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Ottimizzazione fluidodinamica del foil di un catamarano classe AC72

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(1)

DIPARTIMENTO DI INGEGNERIA CIVILE E INDUSTRIALE

Corso di Laurea in Ingegneria Aerospaziale

TESI DI LAUREA MAGISTRALE

Ottimizzazione fluidodinamica del foil di

un catamarano classe AC72

Relatori:

Prof. Ing. Giovanni Lombardi

Ing. Marco Maganzi

Candidato:

Nicola Tobia

(2)

Sommario 1

1 Introduzione 2

1.1 America’s Cup e gli AC72 . . . 2

1.2 Generalit`a della vela . . . 4

1.2.1 Andature . . . 4

1.2.2 Forze aerodinamiche . . . 6

1.2.3 Forze idrodinamiche . . . 7

1.2.4 Equilibrio delle forze nel piano orizzontale . . . 8

1.2.5 Equilibrio delle forze e dei momenti nel piano verticale . . . 8

1.3 Catamarani da competizione . . . 9

1.3.1 Caratteristiche dei catamarani . . . 9

1.3.2 Velocit`a e Velocity Made Good . . . 11

2 Generalit`a e obiettivi 13 2.1 Uso del foil . . . 13

2.2 Derive a L e a V . . . 14

2.3 Descrizione della posizione della deriva . . . 17

2.4 Linearizzazione delle forze agenti sulla deriva . . . 18

2.4.1 Calcolo dei rapporti incrementali . . . 19

2.5 Ottimizzazione . . . 19 2.6 Algoritmi di ottimizzazione . . . 21 2.6.1 Gradienti Coniugati . . . 21 2.6.2 Algoritmi Genetici . . . 21 3 Modello geometrico 23 3.1 Nomenclatura . . . 23

3.2 Parametrizzazione della geometria . . . 24

3.2.1 Scelta del profilo . . . 24

3.2.2 Grandezze fissate . . . 24

3.2.3 Parametri liberi . . . 25

3.3 Disegno del CAD della deriva . . . 25

3.3.1 Introduzione dei Parametri . . . 25

3.3.2 Scheletro della deriva . . . 26

3.3.3 Costruzione dei profili . . . 27

3.3.4 Creazioni delle superfici . . . 28

3.3.5 Taglio della deriva . . . 29

3.4 Configurazione di riferimento . . . 29

3.5 Disegno del box . . . 31 i

(3)

4 Solutore Fluidodinamico 32

4.1 Introduzione . . . 32

4.2 Preparazione della Region . . . 32

4.2.1 Importazione del modello geometrico . . . 32

4.2.2 Creazione del Water Surface . . . 34

4.2.3 Creazione del Box Deriva . . . 35

4.3 Generazione della mesh . . . 36

4.3.1 Parametri Caratteristici della Griglia di Calcolo . . . 36

4.4 Impostazioni del modello fisico . . . 41

4.5 Definizione delle condizioni iniziali . . . 43

4.6 Definizione delle condizioni al contorno . . . 44

4.7 Creazione ed esportazione dei Report . . . 44

4.8 Spostamento della deriva . . . 45

5 Velocity Predict Program 46 5.1 Modello fisico . . . 46

5.2 Input . . . 50

5.3 Modifiche . . . 51

6 Procedura di ottimizzazione 53 6.1 Introduzione . . . 53

6.2 Ambienti di lavoro di Mode-FRONTIER . . . 55

6.3 Parametri di ottimizzazione . . . 57

6.4 Vincoli . . . 57

6.5 Algoritmo di Ottimizzazione . . . 59

6.5.1 DOE: Design of Experiments . . . 60

6.5.2 Scheduler . . . 60 6.6 Nodo CATIA . . . 62 6.7 Nodi Queue . . . 63 6.8 Nodo SSH . . . 64 6.9 Nodi Output . . . 65 6.10 Nodo Matlab . . . 66

6.11 Definizione della funzione obiettivo . . . 68

6.12 Nodo If . . . 68

6.13 Strategia di ottimizzazione . . . 69

7 Studio della configurazione di riferimento 70 7.1 Sensibilit`a ai parametri geometrici . . . 70

7.1.1 Angolo di calettamento del profilo alla radice del foil . . . 72

7.1.2 Angolo di calettamento del profilo all’estremit`a del foil . . . 73

7.1.3 Rastremazione del foil . . . 74

7.1.4 Inclinazione del foil . . . 75

7.1.5 Confronto tra i parametri . . . 76

7.2 Linearit`a di forze e momenti . . . 77

8 Analisi dei risultati 80 8.1 Introduzione . . . 80

8.2 Matrice di correlazione . . . 81

(4)

8.4 Considerazioni . . . 87

8.5 Le configurazioni di ottimo . . . 88

9 Analisi delle configurazioni di ottimo 90 9.1 Confronto con la configurazione di riferimento . . . 90

9.2 Errore di linearizzazione . . . 91

9.3 Validazione dei risultati . . . 91

9.4 Visualizzazioni . . . 92

Conclusioni e sviluppi futuri 99

A Macro per il disegno dei profili 100

B Macro di Star-CCM+® 102

(5)

