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Malattia da reflusso gastroesofageo e disturbi del sonno. Studio pilota con pH-MII.

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Capitolo1

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2 DEFINIZIONE

La malattia da reflusso esofageo, indicata con l’ acronimo inglese GERD (gastro esophageal reflux disease) o MRGE (malattia da reflusso gastro esofageo) è una condizione conosciuta e diffusa, pur in modo non omogeneo, in tutto il mondo.

Per rispondere alla necessità di relazionarsi, con parametri validi ed univoci, tra professionalità distribuite in regioni diverse del pianeta, nel 2006, durante la Consensius Conference di Montreal1 è stata formulata la definizione ad oggi universalmente riconosciuta di malattia da reflusso gastroesofageo e nella stessa occasione è stato verificato il livello di accordo su aspetti epidemiologici, clinici e fisiopatologici riguardanti la stessa.

Citando testualmente la definizione originale si definisce la malattia da reflusso gastroesofageo nel modo seguente:

“GERD is a condition which develops when the reflux of stomach content

causes troublesome symptoms and/or complications”

L’aspetto che deve essere maggiormente considerato in questa definizione è la sua l’ampiezza. Essa riesce ad inglobare sia quei casi di malattia conclamata ed obiettivabile, quali ad esempio l’esofagite erosiva, che anche quelle situazioni in cui invece manca completamente l’obiettività, ossia il reflusso funzionale o l’ipersensibilità esofagea. Si tratta infatti di una definizione centrata sul paziente, e non sulla presenza di rilievi strumentali e/o obiettivi, e che quindi conferisce primaria importanza alla personale percezione di sintomi ritenuti

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4 EPIDEMIOLOGIA

Per quanto riguarda l’epidemiologia della MRGE si registrano aree a maggiore prevalenza e altre dove la malattia è molto meno diffusa. In generale potremmo dire che sono le aree a maggior sviluppo industriale e socio-economico ad essere maggiormente colpite (e in tal senso potremmo raggruppare la condizione insieme alle cosiddette “malattie del benessere”), ma occorre anche tenere conto del minore numero di studi compiuti nelle aree del Sud del mondo e delle differenze culturali e linguistiche nell’interpretazione dei sintomi.

Tenendo conto dei dati raccolti in una review del 20072 effettuata in considerazione dei parametri stabiliti dalla consensius di Montreal, possiamo effettuare una rapida panoramica della prevalenza della malattia nei vari continenti:

Prevalenza della MRGE in Europa e Nord America

È in queste aree che la malattia ha la maggior prevalenza di tutto il pianeta. Ciò è riconducibile ad una serie di diverse ragioni:

- Differenze genetiche

- Differenze nella prevalenza dell’H.pylori (potenzialmente riconosciuto come fattore negativo rispetto allo sviluppo di MRGE, sebbene tale aspetto non sia del tutto stato chiarito)

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- Fattori correlati allo stile di vita

Tabella 1: prevalenza sintomi MRGE in Europa e Nord America

Prevalenza della MRGE in Asia

Nei paesi asiatici è stata osservata una maggiore prevalenza della malattia nelle aree del centro e dell’Ovest del continente rispetto alle regioni dell’Est. L’unica eccezione è rappresentata da Singapore in cui la prevalenza è maggiore della media dell’area; probabilmente l’origine di tale fenomeno è da rintracciare nella maggiore varietà etnica e culturale dell’area.

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Prevalenza della MRGE in Africa e Sud America

Al momento non sono disponibili studi di popolazione in Africa, se si esclude uno studio tunisino del 2012, la scarsità dei dati ci impedisce quindi di effettuare considerazioni a riguardo.

Un maggior numero di studi è stato compiuto in Sud America con dati disponibili dall’Uruguay, Brasile e Argentina.

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7 FISIOPATOLOGIA DELLA MRGE

L’attore principale nella determinazione del danno alla mucosa esofagea e/o nell’insorgenza dei sintomi della malattia è la presenza di materiale gastrico acido refluito e giunto a contatto con la mucosa esofagea.

La patogenesi della MRGE è principalmente correlata all’alterazione dei normali meccanismi di continenza, presenti a livello della giunzione esofago gastrica, atti ad impedire il reflusso del contenuto gastrico in esofago.

In realtà, al di là di tale aspetto macroscopico, sono molti altri i fattori concomitanti (sensibilità individuale, fattori esogeni di tipo alimentare e farmacologico ecc) e ciò giustifica l’ampia varietà di fenotipi e di quadri con cui la malattia può manifestarsi. Lo spettro varia, infatti, da una condizione di esofagite conclamata o dalla presenza di complicanze fino a condizioni in cui la presenza di sintomi non si associa ad alcuna alterazione endoscopicamente visibile (NERD – non erosive reflux disease) od anche istologica (FH- functional heart burning).

Un aspetto preliminare da chiarire è che esiste una quantità di “reflusso fisiologico”. Il fenomeno è molto rappresentato nei neonati e nei lattanti in generale, in questi soggetti la frequenza di fenomeni di reflusso è molto più alta che nell’adulto dato che si ha una fisiologica beanza del cardias al fine di consentire l’eliminazione di eccessi alimentari e di aria ingerita con la suzione, avvenendo ciò in totale assenza di influenze negative sulle attività quotidiane dei neonati.3

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Nell’adulto il fenomeno si genera per un meccanismo fisiopatologico differente. Il meccanismo alla base della sintomatologia è la presenza di rilasciamenti transitori dello sfintere esofageo inferiore (TLESRs- transient lower esophageal sphincter relaxations), che corrispondono ad improvvisa riduzione del tono basale del del LES non secondario alla deglutizione. Tale fenomeno è fisiologicamente collegato alla necessità di favorire il passaggio di aria fra il fondo gastrico e l’ambiente esterno.

L’eccesso nella frequenza e durata di questi fenomeni, con conseguente maggiore esposizione della mucosa esofagea all’acidità del contenuto gastrico è uno degli elementi fondamentali nello sviluppo della MRGE.

I valori fisiologici di esposizione della mucosa esofagea al pH gastrico, nell’adulto, devono essere inferiore al 4.2% sulle 24 ore (circa 1 ora). Si ipotizza che tale esposizione possa realizzarsi secondo i seguenti meccanismi:

- < 6 TLESRs/die - Durata < 10 min

Struttura normale della giunzione gastroesofagea

Numerosi elementi contribuiscono a costituire la “zona di alta pressione” che separa l’esofago dalla cavità gastrica. Tale zona conosciuta anche con il nome di giunto gastroesofageo mette in atto una barriera sia dal punto di vista anatomico che funzionale per far sì che sia garantita una giusta continenza. Questa barriera è composta da:

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- Sfintere esofageo inferiore (LES- low oesophageal sphincter): esso è costituito dalla muscolatura liscia circolare presente nella porzione più distale dell’esofago. Si estende per 3-4 cm ed è tonicamente contratto ad eccezione dei fenomeni di rilasciamento transitorio e durante il passaggio del bolo alimentare nella deglutizione

- Pilastri diaframmatici: costituiscono la porzione muscolare dello iato esofageo e con la loro contrazione contribuiscono ad aumentare il tono della struttura sfinteriale nel complesso e con il rilasciamento a consentire i TLESRs. Costituiscono il cosiddetto “sfintere estrinseco” - Angolo di His: si tratta dell’angolo acuto tra la grande curvatura gastrica

e l’esofago. Esso costituisce una sorta di lembo valvolare che contribuisce ad evitare il reflusso del contenuto gastrico. L’aspetto di tale struttura può essere classificato secondo la classificazione di Hill (vedi immagine seguente4). Un aumento dell’ampiezza di quest’angolo od una sua scomparsa sono elementi coinvolti nella patogenesi del reflusso.

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Figura 1: differenze anatomiche a livello della giunzione gastroesofagea

Tale struttura sfinteriale, nel complesso, mantiene un tono che oscilla tra i 10 mmHg e i 35 mmHg e ciò è fondamentale dato che, essendo la pressione endoaddominale e quindi gastrica maggiore di quella toracica, è opportuno che ci siano delle forze che si oppongono a quello che sarebbe il naturale gradiente pressorio.

