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ASPETTI DIAGNOSTICI ED EPIMELIOGICI DI BATTERI GRAM NEGATIVI MULTIRESISTENTI E PRODUTTORI DI CARBAPENEMASI ISOLATI NELL'AREA FIORENTINA

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INTRODUZIONE

Nei Paesi industrializzati è stato possibile per molti anni un completo controllo delle malattie batteriche, in parte grazie ad alcune vaccinazioni ed in larga misura alla scoperta ed all’impiego degli antibiotici in terapia.

Durante l’ultimo ventennio abbiamo assistito all’emergere ed al riemergere di numerose patologie infettive ed in questa situazione gioca un ruolo fondamentale la resistenza agli antibiotici esibita dai microrganismi patogeni. Si tratta della capacità dei microrganismi di moltiplicarsi o sopravvivere in presenza di concentrazioni di antimicrobici generalmente sufficienti per inibire o uccidere i microrganismi della stessa specie.

Inoltre si è osservato che la resistenza può essere diffusa tra i microrganismi, oltre che verticalmente, tramite discendenza, anche trasversalmente, tra microrganismi di specie diverse tramite elementi genetici mobili. La resistenza ai chemioterapici antimicrobici è un fenomeno che si è accentuato negli ultimi decenni e riguarda l’intera popolazione mondiale. Dato che gli antibiotici sono tra i più validi strumenti utilizzati per combattere le malattie infettive nell’uomo, la loro eventuale perdita di efficacia costituisce indubbiamente una temibile minaccia a livello planetario. Le proporzioni del fenomeno dilagante delle resistenze batteriche sono tali da rappresentare un problema di salute pubblica prioritario, sia nei Paesi sviluppati, che nei Paesi in via di sviluppo e se ne registrano ampie ripercussioni sia sul versante economico che di salute dei pazienti nonché sull’intera collettività.

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spiegato attraverso la resistenza naturale, altrimenti detta intrinseca, dei microrganismi ai composti antimicrobici, che è quella non acquisita ed è caratteristica sostanzialmente di tutte le specie.

In caso di resistenza intrinseca ad un antibiotico, questa può essere completa o parziale ma comunque sufficiente a rendere il farmaco clinicamente inutilizzabile. La resistenza naturale rappresenta una caratteristica così specifica per i microrganismi tale da rendere assolutamente non necessaria l’esecuzione del test di sensibilità antimicrobica, al punto che in caso di risultati di antibiotico sensibilità per un farmaco di cui conosciamo l’inefficacia su dati ceppi batterici, dobbiamo supporre un probabile errore nell’identificazione del microrganismo o un errore nel test di suscettibilità dell’antibiotico. In aggiunta, anche se il risultato di sensibilità venisse confermato, il farmaco andrebbe usato ugualmente con cautela dato che, in alcuni casi, la resistenza intrinseca ad un antibiotico può essere espressa ad un basso livello, ovvero caratterizzata da una Minima Concentrazione Inibente (MIC) vicina alla soglia di suscettibilità, sebbene l’antibiotico sia formalmente da considerarsi clinicamente attivo.

Inoltre, non è infrequente imbattersi nell’inattività dell’antibiotico in vivo contrariamente alla sua piena attività in vitro. Di solito questi casi non vengono menzionati nelle tabelle riepilogative delle resistenze, ma sono piuttosto oggetto di raccomandazioni terapeutiche. Nelle seguenti tabelle 1a, 1b e 1c sono riepilogate le resistenze intrinseche rispettivamente delle Enterobacteriaceae, in batteri Gram-negativi non fermentanti ed in altri batteri Gram-negativi di interesse clinico.

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Tabella 1a - Resistenze naturali delle Enterobacteriaceae agli antibiotici

Enterobacter spp., C. freundii Ampicillina, amoxicillina/acido clavulanico, cefalosporine di prima generazione, cefoxitina, cefuroxime, cefazolina.

Enterobacter cloacae Ampicillina, amoxicillina/ acido clavulanico, cefazolina, cefoxitina

Enterobacter aerogenes Ampicillina, amoxicillina/ acido clavulanico, cefazolina, cefoxitina

Citrobacter koseri Ampicillina, ticarcillina, piperacillina,

Escherichia hermannii Ampicillina, ticarcillina, piperacillina

Proteus mirabilis Colistina, nitrofurantoina tetraciclina/tigeciclina, polimixina B/colistina.

Proteus vulgaris Ampicillina, amoxicillina, cefuroxime, colistina, nitrofurantoina, cefazolina, cefalotina, cefamandolo, tetraciclina/tigeciclina, polimixina B/colistina, nitrofurantoina.

Proteus penneri Ampicillina, cefazolina,cefamandole, cefuroxime,tetraciclina/tigeciclina, polimixina B/colistina, nitrofurantoina

Hafnia alvei Ampicillina, amoxicillina, co-clavulanato, cefazolin, cefoxitin

Klebsiella spp.,Citrobacter diversus

Ampicillina, amoxicillina, carbenicillina, ticarcillina, piperacillina..

Morganella morganii Ampicillina, amoxicillina, co-clavulanato, cefalosporine di prima generazione, cefuroxime, colistina, nitrofurantoina cefazolina,tetracicline/tigecicline, polimixina B/colistina, nitrofurantoina.

Providencia spp. Ampicillina, amoxicillina, co-clavulanato, cefalosporine di I generazione, cefuroxime, gentamicina, netilmicina, tobramicina, colistina, nitrofurantoina.

Providencia rettgeri Ampicillina, amoxicillina/acido clavulanico, cefazolina, aminoglicosidi (nota2), polimixina B/colistina, nitrofurantoina

Providencia stuartii Ampicillina, amoxicillina/acido clavulanico aminoglicosidi (nota2), cefazolina, polimixina B/colistina, nitrofurantoina.

Serratia spp. Ampicillina, amoxicillina, amoxicillina/ acido clavulanico, cefalosporine di prima generazione, cefuroxime, colistina.

Serratia marcescens (nota3) Ampicillina, amoxicillina/acido clavulanico, ceafzolin, cefamandole, cefuroxime,polimixina B/colistina.

Yersinia enterocolitica Ampicillina, amoxicillina, carbencillina, ticarcillina, cefalosporine di prima generazione, cefoxitin, cefuroxime, piperacillina, cefazolina, cefoxitina, cefamandolo,.

Yersinia pseudotuberculosis polimixina B/colistina

Salmonella spp. Cefuroxime (attivo in vitro, ma non attivo in vivo).

Tutte le Enterobacteriaceae Penicillina G, glicopeptidi, acido fusidico, macrolidi (con alcune eccezioni), lincosamidi, clindamicina, linezolid, streptogramine, rifampicina, daptomicina, mupirocina.

Tabella 1a, 1b e 1c : Resistenze Naturali dei Microrganismi agli Antibiotici (adattato da “Livermore et al” Interpretative reading: recognizing the unusual and inferring resistance mechanisms from resistance phenotypes”. Journal of Antimicrobial Chemotherapy, 2001, 48, Suppl. S1, 87-10 e da EUCAST European Committee on Antimicrobial Susceptibility Testing, version 1, April 2008.

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Tabella 1b-Resistenza intrinseca in batteri Gram-negativi non fermentanti

Acinetobacter baumannii e calcoaceticus Ampicillina (nota1), amoxicillina-clavulanato (nota 1), cefalosporine di prima generazione, ceftriaxone, cefazolina, cefotaxime, certapenem, fosfomicina, trimetoprim, nitrofurantoina, cotrimossazolo.

Achromobacter xylosoxydans Ampicillina, cefazolina, cefotaxime, ceftriaxone, ertapenem

Burkholderia cepacia complex (nota 2) Ampicillina, amoxicillina-clavulanato, cefalosporine di prima generazione, cefazolina, colistina, aminoglicosidi (nota3), polimixina B/colistina, ertapenem, imipenem, ciprofloxacim, cloramfenicolo, trimetoprim, fosfomicina.

Chryseobacterium meningosepticum Ampicillina, ticarcillina, ticarcillina-clavulanato, cefazolin, cefotaxime, ceftriazone, ceftaxidime, ertapenem, imipenem, meropenem, polimixina B/colistina

Ochrobactrum anthropi Ampicillina, amoxicillina-clavulanato, ticarcillina,ticarcillina-clavulanato, piperacillina,,

piperacillina-tazobactam, cefazolin, cefotaxime, ceftriaxone, ceftaxidime, ertapenem

Pseudomonas aeruginosa (nota 4) Ampicillina, amoxicillina, amoxicillina / acido clavulanico, cefalosporine di prima e di seconda generazione, cefotaxime, ceftriaxone, ceftizoxime, cefazolina, acido nalidixico, trimetoprim (nota 5), ertapenem,, kanamicina, tetraciclina, tetraciclina/tigeciclina, cinoxacina, cloramfenicolo, cotrimossazolo.