1.1 Modello CAD di un Catamarano classe AC72. . . 3

1.2 Catamarano classe AC72 (BMW Oracle Racing). . . 3

1.3 Catamarano classe AC72 (Emirates New Zealand). . . 4

1.4 Triangolo delle velocit`a. . . 5

1.5 Andature dell’imbarcazione rispetto al vento reale. . . 5

1.6 Forze aerodinamiche agenti sulle vele nell’andatura di bolina. . . 6

1.7 Forze idrodinamiche agenti sullo scafo. . . 7

1.8 Equilibrio delle forze nel piano orizzontale. . . 8

1.9 Equilibrio di forze e momenti nel piano verticale. . . 9

1.10 Esempio di catamarano da crociera. . . 10

1.11 Catamarano da competizione AC45. . . 10

1.12 Andatura di bolina (a) e di lasco (b) del catamarano. . . 11

1.13 Velocity Made Good in una condizione di bolina. . . 12

1.14 a) Maggiore VMG e traiettoria meno diretta; b) Minore VMG e traiet-toria pi`u diretta. . . 12

2.1 Forma di deriva e timone. . . 13

2.2 AC72 in assetto di volo (Emirates Team New Zealand, America’s Cup Race 11, 18 Settembre 2013) . . . 14

2.3 Deriva ad L. . . 15

2.4 Deriva a V. . . 15

2.5 Catamarano con deriva a V. . . 16

2.6 Rappresentazione delle forze laterali di deriva e foil. . . 16

2.7 Quota della deriva h. . . 17

2.8 Angolo di incidenza della deriva α. . . 17

2.9 Angolo di scarroccio della deriva β. . . 18

2.10 Schema dettagliato della procedura di ottimizzazione. . . 20

2.11 Metodo dei Gradienti Coniugati. . . 21

2.12 Metodo degli Algoritmi Genetici. . . 22

3.1 Nomenclatura. . . 23

3.2 NACA 65-412. . . 24

3.3 Finestra Formule per immettere i parametri. . . 26

3.4 Scheletro della deriva. . . 26

3.5 Importazione dei profili. . . 27

3.6 Scalatura e rotazione dei profili. . . 28

3.7 Superficie della deriva. . . 28

3.8 Taglio della deriva. . . 29

3.9 Configurazione di riferimento. . . 30 iv

(6)

3.10 Box di calcolo. . . 31

4.1 Finestra Import Surface Options. . . 33

4.2 Creazione delle superfici. . . 33

4.3 Creazione della Region. . . 34

4.4 Geometria della Region. . . 34

4.5 Creazione del Water Surface. . . 35

4.6 Creazione del Box deriva. . . 35

4.7 Parametri caratteristici della mesh. . . 37

4.8 Mesh di superficie del dominio di calcolo. . . 39

4.9 Mesh di volume del dominio di calcolo. . . 39

4.10 Sezione della Mesh di volume del dominio. . . 40

4.11 Dettaglio delle celle vicino alla superficie, dove `e presente il Prism Layer. 40 4.12 Mesh di superficie della deriva. . . 40

4.13 Mesh di volume della deriva. . . 41

4.14 Finestra Model Selection. . . 42

4.15 Definizione delle propriet`a della VOF Wave. . . 42

4.16 Condizioni iniziali. . . 43

4.17 Condizioni al contorno. . . 44

5.1 Sistemi di riferimento e angoli di Eulero. . . 47

5.2 Forze in gioco. . . 48

5.3 Rotazione della deriva. . . 50

6.1 Diagramma di flusso della procedura di ottimizzazione. . . 54

6.2 Workflow completo del processo di ottimizzazione. . . 56

6.3 Vincolo sull’angolo di calettamento del profilo al tip. . . 57

6.4 Vincolo sulla parte emersa del foil. . . 57

6.5 Vincolo sull’altezza del foil. . . 58

6.6 Massima rastremazione del foil. . . 58

6.7 Nodi DOE e Scheduler. . . 59

6.8 Finestra DOE Properties. . . 60

6.9 Finestra Scheduler Properties. . . 61

6.10 Finestra CATIA Document Properties. . . 62

6.11 Nodo CATIA. . . 62

6.12 Finestra Driver Editor. . . 63

6.13 Nodi Queue Start / Queue End. . . 63

6.14 Finestra SSH Script Properties. . . 64

6.15 Nodo SSH con i suoi nodi di input. . . 65

6.16 Esportazione del file di report del calcolo CFD. . . 65

6.17 Nodi Output File e Vector Output Variable. . . 66

6.18 Finestra Matlab Properties. . . 67

6.19 Finestra Support File Properties. . . 67

6.20 Nodo Matlab e i nodi a cui `e collegato in output. . . 67

6.21 Finestra Objective Properties. . . 68

6.22 Nodo Design Objective. . . 68

6.23 Finestra Logic If Properties. . . 69

(7)

7.1 Grafico della VMG al variare dell’angolo del profilo alla radice del foil. 72 7.2 Grafico della VMG al variare dell’angolo del profilo all’estremit`a del foil. 73

