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Il Tea Party Movement e il New York Times: il populismo conservatore americano nell'eta di Obama (2009-2011)

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1 - Definire il conservatorismo americano

Non è per nulla facile fornire una definizione della destra conservatrice americana in grado di comprenderne le numerose diramazioni, spesso in contraddizione, se non addirittura in lotta, fra loro. É, pertanto, opportuno riconoscere fin da subito l'eterogeneità dell'ideologia politica presa in considerazione e cercare di individuare, dapprima, le linee guida generali del conservatorismo, poi, i suoi nuclei concettuali. Ricorrente, nella stragrande maggioranza delle fonti interrogate, è la tesi del backlash: il conservatorismo, come ideologia, si definirebbe in reazione ai cambiamenti intellettuali e politici, percepiti come di sinistra, specialmente al liberalism come "the dominating political credo of the nation" (Stati Uniti). In altre parole, ogni eccesso della sinistra americana, sia essa istituzionale, riformatrice o radicale, veniva seguito da una replica a destra, tesa a conservare lo status quo, reale od ideale. Quella del backlash resta, tuttavia, una teoria da declinare con maggiore attenzione: se, infatti, può essere vero che i conservatori definiscono la loro posizione in antitesi ai liberals, non bisogna dimenticare che, ad un'evoluzione del liberalism, ha fatto seguito un cambiamento della percezione conservatrice. Quest'ultima, dunque, non si è ancorata, immutabilmente, ai primi principi definiti, ma si è trasformata, in concomitanza con le trasformazioni sociali ed economiche che è stata chiamata a fronteggiare. Nessuna linea diretta e assoluta ha sancito l'ascesa e la caduta del moderno conservatorismo americano. Pur prendendo atto di questa intrinseca evoluzione, si cercherà di definire, per ragioni di chiarezza, quali sono i nuclei concettuali costanti della destra conservatrice. Essa, infatti, li ha continuamente riproposti, riadattandoli ai mutati contesti, senza dimenticare come spesso componenti del conservatorismo diverse, li abbiano interpretati in maniera contrastante. I conservatori sostengono l'ordine sociale (legge ed ordine, con una precisa gerarchia), la libertà politica concepita come individualismo, il libero mercato, la preservazione dei valori morali, spesso religiosamente definiti e un acceso nazionalismo, teso a vedere negli Stati Uniti la nazione eletta, il cui eccezionalismo va preservato, a seconda dei momenti storici, o con l'isolamento o l'interventismo internazionale. Un tratto saliente del moderno conservatorismo è, infine, il suo profondo pessimismo. Scettici ed anti-utopisti, i conservatori guardano all'uomo in una prospettiva condizionata da una sorta di "original sin" secolarizzato: l'essere umano è imperfetto e i suoi piani, anche se nobili, sono destinati al fallimento. é importante, pertanto, data la sua fallibilità, che non possa scegliere per gli altri ed imporre la propria linea, o quando lo fa, come nel caso della destra religiosa, che lo faccia in nome di tradizioni, credenze o forme di saggezza non umanamente derivate o che hanno superato l'esame del tempo (siano Dio o il sapere delle antiche generazioni, quali quella dei Padri Fondatori)1.

A partire dagli anni '70, il conservatorismo americano è stato costantemente al centro dell'attenzione del mondo accademico e mediatico. Non è sempre stato così, tuttavia. Corrisponde, pertanto, ad esagerazione l'affermazione di Gregory Schneider per il quale il XX secolo può essere considerato una "conservative century". Se è vero, infatti, che, nel corso del secolo trascorso, le ideologie alternative, come fascismo e comunismo, sono state sconfitte e il liberalism ha manifestato sintomi da esaurimento, quest'ultimo ha, tuttavia, plasmato l'ambiente politico americano per gran parte della prima metà del XX secolo ed è, ancora oggi, come dimostrano le elezioni del 2008, in grado di riaffermarsi con successo. Piuttosto, il moderno conservatorismo, lungi dal fare propria un epoca, ha conosciuto un lungo percorso di ascesa, che, iniziato alla fine dell'Ottocento, lo ha condotto a condizionare marcatamente il clima politico americano, per, poi, conoscere una fase di difficoltà agli inizi del ventunesimo secolo. Dal 1968 al 2008, infatti, il 1 Giovanni Borgognone, La destra americana: dall'isolazionismo ai neocon, Laterza, 2004, p.6; Patrick Allitt, The

Conservatives: Ideas and Personalities throughout American History, Yale University Press, 2009, p. 3, 278; Andrea

Scionti, At the Forefront of Change: the Political Journey of Commentary through the 1960 and the 1970, tesi di laurea, 2008, Università di Pisa, Facoltà di lettere e filosofia, Corso di laurea specialistica in Storia e Civiltà, a.a. 2007-2008, p. 2; David Farber, The Rise and Fall of Modern American Conservatism: a Short History, Princeton University Press, 2011, p. 1, 5; Joseph Lowndes, From the New Deal to the New Right: Race and Southern Origins

of Modern Conservatism, Yale University Press, p. 160; Michael Thompson, America's Conservative Landscape, in

Michael Thompson (a cura di), Confronting the New Conservatism: the Rise of the Right in America, New York Press, 2007, p. 10.

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Partito Repubblicano (anche noto come Grand Old Party), strumento elettorale in cui il conservatorismo si è incarnato, ha vinto sette elezioni presidenziali su dieci, governando per un totale di ventotto anni su quaranta. Facendo affidamento alla teoria del backlash, il punto di avvio della moderna esperienza conservatrice americana si può individuare in una dottrina politica contrapposta, il progressismo. A partire da fine '800, un gruppo di intellettuali, fra cui Herbert Croly, Walter Weyl e John Dewey, rifiutarono di vedere l'individuo come un ente assoluto e lo considerarono come parte di un sistema socio-economico complesso. Pertanto, il ruolo dello stato sarebbe stato di esercitare un controllo maggiore sulla società civile per contrastare gli effetti negativi del processo di modernizzazione. Aggregatasi intorno alla traduzione politica di questi ideali, il New Deal, la coalizione elettorale democratica (basata sui lavoratori industriali del Nord, sulle Labor Unions, sulle minoranze razziali e sui bianchi del Sud), è stata in grado di schiacciare il conservatorismo americano tanto che, a fronte dell'esito deludente della Old Right, esso era praticamente inesistente, all'altezza degli anni '50. Da queste condizioni difficili, i conservatori, guidati da un gruppo di intellettuali, scrittori e giornalisti, radunati intorno alla National Review, una rivista fondata a New York nel 1955, si sono mobilitati in diversi movimenti grassroots e sono stati capaci di avviare la loro rivoluzione politica, nel corso degli anni '60, sia all'interno del Partito Repubblicano, sia nella vita pubblica americana. Nel partito, strappandone il controllo all'ala moderata, legata a Wall Street e situata nel Nordest, per attribuirne la direzione a veri conservatori, legati alla tradizione e situati nel Midwest e nel Sud, vere roccaforti del conservatorismo; nel paese, avantaggiandosi del processo di suburbanizzazione e della crisi del liberalism. Fondando le proprie fortune elettorali sulla classe media ed operaia bianca con l'ingresso di Ronald Reagan alla Casa Bianca, nel 1980, la rivoluzione conservatrice ha raggiunto il proprio apice, facendo del quarantesimo presidente degli Stati Uniti l'icona perfetta degli ideali conservatori. Pesante è stata, dunque, l'eredità che George Walker Bush, con la sua vittoria alle presidenziali del 2000, è stato chiamato a raccogliere, alimentando, come si vedrà, un confronto con il suo illustre predecessore motivo di costante delusione per i conservatori americani2.

