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Valorizzazione degli scarti della produzione industriale di legumi processati per la preparazione di biocompositi

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Academic year: 2021

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INDICE

SCOPO

RIASSUNTO

1 INTRODUZIONE

1.1 Compositi polimerici con fibre naturali

1.2 Fibre naturali

1.2.1 Classificazione delle fibre naturali

1.2.2 Struttura delle fibre naturali

1.2.3 Componenti principali delle fibre naturali

1.2.4 Pisum Sativum

1.2.4.1 Caratteri Botanici

1.2.4.2 Coltivazione

1.3 Polimeri biodegradabili

1.3.1 Acido Polilattico (PLA)

1.4 Compatibilizzante

1.4.1 Anidride Maleica

1.4.2 Polietilenglicole (PEG)

2 RISULTATI E DISCUSSIONE

2.1 Caratterizzazione della matrice polimerica

2.1.1 Termogravimetria TGA

2.1.2 Analisi calorimetria a scansione differenziale (DSC)

2.1.3 Spettroscopia ATR

2.1.4 Termogravimetria del PLA-g-MAH

2.1.5 Spettroscopia ATR del PLA-g-MAH

2.1.6 Termogravimetria del PEG 1500

2.1.7 Spettroscopia ATR del PEG 1500

(2)

2

2.2 Caratterizzazione delle fibre vegetali

2.2.1Caratterizzazione morfologica mediante microscopia

a scansione elettronica (SEM)

2.2.2 Frazionamento chimico delle componenti

2.2.3Caratterizzazione morfologica mediante microscopia

a scansione elettronica (SEM) della fibra a seguito

dell‟ estrazione delle cere

2.2.4 Termogravimetria TGA

2.2.5 Analisi calorimetria a scansione differenziale (DSC)

2.2.6 Spettroscopia ATR

2.3 Preparazione dei biocompositi

a) Miscelazioni dirette

2.3.1 Compositi con aggiunta crescente di fibra

vegetale

2.3.1.1 Comparazione delle variazioni di torque

2.3.1.2 Analisi GPC

2.3.1.3 Termogravimetria TGA

2.3.1.4 Analisi a scansione differenziale (DSC)

2.3.1.5 Spettroscopia ATR

2.3.1.6 Comparazione proprietà dinamico meccaniche

2.3.2 Comparazione dei compositi preparati con la

fibra di piselli e con la fibra di canapulo

2.3.2.1 Comparazione delle variazioni di torque

2.3.2.2Caratterizzazione

morfologica

mediante

microscopia a scansione elettronica (SEM)

2.3.2.3 Comparazione dei pesi molecolari

2.3.2.4 Analisi a scansione differenziale (DSC)

2.3.2.5 Comparazione proprietà dinamico meccaniche

b) Miscelazioni dirette con compatibilizzante

2.3.3 Caratterizzazione dei biocompositi con anidride

maleica

(3)

3

2.3.3.2Caratterizzazione

morfologica

mediante

microscopia a scansione elettronica (SEM)

2.3.3.3 Termogravimetria TGA

2.3.3.4 Analisi a scansione differenziale (DSC)

2.3.3.5 Analisi GPC

2.3.3.6 Comparazione proprietà dinamico meccaniche

2.3.4

Caratterizzazione

dei

biocompositi

con

polietilenglicole 1500

2.3.4.1 Caratterizzazione delle variazioni di torque

2.3.4.2Caratterizzazione

morfologica

mediante

microscopiaa scansione elettronica (SEM)

2.3.4.3 Analisi a scansione differenziale (DSC)

2.3.4.4 Analisi GPC

2.3.4.5 Comparazione proprietà dinamico meccaniche

2.3.5 Comparazione tra i compositi contenenti

PLA-g-MAH e i compositi contenenti PEG 1500

2.3.5.1 Comparazione del valore di torque

2.3.5.2 Comparazione dei pesi molecolari

2.3.5.3 Comparazione dei valori calorimetrici ottenuti via

DSC

2.3.5.4 Confronto proprietà dinamico meccaniche

c) Miscelazioni dirette preparate utilizzando un

masterbatch

2.3.6

Caratterizzazione e comparazione del composito senza compatibilizzante preparato tramite masterbatch con la sua contropartie preparate per miscelazione diretta

2.3.6.1 Comparazione delle variazioni di torque

2.3.6.2 Analisi a scansione differenziale (DSC)

2.3.6.3 Analisi GPC

2.3.6.4 Comparazione proprietà dinamico meccaniche

2.3.7 Caratterizzazione dei compositi con anidride

maleica preparati tramite masterbatch

(4)

4

2.3.7.2Caratterizzazione

morfologica

mediante

microscopia a scansione elettronica (SEM)

2.3.7.3 Analisi a scansione differenziale (DSC)

2.3.7.4 Analisi GPC

2.3.7.5 Comparazione proprietà dinamico meccaniche

2.3.8

Caratterizzazione

dei

compositi

con

polietilenglicole 1500 preparati tramite masterbatch

2.3.8.1 Comparazione delle variazioni di torque

2.3.8.2Caratterizzazione

morfologica

mediante

microscopia a scansione elettronica (SEM)

2.3.8.3 Analisi a scansione differenziale (DSC)

2.3.8.4 Analisi GPC

2.3.8.5 Comparazione proprietà dinamico meccaniche

3 CONCLUSIONI

4 PARTE SPERIMENTALE

4.1 Solventi e Reagenti Utilizzati

4.2 Fibre utilizzate

4.3 Strumentazione utilizzata

4.3.1 Miscelatore

4.3.2 Preparazione film mediante pressofusione

4.3.3 Analisi calorimetrica a scansione differenziale (DSC)

4.3.4 Analisi termogravimetrica (TGA)

4.3.5 Cromatografia a permeazione di gel (GPC)

4.3.6 Spettroscopia Infrarossa a Riflettanza Totale Attenuata

(ATR-IR)

4.3.7 Miscroscopio a Scansione Elettronico (SEM)

4.3.8 Omogenizzatore Ultra Turrax

4.3.9 Bagno ad ultrasuoni Branson 1200

4.3.10 Tinius Olsen H10KT

(5)

5

4.4 Determinazione quantitativa dei componenti della fibra di

piselli

4.5.1 Pre-trattamento

4.5.2 Determinazione delle cere

4.5.3 Determinazione della pectina

4.5.4 Determinazione della cellulosa e dell‟emicellulosa

4.5.5 Determinazione della frazione ligninica

4.5 Matrice polimerica utilizzata

4.5.1 Poliacido lattico (PLA)

4.6 Compatibilizzanti utilizzati

4.7 Preparazione dei compositi in camera di miscelazione

4.8 Preparazione del masterbatch

4.8.1 Preparazione masterbach PLA-g-MAH 2% e fibra (MB

MAH-PIS)

4.8.2 Preparazione masterbach PLA e fibra di piselli (MB PLA-PIS)

4.8.3 Preparazione masterbatch polietilenglicole-fibra di piselli

(PEG-PIS)

4.9 Test meccanici

4.9.1 Test di trazione

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6

Scopo

Negli ultimi anni la ricerca indirizzata verso lo sviluppo di materiali a ridotto impatto ambientale e la valorizzazione di materiali di scarti è cresciuta per via di una più forte sensibilità ambientale e per i vantaggi economici che derivano da una chimica più „green’.

Nel presente lavoro di tesi sarà osservato il comportamento e le proprietà di un biocomposito preparati a partire da un poliestere biodegradabile e compostabile quale PLA e fibre ottenute dallo scarto dell‟industria conserviera dei legumi. In particolare sarà investigato come l‟effetto della presenza di fibra possa influenzare le proprietà del composito. L‟utilizzo di percentuali crescenti di fibra nel composito è vantaggioso in quanto permette di ridurre la quantità di matrice polimerica utilizzando una quantità maggiore di materiale di scarto il cui smaltimento è oneroso per l‟industria. La fibra vegetale che sarà utilizzata nella presente tesi è la fibra di piselli micronizzata (Pisum Sativum). Come matrice polimerica sarà utilizzato l‟acido polilattico (PLA), polimero biodegradabile e interessante anche dal punto di vista commerciale.

