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Nimodipina superselettiva intraarteriosa nel vasospasmo severo post ESA: esperienza della AOUP.

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1) Introduzione.

a) Definizione di ESA.

Per emorragia subaracnoidea (detta anche ESA) si intende un sanguinamento che ha luogo nell'area compresa tra l'aracnoide e la pia madre, chiamata appunto spazio subaracnoideo. Le cause di questo sanguinamento si dividono in (in ordine di frequenza):

-rottura di aneurisma cerebrale o di MAV (malformazione artero-venosa); circa 85% -traumi cranici; circa 10%

-idiopatica ; rari; in questo caso non si riesce ad attribuire una causa al sanguinamento subaracnoideo in questione.

La frquenza varia molto in dipendenza della popolazione presa in considerazione: si passa pertanto dai 2,2 casi ogni 100.000 abitanti in Cina fino ai quasi 37 casi ogni 100.000 in Finlandia; il picco di età è tra i 50 ed i 60 anni, e le donne solo più colpite degli uomini.

Gli aneurismi sono evidentemente la causa di gran lunga più frequente; si tratta di lesioni sostanzialmente non comuni, con una frequenza stimata di 1-8% nella

popolazione generale, prendendo in considerazione autopsie ed esami angiografici (1-4). Questi aneurismi sono dilatazioni delle arterie cerebrali e si presentano in diverse forme nell'ambito del sistema nervoso centrale. La loro esistenza fu per la prima volta riconosciuta nella seconda metà del '800 da Hermann Lebert, a Breslavia, che

affermò semplicemente che 'in un certo numero di casi la diagnosi di aneurisma cerebrale è possibile' con la conclusione che 'la prognosi rimane per lo più infausta.' Da quel momento un certo numero di avanzamenti e scoperte si sono susseguite negli anni: nel 1927 Moniz intrdusse l'angiografia cerebrale; negli anni 50 furono

sviluppate le prime clip vascolari. Comunque, è stato solo dopo l'avvento della microchirurgia che la frequenza di mortalità e morbilità è stata realmente diminuita. Nonostante questi progressi, l'emorragia subaracnoidea (acronimo inglese 'SAH') rimane una patologia con un'altissima mortalità e morbilità; addirittura, la mortalità

(2)

nel primo mese, considerando sia i pazienti trattati sia i pazienti non trattati, si avvcina al 50 % (1).

b) Aneurismi cerebrali.

L'aneurisma è una dilatazione localizzata, abnorme, di un vaso. Gli aneurismi cerebrali vengono classificati nel seguete modo:

-aneurismi sacciformi o a bacca -fusiforme

-micotico o infettivo -diffuso

-globoso

La tipologia di aneurisma alla base dell'emorragia subaracnoidea è il sacciforme: circa il 90% di questi è situato nella porzione anteriore del poligono del Willis e le localizzazioni più comuni sono:

-in prossimità dell'arteria comunicante anteriore -all'origine dell'arteria comunicante posteriore

-alla prima importante biforcazione della cerebrale media

-alla biforcazione della carotide interna con le arterie cerebrali media e anteriore L'aneurisma micotico è causato da un embolo settico che indebolisce la parete del vaso in cui si localizza (2); gli altri tre devono il loro nome alle caratteristiche morfologiche e consistono in una dilatazione o un ingrossamento dell'intera

circonferenza del vaso interessato, generalmente la carotide interna, la vertebrale e la basilare. Vengono spesso definiti aneurismi aterosclerotici, dato che frequentemente si riscontrano depositi ateromatosi nella loro parete, ma è probabile che siano almeno in parte di natura malformativa. Alcuni sono giganti e coprimono le strutture

circostanti; possono essere occlusi da un trombo e solo raramente vanno incontro a rottura (3).

Da qui in avanti, quando si parlerà di aneurisma cerebrale senza ulteriore specificazione, si tratterà degli aneurismi sacciformi.

(3)

Etiopatogenesi:

Gli aneurismi cerebrali sono lesioni acquisite correlate con lo stress emodinamico che si esercita sulla parete vascolare, aumentato nelle sedi di biforcazione arteriosa (4). E' interessante notare che gli aneurismi sacciformi si sviluppano solamente nell'ambito della circolazione intracranica; ciò accade perchè le arterie intracraniche presentano alcune peculiarità: una tonaca avventizia particolarmente sottile, la mancanza della lamina elastica esterna, e la situazione nell'mabito dello spazio subaracnoideo, senza supporti fisici da tessuti adiacenti, (mezzi di contenimento) che in caso di rottura appunto, non offrono la benchè minima resistenza allo stravaso emorragico. Le sezioni istologiche degli aneurismi sacciformi e delle loro biforcazioni associate mostrano che la tonaca muscolare e la lamina elastica interna si interrompono

bruscamente a livello del colletto aneurismatico. I fattori predisponenti la formazione dell'aneurisma rendono ragione della localizzazione più frequente, che è appunto nei punti di maggior stress emodinamico, dove sono presenti cioè biforcazioni e brusche curvature del vaso. Nonostante gli aneurismi si considerino acquisiti, si riportano casistiche variabili da 0,5% al 4,6% di aneurismi cerebrali riscontrati in bambini, il che indica un ruolo di fattori vascolari intrinseci nel loro sviluppo (5). Molte

condizioni patologiche sono associate allo sviluppo di aneurismi intracranici (6), come mostrato nella tabella seguente:

1-aumento della pressione arteriosa displasia fibromuscolare

malattia del rene policistico coartazione aortica

2-aumento del flusso sanguigno

malformazioni cerebrali arterovenose (MAV) aplasia, ipoplasia vascolare collaterale

persistenza di anastomosi carotido-giugulare 3-malattie dei vasi sanguigni

(4)

lupus eritematoso sistemico malattia moyamoya 4-patologie genetiche ehler-danlos marfan osler-weber-rendu pseudoxantoma elastico klipper-trenaunay-weber 5-congenite

circolazione fetale persistente

circolazione arteriosa assente o ipoplasica 6-tumori metastatizzati alle arterie cerebrali mixoma atriale coriocarcinoma carcinomi indifferenziati 7-infezioni batteriche fungine

Tutte queste patologie risultano in un indebolimento della parete vascolare, facilitando la formazione di un aneurismi.

c) MAV.

Una malformazione arterovenosa è costituita da un groviglio di vasi dilatati che crea un'anomala comunicazione tra il sistema arterioso e quello venoso, cioè una vera fistola arterovenosa. Si tratta di un'anomalia di sviluppo legata alla peristenza di un modello vascolare embrionale, non una neoplasia, sebbene i vasi che la costituiscono proliferino e si ingrandiscano con il passare del tempo.

(5)

imperfezione di pochi millimetri di diametro localizzata nella corteccia o nella sostanza bianca, fino ad un enorme ammasso di canali tortuosi che costituisce uno shunt artero-venoso di ampiezza tale, in rare circostanze, da portare allo sviluppo di un circolo iperdinamico, con aumento cioè della gittata cardiaca. Le malformazioni arterovenose possono essere localizzate in tutte le parti del cervello, del tronco, del cervelletto e del midollo spinale, ma le più ampie si osservano più frequentemente nella parte centrale di un emisfero cerebrale, formando di solito una lesione a forma di cuneo che si estende dalla corteccia al ventricolo; nel 90 % dei casi si localizzano in sede sovratentoriale. Quando si verifica un'emorragia, il sangue può penetrare nello spazio subaracnoideo provocando un quadro quasi identico a quello della

rottura di un aneurisma sacciforme, ma di solito meno grave; poichè la maggior parte delle MAV si trova all'interno del parenchima cerebrale, è più probabile che anche il sanguinamento sia intraparenchimale, con segni e sintomi tipici di questa affezione (3).

d) Diagnosi di aneurisma e MAV senza sanguinamento.

La diagnosi pre-sanguinamento non è affatto agevole. Il maggior numero di aneurismi infatti rimane latente fino alla rottura. Alcuni di essi possono essere evidenziati nel corso di un esame angiografico eseguito in occasione della rottura di un altro aneurisma, oppure perchè sono stati ricercati appositamente in soggetti a rischio per antecedenti familiari o altre patologie associate allo sviluppo di aneurismi intracranici (vedi tabella precdente per le patologie).

In altri casi l'aneurisma può essere sintomatico, sostanzialmente con due presentazioni:

-può causare accidenti ischemici transitori o permanenti, per mezzo di embolie distaccate da una trombosi intrasacculare.

-può generare una sintomatologia compressiva, che si estrinsecherà di volta in volta con segni e sintomi differenti, a seconda della localizzazione topografica

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--l'aneurisma a livello del seno cavernoso può manifestarsi con compressione del trigemino, dei nervi motori oculari, del simpatico pericarotideo o con segni di ripercussione sulle vene del seno;

--l'aneursma infraclinoideo comprime il nervo ottico e può dare quindi ambliopia unilaterale ed atrofia ottica;

--l'aneurisma sopraclinoideo simula un tumore soprasellare e comporta qualche volta dei segni ipotalamici;

--gli aneurismi vertebro-basilari possono simulare un tumore della fossa posteriore quindi dare cefalee occipitali, segni cerebellari piramidali, e segni di compressione dei nervi cranci. Di solito si tratta di dilatazioni aneurismatiche voluminose, visibili già all'esame TC.

