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Valutazione e collaudo di nuovi formulati per confusione sessuale per il controllo di insetti dannosi alla vite nella costa grossetana

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA

Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali

Corso di Laurea in Produzioni Agroalimentari e Gestione dell’Agroecosistema Curriculum in Agricoltura Biologica e Multifunzionale

Valutazione e collaudo di nuovi formulati per confusione sessuale per il controllo di insetti dannosi alla vite nella costa grossetana

Relatore Candidato Prof. Andrea Lucchi Luca Fiumanò

Correlatore

Prof. Angelo Canale

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Indice

Riassunto………4

Introduzione………...5

Principali avversità biotiche nei vigneti della costa grossetana………..5

Lobesia botrana……….8

Tassonomia e distribuzione………...8

Morfologia……….8

Piante ospiti………...9

Ciclo biologico………...10

Effetti dell’alimentazione sul ciclo biologico………12

Caratteristiche della pianta e scelta dell’ospite………..13

Interazioni chimiche con la specie ospite………...14

Dannosità………16

Controllo chimico………...18

Nemici naturali e controllo biologico……….19

Il metodo della confusione sessuale nel controllo di L. botrana………20

Introduzione………20

Meccanismo d’azione………..22

Formulazioni………22

Protocollo d’azione………..25

Valutazione dell’efficacia del metodo della confusione sessuale………26

Possibili casi di resistenza al metodo della confusione sessuale?...27

Future possibilità nel controllo biologico di L. botrana………..27

Planococcus ficus……….28

Distribuzione e Piante ospiti……….…28

Morfologia………28

Ciclo biologico……….30

Dannosità………..32

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Controllo………35

Cryptoblabes gnidiella………37

Distribuzione e Piante ospiti……….37

Morfologia………37

Ciclo biologico……….38

Dannosità………..39

Controllo………...40

Materiali e Metodi………42

Luoghi di svolgimento dell’attività di ricerca……….42

Installazione dei dispenser e divisione delle tesi………..46

Modalità di campionamento……….48

Campionamenti fuori prova………...49

Prodotti utilizzati per la confusione sessuale……….51

Prodotti utilizzati per il controllo biologico di P.ficus………..54

Prodotti per il controllo chimico di P.ficus………55

Prodotti per il controllo di L. botrana……….56

Risultati e Discussione………57

Campionamento di I generazione della lobesia………..57

Campionamento di II generazione della lobesia………58

Campionamento intermedio del planococco………..61

Campionamento di III generazione della lobesia………...62

Campionamento finale del planococco………..65

Risultati finali e complessivi………..68

Considerazioni conclusive………..72

Ringraziamenti………74

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Riassunto

Negli ultimi vent’anni una maggiore sensibilità del consumatore verso prodotti a basso impatto ambientale e rispettosi dell’ecosistema insieme con una nuova legislazione comunitaria che ha progressivamente ritirato dal mercato un gran numero di insetticidi tradizionali ha portato le aziende agricole ad orientarsi verso nuove strategie di controllo degli insetti dannosi alle colture.

In viticoltura la tendenza ha portato allo sviluppo di un controllo integrato che prevede l’alternanza sinergica fra diverse tecniche che di per sé non escludono il controllo chimico. Oltre all’uso di insetticidi selettivi e meno impattanti sulla biodiversità dell’entomofauna e il ricorso ad insetti antagonisti utilizzati nell’ottica di un controllo biologico degli insetti target particolare interesse è stato suscitato dalla tecnica della confusione sessuale. Si tratta di una strategia di controllo che prevede il rilascio di feromone sessuale dell’insetto che si vuole controllare in modo da confondere gli esemplari maschi nella ricerca di femmine da fecondare.

In viticoltura le prime sperimentazioni di confusione sessuale sono state operate sul Lepidottero Tortricide Lobesia botrana. Ad oltre trent’anni dalle prime prove oggi la confusione sessuale su lobesia è diffusa in tutta Italia e il trend resta positivo.

Attualmente, oltre alla lobesia, nuovi insetti un tempo considerati come pest secondari stanno raggiungendo un ruolo di primaria importanza a causa della loro maggiore dannosità e diffusione. Relativamente alla zona della Maremma littoranea, dove negli ultimi anni la superficie di vigneti messi a dimora è notevolmente aumentata, fra i nuovi insetti dannosi si conta un altro Lepidottero, Cryptoblabes gnidiella e una cocciniglia della famiglia dei Pseudococcidi, Planococcus ficus.

Si tratta di insetti la cui biologia è ancora poco studiata rispetto alla tignoletta e per i quali occorre sviluppare nuove strategie in grado di far fronte alla crescente diffusione di questi pest.

Nel caso di P. ficus, oltre alla lotta biologica classica tramite insetti antagonisti, predatori e parassitodi, è stata effettuata una prova di confusione sessuale. In particolare è stato

collaudato un nuovo feromone, Isonet L PFX, di produzione della Shintesu Chemical, in grado di rilasciare sia il feromone sessuale della lobesia sia quello della cocciniglia.

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Introduzione

Principale avversità biotiche nei vigneti della costa grossetana

Le maggiori problematiche di natura biotica che affliggono la viticoltura litoranea in Toscana Meridionale possono essere suddivisi fra agenti di danno macroscopici e agenti microscopici. Fra quest’ultimi rientrano funghi, batteri, fitoplasmi e virus. Virosi e fitoplasmosi possono produrre danni ingenti anche se spesso è difficile giungere a una diagnosi e tanto più elaborare una terapia di difesa. Particolare preoccupazione proviene dalla minaccia della Flavescenza Dorata, una fitoplasmosi appartenente al gruppo dei giallumi della vite. L'agente causale della malattia è un fitoplasma, che si insedia nei tessuti floematici dell'ospite e ne provoca il blocco della linfa elaborata, inducendo uno squilibrio dell’attività fisiologiche dalla pianta stessa. La malattia è endemica dell’Europa, ma non h mai causato forti problemi fino all’arrivo di un suo insetto vettore Scaphoideus titanus, una cicalina originaria del Nord America. L’insetto è giunto in Francia nei primi anni 50 e da lì è arrivato in Italia passando per la Liguria. Dal 2000 la malattia è sottoposta a trattamento di quarantena. In Toscana il fitoplasma è stato segnalato nelle province di Massa-Carrara, Lucca e Pisa, ma si teme che possa diffondersi ulteriormente causando danni anche nelle zone più pregiate della Toscana per la vitivinicoltura.

Fra i funghi, i danni maggiori sono attribuibili a due ascomiceti e un oomicete: l’oidio (Erysiphae necator) noto come mal bianco della vite, la muffa grigia (Botrytis cinerea) e la peronospora (Plasmopora viticola). Botrite e Peronospora possono essere assai importanti dal punto di vista economica, ma la loro dannosità nel grossetano è ridotta rispetto ad altre aree della Toscana. Si tratta di due malattie in cui l’acqua gioca un ruolo determinante in quanto la Peronospora necessita di un velo d’acqua per diffondersi così come la Botrite si sviluppa in areali con elevati tassi d’umidità. Il clima arido e la scarsità di precipitazioni soprattutto nel periodo estivo che caratterizzano la costa grossetana agiscono da deterrenti allo sviluppo delle due malattie. Le elevate temperature portano inoltre a vendemmie generalmente precoci che consentono agli agricoltori di adottare una strategia di “avoidance” nei confronti della Botrite che non ha il tempo materiale per diffondersi sulla vite.

Più tipico delle zone costiere è invece l’oidio che nel vento trova un ottimo mezzo di propagazione. Tuttavia esistono ormai diversi modelli previsionali basati su dati climatici che

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consentono di affrontare l’oidio attraverso strategie preventive con prodotti di copertura a base di zolfo. Difficilmente le infezioni del mal bianco possono diventare tanto ingenti da dover intervenire con prodotti sistemici con effetti curativi.

Benché vi sia una forte attenzione nei confronti delle malattie fungine, dal punto di vista economico il problema maggiore che affligge la vite sono gli attacchi prodotti da agenti entomologici.

Se un tempo la gestione degli insetti era completamente affidata all’uso indiscriminato di insetticidi generici, privi di alcuna selettività e fortemente nocivi anche nei confronti dell’uomo, attualmente le aziende si stanno muovendo in direzione di una gestione più integrata e consapevole che prevede una commistione fra un uso più attento e moderato degli insetticidi e il ricorso a tecniche alternative per il controllo degli insetti. Questa tendenza si è venuta a creare da un lato grazie ad una legislazione europea in materia di insetticidi che si è fatta via via più severa portando al ritiro dal mercato di diversi principi attivi; dall’altro lato la richiesta da parte del consumatore di prodotti agroalimentari rispettosi dell’ambiente in cui vengono prodotti ha portato le aziende a rivedere i loro processi produttivi a favore della sostenibilità e dell’impatto ambientale.