Stenotrophomonas maltophilia Tutti i β-lattamici ad eccezione di ticarcillina-clavulanato, ampicillina, amoxicillina-clavulanato ticarcillina, piperacillina, piperacillina-tazobactam, cefazolin, cefotaxime, ceftriazone, ertapenem, imipenem meropenem, fosfomicina, aminoglicosidi (nota3), cefaxidime (nota 6), trimetoprim (nota 7). Tutti i batteri Gram-negativi non fermentanti Penicillina G, efazolina, cefoxitina, cefamandolo,cefuroxime, glicopeptidi, acido fusidico,

macrolidi, lincosamidi, streptogramine, rifampicina, daptomicina e linezolid.

Nota 1: A. baumannii può essere sensibile ad ampicillina-sulbactame a causa dell’attività del sulbactame contro questa specie. Nota 2: Burkholderia cepacia complex include differenti specie. Alcuni ceppi possono essere sensibili ad alcuni β – lattami in vitro.

Nota 3: Burkholderia cepacia e Stenotrophomonas maltophilia sono intrinsecamente resistenti a tutti gli amino glicosidi. La resistenza intrinseca è attribuita alla scarsa permeabilità ed ad un putativo efflusso. In più la maggior parte di S. maltophilia produce enzima AAC(6’)Iz . Su agar in piastra, la resistenza agli amino glicosidi è meglio rilevabile dopo incubazione a 30°C o a temperatura ambiente, piuttosto che a 35-37°C.

Nota 4: Pseudomonas aeruginosa è intrinsecamente resistente a kanamicina e neomicina a causa del basso livello di attività di APH(3’)-IIb.

Nota 5: P. aeruginosa è tipicamente resistente al trimetoprim e moderatamente sensibile ai sulfonamidi; sebbene possa apparire sensibile in vitro al co-trimoxazolo, deve essere considerato resistente.

Nota 6: S. maltophilia può essere sensibile in vitro a ceftazidime, ma deve essere considerato resistente. Nota 7: S. maltophilia è tipicamente sensibile a co-trimoxazolo, ma è resistente al trimetoprim da solo.

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Tabella 1c-Resistenza intrinseca in altri Batteri Gram-negativi di interesse clinico

Haemophilus influenzae Penicillina G, eritromicina, clindamicina, daptomicina, glicopeptidi. lincosamidi linezolid,

macrolidi, acido fusidico.

Moraxella catarrhalis Trimetoprim, daptomicina, glicopeptidi lincosamidi linezolid.

Neisseria spp. Trimetoprim, glicopeptidi, daptomicina. lincosamidi linezolid.

Yersinia enterocolitica Ampicillina, amoxicillina, carbencillina, ticarcillina, cefalosporine di prima generazione,

cefoxitin, cefuroxime, lincosamidi daptomicina, linezolid. glicopeptidi.

Campylobacter jejuni, Campylobactyer coli Acido fusidico trimetoprim, streptogramine daptomicina, glicopeptidi. lincosamidi linezolid.

Campylobacter fetus Acido fusidico, streptogramine, trimetoprim, acido nalidixico, glicopeptidi lincosamidi. linezolid.

Flavobacterium(Chryseobacterium/Myroides) Ampicillina, amoxicillina, glicopeptidi, cefalosporine di prima generazione, daptomicina lincosamidi. linezolid.

Bacilli gram-negativi Penicillina G, oxacillina, macrolidi, ketolidi, lincosamidi, streptogramine, acido fusidico, glicopeptidi, oxazolidinoni.

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FENOTIPI DI INUSUALE RESISTENZA

Esistono alcune specie batteriche la cui resistenza a particolari agenti antimicrobici non è ancora stata riportata o è molto rara, oppure viene espressa ad un basso livello. Quando un isolato mostra resistenze mai riportate prima, si parla di “fenotipi di inusuale resistenza” e per questo deve essere controllata da un laboratorio di riferimento.

La particolare attenzione dedicata a questi fenotipi batterici, caratterizzati da insolite resistenze, è dovuta alla possibile eventualità che essi possano cambiare, ovvero evolvere nel senso di uno sviluppo che porti ad un aumento del livello di espressione della resistenza stessa. Per questi fenotipi, ci possono essere differenze a livello regionale o nazionale ed una resistenza molto rara in un’area può essere più frequente in un’altra. Nella tabella 2 sono riportati i fenotipi insoliti dei batteri Gram-negativi secondo EUCAST- The European Committee of Antimicrobial Susceptibility Testing (43).

Tabella 2 - Fenotipi insoliti di batteri Gram-negativi

organismo Fenotipo insolito

rare Enterobacteriaceae Resistente ad ertapenem, meropenem, imipenem (eccetto Proteus spp.)

Pseudomonas aeruginosa ed Acinetobacter spp.

Resistente alla colistina

Haemophilus influenzae Resistente ad alcune cefalosporine di terza generazione, carbapenemi, fluorochinoloni.

Mloraxella catarrhalis Resistente a ciprofloxacina, a qualche cefalosporina di terza generazione

Neisseria meningitidis Resistente alla penicillina (MIC>1 mg/L), cefalosporine di terza generazione

Neisseria gonorrhoeae Resistente alle cefalosporine di terza generazione, spectinomicina

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Accanto alla resistenza naturale, ben presto fu osservata, in ceppi batterici che precedentemente venivano inibiti o uccisi da un determinato antibiotico, la comparsa di una resistenza acquisita.

L’OMS nella conferenza di Copenhagen del 1998, ha ribadito che le resistenze batteriche agli antibiotici rappresentano una priorità di sanità pubblica e che è necessario che a livello di ogni paese siano messe in atto iniziative locali per approfondire la conoscenza sul fenomeno e per ideare delle soluzioni. La resistenza ai chemioterapici antimicrobici è un fenomeno che riguarda l’intera popolazione mondiale, ma che si manifesta contraddistinto da specifiche peculiarità geografiche, pertanto attualmente si registra un ampio consenso sulla necessità di trovare soluzioni da porre in atto a livello locale per poter risolvere il problema delle resistenze su scala globale.

Grande importanza è attribuita alla conoscenza della situazione epidemiologica, la quale è in grado di influire sulle scelte terapeutiche e quindi sulla gestione degli antibiotici, elemento, questo, di grande rilevanza clinica ed economica. La resistenza agli antibiotici è divenuta, infatti, caratteristica di un numero consistente e crescente non solo di patogeni in ambito ospedaliero, ma anche nell’ambito di comunità (94).

Sebbene il meccanismo di base a livello genetico si sia evoluto al di fuori dell’ambito clinico, e precisamente nell’ambiente naturale (54,55), si ritiene che la principale causa dell’aumento su scala mondiale della resistenza sia rappresentata dalla pressione selettiva esercitata dall’uso degli antibiotici. L’uso non appropriato o addirittura incontrollato degli agenti antimicrobici, come la sovraprescrizione, i dosaggi sub-ottimali, l’insufficiente durata del trattamento e gli errori di diagnosi che conducono a scelte inappropriate di farmaci, sono elementi che contribuiscono tutti a favorire l’evoluzione del fenomeno della resistenza.

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resistenza tramite il trasferimento di elementi genetici mobili. Nel primo caso i geni vengono trasmessi alla discendenza secondo un trasferimento “per via verticale”, nel secondo si parla di “trasferimento orizzontale” dei geni (HGT), da specie a specie. Mediante questi due meccanismi i batteri possono ereditare le più disparate proprietà biochimiche, inclusa la capacità di sopravvivere alla presenza di antimicrobici.

