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Studi computazionali per lo sviluppo di nuovi inibitori non covalenti dell'enzima FAAH

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÁ DI PISA

DIPARTIMENTO DI FARMACIA

Corso di Laurea Specialistica in Chimica e Tecnologia Farmaceutiche

Tesi di Laurea:

STUDI COMPUTAZIONALI PER LO SVILUPPO DI NUOVI

INIBITORI NON COVALENTI DELL’ENZIMA FAAH

Relatore:

Dr. Tiziano Tuccinardi

Candidato:

Niccolò Giuntini (Matricola n° 442575)

Settore Scientifico Disciplinare: CHIM-08

ANNO ACCADEMICO 2012-2013

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INDICE

CAPITOLO 1: INTRODUZIONE ... 1

1.1 Il ruolo della FAAH nel sistema endocannabinoide ... 2

1.2 Struttura e meccanismo catalitico della FAAH ... 4

1.2.1 La h/r FAAH (humanized rat FAAH)... 8

1.3 L’inibizione della FAAH nel trattamento dell’infiammazione ... 8

1.4 L’inibizione della FAAH nel trattamento del dolore neuropatico e di altre neuropatologie ... 10

1.5 Altre potenzialità terapeutiche dell’enzima FAAH ... 11

1.6 Inibitori della FAAH presenti in letteratura ... 12

CAPITOLO 2: METODI ... 18

2.1 INTRODUZIONE GENERALE A FLAP ... 18

2.1.1 Campi di interazione molecolare di GRID ... 18

2.1.2 Creazione dei punti e tetraedri farmacoforici ... 19

2.1.3 Sovrapposizioni ... 21

2.1.4 Receptor-Based Virtual Screening (RBVS) ... 22

2.1.5 Ligand-Based Virtual Screening (LBVS) ... 24

2.1.6 Pharmacophore-Based Virtual Screening (PBVS) ... 24

2.2 PROCEDURE UTILIZZATE NELLA CALIBRAZIONE DEGLI STUDI DI VIRTUAL SCREENING RIVOLTI ALLA RICERCA DI NUOVI INIBITORI NON COVALENTI DELL’ ENZIMA FAAH ... 25

2.2.1 Creazione di un database di FLAP ... 25

2.2.2 Creazione del database di validazione FAAH-MUV ... 28

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2.2.4 Valutazione dei risultati: FLAP scoring ... 31

2.2.5 RBVS relativi al database FAAH-MUV ... 32

2.2.6 Creazione del database FAAH-Enamine ... 34

2.2.7 RBVS relativo al database FAAH-Enamine ... 35

2.3 STUDI DI CONSENSUS DOCKING ... 35

2.3.1 GOLD ... 35 2.3.2 Glide... 41 2.3.3 AutoDock ... 43 2.3.4 Vina ... 47 2.3.5 DOCK ... 50 2.3.6 FRED 3.0 ... 56

2.4 STUDI DI DINAMICA MOLECOLARE ... 58

2.4.1 Preparazione dei file di input per la dinamica molecolare ... 59

2.4.2 Minimizzazione e simulazioni di dinamica ... 59

CAPITOLO 3: PARTE SPERIMENTALE ... 61

3.1 ANALISI DELLE STRUTTURE CRISTALLOGRAFICHE ... 61

3.2 SCELTA DEL SET DI INIBITORI ... 63

3.3 VALIDAZIONE DELLE PROCEDURE DI SCREENING RIVOLTE ALLA RICERCA DI NUOVI INIBITORI NON COVALENTI DELL’ENZIMA FAAH ... 64

3.3.1 LBVS relativi al database FAAH-MUV ... 65

3.3.2 RBVS relativi al database FAAH-MUV ... 67

3.3.3 Conclusioni sulla procedure di screening relative al database di calibrazione FAAH-MUV ... 69

3.4 RBVS DEL DATABASE FAAH-ENAMINE ... 70

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3.5 STUDIO DI CONSENSUS DOCKING SUI RISULTATI DEL VIRTUAL

SCREENING ... 72

3.5.1 Scelta del subset di composti da sottoporre alla procedura ... 72

3.5.2 Calcoli di docking ... 73

3.5.3 Analisi dei risultati ... 73

3.5.4 Processamento dei risultati di docking ... 74

3.5.5 Clusterizzazione delle pose ... 74

3.5.6 Selezione ... 76

3.6 STUDI DI DINAMICAMOLECOLARE ... 76

3.6.1 Calibrazione della procedura ... 77

3.6.2 Simulazioni di dinamica molecolare e analisi dei risultati ... 78

3.7 SELEZIONE DI NUOVI POTENZIALI INIBITORI NON COVALENTI DELL’ENZIMA FAAH ... 78

CAPITOLO 4: CONCLUSIONI ... 80

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1

CAPITOLO 1

INTRODUZIONE

Nei primi anni 90, Matsuda e colleghi [1] hanno identificato una sequenza di Dna codificante un recettore accoppiato a proteine-G che presto si è rivelato essere un target endogeno per il ∆9_tetraidrocannabinolo (∆ 9-THC), il maggiore e ben conosciuto costituente psicoattivo della Cannabis sativa L. [2], così come per altri composti correlati. Questo recettore fu chiamato “recettore CB1 dei cannabinoidi”, e la sua identificazione costituì uno dei maggiori passi verso la caratterizzazione di un nuovo sistema di trasmissione del segnale nominato “sistema endocannabinoide”(ECs). Tre anni più tardi fu riportata la caratterizzazione molecolare di una seconda isoforma recettoriale, il recettore cannabinoide CB2. Queste scoperte condussero alla questione di quali fossero le molecole endogene in grado di riconoscere e/o attivare tali recettori, assumendo che il legame del ∆9-THC a questo target centrale, associato con effetti psicotropi, non potesse essere il ruolo principale per un recettore selezionato attraverso l’evoluzione. E infatti numerosi lipidi endogeni, i cosiddetti “endocannabinoidi”, furono presto scoperti e mostrarono di giocare un ruolo chiave in questo complesso sistema [3]. Nel 1992, Devane et al. [4] identificarono l’ N arachidoniletanolammina (AEA) (Fig.1), o anandamide, come il primo ligando endogeno per il recettore CB1 [4]. Oggi si ritiene che l’anandamide agisca come agonista parziale dei recettori cannabinoidi, senza alcuna significativa selettività tra il recettore CB1 e CB2. Inoltre è stato documentato come la sua attività biologica sia dovuta anche all’azione su target farmacologici addizionali, quali i recettori GPR55 (G-protein-coupled receptor 55), PPAR (nuclear peroxisome proliferator-activated receptor) ed i canali vanilloidi TRPV1 (transient receptor potential vanilloid type-1) [3]. L’anandamide viene prodotta localmente in numerosi tessuti ed è in grado di modulare diversi processi neurocomportamentali, come il dolore, l’alimentazione e l’ansia. Essa gioca un ruolo fondamentale nel controllo dei processi infiammatori, e sono noti anche i suoi effetti sul sistema cardiovascolare.

L’altro endocannabinoide maggiormente studiato è il monogliceride 2-arachidonilglicerolo (2-AG) (Fig.1), che a differenza dell’anandamide, agisce come agonista totale nei confronti di entrambi i sottotipi recettoriali cannabinoidi. Inoltre, le

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2 quantità rilevate di 2-arachidonilglicerolo in differenti tessuti, compreso il cervello, sono molto più alte di quelle dell’anandamide [5].

Fig.1 AEA (a sinistra) e 2-AG (a destra)

L’attività dell’AEA e del 2-AG sui loro recettori è conclusa rapidamente attraverso un processo a due step che inizia con il trasporto attraverso la membrana plasmatica, seguito da una reazione di idrolisi catalizzata da differenti lipasi [6]. E’ stato ipotizzato il coinvolgimento di un presunto trasportatore endocannabinoide di membrana nell’assorbimento di AEA e 2-AG all’interno delle cellule, anche se la sua identità non è ancora stata divulgata e rimane materia di dibattito[7].

1.1 Il ruolo della FAAH nel sistema endocannabinoide

L’enzima FAAH (fatty acid amide hydrolase) è stato identificato come la principale idrolasi responsabile della degradazione dell’anandamide in vivo e, con differenti gradi di efficienza, di altre etanolammidi endogene [8]. Essa è espressa a livello di numerosi tessuti, quali cervello, intestino, fegato, testicoli, utero, rene, occhi, milza e polmone. Nel 2002, uno studio su topi “knock-out” per il gene della FAAH ha dimostrato come i livelli di anandamide aumentino di un fattore di 15 nel sistema nervoso centrale di tali soggetti. Inoltre questi roditori si sono mostrati più sensibili alla somministrazione di anandamide rispetto a quelli che presentavano il gene, e hanno esibito un ipoalgesia fenotipica [9].