All’interno di questo contesto, il panorama degli insetti nocivi del vigneto si è andato a modificare profondamente. Il parziale abbandono degli insetticidi generici ha infatti portato all’emersione di nuovi pest secondari un tempo considerati come specie non significative dal punto di vista economico.

Per quanto riguarda la vitivinicoltura della costa grossetana si può affermare che siano tre i principali pest che inficiano la qualità e le produzioni dei vigneti.

Il primo è la tignoletta della vite Lobesia botrana Lepidottero appartenente alla famiglia dei Tortricidi. Può essere considerato come un fitofago polifago, ma la vita è il suo ospite d’elezione soprattutto nelle aree dove la vite è fortemente diffusa. Se pur presente da sempre nella Maremma littoranea, la scoperta di questa zona come zona di pregio per la vitivinicoltura e il conseguente incremento esponenziale di zone allevate a vite ha portato alle condizioni ideali per l’esplosione di questo fitofago.

L’uso di insetticidi neurotossici non ha portato a grandi risultati mentre forte interesse proviene dalle nuove tecniche di gestione integrata, in particolare il metodo della confusione sessuale.

Associato alla lobesia vi è un secondo Lepidottero appartenente alla famiglia dei Ficitini conosciuto con il nome di tignola rigata degli agrumi. Cryptoblabes gnidiella, questo il suo nome scientifico era considerato fino a una decina di anni fa come un pest secondario non in

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grado di provocare attivamente danni sulla vite se non in casi di copresenza con L. botrana. Ad oggi la situazione è notevolmente mutata in quanto aumentano i casi di attacchi di questo ficitino anche in assenza di altri insetti e la natura gregaria di questo insetto porta ad attacchi sempre più devastanti sui grappoli tali da comprometterne persino la vinificazione.

Un tempo gli insetticidi usati contro la tignoletta della vite erano sufficienti a tenere sotto controllo le popolazioni di C. gnidiella, ma attualmente il progressivo ridursi dell’uso di insetticidi ha portato a dover valutare nuove strategie specifiche nei confronti del ficitino. La sua presenza nel vigneto che a differenza della lobesia non è costante per tutta la stagione vegetativa, ma si manifesta solamente verso la fine di luglio è motivo ulteriore di difficoltà nella gestione di questo insetto.

A completare questa lista vi è infine una coccingilia, Planococcus ficus, noto con il nome di planococco della vite. L’importanza economica di questo Emittero appartenente alla famiglia degli Pseudococcidi è gravemente aumentata negli ultimi anni tanto nel grossetano quanto in altri contesti viticoli nazionali e internazionali. Le femmine di questa specie cosparse di cera candida imbrattono le diverse parti vegetali della pianta e danno origine a fumaggini. La loro presenza talvolta massiccia porta a grappoli devastati al loro interno che riducono notevolmente la qualità del prodotto alla raccolta.

Se dunque da un lato si riducono per gli agricoltori le armi “chimiche” per difendersi dalla minaccia degli insetti nocivi dall’altro si aggiunge il problema di nuovi specie di cui spesso si sa troppo poco per poterle affrontate efficacemente. In un contesto del genere appare dunque evidente come fondamentale sia una conoscenza profonda di questi antagonisti del vigneto, quale sia la loro origine, il ciclo biologico, la loro effettiva dannosità e infine quale sia la migliore strategia, o meglio, la migliore combinazione di strategie per poter non tanto eliminare totalmente il pest, ma portarlo sotto una soglia economica di danno.

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Lobesia botrana (Denis & Schiffermuller)

Tassonomia e Distribuzione

La specie botrana è stata originariamente descritta come Tortrix da Denis e Schiffermuller nel 1775. Attualmente appartiene al genere Lobesia ed è inquadrata nella famiglia Tortricidae, sottofamiglia Oletherutinae (Razowski, 1995).

È storicamente presente in Europa meridionale e centrale, Africa del Nord e Asia Minore. È economicamente importante nel Sud della Francia, in Italia, Spagna, Portogallo e Grecia: in queste zone è l'unica specie di Lepidottero a creare ingenti danni all'interno del vigneto (Lucchi, 2014).

Nell'aprile del 2008 è stata rilevata per la prima volta in Cile mentre nel settembre del 2009 vi è stata una prima segnalazione della presenza di L. botrana in California, nella regione viticola di Napa Valley. Sia in Cile sia in California sono stati avviati dei programmi di eradicazione del pest.

Nel febbraio del 2010 la tignoletta della vite è stata rilevata anche in Argentina, nella provincia di Mendoza (Ioriatti e al., 2012).

Morfologia

L'adulto ha apertura alare di 11-13 mm con ali anteriori color crema con macchie marroni, nere e bronzo. Le ali posteriori sono grigie con bordi frangiati. A riposo, le ali vengono risposte sopra l'addome in una forma detta “a campana” (Fig. 1a).

L'uovo (0,6X0,7 mm) è di forma ellittica e si presenta al momento dell'ovideposizione di colore giallo paglierino che muta gradualmente verso un grigio chiaro e trasparente con luminosi riflessi irridescenti (Fig. 1b).

La larva di prima stadio (1 mm) ha corpo color crema e capo nero (Fig. 1c).

La larva di quinta età (10 mm) ha capo che va dal marrone al giallognolo e sclerite prototoracico con margine di color marrone più scuro e secondo segmento antennale nero. Le aree setifere sono chiare e il pettine anale presenta 5-6 denti marrone-scuro (Fig. 1d).

La pupa (4-6 mm) appare slanciata con capo e estremità caudale arrotondati; il cremaster ha 8 setole uncinate. Le pupe femminili sono di norma più tozze e larghe di quelle dei maschi (Fig. 1e)

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Fig. 1 - Lobesia botrana ( a ) adulto, ( b ) uovo, ( c ) uovo con larva nella fase di testa nera, ( d ) larva, ( e ) pupa (Ioriatti, Lucchi, Varela, 2012)

Piante ospiti

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a 27 famiglie diverse (Coscolla, 1997). E' stato ipotizzato che l'ospite originario sia l'erba corsa Daphne gnidium, appartenente alla famiglia delle Thymelaeceae (Lucchi e Santini, 2011).

Ricerche recenti hanno dimostrato come la lobesia sia esposta ad un maggior numero di nemici naturali quando è ospite di D. gnidium rispetto a quando si sviluppa su vite. Non è chiaro se ciò sia dovuto all'assenza di trattamenti insetticidi o ad una maggiore attrattività dell'erba corsa verso i nemici naturali o ancora se negli ecosistemi in cui cresce vi sia un maggior numero di ospiti alternativi per i nemici naturali della lobesia.

Nel parco nazionale di San Rossore-Migliarino-Massaciuccoli (Toscana, Italia), dove L.

botrana si sviluppa a spese di D. gnidium, il ciclo biologico dell'insetto è assai simile a quello

che il tortricide ha su vite nell'aree costiere della Toscana (Lucchi e Santini, 2011).

Su dafne la prima generazione si sviluppa unicamente a spese delle foglie, mentre le altre due generazioni attaccano anche i fiori e i frutti.

La scelta dell'ospite da parte di Lobesia botrana dipende talvolta dall'ambiente in cui si trova: a Creta ad esempio la lobesia si comporta come un visitatore itinerante e sceglie la vite come piante ospite solo per un periodo del suo ciclo vitale stagionale preferendo in altri momenti l'olivo, l'erica, la malva o il rosmarino (Ioriatti e al., 2011).

Altri ospiti graditi sono varie specie dei generi Vitis, Clematis, Cornus, Lonicera, Viburnum,

Ligustrum, Ribes, Hedera, Rosmarinus, Berberis, Vaccinum, e olivo in fase di fioritura

(Lucchi, 2014). Ciclo biologico

L. botrana è specie polivoltina con diapausa facoltativa. In Europa svolge da 2 a 4 generazioni

l'anno a seconda delle condizioni climatiche. Nelle zone più settentrionali come Germania, Svizzera, Austria e Nord della Francia può svolgere da 2 a 3 generazioni annue mentre 3 generazioni sono la regola in zone con clima più caldo e asciutto come Sud della Francia, Spagna, Portogallo, Grecia e Italia dove talvolta, nelle annate più calde, può dare origine a un quarto volo, ma assai raramente a una quarta generazione completa.