7.3 Grafico della VMG al variare della rastremazione del foil. . . 74

7.4 Grafico della VMG al variare dell’inclinazione del foil. . . 75

7.5 Confronto fra i grafici relativi ai quattro parametri. . . 76

7.6 Grafici di forze e momenti al variare della quota h. . . 77

7.7 Grafici di forze e momenti al variare dell’angolo di incidenza α. . . 78

7.8 Grafici di forze e momenti al variare dell’angolo di scarroccio β. . . 79

8.1 Estratto della Design Table. . . 80

8.2 Correlation Matrix. . . 82

8.3 Diagramma di scatter h-VMG. . . 83

8.4 Diagramma di scatter scarroccio-VMG. . . 83

8.5 Diagramma di scatter incidenza-VMG. . . 84

8.6 Diagramma di scatter angolo al tip-VMG. . . 85

8.7 Diagramma di scatter angolo al root-VMG. . . 85

8.8 Diagramma di scatter rastremazione-VMG. . . 86

8.9 Diagramma di scatter inclinazione-VMG. . . 86

8.10 Diagramma di scatter resistenza-VMG. . . 87

8.11 Alcune viste della configurazione 1. . . 89

8.12 Alcune viste della configurazione 4. . . 89

9.1 Coefficiente di pressione sulla deriva. . . 93

9.2 Coefficiente di pressione nel piano passante per il profilo al root. . . 93

9.3 Coefficiente di pressione nel piano trasversale. . . 94

9.4 Velocit`a nel piano passante per il profilo al root. . . 94

9.5 Vorticit`a nel piano passante per il profilo al root. . . 95

9.6 Coefficiente di pressione totale nel piano trasversale. . . 95

9.7 Coefficiente di pressione sulla deriva. . . 96

9.8 Coefficiente di pressione nel piano passante per il profilo al root. . . 96

9.9 Coefficiente di pressione nel piano trasversale. . . 97

9.10 Velocit`a nel piano passante per il profilo al root. . . 97

9.11 Vorticit`a nel piano passante per il profilo al root. . . 98

(8)

7.1 Sensibilit`a all’angolo di calettamento del profilo alla radice del foil. . . . 72

7.2 Sensibilit`a all’angolo di calettamento del profilo all’estremit`a del foil. . 73

7.3 Sensibilit`a alla rastremazione del foil. . . 74

7.4 Sensibilit`a all’inclinazione del foil. . . 75

8.1 Configurazioni di ottimo. . . 88

9.1 Caratteristiche delle configurazioni studiate. . . 90

9.2 Errore di linearizzazione relativo alla configurazione 1. . . 91

9.3 Errore di linearizzazione relativo alla configurazione 4. . . 91

9.4 Risultati del raffinamento della mesh. . . 92

(9)

Lo scopo del presente elaborato `e quello di realizzare una procedura di ottimizzazione della geometria del foil di un catamarano classe AC72, al fine di ottenere le confi-gurazioni pi`u favorevoli a massimizzare la VMG (Velocity Made Good) in una data condizione di regata, nel rispetto di particolari vincoli progettuali e regolamentari. I parametri scelti per l’ottimizzazione sono la curvatura, la rastremazione e gli angoli di calettamento dei profili alla radice e all’estremit`a del foil.

La realizzazione del modello CAD `e eseguita con il software CATIA® che permette la parametrizzazione della geometria.

La risoluzione del problema fluidodinamico `e effettuata tramite il software STAR-CCM+®, che risolve le equazioni di Navier-Stokes mediate alla Reynolds (RANS), permettendo di studiare il flusso e calcolare le azioni fluidodinamiche.

Per il calcolo della funzione obiettivo si fa uso di un programma VPP (Velocity Predict Program) che, una volta risolto l’equilibrio statico del catamarano, restituisce la VMG. Il ciclo di ottimizzazione `e infine sviluppato in ambiente ModeFRONTIER®, che permette di interfacciare gli altri software utilizzati tra di loro e con l’algoritmo di ottimizzazione.

(10)

Introduzione

1.1

America’s Cup e gli AC72

L’America’s Cup `e il pi`u famoso e importante trofeo nello sport della vela, oltre ad essere il pi`u antico trofeo sportivo al mondo tuttora in attivit`a.

La competizione consiste in una serie di regate di tipo match race, una gara testa a testa tra due avversari che debbono concludere un determinato percorso cercando di tagliare per primi il traguardo, uno dei quali `e il vincitore dell’edizione precedente, nonch´e detentore del titolo (defender). La selezione dello sfidante avviene tramite la partecipazione alla Louis Vuitton Cup, una gara disputata da pi`u imbarcazioni e la cui vittoria `e il requisito necessario per sfidare il defender.

L’ultima America’s Cup, la 34ma, ha visto gareggiare nel Settembre 2013 il defender BMW Oracle Racing e lo sfidante Emirates Team New Zealand con la vittoria del primo per 9 a 8 dopo un’incredibile rimonta dal punteggio di 1 a 8. La competizione ha avuto luogo nella baia di San Francisco, e secondo il regolamento `e stata disputata a bordo di catamarani della lunghezza di 72 piedi, da cui il nome della classe AC72. Tali imbarcazioni sono equipaggiate con un’ala rigida dotata di flaps al posto della tradizionale randa e le loro prestazioni sono, ad oggi, le migliori raggiungibili con l’ausilio della sola propulsione velica. Le caratteristiche principali di un Catamarano AC72 sono comprese entro i seguenti limiti massimi:

- Lunghezza Fuori Tutto = 22 m - Larghezza = 14 m

- Dislocamento = 5900 kg - Peso Complessivo = 7000 kg - Pescaggio massimo = 4.40 m

- Appendici: massimo 2 timoni e 2 derive - Equipaggio = 11 persone

Ma forse la novit`a pi`u interessante di queste imbarcazioni `e la presenza nella deriva del foil, una sorta di ala pressoch´e orizzontale progettata per generare una forza di portanza verticale che permetta in certe condizioni atmosferiche anche allo scafo sottovento di sollevarsi sopra il pelo libero dell’acqua con una notevole riduzione della resistenza. Nelle figure che seguono si riportano degli esempi di questo tipo di imbarcazione.

(11)

Figura 1.1: Modello CAD di un Catamarano classe AC72.

(12)

Figura 1.3: Catamarano classe AC72 (Emirates New Zealand).