Sebbene il ruolo della FAAH nel metabolismo dell’anandamide fu dapprima riportato nel 1993, dove divenne nota come una amidasi [10], l’enzima ha una storia interessante. Nel 1966 Bachur e Udenfriend [11], descrissero un attività enzimatica in sistemi microsomiali che catalizzava la formazione di etanolammidi degli acidi grassi e questo enzima mostrava una distribuzione tissutale simile alla FAAH, dal momento che non

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3 era presente nel muscolo cardiaco e nel muscolo scheletrico. Negli anni 80’ un enzima, noto come un’ ammido-idrolasi, fu ben caratterizzato in termini di substrati a struttura N-aciletanolamminica idrolizzati, profilo di pH, inibizione da parte di detergenti e reagenti sulfidrilici, e reversibilità [12]. Un importante progresso si ottenne nel 1996, quando Cravatt e collaboratori [13] riuscirono ad isolare la FAAH dalla membrana plasmatica di epatociti di ratto ed a clonare il gene codificante la proteina. La caratterizzazione molecolare di questo enzima costituì la prima pietra miliare nella scoperta di un complesso sistema enzimatico implicato nella regolazione del segnale endocannabinoide.

Oltre alla FAAH, numerosi altri enzimi sono coinvolti nella terminazione del segnale endocannabinoide:

MAGL (monoacylglicerol lipase), la principale idrolasi deputata all’ inattivazione del 2-AG [14];

NAAA ( N-acylethanolamine acid amidase) [14];

FAAH-2 (fatty acid amide hydrolase-2), un isoforma della FAAH recentemente scoperta negli umani ma non espressa in mammiferi placentari più piccoli come topi e ratti. Il livello di omologia tra le due isoforme è solamente del 20% [15]; ABHD6 (a/β- hydrolase 6) e ABHD12 (α/β- hydrolase 12) [16], recentemente scoperte e implicate nel metabolismo del 2-AG nel cervello. La collocazione sub-cellulare differente di questi enzimi e della MAGL suggerisce ruoli distinti nel controllare i livelli di 2-AG [16].

Sebbene il destino primario degli endocannabinoidi è l’inattivazione attraverso l’idrolisi, prove crescenti indicano che questi lipidi, in quanto derivati dell’acido arachidonico, sono anche oggetti alla maggior parte delle vie metaboliche ossidative che conducono alla biosintesi degli eicosanoidi [17]. Infatti gli endocannabinoidi sono suscettibili all’ossidazione catalizzata dalla lipossigenasi (LOX), ciclossigenasi (COX) e dal citocromo P450 [18][19].

Come già detto in precedenza, la FAAH può esplicare la sua azione idrolitica anche nei confronti di altre etanolammidi endogene:

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4 il potente antinfiammatorio N-palmitoiletanolammina (PEA), il quale non attiva i recettori CB ma agisce attraverso i recettori nucleari PPAR ed è anche un buon substrato dell’ enzima NAAA [20]. In seguito all’inattivazione del gene della FAAH, i livelli di PEA aumentano di circa il 1000% nel cervello ma solo del 150 % nel rene, riflettendo probabilmente i differenti livelli di espressione di FAAH e NAAA in questi tessuti [21];

N-oleoiletanolammina (OEA), che esercita un azione anoressigena e neuroprotettiva attivando i recettori PPAR- α , GPR119 [22] [23] ed i canali TRPV1 [24];

Oleamide, amide primaria dell’acido oleico ad attività ipno-inducente. E’ in grado di attivare i recettori CB1, ma non i CB2 [25] [26];

N-acil amminoacidi, come la sostanza analgesica N-arachidonil-glicina (un presunto agonista del recettore GPR18) [27] [28] e la N-arachidonil-serina, ad attività vasodilatatoria [29].

N-acil taurine, ligandi dei canali TRP [30].

In vitro, il 2-arachidonilglicerolo costituisce un buon substrato per la FAAH, che infatti idrolizza questo estere molto più efficientemente dell’anandamide. In vivo però, è stato mostrato come né l’ablazione del gene della FAAH né l’inibizione farmacologica dell’enzima porti ad aumentare i livelli di 2-AG, sottolineando l’intricata natura degli eventi che controllano il catabolismo degli endocannabinoidi e la ridondanza delle vie enzimatiche [31-32].

1.2 Struttura e meccanismo catalitico della FAAH

La FAAH è una proteina integrale di membrana costituita da 579 amminoacidi e codificata da un gene localizzato sul cromosoma 1p34-35. Essa appartiene a una famiglia di enzimi denominata “amidase-signature (AS) family”, i cui membri condividono sequenza amminoacidica comune e conservata comprendente circa 130 residui, la così chiamata “amidase-signature sequence”. L’ AS family è principalmente rappresentata nel regno dei funghi e dei batteri, e la FAAH è stata fino a poco tempo fa l’unica rappresentante di mammifero conosciuta in questa classe di proteine [3].

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5 Il meccanismo catalitico della FAAH è stato ampiamente studiato attraverso studi di mutagenesi sito-diretta e cristallografia a raggi X. Curiosamente, la mutazione di ogni residuo conservato di Hys non rende l’enzima inattivo, indicando come la FAAH non esplichi la sua attività attraverso la tipica triade catalitica Ser-Hys-Asp, presente nella maggior parte delle altre serino-idrolasi. La catalisi coinvolge infatti, una atipica triade Ser-Ser-Lys (Ser241-Ser217-Lys142) [8].

Approcci misti di meccanica quantistica e meccanica molecolare (QM/MM) hanno consentito di elucidare i ruoli di ogni residuo chiave coinvolto nel meccanismo catalitico (Fig.2) [33-34]. La Ser241 agisce da nucleofilo attivata dalla Lys142 via deprotonazione della Ser217, la quale a turno sottrae un protone alla Ser 241. Una volta attivata, la Ser241 attacca il gruppo carbonilico del substrato con la formazione di un intermedio tetraedrico, mentre la Ser217 protona il gruppo uscente e agisce come ponte protonico tra la Ser241 e la Lys142 [8]. Tutti questi step di protonazione sembrano accadere attraverso una serie di eventi concertata. Curiosamente, il ruolo esercitato da Lys142/Ser217 nell’attivazione della Ser241 sembra costituire la chiave per razionalizzare come la FAAH abbia acquisito l’abilità di idrolizzare composti meno reattivi come le ammidi alla stessa velocità degli esteri strutturalmente correlati, più abbondanti e reattivi [3].

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6 La struttura cristallografica della FAAH rivela un omodimero assemblato da unità di 63kD. Il centro del monomero è caratterizzato da un β foglietto a spirale che comprende 11 mixed strands, ed è circondato da 24 α eliche di varia lunghezza [35]. Le due eliche α18 e α19 presentano vari residui idrofobici che probabilmente costituiscono il dominio di attacco della FAAH alla membrana [35] (Fig.3). Esperimenti di transfezione del gene della FAAH in cellule Cos7, hanno dimostrato come essa sia fortemente associata con il lato citosolico delle membrane del reticolo endoplasmatico e dell’apparato del Golgi [36].

Fig.3 Struttura del monomero della FAAH. Le eliche α18 e α19 sono mostrare in giallo. Gli amminoacidi

della triade catalitica sono evidenziati in rosso.

Il sito attivo è localizzato nella cavità centrale definita dalla triade catalitica Ser241-Ser217-Lys142 (Fig.4), ed è costituito da tre canali/cavità:

“membrane access channel” (MAC), un apertura sulla superficie della proteina che si rivolge verso il doppio strato lipidico. È adiacente alle eliche α18 e α19 e consente al substrato di entrare direttamente nel sito attivo [35] [37];

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7 “acyl-chain binding pocket“ (ABP), che interagisce con la catena acilica del substrato durante la reazione catalitica. Nella porzione prossimale del sito attivo, il MAC e l’ABP appaiono amalgamati in un'unica indefinita sezione ed insieme formano un largo canale dalla natura prevalentemente idrofobica da una parte e moderatamente polare dall’altra [37]

“citosolic port“ (CP), un secondo considerevole tunnel che emerge dal sito attivo a circa 80° dalla cavità riempita dal substrato. Questa architettura fornisce una via di uscita verso il citosol per i sostituenti polari aminici liberati dai substrati ammidici e funge inoltre da entrata per le molecole d’acqua richieste per la deacilazione della Ser241 [35] [37].