La realizzazione di un piano di sorveglianza delle resistenze batteriche, da attuarsi a livello delle strutture sanitarie, ha assunto un carattere di urgenza per il controllo delle infezioni nosocomiali e per il prudente utilizzo degli antibiotici. Una delle funzioni più importanti del laboratorio di microbiologia è quella di determinare la sensibilità agli antibiotici dei microrganismi significativi isolati dai pazienti infetti, con l’obiettivo di aiutare il clinico nella scelta del trattamento mirato; sempre al laboratorio di microbiologia è delegato il ruolo di definire le resistenze batteriche e di monitorare la diffusione e la prevalenza dell’antibioticoresistenza. L’antibiogramma costituisce il momento più importante di tutta l’attività del laboratorio di batteriologia clinica, in quanto permette di individuare gli antibiotici che mostrano “in vitro” una maggiore attività inibente nei confronti del ceppo isolato nell’ambito del processo infettivo in atto nel paziente. In base a questo referto il medico è in grado di scegliere l’antibiotico più idoneo. A questo proposito ricordiamo che può essere possibile, sulla base dell’identificazione di un isolato e della resistenza a particolari agenti antimicrobici, dedurre, in certa misura, quali sono i meccanismi di resistenza, e quindi predire la resistenza ad altri agenti antimicrobici sulla base di specifiche regole denominate “regole interpretative”(9,12). Questa possibilità può rivelarsi piuttosto utile per i laboratori, ma l’applicazione di queste regole è limitata dal numero di agenti testati, così i singoli laboratori dovranno scegliere quali agenti saggiare per le loro necessità locali specifiche. Deve essere poi tenuto presente che l’evidenza del significato clinico delle regole, è variabile e, la loro evidenza è stata ordinata secondo la seguente graduatoria:

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I. Esiste la possibilità che refertare come sensibile il risultato porti ad un fallimento nella terapia.

II. L’evidenza è debole ed è basata solo su pochi report di casi o su modelli sperimentali; è presumibile che il refertare come sensibile il risultato del test possa portare a fallimenti clinici.

III. I dati microbiologici suggeriscono che l’impiego clinico del farmaco dovrebbe essere scoraggiato.

Inoltre, per ridurre il futuro impatto delle resistenze, un altro punto cruciale è la ricerca e lo sviluppo di nuovi antibiotici da parte delle industrie farmaceutiche, perché, se l’attuale tasso di resistenze batteriche non sarà controllato e rallentato, questo porterà all’assenza di una terapia efficace per alcuni patogeni per i prossimi anni, fino addirittura a un ritorno alle condizioni dell’era pre-antibiotica.

I BATTERI GRAM-NEGATIVI MULTIRESISTENTI

Nell’ultimo ventennio è stata osservata, a livello mondiale, una diffusione sempre più ampia di microrganismi Gram-negativi resistenti a diverse classi di antibiotici. Già in precedenza era stato riscontrato nella pratica clinica il fenomeno della multi-resistenza agli antibiotici, ma tra i Gram-negativi era limitato in modo pressoché esclusivo a carico di Pseudomonas aeruginosa; per questo batterio, l’epidemiologia delle resistenze era, tra l’altro, molto variabile tra centro e centro e anche nell’ambito di un singolo ospedale, tra reparto e reparto. Successivamente, il fenomeno della multi -resistenza ha interessato altri batteri Gram-negativi. Un esempio sono le Enterobacteriaceae produttrici di β-lattamasi a spettro esteso (ESBL: Extended Spectrum β-lactamase), già diffuse nel nostro paese

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questi casi, comunque, i batteri Gram-negativi risultavano ancora sensibili ai carbapenemi .

I CARBAPENEMI

I carbapenemi sono una classe di antibiotici cosiddetti β-lattamici, cioè con struttura ad anello β-lattamico. Più precisamente la struttura chimica dei carbapenemi contiene il 2,3-diidro-1Hpirrolo; essi hanno un ampio spettro di attività antibatterica. I carbapenemi sono strutturalmente molto simili alle penicilline, ma l’atomo di zolfo in posizione 1 della struttura è stato sostituito con un atomo di carbonio, e da qui deriva il nome del gruppo, carbapenemi. La struttura molecolare dei carbapenemi (figura 1) li rende altamente resistenti alle β-lattamasi.

Figura 1: struttura di base dei carbapenemi

I farmaci appartenenti alla classe dei carbapenemi sono Imipenem , Meropenem, Ertapenem, Doripenem, Pamipenem/Betamipron, e Biapenem. In clinica Imipenem viene impiegato in associazione con la Cilastatina, un inibitore delle deidropeptidasi. Nella tabella 3 sono riportate le formule di struttura dei tre principali carbapenemi Imipenem, Meropenem, Ertapenem.

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Tabella 3:

principali antibiotici appartenenti alla classe dei carbapenemi denominazione struttura

Imipenem

Meropenem

Ertapenem

La formula di struttura degli antibiotici carbapenemici è stata originariamente sviluppata dalla Thienamycina o Tienamicina, un prodotto naturale derivato dall’organismo del suolo Streptomyces cattleya (70).

I carbapenemi vengono distinti in tre gruppi in base al loro spettro d’azione; al gruppo uno appartengono i carbapenemi con spettro d’azione più ristretto, ovvero senza attività su Gram-negativi non fermentanti e MRSA, come Ertapenem, al gruppo due appartengono i carbapenemi cosiddetti “classici”, che hanno attività elettiva nei confronti

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Tabella 4: Classificazione in 3 gruppi dei carbapenemi

Gruppo 1 Gruppo 2 Gruppo 3

Carbapenemici Ertapenem, Panipenem, Tebipenem Imipenem, Meropenem Doripenem, Biapenem Tompenem Razupenem Attività microbiologica su MRSA Nessuna Nessuna Si Attività microbiologica su Gram-negativi non fermentanti Nessuna Si Si

Di seguito vengono riportate alcune notizie sui tre carbapenemici più impiegati in Italia: Imipenem, Meropenem ed Ertapenem (7).

Imipenem

Imipenem è un derivato amidinico della Tienamicina (N-formidoil-tienamicina); rispetto ad essa Imipenem presenta una maggiore stabilità ed una notevole resistenza nei confronti delle beta-lattamasi batteriche prodotte sia dai negativi che dai Gram-positivi, incluse quelle inducibili da parte dello stesso Imipenem. Al pari della Tienamicina ha un ampio spettro d’azione antibatterica essendo attivo su germi aerobi ed anaerobi Gram-positivi e Gram-negativi. Per quanto riguarda i Gram-negativi Imipenem esplica la sua azione nei confronti della maggior parte delle Enterobacteriaceae anche quelle che producono ESBL, ma anche verso Pseudomonas sp. e Acinetobacter sp., in genere resistente a molti altri farmaci antibatterici. Per quanto riguarda i Gram-positivi, Imipenem è attivo nei confronti di quasi tutti gli streptococchi e gli stafilococchi anche se betalattamasi-produttori, ma non verso quelli meticillino-resistenti. Per quanto riguarda i batteri anaerobi, Imipenem è attivo su quasi tutti i ceppi di Bacteroides (Bacteroides fragilis e Bacteroides thetaiotaomicron). Su quasi tutti i ceppi di Stenotrophomonas

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maltophylia di Burkholderia cepacia, di Enterococcus faecium di Rhodococcus sp. e Corynebacterium jeikeium si mostra inattivo.

La farmacocinetica di Imipenem è del tutto particolare: a livello renale l’antibiotico viene rapidamente idrolizzato dalla deidropeptidasi I (o DHP) una betalattamasi localizzata a livello dei microvilli dell’orlo a spazzola dei tubuli prossimali la quale agisce aprendo l’anello betalattamico con formazione di penicilloati, metaboliti più tossici e poco attivi. Per questa ragione, Imipenem, in terapia, viene associato, nel rapporto di 1:1, con un inibitore specifico dell’enzima DHP, la Cilastatina. La Cilastatina possiede una struttura simile a quella dell’Imipenem, ma è priva di attività antibatterica e della capacità di inibizione delle betalattamasi batteriche. La somministrazione contemporanea di Imipenem e Cilastatina permette di ottenere concentrazioni urinarie dell’antibiotico molto elevate, essendo bloccata la sua inattivazione. Imipenem viene metabolizzato solo in parte a livello epatico, mentre oltre il 75% viene metabolizzato a livello renale ed è anche per questo che si utilizza in combinazione con la Cilastatina. Anche la Cilastatina viene metabolizzata, ma anche il suo metabolita acetilcilastatina inibisce ugualmente la DHP. Sia Imipenem che Cilastatina sono escreti per via renale. Da rilevare che Imipenem combinato con la Cilastatina in rapporto 1:1, viene recuperato immodificato nelle urine in una percentuale di circa il 70%.

Imipenem si lega alle sieroproteine in percentuale circa del 15-20%, mentre la Cilastatina appare più legata, al 40% circa. La distribuzione tissutale di Imipenem è buona e passa anche per un 8,5% circa a livello liquorale in corso di meningite; anche la Cilastatina passa nel liquor in corso di meningite, nella misura del 30%. L’impiego di terapia di Imipinem è oggi penalizzato dalle molte resistenze tra i Gram-negativi difficili, in

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Meropenem

Il Meropenem è un derivato carbapenemico semisintetico che differisce dalla Tienamicina e dall’Imipenem per la maggiore stabilità nei confronti delle deidropeptidasi, in particolare della deidropeptidasi I umana, per la presenza di un gruppo metilico in posizione C1. È questo fenomeno la differenza fondamentale tra Imipenem e Meropenem, fenomeno che condiziona l’importante ricaduta pratica della possibile utilizzazione terapeutica Dimeropenem senza associazione con inibitori enzimatici tipo Cilastatina.