Prima di procedere ulteriormente, è bene fornire un'opportuna chiarificazione terminologica. Sebbene, conformemente alle fonti, ogni tentativo di provvedere una precisa definizione delle varie componenti del conservatorismo sia votata all'insuccesso, quanto meno è essenziale individuare una distanza marcata fra la Extreme Right e la Reactionary Right, espressioni usate da Chip Berlet e Matthew Lyons. Se la prima rigetta il pluralismo nella pratica e nel principio, predica il razzismo e ricorre alla violenza per perseguire i propri intenti, la seconda, quella qui affrontata, esplica la propria attività nell'ambito del sistema democratico, rigettando il razzismo e la violenza esplicite. Pertanto, seguendo l'indicazione di Lisa McGirr, quando verrà utilizzato, nel presente lavoro, il termine "destra", il riferimento sarà diretto solo al conservatorismo mainstream, epurandolo dalle componenti antidemocratiche. Questa precisazione non è soltanto terminologica, ma anche una questione di ideologia. Il referente polemico, scientificamente parlando, di molti dei moderni studi sul conservatorismo è rappresentato da una certa tradizione storiografica degli anni '50 e '60, tesa a descrivere la destra come una minoranza, motivata più da ragioni patologiche che non politiche. In questo senso, sono da ricordare la definizione dei conservatori quali "pseudo-conservatives" (1954) di Richard Hofstadter, che, in nome della tradizione, mirano ad abbattere la realtà socio-politica americana come essa si configura nel presente o la raccolta di saggi, The new American right 2 Gregory Schneider, The Conservative Century: from Reaction to Revolution, Rowman & Littlefield, 2008, p. 3; Enrico Beltramini, L'America post-razziale. Etnia, politica e religione dalla schiavitù ad Obama, Einaudi, 2010, p. 205, 164; Gillian Peele, American Conservatism in Historical Perspective, in Gillian Peele e Joel Aberbach, Crisis

of conservatism? The Republican Party, the Conservative Movement and American politics after Bush, Oxford

University Press, 2011, p. 16; Donald Critchlow, The Conservative Ascendancy: How the Gop Right Made Political

History, Harvard University Press, 2007, p. 1, 3, 81-82; Michael Thompson, America's Conservative Landscape, in

cit., pp. 3, 13-15, 19-23; John Andrew, The Other Side of the Sixties: Young Americans for Freedom and the Rise of

Conservative Politics, Rutgers University Press, 1997, pp. 4-5; Jonathan Schoenwald, A Time for Choosing: the Rise of Modern American Conservatism, Oxford University Press, 2002, p. 4, 12, 48; Lisa McGirr, Suburban Warriors: the Origins of the New American Right, Princeton University Press, 2001, p. 5; Richard Hofstadter, Pseudo-conservatism Revisited, in Richard Hofstadter, The Paranoid Style in American Politics and Other Essays, Vintage

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(1963), dove il sociologo Daniel Bell ed altri studiosi considerano i sostenitori delle idee conservatrici come motivati da una "distress anxiety" circa il loro status in un sistema sociale in trasformazione. Non solo gli studi più recenti denotano come il conservatorismo sia divenuto una forza politica maggioritaria in determinate fasi della storia degli Stati Uniti, ma anche sottolineano l'impossibilità di considerarne i sostenitori quali immotivati ed irrazionali "kooks". Dimostrandosi capaci di adattarsi con la loro reazione, come si è detto, alle circostanze storiche, i conservatori sono oggi e sono stati ieri, non oppositori fanatici della modernità, ma "our neighbors, our relatives", ricordano Berlet e Lyons o "serious people", per Allitt. Ciò che va evitato è, dunque, un'assolutizzazione della ricerca storica. In un articolo del New York Times, lo storico Eric Foner, già allievo radical di Hofstadter, suggerisce come la ricerca del suo insegnante e di altri studiosi della sua generazione vada "storicizzata". “I don’t think these concepts have worn very well”, spiega Foner “like anybody, Hofstadter was a product of a particular historical experience and I don’t think he was putting forward a theory for all of American politics”. A fronte del cospirativismo anti-comunista del maccartismo e della John Birch Society degli anni '50 e '60, era, dunque, possibile dismettere il conservatorismo, anche in sede accademica, come fanatico ed estremista. Una situazione che, tuttavia, cambiata con il tempo, ha lasciato dietro di sè studi storiografici, che sarebbe adesso troppo comodo utilizzare, senza tutte le cautele del caso. Nel corso della propria esistenza, infatti, la destra mainstream ha dismesso molti (sebbene non tutti) dei tratti estremisti che la connotavano, rendendosi in grado di ridefinire con successo il panorama politico americano3.

Nel corso di questo capitolo, si è scelto di affrontare una trattazione per concetti e non per cronologia del conservatorismo americano, mirando ad evidenziare quali siano stati i movimenti, le figure e le idee direttamente influenti sul Tea Party movement.

La Old Right: proto-libertarianism, isolazionismo e laissez-faire in campo

Può sembrare strano, ricorda Patrick Allitt, definire conservatori gli intellettuali che fornivano, a fine Ottocento, la giustificazione teorica del capitalismo, dato che esso è un sistema socio-economico profondamente dinamico, "a world-changing system". Eppure, essi lo facevano in opposizione al nuovo credo progressista, che enfatizzava l'aiuto al prossimo sulla base della fede cristiana o delle nuove scienze sociali, difendendo strenuamente i principi del laissez-faire, cioè l'individualismo, la libera concorrenza e l'assenza di intervento da parte dello stato nell'economia. Il principale sostegno teorico ad un capitalismo senza restrizioni è provenuto dal social darwinism, una corrente culturale imperniata sull'applicazione dei principi biologici della selezione naturale alla società umana. L'esponente americano più celebre di questa tendenza è stato William Graham Sumner. Professore di politica economica alla Yale University, Sumner sosteneva l'esistenza di una lotta per la vita nella società destinata a garantire solo la sopravvivenza del più adatto. Rigettando come fallaci le dottrine illuministe e cristiane sull'eguaglianza degli uomini, spiegava come esse avessero minato il progresso della civiltà, il quale si fondava, invece, sul "forgotten man" (titolo di un suo saggio del 1883), l'individuo che, con le sue tasse, il suo lavoro e i suoi talenti era l'elemento più prezioso della nazione. Influenzati da questi principi, a protezione dell'uomo dimenticato e delle sue legittime attività economiche, in quella che è divenuto l'età d'oro nell'immaginario del Tea Party Movement, si sarebbero schierate una Corte Suprema simpatetica agli interessi imprenditoriali e una serie di organizzazioni per la promozione della libera imprenditorialità, come la National Association of Manufacturers (NAM), fondata nel 1895, o la Camera di Commercio Americana, nata nel 19124.

3 Richard Bernstein, An Old Essay Used to Explain a New Movement, in "New York Times", 10 marzo 2010; Joseph Lowndes, From the New Deal to the New Right, cit., pp. 160-161; Lisa McGirr, Suburban Warriors, cit., p. 7, 8-10, 18; Michael Thompson, Introduction, in cit., p. 2-3; Chip Berlet e Matthew Lyons, Right-wing Populism in

America: Too Close for Comfort, The Guilford Press, 2000, p. 3, 16; Richard Hofstadter, The Pseudo-Conservatives Revolt, in cit., pp. 43-44; Patrick Allitt, The Conservatives, cit., p. 5.

4 Chip Berlet, The New Political Right in the United States, in Michael Thompson, Confronting the New

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A dispetto di questo radicamento del social darwinism, il progressismo ha continuato nella propria avanzata politica. Il ventottesimo presidente degli Stati Uniti, il democratico Woodrow Wilson, ne ha definito i paradigmi fondamentali, sia sul piano interno, con un rafforzamento dell'apparato statale, sia sul piano internazionale, con l'interventismo nella prima guerra mondiale, prima di lasciare la propria eredità a Franklin Delano Roosevelt (FDR), alla Casa Bianca dal 1932 al 1945. Chiamato a confrontarsi con la Grande Depressione, il presidente dai quattro mandati consecutivi ha risposto con il New Deal, un insieme di riforme tese a rilanciare l'economia del paese sulla base di un nuovo ruolo dello stato, impegnato a difendere l'individuo dalle incertezze del libero mercato. Fondandosi sulle teorie dell'economista John Maynard Keynes, l'amministrazione democratica ha sostenuto la produzione agricola ed industriale, ha spinto lo stato federale ad intervenire nella lotta alla disoccupazione, ha garantito la protezione legale ai sindacati ed ha introdotto i primi programmi di entitlement, come la Social Security (1935), negli Stati Uniti. A questo protagonismo dello stato sul piano interno, ha fatto presto seguito un maggiore attivismo internazionale, destinato a sfociare nella seconda guerra mondiale. Il conflitto con le potenze fasciste, combinato agli effetti del New Deal, ha consentito agli Stati Uniti di superare gli ultimi strascichi della Grande Depressione. Le politiche di FDR sono state estremamente popolari, rivelandosi decisive nel formare una coalizione elettorale, la cosidetta New Deal coalition, destinata a garantire il predominio democratico nel paese fino alla fine degli anni '60. Come affermato mestamente dallo scrittore conservatore Alfred Regnery "in the view of most people, both the Great Depression and World War II had been won by big government"5.