Inoltre, la struttura tridimensionale evidenzia una piccola cavità (la cosiddetta oxianion hole) formata dal backbone dei residui Ile238, Gly239, Gly240 e Ser241, la quale è in grado di stabilizzare la carica negativa dell’atomo di ossigeno dell’ammide durante la formazione dell’intermedio tetraedrico.

Fig.4 Sito attivo della FAAH, con all’interno un inibitore non covalente. Sulla destra si nota il MAC, che

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8

1.2.1 La h/r FAAH (humanized rat FAAH)

La FAAH umana (h/FAAH) condivide circa l’82% della sua sequenza amminoacidica con la FAAH di ratto (r/FAAH). Le due proteine sono caratterizzate dalla stessa triade catalitica Ser241-Ser217-Lys142 e presentano un sito attivo simile, con sei mutazioni passando dal ratto all’umano: Leu192Phe, Phe194Tyr, Ala377Thr, Ser435Asn, Ile491Val,Val495Met. I numerosi sforzi fatti per ottenere strutture cristallografiche della h/FAAH sono stati ostacolati dalle basse rese di espressione in sistemi ricombinanti e da proprietà biochimiche non eccelse, come l’instabilità e l’aggregazione, che rendono difficile il processo di purificazione. Nel 2008 Mileni e collaboratori [38], grazie a tecniche di mutagenesi sito diretta, sono riusciti a produrre una FAAH di ratto “umanizzata” (h/r FAAH), ovvero con un sito attivo perfettamente identico a quello umano all’interno della struttura propria della proteina di ratto. La h/r FAAH esibisce lo stesso profilo di sensibilità inibitoria della h/FAAH , mantenendo al contempo le alte rese di espressione e le proprietà biochimiche dell’enzima di ratto.

1.3 L’inibizione della FAAH nel trattamento dell’infiammazione

Le tecniche genetiche e farmacologiche utilizzate per lo studio del sistema endocannabinoide hanno identificato la FAAH come un promettente bersaglio terapeutico per il trattamento di un ampia gamma di disturbi infiammatori [39].Curiosamente, è stato visto come pazienti che soffrono di artrite reumatoide o osteoartrite presentino livelli elevati di AEA e 2-AG nel liquido sinoviale, suggerendo l’intervento dell’ECs nell’offrire protezione al tessuto connettivo danneggiato dalla patologia [40].Numerosi studi preclinici hanno affrontato l’impatto dato dall’inibizione della FAAH in differenti modelli di dolore infiammatorio ed edema.

La delezione genetica o l’inibizione farmacologica della FAAH è in grado di contrastare efficacemente l’edema e l’iperalgesia dati dall’iniezione intra-plantare di carragenina[41]. Nel caso della delezione del gene, questi effetti non appaiono mediati dai recettori CB1 o CB2, in quanto la somministrazione dei loro antagonisti selettivi non porta a normalizzazione della risposta. Essi possono essere attribuiti all’aumento dei livelli di PEA [42-43] che, come detto in precedenza, non attiva i recettori CB ma

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9 agisce attraverso i recettori nucleari PPAR. Al contrario, la somministrazione sistemica dell’inibitore della FAAH URB597 esplica i suoi effetti attraverso l’aumentata stimolazione dei recettori CB2 [44].

L’iniezione intra-plantare del coadiuvante di Freund (una soluzione di antigeni emulsionata in olio minerale) è in grado di provocare lesioni tissutali, granulomi e dolore infiammatorio localizzato simile a quello dell’artrite, accompagnato da iperalgesia termica e tattile. La somministrazione dell’URB597 porta all’abbassamento della soglia di sensibilità termica e meccanica in modo dose dipendente, ed entrambi gli effetti sono ripristinati dagli antagonisti dei recettori CB1 e CB2 [45].

Gli effetti dell’ECs sono stati studiati anche in modelli di dermatite allergica da contatto, esponendo i roditori all’allergene 2,4-dinitrofluorobenze (DNFB). E’ stato visto come nei topi che non esprimono i recettori CB si ha un aumento della risposta allergica, mentre in quelli FAAH (-/-) si ha una significante riduzione. Inoltre, nei topi non modificati si ha un aumento dei livelli locali di AEA e dell’espressione del recettore CB2. Queste scoperte, considerate assieme, indicano che il sistema endocannabinoide può andare incontro a meccanismi compensatori che riducono la risposta immunologica alla ripetuta esposizione ad allergeni cutanei. Pertanto, gli inibitori della FAAH possono rappresentare un nuovo approccio terapeutico nel trattamento della dermatite da contatto [46].

E’ stata rivolta molta attenzione a modelli di infiammazione del colon, nei quali l’ECs ha mostrato di avere un azione protettiva rilevante. L’inibizione della FAAH è in grado di portare alla riduzione delle ulcerazioni e degli edemi tipici della patologia [47]; questi effetti terapeutici appaiono mediati dai recettori CB1 e CB2, in quanto i topi CB1 (-/-) e CB2 (-/-) sono resistenti agli effetti del trattamento [48]. L’utilizzo di inibitori della FAAH si propone dunque come una potenziale terapia per i disturbi del tratto gastrointestinale e le malattie infiammatorie del colon, come la colite, l’ileite e il morbo di Crohn.

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1.4 L’inibizione della FAAH nel trattamento del dolore neuropatico e di

altre neuropatologie

Il dolore neuropatico deriva da una lesione nervosa, una neuropatia diabetica o una patologia autoimmune, e i sintomi tipici comprendono addormentamento, formicolio, iperalgesia e percezione del dolore inappropriata in risposta ad uno stimolo non nocivo (allodinia). Come altri tipi di dolore, il dolore neuropatico è trattato innanzitutto farmacologicamente, utilizzando antidepressivi, oppioidi e sedativi [49].

In seguito ad una lesione nervosa si ha la liberazione di sostanze pro-infiammatorie da parte delle cellule gliali del midollo spinale, e in concomitanza si ha un aumento dei livelli di endocannabinoidi [50]. E’ stato notato infatti come i pazienti che soffrono di fibromialgia presentino livelli più elevati di AEA nel plasma rispetto ai valori di riferimento [51]. L’inibizione della FAAH è in grado di aumentare ulteriormente la disponibilità di AEA, elevando fino ad un livello terapeutico la risposta neuroprotettiva iniziale. Numerosi studi preclinici hanno dimostrato il ruolo della FAAH come bersaglio per il trattamento di questi stati patologici. Non sorprendentemente, le potenziali indicazioni terapeutiche alle quali può essere applicata questa strategia si stanno espandendo e comprendono il trattamento della sclerosi multipla, delle lesioni del midollo spinale, delle ischemie e di altri disordini riguardanti il sistema nervoso centrale [50].

L’attivazione dei recettori CB è in grado di promuovere la sopravvivenza neuronale, con un impatto benefico nei confronti di diverse neuropatologie. La neuroprotezione è stata dimostrata in vitro e in vivo su modelli animali, con una riduzione della perdita di neuroni nell’ippocampo, aumentata integrità sinaptica, ridotte anormalità comportamentali e miglioramento della memoria [52]. Questi effetti sono completamente eliminati grazie alla somministrazione di un antagonista CB1 selettivo, indicando cosi che la trasmissione mediata da questo recettore è responsabile della neuroprotezione.

Studi clinici indicano che le crisi epilettiche nell’essere umano possono essere dovute ad una perturbazione del sistema endocannabinoide, come la down-regulation dei recettori CB a livello delle sinapsi glutammatergiche dell’ippocampo [53]. Un altro

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11 esempio di modulazione neuroprotettiva svolta dalla FAAH è stata fornita da modelli in cui ai ratti è stato somministrato l’acido kainico, una potente eccitotossina. Questa è in grado di indurre convulsioni e danni all’ippocampo, simili a quelli che si hanno nei casi di epilessia, di lesione cerebrale e di alcune patologie genetiche. Inoltre, numerose sostanze di abuso come alcool, cocaina e derivati dell’amfetamina possono causare lesioni cerebrali eccitotossiche. Gli studi hanno dimostrato come l’inibizione della FAAH sia in grado di ridurre la severità delle convulsioni, aumentare l’integrità sinaptica e migliorare la performance comportamentale, in modo dose-dipendente [50]. Altre situazioni in cui l’inibizione della FAAH potrebbe essere un efficacie strategia terapeutica comprendono la sclerosi multipla e le malattie neurodegenerative/neuroinfiammatorie come il morbo di Alzheimer, di Parkinson e la malattia di Huntington [54].