Allo scopo di migliorare l‟adesione tra la matrice polimerica e la fibra di scarto saranno sperimentati due diversi compatibilizzanti: il PLA innestato con anidride maleica e il polietilenglicole 1500 aggiunti utilizzando due diverse metodologie: la miscelazione delle componenti nel fuso e la preventiva preparazione di masterbatch tra le fibre e il compatibilizzante e la successiva dispersione nella matrice polimerica nel fuso.

In questo lavoro saranno studiati gli effetti sulle proprietà termiche, chimiche e meccaniche in funzione dell‟uso di un compatibilizzante nella preparazione di biocompositi, della differente percentuale di fibra di scarto utilizzata e del metodo di miscelazione (diretta o previa preparazione di un masterbatch).In particolare saranno anche studiati gli eventuali effetti degradativi prodotti da un maggiore utilizzo della fibra di scarto e del compatibilizzante sulla matrice polimerica e la dispersione e miscelazione della fibra nei vari compositi studiati.

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7

Riassunto

Il presente lavoro di tesi si inserisce in un progetto di più ampio respiro chiamato Leguval avente come obiettivo l‟uso e la valorizzazione di sottoprodotti e scarti della produzione industriale di legumi in ambito agricolo, automotivo e per la produzione di imballaggi. La fibra vegetale utilizzata, la fibra di piselli, è derivante dal processo di sgranatura dell‟industria conserviera e ha subito un processo di micronizzazione. È stata inoltre utilizzata come fibra vegetale di confronto il canapulo, utilizzata in un precedente lavoro di tesi, derivante dallo scarto della lavorazione della canapa. La matrice polimerica utilizzata è l‟acido polilattico ( PLA 2003D).

La prima fase del lavoro è stata la caratterizzazione delle fibre vegetali e della matrice polimerica. La composizione della fibra, determinata tramite estrazioni successive, ha confermato l‟elevata presenza di pectina, in accordo con la struttura morbida della fibra adoperata. Per le fibre ed i compositi sono state effettuate caratterizzazioni morfologiche (SEM), caratterizzazioni delle proprietà termiche (TGA e DSC) e spettroscopia infrarossa in modalità ATR. Per la matrice polimerica è stata poi effettuata una gas cromatografia per la determinazione del peso molecolare medio ponderale e numerale e dell‟indice di polidispersità e test di trazione per determinare le proprietà dinamico meccaniche.

Sono state preparate tre serie di compositi: una serie contenente una quantità crescente di fibra di piselli (5,10,20,40 e 60%) e la matrice polimerica, una serie contenente la matrice, la fibra e il compatibilizzante preparata per miscelazione diretta e una serie analoga ma per miscelazione previa preparazione di un masterbatch in soluzione.

Per tutte le serie sono state effettuate caratterizzazioni calorimetriche (DSC), prove dinamico meccaniche e determinazione del peso molecolare medio (GPC). È stata inoltre effettuata, per tutti i compositi, un‟analisi morfologica tramite microscopia elettronica a scansione per osservare la distribuzione e l‟adesione della fibra alla matrice polimerica.

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8

Per i compositi contenenti una quantità crescente di fibra sono state inoltre effettuate delle spettroscopie infrarosse in modalità ATR per osservare l‟eventuale presenza di bande caratteristiche assegnabili alle fibre di piselli. Queste non sono state osservate, probabilmente perchè le fibre sono ad una profondità più elevata rispetto alla capacità del cristallo (Germanio) dello strumento, che permette una penetrazione di 0,6 micrometri. I risultati mostrano che l‟aggiunta della fibra funge da rinforzo per quanto riguarda la viscosità in fuso, ma porta ad una diminuzione graduale delle proprietà meccaniche, in particolare oltre una percentuale del 40%.

I compositi contenenti compatibilizzante mostrano una variazione delle proprietà dinamico meccaniche, termiche e morfologiche. Entrambi i compatibilizzanti portano ad una migliore distribuzione della fibra nella matrice polimerica, e una leggera diminuzione delle proprietà meccaniche. Il polietilenglicole 1500 ha un‟evidente influenza sulle proprietà termiche (Tg e temperatura di cristallizzazione) collegata al suo effetto plasticizzante. Infine le caratterizzazioni effettuate sui compositi preparati utilizzando il masterbatch non mostrano significative differenze per quanto riguarda i compositi contenenti un compatibilizzante, ma mostrano significativi miglioramenti per quanto rigurada le proprietà dinamico meccaniche nel caso della miscelazione contenente il 5 % di fibra e la matrice polimerica.

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1. Introduzione

1.1 Compositi polimerici con fibre naturali

I compositi polimerici sono stati ampiamente studiati negli ultimi anni, e la loro commerciabilità è in continua crescita. È noto che l‟aggiunta di uno o più fillers permette di ottenere vari vantaggi, sia dal punto di vista delle proprietà fisiche che chimiche. I filler più utilizzati all‟inizio dello sviluppo dei materiali compositi furono fibre di vetro, carbonato di calcio, grafite, caolina, mica e silicio [1].

L‟uso di questi additivi porta però ha una delle loro principali limitazioni: la difficoltà nel riuso, nel riciclo o nello smaltimento del composito [2]. Questo problema è ritenuto di particolare importanza sia in ambito scientifico sia in ambito industriale, con l‟interesse comune di ridurre l‟impatto ambientale. Una possibilità per ottenere ciò sembra essere l‟utilizzo di fibre naturali come filler, al posto dei filler inorganici precedentemente descritti.

Il primo vantaggio nell‟uso delle fibre naturali è rappresentato dalla loro abbondanza e spesso sono ottenute tratte da scarti destinati allo smaltimento, che in questo modo ottengono un valore aggiunto [3], oltre ad essere disponibili a basso costo.

Inoltre se si utilizza una matrice polimerica biodegradabile, come l‟acido poli-lattico (PLA), al posto di polimeri di origine petrol-chimica, lo smaltimento alla fine del ciclo di vita risulta, possibile anche mediante compostaggio, risulta molto semplificato. Questo tipo di compositi sono detti biocompositi.

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Figura 1 Ciclo di vita di un bio-composito [16]

I biocompositi sono materiali biodegradabili. Con il termine “biodegradazione” si intende il processo di degradazione del materiale che avviene attravero l‟azione di enzimi e\o la decomposizione chimica che avviene a seguito dell‟azione di micro-organismi (batteri, funghi, etc...) [4]: se avviene in presenza di aria (condizioni aerobie) si osserva la formazione di CO2, H2O e nuova biomassa, se avviene in assenza di aria (condizioni anaerobie), si osserva la formazione di CH4, CO2 e nuova biomassa. I test utilizzati per verificare l‟effettiva biodegradabilità di un materiale sono delineati da norme internazioni, le più importanti sono l‟ASTM D6400 „Specifiche Standard per le Plastiche Compostabili‟, pubblicata dall‟American Society for Testing and Materials, e la normativa europea EN 13432 del 2002 intitolata „Requisiti per imballaggi recuperabili mediante compostaggio e biodegradazione – Schema di prova e criteri di valutazione per l‟accettazione finale degli imballaggi‟ , stabilita dal Comitato Europeo di Normazione [5].

In Italia è stata adottata la normativa ISO 14855 riguardante i materiali polimerici in generale che ha inglobato la EN 13432, che riguardava gli imballaggi in particolare, nota con la denominazione UNI EN 13432. La normativa stabilisce le seguenti caratteristiche che un materiale deve avere per essere definito compostabile:

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1. Biodegradabilità, determinata misurando la effettiva conversione metabolica del materiale compostabile in anidride carbonica. Questa proprietà è valutata quantitativamente con il metodo di prova standard: ISO 14855: biodegradabilità in condizioni di compostaggio controllato. Il livello di accettazione è pari al degradamento del 90% del materiale entro 6 mesi in un‟ambiente ricco di anidride carbonica.

2. Disintegrabilità, cioè la frammentazione e perdita di visibilità nel compost finale (assenza di contaminazione visiva). È misurata con una prova di compostaggio su scala pilota o reale (EN 14045). Il materiale in esame deve essere biodegradato insieme con rifiuti organici entro dodici settimane (circa 3 mesi). Alla fine il compost viene vagliato con un setaccio di 2 mm di luce. I residui del materiale di prova con dimensioni maggiori di 2 mm sono considerati non disintegrati. Questa frazione deve essere inferiore al 10% della massa iniziale.

3. Assenza di effetti negativi sul processo di compostaggio . Requisito verificato con una prova di compostaggio su scala reale o pilota.