Influenze biochimiche sul tono dello sfintere

Il tono dello sfintere viene influenzato da diversi fattori esogeni ed endogeni che possono determinare un aumento di tono o in alternativa un rilasciamento. Agiscono nel senso di un aumento di tono ormoni come la gastrina, cibi proteici od anche agenti neurali (agonisti α-adrenergici, agonisti colinergici, antagonisti

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β-adrenergici), mentre un minore tono può essere conseguenza dell’azione di ormoni quali secretina/colecistochinina, somatostatina, o dell’assunzione di cibi grassi o anche cioccolato, alcol e caffè. Non dobbiamo dimenticare, inoltre, la possibile influenza di alcune classi di farmaci, ad esempio barbiturici, morfina o Ca2+ antagonisti, tra i più comuni, che determinano una riduzione del tono.

Ruolo dell’assetto strutturale

La corretta funzionalità non prescinde soltanto da un’ottimale integrità anatomica e funzionale delle suddette strutture esaminate singolarmente, ma anche dal corretto posizionamento reciproco. Per rendere stabile questa configurazione esistono i cosiddetti legamenti freno-esofagei che collegano i pilastri diaframmatici alla giunzione esofago-gastrica.

Un esempio di condizione in cui i rapporti reciproci tra queste strutture sono alterati è l’ernia iatale. Questo disturbo è molto frequente nei pazienti con MRGE e consiste nello scivolamento della giunzione gastroesofagea al di sopra dello iato diaframmatico, all’interno del torace con conseguente formazione di una sacca gastrica intratoracica e anche perdita della corrispondenza tra LES e pilastri diaframmatici. Ciò comporta un notevole indebolimento della capacità antireflusso di queste strutture e soprattutto la perdita di sinergia fra le differenti componenti della “zona ad alta pressione”.

Un’interessante ipotesi correlerebbe la presenza di un’ernia iatale intermittente o parziale con la malattia da reflusso lieve: attraverso studi di

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manometria ad alta risoluzione sarebbe, infatti, possibile identificare la presenza di due picchi pressori (testimoni quindi della presenza di diverse regioni a maggior pressione) intermittentemente presenti, specie dopo i pasti, ed in corrispondenza dei quali si manifesterebbe preferenzialmente il reflusso5.

Ruolo della peristalsi esofagea

Al fine di rendere ottimale il processo di deglutizione del bolo alimentare e la clearance di eventuale materiale gastrico refluito in esofago, è importante che sia conservata una corretta motilità esofagea.

La muscolatura esofagea è costituita nel suo terzo superiore da fibre muscolari striate (governate da stimoli provenienti dal centro della deglutizione), che nella porzione inferiore lasciano spazio a fibre muscolari lisce governate da stimoli di provenienza dal sistema nervoso enterico.

Durante il processo di deglutizione viene messa in atto la cosiddetta “peristalsi primaria” tale fenomeno consiste nella genesi di un’onda contrattile che, tramite aumenti di pressione a monte e rilasciamenti nel tratto immediatamente a valle, consente la progressione del bolo.

Ciò può non essere sufficiente alla completa liberazione del lume esofageo e può accadere che in un qualche tratto rimangano dei residui di materiale ingerito. Essi vengono solitamente rimossi grazie alla presenza del meccanismo di “peristalsi secondaria”, ossia la genesi di un’onda di peristalsi a partire dalla regione di accumulo.

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Esiste anche un terzo meccanismo di peristalsi esofagea, ossia la “peristalsi terziaria”. Si tratta di contrazioni anulari, fondamentalmente inutili ai fini della progressione, teoricamente atte a frammentare il bolo, ma al momento considerate prive di un ruolo protettivo sulla mucosa esofagea e sui meccanismi anti-reflusso. L’eccesso di tale meccanismo può dare origine a condizioni di dismotilità esofagea con conseguenze di tipo disfagico.

È essenziale che la motilità esofagea sia efficiente durante la deglutizione. Infatti, al rilasciamento dello sfintere esofageo si verifica, contemporaneamente, anche il rilasciamento del LES, con un momentaneo passaggio di materiale gastrico in esofago, che però viene immediatamente respinto dalla peristalsi esofagea e tamponato dal bolo alimentare. Tale meccanismo potrebbe essere compromesso nelle situazioni di gravi alterazioni della motilità dell’esofago.

Ruolo dello svuotamento gastrico ritardato

Ad oggi è noto che la distensione gastrica costituisce un elemento che potrebbe contribuire all’instaurarsi del reflusso, sia perché si determina un aumento del gradiente pressorio fra ambiente gastrico ed esofageo, sia perché si ha un aumento dell’ampiezza dell’angolo di His, con una perdita della sua funzione fisiologica. Si tratta, però, di un aspetto ad oggi non ancora completamente inquadrato, dato che i vari studi compiuti hanno mostrato risultati discordanti6.

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È stata comunque notata una correlazione tra la presenza di un lento svuotamento della porzione prossimale dello stomaco e il reflusso gastroesofageo. Tale relazione non si evidenzia se consideriamo lo svuotamento gastrico nel complesso o nella porzione distale dello stomaco7, concordemente,

quindi, a quanto affermato in precedenza.

Ruolo della pressione gastrica

Dati recenti segnalano che è importante tenere conto di eventuali fattori che possano rendere ancora maggiore il gradiente pressorio tra addome (e quindi stomaco) e torace (e quindi esofago) gravando quindi sul meccanismo di continenza dello sfintere.

Situazioni come l’obesità possono determinare un incremento cronico di questo gradiente e pertanto è stata recentemente identificata come possibile fattore di rischio per la MRGE. Anche situazioni analoghe come l’enfisema polmonare e le brocopneumopatie croniche ostruttive (BPCO) sono state recentemente riconsiderate come potenziali fattori di rischio.

Fuori da ogni discussione il ruolo dell’aumento pressorio nella patogenesi del reflusso, esso è stato messo al centro di uno studio8 un particolare tipo di reflusso, ossia il reflusso intrasfinterico. Si tratta di un tipo di reflusso con caratteristiche diverse da quello normalmente diagnosticato.

Ciò che comunemente chiamiamo reflusso è, infatti, individuato grazie all’ausilio di sonde poste a 5 cm sopra il LES, in modo tale da evitare artefatti

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generati dai movimenti della mucosa gastrica durante i TLESRs. Pertanto si parla di reflusso transfinterico. Il fenomeno di reflusso intrasfinterico potrebbe essere importante per spiegare la presenza di alcune alterazioni come ad esempio la presenza di ultra-short Barrett, che si realizzano a questo livello, al di sotto dei convenzionali 5 cm.

Al fine di dimostrare questo fenomeno, nel corso di uno studio9 è stata applicata, a pazienti obesi e non, una cintura regolabile atta a generare un aumento di pressione addominale. Ciò aveva lo scopo di dimostrare che l’aumento della pressione endoaddominale è un meccanismo basilare per la genesi del reflusso intrasfinterico potendo quindi fare analogo collegamento rispetto al reflusso transfinterico. È stato visto che in ogni caso, sia che il paziente fosse obeso che normopeso, l’applicazione della cintura determinava un aumento dei fenomeni di reflusso

Ruolo dell’acidità gastrica

L’attore principale nella genesi di una MRGE, con danno più o meno evidente alla mucosa, eventuali complicanze ed insorgenza dei sintomi, è sicuramente l’acidità gastrica. È il pH gastrico basso ad essere la noxa patogena essenziale per l’instaurarsi della patologia.