Gli aneurismi non rotti sintomatici devono essere trattati se tecnicamente possibile. Al contrario, sembra preferibile non ricorrere al trattamento (chirurgico o

endovascolare) nel caso di un piccolo aneurisma asintomatico (sotto i 10 mm) e quando non c'è una storia di emorragia subaracnoidea dovuta ad altro aneurisma. Le MAV sono invece frequentemente riconoscibili anche prima della rottura, e si possono manifestare con:

-epilessia: crisi focali o meno frequentemente generalizzate; rileva l'aneurisma nel 30% dei casi.

-emicrania.

-segni neurologici deficitari: emiplegia, disturbi psichici come modificazioni del carattere o decadimento intellettivo progressivo, conseguenze dell'atrofia del parenchima cerebrale circostante la lesione (3).

e) Manifestazioni dell'emorragia subaracnoidea.

L'emorragia subaracnoidea è un'emergenza, pertanto una rapida identificazione e stabilizzazione dei pazienti è di primaria importanza. Sfortunatamente, la mortalità precoce dovuta all'emorragia iniziale si avvicina al 30%, rendendo l'approccio medico spesso infruttuoso. Nonostante questo, tempestivi trattamenti possono

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diminuire cospicuamente la successiva mortalità e morbidità.

I sintomi e segni che si possono riscontrate dipendono sostanzalmente dall'irritazione meningea e dall'aumento della pressione endocranica.

Tra i primi si annoverano: -segno di Kernig

-segno di Brudzinski -rigor nucalis

-decubito obbligato a canne di fucile

-la più importante manifestazione d'esordio è comunque rappresentata dalla cefalea, spesso riferita dai pazienti come 'il peggior mal di testa della mia vita'; è improvvisa, 'a scoppio', considerabile come la conditio sine qua non dell'ESA (7).

Un certo numero di fattori è ritenuto facilitante la rottura dell'aneurisma: fumo di sigaretta e alcol sono associati ad un aumento della frequenza di rottura; è anche riconosciuto che picchi ipertensivi e rapide oscillazioni della pressione venosa e del liquido cerebrospinale aumentano la possibilità di rottura. E' interessante notare che circa il 30% delle ESA insorgono durante il sonno. Varie attività quotidiane che incrementano la pressione endocranica sono associate ad aumento della fequenza di rottura, di difficile quantificazione percentuale: si tratta della defecazione e dei rapporti sessuali.

In uno studio di Sah et co. fu trovato che il 10-15 % dei pazienti con aneurisma rotto avevano sintomi correlati prima della rottura: cefalea nel 48%, vertigini nel 10%, dolore orbitario 7%, diplopia 4%, perdita del visus 4% (8,9).

-Il vomito si presenta spesso insieme alla cefalea; si tratta di vomito improvviso, anche detto 'a getto', non accompagnato da nausea.

-Decadimento dello stato di coscienza: il paziente con ESA all'esordio può presentarsi da completamente vigile e cosciente ad in coma; per valutare questo parametro si utilizza il GCS, i cui valori indicano la gravità del quadro endocranico e correlano con la prognosi (vedi dopo).

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possono essere una grave ipertensione endocranica da ESA massiva, un edema polmonare neurogeno, od un'aritmia cardiaca (6).

Altri manifestazioni sono quelle sistemiche: febbre (di origine centrale, ipotalamica), ipertensione arteriosa (può essere un compenso emodinamico atto a contrastare l'aumento di pressione intracranica, nel tentativo di aumentare la pressione di

perfusione cerebrale), modificazioni elettrocardiografiche specifiche, quali anomali delle onde T e U, nonchè prolungamento dell'intervallo Q-T (10). Dal punto di vista idro-elettrolitico, andranno indagati eventuali squilibri, dal momento in cui una certa percentuale di casi di ESA può presentare già dall'esordio un quadro di inappropriata secrezione dell'ormone antidiuretico (SIADH).

f) Diagnosi di ESA.

L'esame strumentale principe per la diagnosi di ESA è la TC cranio; nei rari casi di TC negativa, è indicata la puntura lombare.

La Tc cranio ha una sensibilità vicina al 100% nell'individuare sangue quando viene effettuata entro 24 ore, con la probabilità che scende al 50 % in una settimana, al 30% dopo due settimane, ed è quasi zero dopo 3 settimane (11). Dovrebbe essere posta particolare attenzione alla localizzazione del sangue, la presenza di idrocefalo, la presenza di sangue nell'ambito dei ventricoli cerebrali e nello spazio sottodurale. Gli scopi della Tc possono essere riassunti in:

-identificare la presenza di un sanguinamento intracranico

-identificare la presenza di effetto massa dell'emorragia (coagulo) in grado di causare deterioramento neurologico

-valutare i ventricoli per la presenza di idrocefalo

E' di primaria importanza che l'idrocefalo e l'effetto massa del coagulo siano

individuati e trattati precocemente, soprattutto nei casi severi con un GCS basso. In questi pazienti infatti è prioritario il trattamento della causa condizionante

l'ipetensione endocranica e quindi il basso punteggio di Glasgow (12). I segni di idrocefalo sono distintivi e consistono in avanzamento dei corni frontali, slargamento

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rostro-caudale dei ventricoli, ed edema periventricolare. La craniotomia di urgenza è indicata nei casi severi (paziente in coma) anche senza esecuzione di angiografia cerebrale, qualora il coagulo occupante spazio è ritenuto essere la causa della

scadente condizione neurologica. Inoltre, una rapida ventricolostomia è indicata nei casi gravi con idrocefalo, perchè in grado di diminuire drammaticamente la pressione endocranica.

TC negativa:

occasionalmente ci sono pazienti con una storia altamente suggestiva per ESA, ma con una TC cranio negativa. In questi casi è indicata, come già affermato

precedentemente, la puntura lombare. La xantocromia infatti compare nel liquido cerebrospinale già tre ore dopo l'emorragia subaracnoidea, e la sua presenza in assenza di sangue visibile alla TC pone l'indicazione all'angiografia cerebrale. Ci sono casistiche che dimostrano che a due settimane dall'ESA la xantocromia nel liquido cerebrospinale persiste nel 100% dei casi, e che la frequenza di questo reperto scende al 70% nella settimana successiva (13). E' ormai accettato che la negatività alla Tc cranio e all'esame del liquido cerebrospinale esclude la presenza di un'ESA. Emorragia perimesencefalica:

si tratta di una tipologia di ESA caratterizzata da una buona prognosi a lungo termine. La TC di questa entità mostra tipicamente sangue cisternale con localizzazione

immediatamente anteriore alla tronco encefalico. E' comune l'estensione alle parti basali della scissura silviana. Può esitare in idrocefalo con una fequenza inferiore a quella vista per le altre ESA da rottura di aneurisma; si pensa che in questo caso l'idrocefalo sia dovuto al blocco del flusso del liquido cerebrospinale a livello dello iato tentoriale, a causa della presenza di sangue nella cisterna perimesencefalica (14). Rimanendo comunque questa una diagnosi di esclusione, è comunque obbligatorio eseguire anche una angiografia cerebrale completa.

(10)

Angio TC:

questa metodica consiste in una TC tridimensionale dei vasi cerebrali con l'uso di contrasto. Utilizza immagini ottenute da una TC standard con contrasto per generare immagini tridimensionali dei vasi intracranici più rapidamente e con una minor spesa rispetto alla risonanza magnetica o all'angiografia. Rispetto all'angiografia, questa metodica di studio dei vasi è più veloce, non ha bisogno di cannulazione arteriosa, e tramite l'elaborazione computerizzata permette di visualizzare l'aneurisma da ogni angolo (15); è particolarmente indicata per la valutazione dei rapporti tra aneurismi oftalmici e processo clinoideo.

Angiografia cerebrale:

questo esame rimane lo standard per la diagnosi di aneurismi intracranici. Devono essere ottenute immagini con sottrazione digitale di tutti i quattro principali vasi cerebrali con proiezioni anteroposteriori, laterali e oblique, per studiare

adeguatamente l'aneurisma. Generalmente si infonde il mezzo di contrasto in entrambe le arterie carotidi interne per visualizzare il circolo arterioso anteriore. Il circolo posteriore può essere studiato infondendo una sola arteria vertebrale, nella misura in cui il reflusso nell'arteria vertebrale opposta permetta la precisa

visualizzazione dell'arteria cerebellare posteroinferiore controlaterale. Una volta riscontrata la presenza di un aneurisma, lo scopo principale è quello di mettere in luce chiaramente la sua anatomia, con particolare attenzione prestata alla descrizione del colletto dell'aneurisma. Utilizzando la localizzazione del sangue nelle immagini TC come una guida, il neuroradiologo inietterà il contrasto per prima cosa nel vaso che sembra essere la sede di insorgenza del sanguinamento, in maniera tale da ottenere il prima possibile immagini che descrivano l'aneurisma in causa, nell'evenienza in cui si debba sospendere l'esame a causa di sopraggiunta instabilità del paziente.

E' noto che l'angiografia eseguita entro le prime sei ore possa aumentare l'incidenza di un secondo sanguinamento, ma l'importanza di trattare il prima possibile i casi di

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ESA con buon GCS evitando un devastante secondo sanguinamento è enormemente più rilevante, tanto da non far prendere in considerazione questo comunque raro rischio.