In opposizione al New Deal ed all'interventismo (New Deal abroad) si è coagulato negli Stati Uniti un gruppo di intellettuali, giornalisti, scrittori, militari, politici ed uomini d'affari, che, nel loro insieme, sono classificati storiograficamente come Old Right, un movimento conservatore antecedente storico del Tea Party Movement, la cui azione, in nome dell'antistatismo e dell'isolazionismo, si è dispiegata fra gli anni '30 e i primi anni '50. I cosidetti business conservatives, rifacendosi alla lezione del social darwinism di fine Ottocento, rigettavano l'intervento statale nell'economia, quale concretizzatosi con il New Deal, in quanto, secondo loro, costituiva la base per l'instaurazione di un regime totalitario in America. Tentando di alterare, infatti, le relazioni naturali fra lavoratori, datori di lavoro e mercato, il presidente Roosevelt imitava, con la pianificazione dell'economia e l'appello populistico alle masse, il modello dei dittatori europei, come riconfermato, ai loro occhi, dal tentativo fallito di sovvertire la Corte Suprema nel 1937. La seconda guerra mondiale, nella visione della Old Right, avrebbe consentito all'inviso presidente democratico, dato il clima di emergenza, di allargare ulteriormente il ruolo dello stato e di mettere a tacere tutte le opposizioni6.

Parte integrante della Old Right sono stati ricchi uomini d'affari, i quali, sentendosi minacciati dal New Deal, hanno preso a finanziare, preannunciando un comportamento tipico dell'imprenditoria americana dietro il Tea Party Movement, un'insieme di associazioni apartitiche per promuovere i principi dell'isolazionismo e della libera impresa. Oltre alla NAM già incontrata, sono da ricordare l'American Enterprise Institute (1943), un think thank mirante alla deregolamentazione economica, e la American Liberty League (1934-1940), che ha speso oltre un milione di dollari nel tentativo di bloccare la rielezione di Roosevelt alla Casa Bianca, per finire poi schiacciata dalla landslide elettorale del 1936. In ogni caso, la più celebre di queste organizzazioni è stata l'America First Committee (1940-1941), l'unica in grado di raggiungere una penetrazione di massa negli Stati Uniti

conservative century, cit., p. 4-6; Patrick Allitt, The Conservatives, cit., p. 98-101; Giovanni Borgognone, La destra americana, cit., pp. 4-5-6.

5 Alfred Regnery, Upstream: the Ascendancy of American Conservatism, Threshold Editions, 2008, pp. 12-14, 17; David Farber, The Rise and Fall of Modern American Conservatism, cit., p. 18; Gregory Schneider, The

Conservative Century, cit., p. 16-17, 31-32; Donald Critchlow, The Conservative Ascendancy, cit., p. 12; Patrick

Allit, The Conservatives, cit., p. 144, 184; Jonathan Schoenwald, A Time for Choosing, cit., p. 5.

6 Greogry Schneider, The Conservative Century, cit., p. 17, 32; Murray Rothbard, The Betrayal of the American

Right, Ludwig von Mises Institute, 2007, p. 11, 23; Gillian Peele, American Conservatism in Historical Perspective,

cit., pp. 17-18; Chip Berlet, The New Political Right in the United States, in cit., p. 92; Jonathan Schoenwald, A

Time for Choosing, cit., p. 30; Patrick Allitt, The Conservatives, cit., p. 146; David Farber, The Rise and Fall of Modern American Conservatism, cit. p. 19; Alfred Regnery, Upstream, cit. p. 18.

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con 800000-850000 iscritti e un personaggio di spicco internazionale, quale l'aviatore Charles Lindbergh, come portavoce ufficiale. Servendosi dei sentimenti dell'opinione pubblica americana, contraria ad una nuova guerra, l'organizzazione promuoveva, in realtà, gli interessi politico-economici di diversi imprenditori del Midwest, marginalizzati dall'internazionalismo finanziario del big business del Nordest, spalleggiato, invece, dall'interventismo in politica estera. In questo senso, l'America First Committee si è configurata come un alleato naturale del senatore dell'Ohio, Robert Taft, protezionista ed isolazionista, che, nel Partito Repubblicano, ha guidato l'ala conservatrice in lotta con la componente moderata dell'East Coast. Per tre volte (nel 1940, 1948 e 1952), tuttavia, il campione del business conservatism, soprannominato "Mr Republican" ha mancato di conseguire la candidatura repubblicana alla presidenza. Ancora minore di quella di Taft è stata la fortuna dell'America First Committee: già minata dalle accuse di antisemitismo e dalle connivenze con la propaganda nazista per mantenere gli Stati Uniti fuori dal conflitto, si è sciolta quattro giorni dopo l'aggressione giapponese a Pearl Harbor, quando gli americani sono stati pronti ad abbracciare la causa della nazione colpita a tradimento. Con questo rivolgimento inaspettato, la Old Right, pertanto, si è condannata all'irrilevanza, essendo priva di un sostanziale appoggio popolare e di una struttura organizzativa unica, tanto che negli anni '50, ricorda Jonathan Schoenwald, "most Americans were not familiar with a conservative lingua franca".

In ogni caso, la Old Right ha lasciato due importanti eredità alla politica americana successiva: il paleoconservatism e il libertarianism. Mentre quest'ultimo verrà trattato a parte, il primo merita solo una breve menzione per la sua ripresa di temi della Old Right, poi passati al Tea Party Movement. Nato negli anni 1980, il movimento paleoconservative è divenuto noto al grande pubblico con l'attivismo politico di Patrick Buchanan, già scrittore dei discorsi del vicepresidente Spiro Agnew, responsabile delle comunicazioni stampa di Ronald Reagan ed, oggi, autore di trattati politici. Le idee principali dei paleoconservatives, espresse nelle riviste Chronicles (1977) e The American Conservative (2002) sono il protezionismo taftiano in ambito commerciale, l'isolazionismo in politica estera, la chiusura delle frontiere all'immigrazione e la decentralizzazione federale sul piano interno. Per le loro posizioni politiche, essi si richiamano, tuttavia, non soltanto alla Old Right, ma anche al libertarianism, tanto che il libertarian Ron Paul, uno dei "symbolic leaders" del Tea Party Movement, ha ottenuto il sostegno dell'American Conservative nella campagna presidenziale del 20087.

Libertarianism: definizione ed impegno politico

Per libertarianism o libertarismo si intende un'ideologia politica imperniata sul concetto di libertà personale di essenziale importanza per comprendere il Tea Party Movement. Come tale il libertarianism assume, infatti, che "anyone should be free to do anything he wants, as long as he does not commit acts of force or fraud against anyy other peaceful person". A fondamento di questo principio, i libertarians collocano il riconoscimento dei diritti naturali, tra i quali anche la proprietà, propri di ogni essere umano, affermati anche dalla Rivoluzione e della Dichiarazione di Indipendenza americana, che trascendono ogni potere ed ordinamento. Corollario di questo individualismo è la condanna dello Stato come "criminal enterprise", in quanto istituzione che costringe le persone a sottomettersi alla sua autorità, tanto che, afferma Jacob Huebert, in senso generale, "a given policy can only be called libertarian if it calls for reducing or abolishing the power of government over individuals and that any policy that mantains or increases the government's power is antilibertarian". Questo antistatismo si articola, nel libertarianism, in due filoni principali: da un lato, il miniarchism, espresso dal filosofo Robert Nozick nell'opera Anarchy, State and Utopia (1974), che legittima lo "Stato minimo" o "night watchman", mirato a garantire 7 Jacob Huebert, Libertarianism Today, cit., p. 27; Joseph Scotchie, The Paleoconservatives: New Voices of the Old