4. Bassi livelli di contaminazione: livello in metalli pesanti (al di sotto di valori massimi predefiniti) e assenza di effetti negativi sulla qualità del compost (esempio: riduzione del valore agronomico e presenza di effetti ecotossicologici sulla crescita delle piante). Una prova di crescita di piante (test OECD 208 modificato) è eseguita su campioni di compost dove è avvenuta la degradazione del materiale di prova. Non si deve evidenziare nessuna differenza con un compost di controllo.

5. Altri parametri chimico-fisici: possono essere valutati. A seguito della valutazione non devono differire dal compost di controllo dopo la biodegradazione: il pH; contenuto salino; solidi volatili; N; P; Mg; K.

La norma UNI EN 13432:2002 è una norma armonizzata, ossia è stata riportata nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europee e pertanto deve esser recepita in Europa a livello degli Stati Membri e fornisce presunzione di conformità con la Direttiva Europea 94/62 EC, sugli imballaggi e rifiuti da imballaggio [5].

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1.2 Fibre naturali

1.2.1 Classificazione delle fibre naturali

Le fibre naturali sono fibre di origine vegetale (lignino-cellulosiche), animale (proteiche) o minerale.Sono interessanti perchè hanno vari vantaggi sui materiali di rinforzo convenzionale., sono poco costose, hanno bassa densità e alte proprietà specifiche. Sono inoltre biodegradabili e non abrasive, a differenza di altri tipi di fibre artificiali.

Hanno però anche alcuni svantaggi: bassa compatibilità con la maggior parte delle matrici polimeriche per via della loro polarità, hanno tendenza a formare aggregati durante il processing e hanno una scarsa resistenza all‟umidità che porta a fenomeni di degradazione idrolitica [6]

Le fibre vegetali possono essere classificate in tre categorie [7] :

 Fibre estratte dai frutti o dai semi della pianta, es. fibra di cotone

 Fibre estratte dalla corteccia o dallo stelo della pianta, es. Kenaf, canapa o juta

 Fibre estratte dalle foglie, es. Sisal o fibre di banana

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1.2.2 Struttura delle fibre naturali

Dal punto di vista strutturale le fibre si possono considerare come materiali compositi aventi una matrice amorfa composta da emicellulosa, lignina, pectina e eventuali altri componenti amorfi rinforzata da microfibrille di cellulosa [8], la cui composizione chimica varia a seconda del tipo di fibra [6].

In una singola fibra si riconoscono strati distinti: il lumen centrale, le pareti secondarie (S3, S2 e S1) e la parete primaria. La parete primaria contiene l‟emicellulosa e la cellulosa e durante la crescita avvolge le pareti secondarie. Queste sono composte principalmente di microfibrille elicoidali di cellulosa [8].

Figura 3 Struttura di una fibra naturale

1.2.3 Componenti principali delle fibre naturali

Cellulosa: è un omopolimero lineare costituito da unità di D-glucosio legate tra loro tramite legami β-(1,4)-glucosidici. È la componente principale delle fibre naturali e ha un comportamento idrofilico dovuto alla grande quantità di gruppi idrossilici presenti sugli anelli piranosici [8], che possono formare

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Figura 4 Struttura della cellulosa

un elevato numero di legami a idrogeno. Questi permettono alla cellulosa di avere una struttura molto ordinata, alla formazione di regioni cristalline. Il suo grado di polimerizzazione varia a seconda del tipo di fibra, ad esempio è 7000 nel caso del cotone e 8000 nel case del lino [8].

Emicellulosa: è un eteropolisaccaride costituito da unità saccaridiche diverse di pentosi (xilosio, arabinosio) e esosi (mannosio, glucosio, galattosio) [9].

L‟emicellulosa presenta una struttura altamente ramificata, che impedisce l‟ottenimento di una struttura cristallina. Il grado di polimerizzazione è basso,variando da 500 a 3000, paragonato al grado di polimerizzazione della cellulosa che va da 7000 a 1500 [8].

L‟emicellulosa è molto idrofilica, solubile in soluzioni alcaline e facile da idrolizzare. È presente in genere all‟interfaccia tra la cellulosa e la lignina

Figura 5 Struttura dell'emicellulosa

.

Lignina: la lignina è un polimero fenolico presente in grande quantità nelle fibre. Dopo la cellulosa è il componente presente in maggiore quantità. La

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macromolecola deriva dalla polimerizzazione di tre tipi di unità di fenilpropano, chiamate anche monolignoli [10].

Figura 6 Struttura dei tre monolignoli

La lignina è completamente amorfa e ha una struttura estremamente complessa, che varia a seconda della specie di pianta. Nelle piante funge da adesivo tra cellulosa ed emicellulosa [11].

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Pectina: La pectina è un eteropolissaccaride costituito principalmente da unità di acido glucoronico (circa il 70%), legate nella posizione O-1 e O-4 [11]. La pectina più comune è composta per la maggior parte da omogalatturonano, un‟omopolimero dell‟acido α-1,4-galatturonico parzialmente metilato.

Figura 8 Struttura generale della pectina

Cere: è un gruppo di composti costituito principalmete di acidi grassi, alcoli grassi, acidi e idrocarburi. Possono essere in forma di monomeri, dimeri e polimeri.

Composti Inorganici: per contenuto inorganico della fibra si intende i sali inorganici e altro materiale inorganico residuo dopo combustione a circa 575°C. Questo può essere particolarmente elevato nelle piante contenenti un‟alta quantità di silicio.

1.2.4 Pisum Sativum

1.2.4.1 Caratteri botanici

Il Pisum Sativum è una pianta erbacea appartenente alla famiglia delle Fabaceae, originaria dell‟area mediterranea e vicino oriente. È una pianta a ciclo annuale, con un periodo di semina molto variabile che va dall‟inverno all‟inizio dell‟estate. Il peso medio del seme varia da 0,1 grammi a 0,4 [12]. Le piante hanno uno stelo cilindrico sottile e debole, di lunghezza variabile da 0,30 a 3 metri, oppure sono rampicanti con uno sviluppo indeterminato. Il pisum sativum ha una radice marcatamente fittonante, che si sviluppa fino a 0,80 metri di profondità, con numerose ramificazioni. Le foglie sonno

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pennate, e i fiori sono lungamente peduncolati, in numero da 1 a 4 su racemi ascellari sorgenti sui nodi mediani e superiori dello stelo [13].

La germinazione dei semi è ipogea, ovvero i cotiledoni sono interrati mentre il fusto è emergente. I semi sono molto variabili per forma, colore a dimensione. La forma normale è rotondeggiante, ma possono essere anche cuboidi se i semi sono molto serrati nel baccello [13].

Figura 9 Struttura della pianta di Pisum Sativum

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1.2.4.2 Coltivazione

Il pisum sativum è una pianta microterma, capace di sopravvivere a temperature del terreno intorno a 4°C, con un range ottimale che va dai 15 ai 18°C [13]. La semina avviene, nelle regioni del centro-nord, in genere nel mese di febbraio quando la temperatura del terreno risale un poco. Nelle regioni del centro-sud la semina avviene in genere a novembre.

Per quanto riguarda la raccolta, essa avviene quando i piselli hanno un grado tenderometrico (resistenza del seme ad essere perforato da una punta) intorno ai 110 gradi, tramite pettina-sgranatura, con una macchina semovente che stacca i baccelli e li sgrana. Questo metodo permette una velocità di esecuzione di circa 1 ora per ettaro con produzioni medie di 4-4,5 t\ha [13].

L‟elevata coltivazione europea di piselli, soprattutto in Francia e Spagna, rende lo smaltimento degli scarti un‟operazione importante e costosa. La possibilità di utilizzare tali scarti come filler per la produzione di biopolimeri permette un minore utilizzo di polimero allungando la „vita utile‟ della fibra di piselli. Inoltre essendo il polimero utilizzato compostabile, come la fibra, quest‟utilizzo non influenza in maniera negativa lo smaltimento finale del composito contenente sia gli scarti derivanti dalla produzione della fibra di piselli che la matrice polimerica.

1.3 Polimeri biodegradabili

I polimeri biodegradabili, o biopolimeri, utilizzabili come matrici in materiali compositi possono essere classificati in base al loro metodo di sintesi e formazione durante il loro processo di produzione. Su questa base si possono classificare in tre categorie [14]:

 Biosintetici

 Semi-biosintetici

 Chemio-sintetici

I polimeri biosintetici sono preparati direttamente dalla biomassa, ad esempio l‟amido.