Una prova, qualora fosse necessario fornirla, dell’importanza dell’acidità gastrica nella patogenesi, può essere dedotta dal fatto che esiste una correlazione negativa tra infezione da H. pylori e malattia da reflusso. È stato osservato che

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con il perpetuarsi dell’infezione e con l’evoluzione dell’atrofia della mucosa gastrica, si ha una minore produzione di acido10. Inoltre è stata trovata una correlazione tra la specifica regione di mucosa infetta e la presenza di sintomi da reflusso, osservando che questa veniva influenzata in senso negativo dalla presenza di una colonizzazione batterica in prossimità della giunzione gastroesofagea, mentre non veniva influenzata da una infezione sita in altra sede, a dimostrazione del ruolo della produzione acida.11

Potrebbe apparire però paradossale il fatto che i sintomi del reflusso si presentino nel periodo postprandiale, non tanto in virtù del riempimento gastrico che anzi spiegherebbe la maggiore tendenza al passaggio, quanto invece per il fatto che , nel periodo postprandiale, il pH gastrico risulta essere notevolmente aumentato rispetto ai periodi di digiuno in cui si raggiunge anche il valore 1. La minore acidità postprandiale è spiegata grazie all’azione tamponante che il cibo ha e che nel complesso rende il pH meno acido. La domanda che sorge immediata di conseguenza è perché sintomi come la pirosi divengono più acuti in questa fase? Il motivo risiede in un aspetto, la cui comprensione non è del tutto completa, che è “l’acid pocket”, ossia quella raccolta di succo gastrico non tamponato che “galleggerebbe” al di sopra del contenuto gastrico. In questo modo si avrebbe una tasca, appunto, a pH bassissimo molto vicino alla giunzione gastroesofagea e quindi capace di refluire facilmente.

In realtà l’acid pocket non è propriamente definibile come uno “strato galleggiante”, questa visione, infatti sarebbe una sorta di artefatto dato dal fatto

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che con la pH-metria la registrazione dei valori di pH avviene seguendo la lunghezza del sondino, perdendo quindi la tridimensionalità del fenomeno.

L’acid pocket non sarebbe in realtà altro che l’espressione del neoprodotto acido non ancora miscelato al chimo, che si ritrova nell’immediata vicinanza della mucosa gastrica acido-secernente.12

Un’altra spiegazione, pur meno affascinante, attribuirebbe il rilievo del pH più basso nelle vicinanze della giunzione gastroesofagea, alla presenza di mucosa acido-secernente in posizione talmente vicina alla giunzione da non essere raggiunta dall’effetto tamponante del cibo. In ogni caso la maggiore prevalenza del reflusso in fase postprandiale è un dato ben documentato.

Alterazioni della mucosa e genesi dei sintomi

Comunemente si ritiene che la frequenza e l’intensità del reflusso siano correlati con la gravità delle alterazioni istologiche ma la realtà dei fatti è molto più variegata e di non semplice interpretazione.

Per quanto riguarda il ruolo del livello di acidità13, alcuni studi hanno dimostrato che rispetto agli episodi asintomatici, in linea di massima, gli episodi sintomatici di reflusso sono caratterizzati da:

 maggiori cadute di pH

 pH minimo più basso

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 esposizione all’acido per lungo tempo precedentemente all’episodio sintomatico

a testimoniare il ruolo importante, seppur non esclusivo, che tutti questi fattori hanno nella genesi dei sintomi.

Il materiale acido refluito dallo stomaco è altamente lesivo per la mucosa esofagea, ciò non solo per il proprio basso pH, ma anche per il fatto di contenere le sostanze ad attività enzimatica utili per portare avanti la digestione, prima tra tutte la pepsina. Inoltre, in alcuni casi, il reflusso può presentare anche una componente biliare se si configura la condizione di reflusso duodeno gastrico. Tali sostanze nel complesso realizzano un’aggressione a carico delle molecole strutturali delle cellule e delle giunzioni intercellulari della mucosa esofagea, determinando le alterazioni istologiche tipiche di questa condizione, ossia:

- iperplasia dello strato basale dell’epitelio al fine di fornire un serbatoio di cellule atte a sostituire quelle danneggiate dal reflusso;

- infiltrazione eosinofila e neutrofila in risposta alla noxa chimica la quale, secondo un interessante studio14, sarebbe correlata ai livelli di eosinofilia nel sangue periferico. Ciò mostrerebbe uno degli aspetti attraverso i quali la MRGE avrebbe anche ricadute a livello sistemico. - ipertrofia delle papille connettivo vascolari in tal modo l’aumento

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trofico al tessuto ed al contempo di attuare la rimozione della maggiore quota possibile di cariche acide.

- dilatazione degli spazi intercellulari (DIS) intendendo un aumento dello spazio intercellulare > 0,56µ. È presente nel 20% dei soggetti asintomatici, nel 75% dei pazienti con NERD, e nell’83,6% dei pazienti con esofagite erosiva.15 La presenza di tali alterazioni sarebbe uno degli elementi principali nella genesi dei sintomi, dato che consentirebbe una maggiore esposizione dei recettori dolorifici presenti nella lamina propria della mucosa

Un punto di vista innovativo sulla patogenesi della MRGE è stato messo in evidenza da studi recenti. Questi attribuirebbero il danno della mucosa non solo all’azione diretta dell’acidità e della lesività enzimatica del materiale gastrico, ma anche ad un meccanismo indiretto, determinato dalla sollecitazione di una risposta infiammatoria con attivazione di cellule immunitarie che potrebbe essere determinante ai fini del danno16.

Alcuni studi hanno inoltre mostrato come nei diversi tipi di MRGE si abbiano diversi pattern di produzione di citochine e chemochine.17 Ciò potrebbe avere un ruolo importante nella caratterizzazione dei vari fenotipi con cui la malattia può presentarsi:

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Tabella 4: ruolo delle citochine infiammatorie nella MRGE

Vie di percezione dei sintomi

Nel paragrafo precedente abbiamo quindi visto in generale i fattori di rischio ed alcuni meccanismi causali nella genesi della patologia. È essenziale che, al fine della percezione del sintomo, si abbia una certa integrità delle vie nervose afferenti. Esse convogliano stimoli di varia natura e contribuiscono ad aumentare la complessità del quadro fisiopatologico e clinico.

Innervazione sensitiva: l’esofago è dotato di una innervazione afferente capace di percepire stimoli diversi: meccanocettori, termocettori e chemocettori . Non sempre i sintomi si presentano in corrispondenza lineare rispetto alla frequenza e all’intensità dei fenomeni di reflusso e della gravità della malattia. Indubbiamente la presenza di materiale a basso pH, come abbiamo visto, è la principale causa dei sintomi, ma esistono anche casi in cui reflussi debolmente acidi o addirittura costituiti solo da gas riescono ad indurre la pirosi retrosternale. Questo quindi deve indurci a non sottovalutare la possibilità che alla base dei sintomi possano esserci stimoli anche molto diversi tra loro, ad

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esempio potremmo correlare il fenomeno alla sollecitazione dei meccanocettori indotta dalla dilatazione del lume.14

Uno studio interessante compiuto su modelli murini ha dimostrato, inoltre, che contrazioni esofagee prolungate possono compromettere il flusso ematico lungo la parete esofagea, suggerendo che anche una transitoria ischemia potrebbe essere alla base dell’insorgenza dei sintomi.18

È interessante, inoltre, ricordare che la percezione dolorifica non dipende solo dalla presenza di recettori periferici e dalla loro stimolazione, ma anche dalla sensibilità a livello centrale. È stato visto che un bombardamento sensitivo dalla periferia induce una riduzione della soglia delle vie nervose centrali afferenti. Con un meccanismo analogo è stato osservato che pazienti con NERD mostrerebbero aree di dolore riferito più ampie dopo la stimolazione esofagea ripetitiva.19

Sono stati sottoposti quindi ad uno studio accurato i vari tipi di recettori presenti sulla mucosa esofagea. Il recettore TRPV1 (transient vanilloid 1 receptor) ad esempio è uno dei canali cationici meglio studiati. È stato visto che esso correla con l’intensità del reflusso, ma non con quella dei sintomi. Ciò suggerirebbe che questi recettori non sarebbero responsabili della diversa percezione, bensì la loro up-regulation sarebbe solo una conseguenza del reflusso. In realtà la somministrazione di antagonisti di questo canale avrebbe mostrato un aumento della soglia della percezione del dolore per il calore, ma non per la distensione, la stimolazione elettrica o la perfusione con acido. Tali

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soglie, però, non vengono analogamente modificate nei pazienti con NERD e parziale risposta ai PPl, pur essendoci anche in questi un up regulation del canale20. Questi aspetti sono estremamente stimolanti ai fini di maggiori approfondimento in futuro.