1.2

Generalit`

a della vela

Un’imbarcazione a vela sfrutta gli stessi principi validi per l’ala di un velivolo anche se per una barca la vela ha lo scopo di generare una forza in direzione dell’avanzamento come mezzo di propulsione, mentre nei velivoli lo scopo principale dell’ala `e la genera-zione della portanza per il sostentamento. A differenza del velivolo per`o si `e in presenza di un doppio fluido (aria-acqua), quindi l’equilibrio `e dato dall’interazione tra le forze aerodinamiche e le forze idrodinamiche agenti sulla barca. Le prime vengono generate essenzialmente dall’interazione tra il vento e le vele, mentre le seconde nascono dal moto relativo tra l’acqua e la parte immersa dello scafo.

Come una qualsiasi altra imbarcazione a vela tradizionale, le modalit`a con le quali il catamarano classe AC72 sviluppa le forze necessarie al moto sono analoghe a quelle di una comune imbarcazione monoscafo armata di randa e fiocco; nei paragrafi che seguo-no si andr`a perci`o a descrivere questo tipo di soluzione senza perdere di generalit`a. Si studiano quindi i sistemi di forze (e dunque dei momenti da esse generati) sia nel piano trasversale che in quello longitudinale per le andature principali affrontate durante la navigazione.

1.2.1

Andature

Le imbarcazioni con vela aurica 1, sono caratterizzate dal fatto di poter navigare se-condo direzioni rispetto al vento vero anche molto diverse. Tanto pi`u l’imbarcazione `e in grado di stringere il vento, tanto pi`u `e ampio l’intervallo di direzioni per le quali essa `e in grado di ottenere dalla vela una forza di spinta diretta nella direzione della

1Il termine vela aurica comprende tutte le vele di forma trapezoidale o triangolare, poste a

pop-pavia rispetto all’albero, fissate in genere all’albero stesso, al pennone e a una trave orizzontale detta boma. Diversamente dalle vele quadre (che privilegiano un’andatura di poppa), le vele auriche sono particolarmente indicate per risalire il vento. Fanno parte di questa categoria la randa, la controranda e la vela latina.

(13)

prua; l’angolo all’interno del quale la barca non riesce a navigare `e detto angolo morto (Figura 1.5).

Le forze aerodinamiche prodotte dalle vele costituiscono il sistema propulsivo dell’im-barcazione e dipendono dall’angolo βA tra la direzione del vento avvertita dalle vele

(vento apparente) e la direzione del moto della barca.

La relazione che lega vento apparente VAW e vento reale VT W in formula `e:

VAW = VT W − VB

Figura 1.4: Triangolo delle velocit`a.

Si possono distinguere diverse tipologie di andature, al variare dell’angolo βT tra la

direzione del vento reale e la direzione del moto della barca (Figura 1.5).

(14)

Le due categorie principali di andature sono le andature portanti e le andature montan-ti. Le andature portanti sono caratterizzate da un angolo βT tale da garantire

all’imbar-cazione un’andatura a favore di vento, mentre le andature montanti sono caratterizzate da un angolo βT inferiore ai 90 deg.

1.2.2

Forze aerodinamiche

Considerando le andature montanti, le vele permettono all’imbarcazione di procedere controvento grazie ad un meccanismo di formazione delle forze aerodinamiche del tutto analogo a quello dell’ala di un velivolo. Integrando le pressioni sull’intera superficie si ottiene la forza aerodinamica totale FT, la quale pu`o essere scomposta lungo il sistema

assi vento apparente in portanza L e resistenza D (come si fa per l’ala) o lungo il sistema assi corpo in spinta T , parallela alla velocit`a della barca, e forza laterale FL,

perpendicolare ad essa.

L’obiettivo della vela `e ovviamente quello di fornire un’alta forza propulsiva T , la quale per`o `e inevitabilmente legata alla generazione di una forza laterale (forza di sbanda-mento), che dovr`a essere equilibrata, nel piano orizzontale, dalle forze idrodinamiche prodotte dalla deriva.

(15)

1.2.3

Forze idrodinamiche

Le forze idrodinamiche risultano essenziali per l’equilibrio alla traslazione lungo la direzione perpendicolare alla velocit`a della barca. Queste forze sono generate essen-zialmente dalla superficie della deriva (un’appendice simile ad un’ala sommersa), grazie all’incidenza rispetto alla direzione del moto fornita dall’angolo di scarroccio.

Le forze D e FL si possono facilmente calcolare con le seguenti relazioni:

D = 1 2ρWV 2 BSdCD FL= 1 2ρWV 2 BSdCL

dove Sd `e la superficie in pianta della deriva.

Il controllo dell’imbarcazione `e invece garantito dal timone (rudder): tramite la forza di portanza addizionale Lr si produce il momento imbardante voluto.

Figura 1.7: Forze idrodinamiche agenti sullo scafo.

Oltre alla resistenza prodotta dalla deriva e dal timone, nel computo delle forze idro-dinamiche va inclusa la resistenza dovuta allo scafo, la quale pu`o essere suddivisa in:

- Resistenza di attrito: direttamente proporzionale alla superficie bagnata e al-l’evoluzione dello strato limite (mantenere laminare lo strato limite pi`u a lungo possibile produce una riduzione di questo tipo di resistenza).

- Resistenza di pressione: dipendente dalla percentuale di separazione dello strato limite.

- Resistenza d’onda: dipendente dal treno d’onde prodotto dalle perturbazioni di pressione sul pelo libero dell’acqua.

(16)

1.2.4

Equilibrio delle forze nel piano orizzontale

Le forze nel piano orizzontale si bilanciano in maniera tale che la forza laterale prodotta dalla deriva equilibri quella prodotta dalle vele e la spinta aerodinamica T equilibri la resistenza prodotta dallo scafo nel suo complesso DT OT.