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I polimeri semi-biosintetici sono preparati per polimerizzazione di un monomero ottenuto da fonti rinnovabili, ad esempio l‟acido polilattico. I polimeri chemio-sintetici sono preparati a partire da monomeri ottenuti da fonti non rinnovabili, ad esempio il poli (ε-caprolattone) [15], ma risultano essere biodegradabili.

Un altro tipo di classificazione si basa esclusivamente sulla fonte utilizzata nella loro sintesi [16]. In questa classificazione si hanno quattro categorie, di cui le prime tre sono derivate da fonti rinnovabili:

 Agro-polimeri ottenuti da sistemi biologici animali o vegetali (es. amido o cellulosa)

 Polimeri ottenuti da microrganismi (es. poli-idrossialcanoati, PHAs)

 Polimeri ottenuti da monomeri prodotti dalla fermentazione di biomassa (es. poli-acido lattico, PLA)

 Poliesteri prodotti da monomeri ottenuti da risorse petrol-chimiche non rinnovabili (policaprolattone, PCL o co-poliesteri aromatici o alifatici)

Queste quattro categorie talvolta sono raggruppate in altre sottocategorie più generali: agropolimeri e poliesteri biodegradabili, che include le altre tre categorie.

1.3.1 Acido Polilattico (PLA)

L‟acido polilattico (PLA) è un poliestere alifatico lineare il cui monomero, l‟acido lattico, è ottenuto generalmente per fermentazione dei carboidrati. L‟acido lattico presenta uno stereocentro, per cui sono possibili due enantiomeri: l‟isomero L e l‟isomero D.

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Figura 11 Stereoisomeri dell'acido lattico

L‟omopolimero dell‟acido lattico è una polvere bianca a temperatura ambiente, con una temperatura di transizione vetrosa e una temperatura di fusione di 55°C e 175°C rispettivamente.

I due isomeri possono dar luogo a quattro distinti tipi di PLA [17]:

 Poli (D-acido lattico): cristallino con una struttura regolare.

 Poli (L-acido lattico): semicristallino, anch‟esso con una struttura a catena regolare.

 Poli (D,L-acido lattico): amorfo.

 Meso-poli (acido lattico): ottenuto per polimerizzazione del mesolattide.

Solo le forme D- e L- sono otticamente attive. Dalla fermentazione naturale si ottiene un polimero con un‟elevata stereospecificità: 99,5% di isomero L e 0,5% di isomero D.

Due sono i metodi principali utilizzati per la produzione del PLA: la policondensazione diretta (in soluzione o in fuso) e la polimerizzazione per apertura d‟anello.

Nella policondensazione diretta si usa il monomero dell‟acido lattico che possiede entrambi i gruppi necessari per la condensazione, il gruppo –OH e il gruppo –COOH.

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La policondensazione può avvenire in soluzione o in fuso. In soluzione si usa un solvente organico capace di solubilizzare il PLA come ad esempio il difenil etere.

La policondensazione in fuso avviene senza solventi organici, con la temperatura costantemente superiore alla temperatura di fusione. Questo metodo abbassa sensibilmente il costo di produzione, ma l‟utilizza di condizioni di reazioni elevate porta a problemi pratici ancora non risolti [18].

Il metodo di sintesi più utilizzato è la polimerizzazione per apertura d‟anello. Questa reazione utilizza il lattide, il dimero del monomero dell‟acido lattico.

Figura 13 Lattidi

Il PLA si ottiene partendo dal monomero in atmosfera inerte con un catalizzatore. Controllando le condizioni di reazione e il tipo di catalizzatore si può controllare il rapporto e la sequenza delle unità D- o L- di acido lattico nel polimero.

Figura 14 Polimerizzazione per apertura d'anello

Il catalizzatore al momento più utilizzato per la polimerizzazione per apertura d‟anello è l‟ottanoato di stagno, anche se sistemi metal free sono in fase di studio in quanto l‟utilizzo di catalizzatori metallici comporta sempre il rischio di contaminare il prodotto.

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Applicazioni del PLA

Grazie alla sua degradabilità il PLA è adatto per utilizzi in ambienti nei quali il recupero del prodotto non è fattibile, come ad esempio per il mulching in campo agricolo sotto forma di film o, più comunemente per la produzione di contenitori facilmente compostabili.

La larga crescita della produzione del PLA non è dovuta però alla sua biodegradabilità o alla sua rinnovabilità. La caratteristiche più attraente è la possibilità di modificarlo per essere utilizzato efficacemente in diversi processi di fabbricazione, come l‟injection molding e il blow molding [19]. Inoltre la separazione del PLA è economica, e conserva la stereochimica del PLA, cruciale per controllare la velocià di cristallizazione e quindi la cristallinità.

1.4 Compatibilizzante

Come detto precedentemente uno dei problemi nell‟utilizzo delle fibre naturali come fillers è dovuto alla scarsa adesione tra le fibre e la matrice polimerica. Questo problema è causato dal fatto che le fibre naturali sono idrofiliche e le bioplastiche idrofobiche [20]. Per migliorare l‟adesione e la dispersione delle fibre nella matrice polimerica uno dei metodi più utilizzati è l‟aggiunta di un compatibilizzante.

Uno dei compatibilizzanti più utilizzati è l‟anidride maleica graftata alla matrice polimerica [20,21,22], ampiamente disponibile commercialmente [23] e può essere sintetizzato su scala di laboratorio attraverso polimerizazione in soluzione o via estrusione reattiva [24].

Quest‟ultimo metodo può anche essere utilizzato industrialmente in quanto è un processo solvent free, quindi a basso impatto ambientale.

In letteratura sono presenti vari studi che hanno investigato l‟uso dell‟anidride maleica graftata con il kenaf [21], con fibra di cocco verde [25], amido [26] e iuta [27] ma non è stato ancora investigato il suo utilizzo con scarti agricoli quali le fibre di piselli.

Un‟altro compatibilizzante, molto meno studiato, è il polietilenglicole.Non sono presenti molti studi in letteratura riguardanti il suo utilizzo come

(23)

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compatibilizzante, ed è stato utilizzato solo con la fibra di kenaf per la preparazione di biocompositi [28].

1.4.1 Anidride Maleica

Nel presente lavoro di tesi uno dei compatibilizzanti utilizzato è l‟anidride maleica graftata al PLA (PLA-g-MAH), che può essere sintetizzata in situ o in pellet disponibili commercialmente. Questo compatibilizzante può essere prodotto via estrusione reattiva, tramite un processo solvent-free e compatibile dal punto di vista ambientale, facilmente producibile su scala industriale.

Figura 15 Reazione del PLA con la MA in presenza di un iniziatore radicalico

Il PLA-g-MAH funge da „ponte‟ tramite la fibra, che si lega all‟anidride maleica, e il PLA, aumentando quindi l‟adesione tra la fibra e la matrice polimerica.

Le proprietà fisiche generali dell‟anidride maleica sono riportate nella tabella seguente:

Tabella 1 Proprietà fisiche dell'anidride maleica

Tf (°C) Te (°C) MM Anidride Maleica 52.8 202.0 98.1 1.4.2 Polietilenglicole (PEG)

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Un‟altro compatibilizzante che si è utilizzato è il polietilenglicole. Il PEG è un polietere con varie applicazioni industriali. Il PEG è anche noto come polietilene ossido (PEO) o poliossietilene (POE), a seconda del peso molecolare. Il termine PEG è utilizzato per il polimero il cui peso molecolare è inferiore a 20000, PEO nel caso il peso molecolare sia superiore e POE può essere utilizzato in tutti i casi.

Figura 16 Polietilenglicole

Un importante vantaggio rispetto all‟utilizzo dell‟anidride maleica come compatibilizzante è la possibilità di essere utilizzato a contatto diretto con alimenti. È infatti permesso dall‟European Food Safety Authority (EFSA) come additivo alimentare e come sostanza a contatto con alimenti senza limiti quantitativi e dalla Food and Drug Administration americana, in questo caso con il limite dello 0.2 % in peso di glicole etilenico e dietilenico.

