vegetazioni endocarditiche.

Poiché daptomicina è un farmaco la cui efficacia è concentrazione-dipendente (Dandekar et al.,2004), ovvero maggiori sono le concentrazioni plasmatiche anche per breve periodo e migliore è il risultato clinico, è importante che la somministrazione del farmaco sia seguita da livelli plasmatici sufficientemente elevati. In altre parole è necessario determinare in ogni paziente il profilo plasmatico per un eventuale aggiustamento del dosaggio di farmaco, adottando protocolli di monitoraggio terapeutico, al fine di ridurre e/o aumentare l’efficacia e/o la tollerabilità del trattamento chemioterapico in tempi sufficientemente brevi rispetto a quelli del decorso naturale della malattia o necessari all’instaurarsi della tossicità. Quindi, un presupposto importante al monitoraggio terapeutico è la possibilità di determinare le concentrazioni del farmaco nelle matrici biologiche in tempi molto brevi.

Pertanto, l’obiettivo del presente studio è stato quello di validare un metodo di dosaggio di daptomicina e linezolid con metodica di cromatografia liquida ad elevate prestazioni (HPLC) mediante misurazione delle concentrazioni plasmatiche e in altri fluidi biologici.

Riferimenti

Documenti correlati

Occlusione palpebrale a due mesi di età, dopo una settimana con trattamento con steroidi (2 mg/kg/die) e un giorno prima del trattamento con

In vitro l’incubazione dei leucociti dei pazienti in presenza di IL-1 beta o IFN-gamma ricombinanti potenzia la produzione intra-leucocitaria dei ROS e l’efficienza della fagocitosi,

C. Filice, UO di Diagnostica Ecografica in Malattie Infettive e Tropicali, Dipartimento di Malattie Infettive, Policlinico S. Matteo, Università degli Studi di Pavia. Cossarizza,

Somministrazione della terapia antimicrobica, antivirale e antifungina nell’adulto e nel bambino in

I programmi dovrebbero includere: eziologia e fattori di rischio, strumenti di valutazione del rischio, valutazione della cute, selezione e/o uso delle superfici di supporto, cura

Tra i tre principi attivi è risaltata inve- ce una differenza di oltre 5 punti di BMI tra i soggetti trattati con exenatide (scelta prevalentemente nella popolazione femminile

[Raccomandazione basata su evidenze di qualità da bas- sa ad alta da studi di ricerca qualitativa (interviste e focus group di persone con MM, di familiari e caregiver e

Sponholtz ha rilevato che negli interventi cardiaci non sono tanto i valori assoluti della PCT ad essere importanti nella distinzione tra infiammazione post- operatoria