Figura 1.8: Equilibrio delle forze nel piano orizzontale.

1.2.5

Equilibrio delle forze e dei momenti nel piano verticale

Per quanto riguarda le forze agenti su questo piano si ha un equilibrio verticale tra forza peso W e spinta idrostatica SH. A causa del disallineamento tra FLvele e FLderiva,

si produce un momento sbandante MS, che deve essere equilibrato dal momento

rad-drizzante MR, prodotto dal disallineamento tra W e SH dovuto all’inclinazione della

barca, come viene rappresentato in Figura 1.9.

In tale figura `e riportata la soluzione con bulbo; un altro modo per generare il momento raddrizzante `e quello di sfruttare la distribuzione di peso dell’equipaggio.

(17)

Figura 1.9: Equilibrio di forze e momenti nel piano verticale.

1.3

Catamarani da competizione

1.3.1

Caratteristiche dei catamarani

In questo paragrafo si descrive la configurazione catamarano, evidenziando le differenze con quella monoscafo.

Il catamarano `e una imbarcazione a due scafi, collegati tramite un ponte, la cui forma e le cui caratteristiche differiscono molto a secondo dell’utilizzo per cui `e progettato. L’adozione del concetto di catamarano nel progetto di una imbarcazione `e abbastanza recente, sebbene esso sia diffuso fin dall’antichit`a tra le popolazioni dell’India e della Polinesia. L’idea di fondo di una configurazione multiscafo `e quella di spostare late-ralmente il punto di applicazione delle forze di galleggiamento, in modo da resistere ai grandi momenti ribaltanti generati dalla componente laterale della forza aerodinamica sulla vela. Essa fu accolta con un certo grado di scetticismo dai marinai occidentali, abituati ad ottenere la stabilit`a dell’imbarcazione mediante un bilanciamento affidato alla distribuzione del peso, come nel pi`u comune design monoscafo, piuttosto che alla

(18)

geometria della barca. Il catamarano, comunque, `e oggi diventato una valida alternati-va al monoscafo, soprattutto in virt`u della velocit`a raggiungibile, della stabilit`a e della capacit`a di carico.

I catamarani da crociera (Figura 1.10), grazie alla riduzione di resistenza dipendente dall’utilizzo di scafi di alto allungamento, hanno la possibilit`a di raggiungere velocit`a maggiori, con il vantaggio di una maggiore stabilit`a rispetto al monoscafo.

Figura 1.10: Esempio di catamarano da crociera.

I catamarani da competizione velica sono progettati per consentire, durante la navi-gazione, il sollevamento dalla superficie dell’acqua dello scafo sopravento, in modo da ottenere il tipico andamento inclinato di cui un esempio in Figura 1.11.

Questa tecnica di conduzione permette l’ottenimento di una minore resistenza idrodi-namica e il raggiungimento di velocit`a molto elevate. Un catamarano da regata, con la sola propulsione velica, pu`o superare velocit`a pari a tre volte quella del vento.

(19)

1.3.2

Velocit`

a e Velocity Made Good

Come si `e visto in precedenza, in condizioni di bolina la vela esercita una forza di portanza con direzione ortogonale a quella del vento apparente, quest’ultimo ottenuto come somma vettoriale del vento reale e della velocit`a della barca. Si genera, inoltre, una forza di resistenza con direzione parallela al vento apparente.

In Figura 1.12 sono rappresentate, rispettivamente, le andature di bolina (a) e di lasco (b) del catamarano classe AC72, cui si far`a riferimento nel proseguimento dell’elabo-rato. Si `e indicato con:

- VB: velocit`a del catamarano;

- VW,r: vento reale;

- VW,a: vento apparente;

- αwind: angolo del vento reale;

- β: angolo del vento apparente;

- αwing: incidenza della vela al vento apparente;

Figura 1.12: Andatura di bolina (a) e di lasco (b) del catamarano.

Osservando i due disegni schematici, si pu`o notare come la differenza, in termini di direzione del vento apparente, tra le due andature sia minima, nonostante la direzione pressoch´e opposta del vento vero.

Per valutare l’effettiva prestazione in termini di velocit`a dell’imbarcazione, `e possi-bile definire una grandezza particolarmente utile, ossia la velocity made good, che `e la reale velocit`a di avvicinamento ad un punto quando si `e costretti a non seguire una

(20)

rotta diretta da punto a punto. Una barca a vela che risale il vento di bolina per raggiungere la sua meta allungher`a la sua strada e la VMG indica la vera velocit`a di avvicinamento a quel punto. In pratica la VMG rappresenta la velocit`a utile della bar-ca durante la regata, ovvero la componente della sua velocit`a in direzione della tratta da percorrere (Figura 1.13).

Figura 1.13: Velocity Made Good in una condizione di bolina.

Questo `e vero anche quando si `e diretti al lasco verso la boa di poppa; in questo caso la VMG rappresenta quanto velocemente la barca a vela guadagna la boa di poppa. Per questo motivo `e pi`u conveniente navigare ad un angolo di vento maggiore se la nuova configurazione `e tale da far s`ı che lo svantaggio di percorrere una traiettoria meno diretta sia compensato da una maggiore velocit`a di navigazione, come mostrato in Figura 1.14.

Figura 1.14: a) Maggiore VMG e traiettoria meno diretta; b) Minore VMG e traiettoria pi`u diretta.

Tutto questo comporta che i diagrammi della VMG siano usati comunemente come un indice delle prestazioni dell’imbarcazione.