Le possibili compicanze dell'angiografia cerebrale sono dovute all'utilizzo del mezzo di contrasto, o a perturbazioni dell'emodinamica intracerebrale. Le prime consistono in reazioni allergiche al mezzo di contrasto, nonchè la nefrotossicità che può esitare da quest'ultimo. Le seconde, riscontrabili in pazienti ad alto rischio, sono

rappresentate da TIA e dalla TGA (transient global amnesia), una sindrome generalmente dalla prognosi eccellente.

g) Grading clinico.

una volta eseguita la diagnosi di ESA, il paziente deve essere classificato a seconda della gravità clinica, in modo tale da pianificare il trattamento e formulare la

prognosi. Le principali sale di giudizio sono tre: -GCS

-scala di Hunt e Hess -scala di Fisher

GCS:

la Glasgow coma scale è una scala di gravità neurologica, probabilmente la più usata al mondo. E' stata sviluppata dai neurochirughi Graham Teasdale e Bryan Jennet per tenere traccia dell'evoluzione clinica dello stato del paziente in coma: essa si basa su tre tipi di risposta agli stimoli (oculare, verbale e motoria) e si esprime sinteticamente con un numero che è la somma delle valutazioni di ogni singola funzione (Eye,

Verbal, Motor). Può essere applicata ogni qualvolta si voglia stabilire la gravità della compromissione dello stato neurologico di un paziente, al di là della causa del deficit stesso; l'unico limite è rappresentato dall'età. Non si usa infatti al di sotto dei 36 mesi di vita, motivo per cui è stata sviluppata la pediatric Glasgow coma scale. Essa si

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basa su tre tipi di risposta agli stimoli (oculare, verbale e motoria) e si esprime sinteticamente con un numero che è la somma delle valutazioni di ogni singola funzione (Eye, Verbal, Motor) (16).

Ad ogni tipo di stimolo viene assegnato un punteggio e la somma dei tre punteggi costituisce l'indice GCS; in alternativa, tale indice può venire espresso in forma analitica (EVM) con i tre punteggi separati. L'indice può andare da 3 oppure E1 V1 M1 (coma profondo) a 15 oppure E4 V5 M6 (paziente sveglio e cosciente).

Best Eye response (apertura occhi) 1 - nessuna apertura degli occhi

2 - apertura degli occhi in risposta a stimoli dolorosi 3 - apertura degli occhi in risposta a stimoli verbali 4 - apertura degli occhi spontanea

Best Verbal response (risposta verbale)

1 - nessuna risposta verbale, nessun suono (o paziente intubato) 2 - suoni incomprensibili

3 - parla e pronuncia parole, ma incoerenti 4 - confusione, frasi sconnesse

5 - risposta orientata e appropriata Best Motor response (risposta motoria) 1 - nessun movimento

2 - estensione al dolore (si irrigidisce: risposta decerebrata) 3 - flessione al dolore (lenta, distonica: risposta decorticata)

4 - retrazione dal dolore (si ritrae rapidamente se viene applicato uno stimolo doloroso)

5 - localizzazione del dolore (cerca lo stimolo doloroso) 6 - in grado di obbedire ai comandi

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Per valori di GCS uguali o inferiori a 8 il paziente in coma, e bisogna pertanto procedere ad intubazione orotracheale per preservare le vie aeree da inalazione, poichè a questo livello di stato di coscienza i riflessi della deglutazione sono aboliti. I pazienti colpiti da ESA con una GCS iniziale uguale od inferiore a 8 hanno una prognosi scadente, che aumenta con l'aumentare del punteggio e quindi con il miglioramento dello stato di coscienza.

Scala di Hunt e Hess:

questa scala valuta segni e sintomi tipici dell'ESA, dividendo i pazienti in sei gradi, ad ognuno dei quali corrisponde una certa mortalità (17). E' una scala specifica per questo tipo di pazienti, non applicabile a nessun altra condizione morbosa.

Grado 0: aneurisma non rotto

Grado 1: leggera cefalea, paziente vigile ed orientato, minima rigidità nucale quando presente

Grado 2: franca rigidità nucale, cefalea moderata-severa, paziente vigile ed orientato, nessun deficit neurologico (Besides CN Palsy)

Grado 3: letargia e confusione mentale, moderati deficit neurologici focali Grado 4: paziente stuporoso, severi deficit neurologici focali

Grado 5: paziente in coma, gravi segni neurologici (es. decerebrazione)

La mortalità è di circa il 30/ per il grado 1, 40% per il secondo, 50% per il terzo, 80% per il quarto e ben il 90% per il grado 5.

E' possibile correlare la scala di Hun e Hess con il GCS, dal momento in cui entrambi si riferiscono al grado di impairment neurologico del paziente: pazienti con Hunt e Hess fino a 3 hanno un GCS superiore a 8; i pazienti con un grado Hunt e Hess di 4 e 5 sono in coma, hanno quindi un GCS uguale od inferiore a 8 e necessitao pertanto di intubazione oro-tracheale.

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Scala di Fisher:

si tratta di una scala diversa dalle precedenti, in quanto non prende in considerazione la clinica del paziente, bensì un altro parametro: valuta la quantità globale di sangue presente nello spazio subaracnoideo (18).

Grado 1: sangue non identificato

Grado 2: sangue diffuso o strati di < 1 mm di spessore Grado 3: raccolta localizzata o strati > 1 mm

Grado 4: ematoma intracerebrale o interventricolare Grado 5. ESA diffusa

h) Trattamento dell'ESA da rottura di aneurisma.

lo scopo principale dell'intervento chirurgico è quello di impedire il risanguinamento dell'aneurisma che ha già dato un'ESA, evenienza di una certa frequenza che peggiora notevolmente la prognosi. La scelta della terapia da effettuare è in parte condizionata dalla gravità clinica del paziente, oltre che, ovviamente, alle caratteristiche

anatomiche e topografiche dell'aneurisma.

Per quanto riguarda la terapia chirurgica, esistono due possibilità:

-intervento neurochirurgico: è il primo approccio ad essere stato sviluppato; in anestesia generale, viene eseguita la craniotomia e viene esposto l'aneurisma; questo viene escluso dalla circolazione a mezzo di una o più clip metalliche (oggi tutte in titanio). E' l'intervento classico, spesso risolutivo, ma gravato da complicanze come lo sono tutti gli interventi chirurgici.

In alcuni casi, a causa dell'impossibilità tecnica di posizionare la clip, si ricorre al cosiddetto wrapping; la sacca aneurismatica viene ricoperta con materiali emostatici, colla di fibrina e altro, in maniera tale da favorire la fibrosi della tonaca avventizia e quindi aumentare la parete vascolare dell'aneurisma, in modo da rendere più difficile la sua successiva fissurazione.

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indicazioni ed è ad oggi in alcuni centri più utilizzato dell'approccio chirurgico standard. Consiste nell 'intervento di embolizzazione, talvolta assistito da posizionamento di stent endovascolari. (da metterci altra roba)

i) Complicanze dell ESA.

le tre più importanti fonti di morbidità dell'ESA sono rappresentate dal risanguinamento (rebleeding), dall'idrocefalo, e dal vasospasmo.

Rebleeding:

si tratta della complicanza più temuta del decorso di un'ESA, con una mortalità del 51-80% (19). L'incidenza è più alta nelle prime 24-48 ore dopo la rottura iniziale, nonostante ci siano alcune controversie su questo tema, dal momento in cui ci sono autori che hano dimostrato un picco di incidenza in terza settimana, mentre altri tra la quarta e la nona giornata. Nonostante ciò, si può dire con certezza che il rischio sia più alto nelle prime due settimane, un dato questo nettamente a favore dell'early surgery. Per diminuire il rischio di risanguinamento vene talvolta somministrato l'acido tranexamico, un agente antifibrinolitico.

I fattori di rischio che possono condurre ad un risanguinamento sono: ipertensione, ansia, agitazione, convulsioni; si dovrà quindi monitorare il paziente a rischio, trattanto i fattori di rischio, senza però esagerare causando una altrettanto dannosa ipoperfusione iatrogena. Gli ipertesi noti dovrebbero continuare ad assumere la loro terapia antiipertensiva, il dolore dovrà essere trattato quale possibile causa

dell'aumento dei valori pressori.

Le convulsioni rappresentano un'evenienza comune nel dopo ESA. Insorgono nel 13-24% dei pazienti, più comunemente nelle prime 24 ore dal sanguinamento. Per questo motivo è opportuno utilizzare un antiepilettico a dosaggio pieno; solitamente viene somministrata la fenitoina, che viene mantenuta per almeno 4 settimane dopo l'evento, e successivamente gradualmente sospesa.