Right, Transaction Publishers, 1999, p. 1, 6-8; oppure sul tradizionalismo sudista: Eugene Genovese, The Southern Tradition: the Achievement and Limitations of American Conservatism, Harvard University Press, 1994; Patrick

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unicamente la difesa e la giustizia nella società civile; dall'altro lato, l'anarco-capitalism, definito dal filosofo ed economista Murray Rothbard, che, considerando lo Stato come necessariamente violento ed oppressivo, ne richiede la completa abolizione. Ulteriore conseguenza della preminenza della libertà personale, in entrambe le correnti, è il pieno sostegno al libero mercato, il quale, nello spazio lasciato libero dall'ingombrante Stato, è in grado di produrre uno "spontaneous order" della società, definendo le relazioni degli individui senza ricorso ad alcuna forma di coercizione ed elevandosi da componente della vita sociale organizzata ad essenza di questa. Traendo le proprie origini dal liberalism filosofico di John Locke e dall'economia classica di Adam Smith e David Ricardo, in particolare sull'interpretazione delle pratiche del libero mercato, come la competizione e la ricerca del profitto, quali "leggi naturali", il libertarianism trova il proprio più solido ancoraggio in ambito economico nella riflessione della cosidetta Scuola Austriaca. Nata in Austria nel 1871 con la pubblicazione dei Principles of Economics di Carl Menger, questa corrente economica si è ripresentata, negli anni '30 e '40, in Gran Bretagna e negli Stati Uniti. Distinguendosi dal keynesismo per il rigetto delle statistiche matematiche e delle unità macro-economiche, la Scuola Austriaca afferma che solo gli individui scelgono, definendo con il perseguimento dei loro interessi soggettivi un sistema di prezzi in costante evoluzione, che costituisce la natura stessa dell'economia. A partire da questo principio, gli economisti austriaci rivendicano l'autonomia del mercato e degli individui che lo compongono dall'intervento statale, lesivo, secondo loro, non solo degli interessi delle persone, ma anche dell'andamento stesso dell'economia, poichè altera immancabilmente la libera fluttuazione dei prezzi8.

Proprio un economista austriaco è stato il primo a scuotere le coscienze americane in senso libertarian. Al culmine della seconda guerra mondiale, quando, afferma Gregory Schneider, gli Stati Uniti erano praticamente irregimentati, l'economista Friedrich August von Hayek, all'epoca in Gran Bretagna, pubblicò un breve trattato dal titolo The Road to Serfdom (1944). In esso, Hayek grida l'allarme, polemizzando con le politiche economiche di Keynes: "there are many features which were then regarded as "tipically German" which are now equally familiar in America and England: the increasing veneration for the state, the fatalistic acceptance of "inevitable trends" and the enthusiasm for "organization" of everything (we now call it "planning")". Per Hayek, infatti, i regimi totalitari (fascisti o comunisti indifferentemente) trovano le proprie origini nell'istinto collettivista del socialismo, il quale, antitetico rispetto alla libertà, conduce necessariamente alla schiavitù. Così accade, nell'ottica del professore austriaco, che persone di "good will", specialmente intellettuali, si lascino sedurre dall'idea di un "democratic socialism, the great utopia of our times", finendo per legittimare la direzione dell'economia ad opera di pianificatori, i quali, con l'attacco alla proprietà privata, impongono la propria tirannia. Di tendenza miniarchist, Hayek legittima un intervento dello Stato in determinati ambiti (come la creazione di una rete estesa di servizi sociali), purchè il sacrosanto principio della competizione venga salvaguardato ad ogni costo. Grazie alla pubblicazione di un'edizione ridotta nel Reader's Digest dell'aprile 1945 e di una recensione estremamente positiva sul New York Times ad opera del giornalista libertarian Henry Hazlitt, The Road to Serfdom è divenuto un best-seller negli Stati Uniti, vendendo 600000 copie. Sorpreso del successo di un opera scritta inizialmente per un piccolo gruppo di persone, specialmente i britannici progressisti al governo, Hayek ha preso l'iniziativa di fondare, nell'aprile 1947, insieme ad altri 35 partecipanti (tra cui 4 futuri vincitori del premio Nobel per l'economia, compreso Hayek), la Mont Pelerin Society (dal nome della località svizzera scelta per sede), un'organizzazione internazionale di economisti, filosofi e uomini d'affari, destinata a riunirsi annualmente fino ad oggi. Nel Mission 8 Murray Rothbard, Lo stato falsario: ecco cosa i governi hanno fatto ai nostri soldi, Leonardo Facco Editore, 2005; Frederic Bastiat, La Legge, a cura di Nicola Iannello, Leonardo Facco Editore, 2001, pp. 20-21; Murray Rothbard,

For a New Liberty: the Libertarian Manifesto, Ludwig von Mises Institute, 1978, p. 1-3; Jacob Huebert, Libertarianism Today, cit., pp. 5, 8; Paolo Zanotto, Il movimento libertario americano dagli anni sessanta ad oggi: radici storico-dottrinali e discriminanti ideologico-politiche, Università degli studi di Siena, 2001, pp. 17, 107-108;

Peter Boettke, Introduction, in Peter Boettke, Handbook on Contemporary Austrian Economics, Edward Elgar Pub, 2010, pp. 12-15; Randall Holcombe, Introduction: the Austrian School Past and Present, in Randall Holcombe, 15

Great Austrian Economists, Ludwig von Mises Institute, 1999, pp. 6-7; Giovanni Borgognone, La destra americana,

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Statement, si denunciava la minaccia ai valori della civiltà occidentale portata dal collettivismo e la necessità di preservarli attraverso una promozione degli ideali del libero mercato. Più un luogo di discussione che un think tank, la Mont Pelerin Society è divenuta un "who's who" dei principali teorici del laissez-faire, alla cui lezione i Tea Partiers hanno attinto ampiamente9.

Importante nella promozione della causa libertarian negli Stati Uniti è stato il contributo della scrittrice e filosofa Ayn Rand. Ebrea di origine russa, ha avuto a conoscere gli effetti del comunismo e, emigrata in America nel 1925, è divenuta una "radical for capitalism", affermando che l'avanzamento della civiltà dipende dall'iniziativa di liberi imprenditori in lotta contro burocrati e socialisti. Divenuta celebre grazie ai suoi romanzi, come The Fountainhead (1943) e Atlas Shrugged (1957), la Rand ha definito una propria filosofia, l'objectivism, imperniata sul riconoscimento della sola realtà oggettiva (escludendo ogni forma di soprannaturale, compresa la religione), sulla promozione della "rational selfishness" quale compito morale dell'individuo in opposizione all'etica altruistica, vista come base dello statalismo, e sull'individuazione del capitalismo come unico sistema socio-economico compatibile con la natura umana. Pur riconoscendo allo stato il compito di garantire la difesa e la giustizia ed essendo tenacemente opposta all'anarchismo, la scrittice critica severamente Hayek, che legittima, invece, una minima interferenza statale nell'economia. Considerandosi "the living greatest thinker", la Rand ha radunato attorno a sè un piccolo gruppo di seguaci, i quali, in una forma semi-cultuale, sono stati chiamati a seguirne rigidamente gli insegnamenti, pena l'allontanamento dal gruppo e la scomunica da parte della scrittrice. L'objectivism si configura come una sorta di "marxism on the right", come lo ha definito l'attivista libertarian Jerome Tuccille in It Usually Begins with Ayn Rand (1972), in grado, a dispetto della severità della sua creatrice, di avere un'influenza profonda sull'immaginario libertarian americano, complice anche la forza visionaria dei romanzi della Rand, divenuti dei best-sellers fra i Tea Partiers. Incorsa nella condanna della National Review per il suo ateismo intransigente e nell'abbandono dei libertarians per il suo egocentrismo, la Rand sarebbe morta nel 1982, avendo conservato vicino a sè solo il fedelissimo filosofo Leonard Peikoff, il quale, erede ufficiale dell'objectivism, ne avrebbe promulgato i principi, anche nel Tea Party Movement, attraverso l'Ayn Rand Institute (ARI), un think tank fondato nel 198510.