1.5 Altre potenzialità terapeutiche dell’enzima FAAH

Sono state ipotizzate altre potenzialità terapeutiche date dall’inibizione della FAAH: obesità

diabete

ansia, depressione ipertensione.

L’alimentazione induce il rilascio di etanolammidi all’interno del tratto gastrointestinale, portando ad una riduzione della velocità di svuotamento gastrico e dunque dell’assunzione di cibo [55-56]. Al contrario, studi su modelli animali hanno suggerito come la stimolazione del recettore CB1 nel sistema nervoso possa indurre ad un effetto opposto, con aumento del peso corporeo. E’ stato ipotizzato che il blocco del recettore CB1 potesse essere utile nell’ottica del trattamento dell’obesità, e a tale scopo sono stati sviluppati farmaci antagonisti selettivi (es. rimonabant). Anandamide e OEA hanno dimostrato effetti anti-obesità quando somministrati per via orale, perciò è possibile che altri endocannabinoidi come il 2-AG, i cui livelli sono più alti in questa

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12 patologia, possano contribuire al meccanismo mediato dai recettori CB1 [57-58]. L’inibizione della FAAH è in grado di ridurre lo svuotamento gastrico in studi preclinici, portando ad un aumento dei livelli di OEA e PEA (inattive sul recettore CB1). Gli effetti appaiono più rilevanti in presenza di una dieta ricca di grassi, rispetto ad una dieta normale [55].

Gli inibitori della FAAH hanno mostrato buoni effetti antidepressivi e ansiolitici in modelli animali, dovuti probabilmente ad un aumento dell’attività dei neuroni serotoninergici del nucleo dorsale del raphe e noradrenergici del locus coeruleus. La somministrazione di un antagonista selettivo dei recettori CB1 previene gli effetti, a conferma dell’implicazione dell’anandamide in questo sistema [59].

Il potenziale terapeutico degli inibitori della FAAH è stato esplorato anche in modelli di disfunzione vascolare. Nei ratti con ipertensione spontanea trattati con l’URB-597 si ha riduzione della pressione arteriosa, con decremento della pressione sistolica del ventricolo sinistro e dell’indice di resistenza periferica. Un abbassamento della pressione sanguigna è stato ottenuto anche nei ratti ipertesi trattati con angiotensina II. Anche in questo caso gli effetti dell’inibitore sono mediati dal recettore CB1 [60].

1.6 Inibitori della FAAH presenti in letteratura

Come abbiamo visto la proteina FAAH è sempre più considerata un target terapeutico rilevante, soprattutto nel trattamento dell’infiammazione e del dolore neuropatico. L’utilizzo di inibitori selettivi verso questo enzima è emerso come un approccio in grado di aumentare il tono endocannabinoide solo nei tessuti dove un tale aumento potesse essere favorevole, e allo stesso tempo di ridurre gli effetti collaterali indesiderati degli agonisti diretti dei recettori CB (catalessi, ipo-locomozione, ipotermia [61]) [8]. Numerose serie di inibitori sono state riportate in letteratura fino adesso, basate soprattutto su studi estensivi di relazione struttura-attività rivolti a migliorare la potenza inibitoria. Essi possono essere suddivisi in due classi principali: inibitori reversibili e inibitori irreversibili. A loro volta gli inibitori reversibili possono essere di tue tipi:

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13 inibitori che si legano formando un legame covalente reversibile con il sito attivo

inibitori non covalenti.

I primi studi che hanno seguito la caratterizzazione iniziale della FAAH hanno condotto al design di inibitori competitivi quali aldeidi, α-chetoammidi, α-chetoesteri, e trifluorometilchetoni strutturalmente correlati ai substrati endogeni dell’enzima. Questi composti possiedono un carbonio elettrofilo capace di legarsi covalentemente alla Ser241 formando un emichetale, che in seguito andrà incontro ad idrolisi spontanea. La sostituzione del motivo trifluorometilchetonico con vari eterocicli ha portato allo sviluppo della più importante classe di ligandi covalenti reversibili, gli α-chetoeterocicli, dotati di buona selettività e attività nell’ordine del nanomolare. Attualmente nel Protein Data Bank sono presenti numerose strutture cristallografiche della FAAH complessata con inibitori α-chetoeterociclici, come il composto lead OL-135 (codice PDB 2WJ1) (Fig.5). La natura covalente/reversibile del meccanismo inibitorio è confermata, con l’emichetale deprotonato che va a posizionarsi nella tasca ossianionica e mima l’intermedio tetraedrico della reazione enzimatica [62].

L’opportunità di raggiungere un attività farmacologica prolungata in vivo ha attratto gli sforzi nello sviluppo di inibitori irreversibili che si legano covalentemente e in maniera stabile alla FAAH. Il requisito strutturale necessario è la presenza di un carbonile attivato in modo da ottenere l’attacco nucleofilo da parte della Ser241 all’interno del sito catalitico. Una classe di inibitori ben studiata è infatti quella dei carbammati. Il composto URB597 (Fig.5), lead della classe, presenta una porzione O-biarilica in grado di fungere da gruppo uscente nel meccanismo catalitico, con l’anello cicloesilico localizzato nell’ ABP della FAAH [63].

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14 Oltre ai carbammati, anche derivati aril-ureidici sono stati ampiamente studiati come inibitori irreversibili della FAAH (Fig.6) [8].

Fig.6 Derivati aril-ureidici

Nel campo abbastanza affollato degli inibitori della FAAH, molta attenzione deve essere data all’attuale selettività di questi composti. In particolare, la ridondanza del sistema endocannabinoide sia in termini di target molecolari che di enzimi metabolici suggerisce che la selettività, piuttosto che la potenza di un inibitore, deve essere un requisito obbligatorio [8]. La maggior parte degli inibitori covalenti reversibili e irreversibili mostra selettività per la FAAH nei tessuti cerebrali, ma possiede target addizionali in tessuti periferici come fegato e rene. Molti isoenzimi appartenenti alla famiglia delle carbossilesterasi, coinvolti nel metabolismo di farmaci e profarmaci, sono stati identificati come off-target [64]. La scoperta e lo sviluppo di inibitori prettamente non covalenti si pone come una valida strategia per cercare di migliorare il profilo di selettività e sicurezza mostrato dalle altre classi di inibitori.

Ad oggi nel Protein Data Bank esistono soltanto due cristalli della FAAH complessata con un inibitore non covalente: tali cristalli (codici PDB: 3QJ9 3QK5) riportano i composti rappresentanti (Fig.7) della serie identificata da Gustin e collaboratori [65], nel sito attivo della proteina di ratto (Fig.8). L’inibizione è ottenuta primariamente per complementarietà di forma con il sito attivo e attraverso numerose interazioni idrofobiche a livello dell’ABP e del MAC, che giustificano l’attività inibitoria nanomolare nei confronti della h/FAAH (IC50= 10 nM per il 3QJ9, 2 nM per il 3QK5). Non è presente nessun legame a idrogeno con la proteina mentre legami a idrogeno non critici sono instaurati con alcune molecole di H20 all’interno del sito. La selettività e la proprietà farmacocinetiche esibite sono eccellenti [37].

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Fig.7 Strutture dei composti 3QJ9 (a sinistra) e 3QK5 (a destra).

Fig.8 Complesso 3QK5. In lontananza si notano le serine catalitiche dell’enzima, evidenziate in giallo.

Si riportano la struttura e una brave descrizione dei composti attivi più interessanti (Fig.9) in grado di inibire la FAAH attraverso interazioni non covalenti.

2_16j: appartenete ad una serie di benzotiazoli sintetizzata da Wang e collaboratori nel 2009 [66], questo composto presenta un attività e una selettività molto elevate nei confronti della h/FAAH, con un IC50 di 2 nM. Thian et al. [67] hanno dimostrato il carattere non-covalente dell’inibizione, e attraverso studi di docking hanno proposto un possibile binding mode da analogo dello stato di transizione dell’enzima: i residui catalitici Ser241 e Ser217 formano un legame ad idrogeno con un atomo di ossigeno del solfone, mentre il backbone dei residui Ile238 e Gly239 forma un legame ad idrogeno con l’altro atomo di ossigeno.

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16 Composti 14 e 46: questi composti appartengono ad una classe di tioidantoine e imidazolidindioni, sintetizzata da Muccioli e colleghi nel 2005 [68] a partire da ligandi del recettore cannabinoide CB1. Opportune modifiche strutturali hanno permesso di spostare l’attività verso la FAAH, con una IC50 rispettivamente di 1 µM e 7 µM sulla proteina di ratto. Il binding mode stabilito attraverso studi di docking prevede la catena alchilica degli inibitori all’interno dell’ABP, mentre uno degli anelli fenilici rivolto verso la triade catalitica [69].