In Israele, Egitto e sull'isola di Creta la lobesia può non andare in fase di diapausa e svernare allo stato di larva, nutrendosi di grappoli non raccolti o passando l'inverno su altri ospiti (Ioriatti e al.,2012).

Gli adulti volano nell'ora del crepuscolo (60-80 lux) a livello della vegetazione e proseguono per qualche ora fino a notte inoltrata (Lucchi, 2014). I maschi sono generalmente più attivi

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delle femmine avendo un volo più frequente e frenetico. Durante il volo le femmine si fermano parecchie volte per rilasciare il feromone sessuale che si compone di una miscela di componenti diversi fra i quali il più importante è il (E,Z)-7-9-dodecadienil acetato (Roelofs e al., 1973).

Arn e al. (1988) individuò 15 composti fra alcoli, aldeidi e acetati che componevano il feromone sessuale, tre dei quali responsabili delle risposte comportamentali.

Recenti analisi chimiche ed elettrofisiche su estratto ghiandolare di femmine vergini di L.

botrana hanno rivelato la presenza di altri tre composti addizionali non riportati da Arn e al.

(1988): (E)-7-dodecenil acetato e gli isomeri (E,E) e (Z,E) del 7-9-11-dodecatrienil acetato. Questi tre componenti hanno un fortissimo effetto sinergico se aggiunti in piccole dosi. Di particolare interesse è il fatto che (E)-7-dodecenil acetato sia stato ritrovato solo su estratti ghiandolari di lobesie provenienti dall'Europa meridionale mente non si ritrova su popolazioni di lobesia a Nord delle Alpi, il che fa presumere l'esistenza di razze geografiche di feromone della lobesia (Witzgall e al., 2005).

La ghiandola responsabile della produzione del feromone è posta sia sul lato dorsale sia su quello ventrale della membrana intersegmentale collocata fra l'VIII e il IX segmento addominale.

Tale ghiandola contiene circa 1 ng di (E,Z)-7-9-dodecadienil acetato (Buser e al., 1974) e durante il picco di richiamo dei maschi, che normalmente si ha al crepuscolo, la femmina arriva a rilasciare circa 0,3 ng/h (Anfora e al., 2005).

I maschi sono recettivi per un ampio range di concentrazioni di (E,Z)-7-9-dodecadienil acetato che va da 0,1 a 2500 ng (Vitigliano e al., 2005).

Una volta ricevuto dal maschio, il segnale viene trasmesso dai neuroni recettori olfattivi al centro primario olfattivo nel cervello. Come in altri lepidotteri, anche i maschi della lobesia sono caratterizzati da un forte dimorfismo del glomerulo del lobo antennale che pare sia dedicato alla rielaborazione del principale composto del feromone sessuale (Masante-Roca e al., 2005).

Le condizioni climatiche sine qua non per il volo dei maschi sono rappresentate da temperature non inferiori agli 11°C mentre il volo femminile non ha luogo al di sotto dei 12,8°C.

I voli cominciano a 24 ore dallo sfarfallamento e gli accoppiamenti possono durare da alcuni minuti fino a due ore. I maschi possono accoppiarsi con più femmine (fino a 8-10) preferendo generalmente le vergini alle femmine già fecondate mentre quest'ultime raramente manifestano poliandria. Dopo tre giorni si ha l'ovideposizione e una femmina può arrivare a

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deporre da 50 a 80 uova, la maggior parte delle quali vengono deposte nella prima settimana di vita.

La vita di un adulto dura all'incirca 20-30 giorni e le femmine sono tendenzialmente più longeve dei maschi. Le larve di prima generazione si sviluppano a spese delle infiorescenze (generazione antofaga) mentre le altre due si nutrono dei grappoli in fase di accrescimento (generazione carpofaga). A primavera le singole uova vengono deposte sui bottoni fiorali mentre in estate direttamente sugli acini.

Una volta sgusciate, le larve di prima generazione hanno una breve fase di vagabondaggio, dopo di che penetrano all'interno del bottone fiorale dove permangono fino al raggiungimento della terza età, sviluppandosi a spese degli organi fiorali. Terminata questa fase le larve escono nuovamente e, unendo una decina di bottoni fiorali con filamenti sericei autoprodotti creano un bozzolo filamentoso dentro il quale danno seguito alla loro attività trofica fino al raggiungimento della maturità (Fig. 2a).

L'impupamento avviene anch'esso generalmente all'interno del nido e trascorse due settimane abbiamo la comparsa degli adulti di seconda generazione. Le femmine di questa seconda generazione dopo l'accoppiamento depongono le uova sugli acini verdi intorno alla metà di giugno che corrisponde alla fase fenologica di Vitis vinifera della pre-chiusura del grappolo. Le larve di seconda generazione penetrano gli acini aprendo la strada a tutti i microrganismi a penetrazione passiva che danno luogo a marciumi che compromettono gravemente la qualità della bacca. Anche la seconda generazione si impupa all'interno dei grappoli, oppure nel fogliame. Se le temperature superano i 33°C non si ha l'incrisalidamento della lobesia. Alle condizioni climatiche dell'Italia gli adulti di terza generazione compaiono tra la fine di luglio e l'inizio di agosto in corrispondenza della fase fenologica di invaiatura e anche in questo caso le larve si nutrono alle spese degli acini in fase di maturazione divenendo nuovamente causa dell'insorgere di malattie di natura fungina e/o batterica. Le larve dell'ultima generazione dell'anno si spostano sulle parti legnose della pianta e qui, al di sotto della corteccia, costruiscono il bozzolo dove trascorreranno il periodo invernale.

Effetti dell'alimentazione sul ciclo biologico

La durata del ciclo biologico, la fitness riproduttiva, la fertilità e la dimensione dell'uova sono aspetti che possono essere influenzati dal tipo di cultivar di cui la larva si è nutrita.

Altri fattori come la qualità nutrizionale delle diverse parti della vite e lo stadio fenologico del grappolo di cui la larva si è cibata influiscono in modo significativo sulla performance del

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13 lepidottero (Torres-Villa, 1999).

La nutrizione larvale influisce anche sulla scelta del substrato per l'ovideposizione. Le femmine preferisco ovideporre sulle medesime cultivar di cui si sono nutrite allo stato larvale (Moreau e al., 2008).

Il numero totale di spermatofori prodotti dal maschio della lobesia così come le dimensioni del primo spermatoforo dipendono dalla cultivar sulla quale si sono sviluppati (Torres-Villa, 1999).

Anche utilizzando la stessa cultivar, la fase fenologica può influire su sviluppo, dimensioni e performance riproduttiva.

Le larve che si nutrono su grappoli maturi daranno luogo ad adulti di dimensioni maggiori rispetto a quelle di adulti sfarfallati da larve che si sono nutrite di acini verdi o infiorescenze. Allo stesso modo, il numero di spermatofori trasmessi da un maschio cresciuto su grappoli maturi è due volte maggiore rispetto a quelli di esemplari cresciuti su infiorescenze, probabilmente a causa del differente rapporto proteine/zuccheri nell'alimentazione adottata. Miglioramenti nella performance riproduttiva (riduzione della mortalità larvale, riduzione del tempo di sviluppo delle larve, aumento del peso delle pupe, longevità delle femmine, fecondità delle femmine, tempo di ovideposizione, successo dell'accoppiamento) sono stati riscontrati in laboratorio su esemplari allevati su ospiti diversi dalla vite (Thièry e Moreau, 2005).

In Grecia è stato osservato che larve di lobesia crescono 2-3 volte più velocemente sulle infiorescenze dell'olivo rispetto a quelle della vite (Savapoulou-Soultani e al., 1990).

In Francia è stata visto come la fitness riproduttiva sia maggiore per gli adulti derivati da larve cresciute su D. gnidium e Olea europea rispetto a quelle cresciute su Vitaceae (Thièry e Moreau, 2005).

Nuovi studi hanno poi evidenziato una correlazione positiva fra L. botrana e il fungo B.

cinerea.

Un miglioramento nello sviluppo dell'insetto sarebbe infatti dovuto alla presenza nella propria dieta di alcuni steroli prodotti dal fungo (Mondy e al., 1998).

Recentemente è stata evidenziata una preferenza nell'ovideposizione per quei grappoli che sono stati inoculati con un pool lieviti indigeni della vite (Tasin e al., 2009).

Caratteristiche della pianta e scelta dell'ospite

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larve può variare in funzione della cultivar (Sharon e al., 2009).

Durante il primo volo le femmine preferiscono deporre su superfici lisce e dunque evitano i fiori che presentano tomentosità (Pavan e al., 2009).