Spettro della MRGE:

Abbiamo più volte citato la presenza di uno spettro di manifestazioni della MRGE e le principali sono le seguenti:

- Esofagite erosiva in cui possiamo riconoscere situazioni in cui si ha la presenza di rilievi endoscopici di infiammazione / erosione.

- NERD (non erosive reflux disease), ossia pazienti in cui la sola endoscopia non riesce ad individuare alcuna alterazione, ma che comunque presentano i sintomi del reflusso con un anomalo pattern di esposizione esofagea all’acido rilevabile alla pH-impedenziometria

- Esofago ipersensibile quando si ha la presenza di sintomi in chiara correlazione con fenomeni di reflusso che, però, si mantengono entro il range di normalità. Tali pazienti risultano avere beneficio dalla chirurgia antireflusso in modo paragonabile ad i pazienti con livelli di reflusso patologici.21

- Functional heartburn (FH) (in accordo con i criteri di Roma III)22 quando non ci sono indicazioni che il reflusso sia la causa sottostante ai sintomi del paziente con pirosi (no erosioni all’endoscopia, normale

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esposizione acida, nessuna associazione tra sintomi e reflusso e nessuna risposta alla terapia antiacido)

- Esofago di Barrett mostrano sintomi minori delle altre categorie ,o anzi, spesso sono del tutto asintomatici. In questi pazienti l’aggressione prolungata da parte del reflusso acido ha indotto una trasformazione di tipo metaplasico con conversione dell’epitelio pavimentoso composto non cheratinizzato tipico della mucosa esofagea, in un epitelio colonnare con capacità mucoscernente, ma non assorbente.

Figura 2: rappresentazione grafica di come i livelli di sensibilità

esofagea, e quindi la percezione dei sintomi, decrescono al crescere del livello di danno14

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PRESENTAZIONE SINTOMATOLOGICA E CLINICA

Effetti sulla qualità della vita

La MRGE è capace di incidere in modo importante sulla qualità della vita dei pazienti, esistono numerosi studi in diverse aree del mondo e tutti sono concordi nell’indicare che in presenza di MRGE si ha un significativo impatto sulla percezione del proprio stato di benessere da parte del paziente con aumentata incidenza, ad esempio, di disturbi del riposo notturno o comunque con interferenza da parte dei sintomi sulle attività quotidiane normali.

A tal proposito potremmo citare uno studio Australiano del 2009 23 compiuto su un campione casuale di 1000 pazienti adulti residenti nella zona Ovest di Sidney. Usando il questionario SF-36 è emerso che aspetti della vita quotidiana, quali le interazioni sociali, il tono dell’umore, la percezione del proprio benessere fisico erano significativamente compromessi nei pazienti con MRGE a prescindere dalla gravità e dalla frequenza dei sintomi.

Altro aspetto interessante è come i sintomi notturni contribuiscano in modo fondamentale al peggioramento della qualità della vita. Da uno studio del 2007

24 è emerso che la maggiore frequenza di sintomi notturni determina un

peggioramento della qualità della vita, del sonno e della produttività maggiore rispetto a ciò che si verifica nei pazienti senza sintomi notturni od anche ai

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pazienti con ipertensione.

Manifestazioni cliniche

La tipica manifestazione clinica della MRGE è data dalla presenza di sintomi di origine esofagea quali la pirosi retrosternale e la presenza del rigurgito.

Lo spettro di manifestazioni è però ampio, potendo coinvolgere anche altri organi oltre all’esofago, generando la cosiddetta “sindrome extraesofagea”. 25

Sindrome esofagea:la sindrome esofagea tipicamente si presenta con pirosi retrosternale e rigurgito.

La pirosi retrosternale consiste in una sensazione di bruciore localizzata dietro lo sterno. È stato dimostrato che tale sensazione è in forte correlazione con l’avvenuto fenomeno di reflusso, presentandosi con una latenza di circa un minuto26.

L’altro sintomo tipico è il rigurgito, che consiste nella percezione della risalita del materiale gastrico dallo stomaco all’esofago finanche alla bocca, in assenza di nausea. 26 Tali sintomi costituiscono la cosiddetta sindrome tipica.

Alcuni pazienti avvertono invece il reflusso non come pirosi retrosternale o rigurgito, ma come un dolore con caratteristiche simil-anginose (rientra nell’ambito del non-cardiac chest pain). Un tempo quest’aspetto veniva considerato parte della sindrome extraesofagea, ma è stato raggruppato dalla

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classificazione di Montreal nel contesto della sindrome esofagea.1

Tali sintomi possono presentarsi anche durante la notte e in questo caso si associano alla presenza di disturbi del sonno, oltre che, anche ad una esofagite più severa e maggiore presenza di esofago di Barrett.

Vengono raggruppate nel contesto della sindrome esofagea anche quelle condizioni, obiettivabili, che sono anche complicanze della stessa malattia:

- Esofagite da reflusso - Stenosi esofagea - Esofago di Barrett

- Adenocarcinoma esofageo

Sindrome extraesofagea: accanto alle manifestazioni classiche della

malattia, è possibile riscontrare la presenza di sintomi extraesofagei. Riguardo a questi sintomi esistono associazioni confermate ad altre ancora in fase di studio.

La classificazione di Montreal ha indicato come facenti parte della sindrome extraesofagea:

- Tosse cronica - Laringite cronica - Asma

- Erosioni dentali

Esistono anche altre condizioni probabilmente correlabili con la presenza di reflusso, ma per queste l’associazione non è ancora stata confermata: faringite,

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sinusite, otite media ricorrente, fibrosi polmonare.24 Per spiegare la presenza di sintomi extraesofagei comunque correlati al reflusso, sono state formulate due teorie:

- Meccanismo diretto (reflux theory) in cui il danno sarebbe determinato dal raggiungimento delle sedi extraesofagee da parte del reflusso acido, con un’aggressione, quindi, diretta alle strutture colpite;

- Meccanismo indiretto (reflex theory), in cui la genesi dei sintomi extraesofagei sarebbe correlata alla presenza di un meccanismo riflesso di attivazione vagale che influenzerebbe le sedi il cui sviluppo embriologico è comune all’esofago.

Il problema nella diagnosi di una sindrome extraesofagea legata al reflusso è che spesso i sintomi si presentano in assenza della sintomatologia tipica e che, essendo queste malattie multifattoriali, l’identificazione del reflusso come unica causa è raramente corretta.1 Perciò questo potrebbe condurre ad una situazione di overdiagnosi con annessa anche la somministrazione di terapie scorrette ed inefficaci ai fini della risoluzione della patologia.

Pertanto si tratta di un ambito che deve essere esaminato con attenzione sfruttando, nella diagnosi, quelle tecniche che consentano di correlare i sintomi extraesofagei ad episodi di reflusso anche non percepiti come tali.

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DIAGNOSI

Il percorso diagnostico nella MRGE inizia generalmente per stessa iniziativa del paziente, il quale, si rivolge al medico in seguito alla percezione di sintomi che, abbiamo visto, egli ritiene “troublesome”, ossia fastidiosi, come da definizione ufficiale.

Nel percorso diagnostico sono vari gli strumenti a disposizione e si può scegliere quale usare anche in base alla tipologia di paziente, oltre che alla disponibilità degli stessi.

Endoscopia: si tratta di uno strumento ad altissima specificità, ma a bassa

sensibilità26. L’altissima specificità è spiegata dal fatto che la presenza di lesioni erosive o di evidente stato infiammatorio correla in un’altissima percentuale con la presenza di reflusso gastroesofageo e consente di confermare la diagnosi senza necessità di ulteriori indagini.