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Idrocefalo:

l'idrocefalo secondario ad ESA insorge in due forme distinte, una acuta ed una ritardata. La seconda è di interesse nel postoperatorio, pertanto non verrà trattata in questo paragrafo. L'idrocefalo acuto insorge normalmente entro i sette giorni

successivi al sanguinamento, è causato da una compromissione della circolazione del liquido cerebrospinale, che risulta in una aumento della pressione intracranica e degli spazi ventricolari. I pazienti con idrocefalo acuto subito dopo un'ESA hanno spesso condizioni cliniche più scadenti, verosimilmente per una diminuzione del flusso ematico cerebrale. I fattori clinici e radiologici associati ad un aumento del rischio di sviluppare idrocefalo sono qua riassunti (20):

-età avanzata

-ipertensione pre-esistente -ipertensione nel postoperatorio -emorragia intraventricolare

-massiccia diffusione del sangue nello spazio subaracnoideo -spessa raccolta focale di sangue subaracnoideo

-aneurisma della circolazione posteriore -deficit ischemici focali

-uso preoperatorio di farmaci antifibrinolitici -iponatriemia

-compromissione dello stato di coscienza all'ammissione

Il trattamento dell'idrocefalo acuto è la derivazione ventricolare esterna: drenando liquor all'esterno si diminuisce la pressione endocranica, e le condizioni cliniche possono talvolta migliorare drasticamente nell'arco di pochissimo tempo. La

decisione sull'esecuzione di questa procedura dipende dalla severità dell'irdocefalo, da valutare con la clinica ed i reperti radiologici; sicuramente un paziente con

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ottundimento del sensorio e ventricoli dilatati merita una veloce ventricolostomia, mentre un atteggiamento più conservativo è da tenere in quei pazienti con leggera compromissione dello stato di coscienza e minima dilatazione radiologica dei ventricoli; questi soggetti andranno osservati per intervenire qualora le condizioni cliniche peggiorino.

I rischi dovuti al posizionamento di una derivazione ventricolare esterna sono essenzialmente infettivi, c'è anche un lievissimo aumento del rischio di

risanguinamento, che scompare se messo a confronto con le conseguenze

dell'omissione dell'effettuazione della ventricolostomia (21). Infatti si tratta di una procedura con bassa morbidità, che migliora spesso assai velocemente la clinica dei pazienti; il miglioramento clinico cambia spesso anche la successiva gestione dei pazienti, visto che rende molti di loro, proprio in virtù del miglioramento, eleggibili per la l'esclusione dell'aneurisma, sia essa per via endovascolare o per via chirurgica tradizionale. La clinica rimane comunque la guida principale: Bailes et al. hanno infatti osservato come la ventricolostomia in pazienti con scarso grading clinico ma senza evidenza di ventricolomegalia alla TC, presentavano alti valori di pressione endocranica; successivamente alla ventricolostomia si è registrata una veloce diminuzone della PIC ed un deciso miglioramento clinico.

Vasospasmo:

il vasospasmo cerebrale insorge circa 3-14 giorni dopo l'ESA. Appare

angiograficamente nel 30-70% dei pazienti, diventa sintomatico nel 20-30% con una percentuale di morte o morbidità permanente nel 10-20% dei casi (22). Dal punto di vista anatomo-patologico il vasospasmo si caratterizza per significativi cambiamenti patomorfologici nei vasi sanguigni delle arterie cerebrali. L'endotelio va incontro a vacuolizzazione, perdita della polarizzazione cellulare e desquamazione, la fibrosi si diffonde invece nell'ambito del connettivo che separa la tonaca muscolare

dall'endotelio. Pare che questi cambiamenti morfologici, insieme ad un'anormalità del meccanismo di contrattilità vascolare, portano ad un'alterazione della risposta

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fisiologica ed al mantenimento stabile di un lume vascolare ristretto.

Quale sia la causa precisa di questo meccanismo non è chiaro; si assume l'etiologia prima risieda nella presenza di coaguli sanguigni nello spazi subaracnoideo che coprono la superficie dell'avventizia delle arterie cerebrali; la distribuzione vascolare del vasospasmo e la sua severità correlano infatti strettamente con la sede e le

dimensioni dei coaguli subaracnoidei.

La sostanza che sembra giocare il ruolo più importante nell'insorgenza di questa risposta vascolare sembra essere l'oxiemoglobina (23); si è infatti dimostrato in un modello animale di ESA, che l'ossiemoglobina può oltrepassare il muscolo liscio e l'endotelio, e che il gradi vasospasmo correla con la quantità totale di emoglobina presente. E' stato inoltre dimostrato che i farmaci chelanti il ferro funzionano come inibitori del vasospasmo, il che fa pensare che sia l'anello ferrico dell'eme il

responsabile di questa complicanza. Il preciso meccanismo col quale l'oxiemoglobina faccia da innesco ad una cascata di cambiamenti biologici e fisiologici che portano al vasospasmo è però tuttora non chiara. Un certo numero di sostanze sono state

considerate come implicate in questo meccanismo, dando luogo ad altrettante

prospettive per possibili terapie. La risposta immuno-infiammatoria è stata imputata come causa precoce dell'insorgenza del vasospasmo nell'immediato periodo post ESA; si è ipotizzato che questo processo coinvolga la lisi degli eritrociti e

l'attivazione delle proteine del complemento.

In modelli sperimentali anche l'aumento dei radicali liberi si è dimostrato

responsabile di aumentare lo spasmo, e vari metaboliti dell'acido arachidonico sono localmente aumentati; l'endotelina 1, agente vasocostrittore, è aumentato nel liquido cerebrospinale dei pazienti con vasospasmo post ESA (24). Un problema notevole da prendere in cosiderazione è la particolare micro-anatomia dei vasi cerebrali: dal momento in cui questi sono sprovvisti di vasa vasorum, il coagulo periavventiziale fa da barriera al trasporto degli agenti farmacologici direttamente alla parete vascolare.

(19)

l) Obiettivi del postoperatorio.

Gli obiettivi nel postoperatorio sono il mantenimento di un’adeguata pressione di perfusione, il controllo dell’edema cerebrale e quindi della pressione endocranica e la prevenzione delle convulsioni. L’estubazione del paziente avviene qualora le

condizioni cliniche a fine intervento lo consentano: normalmente viene effettuata per pazienti non intubati preoperatoriamente, quando non ci sono stati problemi nel periodo intraoperatorio, e con un buon punteggio di GCS e senza evidenti sengi di lato; un paziente estubato e quindi non sedato permetterà di stabilire in ogni momento le condizioni neurologiche, rendendo qualsiasi complicanza neurologica velocemente identificabile. In caso di insufficienza neurologica, difficoltà respiratorie, ipotermia intraoperatoria, squilibri acido-base, si stabilizza il paziente in UTI prima

dell’estubazione.

Il decorso postoperatorio può essere complicato da vari eventi, che sono meglio individuabili quando il paziente non è sedato. Di solito viene fatta comunque una TC cranio di controllo entro le 24 ore seguenti l'intervento; in casi di deterioramento neurologico nel postoperatorio, questo esame andrà obbligatoriamente anticipato. In prima battuta bisogna pensare ad un effetto massa di un coagulo intracranico

postoperatorio o di un rigonfiamento parenchimale cerebrale, facilmente

evidenziabile alla TC; la terapia in questo caso è chirurgica , si tratta di effettuare una craniotomia decompressiva d'urgenza. La somministrazione di liquidi deve venir diminuita perchè potrebbe peggiorare il rigonfiamento cerebrale provocandone

l'imbibizione. La reintubazione può essere necessaria, ed il mannitolo va prontamente somministrato; nei casi in cui si ottenessero solo Tc cranio negative per rigonfiamento cerebrale e ematomi intracranici, è indicata l'angiografia: il vasospasmo, l'occlusione arteriosa embolica, l'obliterazione delle arterie da parte della clip metallica sono tutte possibili cause di deterioramente postoperatorio precoce, ognuna delle quali ha una gestione diversa.

(20)

2) Il Vasospasmo post-ESA.

a) Diagnosi di vasospasmo: DTC

La misura più utilizzata per individuare il vasospasmo è il doppler transcranico (DTC), che consente di valutare la velocità del flusso sanguigno in maniera non invasiva nei pazienti post-ESA (25,26). Questa metodica è facile da imparare, ma deve essere eseguita da una persona esperta in maniera tale da migliorarne la sensibilità, dal momento in cui i risultati sono operatore-dipendenti. I segmenti del poligono di Willis normalmente indagabili con questa metodica sono l'arteria

cerebrale anteriore, l'arteria cerebrale media, l'arteria basale; anche l'arteria cerebrale posteriore può essere studiata, ma è facile che la velocità venga sottotimata, per ragioni anatomiche. La velocità del sangue nelle arterie cerebrali segue la legge di Poiseuille, valida per i liquidi che si muovono nell'ambito di una struttura tubulare con un flusso laminare:

La portata è direttamente proporzionale al gradiente di pressione ed alla quarta

potenza del raggio, ed inversamente proporzionale alla lunghezza del condotto ed alla viscosità del fluido.

La velocità considerata normale è di circa 49-60 cm/sec; un vasospasmo lieve si ha quindi per valori velocimetrici di 120 cm/sec, mentre per velocità superiori a 200 cm/sec si parla di vasospasmo severo.

La gravità del vasospasmo sta nel suo risultato emodinamico: la diminuzione del flusso sanguigno cerebrale; questa relazione è descritta dall'equazione di Aaslid (27), dal nome dell'Autore norvegese che ha condotto molti studi sul DTC e le sue

(21)

V = rCBF x T /A

la velocità del sangue varia in modo proporzionale al flusso ematico cerebrale

regionale (rCBF) se l'area del lume dell'arteria (A) ed il territorio di perfusione della stessa (T) rimangono invariati.

I numeri sopraccitati vanno inoltre calati nel contesto emodinamico globale del paziente; la velocimetria di un'arteria intracranica da sola non ha molto significato, come valore assoluto, poichè una velocità alta può essere, ad esempio, dovuta ad un circolo iperdinamico (cirrosi epatica, tachicardia da febbre, etc); l'aumento locale della velocità può anche essere dovuto ad una locale iperemia, dovuta alla presenza di una MAV ad esempio, che realizzando uno shunt artero-venoso, produce un

iperafflusso di sangue alla zona interessata.