Inoltre, la sopravvivenza delle larve è fortemente influenzata dallo stadio fenologico dell'infiorescenza: la mortalità è molto alta finché non ha inizio la differenziazione degli organi fruttiferi e decresce gradualmente fino a diventare minima poco prima della fioritura (Torres-Villa e al., 1992).

L'asincronia fra il momento di maggior sensibilità della vite agli attacchi delle larve e il momento di massima schiusura delle uova può essere considerata come una forma di pseudo-resistenza della pianta nei confronti del lepidottero. Naturalmente questi aspetti variano a seconda del clima e della latitudine. L'assottigliamento dei grappoli infestati così come l'accelerazione della crescita e l'irrigidimento dei peduncoli per bloccare la formazione dei nidi delle larve sono tutti fattori che influiscono notevolmente sulla crescita e lo sviluppo delle popolazioni delle larve di lobesia (Coscollà, 1997).

Interazioni chimiche con la specie ospite

Le femmine di lobesia durante il periodo dell'ovideposizione sono attratte da odori emessi dalla vite a differenti stadi fenologici (Masante-Roca e al., 2007).

Studi sulla percezione di sostanze volatili emesse dalla pianta ospite e sul loro processamento a livello di sistema nervoso centrale e periferico hanno portato alla dimostrazione di una connessione fra la percezione di questi segnali chimici e una risposta comportamentale da parte dell'insetto (Masante-Roca e al., 2002; Tasin e al., 2010).

Nelle femmine di lobesia il sinergismo e la rindondanza di segnali olfattivi attrattivi è stato dimostrato per un certo numero di composti. Ciò sarebbe in accordo con la plasticità comportamentale della tignoletta della vite che è in grado di ovideporre su un gran numero di piante ospite con un diverso profilo aromatico, fra cui l'erba corsa D. gnidium.

Tasin e al. (2010) hanno riportato che le femmine di lobesia sono in grado di discernere le diverse specie ospite mostrando una propensione superiore per le piante che offrono maggiori possibilità di crescita per la prole.

Un blend di 11 molecole volatili è stato individuato negli ospiti d'elezione; recentemente, su vite, sono state identificate delle sostanze volatili che agiscono sul comportamento delle larve di L.botrana (Becher e Guerin, 2009).

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pianta ospite che ne aumentano il valore nutritivo per le giovani larve (Mondy e al., 1998). In vigneto è stato poi osservato come le femmine della lobesia non volino unicamente sulla vite, ma anche su una specie non ospite come il tanaceto (Tanacetum vulgare L.) che la tignoletta probabilmente considera come una fonte di foraggiamento di nettare (Gabel, 1992). Le sostanze volatili prodotte dal tanaceto non influiscono sul comportamento delle femmine vergini durante il volo, ma incrementa la proporzione di femmine accoppiate che hanno avviato il volo (Hurtrel e Thiéry, 1999).

A differenza delle femmine fecondate, le femmine vergini e i maschi non sono reattivi ai composti volatili delle piante in purezza (Masante-Roca e al., 2007).

Tuttavia tali composti, se presenti in un mix con il (E,Z)-7-9-dodecadienilacetato, il principale composto del feromone sessuale, rafforzano significativamente l'attrattività dei maschi nei confronti del feromone (Sharon e al., 2009).

Il fatto che i sensori delle antenne di L. botrana rispondano sia al principale composto del feromone sia a molecole volatili della pianta rafforza l'ipotesi che vi sia un'interazione fisiologica fra queste due categorie di composti (De Cristofaro e al., 2008).

In altri studi si è visto come estratti degli acini della vite ed estratti delle bacche e delle foglie di D. gnidium inneschino il processo di ovideposizione nelle femmine della lobesia (Maher, 2002).

Le risposte ovviamente variano a seconda della parte della pianta e dello stadio fenologico in cui essa si trova: ad esempio un estratto dello stelo dell'erba corsa risulta repellente nei confronti della lobesia mentre un estratto proveniente dai suoi frutti stimola l'ovideposizione. Quando un estratto delle bacche dell'erba corsa viene spruzzato sugli acini d'uva e si conduce un choice test fra acini trattati con l'estratto e acini non trattati la femmina depone un numero significativamente maggiore di uova sugli acini trattati (Maher e Thiéry, 2006).

Anfore a al. (2009) hanno osservato in una prova di laboratorio come alcune sostanze volatili emesse dal grappolo stimolino l'ovideposizione. Un blend di composti di sintesi identificati a partire dalle molecole volatili emesse dalla vite ha mostrato gli stessi effetti indicando una correlazione fra tali sostanze e la risposta all'ovideposizione. In un successivo esperimento condotto in pieno campo è stato visto che un dispenser che rilascia il blend sintetico attira i maschi della lobesia e stimola le femmine a ovideporre nei pressi della fonte di rilascio. Un recente studio di Tasin e al. (2011) ha dimostrato che sebbene il rapporto fra insetto e pianta ospite sia fortemente condizionato da stimoli olfattivi, tali stimoli mostrano una fortissima correlazione con altri stimoli sensoriali, sia di tipo visivo sia di tipo tattile.

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completo delle interazioni fra la lobesia e la specie ospite durante l'ovideposizione. Dannosità

La dannosità di un attacco da parte della tignoletta può essere variabile a seconda della cultivar bersaglio, del mesoclima del vigneto, delle pratiche agronomiche portate avanti e del numero di generazioni annue svolte dalla specie in quel dato agroecosistema.

La generazione antofaga spesso non porta a delle riduzioni della resa alla raccolta dato che esistono fenomeni di compensazione da parte della pianta a livello di allegagione e di accrescimento ponderale degli acini.

Le successive generazioni carpofaghe risultano invece essere distruttive e temibili a causa della nutrizione delle larve a spese degli acini verdi o in fase di maturazione che comporta un'inevitabile riduzione della produzione (Fig. 2b e 2c). Inoltre, le infezioni secondarie da parte di funghi e batteri, uno su tutti l'ascomicete Botrytis cinerea, portano ad un ulteriore depauperamento della qualità del vino che si andrà a produrre (Fig. 2d). Altri funghi come

Aspergillus niger e Aspergillus carbonarius, responasabili della produzione di ocratossina A,

sono stati correlati all'attività trofica delle larve della lobesia (Cozzi e al., 2006).

Una difesa preventiva delle infestazioni di tignoletta può essere attuata con una gestione razionale del vigneto evitando una vigoria eccessiva delle piante e garantendo al contrario una buona areazione dei grappoli.

Il momento del primo volo e la schiusura delle uova di prima generazione può essere stimato ricorrendo a modelli previsionali che si servono di temperature intese come valori minimi sotto i quali non si ha la presenza di ciascun stadio vitale e l'ovideposizione (Moravie e al. 2006).

Sfortunatamente, modelli previsionali basati sui gradi giorno sono empirici e quindi la loro validità è strettamente dipendente dall'ambiente in cui tali modelli sono stati messi a punto. L'uso di trappole alimentari a base di succo di mela, pera, vino o aceto per catturare le femmine è una scelta valida per farsi un'idea del momento in cui hanno inizio le ovideposizioni ed eventualmente per programmare un intervento insetticida (Thiéry e al. 2006).

Tuttavia la gestione e il mantenimento di queste trappole impiega una quantità di tempo notevole. Un'alternativa sono le trappole a feromone che sono molto semplici da utilizzare: hanno però il limite di catturare unicamente esemplari maschili. Nonostante ciò possono rivelarsi utili in zone in cui la lobesia raggiunge densità allarmanti e consentono di

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programmare in modo corretto un trattamento ovicida.

I suddetti modelli previsionali e le trappole di cattura non sono comunque sufficienti a svolgere un adeguato monitoraggio della densità della popolazione e una ricerca direttamente in vigneto delle uova e delle giovani larve è quanto mai necessaria (Shanini e al. 2010). Sulla base di queste dirette valutazioni (percentuale di grappoli che ospitano larva, numero di uova, larve o nidi per grappolo, numero di acini danneggiati per grappolo) si può ricorrere all'uso di insetticidi in accordo con il superamento delle soglie di intervento. Tali soglie variano sensibilmente a seconda della generazione, della sensibilità della cultivar agli attacchi di marciume grigio, della destinazione finale delle uve (uva da vino, da tavola, uva passa). Per quanto riguarda la generazione antofaga le soglie di tolleranza sono molto alte e possono variare dal 30 al 70% di infiorescenze infestate in quanto, come già visto, la vite ha dei propri meccanismi compensativi che vanno a recuperare le perdite subite in fase di fioritura. Su cultivar a grappolo grande come ad esempio il Sangiovese e non soggette a colatura la soglia di tolleranza può raggiungere anche il 100%.