Il rilievo endoscopico può essere di vario tipo e viene classificato in base alla classificazione di Los Angeles in cui il grado di malattia viene correlato all’estensione delle lesioni infiammatorie27:

grado A: presenza di una o più lesioni della mucosa <5mm, che non si

estendono tra la sommità di due pliche mucose

grado B: presenza di una o più lesioni della mucosa >5mm, che non si

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grado C:presenza di una o più lesioni della mucosa che si estendano in

modo continuo tra gli apici di due o più pliche mucose ma coinvolgendo meno del 75% della circonferenza

grado D: una o più lesioni della mucosa che coinvolgano almeno il 75%

della circonferenza

Il motivo della bassa sensibilità sta nel fatto che, come abbiamo più volte ripetuto, fanno parte dello spettro della MRGE anche delle condizioni in cui non si ha alcun rilievo endoscopico di anomalie e che pertanto non verrebbero così diagnosticate.

Ciò non vuol dire che dobbiamo escludere l’endoscopia dal percorso diagnostico, perché ci può aiutare a stimare il grado di infiammazione esofagea ed anche perché è un esame che deve essere eseguito assolutamente nel momento in cui la malattia si presenti in associazione a “sintomi d’allarme” quali ad esempio l’insorgenza di dispepsia in associazione a dimagrimento ed anemizzazione in un paziente di età >50 anni. In queste condizioni, infatti, non possiamo escludere a priori una genesi neoplastica dei sintomi ed è pertanto opportuno mettere in atto tutto il potenziale diagnostico possibile.

PPI test (proton pump inhibitor test): si tratta di un test diagnostico che

sfrutta gli inibitori di pompa protonica (PPI), ossia i principali farmaci nella terapia medica del reflusso.

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Si tratta di farmaci che inibiscono la produzione di acido a livello gastrico e che pertanto attenuano notevolmente la percezione dei sintomi dipendenti da questo. Il razionale del test sta appunto nel fatto che dopo la somministrazione dell’inibitore di pompa protonica, i sintomi dipendenti dal reflusso acido dovrebbero essere ridotti almeno del 50%.

La specificità del test è bassa (24-65%), dato che si ha attenuazione anche di sintomi che, pur essendo simili, dipendono da altre patologie diverse dal reflusso, come ad esempio l’ulcera peptica o la dispepsia funzionale e i risultati, talvolta, sono paragonabili a quelli del placebo.28

In ogni caso però in assenza di sintomi d’allarme, con risposta al test positiva, può esser fatta diagnosi senza dover ricorrere ad ulteriori esami. Tale test può, comunque, talvolta dare dei falsi negativi, ad esempio in quei casi in cui i sintomi non dipendono dall’acidità gastrica, ma dalla stimolazione meccanica data dalla presenza di gas che determina dilatazione del lume. In ogni caso, però si tratta di un test di comprovata utilità.

Oltre questo primo livello di esami è possibile ricorrere anche ad esami di 2° livello che consentono di definire e caratterizzare meglio la diagnosi od eventualmente di formularla nel caso in cui gli esami di primo livello non siano stati sufficienti. Si tratta fondamentalmente del monitoraggio dei livelli di pH, impedenza e pressione a livello del lume esofageo, questi indicatori infatti possono essere messi in relazione con sintomi, aiutando, quindi il percorso

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diagnostico.

pH-impedenziometria: si tratta di una tecnica che consente il rilievo dei

livelli di pH in associazione ai livelli di impedenza del lume esofageo.

Dal punto di vista cronologico la prima tecnica introdotta è stata la pHmetria semplice nel 197529 , seguita nel 1991 dallo sviluppo del monitoraggio dell’impedenza30.

Dall’associazione di questi due rilievi nasce la pH-impedenziometria, si tratta di un enorme passo in avanti non solo nella diagnostica, ma anche nello studio delle multiple sfaccettature della MRGE, infatti, grazie alla misurazione dell’impedenza si riescono ad individuare, ed eventualmente a correlare con i sintomi, anche quei reflussi debolmente acidi o gassosi.

Concetto di impedenza: l’impedenza elettrica è una forza che si oppone al

passaggio di corrente elettrica tra due elettrodi e dipende dal mezzo presente tra di essi. Nel caso del lume esofageo si parla di impedenza basale per indicare i livelli presenti quando il lume dell’organo è collassato e pertanto il mezzo tra gli elettrodi è costituito dalla mucosa esofagea. La presenza di liquidi o gas determina una variazione di impedenza (misurata in Ω-1) in senso negativo

quando ad interporsi è un liquido ( che essendo un miglior conduttore facilita il passaggio di corrente), in senso positivo quando ad interporsi è un gas, che quindi essendo un pessimo conduttore determina un aumento di impedenza.

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in associazione a quelli di pH, nel contesto dell’esame di pH impedenziometria. La pH impedenziometria viene attualmente condotta tramite l’inserimento di un sondino nasogastrico recante gli elettrodi per la misurazione dell’impedenza distribuiti nella lunghezza e una placchetta in Antimonio per la misurazione del pH convenzionalmente posta a 5 cm dal LES.

L’utilità di questo esame nella pratica clinica sta nel fatto che consente di fare diagnosi in quei pazienti in cui l’endoscopia è del tutto silente, consentendo di correlare il sintomo al rilievo di variazioni di pH-impedenza date dagli episodi di reflusso, oppure in quei pazienti con sintomi extraesofagei specie in assenza di sintomi e/o segni esofagei.

Attualmente sono in corso numerosi studi con lo scopo di mettere in relazione i livelli di impedenza con il grado di integrità della mucosa esofagea in base alla variazione dei livelli di impedenza basale.31

Farre et al 32 hanno dimostrato che i livelli di impedenza basale nei pazienti con MRGE erano più bassi di quelli dei pazienti di controllo. Inoltre paragonando i valori dei pazienti con NERD rispetto a quelli dei pazienti con malattia erosiva è emerso che i livelli di impedenza minori sono quelli propri della malattia erosiva.

È stata poi effettuata un ulteriore suddivisione dei pazienti con NERD in base alle caratteristiche del reflusso ed è emerso, non sorprendentemente che i livelli di impedenza minori erano propri dei pazienti con reflusso acido, piuttosto che debolmente acido.

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Manometria esofagea

La manometria esofagea è il primo esame di fisiopatologia esofagea con lo scopo di valutare la funzione motoria dell’esofago. Attualmente gli strumenti maggiormente disponibili sono i manometri a perfusione dotati di 8 canali (4 posti a livello dello “0” e 4 posti in maniera elicoidale a distanza di 5cm l’uno dall’altro). I primi 4 canali studiano prevalentemente la localizzazione espressa in centimetri dal naso e la funzione degli sfinteri (SEI e SES) di cui registrano i valori di pressione massima, media, lunghezza totale, area e percentuale di rilasciamento coordinata con la deglutizione. I successivi 4 canali studiano prevalentemente la funzione del corpo esofageo dove si generano delle onde propulsive di ampiezza crescente dalla porzione superiore a quella inferiore del viscere secondariamente all’attivazione della deglutizione. Questa parte dello studio deve essere eseguita in modo standardizzato con 10 deglutizioni di 5ml di acqua.

La manometria esofagea risulta necessaria per escludere la presenza di anomalie motorie ipercinetiche (spasmo esofageo diffuso, esofago a schiaccianoci, Jackhammer esophagus ed esofago ipercontrattile) o ipocinetiche (peristalsi inefficace, peristalsi interrotta, peristalsi con onde ad ampiezza ridotta, acalasia).

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esecuzione di altre indagini strumentali come la metria e la pH-impedenziometria, in quanto permette, come sopra evidenziato, di localizzare con buona precisione la posizione del SEI e la sua distanza dall’ala del naso.