AZ513: questo ligando è stato identificato da uno screening sull’ “Astrazeneca compound collection” utilizzando la h/FAAH e il substrato sintetico fluorescente decanoil-amminometilcumarina (D-AMC). È circa venti volte più potente sulla proteina di ratto rispetto a quella umana, con una IC50 rispettivamente di 27 e 551 nM. Studi biochimici hanno dimostrato come il composto presenti un meccanismo di inibizione non competitivo, e si presume quindi che il sito di legame sia differente da quello del substrato endogeno [70]. Questa caratteristica potrebbe essere sfruttata per la sintesi di una nuova classe di ligandi reversibili della FAAH.

JZP-327A: questo (S)1,3,4-ossadiazol-2one è il più potente di una serie di composti recentissimamente riportati da Patel e collaboratori ed in grado di inibire la h/rFAAH nel basso nanomolare (IC50 = 1 nM), con selettività elevata nei confronti della MAGL, COX e delle altre serino-idrolasi. Sebbene studi meccanicistici indichino la natura non-competitiva del composto, studi di docking mostrano come questo assuma interazioni favorevoli all’interno del sito attivo, incluso un importante legame ad idrogeno dell’ossigeno carbonilico con la tasca ossianionica. Il corrispondente enantiomero R mostra solo una moderata inibizione sulla h/rFAAH mentre risulta più attivo nei confronti della h/rMAGL rispetto all’enantiomero S. [71].

Composto 3_158: appartenente ad una serie di benzossazoli brevettati dalla Renovis [72], questo composto presenta un IC50 di 1,2 nM sulla h/FAAH.

Composto 5_68: appartenente ad una serie di ammino pirimidine/triazine recentemente brevettate dalla Janssen Pharmaceuticals, questo composto ha un IC50 di 1 nM sulla h/FAAH [73].

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17 Composto 6_101: la Merk ha sottoposto a brevetto una serie di imadazoli/ossazoli che apparirebbero agire come inibitori non covalenti della FAAH. L’IC50 del composto riportato è di 6,3 nM sulla proteina umana [74].

Fig.9 Strutture dei composti 2_16j (a), 14 (b), 46 (c), AZ513 (d), JZP-327A (e), 3_158 (f), 5_68 (g) e

6_101 (h). c b a e d f g h

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18

CAPITOLO 2

METODI

2.1 INTRODUZIONE GENERALE A FLAP

Il software FLAP (Fingerprints for ligands and proteins) è stato sviluppato per sfruttare le importanti informazioni derivanti dalle strutture cristallografiche, dalle molecole presenti in letteratura e/o dai loro complessi. Esso costituisce una nuova procedura computazionale in grado di esplorare lo spazio farmacoforico 3D di proteine e ligandi e di fornire informazioni quantitative e qualitative sulla complementarietà delle loro interazioni, usando strutture comuni di riferimento per permettere sovrapposizioni ligando-ligando, ligando-proteina, o proteina-proteina. Nei paragrafi seguenti verranno affrontati gli elementi su cui si basano i calcoli effettuati dal programma e le principali tipologie di analisi che possono essere realizzate.

2.1.1 Campi di interazione molecolare di GRID

Il programma mette a disposizione dell’utente numerosi approcci, che vanno da screening basati sulle caratteristiche dei ligandi, a screening in cui il riferimento è costituito dal sito attivo di una proteina. In entrambe le situazioni, il punto di partenza è la definizione delle caratteristiche chimico-fisiche strutturali dei ligandi e/o della cavità recettoriale utilizzando i campi di interazioni molecolare di GRID, o GRID-MIFs (molecular interaction fields). I MIFs descrivono la variazione spaziale dell’energia di interazione tra un target molecolare ed un probe associato ad un particolare campo. Il target può essere una macromolecola (ad esempio una proteina) o un ligando. Un probe (letteralmente “sonda”) può essere una molecola, un suo frammento o più spesso un atomo ed è associato ad una determinata funzione energetica. Esso verrà posizionato in punti regolarmente distribuiti nello spazio attorno alla molecola, per misurare il valore del campo creato da questa a ogni punto. I MIFs verranno visualizzati come superfici che connettono tutti i punti aventi lo stello valore energetico, e andranno a fornire un immagine farmacoforica 3D della molecola [vedi paragrafo 3.3.2, Fig.24]. In un ligando

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19 saranno definite le regioni spaziali in grado di stabilire interazioni critiche con un target recettoriale, mentre per il sito attivo di una proteina saranno individuate le regioni potenzialmente in grado di accomodare i probe contenuti nella molecola del farmaco. Sono attualmente disponibili vari software per il calcolo dei MIFs: uno dei più utilizzati è il programma GRID, presente all’interno di FLAP e alla base delle sue modalità di calcolo.

Per quanto possibile, i probe dovrebbero essere scelti in modo che rappresentino tutte le possibili interazioni tra i gruppi funzionali dei ligandi ed i residui amminoacidici della cavità recettoriale. Dal momento che circa 60 diversi GRID probe sono disponibili in FLAP, teoricamente, non ci sono limitazioni sulla loro selezione. In realtà, per molte ragioni è consigliabile non utilizzare un numero di probe superiore a sei. L’impostazione di default propone l’utilizzo di 4 probe, che normalmente sono ampiamente sufficienti a dare una buona descrizione dei principali tipi di interazione che una molecola può dare. Essi sono i probe H, O, N1 e DRY, che caratterizzano rispettivamente la forma (e il volume), il carattere accettore e donatore di legame a idrogeno e l’idrofobicità. Quasi tutta la validazione del software FLAP è stata eseguita usando questi probe, dando eccellenti risultati nella performance del virtual screening. Una volta che i probe sono stati selezionati, ogni atomo del ligando deve essere associato con il probe che approssima meglio il suo comportamento all’interno del recettore. FLAP è in grado di eseguire questa operazione automaticamente, ma la procedura può essere personalizzata dall’utente se richiesto.

2.1.2 Creazione dei punti e tetraedri farmacoforici

Una volta che per ogni ligando e/o sito proteico sono stati calcolati i MIFs, FLAP riduce la complessità delle informazioni in essi contenute selezionando un numero di punti farmacoforici rappresentativi, sia dal punto di vista energetico che spaziale (Fig.10). Il numero di punti selezionati per ogni probe usato dipende perciò dal volume del campo di interazione e dal suo livello energetico. Più nel dettaglio, a ogni area di interazione è assegnato un peso, basato sul livello energetico al quale è stato definito e sul suo volume. Il numero di punti rappresentativi estratti da ogni area è determinato sulla base

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20 del suo peso. Un minimo di un punto viene assegnato anche alle regioni di interazione con peso molto basso, in modo tale da non perdere nessuna informazione utile. La selezione viene eseguita da FLAP in modo automatico ma può essere anche effettuata manualmente e rappresenta un punto critico dell’intero sistema. L’importanza di questa selezione è accentuata dal fatto che non devono esserci troppi punti farmacoforici (di solito non più di 25-30 punti per probe, considerando una cavità recettoriale) in modo da evitare problemi combinatoriali. Alla fine di questa procedura, ogni punto estratto sarà caratterizzato da tre differenti proprietà: il tipo di interazione energetica (relativa al MIF da cui è stato derivato), la sua entità (ovvero il valore dell’energia di interazione misurato in Kcal/mol) e le tre coordinate Cartesiane che definiscono la sua posizione nello spazio.

Fig.10 Estrazione dei punti farmacoforici dai MIFs corrispondenti

Nella fase successiva FLAP procede alla creazione di tutte le possibili combinazioni di quattro punti rappresentativi (ognuno appartenente a uno o più tipi), dando luogo a molteplici tetraedri farmacoforici che costituiscono gli elementi chiave del metodo di calcolo del programma: ogni molecola input viene infatti caratterizzata dalla serie di quadrupletti o tetraedri farmacoforici che in essa sono stati individuati e su di essi si basa la sovrapposizione ligando-ligando e ligando-proteina (Fig.11). Per quanto riguarda i ligandi, FLAP costruisce anche dei “tetraedri atomici” in cui i punti rappresentativi sono costituiti dagli atomi pesanti delle molecole analizzate, classificanti in precedenza sulla base dei probe utilizzati per il calcolo dei MIFs. Nell’analisi di una

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21 cavità recettoriale invece, non vengono creati i tetraedri atomici ma solo quelli farmacoforici.