(21)

Generalit`

a e obiettivi

2.1

Uso del foil

Una grande novit`a degli AC72, sulla quale si concentrer`a il lavoro di tesi, `e la capa-cit`a di sollevare entrambi gli scafi dall’acqua, una volta superata una certa velocit`a, favorendo una forte riduzione di resistenza e di conseguenza un notevole aumento di velocit`a (queste imbarcazioni superano i 40 nodi).

Questo `e permesso dalla differente configurazione di deriva e timone rispetto alle con-figurazioni tradizionali. Con entrambi gli scafi al di fuori dell’acqua, spetta proprio a deriva e timone anche assicurare l’equilibrio verticale e dei momenti attorno all’asse trasversale della barca. La geometria dei due elementi `e perci`o studiata in modo tale da far generare a entrambi una componente aggiuntiva di forza verticale che, nel caso della deriva, serva a garantire l’equilibrio verticale in assenza della forza di galleggiamento e, nel caso del timone, garantisca l’equilibrio alla rotazione attorno all’asse trasversale della barca e un certo grado di stabilit`a a beccheggio. Essendo le forze proporzionali alla densit`a del fluido investito, fondamentale sar`a la parte rimasta immersa in acqua, che genera in pratica l’intera forza risultante (poich´e la densit`a dell’acqua `e mille volte maggiore di quella dell’aria). Nella Figura 2.1 `e rappresentato un AC72 sollevato, da cui `e possibile vedere la forma tipica di deriva e timone di queste barche.

Figura 2.1: Forma di deriva e timone.

(22)

Il timone ha una geometria a T, mentre la deriva presenta una sorta di ala pi`u o meno orizzontale chiamata foil, che `e la parte che si fa carico di quasi tutta la forza verticale. Far emergere la barca sui foil e mantenerla in questa posizione `e stata la chiave per vincere la America’s Cup 2013. In questa edizione la barca si sollevava completamente con un vento di 16-18 nodi, quando il catamarano raggiungeva una velocit`a di 13 m/s. Nella Figura 2.2 si pu`o vedere il catamarano in assetto di volo.

Figura 2.2: AC72 in assetto di volo (Emirates Team New Zealand, America’s Cup Race 11, 18 Settembre 2013)

2.2

Derive a L e a V

Si `e visto che la deriva del catamarano ad alte prestazioni ha una duplice funzione: quella classica di generare una forza laterale che bilanci la forza del piano velico e quel-la di generare una forza verticale che sollevi il catamarano.

La configurazione di deriva pi`u intuitiva `e quella ad L (Figura 2.3), dove il foil e la parte restante della deriva si dividono i due compiti: il foil `e un’ala orizzontale che genera solo forza verticale, la parte restante `e un’ala verticale che genera solo forza laterale (ammettendo che l’angolo di sbandamento del catamarano sia nullo, cio`e che la barca sia parallela al piano dell’acqua).

Questa configurazione ha per`o un problema. Una volta che la barca si solleva dimi-nuisce la resistenza, aumentando la velocit`a. All’aumentare della velocit`a, cresce la portanza facendo sollevare sempre pi`u il foil e quindi determinando un’ulteriore dimi-nuzione della resistenza (poich´e `e minore la superficie di deriva in acqua) a beneficio della velocit`a, finch´e il foil raggiunger`a il pelo libero dell’acqua dove perder`a all’improv-viso efficienza e forza verticale. A questo punto il catamarano si riabbassa, causando una riduzione della velocit`a per poi tornare nelle condizioni precedenti e quindi ripetere questo ciclo inefficiente. A causa di questa instabilit`a nasce anche il rischio di perdita di controllo della barca.

(23)

Figura 2.3: Deriva ad L.

In realt`a avvicinandosi al pelo libero dell’acqua la superficie del foil perde portanza e quindi teoricamente una condizione d’equilibrio statica esiste, ma rimane comunque una configurazione dinamicamente instabile.

Per rendere la barca pi`u stabile si pu`o allora utilizzare una configurazione a V (Fi-gura 2.4) invece che a L, cio`e con il foil che non `e pi`u orizzontale ma curvo verso l’alto. In questo modo quando la velocit`a aumenta, aumenta la forza verticale e la deriva si solleva nell’acqua con entrambe le appendici della V. A un certo punto il tip comincer`a a emergere fuori dall’acqua, e la porzione del foil immersa, che contribuisce in maniera prevalente alla forza verticale, si riduce progressivamente fino a trovare un punto di equilibrio.

(24)

L’idea `e quindi quella di bilanciare le forze al cambiare della velocit`a, evitando la condizione ”tutto o niente” che incontrerebbe un foil pi`u orizzontale. Alla fine quindi questa deriva funziona come un sistema di sospensione di un automobile: la ”V” `e auto-livellante, trova da s´e un equilibrio stabile.

In Figura 2.5 sulla destra si vede il tip della deriva emergere dall’acqua.

Figura 2.5: Catamarano con deriva a V.

La deriva a V per`o non `e una configurazione che presenta solo benefici. Rispetto ad una deriva ad L infatti il foil genera una forza laterale di verso opposto a quella della deriva, che va a sommarsi alla forza laterale generata dalla vela (Figura 2.6).

Figura 2.6: Rappresentazione delle forze laterali di deriva e foil.

Per l’equilibrio alla traslazione laterale quindi la deriva deve generare una forza maggio-re e per questo `e necessario un angolo di scarroccio pi`u grande, che ha come conseguenza un aumento di resistenza e una perdita di efficienza.

(25)

Nonostante questo, poich´e la deriva a V garantisce una stabilit`a maggiore rispetto a quella a L, d’ora in avanti si proceder`a nello studio di questo tipo di configurazione.