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TERAPIA

Allo stato attuale i principali strumenti a disposizione della terapia medica della MRGE sono gli inibitori di pompa protonica (IPP) e gli antagonisti del recettore di tipo 2 del’istamina (H2RA). Essi hanno lo scopo di ridurre l’acidità del contenuto gastrico pur con differenti meccanismi ed efficacia. Esistono anche comunque altre classi di farmaci con azione, però meno specifica e diverso meccanismo d’azione (bloccanti dell’acido che competono con il potassio, farmaci capaci di aumentare il tono del LES, procinetici, analgesici, protettori della mucosa).33

E’ stato evidenziato che i diversi fenotipi di MRGE hanno diversa risposta alla terapia con IPP, ad esempio i pazienti con ERD hanno in generale una più elevata percentuale di risposta rispetto ai pazienti con NERD.34

Volendo avere una breve panoramica sui farmaci principali, possiamo ricordare: - H2RAs: si tratta di farmaci che, attraverso un meccanismo di

antagonismo recettoriale sui recettori di tipo 2 dell’istamina delle cellule parietali gastriche, determinano una riduzione della secrezione acida gastrica e di pepsina. Attualmente sono approvati dalla FDA (food and drug administration)in US 4 principi attivi: cimetidina, famatodina, nizatidina e ranitidina. Tra i quali non si riscontrano particolari differenze.

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- IPP: questi farmaci hanno rappresentato una vera e propria rivoluzione nell’ambito della terapia delle varie forme di MRGE. Essi andando a bloccare la pompa H+- K+ATP asi bloccano la secrezione acida gastrica in modo diretto. Ciò è risultato essere di enorme beneficio per quasi tutte le categorie di pazienti con MRGE. Recenti dati indicano che i pazienti con NERD presentano livelli di beneficio in seguito a terapia significativamente più bassi rispetto agli altri, per essi solitamente si ricorre al raddoppio della dose base con due somministrazioni giornaliere. Anche questo però a volte non è sufficiente. Allo scopo di migliorare l’efficacia di questi farmaci si sta cercando oggi di produrre delle formulazioni con un metabolismo più lento od anche capaci di avere una maggiore biodisponibilità.33

Sarebbe sicuramente interessante avere dei parametri oggettivi e soggettivi capaci di predire il successo della terapia con IPP ancor prima di iniziarla. Un recente studio35 ha ipotizzato alcuni fattori potenzialmente predittivi di una risposta positiva, quali:

- La presenza di un fenotipo ERD piuttosto che NERD - Sesso maschile

- Obesità

- Consumo di alcolici

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Il problema principale è che al momento non esistono studi di out come attendibili e con ampia numerosità da poter permetterci di affermare se sia più adeguato eseguire una terapia con IPP ex-adjuvantibus e mantenerla in caso di positività dando alla stessa un valore predittivo e diagnostico o se al contrario convenga in ogni caso eseguire degli esami di fisiopatologica come la

manometria esofagea e la pH-impedenziometria delle 24 ore prima di attuare terapie farmacologiche di lunga durata.

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Capitolo2

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L’acronimo NERD (non erosive reflux disease), come abbiamo anticipato nel capitolo 1, indica una particolare categoria di pazienti con malattia da reflusso caratterizzati dal fatto di non avere segni endoscopici pur in presenza di un quadro sintomatologico tipico o atipico. La definizione di Montreal qualifica la NERD come la “condizione in cui i sintomi tipici del reflusso, pirosi

retrosternale e reflusso, sono considerati fastidiosi da pazienti con endoscopia negativa” 1

PECULIARITÀ DELLA NERD RISPETTO ALLA FORMA

EROSIVA (ERD)

Al di là dell’elemento endoscopico, una primissima differenza tra ERD e NERD è rappresentata dai diversi fattori di rischio predisponenti a queste condizioni, infatti nel caso della ERD vengono riconosciuti come fattori di rischio il sesso maschile, l’età avanzata, il fumo di sigaretta, il sovrappeso e l’alcolismo, mentre per la NERD sono fattori di rischio il sesso femminile ed un minore BMI.

La NERD presenta peculiarità dal punto di vista fisiopatologico rispetto alla ERD, anche quando questa si presenta in assenza di complicanze. Tali aspetti sono stati esaminati in uno studio36 che ha dimostrato che dal punto di vista fisiopatologico i pazienti con NERD avevano:

- Un maggiore tono pressorio del LES (dato che è stato riportato anche da altri studi , ma che però non ha raggiunto la significatività statistica)

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- Minore presenza di disturbi secondari della cinetica esofagea - Minore compromissione della capacità clearance esofagea nei

confronti dei soggetti con ERD o esofago di Barrett.

Dal punto di vista sintomatologico, invece non c’è evidenza in letteratura di sostanziali differenze tra pazienti con ERD e NERD, se non per il fatto che, in quest’ultimo gruppo, alcuni studi hanno mostrato una maggiore presenza di sintomi extraesofagei.

Le differenze tra NERD ed ERD non sono però solamente “macroscopiche”, ad esempio una differenza tra i due gruppi, risiede anche nella diversa cinetica di proliferazione delle cellule dell’epitelio esofageo. Uno studio di Calabrese e coll.37 ha dimostrato che, posta l’azione antiproliferativa dell’insieme acido-pepsina, questa si manifesta con maggior forza nei pazienti con malattia erosiva, rispetto ai pazienti con NERD. Ciò potrebbe essere messo in relazione con un’eventuale predisposizione genetica allo sviluppo dell’uno o dell’altro pattern di malattia. Inoltre un altro aspetto microscopico di distinzione è dato anche dalle differenze nell’infiltrazione da parte di cellule del sistema immunitario della mucosa esofagea. Infatti, i pazienti con MRGE presentano un’infiltrazione neutrofila ed eosinofila diversa rispetto alla mucosa dei pazienti con NERD ed inoltre in virtù di questo si può osservare un diverso pattern citochinico e chemochinico.38

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dell’apparato gastroenterico e malattia da reflusso. Tale associazione sembra più spiccata nei pazienti con NERD rispetto ai pazienti con ERD, soprattutto per quanto riguarda la dispepsia39 e ciò potrebbe suggerire la presenza di aspetti patogenetici comuni a queste condizioni.

DIFFERENZE TRA PAZIENTI CON NERD E FH

(FUNCTIONAL HEARTBURN)

I pazienti con patologia di tipo funzionale rappresentano una classe peculiare, per la quale gli aspetti patogenetici non sono ancora stati chiariti. Sono stati compiuti diversi studi a tal proposito e ancora nessuno è riuscito a dimostrare quali siano i fattori patogenetici che portino questi pazienti a presentare dei sintomi sovrapponibili alla MRGE pur non avendo alcuna condizione di malattia da reflusso gastroesofageo.

La diagnosi di questa condizione viene spesso posta in pazienti con una storia di sintomi fastidiosi, che non rispondono alla normale terapia medica e che non sono arrivati alla fine di un percorso diagnostico soddisfacente. I pazienti con FH inoltre mostrano una totale assenza di risposta alla terapia con IPP e non hanno indicazione per la terapia chirurgica nonostante possano presentare il sintomo “pirosi” (heartburn) con la stessa frequenza e gravità dei pazienti affetti da MRGE.

Un elemento essenziale che ha consentito di distinguere le due condizioni è stato l’introduzione della pH-impedenziometria. Ciò ha consentito di migliorare la gestione dei pazienti caratterizzati da endoscopia negativa, pur permanendo la

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Capitolo 3

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Un aspetto ad oggi ancora poco indagato è la relazione tra la malattia da reflusso gastroesofageo e i disturbi del sonno. Si tratta di un ambito interessante, in quanto presenta implicazioni sia dal punto di vista clinico che terapeutico e rappresenta una manifestazione della MRGE comune e meritevole di attenzione, tanto da poter essere qualificata come un’entità clinica distinta. Ciò sulla base di due quesiti: la presenza di reflusso notturno implica la modifica dell’approccio tradizionale alla malattia? Questi pazienti meritano un trattamento diverso?41

L’associazione tra i disturbi del sonno e la MRGE viene affermata anche nella Consensius Conference di Montréal del 2006, in tale occasione essa venne definita come “frequente” ed è anche solo questo aspetto a sottolineare la necessità di effettuare studi orientati in tal senso. Inoltre venne anche affermato il fatto che i sintomi notturni del reflusso e i disturbi del sonno avevano un sostanziale miglioramento sia in seguito a terapia medica con inibitori di pompa protonica che anche dopo esecuzione di terapia chirurgica con plastica antireflusso.1

È noto che l’ortostatismo e il clinostatismo influiscono sia dal punto di vista meccanico che neurovegetativo sui meccanismi antireflusso. Ciò potrebbe indurre ad effettuare una classificazione dei pazienti in virtù della presenza di reflusso in una di queste due condizioni o in entrambe, raggruppando il reflusso durante il sonno nell’ambito dei meccanismi determinati dal clinostatismo. Pur essendo questo parzialmente accettabile occorre sottolineare che sarebbe riduttivo assimilare il sonno al semplice clinostatismo, data la complessità dei

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fenomeni che si realizzano durante questa fase e che la differenziano in modo importante dalla fisiologia della veglia.