Alcune proprietà fisiche del PEG 1500:

Tabella 2 Proprietà fisiche del PEG 1500

PEG 1500

Tf (°C) 40,0

Te (°C) 268,3

MM 1500

Il PEG è prodotto per interazione di etilenossido con acqua, glicol etilene o suoi oligomeri. La reazione utilizza catalizzatori acidi o basici. Gli oligomeri sono preferiti perchè permettono la creazione di polimeri a basso indice di polidispersione. Il peso molecolare dipende dal rapporto dei reagenti.

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25

( ) ( )

La reazione è catalizzata da composti contenenti magnesio, alluminio o calcio. Inoltre si utilizzano anche additivi chelanti per impedire la coagulazione delle catene polimeriche.

Per la preparazione di PEG a basso peso molecolare si utilizza come catalizzatore idrossido di sodio, di potassio o carbonato di sodio.

Oltre che come compatibilizzante e additivo il PEG ha vari usi industriali e commericiali quali:

 Come base per molte creme per la pelle  Utilizzato come disperdente nei dentifrici

 Come agente anti-foaming per alimenti, con la sigla E 1521  Come binder per la produzione di ceramiche tecniche

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26

2. Risultati e Discussione

La prima fase del lavoro è stata dedicata alla caratterizzazione della matrice polimerica, acido polilattico ,PLA 2003D (di seguito indicata come PLA), della stessa matrice a seguito del processo nelle condizioni utilizzate per la preparazione di materiali compositi, dei materiali polimerici utilizzati come compatibilizzanti (PLA 180) e della fibra di piselli micronizzata, effettuata tramite spettroscopia ATR, calorimetria differenziale a scansione (DSC), termogravimetria TGA e analisi SEM (nel caso delle fibre).

2.1 Caratterizzazione del PLA 2003D

Il PLA commerciale impiegato è stato caratterizzato come tale. Come riferimento, il PLA è stato processato in Brabender ad una temperatura di 180°C, per 10 minuti con una velocità di miscelazione di 50 rpm previo essiccaggio come descritoo nella parte sperimentale, utilizzando le condizioni di processo impiegate per la preparazione dei materiali compositi, e indicato di seguito come PLA 180. Il confronto con il polimero vergine permette di valutare l‟effetto indotto dalle condizioni utilizzate sulle caratteristiche del materiale.

2.1.1 Analisi termogravimetrica TGA

L‟analisi TGA è stata effettuata nell‟intervallo di temperatura compreso tra 30 e 700°C con una velocità di riscaldamento di 10°C/min, sotto flusso d‟aria e azoto per il PLA 180 e sotto flusso di azoto per il PLA.

I termogrammi e i valori caratteristici sono riportati in fig. 1 e tab. 1 rispettivamente:

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Figura 1 Confronto dei termogrammi TGA PLA e PLA 180

Tabella 1 Dati TGA del PLA

PLA aria PLA 180 azoto PLA 180 aria T Onset (°C) 334,7 323,7 334,2 T Massima Degradazione (°C) 367,0 367,5 364,0

Velocità Massima Degradazione (mg/min)

2,7 2,9 3,2

Residuo (%)

0,3 1,6 0,3

dove la temperatura di onset è definita come la temperatura a cui il materiale ha subito una variazione ponderale del 5% w/w.

Dal confronto dei termogrammi del PLA tal quale e il PLA trattato in Brabender si osserva che il processo non porta a variazioni significative nelle caratteristiche di stabilità termica.

(28)

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La calorimetria DSC è stata effettuata utilizzando i parametri operativi riportati nella parte sperimentale (3.1.2). I termogrammi relativi al secondo riscaldamento per i due materiali sono confrontati in figura 2. Le temperature caratteristiche calcolate dai termogrammi sono state riassunte in tabella 2.

Figura 2 Confronto tra il termogramma del PLA e del PLA 180

Tabella 2 Dati calorimetrici del PLA

PLA PLA 180 Tg (°C) 58,5 58,2 Tc (°C) 126,1 110,4 ΔHc (mj/mg) 2,4 28,1 Tm (°C) 152,1 149,5 Tm2 (°C) \ 155,1 - ΔHm (mj/mg) 1,7 28,5 A1 (%) \ 75,8 A2 (%) \ 24,2

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Confrontando i termogrammi del PLA e del PLA 180 si osserva che il trattamento in Brabender non ha effetto sulla temperatura di transizione vetrosa che non varia, mentre si osserva una sostanziale variazione nel comportamento alla cristallizzazione e alla fusione.

Il trattamento in Brabender produce un materiale con una temperatura di cristallizzazione più bassa (110,4°C invece di 126,1°C del PLA) ed un calore connesso alla cristallizzazione e alla fusione significativamente maggiore.

Un‟altra differenza importante è la presenza di due picchi di fusione a 149°C e 155°C nel caso del PLA 180 e un solo picco alla temperatura di 152°C nel caso del PLA.

Nel caso del PLA 180 i picchi sono riconducibili alla presenza di due differenti strutture cristalline: la forma α, caratterizzata da una temperatura di fusione più alta, e la forma β [36] caratterizzata da una temperatura di fusione più bassa, che si forma a seguito di una riorganizzazione lamellare della struttura cristallina [37] causata dalla diminuzione del peso molecolare dovuta al trattamento nel miscelatore meccanico, come ipotizzato da M. Pluta [38].

(30)

30

In letteratura la forma α viene identificata come la forma più comune e ordinata mentre la forma β viene identificata come una struttura a maggior grado di difettosità [39].

Con lo scopo di avere una conferma dell‟ipotesi precedentemente formulata circa la formazione delle due forme cristalline nel PLA 180 a seguito del trattamento termico in Brabender è stato studiato l‟intero profilo termico DSC.

In particolare si osserva la completa sovrapposizione del termogramma del primo con quello del secondo riscaldamento (fig.3).

Nel processo di raffreddamento (fig 3 linea rossa) a seguito del primo riscaldamento si nota che il polimero non cristallizza (la velocità di cristallizzazione è inferiore alla velocità con cui si effettua il raffreddamento) e si trova in uno stato 100% amorfo all‟inizio del secondo riscaldamento. Si può ipotizzare quindi che a seguito del trattamento in Brabender la struttura delle macromolecole sia tale da permettere una cristallizzazione nel riscaldamento e successiva fusione. Dal momento che il calore di ΔHc è equivalente al ΔHm questo sembra confermare che il polimero è completamente amorfo in uscita dal Brabender e cristallizza solo durante la fase di riscaldamento controllata.

2.1.3 Analisi ATR

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31

Figura 4 Confronto degli spettri ATR di PLA e PLA 180

Negli spettri si riconoscono le bande caratteristiche di un poliestere di cui [40] in particolare :

 i picchi a 3500 cm-1 e 3600 cm-1 sono bande di overtone dello stretching del legame C-O;

 i picchi a 2997 cm-1 e 2954 cm-1 sono assegnati alle vibrazioni simmetriche e asimmetriche del legame C-H metilico;

 il picco a 1750 cm-1 è dovuto allo stretching del legame C=O;

 i picchi a 1449 cm-1,1374 cm-1 e 1349 cm-1 sono dovuti al bending del CH3;

 i picchi presenti nella regione tra 1265 cm-1 e 1040 cm-1 sono assegnati allo stretching asimmettrico O-C=O;

 le bande a 871 cm-1 e 756 cm-1 sono caratteristiche delle fasi cristalline e amorfe del PLA [31], il picco a 871 cm-1 della fase cristallina e il picco a 756 cm-1 di quella amorfa.

Dal confronto tra lo spettro del PLA e del PLA 180 non si notano differenze, come si era previsto, dato che la degradazione non cambia la struttura molecolare.

(32)

32

2.2 Caratterizzazione del PLA-g-MAH

2.2.1 Analisi Termogravimetrica (TGA) del PLA-g-MAH

Il comportamento termico del compatibilizzante e della matrice polimerica è stato paragonato in figura 5. Si osserva che il PLA-g-MAH possiede proprietà termiche leggermente inferiori al PLA 180, come si può osservare confrontanto le temperature di massima degradazione in tabella 3. Questo potrebbe essere dovuto alla diversa natura del PLA utilizzato dal produttore per la funzionalizzazione con MAH.