Per la seconda e terza generazione la dannosità varia molto a seconda del microclima della chioma, la vigoria della cultivar e la sua suscettibilità a botrite e aspergilli ocratossicogeni per cui le soglie di intervento variano dal 5 al 10% per le varietà più sensibili e dal 10 al 15% in quelle più tolleranti gli attacchi (Lucchi, 2014).

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Fig. 2 - Lobesia botrana ( a ) nido larvale, ( b, c ) attacchi su acini, ( d ) grappolo affetto da marciume acido (Ioriatti, Lucchi, Varela, 2012)

Controllo chimico

La maggior parte degli insetticidi utilizzati in passato contro la lobesia sono stati gradualmente sostituiti con molecole più selettive e dotate di minor tossicità. Nuovi insetticidi neurotossici (spinosine e oxadiazine), inibitori della sintesi della chitina, acceleratori della muta, insetticidi microbiologici, avermectine e diamidi antraniliche sono oggi la base di una strategia di controllo integrato. A dispetto di ciò, i tradizionali e superati insetticidi neurotossici a base di clorpirifos e metil clorpirifos sono ancora oggi largamente utilizzati nei vigneti europei.

Il controllo mediante insetticidi larvicida con un qualche effetto ovicida concedono maggiore flessibilità nella scelta del tempo di intervento; tuttavia il monitoraggio di ciascun stadio vitale della lobesia resta fondamentale per una buona strategia di controllo.

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Infatti, grazie soprattutto alla crescente precisione degli strumenti di previsione, un singolo intervento insetticida contro la seconda generazione di tignoletta può rivelarsi risolutiva in molte realtà viticole europee. Nelle aree meridionali possono essere necessari anche due o tre trattamenti.

Parlando di selettività è indubbio che Bacillus thuringiensis sia fra tutti gli insetticidi quello con il più alto valore ecologico, ma la sua utilizzazione è ancora in parte frenata a causa della sua bassa persistenza. Purtuttavia, se utilizzato a fianco di una rigorosa attività di monitoraggio dei voli e delle ovideposizioni, l'efficacia di B. thuringiensis resta indiscutibile. Nemici naturali e Controllo biologico

La coorte dei nemici naturali di L. botrana comprende principalmente funghi (generi

Sipicaria, Beauveria, Paecilomyces, Aspergillus, Cephalosporium, Cladosporium, Penicillium, Citromyces, Verticillium e Stemphylium che solitamente attaccano le pupe in

diapausa), batteri (Bacillus thuringiensis Berliner ssp. Kurstaki e aizawai) e artropodi (ragni, acari e soprattutto insetti).

Fra i predatori troviamo ragni (Clubionidae, Theridiidae, Tomisidae, Linyphiidae, Salticidae), acari (Thrombididae) e insetti appartenenti agli ordini Dermaptera, Hemiptera, Neuroptera, Diptera e Coleoptera. Fra i parassitoidi associati alla tignoletta possiamo invece trovare Hymenoptera Ichneumonoidea (Icneuomondi e Braconidi), Chalcidoidea (famiglia Chalcididae, Pteromalidae, Eulophidae, Elasmidae, Trichogrammatidae) e Ditteri (famiglia dei Tachinidi).

Naturalmente il controllo sulla lobesia esercitato da ciascun parassitoide varia notevolmente nel tempo e nello spazio. In linea generale i parassitoidi oofagi e larvali sono presenti nelle prime due generazioni dell'anno mentre decrescono drasticamente nella generazione svernante che è invece vittima dei parassitoidi larvo-pupali.

Ad oggi, nonostante molti sforzi si stiano compiendo in questa direzione, la lotta biologica classica non è considerabile fra i sistemi di controllo della lobesia. Ooparassiotidi del genere

Trichogramma allevati in biofabbrica sono stati più volte rilasciati in vigneto all'interno di

una strategia di tipo inondativo con risultati scarsi e poco soddisfacenti. I Pteromalidi

Dibrachys affinis e D. cavus sono parassiotidi larvo-pupali generalisti e gregari di larve di

Lepidotteri, Ditteri e Imenotteri. Benché siano facilmente allevabili in laboratorio, non sono ritenibili dei buoni candidati per un ipotetico rilascio in vigneto a causa del loro comportamento da iper-parassiti.

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La specie più diffusa ed efficace nei vigneti Europei è il parassitoide larvale Campoplex

capitator, appartenente alla famiglia degli Ichneumonidi (Fig. 3). Da sempre questo insetto è

ritenuto il miglior candidato per il controllo biologico della lobesia, ma ancora pochi rilasci in vigneto hanno avuto luogo a causa di alcune difficoltà emerse nell'allevamento massale (Thiéry e Xuéreb, 2004. Ioriatti e al. 2012. Lucchi, 2014).

Fig. 3 – Esemplare adulto di Campoplex capitator (Foto di A.Lucchi)

Il metodo della confusione sessuale nel controllo di Lobesia botrana

Introduzione

Una maggiore consapevolezza da parte dell'opinione pubblica circa l'impatto ecologico nella gestione dei pest nel vigneto ha portato alla richiesta di nuove strategie di controllo che fossero più rispettose e meno impattanti per l'agroecosistema. I primi tentativi di utilizzare il metodo della confusione sessuale furono portati avanti in Francia e in Svizzera durante gli anni '70

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su due ettari di vigneto nel Lazio utilizzando dei piccoli tubi di gomma impregnati di feromone sintetico (Vita e al., 1985).

Feytaud (1917) fu il primo ad osservare il potere attrattivo delle femmine di L. botrana nei confronti degli esemplari maschi e a proporre di conseguenza l'uso di trappole contenenti femmine vergini per il monitoraggio.

Gotz (1941) avanzò l'ipotesi di utilizzare il feromone sessuale della lobesia per il suo controllo in vigneto con trent'anni di anticipo rispetto alla scoperta della struttura chimica dei componenti di cui è costituito il feromone.

Arn e al. (1988) hanno trovato 15 composti (catene idrocarburiche lineari insature con un gruppo terminale alcolico o acetico o aldeidico) nell'estratto delle ghiandole sessuali della lobesia. L'attrattività è data da 3 composti: (E,Z)-7,9-dodecadienil acetato (E7,Z9-12:Ac),

(E,Z)-7,9-dodecadien-1-ol (E7,Z9-12:OH e il (Z)-9-dodecenil acetato. Quest'ultimo risulta essere il principale componente del feromone sessuale dell'altro tortricide particolarmente dannosa in vigneto ossia la tignola della vite Eupoecilia ambiguella.

Test condotti in laboratorio hanno mostrato come l'attrattività dei maschi verso il feromone vari a seconda del blend con cui è formato. Difatti, sebbene l'(E,Z)-7,9-dodecadienil acetato di per sé risulti meno attrattivo rispetto a una femmina vergine, l'aggiunta di modeste quantità degli altri due composti minori aumenti sensibilmente l'attrattività del feromone sintetico (Witzgall & Arn,1990; Witzgall, 1997; El-Sayed e al., 1999). Tali composti dimostrano di avere un effetto sinergico quando vengono addizionati rispettivamente un 20% e un 5% al composto principale e a basso dosaggio (10 μg). Tuttavia l'attrattività di questi composti sintetici non raggiunge mai quella del feromone naturalmente rilasciato da una femmina vergine.

Recenti studi hanno poi mostrato come il feromone sintetico subisca dei miglioramenti, sia in termini di numero di maschi che raggiungono la fonte sia in termini di velocità e linearità con cui tali maschi sopraggiungono alla fonte, qualora si aggiunga al blend (E)-9-dodecenil acetato e Δ11-dodecenil acetato, due molecole presenti nelle ghiandole deputate alla produzione del feromone (El-Sayed e al., 1999).

Ulteriori analisi sulle femmine vergini di L. botrana hanno evidenziato la presenza di un altro composto, il (E)-7-dodecenil acetato, che aggiunto a bassi dosaggi nel blend dimostra avere un forte effetto sinergico (Bengtsson e al., 2004).

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22 Meccanismo di azione

La confusione sessuale agisce prevenendo il maschio della lobesia dal rispondere al richiamo prodotto dall'emissione del feromone naturale. Secondo Bartell (1982) questo è possibile se esso viene costantemente tenuto sotto alte concentrazione del feromone: si creerebbe in tal modo una sorta di assuefazione dei recettori antennali a questo genere di composti, rendendoli insensibili anche al feromone rilasciato dalle femmine.