Un inquadramento della MRGE a prevalente presentazione notturna è stata proposta da Gerson e Fass 42

- Risvegli notturni a causa della pirosi retrosternale

- Essere svegliati durante la notte da tosse o soffocamento a causa di fluido, sapore acido o amaro o cibo in gola

- Pirosi retrosternale che si presenta all’assunzione del clinostatismo prima di dormire

- Risvegli mattutini con pirosi retrosternale o rigurgito acido

Tale definizione appare ben strutturata, ma occorre tenere conto anche della possibilità che esistano pazienti in cui i disturbi del sonno sono determinati dalla presenza della MRGE, ma in cui questa non si manifesta con i sintomi tipici ed appare asintomatica, stiamo parlando della cosiddetta “silent MRGE”43. Anche in questa condizione possono verificarsi, infatti, importanti disturbi del sonno e ciò potrebbe spiegare quelle alterazioni del sonno apparentemente inspiegabili. In queste situazioni è comunque possibile effettuare una pH metria di verifica oppure potrebbe essere utile una terapia empirica con inibitori di pompa protonica, anche se, per quest’ultima opzione non sono ancora pronti marker adeguati per identificare la relazione eventualmente esistente.

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Un’altra definizione è quella proposta da Orr44 in cui si parla di pirosi notturna come un sintomo rappresentato da bruciore retrosternale o rigurgito che si presenta dalla fase di latenza nell’addormentamento sino al risveglio mattutino.

IL SONNO

Il sonno è un’attività essenziale per il nostro organismo in quanto determina un generale riassetto delle funzioni metaboliche, endocrine, neurologiche e cardiorespiratorie, andando quindi oltre il semplice riposo muscolare.

Il sonno occupa circa un terzo della vita di ogni individuo ed è evidente che, quindi, le alterazioni abbiano delle conseguenze negative sulla qualità della vita dell’individuo.

Caratteristiche del sonno normale:

pur con le dovute differenze attribuibili alla presenza di variabili individuali, in generale, un individuo adulto dorme per circa 7-8 ore a notte. Normalmente il sonno ha una struttura suddivisa in cicli costituiti da fasi di sonno REM e N-REM. Il sonno N-REM è quello caratterizzato dalla maggiore profondità e da una maggiore sincronia delle onde EEG, mentre il sonno REM è caratterizzato da un EEG desincronizzato, simile a quello della veglia con i caratteristici movimenti oculari (REM- rapid eye movement). In linea di massima il sonno NREM prevale nella prima fase della notte, mentre il sonno REM è prevalente nella seconda parte.

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FISIOLOGIA ESOFAGEA NEL SONNO

La funzione esofagea durante la notte risente delle variazioni fisiologiche che si verificano complessivamente nell’organismo .

- Secrezione acida gastrica: tale fenomeno raggiunge livelli massimali durante la notte e minimi al mattino. In ogni caso, comunque non si registrano differenze importanti in relazione alle varie fasi del sonno (REM O N-REM)45 pur essendo comunque in generale maggiore durante

gli stadi più leggeri (stadio2).

- Motilità gastrointestinale: durante la notte si ha un rallentamento dello svuotamento gastrico. È importante sottolineare che durante la notte risultano diminuiti i TLESR, ciò sottolinea un elemento importante, ossia il fatto che, perché essi si realizzino è necessario che sia in atto un microrisveglio. Abbiamo inoltre una riduzione della peristalsi sia primaria che secondaria e una riduzione del tono dello sfintere esofageo superiore.46

- Saliva e deglutizione: entrambe queste funzioni appaiono ridotte e ciò determina una significativa riduzione della funzione di clearance.

Alcuni studi47 di monitoraggio polisonnografico/pressorio del LES hanno mostrato che i fenomeni di reflusso notturno si verificano soprattutto durante gli stadi più leggeri del sonno non-REM, piuttosto che nel sonno REM o negli stadi 3 o 4 NREM.

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reflusso che si verifica in fase di veglia.48 È stato osservato che, in individui con esofagite da reflusso ed in individui sani in età avanzata, i meccanismi di innesco della peristalsi secondaria sarebbero deteriorati ed è proprio la peristalsi secondaria ad essere l’unico meccanismo di clearance durante il sonno; la normale soglia di stimolazione si aggira intorno ai 5-30 ml, ma in questi soggetti essa non sembra essere sufficiente. Se a ciò aggiungiamo che durante la notte si ha una drastica riduzione dell’azione tampone della saliva, il tutto si traduce in una maggiore permanenza e risalita del materiale acido in esofago con peggiori conseguenze sullo stato di salute della mucosa esofagea. Pertanto il sonno favorirebbe sia la scarsa capacità di neutralizzazione delle cariche acide, ma anche una maggiore facilità nella progressione prossimale del refluito con maggior rischio di aspirazione nelle vie aeree47.

MECCANISMI

La teoria che classicamente associa la MRGE e i disturbi del sonno afferma che sarebbe la pirosi retrosternale notturna ad indurre i microrisvegli inducendo così l’inizio della deglutizione e quindi avviando la clearance esofagea. Tale meccanismo sarebbe la strategia fisiologica atta ad evitare fenomeni di aspirazione nelle vie aeree. In ogni caso comunque ciò correlerebbe con una ridotta qualità del sonno.49

La realtà dei fatti appare in realtà molto più complessa e composita, dovendo tenere conto di numerosi altri aspetti fisiopatologici. Esisterebbero, infatti,

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molteplici meccanismi variamente intersecati e molto spesso con andamento bidirezionale. Ed occorre pertanto considerare le diverse ipotesi formulate nel corso di vari studi.

Uno studio recente condotto utilizzando un device in formato orologio ha mostrato che i fenomeni di reflusso acido si presentano in seguito a risvegli, ma che i risvegli “coscienti” associati al reflusso solo raramente erano sintomatici e ciò sconvolgerebbe la teoria classica.

Allen et al 50 hanno dimostrato la presenza di significative differenze tra i fenomeni di reflusso verificatisi durante le fasi di addormentamento, in cui cioè il paziente giace in clinostatismo ancora in veglia e quelli che si verificano

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durante il sonno. Ciò si collega direttamente a quanto abbiamo affermato all’inizio, ossia il fatto che il reflusso durante il clinostatismo abbraccerebbe le due differenti condizioni di veglia e di sonno con aspetti fisiopatologici differenti.

Sono estremamente interessanti le conclusioni raggiunte da Dickman et al51: i fenomeni di reflusso notturno possono essere suddivisi in due categorie, la prima costituita da quei fenomeni in seguito ad i quali si realizza un risveglio con riacquisizione della coscienza da parte del paziente e la seconda comprendente quei fenomeni non accompagnati da un vero e proprio risveglio. Sarebbe quest’ultima categoria a essere colpita da una MRGE più grave e con maggiori complicanze, e ciò poiché non si innescherebbero i meccanismi di clearance tipici del risveglio (fondamentalmente la peristalsi primaria) esitando quindi una maggiore esposizione al pH acido del materiale refluito.

Un altro aspetto che occorre considerare è che la relazione tra disturbi del sonno e MRGE presenta anche un aspetto bidirezionale, ossia non sarebbe solamente il reflusso a ridurre la qualità del riposo notturno, ma la presenza di un sonno non ristoratore sarebbe responsabile di una maggiore percezione dei sintomi del reflusso. Schey et al 52 hanno esaminato gli effetti della deprivazione dal sonno sulla sensibilità dell’esofago durante una infusione intraesofagea acida. È stato osservato, in pazienti con MRGE, che un sonno di scarsa qualità è responsabile di una minore latenza e di una maggiore intensità dei sintomi rispetto ad un sonno ristoratore. Pertanto i disturbi del sonno sarebbero

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responsabili di un’iperalgesia esofagea. Al contrario in soggetti senza reflusso tali differenze non si verificherebbero.