Fig.11 Calcolo dei tetraedri farmacoforici

2.1.3 Sovrapposizioni

FLAP esegue una sovrapposizione partendo dalla comparazione dei quadrupletti del ligando e della struttura utilizzata come templato (un altro ligando o una tasca recettoriale). Per ogni quadrupletto sono calcolate le distanze Euclidee tra i quattro punti costitutivi, per un totale di sei distanze. In questo modo le distanze non sono più correlate alle coordinate Cartesiane, e sarà quindi molto più veloce comparare i quadrupletti tra di loro. L’insieme di quadrupletti per una data molecola costituisce una specie di sua mappa identificativa che, opportunamente codificata in bitstrings, da luogo ad una grande matrice di dati chiamata fingerprint (letteralmente “impronta digitale”). Un bitstring è una serie di dati in grado di rappresentare univocamente, in un formato matematico, un determinato tetraedro. Durante la fase di creazione del database sul quale verranno effettuati i calcoli di virtual screening, FLAP genererà un set di conformeri per ogni molecola e ad ognuno di essi verrà associata una singola fingerprint.

Una sovrapposizione potenzialmente favorevole (detta anche “soluzione”) è riconosciuta tale quando ognuno dei punti di un quadrupletto è dentro una data distanza da un punto individuale del quadrupletto al quale è comparato, in un modo non

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22 cumulativo. Inoltre è fondamentale che il tipo di probe che ha dato origine ai punti accoppiati sia il medesimo.

L’algoritmo procederà con gli step successivi del calcolo solo quando sarà trovata una tale sovrapposizione favorevole e questo rende la procedura molto efficiente dal punto di vista computazionale, sebbene vengano campionate un grande numero di potenziali sovrapposizioni. A questo punto, FLAP passerà al calcolo diretto della similarità dei MIFs sulla base delle sovrapposizioni trovate (Fig.12) e all’assegnazione di un punteggio per valutare la bontà delle soluzioni [vedi paragrafo 2.2.4]. La ricerca verrà raffinata sulla base di altri elementi che variano a seconda del tipo di calcolo effettuato.

Fig.12 In alto è riportato l’allineamento tra una molecola templato ed una molecola test in base alla

sovrapposizione di un quadrupletto. In basso a sinistra è riportata la sovrapposizione dei MIFs per il probe OH2, al centro per il probe DRY, a destra per entrambi.

2.1.4 Receptor-Based Virtual Screening (RBVS)

L’intero processo si basa sull’assunzione che l’affinità di una molecola per un determinato sito di legame sia dipendente dall’ affinità degli atomi individuali che contribuiscono all’intero processo di interazione. In questo caso, essendo il templato un sito recettoriale, è analizzato il matching tra i tetraedri farmacoforici del templato e i

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23 tetraedri atomici di ogni ligando (e ogni suo conformero). Nella pratica appare evidente come non sia semplice ottenere una perfetta sovrapposizione degli atomi del ligando e dei corrispondenti punti farmacoforici del recettore, perciò è necessario accettare un certo grado di approssimazione nello spazio Cartesiano durante la valutazione della posizione dei punti. Per esempio, una sovrapposizione può essere considerata soddisfacente se ogni atomo si trova a meno di 1Å dal corrispondente punto.

Il matching farmacoforico non è però necessariamente sufficiente ad assicurare l’interazione ligando-recettore, in quanto la complementarietà delle loro forme e dei loro volumi è un parametro che non può essere trascurato. FLAP è in grado di ritenere soltanto le sovrapposizioni che, considerando la posizione nello spazio di tutti gli atomi pesanti, non invadono il volume escluso del recettore. Questa operazione riduce notevolmente il numero di soluzione fornite, che inizialmente è estremamente elevato. Adesso, per le soluzioni rimaste, viene valutata la presenza di eventuali repulsioni steriche e la loro importanza: le soluzioni presentanti contatti sterici ritenuti inaccettabili verranno scartate. Dopo il loro allineamento al recettore, i composti verranno infine classificati sulla base della sovrapposizione tra i campi di interazione centrati sui loro atomi pesanti (pseudo-MIFs) e i MIFs della proteina.

In tutto questo, può effettivamente sembrare che FLAP sia in grado di effettuare direttamente una specie di docking, ma la realtà è differente. Infatti, mentre un programma di docking stima l’energia di interazione tra un ligando ed una proteina nella sua forma completa, FLAP usa solo qualche contributo alla volta, considerando come condizione necessaria e sufficiente la corretta sovrapposizione di quattro punti di ancoraggio cosi come l’assenza di repulsioni steriche oltre una certa soglia di tolleranza. Vengono dunque generate delle pose che necessitano di essere ottimizzate attraverso un vero e proprio calcolo di docking all’interno del recettore. L’altra fondamentale differenza è che FLAP lavora in uno spazio assolutamente discreto, estraendo soltanto i punti essenziali che descrivono i GRID-MIFs e approssimandoli nella maniera migliore possibile. Questa caratteristica consente al programma di effettuare un matching proteina-ligando basato primariamente sulla ricerca delle possibile interazioni che si possono instaurare tra i due elementi, mentre la complementarietà della forma è valutata solo in un secondo momento. Un programma di docking lavora invece all’inverso,

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24 valutando inizialmente la complementarietà della forma e successivamente il panorama delle interazioni e la loro quantificazione.

2.1.5 Ligand-Based Virtual Screening (LBVS)

I principi di sovrapposizione dei tetraedri per uno screening ligand-based sono simili in generale a quelli descritti precedentemente per il RBVS, anche se con alcune differenze. In un calcolo di questo tipo FLAP compara una molecola scelta come templato ad un database di molecole test, considerando sia i tetraedri farmacoforici che i tetraedri atomici di entrambi gli elementi da sovrapporre. Per ogni conformero di ogni molecola test vengono individuati i quadrupletti che maggiormente combaciano con quelli del templato e quindi viene calcolata la similarità dei MIFs associata ai conformeri allineati. Un punteggio sarà assegnato ad ogni conformero del test e la miglior pose andrà a costituire il risultato dello screening per tale molecola, sebbene anche le altre verranno salavate nell’output del programma.

2.1.6 Pharmacophore-Based Virtual Screening (PBVS)

Dato un set di molecole attive che si legano allo stesso sito attivo, può essere desiderabile trovare l’ allineamento comune di queste strutture che permetterà di identificare quali sono le “features” comuni responsabili dell’ interazione con il target. L’algoritmo FLAPpharm, presente all’interno di FLAP, è stato programmato per superare gli svantaggi degli approcci farmacoforici classici e trovare l’allineamento ottimale. Piuttosto che estrarre prima le features e poi allineare le molecole basandosi su queste, FLAPpharm fa l’opposto: prima vengono allineate per trovare la somiglianza ottimale dei MIFs all’interno del set, e solo successivamente è estratto il farmacoforo. Nel caso in cui fossimo già in possesso della loro conformazione bioattiva, è possibile ottenere direttamente il farmacoforo dagli allineamenti. Questo è definito come una pseudomolecola caratterizzata, cosi come un ligando vero e proprio, da tetraedri atomici e farmacoforici immagazzinati in una fingerprint e potrà essere utilizzato come templato in un ligand-based virtual screening.

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25 FLAP non crea un solo farmacoforo ma elabora tutta una serie di modelli ottenuti da allineamenti diversi del set di molecole fornite, cui viene poi assegnato un punteggio che permette si selezionare solo gli “n” modelli migliori (a discrezione dell’utente). Il punteggio di ogni farmacoforo deriva dai punteggi delle singole molecole set: il programma valuta quanto ogni molecola si adatti al modello farmacoforico sulla base di una funzione di scoring (S-Score) che tiene conto del contributo globale alla determinazione dei punti farmacoforici e dei MIFs del modello. I farmacofori migliori saranno quelli le cui molecole presentano i più alti valori di S-Score. FLAP permette di modificare i modelli farmacoforici realizzati in automatico eliminando alcuni dei punti farmacoforici oppure eliminando alcune delle strutture allineate e ricalcolando il modello sulla base delle strutture rimaste.

2.2 PROCEDURE UTILIZZATE NELLA CALIBRAZIONE DEGLI

STUDI DI VIRTUAL SCREENING RIVOLTI ALLA

RICERCA DI

NUOVI INIBITORI NON COVALENTI DELL’ ENZIMA FAAH

2.2.1 Creazione di un database di FLAP

Dall’interfaccia grafica di FLAP è possibile creare ex novo un database di molecole, aggiungere molecole ad un database preesistente, nascondere molecole presenti in un database in modo tale che queste non vi figurino e non vengano considerate nei calcoli effettuati su di esso (mantenendo però la possibilità di riportarle al suo interno in qualsiasi momento) o fondere più database distinti in un unico database.