Per questo motivo la velocimetria misurata col DTC viene messa a confronto con quella misurata a livello dell'arteria carotide, nell'equazione che ci da il così detto indice di Lindegaard:

I.L. = FV m acm / FV m aci

valori di indice di Lindegaard inferiori a 3 indicano un'iperemia, valori compresi da 3 a 6 un vasospasmo moderato, e valori superiori a 6 un vasospasmo severo.

A rendere questo quadro ancora più complicato concorrono altri aspetti: la variabilità nell'anatomia vascolare, la presenza di vasospasmo prossimale o distale all'area in esame, difetti nell'autoregolazione locale ed infarto cerebrale con iperemia distale possono tutti confondere i risultati del DTC, rendendo difficile l'interpretazione della velocità. I dati di Sloan a questo proposito mostrano che il DTC è altamente specifico ma poco sensibile (58,6%) nella diagnosi di vasospasmo (28); in molti casi infatti pazienti con alti valori velocimetrici si presentano clinicamente stabili. In risposta a questa problematica sono stati proposti da alcuni Autori ulteriori strategie: ad

(22)

esempio, l'aumento di 50 cm/sec di velocità nell'ambito di 24 ore, anche in assenza di clinica, viene ora da molti considerato un segnale di vasospasmo capace di aumentare significativamente il rischio di sviluppare lesioni ischemiche.

La diagnosi di certezza del vasospasmo può essere fatta però solo con l'angiografia cerebrale: in questo modo, soprattutto con le immagini ottenute in sottrazione, si può dimostrare la sede del vasospasmo e la sua entità (il grado di restringimento luminale e la lunghezza del tratto arterioso coinvolto); la specificità e sensibilità di questa metodica diagnostica sono assai alte.

La capacità di diagnosticare il vasospasmo con altre metodiche, come la tomografia computerizzata per perfusione (29,30), la Xe-TC (31), la risonanza magnetica pesata per diffusione (32), e la SPECT (tomografia computerizzata per emissione di singolo fotone), è attualmente oggetto di studio. Queste tecniche di diagnostica per immagini potrebbero diventare presto di impiego routinario nell'ambito della diagnosi di

vasospasmo (33). Diversamente dall'amgiografia cerebrale e dal DTC, queste metodiche sono in grado di misurare la perfusione regionale, non meramente il diametro vasale e la velocità del flusso. Un'altra metodica attualmente in studio è la micro-dialisi (34): coinvolge la misurazione nel fluido extracellulare delle

concentrazioni di varie sostanze tra cui glucosio, glutammato, lattato e piruvato.

b) Terapia del vasospasmo: l'oggi ed il domani.

La profilassi standard del vasospasmo post ESA e la terapia medica del vasospasmo sono essenzialmente la nimodipina ev (infusione continua o a boli ogni 4 ore) e la triple H therapy. La nimodipina è una diidropiridina che blocca i l'influsso di calcio attraverso i canali del calcio di tipo L. Si tratta del farmaco più rigorosamente

studiato, e l'unico approvato negli Stati Uniti per il trattamento del vasospasmo dalla Food and Drugs Administration(vedi sopra). E' sicura (35,36) e riduce il rischio di cattivo outcome ed ischemia secondaria da ESA aneurismatica (37). Un grande trial randomizzato, il 'British aneurysm oral nimodipine trial', ha mostrato una riduzione significativa dell'incidenza di ischemia cerebrale e cattivo outcome a tre mesi

(23)

comparata con placebo.

Come la nimodipina eserciti questi effetti benefici non è ancora ben compreso e può coinvolgere fattori sia neuronali che vascolari, sebbene comunque non riduce

significativamente il vasospasmo angiografico (38). Il dosaggio è di 60 mg ogni 4 ore per 14-21 giorni dopo un'ESA; In Europa, e nella fattispecie anche a Pisa, la

nimodipina è talvolta somministrata per infusione continua, tramite una via centrale. La nimodipina migliora la prognosi dei pazienti affetti da vasospasmo da ESA

limitando la severità dei deficit ischemici permanenti dovute al vasospasmo cerebrale; la sua azione nella somministrazione orale o endovenosa è cioè

neuroprotettiva, non antispastica ne vasodilatatoria. Il meccanismo di questa azione è controverso, poiché la nimodipina non sembra alterare significativamente il

vasospasmo dal punto di vista clinico o radiologico dopo somministrazione per via sistemica; questo vale invece per quanto riguarda la somministrazione intraarteriosa superselettiva nel vaso colpito da spasmo e nella somministrazione intratecale: allo scopo, alcuni studi hanno dimostrato che la nimodipina è capace di dilatare piccole arteriose penetranti che non possono essere apprezzate all’esame agiografico. I

calcioantagonisti hanno dimostrato di essere in grado di limitare l’aumento del calcio libero nel citosol, l’ingresso di calcio e l’estensione della zona infartuate in vari modelli di ischemia focal.

La terapia profilattica con nimodipina è diventata uno standard terapeutico del vasospasmo cerebrale; solo occasionalmente si registra ipotensione, che può però in questi pazienti risultare particolarmente dannosa, vista la compromissione del flusso sanguigno nei territori cerebrali colpiti da vasospasmo; pertanto è necessario un adeguato riempimento volemico.

Occasionalmente si evidenzia vasospasmo angiograficamente già al momento della diagnosi iniziale di ESA; questi casi di vasospasmo precoce sono da interpretare come conseguenza di una piccola ESA precedentemente misconosciuta e non

diagnosticata. Nelle decisioni riguardanti la gestione di questi pazienti, bisogna tenere di conto che la manipolazione chirurgica non sembra causare peggioramento di un

(24)

pre-esistente vasospasmo arterioso. Come già detto precedentemente, nei pazienti con severi deficit neurologici precoci la cui distribuzione correla con l’area cerebrale colpita, si dovrà urgentemente escludere l’aneurisma ed istituire prontamente la terapia delle tre H (ipertensione, ipervolemia, emodiluizione) (39).

La terapia delle tre H rappresenta la pietra miliare della terapia medica contro il vasospasmo. Gli studi condotti sul flusso sanguigno cerebrale in pazienti con ESA sottoposti a questa terapia hanno dato risultati assai vari: mentre l'espansione acuta della volemia in pazienti sintomatici aumenta il CBF in aree cerebrali maggiormante vulnerabili all'ischemia secondo la PET (40), l'ipervolemia profilattica non produce questo effetto secondo la SPECT (41) o la clearence del 133Xe (42). La terapia delle tre H appare comunque sicura in pazienti sottoposti a coiling dell'aneurisma e

addirittura in pazienti cardiopatici (43).

Nella pratica clinica si dovrebbe tentare di mantenere i pazienti sintomatici usando cristalloidi o colloidi. Nonostante criteri esatti non siano stati stabiliti, l'ipertensione viene indotta utilizzando vasopressori fino ad un miglioramento clinico o alla

comparsa di un effetto avverso. Il miglioramento clinico può essere impressionante (43), come nullo, le casistiche circa questo tema sono molto varie.

c) Terapia del vasospasmo severo refrattario.

Terapia endovascolare.

Le tecniche endovascolari giocano spesso un ruolo nel trattamento aggressivo del vasospasmo (44); esse includono l'angioplastica transluminale con palloncino e l'infusione intraarteriosa di vasodilatatori. Entrambi i metodi hanno i loro peculiari rischi e benefici.

Angioplastica.

Si tratta di una metodica efficace nel contrastare il vasospasmo dei grossi vasi prossimali. Produce una sostenuta inversione dello spasmo angiografico, sebbene il miglioramento clinico sia incostante (45). Alcuni studi dimostrano come

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l'angioplastica precoce sia associata ad un duraturo miglioramento clinico (46).

L'età avanzata e lo status neurologico scadente sono associati ad un cattivo outcome; l'effetto dell'angioplastica può essere dovuto alla sua capacità di stirare il tessuto connettivo, come si è potuto vedere dalla tonaca media delle arterie di pazienti sottoposti ad autopsia. Le complicanze maggiori di questa preocedura, come la rottura vasale, l'occlusione e la dissecazione si incontrano nel 5% dei casi. Vasodilatatori intraarteriosi.

La papaverina è un potente agente rilassante della muscolatura liscia; il suo uso nel vasospasmo da ESA è stato studiato in maniera estesa. Viene infusa

intraarteriosamente attraverso un microcatetere prossimale al vaso colpito da spasmo; in molti casi, gli effetti visibili angiograficamente sono evidenti da subito e molto importanti, mentre il miglioramento dei deficit neurologici è variabile; è stato dimostrato un aumento passeggero del CBF locale (47). L'effetto della papaverina sull'outcome è però sconosciuto: in uno studio dove i pazienti trattati con la

papaverina venivano comparati con pazienti senza trattamento e con simili gradi di vasospasmo, i due gruppi avevano un outcome a tre mesi sovrapponibile.

In molti centri l'uso della papaverina era stato relegato ad un ruolo secondario, o completamente messo da parte a causa degli effetti collaterali e dei risultati assai passeggeri sul vasospasmo. Gli effetti collaterali più seri sono l'aumento della

pressione endocranica, il peggioramento del vasospasmo, deterioramento neurologico con cambiamenti al livello della materia grigia registrati alla risonanza magnetica, e convulsioni.