Meropenem presenta uno spettro d’azione molto ampio, con un’attività in special modo antibatterica superiore a quella dello stesso Imipenem nei confronti di molti Gram-negativi aerobi, Haemophilus influenzae, Neisseria gonorrhoeae e quasi tutte le Enterobacteriaceae che producono ESBL, ma esibisce attività inferiore nei confronti di molti gram-positivi, specie streptococchi e stafilococchi. Con riguardo agli anaerobi, Meropenem presenta un’attività simile a quella di Imipenem, ma Bacteroides ovatus e Bacteroides distasonis appaiono più resistenti. Flavobacterium spp. e Stenotrophomonas maltophylia appaiono resistenti a Meropenem.

Meropenem appare meglio tollerato rispetto ad Imipenem, può essere utilizzato anche in gravidanza, ha un bassissimo legame farmaco-proteico, circa il 2%, ed una buona distribuzione tissutale, ma scarsa penetrazione liquorale anche a meningi infiammate. Meropenem ed il suo metabolita sono escreti nelle urine dove viene repertato come antibiotico attivo il 72% della dose di farmaco somministrata. Solo una modesta quantità di antibiotico viene eliminata normalmente con la bile, sebbene con una grande variabilità individuale.

Meropenem rappresenta oggigiorno il carbapenemico classico di scelta per la terapia delle infezioni gravi in ambito ospedaliero. Purtroppo anche per Meropenem, anche se in

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misura minore rispetto ad Imipenem, viene ad oggi osservato un crescente numero di ceppi resistenti, che ne potranno limitare l’utilizzo.

Ertapenem

Ertapenem è un derivato carbapenemico semisintetico simile a Meropenem ed anch’esso stabile nei confronti della deidropeptidasi I umana; come per Meropenem, questo è dovuto alla presenza di un gruppo metilico in posizione C1 e consente di utilizzare il farmaco senza associazione con inibitori enzimatici tipo Cilastatina. Ertapenem presenta un elevatissimo legame farmaco-proteico (95%) , ma una bassa distribuzione tissutale. Ertapenem non viene metabolizzato a livello epatico ed è eliminato dal rene . Ertapenem presenta un ampio spettro d’azione, anche se si differenzia dagli altri carbapenemici per l’attività solo marginale nei confronti dei Gram-negativi non fermentanti, come Pseudomonas aeruginosa. Ertapenem è attivo nei confronti dei batteri anaerobi (Bacteroies fragilis, Prevotella, Fusobacterium sp., Peptosttreptococcus sp.) e delle Enterobacteriaceae che producono ESBL. Ertapenem è può essere utilizzato in gravidanza.

Tabella 5: caratteristiche farmacocinetiche

Imipenem Meropenem Ertapenem

legame con le proteine plasmatiche

15-25% 2% 95%

emivita 1 h 1 h 4 h

eliminazione renale renale renale

% escreta immodificata nelle urine

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LE CARBAPENEMASI

Le carbapenemasi rappresentano la famiglia di β-lattamasi con le più versatili capacità idrolitiche. Questi enzimi hanno la capacità di idrolizzare le penicilline, le cefalosporine, i monobattami e i carbapenemi, possiedono, dunque un’estensione dello spettro d’azione mai esibita da altri enzimi idrolizzanti i β-lattami.

Sebbene siano conosciute come “carbapenemasi” molti di questi enzimi riconoscono praticamente tutti i β-lattami idrolizzabili e la maggior parte di questi sono resistenti verso l’ azione di tutti gli inibitori delle β-lattamasi disponibili in commercio. Alcuni autori hanno preferito, per questi enzimi, la denominazione di “enzimi idrolizzanti i carbapenemi” piuttosto che il termine “carbapenemasi”, volendo evidenziare così che i carbapenemi non sono solo che un segmento del loro spettro di substrati (18). Il termine carbapenemasi, tuttavia, è ormai entrato nell’uso corrente della letteratura sulle β-lattamasi e quindi ad oggi viene comunemente utilizzato, come lo è anche in questa stessa trattazione.

Le carbapenemasi sono state scoperte nel 1996, quando il primo isolato di batterio KPC produttore (KPC: Klebsiella pneumoniae Carbapemenasi) è stato ottenuto da un campione clinico di Klebsiella pneumoniae in un ospedale del North Carolina incluso nel programma di sorveglianza sull’epidemiologia delle resistenze nelle strutture di terapia intensiva (ICARE).

Successivamente sono stati isolati altri batteri KPC produttori: nel 2001 è stato descritto per la prima volta in Klebsiella pneumoniae un nuovo fenotipo di resistenza dovuto alla espressione di una nuova carbapenemasi cosiddetta carbapenemasi di tipo KPC-1

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(Klebsiella pneumoniae carabapenemase-1) e da allora sono state descritte diverse varianti di “Klebsiella pneumoniae carbapenemases”. Gli organismi produttori di carbapenemasi continuano ad aumentare e si stanno diffondendo velocemente: sebbene la maggior parte delle carbapenemasi siano state ritrovate in isolati di Klebsiella pneumoniae e di Escherichia coli, questa classe di enzimi comincia ad essere segnalata in molti altri generi della famiglia delle Enterobacteriaceae come Proteus sp., Serratia sp., Salmonella sp., e Citrobacter sp.

Le carbapenemasi costituiscono la più versatile famiglia di β-lattamasi appartenenti alle classi molecolari A, B e D e sono capaci di idrolizzare praticamente tutti i β-lattami. Le KPCs (Klebsiella pneumoniae carbapenemasi) sono carbapenemasi di classe A e sono enzimi in grado di idrolizzare tutte le penicilline, le cefalosporine e i carbapenemi, sono codificate dal gene blaKPC localizzato approssimativamente su 85kb di un plasmide coniugativo (98,99).

Le carbapenemasi della classe B, data la dipendenza dallo zinco della loro attività idrolitica, sono designate come metallo- β-lattamasi (MBL) ed includono, per esempio, le carbapenemasi IMO, GIM, SIM, SPM, e VIM spesso descritte in Pseudomonas aeruginosa ed in altri patogeni multiresistenti.

Bacilli Gram-negativi produttori di metallo- β-lattamasi acquisite IMP e VIM sono stati descritti sempre più in aumento in Asia ed in Europa e più recentemente sono stati trovati anche in Canada e negli Stati Uniti.

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I carbapenemi sono comunemente usati per trattare le infezioni causate dalle Enterobacteriaceae multi farmaco resistenti; in generale i carbapenemi sono spesso usati come antibiotici di ultima risorsa per trattare infezioni dovute a bacilli Gram-negativi multi resistenti, perché i carbapenemi sono stabili anche in risposta alle β-lattamasi a spettro esteso e alla β-lattamasi AmpC (100,101). L’impiego in terapia dei carbapenemi è stato limitato alle infezioni gravi in pazienti che hanno consistenti possibilità di guarigione, per evitare l’insorgenza di resistenze, dunque la resistenza emergente ai carbapenemi nei bacilli Gram-negativi limita significativamente le opzioni di trattamento per le infezioni che minacciano la sopravvivenza del paziente, anche perché i meccanismi per la resistenza alle carbapenemasi sono mobili, e non esistono ad oggi nuovi farmaci per i bacilli Gram-negativi.

La letteratura documenta come il problema della resistenza mediata dalle carbapenemasi si sia intensificato una volta che i geni di questi enzimi siano divenuti associati con determinanti genetici acquisiti.

La trasmissione dei geni per le carbapenemasi può prontamente avvenire quando il gene è allocato all’interno di elementi mobili, quali plasmidi, trasposoni ed integroni (68,77) che contribuiscono alla diffusione della resistenza. E’ stato descritto come i geni degli enzimi

Tabella 6: KPCs nelle Enterobacteriaceae

Specie commenti

Klebsiella spp. K. pneumoniae - causa outbreaks K. oxytoca - ritrovamenti sporadici Enterobacter spp E.coli Salmonella sp. Citrobacter freundii Serratia spp. Sporadici ritrovamenti

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MBL (metallo β-lattamasi) sono spesso originari di plasmidi e sono associati con elementi genetici mobili (trasposoni ed integroni) che li rendono così prontamente trasferibili tra le varie specie.