Figura 5 Confronto PLA-g-MAH e PLA 180

Tabella 3 Confronto PLA-g-MAH e PLA 180

Flusso T Onset (°C) T 1* (°C) V1* (ug/min) Residuo % PLA 180 Azoto 323,7 367,5 2,9 1,6 PLA-g-MAH Azoto 318,3 359,7 2,7 1,4 *

(33)

33

2.2.2 Analisi ATR del PLA innestato con anidride maleica

Il compatibilizzante, PLA-g-MAH, è stato caratterizzato mediante spettroscopia in ATR. In figura 6 lo spettro ottenuto.

Figura 6 Spettro ATR del PLA-g-MAH

Nello spettro si possono osservare in particolare la piccola banda a 1623 cm -1

è assegnabile allo stretching C=O originato dal gruppo anidride del MAH [43].

I picchi sono stati assegnati come segue:

 il picco a 1740 cm-1 allo stretching del legame C=O carbonilico, il picco a 1454 cm-1 alla deformazione del –CH2-

 Il picchi a 1381 cm-1 e a 1362 cm-1 corrispondono alla banda del –C-O-H. I picchi tra 1268 cm-1 e 1042 cm-1 corrispondono allo stretching del –C-O-

 Le due bande a 863 cm-1 e 750 cm-1 sono le bande caratteristiche della frazione amorfa e cristallina del PLA [43].

(34)

34

2.3.1 Analisi termogravimetrica (TGA) del PEG 1500

È stata effettuata un‟analisi TGA del PEG 1500 e comparata al PLA (fig.31):

Figura 7 Confronto tra il PLA e il PEG 1500

Tabella 4 Confronto tra il PLA e il PEG 1500

Flusso T Onset (°C) T 1* (°C) V1* (ug/min) Residuo % PLA Azoto 323,7 367,5 2,9 1,6 PEG 1500 Azoto 356,9 411,8 2,8 0,7 *

T1,V1: velocità e temperatura della massima degradazione

Dai risultati si osserva che il PEG 1500 possiede una stabilità termica superiore rispetto al PLA. In particolare presenta una temperatura di massima degradazione significativamente superiore se paragonato al pellet di PLA, come la temperatura di onset.

(35)

35

2.1.7 Analisi ATR del PEG 1500

Nell‟analisi ATR sono stati effettuati 32 accumuli ottenendo lo spettro seguente. I picchi osservati sono in accordo con la letteratura per il PEG [44,45].

Figura 8 Spettro infrarosso del PEG 1500

I picchi sono stati assegnati come segue:

 il picco a 2886 cm-1 è assegnato allo stretching dei legami metilenici,

 i picchi a 1462 cm-1, 1349 cm-1,1280 cm-1 e 1236 cm-1 sono assegnati alle deformazioni dei legami metilenici. I picchi a 1111 cm-1 e 1050 cm -1

sono associati allo stretching dei gruppi eterei

 I due picchi a 960 cm-1 e 841 cm-1 sono assegnati al rocking dell‟etilene.

2.2 Caratterizzazione delle fibre vegetali

Le fibre sono state analizzate come ricevute e in seguito all‟estrazione con solventi dei componenti della fibra ( pgf. 3.5) sono state caratterizzate

(36)

36

mediante analisi ATR e DSC sulle componenti ottenute in quantità sufficiente.

2.2.1 Caratterizzazione morfologica mediante microscopia a scansione

elettronica (SEM)

Le micrografie SEM sembrano mostrare che la fibra di piselli micronizzata ha dimensioni molto ridotte rispetto alla fibra di canapulo (fig.9). Il canapulo è stato utilizzato in un precedentemente lavoro di tesi [29] ed è qui utilizzato come materiale di confronto.

Le micrografie sembrano mostrare più elevata omogeneità dimensionale nella fibra di piselli rispetto alla fibra di canapulo, probabilmente riconducibile al processo di micronizzazione con cui sono state ottenute.

Figura 9 Micrografia SEM della fibra di piselli x35 (sinistra) e micrografia SEM fibra di canapulo x35 (destra)

(37)

37

2.2.2 Frazionamento chimico delle fibre

Le componenti paraffiniche, proteiche, polisaccaridiche e polifenoliche delle fibre sono state determinate per estrazioni successive utilizzando le metodologie descritta nella parte sperimentale (3.1) I risultati ottenuti sono stati confrontati con quelli del canapulo [29].

Come si può osservare dai dati in tabella 5 le fibre di piselli micronizzate sono costituite in larga parte da pectina e lignina. Il contenuto di cellulosa è piuttosto basso e dello stesso ordine di grandezza della emicellulosa e delle cere. Evidenti sono le differenze con il canapulo, e in particolare nella quantità di pectina e di cellulosa. Per queste fibre il contenuto di pectina risulta essere molto più basso e simile a quello della cellulosa. La lignina è la componente principale ma di poco inferiore alla concentrazione totale di polisaccaridi. Queste differenze si possono ricondurre alla natura della pianta. La rigidità della fibra di canapulo, se paragonata a quella della fibra di piselli, può essere associata infatti alla maggiore presenza della cellulosa e l‟elasticità della pianta di piselli all‟elevata quantità di pectina. L‟elevata presenza della lignina nella fibra di canapulo, paragonata alla fibra di piselli, è stata ritenuta necessaria per tenere unite singole fibre di canapulo [30].

Tabella 5 Componenti delle fibre vegetali

Fibra di piselli Fibra di canapulo

Cera (%) 4,3 2,6 Pectina (%) 68,8 10,6 Cellulosa (%) 4,5 12,6 Emicellulosa (%) 3,5 32,1 Lignina (%) 18,9 42,1 Totale 100 100

(38)

38

2.2.3 Caratterizzazione morfologica mediante microscopia a scansione elettronica (SEM) a seguito dell’estrazione delle cere

Figura 12 Confronto tra micrografia SEM della fibra dopo l’ estrazione della cera (sinistra) e della fibra tal quale (destra)

Confrontando le micrografie della fibra di piselli tal quale e dopo l‟estrazione delle cere non si osservano significative differenze nella morfologia della fibra.

2.2.4 Termogravimetria TGA

Il comportamento termico delle fibre è stato investigato sia in azoto che in aria. I termogrammi e la relativa derivata prima sono confrontati in figura 13.

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39

Figura 13 Confronto dei termogrammi TGA in aria e azoto della fibra di piselli

In tabella 6 sono riassunti i valori caratteristici misurati su ciascun termogramma. Si riporta il valore della temperatura di onset e il corrispondente valore della massima temperatura e della massima velocità di degradazione calcolati in corrispondenza del minimo della derivata prima del termogramma per ciascuno stadio degradativo.

Tabella 6 Dati TGA della fibra di piselli in aria e azoto

Flusso T Onset (°C) T 1* (°C) V1* (ug/min) T2** (°C) V2** (ug/min) Residuo % Fibra Piselli Azoto 93,0 348,8 954,0 / / 20,0 Fibra Piselli Aria 93,5 343,1 117,8 512,5 117,8 2,7 *T

1,V1: velocità e temperatura della massima degradazione **

T2,V2: velocità e temperatura della seconda degradazione

In azoto, dopo l‟iniziale perdita di acqua libera, pari a circa il 7%, le fibre degradano in un solo stadio, a seguito alla degradazione dei polisaccaridi e

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40

ad una parziale degradazione della lignina, con ottenimento di una elevata percentuale di residuo. In aria, invece, si riconoscono due stadi di degradazione, oltre quello dovuto alla eliminazione dell‟acqua libera, il primo dei quali caratterizzato da una temperatura di massima degradazione 20°C più bassa rispetto al processo in azoto, probabilmente influenzato dalla variazione del processo di combustione riguardante la lignina. Il secondo stadio di degradazione può essere attribuito ad una più completa combustione della lignina [42], possibile in aria e non in azoto, che si può ritenere responsabile per la significativa differenza nella percentuale di residuo finale tra l‟analisi in azoto e aria.

Dalle temperature caratteristiche misurate si osserva comunque che la temperatura di degradazione delle fibre è nettamente superiore alla temperatura scelta per le prove di miscelazione del polimero (180°C). Nelle condizioni di utilizzo delle fibre non è quindi da attendersi una loro significativa degradazione delle fibre di piselli e delle relative componenti.

2.2.5 Analisi Calorimetrica a Scansione Differenziale

Le analisi DSC effettuate sulla fibra forniscono un valido supporto per identificare le diverse componenti e le loro caratteristiche termiche.