Tutto ciò ha portato ad un crescente uso di altri farmaci per via intraarteriosa come nicardipina, verapamil, nimodipina, milrinone. La nicardipina riduce

angiograficamente il vasospasmo e diminuisce significativamente la velocità sistolica nei vasi trattati, senza effetti sulla pressione endocranica e sulla funzione

cardiovascolare (48). Il verapamil riduce lo spasmo angiografico e produce miglioramento clinico in un terzo dei casi, senza effetti avversi di rilievo (49), e

(26)

questo profilo d'azione favorevole si evidenzia in letteratura anche per quanto riguarda la nimodipina. Per questo ultimo farmaco è prevista una trattazione successiva più approfondita.

d) Direzioni future nella profilassi e terapia del vasospasmo.

Un certo numero di terapie sono in fase corrente di sviluppo ed a diversi livelli di testaggio. Includono il magnesio solfato, le statine, i farmaci rilascianti nitrossido, gli antagonisti di ET-1.

Magnesio solfato.

L'ipomagnesiemia all'ammissione è un reperto frequente nei pazienti con ESA; in ben il 38% di questi era presente in uno studio; il suo ruolo nello sviluppo di deficit

neurologici è controverso (50). L'imputabilità della magnesiemia nel vasospasmo da ESA parte dalle sue caratteristiche biochimiche, il suo essere antagonista fisiologico del calcio, la sua facilità di somministrazione, l'economicità, la semplicità di dosarlo e di controllarne la concentrazione.

Ci sono stati un certo numero di studi assai incoraggianti circa l'effetto del magnesio in modelli animali di vasospasmo da ESA (51). In uno studio randomizzato in doppio cieco che lo comparava al'utilizzo di fisiologica si è registrata una minor tendenza a sviluppare il vasospasmo nel gruppo trattato con magnesio (52), ma un trial più ampio basato sulla somministrazione in continuo di magnesio ev non ha mostrato effetti conclusivi su outcome o deficit neurologici (53).

In un altro piccolo studio, l'efficacia mostrata dal magnesio è stata simile a quella della nimodipina ev nel prevenire i deficit neurologici, mentre d'altro canto non ha dimostrato nessun beneficio aggiuntivo rispetto alla terapia delle tre H (54). E' interessante notare come uno studio sul DTC non abbia mostrato nessun

miglioramento velocitometrico in arterie medie cerebrali di pazienti a cui venivano somministrati boli ev di magnesio (55).

(27)

Statine.

Le statine, o inibitori del 3-idrossi-3-metilglutaril-CoA reduttasi, sembrano avere un ruolo promettente nella prevenzione del vasospasmo. Il meccanismo neuroprotettivo proposto è collegato all'nduzione della via del nitrossido, che conduce alla dilatazione dei vasi cerebrali e migliora il CBF.

Due piccoli studi randomizzati ne hanno indagato la sicurezza e la fattibilità: in uno studio la pravastatina riduceva l'incidenza del vasospasmo al DTC e diminuiva la durata del vasospasmo severo (56); in un altro studio simile in cui era stata utilizzata la simvastatina (57), il vasospasmo al DTC e i deficit neurologici erano

significativamente ridotti nei pazienti che ricevevano il farmaco; l'utilizzo routinario di statine nei pazienti colpiti da ESA sta aspettando pertando studi multicentrici più ampi che siano in grado di mostrare una chiara riduzione dei deficit neurologici ed un miglioramento dell'outcome generale.

Farmaci rilascianti NO.

L'ossido nitrico è un radicale libero in fase gassosa prodotto dall'enzima NOS dal substrato L-arginina, fu scoperto nel 1987 (58) ed apparse avere un ruolo cruciale nel controllo del tono vasale cerebrale. Il rilascio di NO è un importante regolatore del CBF, e la sua diminuzione tramite l'inibizione di NOS provoca costrizione delle arterie cerebrali.

La somministrazione intraventricolare di sodio nitroprussiato, un farmaco rilasciante NO, a pazienti con vasospasmo refrattario ha mostrato dei risultati variabili sul CBF ed un alto numero di effetti avversi (59).

Anche la nitroglicerina transdermica è stata testata nell'ESA: nessuna differenza in termini di deficit neurologici e velocimetria al DTC è stata registrata tra i due gruppi; il CBF invece, misurato tramite TC a perfusione, era aumentato nel gruppo che aveva ricevuto il NO.

(28)

Antagonisti dell'endotelina 1.

ET-1 è stata identificata nel 1988 ed è un peptide composto da 21 aminoacidi

prodotto dall'endotelio dei vasi sanguigni ed ha un importante ruolo nella regolazione del tono vasale; esplica la sua attività tramite due recettori ETA e ETB. I primi si trovano sulle cellule muscolari liscie e mediano la vasocostrizione di vasi sanguigni di vario calibro. I recettori ETB invece si trovano nel'endotelio di cervello, aorta, polmone, rene dove modulano la vasocostrizione in risposta ad ET-1, attraverso la produzione di sostanze vasodilatatrici come prostaciclina e NO; si trovano anche a livello delle cellule muscolari liscie dove mediano vasocostrizione.

Un trial in fase Iia del clazosentan (un antagonista di ETA) ha dimostrato riduzione dell'incidenza e della severità del vasospasmo angiografico (60), mentre gli eventi avversi erano comparabili al placebo. Un ETA/B antagonista, TAK-044, è stato testato in fase II: questo farmaco è stato davvero ben tollerato (61) ed ha dimostrato una significativa sebbene non entusiasmante riduzione dei deficit neurologici.

Più recentemente, il clazosentan è stato testato in un trial clinico nel quale sono stati arruolati 413 pazienti con ESA; lo spasmo angiografico, da moderato a severo, veniva significativamente ridotto, sebbene nessun effetto sull'outcome sia stato registrato.

Altre terapie.

L' enoxaparina, un'eparina a basso peso molecolare, è stata studiata in un trial clinico randomizzato per l'ESA (62). Sebbene l'incidenza di deficit neurologici ed infarti cerebrali era ridotto, le cratteristiche di ammissione nei due gruppi non erano ben bilanciate.

Gli impianti a rilascio prolungato di nicardipina (NPRIs) sono posizionati nello spazio subaracnoideo durante il clippaggio dell'aneurisma. Due serie di casi

descriventi l'uso di tali impianti sono di grande interesse (63); nel primo Kasuya e colleghi riportano un'incidenza di deficit neurologici del 6% in caso di applicazione in 69 pazienti con importanti stravasi ematici subarancoidei. Recentemente, uno

(29)

studio randomizzato ed in doppio cieco sui NPRIs mostra una drastica riduzione nell'incidenza di spasmo angiografico ed infarto cerebrale.

Infusione intraarteriosa di nimodipina.

Come già accennato precedentemente, nel corso degli anni varie sostanze sono state utilizzate per via intraarteriosa nello spasmo post-ESA come vasodilatatori locali diretti; alcune di queste sostanze sono adesso state completamente abbandonate (come la papaverina), mentre per altre, come la nimodipina, si sono registrati risultati sia sperimentali sia clinici assai incoraggianti (64).

L'intuizione che questo calcio-antagonista già utilizzato come neuroprotettore per via sistemica nell'ESA potesse funzionare da vasodilatatore diretto fu di un gruppo di neurochirurghi di Stoccarda, che somministrarono nimodipina a dosaggi più bassi di quelli attuali ma per ben 90 minuti consecutivi, a tre pazienti con vasospasmo severo post-ESA, riscontrando miglioramento angiografico netto ed assenza di effetti avversi (65). Dopo questa prima osservazione, ci sono state altre esperienze, alcune delle quali condotte su animali da laboratorio, comparando la nimodipina con altri farmaci simili dal punto di vista dell'azione, come la papaverina (66).

Biondi et Al. dimostravano pochi anni fa l'efficacia di questa terapia nei casi di vasospasmo refrattario, partendo da una casistica di 25 pazienti con diagnosi di vasospasmo angiografico (67); questi pazienti avevano ricevuto un massimo di 5 mg di nimodipina totali per applicazione, solo alcuni erano stati sottoposti a più

trattamenti (in totale ci sono state 30 procedure di infusione intraarteriosa per 25 pazienti), ed il 72% di questi mostrava un buon outcome sia alla dimissione che a 3 mesi, secondo la scala di Rankin.

Il gruppo tedesco di Haenggi d'altro canto, ha mostrato dei risultati diversi (68): venivano presi in esame 214 pazienti con diagnosi di ESA, dei quali 26 con diagnosi di vasospasmo fatta in base al DTC e alla TC perfusionale, successivamente

confermata dal dato angiografico; gli stessi esami diagnostici venivano ripetuti dopo l'applicazione di nimodipina intraarteriosa (0,8-3,2 mg per seduta di applicazione).

(30)

Gli Autori concludevano che se da un lato l'efficacia dell'infusione intraarteriosa di nimodipina è chiara, è altresì evidente quanto questo effetto sia passeggero: la TC perfusionale mostrava spesso un aumento del CBF regionale anche a 24 ore, ma destinato a riabbassarsi successivamente.

Uno studio retrospettivo più recente, condotto con modalità molto simili a quello di Biondi, mostra risultati simili. I criteri di inclusione nel protocollo di trattamento erano gli stessi (69), così come invariati erano le modalità di somministrazione della nimodipina intraarteriosa e la quantità di farmaco somministrato per seduta.