Sia singoli individui sia organizzazioni si sono impegnati a promuovere la causa del libertarianism nella politica americana. Fra quanti sono stati influenti sul Tea Party Movement, oltre alle figure già citate, deve essere ricordato il filosofo e scrittore Frank Chodorov. Figura a cavallo fra Old Right e libertarianism, Chodorov è stato editore della rivista analysis (1944-1951), poi confluita in un altro periodico, Human Events (1944), nella quale prendeva una posizione nettamente antistatista. Denunciando la tassazione come un furto legalizzato e l'interventismo anticomunista come pericoloso per la libertà americana, l'autore del saggio Taxation is a Robbery (1947) sostiene l'importanza dell'educazione e delle idee nella lotta contro il collettivismo. Proprio per educare i giovani e garantire un futuro migliore ai "sons of our sons", Chodorov ha costituito nel 1953 la Intercollegiate Studies Institute (ISI), con William Buckley come primo presidente, per diffondere la letteratura libertarian e promuovere simpatetiche autonome pubblicazioni.

Senza dimenticare l'esistenza di think tank libertarian di massimo prestigio, quali la Foundation for Economic Education (1946, creata dall'economista Leonard Read) e il Ludwig von Mises Institute (1982, diretto dallo studioso Llewellyn Harrison Rockwell), il principale exploit nella politica 9 Alfred Regnery, Upstream, cit., pp. 28, 30-33; Greogry Schneider, The Conservative Century, cit, pp. 40-42; Donald Critchlow, The Conservative Ascendancy, cit., p. 15-16; Paul Ormerod, The Fading of Friedman, in "Prospect", 16 dicembre 2006; Friedrich von Hayek, The Road to Serfdom, in Walter Williams (a cura di), The Road to Serfdom

with The Intellectuals and Socialism: the Condensed Version of The Road to Serfdom by F. A. Hayek as it Appeared in the April 1945 Edition of Reader's Digest, Institute of economic affairs, 2005, pp. 39, 41-42, 46, 51; Paolo

Zanotto, Il movimento libertario americano dagli anni sessanta ad oggi, in cit., p. 108; Patrick Allitt, The

Conservatives, cit., p. 160; Friedrich von Hayek, The Intellectuals and Socialism, in cit., p. 106; George Nash, Hayek and the American Conservative Movement, 3 aprile 2004, p. 5.

10 Jennifer Burns, The Goddess of the Market: Ayn Rand and the American Right, Oxford University Press, 2009, pp. 2, 183, 252, 258, 269, 279-280; David Farber, The Rise and Fall of Modern American Conservatism, cit, pp. 60-61; Patrick Allitt, The Conservatives, cit., p. 163-164; Giovanni Borgognone, La destra americana, cit., p. 25; Donald Critchlow, The conservative Ascendancy, cit., p. 17; Jacob Huebert, Libertarianism Today, cit., p. 15.

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americana del libertarianism, fino all'odierno fenomeno Tea Party, è stato rappresentato dal Libertarian Party (LP). Fondato l'11 dicembre 1971 nel salotto di casa del politico David Nolan, ammiratore di Ayn Rand, il LP afferma, nel proprio programma elettorale, i principi della libertà personale in materia economica e sociale, l'isolazionismo e il libero commercio in politica estera, il diritto a portare armi e l'abolizione di tutti gli istituti statali non previsti dalla Costituzione (compreso il Department of Education). Affiancato da un proprio think tank, il Cato Institute (1977, finanziato dai multimilionari fratelli Koch), il LP, a dispetto delle critiche ricevute negli stessi ambienti libertarian per il suo coinvolgimento nel gioco politico nazionale, è divenuto il terzo-quarto partito per numero di voti fra gli anni '70 e '90, con il proprio apice di preferenze alle presidenziali del 1980. Al di là della scarsa incidenza politica, le analisi ricordano come lo scopo del LP sia stato da sempre di natura educativa e come l'impatto ideologico-culturale di quest'ultimo sull'opinione pubblica americana e, specificatamente, sul Partito Repubblicano, sia stato di gran lunga maggiore rispetto alle sue fortune elettorali, ponendosi come antecedente diretto del Tea Party Movement nell'introdurre il libertarianism nell'arena politica nazionale11.

Anticomunismo: cospirativismo e mobilitazione grassroots dell'America conservatrice

Per cospirativismo o complottismo si intende la credenza che vede la storia come animata unicamente da complotti o cospirazioni. La più celebre definizione di questa forma di pensiero, ravvisabile anche in certe componenti del Tea Party Movement, è fornita dallo storico Richard Hofstadter nel saggio The Paranoid Style in American Politics (1964), prendendo in prestito dal linguaggio medico la terminologia necessaria per definire il complottismo. Poichè "associazioni di due o più persone per commettere, nella massima segretezza, qualche atto illegale o criminale" esistono realmente, l'elemento specificatamente distintivo dello stile di pensiero paranoico viene individuato nella percezione della cospirazione come unico fattore agente della storia, facendo apparire quest'ultima, almeno nella sua versione ufficiale, come il prodotto di una manipolazione consapevole. Come conseguenza, il cospirativista, a differenza del paranoico clinico, si vede impegnato in una lotta contro un'azione maligna, diretta, non contro di lui specificatamente, ma contro "a nation, a culture, a way of life whose fate affects not himself alone but millions of others". Nell'ambito della mentalità paranoide, una delle espressioni storicamente più significative è rappresentata dalle teorie del complotto, vale a dire tentativi di spiegazione della realtà, basati sull'individuazione, quali fattori agenti della storia, di gruppi di cospiratori, variamente connotati. Pur nell'estrema diversità delle componenti nel corso del tempo, è possibile individuare alcuni elementi strutturali ricorrenti nelle teorie del complotto. Per lo studioso Michael Barkun, in ogni credenza cospirativista il ruolo del caso viene totalmente negato a favore dell'arbitrio, le apparenze (e le versioni ufficiali) sono considerate sempre ingannevoli e tutto è connesso, in quanto, per un fenomeno definito "paranoia di fusione", con l'abbattimento della barriera della legittimità, le credenze cospirativiste finiscono per collegarsi e rinforzarsi a vicenda. Un ulteriore componente, infine, delle teorie del complotto è la loro natura non falsificabile: rigettando la casualità dell'esistenza, tendono a divenire, nella mente dei cospirativisti, più logiche della realtà stessa ed, inoltre, si confrontano con il continuo inquinamento della verità ad opera dei cospiratori stessi, impegnati a nascondere le prove della loro azione.

Nel corso della presente trattazione si prenderà in considerazione una specifica teoria del complotto "antielite" americana: l'anticomunismo. Distinguendolo da quello mainstream degli intellettuali della National Review, l'odio verso i Rossi qui preso in esame non riguarda tanto i comunisti veri e propri (all'estero o all'interno degli Stati Uniti), quanto i rappresentanti, democratici o repubblicani, 11 Paolo Zanotto, Il movimento libertario americano dagli anni sessanta ad oggi, cit., pp. 170, 175-176; Jacob Huebert, Libertarianism Today, cit., pp. 12-13, 16, 225; http://www.lp.org/platform; Jennifer Burns, The Goddess of

the Market, cit., pp. 266-267; Donald Critchlow, The conservative Ascendancy, cit., pp. 21, 122; Giovanni

Borgognone, La destra americana, cit., pp. 19-21; Alfred Regnery, Upstream, cit., pp. 70-72; Joseph Scotchie,

Paleoconservatism as the Opposition Party, in cit., pp. 3-4; Murray Rothbard, The Betrayal of the American Right,

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dello stato americano, accusati di complottare contro il loro stesso paese ed il suo eccezionalismo, una linea di pensiero ripresa poi, come si vedrà, dal Tea Party Movement per attaccare l'amministrazione Obama12.