In generale, la trasmissione dei geni per le carbapenemasi è comunque accelerata quando il gene è allocato all’interno degli elementi mobili plasmidi ed integroni. Carbapenemasi, ritrovate in un primo momento in batteri in ambito clinico, successivamente sono state ritrovate in batteri ambientali: la carbapenemasi VIM-2 è stata riscontrata in un ceppo di Pseudomonas pseudoalcaligenes isolato da un impianto di depurazione ospedaliero (83) e in due ceppi di Pseudomonas aeruginosa. In un altro studio sono stati individuati batteriofagi portatori dei geni per la OXA-Type β-lattamasi isolati dall’ambiente, suggerendo così l’esistenza di un altro vettore per il trasferimento di questi geni tra gli organismi (79). Si possono spesso ritrovare ceppi batterici produttori di carbapenemasi all’interno delle vie ambientali di disseminazione, ed è stato anche descritto il ritrovamento delle IMI-2 carbapenemasi sui plasmidi in un isolato di Enterobacter asburiae dai fiumi degli Stati Uniti, fatto questo considerato piuttosto eccezionale, sebbene non sia riportata la localizzazione del sito di campionamento in relazione ai centri abitati (84).

È, comunque, plausibile ipotizzare che la circolazione dei geni per le carbapenemasi proceda in due direzioni: le sorgenti ambientali potrebbero fornire il materiale genetico per codificante questi enzimi ed i ceppi clinici potrebbero disperdere queste informazioni sia all’interno delle strutture ospedaliere, sia nell’ambiente circostante. I ricercatori sono riusciti a trovare future possibili sorgenti di geni per le carbapenemasi in diverse specie ambientali. La carbapenemasi di classe A SFC-1 è stata descritta,ad esempio, in un isolato ambientale di Serratia fonticola (67). Diversi geni per la OXA carbapenemasi,

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OXA-55 in Shewanella spp. (82); tutti questi geni sembrano essere componenti naturali del cromosoma batterico nelle rispettive specie. Nel caso di geni OXA in Acinetobacter baumannii, l’inserzione delle sequenze del tipo ISAba Type , che portano promotori forti sono state rilevate nel flusso della oxacillinasi cromosomica, il che risulta nell’incremento dell’espressione e quindi nella concomitante resistenza dovuta all’attività della carbapenemasi . Le carbapenemasi sono più comuni nelle specie di Enterobacteriaceae fermentanti il lattosio (ad esempio Klebsiella pneumoniae ed Escherichia coli) piuttosto che nelle Enterobacteriaceae non fermentanti (come Serratia marcescens ed alcune altre Enterobacteriaceae spp.) e nella specie Pseudomonas aeruginosa. Nell’espressione della resistenza intervengono vari meccanismi: il plasmide contiene i geni della antibiotico resistenza, codifica per le pompe di efflusso e per enzimi inattivanti l’antibiotico, (per degradazione oppure per alterazione della struttura). Tutti questi meccanismi intervengono sinergicamente nella cellula batterica e contribuiscono a determinarne la resistenza al farmaco: l’antibiotico che entra nella cellula batterica viene in parte espulso tramite le pompe di efflusso, viene in parte degradato o alterato, cioè modificato nella struttura e così reso inattivo. In realtà la resistenza ai carbapenemi si può verificare anche quando un isolato produce cefalosporinasi a spettro esteso, come una AmpC-type β-lattamasi, in combinazione con la perdita delle porine. Nella seguente tabella 7 sono riportati i più frequenti meccanismi di resistenza ai carbapenemi.

Tabella: 7 Meccanismo di resistenza ai carbapenemi

Enterobacteriaceae Carbapenemasi, Cefalosporinasi + perdita delle porine Pseudomonas aerginosa perdita delle porine

meccanismo di efflusso regolato dalle carbapenemasi Acinetobacter spp. Cefalosporinasi + perdita delle porine

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CLASSIFICAZIONE DELLE β-LATTAMASI E DELLE CARBAPENEMASI Esistono due schemi classificativi delle β-lattamasi, il primo basato su criteri funzionali, il secondo su criteri molecolari. Il primo criterio deriva dai precoci lavori sulle β-lattamasi, prima che i geni fossero clonati e sequenziati di routine e si basa su caratteristiche biochimiche, sul punto isoelettrico e su studi enzimatici di idrolisi dei substrati nonché sulle caratteristiche di inbizione.

La classificazione di una nuova β-lattamasi veniva fatta sulla base dello spettro di idrolisi dei β-lattami substrato dell’enzima e sul profilo di inibizione dell’enzima stesso.

Questa classificazione funzionale si è evoluta fino ad oggi in uno schema largamente accettato che divide le β-lattamasi in quattro gruppi funzionali, numerati da 1 a 4, con una ulteriore suddivisione in sottogruppi del gruppo 2, ancora differenziati tra loro in base allo specifico gruppo di substrati o al profilo di inibizione. Con riferimento a questo schema classificativo di tipo funzionale, le carbapenemasi appartengono prioritariamente ai gruppi 2f e 3. Lo schema classificativo funzionale che includeva le carbapenemasi è stato proposto per la prima volta da Bush nel 1988 (56), successivamente è stato proposto un certo numero di sotto classificazioni (57).

Il secondo tipo di schema classificativo delle β-lattamasi è basato sull’omologia della sequenza aminoacidica della struttura delle molecole enzimatiche, e risulta diviso in quattro classi maggiori di enzimi indicate con A, B, C e D, le quali correlano con lo schema classificativo funzionale prima descritto, ma mancano dei dettagli riguardanti l’attività enzimatica. Le classi molecolari A, C e D comprendono le β-lattamasi contenenti serina nel loro sito attivo, mentre invece le β-lattamasi di classe B sono metallo enzimi con almeno un atomo di zinco nel loro sito attivo. Le carbapenemasi sono

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La classe A delle carbapenemasi include, tra gli altri, la famiglia delle carbapenemasi KPC, che sono state ritrovate sino ad oggi per la maggior parte su plasmidi di Klebsiella pneumoniae (98,99).

Il gene blaKPC che codifica l’enzima KPC è di solito affiancato da sequenze correlate ai trasposoni ed è stato identificato sui plasmidi coniugativi, ad indicare che il potenziale per la disseminazione è significativo (98,99).

Le carbapenemasi di classe D consistono in OXA – type β-lattamasi e sono state reperite frequentemente in Acinetobacter baumannii.

Le metallo β-lattamasi sono state principalmente trovate in Pseudomonas aeruginosa sebbene arrivino da tutto il mondo, sempre più numerose, le segnalazioni di ritrovamenti di questi enzimi anche nelle Enterobacteriaceae.

In Tabella 8 è riportato uno schema semplificato della classificazione molecolare delle carbapenemasi.

Tabella 8: classificazione molecolare delle carbapenemasi

classificazione enzima Batteri produttori più comuni

Classe A KPC, SME, IMI, NMC, GES Entrobacteriaceae, raro in Pseudomonas aeruginosa Classe B (metallo β-lattamasi) IMP, VIM, GIM, SPM Pseudomonas aeruginosa, Entrobacteriaceae, Acinetobacter spp.

Classe D OXA Acinetobacter spp.

In altri termini, possiamo dire che le carbapenemasi appartengono a due maggiori famiglie molecolari, distinte dal meccanismo idrolitico a livello del sito attivo: una è quella delle metallo carbapenemasi, enzimi che contengono almeno un atomo di zinco nel loro sito attivo avente la funzione di facilitare l’idrolisi dell’anello biciclico β-lattamico e, l’altra è quella caratterizzata da quegli enzimi che presentano serina nel loro sito attivo e la loro attività enzimatica non viene inibita dall’EDTA.

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Fino agli inizi degli anni ‘90 tutte le carbapenemasi sono state descritte come specie-specifiche, codificate geneticamente e ben definite dalle loro peculiari caratteristiche. In seguito si è capito che quello che sembrava una espansione clonale era adesso divenuto un problema globale di dispersione tra le specie.

La New Delhi metallo beta lattamasi (NDM) è stata isolata per la prima volta in un isolato di Klebsiella pneumonia da un paziente svedese di origini indiane, che si era recato a Nuova Delhi, in India, nel 2008. Il primo caso letale è stato identificato nel 2010 in un paziente che ha ricevuto un trattamento emodialitico in India, prima di far ritorno in Belgio. L’enzima NDM appartiene alla classe B delle beta lattamasi. Gli stipiti batterici che hanno il gene per la NDM carbapenemasi, sono ovviamente resistenti a molti chemioterapici antimicrobici, così limitando le opzioni terapeutiche e rendendo infezioni severe difficili da trattare. La maggior parte dei batteri che producono l’enzima NDM rimangono suscettibili a due tipi di antibiotici, la Colistina e la Tigeciclina.