Altri studiosi (Cardè, 1990; Sanders, 1997) hanno pensato alla confusione sessuale come un'azione di camouflage del feromone sessuale naturale in quanto il suo effetto sarebbe azzerato da una presenza uniforme di feromone sintetico (mascheramento della traccia). Nel caso in cui si inseriscono all'interno di un vigneto più fonti che rilasciano il blend sintetico si viene invece a creare una vera e propria competizione fra i feromoni artificiali e quelli naturalmente rilasciati dalle femmine di lobesia (falsa traccia).

Studi sul campo hanno dimostrato come il ruolo dell'assuefazione degli antennomeri al feromone non possa essere il meccanismo d'azione che sta alla base del successo del metodo della confusione sessuale in quanto le dosi di feromone sintetico normalmente rilasciate in vigneto sono troppo basse rispetto a quelle che sarebbero necessarie per creare un'assuefazione dei recettori antennali (Schmitz e al., 1995).

Anche l'ipotesi del mascheramento della traccia non è il più verosimile meccanismo d'azione con cui opera la confusione sessuale dato che, anche servendosi di più punti di rilascio del feromone, è difficile creare una costante permeazione dell'aria con il feromone sintetico. Il meccanismo della falsa traccia è quello che meglio spiega il funzionamento reale ed effettivo della confusione sessuale: la presenza di feromone sintetico nel vigneto non fa altro che far ritardare la ricerca delle femmine vergini da parte dei maschi, i quali, seguendo le false tracce create dal feromone sintetico, impiegano più tempo per trovare le femmine. Di conseguenza si avrà una riduzione del numero di accoppiamenti.

Inoltre, più un maschio si attarda a trovare una femmina, più si ridurrà la fecondità di quest'ultima, di modo che, anche se fecondata, deporrà un numero di uova inferiore.

Formulazioni

Un vasto numero di sistemi di rilascio del feromone sono stati sviluppati dal tempo in cui si è iniziato a operare con il metodo della confusione sessuale. Le varie formulazioni possono essere classificate a seconda del modo in cui è rilasciato il feromone (dispenser, spray, ecc…),

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del materiale utilizzato (gomma, PVC, polietilene, amido di mais), del design del prodotto (cavi, tubicini, piastre laminate, fiale) e del tasso di feromone rilasciato (Audemard, 1988). Oltre ai composti aggiunti per migliorare l'attrattività del feromone, altre sostanze possono essere aggiunte al fine di migliorare l'efficienza del prodotto come ad esempio antiossidanti e assorbitori di raggi UV che ne aumentano la resistenza alla degradazione.

I dispenser più utilizzati in vigneto sono le doppie fiale della Basf (Rak 1 e 2, 1+2 e 2R), i tubicini della Shinetsu/CBC (Isonet L, L plus) e le membrane della Suterra (Check-Mate LB). Queste tre classi di prodotto differiscono dal punto di vista fisico, del tasso di rilascio e della gestione con conseguenti differenze di durata ed efficacia finale (Fig. 4).

Un dispenser efficace dovrebbe rilasciare feromone a seconda di quanto richiesto dai diversi periodi, ma questa richiesta può essere variata da specifiche condizioni climatiche come la temperatura, la velocità del vento e la radiazione solare che possono inficiare la permanenza del feromone nell'area che voglio trattare. Per questo motivo l'obiettivo di chi produce i dispenser è quello di far sì che vi sia sempre un tasso di rilascio che si mantenga all'interno di un certo range durante tutta la stagione.

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Fig. 4 – Diversi modelli di dispenser a feromone: ( 1 ) dispenser manuale in lattice; ( 2 )

dispenser a cordoncino della Shin-Etsu; ( 3 ) dispenser a membrana; ( 4 ) Shin-Etsu

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In Italia, dove Lobesia botrana svolge tre generazioni, i dispenser devono rilasciare feromone dalla fine di marzo fino a settembre.

Come già riportato, l'efficacia di una strategia di confusione sessuale dipende essenzialmente dalla possibilità di mantenere un'omogenea concentrazione del feromone per tutta la durata del periodo che richiede il trattamento. Creare un dispenser dal design ottimale dal punto di vista del rilascio del feromone non assicura un disturbo sufficiente del volo dei maschi alla ricerca di femmine. Una grande variabilità è data infatti da fattori spaziali e temporali come la topografia del vigneto e la direzione del vento (Neumann & Cravedi, 1989).

La velocità del vento può alterare la concentrazione del feromone nell'atmosfera: Nelle istruzioni per l'uso del prodotto Isonet L si suggerisce di applicare un maggior numero di dispenser qualora il vento soffiasse a velocità superiori ai 1,5 m/sec.

Altri fattori quali il sistema di allevamento del vigneto e la struttura della chioma posso mitigare o esaltare gli effetti del feromone. Un vigneto inerbito riduce l'assorbimento e la degradazione del feromone da parte del terreno mentre una folta chioma può alterare la concentrazione di feromone sessuale a causa degli effetti di assorbimento e successivo rilascio delle molecole d parte delle cere cuticolari (Noldus e al., 1991).

In primavera, la concentrazione di feromone è minore e più variabile fin tanto che la copertura fogliare è ridotta rispetto a quando si ha una chioma ben formata (Karg & Sauer, 1997). Allo stesso modo, violente grandinate che posso andare a intaccare il livello vegetativo posso determinare una riduzione del tenore di feromone così come una carenza fogliare dovuta ad attacchi di mal dell'esca o altre malattie vascolari (Bagnoli & Lucchi, 2003).

Mantenere le medesime concentrazioni di feromone ai bordi del vigneto è piuttosto difficile e dei dispenser addizionali sono quanto mai necessari (Louis & Feldhege, 1995).

Protocollo d'azione

La strategia della confusione sessuale risulta più efficace se il trattamento con feromone viene eseguito all'inizio del primo volo (Charmillot, 1992). In passato molti tentativi di usare la confusione sessuale sono falliti in quanto il feromone non veniva utilizzato prima della comparsa della seconda generazione (Bagnoli e al, 2001).

Generalmente vengono posti 500 dispenser per ettaro; questi vengono generalmente applicati sui tralci o sul filo all'altezza in cui si troveranno i futuri grappoli di modo che il dispenser risulti il più possibili protetto dalla radiazione solare e dalle alte temperature.

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creando una sorta di “buffer zone” è ormai pratica comune.

Alcuni accorgimenti possono poi essere presi in caso di vigneti posti in pendii ripidi o con file disposte lungo la corrente che segue il vento in quella specifica zona. In tal caso, per ovviare a dei pesanti effetti deriva, si può agire diversamente; ad esempio ponendo il 70% dei dispenser nella parte superiore del vigneto e lasciando in basso solo il restante 30% anziché ricorrere alla classica distribuzione uniforme.

I tempi operativi di applicazione dei dispenser variano da 1,5 a 3 ore/ettaro a lavoratore a seconda delle condizioni del vigneto.

Valutazione dell'efficacia del metodo della confusione sessuale

Valutare il numero di femmine che sono riuscite ad accoppiarsi è la misura più diretta per stimare l'efficacia di una strategia di controllo con la confusione sessuale.

Tuttavia la conta dei maschi presi con le trappole di cattura è il modo più facile e semplice per valutare in modo indiretto l'efficacia della confusione sessuale.

Una riduzione del numero di catture può essere indice di un successo della strategia: spesso nelle zone trattate con feromone negli anni precedenti il numero di catture maschili scende notevolmente.

La conta del numero di grappoli che presentano uova (e quindi che saranno infestati da larva) viene utilizzata per decidere eventuali trattamenti insetticidi sulle generazioni carpofaghe, ma fornisce informazioni anche sull'efficacia della confusione sessuale. Contare il numero di nidi per grappolo è abbastanza semplice e veloce mentre una stima accurata dell'infestazione di larve nei grappoli delle generazioni carpofaghe richiede la distruzione dei campioni ed è particolarmente dispendiosa in termini di tempi.

Una valutazione dei danni fatta unicamente solo a fine vendemmia porterebbe a un dato falsato in quanto si attribuirebbe a Lobesia botrana l'attività trofica svolta anche da altri insetti che danneggiano la vite.

In conclusione si può affermare che la carenza di metodi per valutare efficacemente il successo di una strategia di controllo basata sulla confusione sessuale è una delle cause principali che scoraggia tecnici e viticoltori ad adattare l'uso di questa pratica nel controllo della lobesia.

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Possibili casi di resistenza alla confusione sessuale?

L'estesa applicazione della confusione sessuale in certe aree dell'Europa comporta una forte pressione di selezione nei confronti della lobesia che potrebbe portare alla nascita di popolazioni “resistenti” grazie a particolari meccanismi.

Sebbene non siano ancora stati documentati fenomeni di resistenza, il rischio che questi insorgano è del tutto possibile. L'eterogeneità genetica di Lobesia botrana la predispone infatti allo sviluppo di resistenza (Roehrich e al., 1976).