Con la promulgazione della "dottrina Truman", nel marzo del 1947, basata sul contenimento del comunismo, iniziava la Guerra Fredda, cioè il confronto fra Stati Uniti ed Unione Sovietica per l'affermazione della rispettiva egemonia globale. Nella superpotenza americana, una rapida successione di eventi durante la presidenza del democratico Harry Truman (come il raggiungimento della tecnologia atomica da parte sovietica, l'affermazione in Cina del regime di Mao Zedong, la guerra di Corea e l'individuazione di spie comuniste nel paese), senza dimenticare la portata della prima Red Scare, diffusero un'ondata di panico: ampi settori dell'opinione pubblica americana si convinsero che i supposti conseguimenti nemici erano impensabili senza l'aiuto di elementi traditori del governo americano. Vedendo i liberal democratici come paralizzati nel fronteggiare il comunismo, complice anche una simpatia ideologica di fondo, i conservatori presero a mobilitarsi per stanare e combattere i Rossi nel paese, veri o presunti. Un fenomeno, questa mobilitazione grassroots, la prima nella storia del conservatorismo, considerata così fondamentale da Schoenwald, da portarlo ad affermare che "without the pressure of communism threatening their way of life, conservatives could have continued living under Democratic rule". A divenire l'emblema della seconda Red Scare, è stato il senatore repubblicano del Wisconsin, Joseph McCarthy, il quale avrebbe lasciato in eredità alla politica americana ed al Tea Party Movement, oltre ad una profonda sfiducia nel governo federale, una particolare tattica di confronto politico, demagogica e cospirativista, nota come maccartismo, basata su accuse di sovversione o tradimento a rappresentanti pubblici senza supporto di prove. Acquisita una consistente popolarità, grazie anche all'utilizzazione di un linguaggio populista adatto al nuovo mezzo di comunicazione televisivo, il senatore del Wisconsin alzò il tiro, rivelando l'esistenza nell'esercito americano di infiltrati comunisti, a partire dal generale George Marshall (1880-1959), già segretario di stato durante l'amministrazione Truman. Tali eccessi furono troppo per il presidente Dwight Eisenhower e per il Partito Repubblicano: in una seduta del Senate, nel 1954, McCarthy venne censurato, stroncandone definitivamente la carriera, complice anche, per Rothbard, l'inesistenza di un'organizzazione politica in grado di perorarne la causa13.

A combinare con maggiore durata storica l'anticomunismo cospirativista e la mobilitazione conservatrice è stata la John Birch Society (JBS), le cui posizioni politiche si sono trasmesse al Tea Party Movement. Reclamando il manto dell'eredità di McCarthy, Robert Welch, fondatore della JBS (1958-), è stato il più determinato e noto portavoce della causa anticomunista, in termini complottisti, negli Stati Uniti. Originario del North Carolina, Welch ha acquisito la propria ricchezza dirigendo un industria di dolciumi e ha preso ad interessarsi alla politica con una sfortunata campagna per la nomina a luogotenente governatore del Massachusetts, nel Partito Repubblicano. Membro di spicco della NAM, ha destinato la sua opera a svelare il complotto comunista del governo americano, come quando nel suo primo scritto, The Politician (1956), poi pubblicato nel 1963, denunciava Dwight Eisenhower come un "conscious, dedicated agent of Communism". Per fronteggiare la minaccia mondiale dei Rossi istituì la JBS nel dicembre 1958, riprendendone il nome da un missionario battista assasinato dai comunisti cinesi nel 1945, 12 Michael Barkun, A Culture of Conspiracy: Apocalyptic Visions in Contemporary America, University of California Press, 2001, pp. 3-4, 7; Daniel Pipes, Il lato oscuro della storia: l'ossessione del grande complotto, Lindau s.r.l., 2005, p. 9, 51, 53, 67, 289; Chip Berlet e Matthew Lyons, Right-wing Populism, cit., p. 10; Richard Hofstadter, The

Paranoid Style in American Politics, cit., pp. 4, 29; Per una più ampia trattazione di questo aspetto si veda: Luca

Menconi, Le teorie cospirative negli Stati Uniti: breve studio sulle loro origini e caratteristiche, tesi di laurea triennale, 2009, Università di Pisa, Facoltà di Lettere e Filosofia, corso di laurea in Storia, a.a. 2008-2009.

13 Murray Rothbard, The Betrayal of the American Right, cit., p. 158; David Farber, The Rise and Fall of Modern

American Conservatism, cit., p. 63; Richard Hofstadter, The Paranoid Style in American Politics, cit., pp. 25-27;

Gregory Schneider, The Conservative Century, cit., p. 73; Michael Kazin, The Populist Persuasion: an American

history, Basicbooks, 1998, pp. 166, 185-188, 190; Glenn Utter e John Storey, The religious right: a reference Handbook, Grey House Publishing, 2007, pp. 3-6; Jonathan Schoenwald, A Time for Choosing, cit., pp. 33-34;

Robert Goldberg, Enemies Within: The Culture of Conspiracy in Modern America, Yale University Press, 2001, pp. 22, 31; Giovanni Borgognone, La destra americana, cit., p. 70.

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considerato, da Welch, la prima vittima della Guerra Fredda. Nel manifesto dell'organizzazione, The Blue Book of the John Birch Society, si illustra come l'obbiettivo principale della JBS e dei suoi membri (detti Birchers) fosse di natura educativa: per conoscere i propri nemici, ogni iscritto doveva studiare 100 libri appositamente selezionati – i cosidetti "100 steps towards the truth" -, leggere la rivista dell'organizzazione (The New American) ed inviare mensilmente al centro della JBS, situato a Belmont, in Massachusetts, dei rapporti, i Member's Monthly Messages (MMM), con i propri pensieri e suggerimenti. Oltre a questo, i Birchers, localizzati principalmente nel Sud e nell'Ovest degli Stati Uniti, sono chiamati a mobilitarsi per la promozione della propria causa, redigendo liste dei "comunisti" individuati nelle proprie comunità, oppure, come gli odierni Tea Partiers, ad organizzare eventi, raccogliere fondi, distribuire materiale pubblicitario od impegnarsi in progetti ad ampio raggio (come il tentativo di impeachment nei confronti del giudice della Corte Suprema, Earl Warren), il tutto secondo una precisa gerarchia. Sin da subito, infatti, a differenza della struttura disorganica del Tea Party Movement, Welch ha conferito alla JBS, sul modello comunista, un carattere "monolitic": al centro lui stesso, alla periferia, sezioni di 5-10 membri in media, con i rapporti vertice-base gestiti da coordinatori, salariati dall'organizzazione. Dal punto di vista politico, la JBS si fa portavoce dell'originalism in ambito costituzionale, chiedendo una limitazione del potere federale a vantaggio di quello statale, dell'abolizione della tassa sul reddito (income tax), di una politica estera rigorosamente isolazionista (con l'abbandono dell'ONU, considerato una "Internazionale socialista") e della fine di ogni interventismo statale in economia (compresa l'abolizione della Federal Reserve), tutte posizioni condivise dall'odierno Tea Party Movement. Forte di 100000 iscritti, perlopiù bianchi, di mezz'età e con redditi superiori alla media, e di un introito di 5 milioni di dollari nel 1964, la JBS è divenuta una componente grassroots fondamentale per la campagna presidenziale di Goldwater, agendo come una sorta di third party impegnato a perorare la propria agenda. Accusata di razzismo per la sua opposizione al movimento dei diritti civili, definito una macchinazione comunista, la reputazione della JBS, ulteriormente minata dalla pretesa di Welch di vedere la storia mossa dalla cospirazione degli Illuminati e diretta all'instaurazione di un New World Order, è stata una delle cause della sconfitta del candidato conservatore, a dispetto del ripudio dichiarato dalla National Review della JBS e del suo cospirativismo. Entrata in crisi dopo la morte di Welch, nel 1985, la JBS è riuscita a sopravvivere in uno stato di debolezza, riducendosi a 18000 membri e rischiando il fallimento economico, fino a tempi recenti, quando, sulla base della campagna promozionale della Fox News e della vicinanza politica al Tea Party Movement, si è rilanciata sulla scena nazionale, rimanendo sempre intenta a svelare il complotto mondiale degli Insiders14.