Ad oggi altri casi di Entrobacteriaceae che producono NDM sono state descritte in numerosi paesi, tra gli altri, in Austria, Francia, Canada, Giappone, Olanda, Norvegia, Germania, UK e Stati Uniti. La maggior parte dei pazienti da cui sono stati isolati i ceppi avevano avuto precedenti contatti con gli ospedali indiani.

RICERCA DELLE CARBAPENEMASI

Per un laboratorio di microbiologia è essenziale saper rilevare la presenza della carbapenemasi in un isolato clinico, ma la resistenza ai carbapenemi dovuta alla produzione di carbapenemasi, può essere espressa sia ad alto che a basso livello. Se nelle varianti ad alta espressione non ci sono grossi problemi nella determinazione

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sensibilità agli antibiotici si evidenziano Entrobacteriaceae (quasi sempre Klebsiella pneumoniae, più raramente Klebsiella oxytoca, Escherichia coli o altri enterobatteri) per le quali il diametro dell’alone di inibizione dell’antibiotico Ertapenem o Meropenem (ma non di Imipenem, che non è un marcatore efficiente) è ≤ 21mm, oppure, con la tecnica della micro diluizione, quando la MIC è ≥ 1 µg/ml. (CLSI M100-S21). E’ necessario quindi che il laboratorio di microbiologia predisponga test supplementari in grado di determinare se il ceppo microbico isolato in coltura sia effettivamente portatore del plasmide KPC.

Anche le serino carbapenemasi sono difficili da evidenziare (27,29,78). Esse sono spesso associate a basse MIC, fino a 2 µg/ml (78), ed un basso inoculo può risultare essere sensibile(15). I vari sistemi automatizzati per la ricerca della sensibilità ai carbapenemi (Microscan, Walk Away, BD Phoenix sensitre autoreader, VITEK e VITEK-2) non sono adatti ad evidenziare questi meccanismi di resistenza (87) ed è stata inoltre descritta anche una variazione da un giorno all’altro. Uno dei sistemi più utilizzati in laboratorio è quello di testare gli isolati per la sensibilità ad Ertapenem, che ha la più elevata sensibilità di marcatore per rilevare gli isolati che esprimono KPC e, di fronte ad un sospetto, si devono allestire ulteriori test per la determinazione del fenotipo di resistenza.

OBIETTIVO DELLO STUDIO

L’interesse per lo studio di ceppi produttori di KPC nasce dall’isolamento nel’ottobre del 2008 di una Klebsiella pneumoniae resistente ai carbapenemi (97).

Il ceppo fu isolato da una paziente con infezione addominale complicata degente presso il reparto di chirurgia della Azienda Ospedaliera di Careggi. Il ceppo, definito FIPP-1, è stato il primo stipite di Klebsiella pneumoniae KPC produttore isolato in Italia. E’ iniziato quindi da quel momento un monitoraggio dei microrganismi produttori di carbapenemasi. Lo scopo di questo studio è stato quello di evidenziare, mediante

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l’esecuzione di test specifici, gli stipiti di Enterobatteri con resistenza enzimatica ai carbapenemi tra gli isolati ottenuti dai materiali biologici dei pazienti ricoverati nei vari reparti dell’Azienda Ospedaliera Careggi; in particolare, è stata presa in considerazione Klebsiella pneumoniae.Abbiamo voluto valutare l’andamento nel tempo delle frequenza di isolamento in generale ed in relazione ai materiali biologici e alla tipologia di reparto. Abbiamo quindi voluto verificare la specificità dei test fenotipici atti alla determinazione dell’enzima idrolizzante i carbapenemi.

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MATERIALI E METODI

Nell’anno 2010 e 2011 tutti gli isolati di Enterobatteri provenienti dai materiali biologici dei pazienti ricoverati nell’Azienda Ospedaliera Careggi sono stati verificati per la sensibilità ai carbapenemi e lo studio si è focalizzato essenzialmente sugli stipiti di K. pneumonie. Il Clinical and Laboratory Standards Istitute (CLSI) nel documento M100-S20 del gennaio 2010 e, successivamente, M100-S21 del gennaio 2011, ha fissato i criteri presuntivi da considerare come “indizi” della possibile presenza di KPC, secondo i quali ceppi di Klebsiella pneumoniae possono essere riconosciuti come possibili produttori. Tutti gli antibiogrammi sono stati eseguiti, nella routine, con il sistema Vitek2 (Biomerieux). Nel caso di MIC ad Ertapenem 1≥ µg/ml anche in presenza di sensibilità

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aggiuntivi per la verifica della presenza di resistenze enzimatiche. Anche nel caso di resistenza ad Ertapenem, Imipenem e Meropenem sono state verificate le MIC con Etest ed è stato verificato il meccanismo di resistenza.

I test fenotipici utilizzati per la produzione di carbapenemasi KPC e per la produzione di metallo- β –lattamasi sono stati : test di Hodge modificato, test del doppio disco con acido borbonico per la ricerca di KPC e metodo del doppio disco con EDTA per la ricerca della metallo carbapenemasi. Inoltre dall’ottobre 2011, in collaborazione con il Laboratorio di Microbiologia Molecolare e delle Antibiotico Resistenze del Dipartimento di Microbiologia dell’Università di Catania, 45 ceppi di Klebsiella pneumoniae isolati consecutivamente resistenti ai carbapenemi e risultate produttrici di KPC con i test fenotipici, sono state studiate con tecniche di biologia molecolare per la conferma della presenza dei geni codificanti per il fattore di resistenza.

E-test

E-Test (Epsilometer-Test) è un metodo quantitativo per la determinazione dei valori della MIC di un antibiotico.

Il sistema consiste in una sottile striscia di plastica inerte e non porosa che riporta su una faccia una scala di lettura graduata espressa in µg /ml e un codice a 2 lettere che specifica il tipo di antibiotico. Sull’altra parte della striscia è fissato l’antibiotico essiccato e stabilizzato. La procedura consiste nell’allestire una sospensione 0,5 McF in soluzione fisiologica con la quale seminare una piastra per strusciamento. Successivamente bisogna deporre sterilmente la striscia dell’antibiotico in esame ed incubare a 37°C per 24 h. Il valore della MIC è dato dal punto di intersezione tra l’ellisse di crescita e la striscia lungo un intervallo di 15 diluizioni a fattore 1,5 .

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Il test di Hodge modificato

Il test di Hodge modificato è stato eseguito prelevando, con un’ansa sterile, una colonia di E.coli ATCC 25922, precedentemente isolata su Agar sangue, che è stata quindi stemperata in soluzione fisiologica sterile fino al raggiungimento di una concentrazione pari allo 0,5 dello standard Mc Farland (McF); da questa prima sospensione è stata effettuata, una diluizione 1:10, ancora in soluzione fisiologica. Successivamente è stata eseguita la semina della sospensione su una piastra di Agar Mueller Hinton, per spatolamento con un tampone sterile, si è lasciata asciugare per 3-5 minuti, poi nel centro della medesima piastra è stato posto un dischetto di Meropenem da10 µg. Con un ago sterile, si preleva una colonia dello stipite in esame e si effettua una semina lineare per strisciamento dal bordo del dischetto antibiotato fino al margine della piastra. Con questo test sono stati saggiati fino a 4 stipiti su una stessa piastra con lo stesso farmaco. La piastra è stata incubata per 16/24h in aerofilia a 35°C; al termine del periodo di incubazione la piastra viene esaminata per la presenza di un alone di inibizione a “petalo di fiore”, ovvero una caratteristica indentazione a quadrifoglio, all’intersezione dell’organismo test ed Escherichia coli 25922, che ricada all’interno della zona di inbizione del disco di suscettibilità ai carbapenemi; questa caratteristica è considerata indice di positività per la produzione di carbapenemasi, dato che in quella zona il ceppo di Escherichia coli carbapenemasi sensibile, ha potuto replicarsi perché il carbapenemico è stato degradato ad opera dell’enzima carbapenemasi prodotta dal ceppo batterico in esame.

Il test di Hodge modificato è negativo quando non si rileva in piastra alcuna crescita di Escherichia coli 25922 lungo la strisciata di crescita dell’organismo testato all’interno

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Il controllo di qualità dei dischi di carbapenemi viene eseguito in accordo con le linee guida del CLSI ed il controllo di qualità viene effettuato su ogni corsa con i seguenti ceppi di riferimento:

MHT : come controllo negativo con . Klebsiella Pneumoniae ATCC BAA 1705 MHT : come controllo negativo con Klebsiella Pneumoniae ATCC BAA 1706

Nelle figure seguenti, sono mostrate alcune piastre dove è stato effettuato il MHT.