2.3

Descrizione della posizione della deriva

Concentrandosi su un assetto di catamarano sollevato, la forza e il momento risultante agenti sulla deriva dipendono dalla sua posizione in acqua, che `e delineata da tre pa-rametri principali: la quota della deriva, l’angolo di incidenza e l’angolo di scarroccio, che sono rappresentati nelle figure che seguono (dove con V∞ si `e indicato la velocit`a

asintotica).

Figura 2.7: Quota della deriva h.

(26)

Figura 2.9: Angolo di scarroccio della deriva β.

2.4

Linearizzazione delle forze agenti sulla deriva

Per esprimere la forza agente sulla deriva in funzione dei tre parametri hrif, αrif, βrif si

`e scelto di considerare un modello semplificato, ricavato mediante una linearizzazione. Ponendo la deriva in una posizione di riferimento, e quindi assegnando ai tre parametri un valore pari a hrif, αrif, βrif, `e possibile scrivere la forza risultante generata dal

fluido su di essa al variare di questi tre parametri nel seguente modo: F = Frif + ∆F ∆h · (h − hrif) + ∆F ∆α · (α − αrif) + ∆F ∆β · (β − βrif)

Linearizzando si approssima la forza, che dipende in modo non lineare dalle tre va-riabili, con una funzione che dipende da queste linearmente. Questa operazione `e giustificata, se ci si muove in un intorno piccolo della posizione di riferimento, dal fatto che le forze sono funzioni ”molto regolari”, derivabili e monotone secondo i tre parametri. Quindi, per esprimere la forza in funzione di h, α e β occorre trovare le incognite della relazione appena scritta, che sono Frif e i rapporti incrementali della

forza rispetto ai tre parametri h, α, β. Perci`o sono necessari quattro calcoli CFD: uno per calcolare direttamente Frif e tre relativi a ciascun rapporto incrementale e le cui

modalit`a di calcolo vengono descritte nel prossimo paragrafo. Il discorso `e del tutto analogo per quanto riguarda i momenti.

Infine `e conveniente adimensionalizzare forze e momenti per ricondursi ai coefficienti aerodinamici. Indicando con q = 12ρwaterV2 la pressione dinamica, con S la superficie

di riferimento e con cmedia la corda media di riferimento, `e possibile esprimere forze e

momenti in componenti lungo un qualsiasi sistema di assi nel seguente modo:                   

Fxder = q · S · (Cxrif + Cxh· (h − hrif) + Cxα· (α − αrif) + Cxβ· (β − βrif)) Fyder = q · S · (Cyrif + Cyh· (h − hrif) + Cyα· (α − αrif) + Cyβ· (β − βrif)) Fzder = q · S · (Czrif + Czh· (h − hrif) + Czα· (α − αrif) + Czβ· (β − βrif))

Mxder = cmedia· q · S · (Clrif + Clh· (h − hrif) + Clα· (α − αrif) + Clβ· (β − βrif)) Myder = cmedia· q · S · (Cmrif + Cmh· (h − hrif) + Cmα· (α − αrif) + Cmβ· (β − βrif)) Mzder = cmedia· q · S · (Cnrif + Cnh· (h − hrif) + Cnα· (α − αrif) + Cnβ· (β − βrif))

(27)

2.4.1

Calcolo dei rapporti incrementali

Il calcolo dei rapporti incrementali della forza (o del momento) viene effettuato variando un parametro p alla volta rispetto alla posizione di riferimento. In forma vettoriale si pu`o scrivere:

∆F ∆p =

F∆p− Frif

∆p

dove con ∆p si `e indicata la variazione del parametro e con F∆p il valore della forza

calcolato nella nuova posizione (variando il parametro in oggetto e tenendo fissi gli altri due). Ne deriva quindi che il calcolo di ogni rapporto incrementale rispetto ad un parametro necessita di un calcolo CFD per trovare l’unica incognita F∆p.

Tutto il ragionamento fatto finora sulle forze `e analogo per i momenti e per questo non si ripeter`a.

2.5

Ottimizzazione

Il lavoro di tesi si propone di attuare un’ottimizzazione della geometria di una deriva a V al fine di massimizzare la VMG fissando le condizioni di regata in modo che il catamarano sia sollevato, e perci`o si considereranno un vento reale di 20 kn e un angolo di 135 deg rispetto all’asse della barca (quindi una condizione di lasco). L’angolo di sbandamento del catamarano `e invece fissato a 0 deg, cio`e si considera la barca parallela al piano dell’acqua.

Per realizzare la procedura di ottimizzazione sono necessari i seguenti programmi: ˆ CATIA®: `e un software che permette di realizzare il disegno parametrico della

geometria della deriva: consente di generare di volta in volta nuove geometrie per tutte le possibili combinazioni dei valori dei parametri assegnati (che saranno le variabili di ottimizzazione).

ˆ Star-CCM+®: `e un software che permette di eseguire l’analisi CFD sulla

geo-metria della deriva opportunamente posizionata in acqua. In questo modo `e possibile trovare le quattro incognite necessarie a esprimere forze e momenti in funzione della posizione della deriva come visto precedentemente.

ˆ Velocity Predict Program: `e un software che calcola l’equilibrio statico della barca. Cambiando il modello che descrive le forze e i momenti della deriva con le espressioni linearizzate descritte nei paragrafi precedenti, che dipendono dalla posizione della deriva in acqua, `e possibile calcolare la V M G al variare della geometria.

ˆ Mode FRONTIER®: `e un software che, attraverso opportuni algoritmi,

per-mette di individuare la combinazione delle variabili geometriche che fornisce la massima Velocity Made Good.