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Capitolo 4

Studio clinico

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53 INTRODUZIONE

I pazienti affetti da sintomi da MRGE, che non presentano lesioni endoscopiche all’EGDS, vengono frequentemente valutati in ambiente ambulatoriale mediante l’utilizzo della 24-h pH-MII per valutare e diagnosticare la loro malattia. Un sottoprodotto di queste valutazioni sono le deglutizioni, che sono ben visibili su tutti i tracciati di pH-MII.

Abbiamo da tempo notato la differenza dell’attività delle deglutizioni durante il periodo passato in posizione clinostatica e ortostatica, oppure durante i periodi di quiescenza durante il giorno, che possono essere inquadrati come tempo dedicato al sonno. Questi periodi sono caratterizzati da modificazioni del tracciato di impedenza con esplosioni intermittenti di attività, che abbiamo ipotizzato essere periodi di eccitazione. Questa idea è supportata dal fatto che l'attività di deglutizione fisiologica differisce tra notte e giorno53. I periodi

caratterizzati da deglutizioni, possono essere identificati come un marker di frammentazione del sonno.

La privazione del sonno è un problema altamente prevalente e probabilmente tutt’ora sottostimato ed è associata con una maggiore richiesta di assistenza sanitaria e utilizzo di farmaci in modo sovrapponibile a quanto accade nelle disabilità funzionali54,55,56.

La MRGE può influenzare negativamente il sonno risvegliando pazienti durante la notte, portando i pazienti a lamentare frammentazione e privazione

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del sonno. E’ stato dimostrato che pazienti con sintomi da MRGE e disturbi del sonno hanno una qualità di vita inferiore rispetto ai pazienti che riescono a riposare adeguatamente55. Sulla base di un sondaggio telefonico nazionale

effettuato su 1.000 adulti che lamentavano la presenza di bruciore di stomaco almeno una volta alla settimana, Shaker et al.56 hanno riferito che quasi l'80% di chi lamenta il sintomo pirosi lo registra durante le ore notturne e quasi tutti hanno riferito che il sintomo interrompe il sonno.

Trovare un semplice strumento diagnostico senza il coinvolgimento di ulteriori risorse costose, invasive o tecnicamente impegnative per i pazienti che già devono eseguire esami per la valutazione della loro MRGE potrebbe essere estremamente utile per caratterizzare e valutare questa popolazione di pazienti e di conseguenza migliorare la gestione terapeutica. Siamo dunque stati incuriositi dalla possibilità di individuare la presenza di sonno frammentato mediante l’utilizzo dell’attività deglutitoria durante le ore notturne.

SCOPO DELLA TESI

Il presente lavoro di tesi parte dal presupposto che la deglutizione è un atto volontario che prevede la presenza di un minimo livello di coscienza anche quando questa avviene durante le ore notturne.

Lo scopo della tesi è stato quello di valutare la presenza di disturbi del sonno mediante la valutazione degli atti deglutitori volontari durante le ore notturne nei

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pazienti studiati con pH-MII per sintomatologia compatibile con malattia da reflusso gastroesofageo e confrontando i dati dell’analisi derivati dai questionari sulla qualità del sonno compilati dai pazienti al risveglio mattutino.

MATERIALI, PAZIENTI E METODI

Nel periodo da gennaio ad aprile 2014, presso gli ambulatori della Gastroenterologia di questa Università, sono stati arruolati, in modo consecutivo un gruppo di 33 pazienti con sintomi tipici di malattia da reflusso gastroesofageo (pirosi e/o rigurgito) ed assenza di lesioni macroscopicamente evidenziate alla esofago-gastro-duodenoscopia (EGDS).

Sulla base dei risultati degli esami fisiopatologici a seguito descritti sono stati selezionati pazienti con diagnosi di malattia da reflusso gastroesofageo di tipo non erosivo (NERD) ed un gruppo di pazienti con diagnosi di functional heartburn (FH).

Tutti i pazienti sono stati sottoposti a terapia con inibitori di pompa protonica a dosaggio standard (pantoprazolo 40mg die o esomeprazolo 40mg die) per almeno 8 settimane per valutare l’eventuale risposta a terapia con IPP.

Tutti i pazienti arruolati avevano eseguito, come sopra descritto, EGDS entro 15gg dall'arruolamento. Tutti i pazienti che assumevano IPP in precedenza hanno eseguito EGDS previo wash-out terapeutico di almeno 20-30gg.

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I pazienti sono stati arruolati presso l'Ambulatorio di Fisiopatologia Esofagea dello stesso reparto dopo accurata visita gastroenterologica. Durante la visita sono stati acquisiti i dati anamnestici e clinici di ciascun paziente: peso, altezza, BMI, storia della MRGE (durata in mesi o anni dalla diagnosi), comorbilità e di conseguenza eventuali altre terapie in atto. Durante l'anamnesi è stato quindi sottoposto a ciascun paziente un questionario sui sintomi della MRGE conosciuto come “GERD Impact Scale” (GIS)57 ed una valutazione della presenza di pirosi e rigurgito sulla base della Visual Analogue Scale (VAS).58,59 Il questionario GIS comprende 8 domande che indagano la frequenza dei più frequenti sintomi di MRGE nella precedente settimana, in dettaglio: sintomi acido-correlati, dolore toracico, sintomi extra-esofagei oltre che l'impatto degli stessi sintomi sulla qualità di vita (QoL) come sul sonno, sull'attività lavorativa, sull'alimentazione o gli eventi di vita sociale oltre che sull'utilizzo addizionale di farmaci non prescritti per controllare i sintomi della MRGE. Ogni domanda prevedeva 4 possibili opzioni di risposta in grado di descrivere la frequenza: (1) assenza di sintomi (mai); (2) sintomi presenti in modo sporadico (ogni tanto) meno di 2 volte a settimana; (3) sintomi presenti per la maggior parte del tempo (spesso) almeno da 2 a 5 volte alla settimana; (4) sintomi presenti tutti i giorni (sempre).

Le risposte al questionario GIS esplorano soprattutto 3 differenti aree della diagnosi di MRGE: presenza di sintomi tipici (domande 1a, 1b, 1c), altri sintomi acido-correlati (1d e 1e) oltre che l'impatto dei sintomi sulla QoL (2,3,4,5).

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Ad ogni domanda è stato indicato un punteggio da 0 a 3 (0=assente; 3=quotidiano) mediante l’utilizzo della scala di Likert.

Per quanto riguarda la VAS sono stati indagati i sintomi “pirosi” e “rigurgito” mediante una linea continua di 10 cm di lunghezza, dove l'estremità sinistra (indicata con 0) corrispondeva alla presenza di sintomi gravi, quotidiani e fastidiosi mentre l'estremità destra (10) corrispondeva alla completa assenza del sintomo indagato. Sulla base del punteggio calcolato con la VAS e con il GIS, il paziente veniva definito come “sufficiente o responder” (miglioramento sintomatico maggiore del 50%) al contrario “inadeguato o non-responder” (miglioramento sintomatico inferiore al 50%).

Tutti i pazienti sono stati inoltre sottoposti alla compilazione di un questionario validato sulla qualità del sonno. Il questionario prendeva in considerazione i seguenti items:

- ora dell’inizio del riposo notturno - ora del risveglio mattutino

- numero di risvegli coscienti durante la notte

- percezione del riposo notturno (0-100) espressa in percentuale

- percezione globale del riposo notturno (0-100) espressa in percentuale. Tutti i pazienti sono stati inoltre sottoposti a manometria esofagea stazionaria per determinare la distanza del bordo superiore dello sfintere esofageo inferiore (LES) dalle narici e per escludere la presenza di anomalie della peristalsi.

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