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Figura 3: test positivo per i microrganismo strisciato verticalmente e a sinistra; test

negativo per l’organismo strisciato a destra

Figura 4 : Test di Hodge Modificato; in alto positivo per l’organismo; in basso test

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Figura 5: Test di Hodge modificato; a sinistra test positivo, a destra test negativo, in

basso controllo negativo.

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Stipite in esame : risultato POSITIVO

E coli ATCC25922

Figura 6: test di Hodge modificato, stipite positivo in alto, a sinistra controllo positivo, a

destra controllo negativo

Metodo del doppio disco con acido boronico

Mediante questo test viene valutata la capacità dello stipite batterico a produrre l’enzima carbapenemasi di tipo KPC. La procedura, da eseguirsi seguendo rigorosamente le norme

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questione, che viene successivamente stemperata in soluzione fisiologica sterile, fino al raggiungimento di una concentrazione pari allo 0,5 dello standard Mc Farland (McF). Da questa soluzione viene eseguita, a mezzo di un tampone sterile, una semina per spatolamento della sospensione su una piastra di Agar Muller Hinton (MHA), dove sono stati poi deposti un dischetto contenente Imipenem, un dischetto con acido boronico ed un dischetto contenente Meropenem in ragione di 10mcg ciascuno ad una distanza di 10mm bordo-bordo l’uno dall’altro. La piastra è quindi stata incubata per 18/24 h in aerofilia ad una temperatura di 35° C per consentire la moltiplicazione dei microrganismi. In presenza di uno stipite produttore di carbapenemasi KPC, si produce un alone di inibizione slargato o di un alone ”fantasma” tra il disco di carbapenemico e quello contenente acido boronico; l’alone di inibizione corrisponde all’area, in cui l’enzima carbapenemasi KPC non è più capace di agire e dove, dunque, la crescita dello stipite risulta inibita; questo è dovuto al sinergismo tra l’acido boronico ed Imipenem e/o Meropenem, ed il fenomeno è considerato indice di positività per la produzione di carbapenemasi di tipo KPC ( fig7).

Figura 7: Metodo del doppio disco con acido boronico; l’alone di inibizione della

crescita a forma slargata, indica la produzione di KPC da parte dello stipite in esame.

Acido

boronico

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Metodo del doppio disco con EDTA

Mediante questo test viene valutata la capacità dello stipite batterico a produrre l’enzima carbapenemasi di tipo metallo betalattamasi. Con un’ansa sterile è stata prelevata una colonia del microrganismo in questione ed è stata stemperata in soluzione fisiologica sterile fino al raggiungimento di una concentrazione pari allo 0,5 dello standard Mc Farland (McF). E’stata eseguita con tampone sterile una semina per spatolamento della sospensione su una piastra di Agar Muller Hinton (MHA). Sono stati poi deposti un dischetto contenente Imipenem, un dischetto con EDTA ed un dischetto contenente Meropenem 10mcg ciascuno, ad una distanza di 10mm bordo bordo l’uno dall’altro. La piastra è stata incubata per 18/24 h in aerofilia a 35°C.

Analogamente al metodo con acido boronico sopra descritto, il sinergismo tra EDTA ed Imipenem e/o Meropenem e indicato dalla produzione di un alone di inibizione slargato o dalla presenza di un alone”fantasma” tra il carbapenemico e l’EDTA; il fenomeno è considerato indice di positività per la produzione di metallo carbapenemasi (fig 8)

Figura 8: Metodo del doppio disco con EDTA; l’alone di inibizione della crescita a

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RISULTATI

Per la elaborazione dei risultati sono stati eliminati i “doppioni” intendendo come tali i microrganismi appartenenti alla stessa specie, con lo stesso antibiotipo, isolati nello stesso paziente. Nell’anno 2010, dai vari materiali biologici pervenuti al laboratorio di Microbiologia provenienti dai diversi reparti dell’Ospedale di Careggi, sono stati isolati 486 ceppi di Klebsiella pneumoniae: tra questi, 37 risultavano resistenti ai 3 carbapenemi saggiati e 6 ceppi rispondevano ai criteri indicati dal CLSI come sospetti di produzione di carbapenemasi ( MIC≥1 per Ertamenem, sensibilità per Imipenem e Meropenem).Su tutti i 37 stipiti sono stati effettuati i test fenotipici di conferma: il test di Hodge è risultato sempre positivo, la verifica della presenza di metallo carbapenemasi con disco di EDTA ha dato sempre risultati negativi e sempre positivo il test con il doppio disco di acido boronico. Dai risultati è stato rilevato che tutti gli isolati erano produttori di carbapenemasi di tipo KPC; sul totale dei 486 ceppi di Klebsiella pneumoniae isolati dai pazienti, si tratta di una percentuale di circa il 9%. In particolare gli stipiti che mostrano una bassa espressione di KPC, isolati solo nel corso dell’anno 2010 rappresentano un numero piuttosto limitato, per la precisione pari allo 1%.

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Tabella 9 : fenotipo dei ceppi produttori di KPC - secondo semestre 2010

N. Ceppo ETP IPM MEM

Acido

boronico Hodge Test MBL

ceppo1 R R R + + - ceppo2 R R R + + - ceppo3 I S S + + - ceppo4 R R R + + - ceppo5 I S S + + - ceppo6 R R R + + - ceppo7 R R R + + - ceppo8 R R R + + - ceppo9 R R R + + - ceppo10 R R R + + - ceppo11 R R R + + - ceppo12 I S S + + - ceppo13 R R R + + - ceppo14 R R R + + - ceppo15 R R R + + - ceppo16 R R R + + - ceppo17 R R R + + - ceppo18 R R R + + - ceppo19 R R R + + - ceppo20 R R R + + - ceppo21 R R R + + - ceppo22 R R R + + - ceppo23 R R R + + - ceppo24 R R R + + - ceppo25 R R R + + - ceppo26 R R R + + -

Tabella 10: fenotipo dei ceppi produttori di KPC - primo semestre 2010

N. Ceppo ETP IPM MEM

Acido

boronico Hodge Test MBL

ceppo1 R R R + + - ceppo2 R R R + + - ceppo3 I S S + + - ceppo4 R R R + + - ceppo5 I S S + + - ceppo6 R R R + + - ceppo7 R R R + + - ceppo8 R R R + + -

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Andando a verificare l’andamento nel tempo, è emerso che nel I semestre 2010 i casi da cui sono stati isolati stipiti produttori di KPC sono stati 17 mentre nel II semestre 2010 i ceppi isolati sono stati 26 . Esaminando la distribuzione dei casi nel tempo,quindi, si osserva un grosso incremento.

Considerando i dati secondo il reparto di degenza si può vedere come la percentuale maggiore di isolati produttori di KPC sia reperibile nei reparti di medicina, mentre rimane a livelli inferiori negli altri reparti (Grafico 1)

Grafico 1: distribuzione dei casi per reparto di degenza

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 R M M M O M R M M M M M M M M M M Legenda: R Terapia intensiva/Rianimazione M Medicina O Ortopedia ceppo13 R R R + + - ceppo14 R R R + + - ceppo15 R R R + + - ceppo16 R R R + + - ceppo17 R R R + + -

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Infine, è stata valutata anche la distribuzione dei ceppi KPC produttori in relazione al materiale biologico di provenienza; i dati mostrano che circa il 50% degli isolati proviene da urine (Grafico 2).

Grafico 2: distribuzione dei ceppi KPC-produttori nei materiali biologici esaminati

15% 10% 10% 49% 17% 0%0%0%0%0%0%0%0%0%0%0%0%0% BA E SA U VARI

Da notare che,nel medesimo periodo, sono inoltre stati isolati due ceppi di Escherichia coli produttori di carbapenemasi su un totale di 1527 isolati da pazienti, equivalenti ad una percentuale pari allo 0.1%.

Nell’anno 2011 sono stati isolati 350 ceppi di Klebsiella pneumoniae: tra questi 152 Legenda materiali: BA= broncoaspirato SA=Sangue E=Escreato U=Urina Vari= L.ascitico/drenaggio/essudato…..

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sempre positivo il test con il doppio disco di acido boronico. Quindi sul totale dei 350 ceppi di Klebsiella pneumoniae il 43.4% è risultato produttore di KPC. E’ da notare come, a differenza dell’anno precedente, nessuno stipite sia risultato sensibile a Meropenem ed Imipenem, ma resistente ad Ertapenem.