La fibra di piselli è stata inizialmente studiata nell‟intervallo di temperatura tra 0°C e 400°C con una velocità di riscaldamento di 10°C/min.

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Figura 14 Confronto DSC della fibra senza e con la rimozione dell'acqua

Figura 15 Fibra di piselli, picco (a)

Nel tracciato sono identificabili tre picchi principali: il primo, centrato a circa 100°C (fig. 14, (a) curva rossa), è riconducibile principalmente alla evaporazione dell‟acqua libera. Per confermare questa ipotesi un campione di fibra è stato trattato nel calorimetro effettuando un primo riscaldamento

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42

da 0°C a 120°C, mantenendo il campione a 120°C per 2 minuti, e successivo raffreddamento fino a 0°C, in modo da permettere l‟evaporazione dell‟eventuale acqua presente nella fibra. Al raffreddamento è seguito un secondo riscaldamento fino a 400°C. Nel termogramma relativo a questo secondo riscaldamento (fig.15 linea nera) si osserva la scomparsa del picco a 100°C, mentre si osserva un debole segnale endotermico a circa 140°C.

Anche se in maniera minore il picco (a) nelle fibre è riconducibile anche alla presenza di cellulosa, delle cere (la cui componente principale è la paraffina,come confermato tramite ATR (figura 4)), e della pectina come confermato dai loro DSC (figura 16) e dalla letteratura nel caso della cera [31]. Il termogramma della pecina in particolare mostra un picco endotermico a circa 130°C che potrebbe corrispondere al debole picco osservato nel termogramma delle fibre anidrificate.

Figura 16 Sovrapposizione pectina, cellulosa e fibra di piselli

Il picco esotermico (b, linea rossa) a 350°C è riconducibile alla formazione e all‟evaporazione del levoglucosano secondo quanto riportato in letteratura [32]. Nel termogramma effettuato sulla fibra tal quale il processo è attribuito

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43

alla formazione del levoglucosano per idrolisi secondo il meccanismo riportato in figura 17:

Figura 17 Meccanismo di formazione del levoglucosano per idrolisi

Osservando il termogramma della fibra di piselli anidra (fig. 16 linea nera) si nota oltre al picco (b) anche un picco (b‟) esotermico. Da quanto riportato in letteratura si può ipotizzare che sia dovuto ad un differente meccanismo di formazione del levoglucosano [32], che può diventare prevalente in assenza di acqua e che procede secondo il meccanismo descritto in figura 18.

Figura 18 Meccanismo di formazione del levoglucosano in assenza d'acqua

Questo meccanismo include due stadi di transglicosilazione. Nel primo stadio la catena cellulosica è depolimerizzata in un intermedio levoglucosan-terminale e in una catena cellulosica più corta. Durante il secondo stadio si ha un‟apertura dell‟intermedio levoglucosan-terminale nella molecola di levoglucosano, dando come sottoprodotto l‟intermedio levoglucosan-terminale [32]. La letteratura ipotizza il meccanismo di transglicosilazione ma riporta la temperatura del picco del levoglucosano [33] (b‟) (figura 14, linea nera), mentre non da alcuna indicazione circa la temperatura corrispondente presumibilmente all‟intermedio levoglucosan-terminale.

Il picco finale (c) a 375°C è dovuto alla formazione del char (agglomerato di natura complessa costituito prevalentemente da carbonio ) [33].

Il picco (d) non è stato identificato ed in letteratura non è sono stati trovati studi chiarificatori ma è riconducibile alla cellulosa visto che si osserva anche nella curva ottenuta dalla DSC della cellulosa estratta dalle fibre (fig.9 linea verde).

(44)

44

2.2.6 Analisi ATR delle fibre e delle relative componenti

Sulle frazioni di cera, cellulosa estratta e sulla fibra tal quale sono stati registrati gli spettri ATR confrontati in figura 19.

Figura 19 Sovrapposizione degli ATR della fibra e delle sue componenti

I picchi presenti nello spettro della fibra di piselli sono stati assegnati come segue:

 il picco a 3300 cm-1 è dovuto allo stretching del legame O-H, il picco a 2936 cm-1 è dovuto ad uno stretch del legame C-H alifatico.

 I picchi a 1640 cm-1 e 1020 cm-1 sono rispettivamente assegnati al bending del legame N-H e allo stretch C-N di un‟ammina alifatica. Lo spettro della frazione cerosa è stato interpretato come segue:

 i picchi a 2919 cm-1, 2954 cm-1 e 2849 cm-1 sonodovuti alle vibrazioni di stretching metinici e metilenici.

 i picchi a 1454 cm-1, 1499 cm-1 e 1370 cm-1 dovuti alla deformazione del C-H

(45)

45

 i picchi a 751 cm-1 e 789 cm-1 dovuti a lunche catene alifatiche di quattro o più metileni.

In letteratura questi segnali sono attribuiti alla paraffina [34], la cui presenza nella fibra risulta quindi essere confermata. Sono inoltre presenti delle catene alifatiche amminiche, come osservato dal picco a 1016 cm-1.

Nello spettro ATR del residuo all‟estrazione delle fibre che secondo la procedura adattata dovrebbe essere solo cellulosa si riconoscono in effetti le bande caratteristiche di questo polisaccaride. In particolare, dal confronto con quanto riportato in letterarura [35], si riconoscono i seguenti picchi:

 a 3300 cm-1 caratteristico del gruppo OH , il picco a circa 2910 cm-1 degli stretching C-H, il picco a 1745 cm-1 degli esteri carbonilici, a 1418 cm-1 dovuto al bending simmetrico del CH2, a 1376 cm-1 dovuto alla deformazione del C-H.

Dal confronto con i dati di letteratura si conferma che si tratta di cellulosa [35].

2.3 Preparazione dei biocompositi

A partire dalla matrice polimerica e dalle fibre precedentemente descritte sono stati preparati dei materiali biocompositi utilizzando tre metodologie diverse:

1. Miscelazione diretta in Brabender della fibra e della matrice polimerica

2. Miscelazione diretta della fibra e della matrice in presenza di un compatibilizzante

3. Preparazione di un masterbatch (fibra\polimero, fibra\plastificante) e miscelazione in Brabender della matrice e del masterbatch

Sono state utilizzate diverse percentuali di fibra di piselli ( 5, 10, 20 ,40 e 60 % in peso rispetto al totale di materiale in alimentazione della camera di miscelazione (30 g)). Inoltre come comparazione è stata utilizzata la fibra di

(46)

46

canapulo, ad una percentuale del 5 %, con e senza combatibilizzante, fibra utilizzata in un lavoro di tesi precedente [29].

1) Miscelazione diretta

La composizione dei compositi preparati tramite aggiunta crescente di sola fibra è riassunta in tabella 7:

Tabella 7 Campioni con percentuali crescenti di fibra

Campione PLA g Fibra di piselli g PLA 5 PIS 28,5 1,5 PLA 10 PIS 27,0 3,0 PLA 20 PIS 24,0 6,0 PLA 40 PIS 18,0 12,0 PLA 60 PIS 12,0 18,0

2.3.1.1 Comparazione della variazione di torque (o momento torcente)

Le miscelazioni sono state realizzate utilizzando le seguenti condizioni operative:

 Tempo di miscelazione: 10 minuti

 Velocità di miscelazione: 50 rpm

(47)

47

In figura 19 sono confrontati i profili di torque (o momento torcente) per tutti i compositi preparati e quello del solo PLA processato nelle stesse condizioni.