La creazione di un database di FLAP consiste nel caricamento di un set di strutture molecolari, nella loro elaborazione e nel salvataggio di tutte le informazioni acquisite per ogni molecola all’interno del database stesso. Per ogni composto fornito come input FLAP può effettuare o meno (secondo quanto specificato dell’utente) la ricerca di protomeri, tautomeri e stereoisomeri nonché una minimizzazione di tutte le strutture così ottenute. Ciò che invece deve essere necessariamente effettuato per ogni molecola è un’analisi conformazionale, che viene realizzata automaticamente in contemporanea al caricamento delle strutture nel database: inizialmente FLAP genera dei rotameri che

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26 presentano la massima variazione delle coordinate atomiche rispetto a quelle di input e da questi, con una perturbazione casuale, genera una vasta popolazione di soluzioni conformazionali che poi seleziona sulla base dei contati sterici interni, delle barriere torsionali ecc., rifiutando le strutture invalide o poco probabili (anche in base ai parametri impostati dall’utente). Come già detto in precedenza, per ogni conformero di ogni molecola salvata nel database vengono poi calcolati i MIFs, i tetraedri atomici e farmacoforici.

Nella prima finestra di dialogo relativa alla creazione di un database sono richiesti la scelta della directory in cui salvarlo ed i parametri da impostare per il calcolo dei GRID-MIFs, ovvero i probes da utilizzare e il GRID spacing, ovvero il valore in angstrom della distanza tra i vari punti della griglia che delimita e suddivide lo spazio, circostante a una determinata molecola, o incluso in una determinata tasca recettoriale, all’interno del quale il calcolo dei MIFs deve essere effettuato. Minore è il valore selezionato, minore sarà la distanza tra i punti dello spazio cartesiano in cui ciascun probe selezionato sarà posizionato per la rilevazione del corrispondente MIF e dunque più accurato sarà il calcolo dei MIFs stessi, che saranno descritti da un numero maggiore di punti discreti. In questo lavoro di tesi, per la creazione di tutti i database sono stati utilizzati i probes H, DRY, N1 e O ed un valore di GRID spacing di 0.75 Å (come suggerito di default).

Nella finestra di dialogo successiva sono richiesti il percorso del/dei file(s) contenente/i le strutture dei ligandi da caricare nel database ed i parametri relativi alla loro elaborazione. Le strutture sono state fornite in formato MOL2. Ecco una delucidazione dei parametri principali:

Check for protomers: spuntando la casella di questo parametro si abilita la ricerca di tutti i possibili protomeri di ogni molecola caricata nel database al valore di pH specificato (di default il programma suggerisce il valore 7.4, corrispondente al pH del sangue e dei liquidi extracellulari). Il valore percentuale associato al parametro indica la percentuale di esistenza all’equilibrio (al pH specificato) che un protomero deve presentare per poter essere salvato all’interno del database. Lasciando il valore di default (1%)

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27 verranno inseriti nel database tutti i protomeri di ogni molecola presenti all’equilibrio per almeno l’1%;

Check for tautomers: questo parametro può essere abilitato solo previa abilitazione della ricerca dei protomeri;

Check for stereoisomers: la ricerca degli stereoisomeri può essere abilitata indipendentemente dall’abilitazione dei due precedenti parametri;

Do full energy minimization: spuntando la casella di questo parametro FLAP effettua una minimizzazione della struttura di ogni molecola caricata nel database prima di effettuarne l’analisi conformazionale; questa opzione permette dunque di creare un database fornendo al programma non solo strutture molecolari tridimensionali ma anche 2D. Il valore numerico da impostare associato a tale parametro, che di default è 25 , corrisponde al massimo valore di energia potenziale (espressa in Kcal/mol) di cui un conformero generato può differire rispetto al minimo calcolato per poter essere salvato nel database. In questo caso i quattro parametri sopra elencati sono stati disattivati. Come vedremo, le molecole input per la creazione del database sono già state sottoposte ad un trattamento analogo con la suite di programmi LigPrep2.3 . La scelta è stata fatta per non incrementare i tempi di calcolo necessari alla creazione del database, già abbastanza elevati.

N. conformers: questo parametro permette di impostare il numero massimo di conformeri generati dall’analisi, per ogni molecola, che possono essere salvati all’interno del database, insieme alla conformazione di input minimizzata della molecola stessa (nel nostro caso 25, come di default). Se dall’analisi conformazionale di una molecola viene generato un numero di conformeri che rispettano i suddetti criteri energetici superiore al valore massimo impostato, vengono scartati quelli con energia più alta.

RMS min: questo parametro permette di impostare il valore minimo di root mean square che due conformeri devono presentare per essere salvati nel database. Se le coordinate di due conformeri generati per una data molecola presentano un valore di RMS inferiore a quello impostato (nel nostro caso è

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28 stato mantenuto il valore di default di 0,30), uno dei due viene scartato (quello con energia più alta): questo permette di evitare l’inclusione nel database di conformeri troppo simili tra loro.

Duplicates: con l’impostazione di questo parametro è possibile scegliere di aggiungere o rifiutare (come nel nostro caso) eventuali duplicati di molecole presenti nei file da caricare per la creazione del database.

Gli altri parametri sono stati mantenuti nelle impostazioni di default.

2.2.2 Creazione del database di validazione FAAH-MUV

Il database FAAH-MUV (Faah_muv_db) è stato creato utilizzando un set di 6 composti attivi sulla h/FAAH e di 43629 decoys appartenenti al database MUV (Maximum Unbiased Validation).

I decoys presenti all’interno dei 18 pacchetti del MUV, tutti già con idrogeni, sono stati filtrati sulla base del loro peso molecolare, scartando tutte le molecole con peso inferiore a 350 g/mol o superiore a 550 g/mol. Tali limiti di peso corrispondono a quelli presenti all’interno del set di composti attivi. Questa scelta è stata fatta in modo da ridurre il numero di molecole all’interno del database, riducendo i tempi macchina necessari alla creazione del database di FLAP. Il filtro è applicabile in quanto non è presente nessuna molecola attiva con peso molecolare al di fuori di questo intervallo, e pertanto è altamente improbabile che molecole di dimensione inferiore o superiore possano risultare attive sul target.

Se le strutture delle molecole sono bidimensionali, mancano gli atomi di idrogeno, sono presenti contro ioni o molecole di solvente, se non hanno specificato la chiralità o la ionizzazione è necessario “pulirle” prima di procedere alla creazione di un database. Allo scopo è stato utilizzato il programma LigPrep 2.3, incluso nella suite Schodinger e accessibile da MAESTRO. LigPrep possiede una vasta gamma di opzioni per la preparazione dei ligandi e può eseguire, se richiesto, le seguenti operazioni:

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29 aggiunta di atomi di idrogeno;

rimozione dei contro ioni e delle molecole d’acqua;

aggiunta o rimozione di protoni per produrre lo stato di ionizzazione più probabile ad un determinato pH;

generazione di stereoisomeri; generazione di tautomeri;

rimozione delle strutture non idonee; minimizzazione delle strutture.

Per il processamento delle molecole dei decoys, tutte in 2D, è stato utilizzato il seguente comando, digitato da shell:

• ligprep –g –s 1–i 2 –kp –W i, -ph,7.0,-pht,0.0 –tp 0,4 –bff 10 –isd decoys.sdf – osd decoys_ion.sdf

Dove –g = rispetta le chiralità della geometria input quando vengono generati gli stereoisomeri. Per i centri chirali la cui chiralità non può essere determinata dalla geometria input, saranno generati stereoisomeri. –s 1 = forza la formazione di un solo stereoisomero; -i 2 = neutralizzazione e in seguito ionizzazione; -W i = introduce le opzioni per il trattamento di ionizzazione utilizzando la funzione “ionizer”; -ph = pH del sito di azione; -pht = uno stato di ionizzazione è scartato se la pKa del gruppo (protonato) ionizzabile differisce dal valore di pH più di questa soglia; -tp 0,4 = strutture con probabilità di tautomerizzazione più bassa di questo valore sono scartate; -bff = force field usato per la minimizzazione (MMFFs in questo caso) –isd = file input in formato sdf; -osd = file output in formato sdf.

A questo punto, il nostro set di decoys è stato caricato su FLAP assieme al set di molecole attive. I parametri utilizzati sono stati discussi dettagliatamente nel paragrafo precedente.