19 pazienti con diagnosi di vasospasmo severo post ESA sono stati sottoposti ad un totale di 53 preocedure; in 42 di queste veniva registrata una significativa dilatazione del vaso in questione, ed dopo 23 di queste procedure è stato registrato

miglioramento dello status neurologico. La discordanza registrata in queste diverse osservazioni può dipendere da vari fattori, uno dei quali è sicuramente la non

uniformità di trattamento erogato dai vari Autori, in termini di dosaggi e di tempistich; va infatti sottolineato come nello studio di Haenggi siano state somministrate dosi inferiori di nimodipina. D'altro canto, non esistono precise

indicazioni suffragate da evidenza che mostrino quale sia il corretto dosaggio (con un rapporto favorevole effetto terapeutico/effetti avversi) (70).

Tutti questi studi, come affermato dagli stessi Autori, hanno il difetto di non avere un gruppo di controllo; questo è però insito nelle indicazioni stesse del trattamento che è una procedura di salvataggio, attuata in pazienti con deficit neurologici dovuti all'ipoperfusione secondaria al vasospasmo refrattario alla terapia medica massimale, per cui non si hanno altre strade terapeutiche. Per tutti questi motivi, l'infusione intraarteriosa di nimodipina è infatti praticata più o meno routinariamente in molti centri, ma nonostante le molte positive segnalazioni più che aneddotiche, la sua efficacia non è ancora stata elevata al rango di evidenza (71).

(31)

3) La nostra esperienza.

E' stato preso in esame il periodo di 24 mesi intercorrente tra il marzo del 2009 ed il marzo del 2011. Nell'ambito di questo periodo sono stati ricoverati 118 pazienti per ESA presso la terapia intensiva di neurochirurgia dell'ospedale di Pisa.

Tutti questi pazienti, sia che siano stati sottoposti a coiling o ad esclusione tramite clipping dell'aneurisma, sono stati portati nei giorni successivi l'intervento in terapia intensiva. L'estubazione è sempre stata tentata in sala operatoria, o comunque il prima possibile, in maniera tale da essere in grado in ogni momento di stabilire le

condizioni neurologiche del paziente. Nei casi di idrocefalo acuto è stato posizionato in sala operatoria un DVE allo scopo di controllare la PIC tramite il drenaggio del liquor in eccesso. Tutti i pazienti con ESA sono stati sottoposti a monitoraggio invasivo della pressione arteriosa, in maniera tale da controllare anche brevi ma potenzialmente dannose ipotensioni. Tutti hanno ricevuto nimodipina per os, ..mg ogni 4 ore, nonchè profilassi antiepilettica con fenitoina, il cui dosaggio veniva aggiustato in base alle concentrazioni plasmatiche del farmaco. In ogni caso, almeno un esame al giorno della velocimetria dei vasi cerebrali è stato effettuato; il personale esecutore impiegato è esperto in questa metodica diagnostica. In tutti i pazienti si è cercato di indagare il maggior numero di arterie cerebrali, compatibilmente con l'anatomia del singolo caso; in ogni caso è stata indagata con maggior attenzione la sede più prossima alla fonte del sanguinamento, ed in caso di angiografia già

effettuata, quella colpita da spasmo radiologicamente diagnosticato.

a) Indicazioni all'angiografia di controllo.

L'indicazione all'esecuzione di angiografia diagnostica veniva posta nei seguenti casi: -deterioramento delle condizioni neurologiche: peggioramento del GCS e/o comparsa di deficit neurologici focali compatibili con la localizzazione dell'ESA e/o comparsa di afasia.

(32)

superiore a 3 (rapporto tra velocità di MCA e carotide interna.)

-aumento della velocità del flusso di almeno 50 cm/sec in un solo giorno. -aumento della velocità del 50% nell'arco din giorno.

La valutazione della velocimetria è stata fatta sempre dallo stesso tecnico esperto, e sempre di mattina, in maniera tale da poter organizzare una angiografia di controllo con eventuale applicazione di nimodipina qualora ce ne fossero state le condizioni. Quando il vasospasmo veniva sospettato, il paziente veniva trasferito in

Neuroradiologia dove veniva sottoposto prima a TC cranio, in maniera da escludere altre cause di deficit clinici come rebleeding e idrocefalo acuto. Nel caso fosse documentata ischemia cerebrale correlata al vasospasmo, il paziente veniva escluso dall'angiografia. A questo punto, veniva condotto un esame angiografico cerebrale standard; se veniva riscontrato spasmo in una sede corrispondente al reperto

riscontrato col DTC o compatibile con i deficit neurologici, si procedeva alla

somministrazione di nimodipina, controllando subito dopo la risposta angiografica. I pazienti sono stati sottoposti a successivi controlli angiografici in caso di:

-persistenza di alti valori velocimetrici

-persistenza di compromissione neurologica (focale o generale).

b) Valutazione angiografica.

Nei casi inclusi in questo protocollo, l'angiografia di controllo e l'eventuale

somministrazione di nimodipina intraarteriosa è stata effettuata il prima possibile, mai oltre le 12 ore dal sospetto di vasospasmo. L'esame angiografico è stato sempre effettuato dagli stessi due neuroradiologi; la decisione di procedere al trattamento con la nimodipina intraarteriosa è stata presa qualora venisse confermato vasospasmo angiografico. Il catetere diagnostico, cioè quello portante, veniva inserito entrando nell'arteria femorale, per l'esecuzione della diagnostica; successivamente è stato utilizzato un microcatetere per l'infusione di nimodipina. E' stata utilizzata soluzione

(33)

fisiologica con 0,05 mg/ml di nimodipina; tramite un iniettore opportunamente programmato la soluzione è stata somministrata con una velocità di 2 ml/min, quindi 0,1 mg di farmaco al minuto, equivalenti a 3 mg nell'arco di mezz'ora. La dose totale di nimodipina somministrata non ha mai superato i 5 mg; nei casi di vasospasmo bilaterale sono stati infusi 3 mg nel lato più colpito e 2 mg nell'altro; la dose somministrata è stata decisa dal neuroradiologo in dipendenza del grado di

vasospasmo rilevato. Il risultato angiografico è stato valutato come 'scarso' quando non è stato raggiunto nessun miglioramento del calibro vascolare, od è stata osservata solo una leggera dilatazione; 'buono' quando il calibro della maggior parte dei vasi trattati era migliorato, 'eccellente' quando si è assistito ad una normalizzazione del calibro dell'arteria trattata.

c) Outcome.

Dei pazienti sottoposti a questo trattamento, sono state registrate le condizioni

cliniche alla dimissione secondo la scala di Rankin modificata; è stato fatto anche un follow up telefonico dei pazienti, utilizzando sempre la medesima scala.

La scala di Rankin modificata, usata da decenni per stabilire le sequele di eventi acuti cerebrovascolari (ESA, emorragie parenchimali, ictus ischemico) è la seguente

(72,73):

punteggio definizione

0 nessun sintomo

1 nessun sintomo notevole nonostante la disabilità; soggetto capace di svolgere le normali attività quotidiane

2 leggera disabilità; incapace di svolgere le attività che normalmente faceva da solo, ma può occuparsi di se senza assistenza

3 disabilità moderata, richiede qualche aiuto, ma riesce a camminare da solo

(34)

4 disabilità moderata-severa; incapace di caminare senza assistenza e incapace di occuparsi dei propri bisogni da solo

5 disabilità severa; incontinenza e continuo bisogno di cure

6 morto

d) Risultati.

In totale, nell'arco di 24 mesi, 10 pazienti hanno soddisfatto i criteri per l'indicazione al trattamento con la nimodipina intraarteriosa; di questi pazienti tre erano uomini e sette donne; l'età media era di 48 anni +/- 10. Non ci sono stati casi in cui il sospetto clinico e/o sonografico di vasospasmo sia stato smentito dall'esame angiografico; tutti i pazienti sottoposti ad angiografia di controllo (ed a TC cranio per escludere

ischemia in atto o altre cause di deterioramento neurologico come l'idrocefalo) sono stati sottoposti al trattamento in quanto in tutti il neuroradiologo ha repertato un vasospasmo significativo. In totale, le procedure di infusione intraarteriosa sono state 22: 4 pazienti hanno ricevuto solo un trattamento; all'opposto, due pazienti ne hanno ricevuti ben 4, altri due 3, mentre tutti gli altri sono stati trattati 2 volte. Di questi 10 pazienti, 5 sono stati sottoposti a clippaggio dell'aneurisma, e gli altri 5 ad

embolizzazione; in ogni caso l'esclusione dell'aneurisma è stata effettuata il prima possibile, seguendo l'indirizzo terapeutico della ultra-early surgery. In un caso

sottoposto ad embolizzazione si è resa necessaria, su indicazione del neuroradiologo, la protezione con stent. Per il riepilogo di questi e successivi altri dati, si veda la tabella a pagina 38.

Risultati al DTC.