Figura 20 Comparazione del momento torcente dei compositi

Tabella 8 Dati di torque

Torquei (Nm) Torque1 (Nm) Torquef (Nm) ΔTorque (PLAf-campionef) (Nm) ΔTorque(1-f) (Nm) PLA180 20,22 \ 11,21 \ \ PLA5PIS 15,25 8,55 8,81 2,40 -0,26 PLA10PIS 13,37 8,81 9,32 1,89 -0,51 PLA20PIS 18,27 9,60 10,35 0,86 -0,75 PLA40PIS 14,63 5,49 10,56 0,65 -5,07 PLA60PIS 9,37 0,09 10,61 0,60 11,60

Torquei: valore all’aggiunta del PLA; Torque1: valore all’aggiunta della fibra;

(48)

48

Figura 21 Andamento del torque finale in relazione alla quantità di fibra

Figura 22 Andamento del valore di torque all'aggiunta di fibra

PLA 180 PLA 5 PIS

PLA 10 PIS

PLA 20 PIS PLA 40 PIS

PLA 60 PIS 0 2 4 6 8 10 12 0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50 55 60 Nm

Percentuale di fibra di piselli (%)

Torque Finale

PLA 180 PLA 5 PIS PLA 10 PIS PLA 20 PIS PLA 40 PIS PLA 60 PIS 0 2 4 6 8 10 12 0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50 55 60 Nm

Percentuale di fibra di piselli (%)

(49)

49

Figura 23 Andamento del ΔTorque(1-f) in relazione all'aggiunta della fibra

Si osserva che per il solo PLA, dopo l‟iniziale aumento di torque durante la fusione del materiale si ha una diminuzione del momento torcente trascorsi 100 secondi il profilo si stabilizza su un valore costante. Questo sembra essere in linea con quanto dichiarato dal produttore che indica una buona stabilità termica durante la processazione Al momento dell‟aggiunta di fibra si registra in ogni caso un aumento del torque che si stabilizza poi quando il materiale diventa omogeneo. Il valore del momento torcente finale cresce con la percentuale di fibre, rimanendo sempre al di sotto del valore finale del PLA 180. Al crescere della percentuale di fibra aggiunta diminuisce comunque la differenza tra il valore di torque del solo PLA (PLA 180) e il valore del torque finale nei compositi (PLA x PIS). Questo sembra indicare che le fibre contribuiscono all‟aumento della viscosità nel fuso del materiale prodotto controbilanciando un eventuale diminuzione del peso molecolare della matrice polimerica dovuta alla degradazione termica.

Nel grafico relativo all‟andamento del momento torcente del composito PLA 60 PIS si nota che il valore minimo (T1) è ritardato temporalmente rispetto agli altri. Questo è dovuto alla difficolta riscontrata nell‟aggiunta della fibra di piselli in alta quantità nella camera di miscelazione per via della tendenza della fibra micronizzata a spolverare.

PLA 180 PLA 5 PIS

PLA 10 PIS PLA 20 PIS PLA 40 PIS PLA 60 PIS -6 -4 -2 0 2 4 6 8 10 12 14 0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50 55 60 Nm

ΔTorque

(1-f)

(50)

50

2.3.1.2 Analisi GPC

A supporto dell‟ipotesi precedentemente formulata tutti i materiali sono stati caratterizzati mediante GPC. I valori riportati in tabella 9 sono quelli misurati sulla frazione solubile in CHCl3 sono riassunti.

Tabella 9 Pesi molecolari e PDI

Mn ± 5000 Mw± 5000 PDI± 0,1 PLA 110300 194800 1.77 PLA180 113940 198300 1.74 PLA 5 PIS 112380 194200 1,73 PLA 10 PIS 130890 237300 1,81 PLA 20 PIS 161400 317400 1,97 PLA 40 PIS 93000 169000 1,82 PLA 60 PIS 75700 142700 1,88

Dai dati ottenuti non si osserva una diminuzione del peso molecolare significativa ad eccezione dei compositi con una percentuale di fibra elevata (40% e 60%), nei quali la presenza di fibra porta ad un peso molecolare medio significativamente inferiore rispetto alle altre composizioni.

Se il valore di torque finale fosse dovuto solo all‟effetto del peso molecolare sulla viscosità, per i compositi PLA 40 PIS e PLA 60 PIS era da attendersi una marcata diminuzione. Si conferma quindi il ruolo svolto dalle fibre nell‟influenzare la viscosità nel fuso del materiale.

2.3.1.3 Termogravimetria (TGA)

Il comportamento termico dei compositi è stato investigato in azoto. I termogrammi e la relativa derivata prima sono confrontati in figura 24, mentre i corrispondenti parametri termici sono riportati in tab. 10.

(51)

51

Figura 24 Confronto TGA PLA 5 PIS con PLA 180

Tabella 10 Confronto dati TGA del PLA 5 PIS, PLA 60 PIS, fibra e PLA 180

Flusso T Onset (°C) T 1 * (°C) V1 * (ug/min) Residuo % PLA 180 Azoto 323,7 367,5 2,9 1,6

PLA 5 PIS Azoto 318,1 360,1 1,9 1,4

PLA 60 PIS Azoto 252,6 316,8 1,7 15,4 Fibra Piselli Azoto 93,0 348,8 954,0 20

*T1,V1: velocità e temperatura della massima degradazione

Confrontando l‟andamento termico della matrice polimerica con l‟andamento dei compositi contenenti il 5 percento e il 60 percento, e della fibra sola, si osserva che l‟aggiunta della fibra porta ad una diminuzione della stabilità termica.

(52)

52

Mediante analisi DSC, utilizzando i parametri descritti nella parte sperimentale, è stata investigata l‟influenza della fibra sulla cristallizzazione dei materiali.

In figura 25 sono confrontati i profili relativi al secondo riscaldamento registrati per ciascun campione.

Figura 25 Comparazione DSC compositi con percentuali crescenti di fibra

Tabella 11 Dati calorimetri compositi con fibra vegetale crescente

Tg (°C) Tc (°C) ΔHc (mj\mg) Tm (°C) Tm2 (°C) (-)ΔHm (mj\mg) A1 Forma β (%) A2 Forma α (%) PLA 58,5 126,1 2,4 152,1 \ 1,7 \ \ PLA 180 58,2 110,4 28,1 149,5 155,1 28,5 75,72 24,28 PLA 5 PIS 58,0 111,7 29,6 149,9 155,6 29,8 79,04 20,96 PLA 10 PIS 57,9 111,0 31,1 149,1 155,4 30,6 68,50 31,50 PLA 20 PIS 58,1 109,9 24,8 149,5 156,4 24,5 35,92 64,08

(53)

53

PLA 40 PIS 58,0 110,7 20,7 149,0 156,2 20,0 42,58 57,42

PLA 60 PIS 58,5 110,8 13,5 150,1 158,1 12,8 46,00 54,00

Figura 26 Andamento del calore di cristallizzazione e di fusione

Si osserva che la temperatura di transizione vetrosa non è influenzata all‟aumentare della quantità di fibra rispetto a quella del polimero, analogamente a quanto precedentemente osservato per il solo PLA.

Il calore di cristallizzazione aumenta fino al 10% di fibra, probabilmente per via dell‟effetto nucleante apportato dalla presenza della fibra di piselli. Al crescere ulteriore della percentuale di fibre si osserva la diminuzione del valore di ΔHc.

I due picchi di fusione, intorno a 149°C e 155°C già osservati nel PLA 180 si osservano per tutti i materiali preparati.

Dalla deconvoluzione del picco di fusione è possibile calcolare la percentuale delle due forme cristalline, in tutti i compositi e nella matrice polimerica.

A titolo di esempio in figura 27 è mostrata la deconvoluzione effettuata sul termogramma del PLA utilizzando il software OriginLab.

0 5 10 15 20 25 30 35

PLA 180 PLA 5 PIS PLA 10 PIS PLA 20 PIS PLA 40 PIS PLA 60 PIS

mJ

\mg ΔHc

(54)

54

Figura 27 Deconvoluzione del PLA miscelato in Brabender

All‟aumentare della quantità di fibra di piselli si osserva un‟aumento della forma cristallina α (a) rispetto alla β, come si può vedere anche dal grafico (fig.25) osservando i picchi tra 140°C e 170°C delle diverse composizioni. Questo può essere associato ad un‟effetto aggregante della fibra fino ad una percentuale del 10%, oltre la quale la presenza delle fibre di piselli presenta un‟ostacolo alla tendenza delle catene del polimero a formare la forma cristallina più ordinata.

2.3.1.5 Analisi ATR

Come si può osservare dalla comparazione dello spettro del PLA processato in Brabender e quello dell PLA con il 5 % di fibra di piselli (fig.23) e dalla comparazione del composito con il 5 % di piselli e con il 60 % di piselli (fig. 24) la presenza della fibra non si osservano variazioni significative. In particolare, anche nel composito con la più elevata percentuale di fibra

(55)

55

aggiunta (PLA 60 PIS) non si osservano i segnali caratteristici già osservati nello spettro della fibra.

Figura 28 Comparazione dell'ATR del PLA passato in Brabender e del PLA con il 5 % di fibra

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