Pur nei suoi eccessi cospirativisti, la JBS ha accettato, così come il Tea Party Movement, sin dalla sua fondazione, le pratiche politiche democratiche, rigettando ogni ricorso alla violenza. Ben diverso il caso del Patriot movement degli anni '90, un conglomerato di diversi gruppi estremisti, i quali, parte integrante della destra razzista americana, sentono la libertà individuale minacciata dall'azione dello Stato e temono l'instaurazione del New World Order, combinando insieme libertarianism, fondamentalismo cristiano e cospirativismo. Arrivati ad essere 5 milioni, grazie al contributo essenziale di Internet e della radio, i Patriots rifiutano la legittimità del controllo governativo in materia di possesso di armi, di tassazione e di regolamentazione economica e, riconoscendo la validità della sola Costituzione e del Bill of Rights, invocano la sovranità dei cittadini in materia di sicurezza ed amministrazione della giustizia (con corti e sceriffi locali quale unica autorità riconosciuta). L'ala più radicale del Patriot movement, il Militia movement, nato sulla base del Secondo Emendamento, è arrivata a compiere diversi atti terroristici negli Stati Uniti, il più grave dei quali è stato l'attentato esplosivo all'Alfred Murrah Federal Building di Oklhaoma City del 14 Robert Goldberg, Enemies Within, cit., pp. 37, 42, 46, 54; Richard Hofstadter, The Paranoid Style in American

Poltics, in cit., pp. 10-11, 27; Chip Berlet e Matthew Lyons, Right-wing Populism in America, cit., p. 185; Sean

Wilentz, Cofounding Fathers: the Tea Party's Cold War Roots, in "The NewYorker", 18 ottobre 2010; Alfred Regnery, Upstream, cit., pp. 76-77, 79, 104; Michael Barkun, A culture of Conspiracy, cit., p. 39; Jonathan Schoenwald, A Time for Choosing, cit., pp. 65, 78-79, 84, 144-145; Chip Berlet e Matthew Lyons, Right-wing

Populism in America, cit., pp. 177, 181; Gregory Schneider, The Conservative Century, cit., pp. 72, 81-82; Giovanni

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1995, nel quale persero la vita 168 persone. Giudicando lo Stato come un ente criminale che impone la propria dittatura sulla società civile, il Militia movement si impegna a combatterlo con azioni violente, spingendo i propri sostenitori a praticare il "survivalism", cioè il ritiro in zone isolate dove praticare un'addestramento di natura paramilitare. Inoltre, componente costante nel Militia movement è l'odio nei confronti di ebrei e neri, visti come "second class citizens", all'insegna della purezza razziale bianca, che trova nel romanzo The Turner Diaries (1978) il proprio "vangelo". Sebbene la distanza di questa destra estremista dal Tea Party Movement possa apparire netta, i tentativi di reclutamento effettuati dal Patriot movement fra i Tea parties ed episodi di violenza antistatale hanno evidenziato, secondo alcuni analisti, l'esistenza di un collegamento fra i due gruppi15.

La National Review e la campagna presidenziale del 1964

Pochi avvenimenti sono stati così importanti nella storia del conservatorismo americano come la fondazione della National Review nel 1955, la rivista bisettimanale destinata a definire il conservatorismo mainstream come esso si è affermato nella seconda metà del ventesimo secolo e creare l'ambiente politico-intellettuale nel quale si inserisce il Tea Party Movement. Il creatore di questa rivista, William Buckley, esponente dell'elite americana, è divenuto il volto intellettuale di un'ideologia conservatrice rispettabile e rispettata, in grado di esercitare un controllo duraturo sulla vita politica del paese.

All'indomani della fine della Old Right con la scomparsa di Taft e l'esito fallimentare della battaglia in Congresso sul Bricker Amendement nel 195416, il vuoto lasciato dai conservatori nella scena

pubblica è stato colmato con il lancio della National Review (dapprima National Weekly), nel cui primo editoriale, dal titolo Our Mission Statement, scritto dallo stesso Buckley, si proclamava l'intento del giornale di stare "athwart history, yelling Stop, at a time when no one is inclined to do so". Sin dalla pubblicazione dei suoi primi due libri, God and Man at Yale (1951) e McCarthy and his Enemies (1954), Buckley era, infatti, convinto di affrontare una lotta titanica: i liberals avevano preso il controllo delle "cittadelle" della cultura e della politica, indottrinando le masse nei loro principi. Per riprendere il controllo degli Stati Uniti, i conservatori dovevano combattere duramente e in ranghi serrati. Lo strumento attraverso cui farlo era la National Review, attorno alla quale Buckley ha radunato i migliori intellettuali conservatori dell'epoca e ha cercato di definire una posizione di convergenza fra le tre principali anime della destra: libertarianism, anticomunismo e tradizionalismo. Questo tentativo, noto come fusionism, si impernia su una limitazione del ruolo dello Stato alla difesa della vita, della proprietà e dei diritti dei cittadini (in senso libertarian), su una politica estera aggressiva nei confronti dell'Unione Sovietica fino all'eventualità di scatenare un conflitto nucleare (in senso anticomunista) e su una preservazione dei valori morali-religiosi tradizionali della società americana in un contesto di legge ed ordine (in senso tradizionalista) – una combinazione di posizioni rintracciabili anche nel Tea Party Movement17.

Il principale architetto di questo orientamento di pensiero è stato il filosofo Frank Meyer. Ex-15 Robert Goldberg, Enemies Within, cit., pp. 59-60; http://www.adl.org/presrele/militi_71/2737_71.asp; Devin

Burghart e Leonard Zeskind, Tea Party Nationalism: a Critical Examination of the Tea Party Movement and the

Size, Scope and Focus of its National Factions, Institute for research & education on human rights, primavera 2010,

p. 10; Chip Berlet e Matthew Lyons, Right-wing Populism in America, cit., pp. 288-290; Daniel Pipes, Il lato oscuro

della storia, cit., p. 381; Mark Fenster, Conspiracy Theories: Secrecy and Power in American Culture, University of

Minnesota Press, 2008, pp. 54-56; Giovanni Borgognone, La destra americana, cit., p. 105; Chip Berlet, The New

Political Right in the United States, in cit., p. 93; Lisa McGirr, Suburban Warriors, cit., p. 10.

16 Proposto dal taftiano senatore John Bricker (R-Ohio), questo emendamento fu l'ultima battaglia dell'isolazionista

Old Right. Esso chiedeva che i trattati internazionali fossero vincolati, attraverso un voto del Congresso, al dettato

costituzionale. Murray Rothbard, The Betrayal of the American Right, cit., pp. 139-140.

17 http://www.nationalreview.com/articles/223549/our-mission-statement/william-f-buckley-jr; Giovanni Borgognone,

La destra americana, cit., p. 133; Alfred Regnery, Upstream, cit., pp. 25-26, 51; Donald Critchlow, The Conservative Ascendancy, cit., p. 22; Gregory Schneider, The Conservative Century, cit., p. 58; David Farber, The Rise and Fall of Modern American Conservatism, cit., p. 5, 62; Gillian Peele, American Conservatism in Historical Perspective, in cit., p. 21.

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comunista di origini ebraiche, ha scritto un'opera-guida sul fusionism, In Defense of Freedom: a Conservative Credo (1962), e ne ha articolato i principi nella colonna fissa della National Review, Principles and Heresies. Lungi dall'essere inconciliabili come possono sembrare, libertarianism e tradizionalismo, l'uno per la ricerca della libertà individuale, l'altro per l'affermazione di un'ordine oggettivo della virtù morale, sono in grado di completarsi a vicenda, a detta di Meyer. Il libertarianism può insegnare al tradizionalismo a rinunciare a qualsiasi imposizione statale della moralità, in quanto solo le persone libere possono perseguire la virtù; il tradizionalismo, invece, insegnare al libertarianism che la libertà senza un fine ultimo conduce all'immoralità ed è, pertanto, necessario definire un'etica condivisa da tutti gli uomini. Ulteriore elemento di coagulo è, infine, rappresentato dal comunismo, vero fattore scatenante dell'odierno conservatorismo americano per Schneider, rigettato, da un lato, dal libertarianism per il suo istinto collettivistico e, dall'altro, dal tradizionalismo per il fatto di essere senza Dio. Proprio nell'opposizione ad esso, coerentemente alla tesi del backlash, libertarianism e tradizionalismo hanno potuto accantonare le loro differenze, per Meyer, e lottare contro un nemico comune. Qualcosa di simile è accaduto nel Tea Party Movement, dove la scissione fra l'ala libertarian e quella social conservative è stata superata in nome della comune opposizione al liberalism democratico, collettivista e senza Dio.