2.2.3 LBVS relativi al database FAAH-MUV

Con FLAP è possibile effettuare un LBVS su di un database di molecole preesistente utilizzando come molecole set l’intero database oppure soltanto una parte selezionata.

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30 Come templato per il calcolo è possibile utilizzare una molecola scelta all’interno del database, un modello farmacoforico, un modello LDA (la cui trattazione non verrà affrontata in questo lavoro di tesi) oppure una molecola esterna. In quest’ultimo caso FLAP effettua l’elaborazione del templato (ovvero calcola MIFs, tetraedri ecc.) prima di effettuare lo screening e viene richiesto all’utente se basare il calcolo stesso sul solo conformero di input del templato oppure anche su un numero di conformeri specificato, generati con l’analisi conformazionale (che per un templato esterno è infatti accessoria). Per quanto riguarda i 2 screening basati rispettivamente sulle molecole cristallografiche 3QK5 e 3QJ9, sono stati utilizzati come riferimenti esterni le sole conformazioni bioattive. Per ognuno degli screening basati sulle altre 4 molecole attive, la molecola templato è stata invece selezionata tra quelle all’interno del database.

Cliccando sul pulsante “Parameters” si apre una piccola finestra in cui sono presenti i parametri da impostare per il calcolo. Ecco una breve descrizione dei parametri principali. I parametri non specificati sono stati lasciati nelle impostazioni di default.

Bit string mode: spuntando la casella di questo parametro si abilita la modalità di screening in bitstring, ovvero basata esclusivamente sul confronto dei vari bitstrings contenuti nelle fingerprints del templato e delle molecole test, senza alcun successivo raffinamento della ricerca e/o filtraggio delle soluzioni [vedi paragrafo 2.1.3]. Questa analisi grezza ma estremamente veloce è utile per effettuare dei calcoli di pre-filtering, che consentono di filtrare set di molecole esterne e dunque non processate dal programma (anziché molecole elaborate dal software come quelle che costituiscono un database di FLAP).

Pose optimization: l’impostazione di questo parametro fa sì che i risultati delle sovrapposizioni siano ulteriormente ottimizzati sulla base della corrispondenza tra il volume o la forma delle molecole target con quelli del templato. Questa opzione tende ad aumentare i tempi di calcolo, pertanto in tutti i LBVS di questo progetto è stata lasciata deselezionata (come di default).

Accuracy: utilizzando l’apposita barra di scorrimento è possibile impostare il livello di accuratezza dello screening, che ovviamente risulta inversamente proporzionale ai tempi di calcolo necessari per eseguirlo. È stato mantenuto il valore di default, corrispondente ad una bassa accuratezza.

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2.2.4 Valutazione dei risultati: FLAP scoring

Quando FLAP effettua un LBVS tutti i conformeri di ciascuna molecola test vengono sovrapposti al conformero templato e ad ognuno di essi viene assegnato un punteggio. Tale punteggio viene calcolato da scoring functions (SFs) che si basano sul livello di sovrapposizione tra i MIFs del ligando test e quelli del templato. Alla fine del calcolo FLAP realizza una tabella in cui ad ogni molecola test sono associati numerosi punteggi, ognuno relativo ad una diversa SF: quattro di questi si riferiscono al livello di sovrapposizione di un singolo MIF e sono difatti inseriti in una colonna intestata con il nome del relativo probe, gli altri sono dati da combinazioni dei precedenti e sono inseriti in colonne intestate con la combinazione dei probe a cui si riferiscono. E’ importante notare che i punteggi riportati per ogni SF derivano dalla conformazione della molecola test in grado di dare la miglior sovrapposizione per quella particolare SF. FLAP fornisce altre due funzioni i cui punteggi sono dati rispettivamente dal prodotto e dalla somma dei punteggi relativi alle altre SF (Glob-Prod e Glob-Sum). Esse riflettono la miglior combinazione tra le SF individuali, per una particolare conformazione. Un’ ulteriore funzione che viene fornita è la Distance, che non rilette una singola conformazione della molecola ma ne rappresenta un profilo complessivo considerando le migliori conformazioni per ogni probe individuale. I risultati dello screening possono essere valutati e ordinati sulla base di più SF diverse ed è possibile valutare la funzione che ottimizza il ritrovamento degli attivi. Poiché i composti che costituiscono un database di FLAP possono essere catalogati come attivi o inattivi, il software è in grado di realizzare automaticamente gli enrichment plot relativi ad ognuna delle diverse SF in base alle quali i risultati dello screening sono classificati, ovvero grafici che mettono in relazione il numero degli attivi ritrovati (ranked actives, RA) con il numero totale delle molecole analizzate (ranked database, RD) [vedi paragrafo 3.2.1, 3.2.2 e 3.3]. Questi grafici esprimono l’efficacia del calcolo nel ritrovare le molecole attive all’interno dell’intero database rispetto ad una ricerca stocastica; inoltre, consentono di determinare quali sono le figure farmacoforiche importanti per l’attività verso un particolare recettore. FLAP ordina i grafici relativi a ogni funzione in base alla AUC (area sotto la curva), che è indice della performance dello screening.

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2.2.5 RBVS relativi al database FAAH-MUV

Per effettuare un RBVS è necessario innanzitutto caricare su FLAP la struttura cristallografica di una proteina (nel nostro caso codice PDB: 3OJ8) con o senza idrogeni, che verrà visualizzata nella scheda Pockets del programma. Cliccando sul pulsante Search for pockets il software è in grado di effettuare automaticamente una mappa volumetrica della proteina e dunque di rilevare tutte le possibili tasche recettoriali, attraverso un algoritmo simile a quello utilizzato per il calcolo del MIF shape, relativo al probe H. Per individuare il sito recettoriale di interesse tra quelli rilevati è possibile importare il ligando cristallografico complessato (Fig.13), operazione necessaria anche per l’impostazione di alcuni parametri del calcolo. E’ inoltre possibile “fondere” più tasche recettoriali (tasto Merge selected pockets) ovvero considerare due tasche limitrofe come un unico grande sito recettoriale.

Fig.13 Individuazione del sito di legame (contenente il ligando complessato)

Come per i LBVS, è presente una finestra di dialogo contenente i parametri da impostare. E’ possibile effettuare un RBVS sull’intero database, su un subset selezionato all’interno del database stesso oppure su un set di molecole esterne. Come

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33 templato per il calcolo è possibile utilizzare uno dei siti recettoriali identificati da FLAP nella proteina sulla base del suo volume escluso, oppure il sito definito sulla posizione del ligando cristallografico importato, o un modello LDA. È anche possibile impostare dei constraints per i residui amminoacidici che definiscono la tasca recettoriale, che ad ogni modo non sono stati presi in considerazione.

Cliccando sul pulsante Parameters viene aperta la finestra dell’impostazione dei parametri di calcolo. Un RBVS presenta, rispetto ad un LBVS, i parametri esclusivi riportati qui di seguito:

Pocket point radius: questa opzione permette di impostare il valore in Å di cui si decide di aumentare il volume della pocket rispetto a quello calcolato dall’algoritmo di FLAP. Il valore di default è 2.0, ed è stato lasciato invariato. Max minima point: spuntando la casella relativa a questo parametro viene

impostata la percentuale di punti farmacoforici in cui i MIFs della tasca recettoriale possono essere condensati. Il valore di default è 50; ciò significa che solo il 50% dei punti, selezionati sulla base del valore del loro contributo energetico, saranno considerati per l’allineamento dei quadrupletti. Il valore utilizzato per i RBVS effettuati in questo lavoro di tesi è 100, e pertanto verranno considerati tutti i punti possibili, ottenendo una descrizione più esaustiva del sito attivo.

Mifs on: permette di impostare la visualizzazione dei MIFs della sola proteina, dei soli ligandi o di entrambi (come di default) nei risultati dello screening. Il parametro è stato lasciato invariato.

I parametri non specificati sono stati lasciati nelle impostazioni di default.

I risultati di questo screening sono organizzati esattamente come quelli dei LBVS [vedi paragrafo 2.2.4], con la sola differenza che i punteggi assegnati ad ogni molecola si riferiscono al livello di sovrapposizione tra i campi di interazione centrati sugli atomi pesanti (pseudo-MIFs) delle molecole stesse e i MIFs della tasca recettoriale utilizzata come templato.

La procedura RB è stata testata utilizzando la struttura proteica appartenente alla h/rFAAH (codice PDB = 3OJ8). Sono stati effettuati 2 screening sulla proteina,

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