Non sempre è stato effettuato un controllo sonografico subito successivamente all'applicazione di nimodipina; in questo lavoro sono pertanto state mostrate ed utilizzate soltanto le misurazioni effettuate di mattina; di conseguenza, quando si parla di miglioramento dei valori sonografici dopo l'applicazione di nimodipina

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intraarteriosa, si intende il valore misurato la mattina successiva, e non quello repertato al rientro in reparto dalla sala di angiografia, come è stato invece fatto in altri studi (67). In 11 delle 22 procedure, è stata misurata un'effettiva diminuizione della velocimetria (a circa 20 ore), cioè di almeno 30 cm/s; ciò significa che in ben il 50% dei casi trattati, il vasospasmo sonografico veniva attenuato con una certa stabilità nel tempo. In 3 procedure, la velocimetria del giorno successivo era aumentata rispetto a quella che aveva fatto suppore la diagnosi di vasospasmo: in tutte queste situazioni i pazienti sono stati sottoposti a nuove applicazioni; si è trattato di casi di vasospasmo resistente che hanno avuto bisogno di varie applicazioni per arrivare ad un raggiungimento di valori velocimetrici accettabili. Nelle restanti 8 procedure, il DTC non ha mostrato cambiamenti significativi dei valori velocimetrici, cioè non sono state misurate diminuizioni superiori a 30 cm/s. Va specificato che per diminuizioni effettive dei valori velocitometrici si è considerato un abbassamento assoluto di 30 cm/s, anche qualora questo non abbia portato ad un rientro dei valori sotto la soglia di diagnosi sonografica di vasospasmo precedentemente stabilita (160 cm/s).

Risultati angiografici.

Come già detto, successivamente ad ogni procedura è stato effettuato un controllo angiografico col quale è stata stimata l'efficacia dell'infusione di nimodipina: non ci sono stati risultati definibili 'eccellenti', cioè in cui si sia registrato un ritorno

completo alla normalità; i casi definiti come 'scarsi' sono stati quelli in cui si è avuto bisogno di ripetere più volte l'applicazione e sono stati 12; nei restanti 10 casi, il risultato è stato valutato dal neuroradiologo come buono, in quanto si è ottenuto un miglioramento del vasospasmo angiografico, senza risoluzione completa dello stesso. Risultati clinici.

Tutti i pazienti sottoposti al trattamento erano valutati clinicamente molto

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neurologiche; il GCS di ogni paziente viene di norma registrato ad ogni turno medico, ma in situazioni cliniche di instabilità, la frequenza delle valutazioni è più alta. Si dispone pertanto, dei pazienti non sedati tra quelli presi in esame, dell'esame obiettivo neurologico e del GCS, prima dell'infusione di nimodipina, subito dopo la procedura e nelle giornate successive. Le valutazioni dello stato neurologico sono sempre state effettuate da anestesisti rianimatori esperti che lavorano nella

neurorianimazione. Benchè si siano dimostrati talvolta dei miglioramenti neurologici nel periodo immediatamente successivo all'infusione di nimodipina, questi sono stati così flebili da non poter essere considerati significativi, ed inoltre, essendo stati effettuati sempre dagli stessi medici, non si può nemmeno escludere che l'aspettativa del sanitario non abbia affatto influenzato la valutazione. Ci sono pertanto tre casi nei quali è stato registrato un evidente e sicuramente oggettivo miglioramento

neurologico a 24 ore dal trattamento; in tutti questi tre casi si è riscontrato anche un miglioramento della velocimetria. In un caso il GCS è passato da 12 a 14, in un altro l'afasia che aveva fatto porre l'indicazione al trattamento si è parzialmente risolta, nell'ultimo c'è stato un netto miglioramento del deficit motorio agli arti inferiori per cui la paziente era stata trattata.

Complicanze osservate e outcome.

Non sono state rilevate complicanze importanti dovute al trattamento con nimodipina. In letteratura la complicanza principale della somministrazione parenterale del

farmaco è l'ipotensione; durante le 22 procedure la pressione è rimasta

sostanzialmente stabile; quando è stata osservata ipotensione è stato necessario semplicemente aggiustare il dosaggio dei vasopressori già in infusione continua per mantenere una PAM soddisfaciente; va inoltre considerato che queste procedure sono sempre state effettuate in anestesia generale, di per se una possibile causa di calo pressorio.

Di tutti i 10 pazienti trattati, soltanto uno è deceduto in UTI, per cause completamente diverse dall'ESA; il giorno seguente l'unica applicazione di

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nimodipina il paziente ha mostrato dapprima poliuria resistente alla somministrazione di desmopressina, e successivamente arresto cardiaco; all'esame autoptico si

dimostrava malattia policistica con rene e fegato policistici, nonchè versamento pericardico (ben 350 cc) da uremia terminale: il medico legale poneva diagnosi di ''tamponamento cardiaco in uremia terminale da malattia policistica dell'adulto'', una diagnosi compatibile con la poliuria e che è anche associata ad un'aumentata

incidenza di aneurismi intracranici (74). Se non fosse sopraggiunto il decesso, questo paziente sarebbe stato sottoposto almeno ad una seconda applicazione di nimodipina, visti i valori velocimetrici persistentemente elevati. Tutti gli altri pazienti sono stati dimessi dall'ospedale, in diverse condizioni. Per la valutazione delle condizioni cliniche dei pazienti è stata utilizzata, come già accennato, la scala di Rankin

modificata; 4 pazienti sono stati dimessi con un punteggio di Rankin modificato di 0, quindi senza nessun sintomo, 2 con un punteggio di 2, quindi con disabilità lieve che non impedisce di assolvere ad attività quotidiane normalmente ed in maniera

autonoma, e 3 con un punteggio di 1, cioè con sintomi lievi che non recano disturbo allo svolgimento di alcun tipo di attività.

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Tabella riepilogativa. Caratte ristiche pazient e Sede aneuris ma Trattam ento Giornat a di insorge nza vasospa smo Indicazione per angiografia Dose di nimodipina infusa DTC pre e post procedura GCS pre e post Rankin alla dimissione 51,f B Emb. 11 GCS 13, sonografia, emiplegia dx 2,5 3 3 B 220:220 220:180 180:150 13.13 12.12 12:14 o 56,f ACA clip 6 GCS 11, sonografia 3 3-2 3-2 3 MCA b. 220:120 120:225 225:170 200:115 11:11 8:8 8:8 8:8 2 38,f clip 7 GCS 13, sonografia 3 MCA sx 180:145 13:13 0 50,f Sifone dx Emb. 6 GCS 14,sonografia 33 4 4 MCA dx 175:210 210:190 190:220 220:80 14:14 14:14 14:14 14:14 1 40,m PICA Emb. 12 GCS 5, sonografia 3B 250:125 5:5 1 55,f ACoA Emb. 5 Deficit

motorio arti inf. 4 4 ACI sx 100:80 80:70 15:15 15:15 1 58,m clip 9 GCS 7, sonografia 13 200:250250:160 7:77:7 2 39,f ACM sx clip 3 sonografia 3 ACM sx 175:120 15:15 0 51,f ACoA clip 7 Afasia,

sonografia 4 3 3 ACM sx 200:200 200:160 160:120 15:15 15:15 15:15 0 42,m V sx Emb. 10 GCS 12, sonografia 3 ACI sx 200:280 280:... 12:12 deceduto

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4) Conclusioni.

Abbiamo studiato gli effetti clinici della somministrazione intra-arteriosa di

nimodipina nel trattamento del vasospasmo severo post-ESA, con lo scopo principale di ridurre mortalità e sequele neurologiche dovute a questa complicanza.

Questo trattamento era già stato più volte effettuato nell'AOUP, grazie al lavoro della neuroradiologia interventistica, ma ciò che mancava era la presenza di un protocollo condiviso (tra neurorianimatori, neurochirurghi e neuroradiologi) che chiarisse

l'individuazione di casi di vasospasmo severo, e quindi l'indicazione all'angiografia di controllo ed all'eventuale trattamento con nimodipina intravascolare.

La condivisione dei vari pareri ha condotto alla stesura di una lista di indicazioni all'angiografia cerebrale, che in un periodo di 24 mesi ha portato, su un totatle di 118 pazienti colpiti da ESA, a 10 soggetti sottoposti ad angiografia e successivamente a nimodipina intravasale. Di questi pazienti, 9 avevano valori elevati di velocimetria, ed uno solo è stato indirizzato all'angiografia di controllo per presenza isolata di sintomatologia neurologica. Il fatto che tutti i pazienti con velocimetria alta

indirizzati alla neuroradiologia avessero davvero un vasospasmo per il quale fosse indicata la nimodipina, indica un'alta specificità del DTC, che può però essere definita come qualitativa piuttosto che quantitativa: i valori misurati col DTC infatti non correlavano col grado di spasmo angiografico, ne con la gravità del quadro neurologico; non si può nemmeno escludere quindi che ci sia stato un gruppo di pazienti, non rilevato, che abbia sviluppato un vasospasmo angiograficamente significativo ma senza valori sonografici alterati. Il problema principale di questa metodica è che può misurare solo il flusso delle arterie principali, senza dirci niente sulla microcircolazione, ed è inoltre influenzata da fattori emodinamici regionali, come per esempio la vasodilatazione compensatoria post spastica. I limiti di questo studio sono pertanto: i dati sono stati raccolti retrospettivamente, e sarebbero

Figura

Tabella riepilogativa. Caratte ristiche  pazient e  Sede  aneurisma Trattamento Giornata di insorgenza  vasospa smo Indicazione per angiografia Dose di  nimodipina infusa DTC pre e post procedura GCS pre e post Rankin alla dimissione 51,f B Emb

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