Parametri come la potenza del feromone, la reattività dei maschi o l'abilità di corteggiamento sono tutti aspetti che possono essere classificati come meccanismi di resistenza.

Un aumento della quantità di feromone rilasciato dalle femmine potrebbe causare un aumento delle possibilità per il maschio di trovare la vergine.

Allo stesso modo i maschi potrebbero iniziare a discriminare fra il feromone naturale e quello sintetico grazie al riconoscimento di composti secondari assenti nella formulazione del feromone sintetico.

Future possibilità per il controllo biologico di Lobesia botrana

Il metodo della confusione sessuale e altre tecniche basate sull'utilizzo dei feromoni risultano più efficaci contro popolazioni a bassa densità e risultano pertanto dei validi strumenti nella gestione dei pest e financo nell'eradicazione di popolazioni di insetti giunti da un altro areale. Tuttavia si ricorre ancora largamente all'uso di insetticidi nel caso di popolazioni di insetti ad alta densità che si siano fortemente stabilizzati in una certa area. Popolazioni così radicate devono essere prima trattate con insetticidi e portate a un livello di concentrazione tale da poter cominciare in modo efficace un controllo mediante l'utilizzo della confusione sessuale. La sfida è quella di riuscire a sostituire i trattamenti curativi mediante insetticidi con miscele di composti attrattivi verso le femmine della lobesia.

Ulteriori indagini servono poi nella ricerca dei composti volatili prodotti dagli ospiti alternativi della lobesia per verificare se e quanto queste molecole siano responsabili di risposte comportamentali da parte dell'insetto.

Ad esempio nel caso della carpocapsa del melo (Cydia pomonella L.), la sostanza volatile con maggior potere attrattivo deriva dal pero che è proprio un ospite alternativo della carpocapsa (Light e al., 2001).

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Infine, nuove ricerche sul comportamento chimico-dipendente e sull'ecologia della lobesia non potranno che potenziare la gestione di questo pest. La comunicazione e lo scambio costruttivo fra i ricercatori e gli utenti finali, ossia gli agricoltori, non potrà poi che migliorare l'applicazione pratica delle tecniche di controllo basate sul metodo della confusione sessuale che allo stato attuale soffrono di una forte disparità di efficacia a seconda della zona geografica in cui esse vengono messe a punto.

Planococcus ficus (Signoret)

Distribuzione e piante ospiti

Originario dell'areale del Mediterraneo, ad oggi è presente su tutto il pianeta. Specie polifaga riscontrabile su piante erbacee, arbustive ed arboree. L'ospite dell'elezione sono il fico e in particolar modo la vite.

Morfologia

Come spesso accade nei Pseudoccidi, anche in P. ficus esiste un profondo dimorfismo sessuale. Le femmine (Fig. 5) hanno dimensioni maggiori (3 mm) rispetto agli esemplari maschili (1 mm). Inoltre sono più voluminose dei maschi e sono attere. Il corpo si presenta di forma ellissoidale ed è ricoperto da filamenti di cera candida. Il tegumento ha colore rosaceo, ma spesso la tonalità non è visibile a causa dell'abbondante presenza di cera farinosa. I filamenti cerosi fuoriescono dai bordi mentre il centro del corpo delle femmine è attraversato longitudinalmente da una fine linea scura. Le uova sono di colore giallo e vengono deposte in ovisacchi anch'essi abbondantemente ricoperti di cera (Lucchi, 2014).

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Fig. 5 – Femmine adulta di Planococcus ficus (Foto di A.Lucchi)

Il maschio (Fig. 6) è un piccolo insetto di colore arancione scuro, presenta due grandi ali trasparenti e lunghe antenne. Si caratterizza per la mancanza di parti boccali funzionanti e per la presenza di due lunghi filamenti cerosi che vengono emessi dalle piastre ciripare poste sull'ottavo urite. Sono considerati degli stabilizzatori del volo Le neanidi sono morfologicamente paragonabili alle femmine, ma hanno dimensioni inferiori.

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Fig. 6 – Maschio adulto di Planococcus ficus (Foto di A. Lucchi)

Ciclo biologico

Il ciclo biologico avviene lungo un movimento verticale sulla pianta: lo svernamento è affidato alle femmine già fecondate che si posizionano sotto il ritidoma del ceppo o delle branche più mature (Fig. 7). A primavera, con la ripresa vegetativa, le femmine escono e si spostano verso la base dei giovani germogli. Con il procedere della stagione le colonie di P.

ficus si muovono verso le foglie e quindi si insediano sui grappoli. Con il ritorno del freddo,

le femmine scendono lungo la pianta per tornare nei luoghi idonei al superamento dell'inverno.

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Fig. 7 – Femmine fecondate svernanti sotto il ritidoma (foto di A. Lucchi)

Le femmine, giunte a maturità sessuale, emettono un feromone sessuale che ha lo scopo di attrarre i maschi. Il feromone si compone del monoterpene (S)-lavandulolo e dell'estere corrspondente (S)-(+)-lavandulil senecioato. Si è osservato come il solo estere risulti fortemente attrattivo verso i maschi della specie.

Inoltre si è osservato come il suddetto feromone funga da cairomone nei confronti dell'Imenottero Encritide Anagyrus pseudocci, parassitoide specifico di P. ficus.

Il feromone è prodotto da ghiandole poste verosimilmente all'altezza delle coxe delle zampe metatoraciche.

Una volta avvenuto l'accoppiamento la femmina depone circa 250 uova.

P. ficus predilige climi particolarmente umidi e zone ombrose per cui la sua presenza e

dannosità risulta maggiore nei vigneti ad alto sviluppo vegetativo e su quelle varietà che tendono a formare grappoli compatti e aderenti uno sull'altro.

La presenza della specie è molto spesso associata a quella delle formiche che nella melata prodotta dalla cocciniglia trovano un'importante fonte di nutrimento glucidico. La consociazione è molto forte al punto che spesso l'azione di agenti di controllo biologico siano

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parassitoidi siano predatori è stata contrastata dalla presenza di formiche giunte in difesa della cocciniglia.

Dannosità

Da curiosità enologica P.ficus è passato in breve tempo ad essere una delle specie che creano maggiori danni all'interno del vigneto e la sua importanza economica è cresciuta esponenzialmente, tanto su uva da vino quanto su uva da tavola.

La melata prodotta da questi insetti imbratta le foglie e i grappoli su cui si deposita dando origine allo sviluppo di funghi ectofitici (fumaggini); il danno estetico compromette l'uva da tavola, ma talvolta infestazioni massicce depauperano talmente il grappolo da comprometterne anche la vinificazione (Fig. 8). Dall'inizio della stagione vegetativa alla vendemmia la densità di popolazione della cocciniglia può alzarsi vertiginosamente portando alla rovina interi appezzamenti e giungendo ben oltre la soglia di danno economico.

Un'ulteriore fonte di preoccupazione è attualmente data dalla capacità da parte di questo insetto di acquisire virus da piante malate e trasportarli su piante sane essendo in grado di trasmettere 5 specie di GLRaV Ampelovirus e il vitivirus GVA.

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33 Monitoraggio

Per quanto riguarda la parte di monitoraggio si ha una divisione tra le tecniche di campionamento dei maschi e quello delle femmine.

Gli esemplari maschili vengono monitorati attraverso l'uso di trappole a feromoni innescate con (S)-(+)-lavandulil senecioato. Il materiale per queste attività (dispenser, trappole) è facilmente reperibile sul mercato (Fig. 9) e il loro corretto utilizzo non necessita di particolari conoscenze tecniche, ma i risultati di cattura che si ottengono hanno valore puramente qualitativo e dipendono fortemente da alcune specifiche come la direzione del vento in rapporto alla posizione delle trappole. Va sempre ricordato come le catture siano un campanello d'allarme che denuncia la presenza della specie, ma al tempo stesso l'assenza di catture non è garanzia della non presenza della cocciniglia.

Alla luce di ciò risulta chiaro come i dati sui campionamenti dei maschi debbano essere integrati con campionamenti visivi degli esemplari femminili.

Si tratta però in questo caso di un'attività particolarmente complessa in quanto l'attività aggregata di tali insetti costringe l'operatore a campionamenti particolarmente approfonditi, su un gran numero di piante e in più punti dell'appezzamento. Non è raro passare da punti con infestazioni gravissime a lunghi tratti con assenza di cocciniglia per cui risulta complicato giungere ad un dato medio, ma soprattutto veritiero della realtà che si vuole fotografare. Tali problematiche si traducono quindi in un gran dispendio di tempo; un dispendio che sovente le aziende non possono tollerare economicamente.