Dai dati ottenuti dall’ Università di Catania che ha utilizzato la metodica PCR per la determinazione del gene blaKPC (98,99) sui 45 ceppi risultati positivi ai test aggiuntivi

da noi eseguiti si è ottenuta, inoltre, la conferma dell’ottima sensibilità/specificità dei test

fenotipici utilizzati in quanto la biologia molecolare ha confermato la presenza del gene e quindi la resistenza di tipo KPC in tutti i ceppi inviati.

Andando poi a verificare l’andamento nel tempo, è emerso che nel 2011 si è avuto un incremento significativo dei casi. (Grafico 3)

Grafico 3: distribuzione dei ceppi KPC-produttori nel tempo

0 5 10 15 20 lugl io asgo sto sett em bre otto bre nove mbr e dice mbr e Gen naio febb raio mar zo april e mag gio giun ìgnoluglio agos to sett em bre otto bre nove mbr e dice mbr e

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Abbiamo voluto anche controllare se ci fossero state variazioni nelle distribuzione per materiale rispetto all’anno precedente. (grafico 4)

Grafico 4: distribuzione dei ceppi KPC-produttori nei materiali biologici esaminati

16% 28% 29% 27% SA RES U VARI Legenda materiali: BA= broncoaspirato SA=Sangue E=Escreato U=Urina Vari= L.ascitico/drenaggio/essudato…..

E’ evidente un incremento nel numero degli isolati da sangue e da materiali vari (liquidi da drenaggio, tamponi da ferita, essudati, ecc..) ed una diminuzione degli isolati urinari.

Per quanto riguarda la distribuzione per reparto nell’anno 2011, pur confermando che il numero maggiore di isolati si evidenzia in medicina, è chiaro che il fenomeno si è esteso ad un numero maggiore di reparti. (Grafico 5)

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Grafico 5: distribuzione dei casi per reparto di degenza 0 2 4 6 8 10 12 14 16 R R M M M M C C C M M M M M M M M M C C O O M M E M M R M M R M M Legenda: R Terapia intensiva/Rianimazione M Medicina C Chirurgia O Ortopedia E Oncoematologia DISCUSSIONE

L’applicazione del test di Hodge modificato allo studio del fenotipo degli stipiti batterici di Klebsiella pneumoniae, isolati dai materiali biologici provenienti da pazienti dei vari reparti dell’ospedale di Careggi si è dimostrato attendibile e soprattutto adatto a numeri molto elevati di campioni.

Abbiamo rilevato la presenza, nell’anno 2010, del 9% di produttori di carbapenemasi per arrivare al 43,4% nel 2011. Nel primo semestre del 2010 i casi sono stati 17 e nel secondo semestre sono stati 26, nel primo semestre del 2011 i casi sono stati 65(44%) e nel secondo semestre sono stati 87 (43%) dunque possiamo dire che il fenomeno ha esibito un andamento nettamente crescente, , anche se, da dati preliminari, sembra che nel 2012

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Comitato di Controllo delle Infezioni Ospedaliere (CCIO) della Azienda Careggi dei dati relativi al primo semestre 2010, è stata stilata una procedura di prevenzione e di contenimento da applicare ad ogni nuovo caso e, inoltre, da gennaio 2011 è entrata in routine la ricerca dei portatori fecali in tutti i ricoverati nei reparti ad alto rischio al fine di poter procedere all’isolamento dei pazienti positivi. Questo tipo di monitoraggio viene eseguito bisettimanalmente. Per quanto riguarda la distribuzione dei casi secondo il reparto di degenza, il numero maggiore degli isolati proviene dai reparti di medicina e di rianimazione/ terapia intensiva,ma, comunque, ormai il fenomeno riguarda tutti i reparti ospedalieri . Da questa ricerca emerge quindi un quadro di estesa diffusione di stipiti carbapenemasi produttori fra gli isolati di Careggi, e, considerata la situazione attuale delle resistenze batteriche, anche a mezzo di questo particolare meccanismo, il quadro sembra particolarmente preoccupante. Una spiegazione del fenomeno può essere ricercata nell’uso indiscriminato di carbapenemi nella terapia antibiotica delle affezioni da Gram negativi, che ha portato alla selezione di mutanti resistenti. E', tuttavia, doveroso sottolineare la difficoltà del clinico nella scelta della terapia appropriata per il trattamento dei pazienti affetti da infezioni da microrganismi Gram negativi, che è legata alla particolare situazione epidemiologica di Careggi in cui circa il 30% degli Enterobatteri isolati è produttore di beta lattamasi a spettro esteso (ESBL) i quali non rispondono né alle penicilline, né alle cefalosporine.

A questo è sicuramente da aggiungere la capacità che hanno i batteri di acquisire facilmente nuovi meccanismi di resistenza principalmente attraverso il passaggio di elementi genetici mobili, il che può avvenire sia all’interno della stessa specie che tra specie diverse. La prima iniziale descrizione delle carbapenemasi, come enzimi specie specifici e codificati dal cromosoma batterico, è stata seguita più recentemente dalla

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distribuzione dei casi rispetto ai materiali da cui gli stipiti sono stati isolati, circa il 50% di essi provengano da urina, che è un materiale particolarmente favorevole al trasferimento di elementi genetici mobili tra i microrganismi; il trasferimento dei geni potrebbe, successivamente, espandersi anche alle altre matrici biologiche. Questa ipotesi trova fondamento nella dinamica che è già stata seguita dal fenomeno dell’espansione dei geni codificanti la sintesi di ESBL (Beta Lattamasi a Spettro Esteso): anche in quel caso, inizialmente il maggior numero di microrganismi resistenti è stato reperito nel materiale urinario, quindi successivamente, il fenomeno si è esteso anche alle altre matrici biologiche.

CONCLUSIONI

Lo studio ha rilevato una situazione di estesa diffusione di stipiti carbapenemasi produttori fra gli isolati di Careggi, caratterizzata da una tendenza all’incremento del fenomeno a partire dal primo semestre del 2010 ad oggi.

Considerata la situazione attuale delle resistenze batteriche basata su questo particolare meccanismo, possiamo asserire di essere in uno stato di allarme principalmente per una serie di motivi esposti di seguito:

- spesso il fenomeno della produzione della carbapenemasi si manifesta in patogeni che causano infezioni difficili da trattare, di conseguenza, a queste infezioni è associato un elevato tasso di mortalità;

- pochissimi sono i farmaci disponibili per il trattamento di queste infezioni, e parallelamente il fenomeno della multiresistenza sta evolvendo verso la totiresistenza; - la ricerca di nuovi farmaci attivi per le specie Gram negative è sostanzialmente stazionaria da vari anni;

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- dato che, insieme alle infezioni respiratorie, quelle urinarie sono le più frequenti infezioni ospedaliere, rischiamo di trovarci, in ospedale, in una situazione molto vicina a quella dell’era preantibiotica.

Considerato che gli episodi di fallimenti terapeutici dovuti alla produzione di carbapenemasi sono stati inizialmente considerati da alcuni eventi relativamente rari, e probabilmente, di conseguenza, sono stati trattati in modo inadeguato, soprattutto dal punto di vista delle misure preventive, è probabile che questa linea di condotta abbia contribuito a fare costantemente incrementare le descrizioni di ulteriori episodi di fallimento terapeutico in cui sono coinvolte le carbapenemasi. La consapevolezza dell’ingresso di questi enzimi in un ambiente ospedaliero e delle relative conseguenti implicazioni cliniche è il primo segnale che i microbiologi clinici debbono considerare con estrema attenzione per poter affrontare nel modo corretto questo problema.

In questo contesto, il ruolo del laboratorio diventa fondamentale: poiché per la ricerca di questi enzimi, i livelli di MIC più elevati non sono sempre chiaramente evidenti, né la resistenza KPC mediata è rilevabile dai metodi in uso routinario, il laboratorio è chiamato sia a mettere in pratica correttamente le tecniche di indagine specifiche, ad oggi disponibili, nonché ad attuare il loro costante e tempestivo aggiornamento, in modo da poter rilevare in modo specifico ed accurato questo tipo di resistenza.

In questo quadro, allo scopo di arginare il fenomeno, trova senz’altro corretta collocazione l’implementazione delle pratiche per il controllo delle infezioni, nonché la messa in atto di rigorose misure di prevenzione e di contenimento, condizioni entrambe necessarie per limitare la diffusione di questi enzimi, il tutto tramite l’intervento attraverso i comitati delle infezioni ospedaliere e mediante un’opera di informazione

Figura

Tabella 1a - Resistenze naturali delle Enterobacteriaceae agli antibiotici
Tabella 1b-Resistenza intrinseca in batteri Gram-negativi non fermentanti
Tabella 1c-Resistenza intrinseca in altri Batteri Gram-negativi di interesse clinico
Figura 1: struttura di base dei carbapenemi
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