Come posizione di compromesso, il fusionism, denominazione critica conferita dal tradizionalista Brent Bozell, è stato oggetto di feroci controversie nel mondo conservatore. Sin dalla fondazione della National Review, Buckley si è preoccupato di escludere quelle componenti passibili di danneggiare l'immagine rispettabile del conservatorismo che intendeva costruire. Oltre al cospirativismo della JBS e all'ateismo della Rand, anche l'antisemitismo e il razzismo genetico hanno finito per essere scomunicati. In realtà, sulla questione afroamericana, la National Review ha assunto una posizione ambigua, invocando, in termini cultural-educativi, una superiorità dei bianchi, tale da legittimare, in nome delle prerogative degli Stati locali, i diritti dei bianchi del Sud in materia di segregazione razziale, anticipando, per certi versi, il colorblind racism del ventunesimo secolo. Oltre che all'esterno, il fusionism è stato protetto all'interno dei circoli della rivista. Questo è avvenuto, per esempio, con l'attacco polemico lanciato da Meyer al tradizionalista Russell Kirk per denunciare la minaccia portata alla libertà individuale dall'"autoritarismo" di istituzioni destinate a salvarguardare la virtù morale. Ad esso si aggiungeva l'accusa di tradimento scagliata dall'anarco-capitalist Murray Rothbard (che avrebbe rotto ogni rapporto con Buckley) nei confronti degli ideali isolazionisti della Old Right in nome della nuova crociata anticomunista, passibile di legittimare un rafforzamento del Leviatano statale18.

A dispetto delle controversie, l'ideale fusionist si è affermato. Sebbene indirizzata intenzionalmente solo ad un ristretto circolo di elite, la National Review è divenuta popolare fra il grande pubblico, cosa che comunque non l'ha salvata da difficoltà finanziarie, complice la volontà di Buckley di trattare anche argomenti di cultura popolare in maniera accessibile e divertente. La rivista ha acquisito, di conseguenza, un'influenza importante nel plasmare il conservatorismo anche nella sua dimensione attiva e non solo in quella intellettuale. Lo sforzo promotore da parte di Buckley degli ideali conservatori non si sarebbe limitato soltanto alla rivista: oltre a condurre lo show televisivo Firing Line sulla PBS (1966-1999), si è impegnato nella vita politica sia direttamente, con la campagna elettorale del 1965 a sindaco di New York, sia indirettamente, con la fondazione della Young Americans for Freedom (YAF) nel 1960, l'organizzazione giovanile di ideali fusionists destinata a fare da genitrice ad una nuova generazione di attivisti conservatori, ancora oggi attivi in politica e nella riflessione intellettuale.

Barry Goldwater è stato, per David Farber, il Giovanni Battista del conservatorismo americano, il primo campione glorificato dal Tea Party Movement. A lui è spettato, senatore repubblicano dell'Arizona per cinque mandati successivi, con la campagna presidenziale del 1964, guidare la causa del conservatorismo nella politica nazionale e coalizzare le forze di un movimento 18 Murray Rothbard, The Betrayal of the American Right, cit., pp. 147-149; Jacob Huebert, Libertarianism Today, cit., p. 32; Donald Critchlow, The Conservative Ascendancy, cit., pp. 23-25; Giovanni Borgognone, La destra

americana, cit., p. 33; Joseph Lowndes, From the New Deal to the New Right, cit., pp. 48, 50; David Farber, The Rise and Fall of Modern American Conservatism, cit., p. 68; Patrick Allitt, The Conservatives, cit., pp. 179-180;

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intellettuale, fino ad allora isolato, con una consistente base grassroots di appoggio19.

Insoddisfatti dell'amministrazione Eisenhower per il mancato ripudio del New Deal e per la politica "morbida" nei confronti dell'Unione Sovietica, i conservatori della National Review ricercarono negli schieramenti politici una figura di spicco in grado di perorarne la causa. Goldwater, fermo sostenitore del libero mercato, della politica estera aggressiva e della moralità cristiana, si presentava come il candidato ideale. Purtuttavia, il senatore, noto come "Mr. Conservative", si oppose inizialmente a qualsiasi tentativo di essere trascinato in una competizione elettorale, temendo di provocare una spaccatura nel Partito Repubblicano, in mano all'ala moderata della East Coast. Gli sforzi di Buckley per vincerne le resistenze furono accompagnati dalla formazione di un comitato segreto, la National Draft Goldwater Committee, guidata dai repubblicani Clarence Manion e Clifton White, per costringere il senatore ad accettare il ruolo di capo politico dei conservatori. Come prima mossa venne pubblicato, con l'assenso di Goldwater, un libro a suo nome, di grande successo anche fra gli odierni Tea Partiers, The Conscience of a Conservative (1960), scritto, in realtà, da Brent Bozell, per articolare, in termini semplici e politicamente appettibili, i principi del conservatorismo del futuro candidato presidenziale. L'opera, destinata ad essere "the conservatives' new bible" per Regnery, è dichiaratamente fusionist: si chiede il rispetto della libertà dei cittadini con la riduzione dell'interventismo statale (anche nel welfare state), l'aggressività contro l'Unione Sovietica, rigettando la coesistenza pacifica, e il ripristino dei valori morali-religiosi della nazione con l'applicazione di legge ed ordine. Infuriato per il tradimento di Richard Nixon in occasione delle presidenziali del 1960, definito la "Republican Munich Conference", Goldwater decise di impegnarsi per le primarie repubblicane del 1964, in opposizione al moderato Nelson Rockfeller, già governatore dello Stato di New York, in uno scontro fra moderazione e conservatismo, tutto interno al GOP, replicato poi anche nelle elezioni del 2010. In un confronto estremamente combattuto, all'insegna delle accuse reciproche di estremismo e di "repubblicanesimo solo di nome", Goldwater vinse la nomination, accettandola, poi, nella National Republican Convention di San Francisco del 16 luglio. Lungi dall'assumere un atteggiamento conciliante nei confronti dell'ala sconfitta del Partito Repubblicano, minata anche da uno scandalo familiare dello stesso Rockfeller, Goldwater la ripudiò con decisione e pronunciò la famosa frase: "I would remind you that extremism in the defense of liberty is no vice. And let me remind you also that moderation in the pursuit of justice is no virtue"20.

Sin dall'avvio, la corsa alla Casa Bianca di Goldwater fu praticamente votata al fallimento. Sebbene fosse forte nel suo team la convinzione che "millions of conservatives were out there", il liberalism democratico appariva troppo forte, in un periodo di prosperità del paese, per essere sconfitto, specie dopo il clamore del recente assassinio di Kennedy. Senza contare poi che l'ala moderata dello stesso Partito Repubblicano fece mancare al senatore ogni supporto. In questo contesto, la propraganda dell'avversario democratico di Goldwater, Lyndon Johnson, potè accusarlo con facilità di estremismo, per la presenza dei Birchers nelle file dei suoi sostenitori, che mai il senatore volle ripudiare totalmente, e di razzismo, per il sostegno espresso da Goldwater ai diritti degli stati nel Sud segregazionista e per il voto contrario al Civil Rights Act del 1964. L'esito finale delle votazioni era scontato: con il 38,5% dei voti contro il 61,1% di Johnson, Goldwater trascinò il Partito Repubblicano a subire la sconfitta a valanga più disastrosa della sua storia.

Lungi dal segnare la fine del conservatorismo, come affermato dai media dell'epoca, la campagna presidenziale del 1964 ne ha definito, invece, alcuni dei punti di forza su cui il movimento conservatore avrebbe basato, poi, la propria ascesa storica, perdendo, come sostiene Catherine 19 David Farber, The Rise and Fall of Modern American Conservatism, cit., pp. 41, 257; Jonathan Schoenwald, A Time

for Choosing, cit., pp. 64, 125, 162-190; Alfred Regnery, Upstream, cit., pp. 64, 93; http://www2.fiu.edu/~yaf/sharon.html.

20 Richard Hofstadter, Goldwater and Pseudo-conservative Politics, in cit., pp. 104, 109; Catherine Rymph,

Republican Women: Feminism and Conservatism from Suffrage through the Rise of the New Right, University of

North Carolina Press, 2006, p. 167; Daniel Williams, God's Own Party: the Making of the Christian Right, Oxford University Press, 2010, p. 70; Jonathan Schoenwald, A Time for Choosing, cit., pp. 126, 142-143; David Farber, The

Rise and Fall of Modern American Conservatism, cit., pp. 92-93; Gregory Schneider, The Conservative Century,

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