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Fig. 9 – trappola a feromone per il monitoraggio del volo di P. ficus (Foto di A. Lucchi)

Alla questione della distribuzione si accompagna un secondo problema, relativo alle modalità di campionamento, che devono necessariamente cambiare a seconda del periodo dell'anno e dunque dell'attività trofica di P. ficus.

Tanto utile quanto difficoltoso può risultare il campionamento invernale il quale consiste nella ricerca delle femmine svernanti sotto il ritidoma. Si tratta di femmine già fecondate e dunque un loro monitoraggio può rivelarsi utile nella quantificazione di quello che sarà il danno della prima generazione.

Più semplice il campionamento primaverile quando i diversi stadi vitali colonizzano le foglie e i giovani grappoli.

Il campionamento si fa nuovamente complicato alla chiusura del grappolo in quanto colonie anche abbondanti possono rimanere indisturbate all'interno dei grappoli in via di maturazione. Grappoli all'apparenza sani, ad un'analisi più invasiva possono rivelare presenze massicce di cocciniglia che ne compromettono la qualità. Per questo campionamento è dunque necessario operare un prelievo di grappoli che devono essere lentamente privati degli acini più esterni per verificare la presenza o meno di cocciniglia attorno al rachide.

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In questo caso un aiuto importante può essere dato dall'osservazione dei movimenti delle formiche che essendo commensali della cocciniglia spesso si radunano intorno a quei grappoli che al loro interno nascondo la presenza di colonie di P. ficus.

Controllo

Per il controllo della specie ad oggi si fa ancora un largo uso degli insetticidi, sia tra i prodotti tradizionali senza alcuna selettività (oli minerali, chitinoinibitori e fosoforganici, uno su tutti il Clorpirifos) sia tra i più recenti neonicotinoidi (spirotetramat e thiametoxam).

La lotta chimica, per quanto efficace al momento del trattamento, presenta due gravi debolezze: da un lato si tratta spesso di prodotti con tempi di carenza piuttosto lunghi (30 giorni) per cui l'ultimo trattamento non può essere fatto oltre la fine di luglio lasciando a lungo scoperto il vigneto; dall'altro tali prodotti risultano scarsamente efficaci se dati dopo l'avvenuta chiusura del grappolo in quanti difficilmente il prodotto penetra all'interno del grappolo, là dove maggiore è la presenza della cocciniglia.

Un aiuto nella difesa da P. ficus può giungere dall'uso di buone pratiche agronomiche quali la rimozione invernale della corteccia del ceppo con la possibilità di eseguire successivamente un trattamento insetticida volto a colpire le femmine svernanti. Tale tecnica per quanto ne sia stata dimostrata l'efficacia risulta molto laboriosa, fuori dai classici schemi di gestione del vigneto e dunque non è mai stata presa in considerazione.

Tutte le operazioni volte a favorire un arieggiamento del grappolo e a ridurre l'umidità del microclima della chioma quali la defogliatura e il diradamento precoce possono rivelarsi utili nel contenimento della cocciniglia che invece si avvantaggia di luoghi ombrosi e scarsamente arieggiati.

In agricoltura biologica oltre all'uso di insetticidi ammessi nel Regolamento come gli oli minerali leggeri, particolare attenzione è posta verso la lotta biologica “sensu strictu” che prevede l'utilizzo di insetti antagonisti. Fra questi si ricordano i predatori Cryptolaemus montrozueri e Nephus includens, due Coleotteri Coccinellidi che hanno dato prova di grande voracità nei confronti della cocciniglia, e i parassitoidi Imenotteri Encirtidi Anagyrus pseudococci e Leptomastix dactylopii (Fig. 9).

L'utilizzo di questi insetti si sta diffondendo sempre più anche grazie alla facilità con cui sono acquistabili sul mercato, ma sono necessari ancora molto studi sul loro reale impatto nei diversi contesti agronomici contro P. ficus.

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La confusione sessuale è stata impiegata per la prima volta nel 2006 in California e si è oggi diffusa in Israele e in Europa su superfici in costante crescita anno dopo anno con risultati al momento molto soddisfacenti. Tanto la confusione sessuale quanto al ricorso di agenti di controllo biologico sono metodi particolarmente costosi per cui il loro impiego è spesso frenato e scarsamente investigato.

Fig. 9 – In alto a sinistra: confezione CriptoPack per il rilascio dell’agente di controllo C. montrouzeri. In alto a destra: esemplari adulti di C. montrouzeri.

In basso: esemplare adulto di Anagyrus pseudocci, parassitoide di P. ficus (Foto da www.bioplanet.it)

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Cryptoblabes gnidiella (Millière)

Distribuzione e Piante ospiti

C. ginidiella è specie originaria del Mediterraneo, diffusa in Europa Meridionale, Egitto,

Canarie e Madera. Attualmente la sua presenza è stata riscontrata anche in alcune zone di Asia e Africa, in Malesia, Hawaii e Nuova Zelanda. Sul territorio italiano è diffusa principalmente nelle zone litoranee delle regioni Centro-Meridionali dove la sua dannosità può raggiungere livelli allarmanti.

Si tratta di una specie polifaga e larve di questa specie sono state ritrovate su oltre 60 ospiti appartenenti ad una trentina di famiglie. Fra queste possono essere citate Pyrus, Daucus,

Malus, Vitis, Tamarix, Daphne gnidium, Citrus auranticus.

Molto spesso la tignola rigata si ritrova su ospiti elettivi di altri lepidotteri come Lobesia

botrana e di insetti produttori di melata quali Planococcus ficus: le larve della tignola rigata

sono infatti grandi consumatrici della secrezione zuccherina. Morfologia

Gli adulti (Fig. 10a) hanno dimensioni attorno ai 15 mm con ali anteriori di colore grigio scuro velate di bianco e squame rossastre con fasce più chiare indistinte. Le ali posteriori sono invece di un bianco lucente segnate da linee terminali di colore grigio. La testa e il torace sono grigio scure rispetto all'addome che si presenta di colore più chiaro e lucido.

Le antenne sono costituite di 45 articoli, cigliate nella parte terminale.

Nei maschi il terzo antennomero presenta sulla sua metà inferiore un processo corniforme, particolarità che costituisce un importante segno di discriminazione non solo del sesso, ma anche della specie stessa.

Le uova sono di forma subcircolare con un polo più schiacciato rispetto all'altro. Inizialmente di colore bianco, tende nel tempo ad assumere una colorazione giallastra con riflessi più o meno lucenti.

Il corion ha superficie ruvida in quanto la sua struttura esterna è costituita da microscopiche linee che formano poligoni di trama irregolare.

Le larve di prima età hanno dimensioni di 1 mm arrivando a raggiungere gli 8 mm prima dell' impupamento. Hanno forma allungata che lievemente si assottiglia alle estremità (Fig. 10b).

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Il colore può variare dal giallo al verde scuro con l'evidente presenza di due strisce longitudinale di colore più scuro poste ai lati del vaso dorsale da cui il nome di tignola “rigata”. La capsula cefalica è di colore marrone con riflessi rossastri. La pupa è obtecta, di colore verdastro tendente al rosso. L'addome è appuntito, di color crema, con due punte slanciate terminanti in uncini angolati (Lucchi, 2014).

A B

Fig. 10a - adulto di C. gnidiella; Fig.10b – larva di C. gnidiella (Foto di A. Lucchi)

Ciclo biologico

La specie sverna allo stato di crisalide e compie da tre a quattro generazioni annue a seconda delle condizioni climatiche. Per quanto riguarda l'Italia, si ha un primo volo intorno a maggio-giugno ed un secondo in luglio (Bagnoli and Lucchi, 2001). Questi primi due voli danno origine a generazioni che non provocano danni evidenti su fiori e grappoli in quanto queste larve si nutrono per lo più di essudati fiorali e di tessuti superficiali particolarmente teneri presenti all'estremità del picciolo. Sono due generazioni a bassa densità di popolazione, difficilmente riscontrabili visivamente sulla pianta se non per la presenza di tela sericea ed escrementi. In queste generazioni la vite non sembra essere un ospite d'elezione per la tignola rigata.

Diverso impatto hanno la terza e la quarta generazione la cui presenza si registra in concomitanza con la maturazione dei grappoli: da un lato la loro densità è fortemente maggiore rispetto alle prime due generazioni dall'altro la dannosità aumenta per il fatto che le larve, pur rimanendo con un regime dietetico glicofilo, arrivano ad attaccare grappoli sani. A 24 ore dall'accoppiamento le femmine depone alcune decine di uova in punti diversi

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