In Figura 2.10 viene riportato lo schema pi`u dettagliato della procedura, evidenziando anche dove agiscono i vari programmi.

Nei prossimi capitoli verranno illustrati nel dettaglio i vari programmi e le modalit`a con cui verranno utilizzati.

(28)

Figura 2.10: Schema dettagliato della procedura di ottimizzazione.

Prima di proseguire si ritiene importante fare la seguente nota. Nell’operazione di linearizzazione si `e posta la deriva in una posizione di riferimento, che per`o non `e nota a priori. Dovr`a essere fissata in modo tale che sia abbastanza vicina a tutte le posizioni assunte all’equilibrio da ciascuna configurazione di deriva studiata (la cui geometria verr`a variata attraverso le variabili geometriche di ottimizzazione) e per questo sar`a necessario fare una serie di prove.

Inoltre, una volta fissata questa posizione, non si potranno analizzare configurazioni di derive con geometrie troppo diverse, in quanto si troverebbero all’equilibrio in posizioni troppo distanti da quella di riferimento.

Dovr`a poi essere fissato l’intervallo ∆p in cui calcolare i rapporti incrementali, e anche questa scelta sar`a effettuata attraverso l’analisi delle posizioni di equilibrio date dalle varie configurazioni di deriva.

Tutti questi dettagli verranno approfonditi nei capitoli finali, appoggiandosi ai risultati ottenuti.

(29)

2.6

Algoritmi di ottimizzazione

La procedura di ottimizzazione basa la propria efficienza sull’algoritmo di ottimizza-zione scelto, ovvero sulla metodologia con cui viene fatta evolvere la procedura stessa verso la soluzione di ottimo. In questo paragrafo si vuole dare una breve descrizione dei possibili algoritmi di ottimizzazione, che si possono riassumere in due categorie principali:

- Gradienti Coniugati (CG) - Algoritmi Genetici (GA)

2.6.1

Gradienti Coniugati

Si tratta di un metodo locale di individuazione dell’ottimo. Partendo da una valu-tazione iniziale della funzione obiettivo, l’algoritmo perturba i parametri di progetto cercando di individuare la direzione che massimizzi il gradiente di variazione della fun-zione stessa. Le valutazioni si susseguono, finch´e il gradiente calcolato non risulta nullo, identificando una condizione di minimo o di massimo locale.

Si ha il vantaggio di una convergenza molto rapida della procedura, ma lo svantaggio di non poter identificare un valore di massimo o minimo assoluto per la funzione obiet-tivo. In Figura 2.11 si vede come, partendo dalla configurazione A, l’algoritmo arresti la procedura in corrispondenza del minimo locale B, anzich´e del minimo assoluto C.

Figura 2.11: Metodo dei Gradienti Coniugati.

2.6.2

Algoritmi Genetici

Si tratta di un metodo globale di individuazione dell’ottimo, basato sull’evoluzione ge-netica della selezione naturale. Viene generata una popolazione iniziale di individui, cercando di coprire pi`u uniformemente possibile lo spazio di ricerca definito dai para-metri di progetto. All’interno della popolazione, l’algoritmo seleziona gli individui pi`u adatti al soddisfacimento della funzione obiettivo, e va a generare una nuova popola-zione che ne conservi le caratteristiche genetiche. Ad ogni generapopola-zione successiva viene quindi premiata la riproduzione e la sopravvivenza solo degli individui dotati di miglio-re adattabilit`a. La procedura prosegue fino alla convergenza dell’algoritmo. Rispetto al metodo dei gradienti coniugati si ha il vantaggio dell’individuazione dell’ottimo as-soluto. Di contro i tempi computazionali per la convergenza della procedura risultano

(30)

nettamente pi`u elevati. In Figura 2.12 si vede come, a partire dalla popolazione inizia-le (configurazioni rosse), l’algoritmo infittisce la ricerca nelinizia-le zone corrispondenti agli individui con valori migliori della funzione obiettivo, tendendo alla convergenza verso l’ottimo assoluto.

(31)

Modello geometrico

In questo capitolo si realizza il modello parametrico della geometria della deriva. Il software utilizzato per la definizione del modello CAD parametrico `e stato CATIA®.

3.1

Nomenclatura

Per semplicit`a di spiegazione si utilizzer`a la nomenclatura di Figura 3.1. Il foil e la deriva verticale sono separati nel mean, che `e il punto in cui si ha la tangenza col piano orizzontale.

Figura 3.1: Nomenclatura.

(32)

3.2

Parametrizzazione della geometria

3.2.1

Scelta del profilo

Essendo la deriva una sorta di ala, la sua sezione trasversale `e un profilo aerodinamico. Per limitare il numero di parametri nell’ottimizzazione, che altrimenti diverrebbero troppi, si `e scelto di fissare il profilo, tenendolo uguale lungo tutta la deriva: si `e optato per un NACA 65-412, rappresentato in Figura 3.2. Si `e scelto questo profilo perch´e ha un Cl,maxpiuttosto elevato (1,4 ÷ 1,6 a seconda del Re) e diventa turbolento

a un Cl abbastanza alto (0,6 ÷ 0,7).

Figura 3.2: NACA 65-412.

3.2.2

Grandezze fissate

Sono state fissate le seguenti grandezze: - massimo pescaggio: 3,90 m

- larghezza di ingombro della deriva: 2 m - corda media del foil: 0,55 m

Le prime due grandezze derivano dalle dimensioni delle derive degli AC72. In realt`a bisognerebbe verificare che i limiti di ingombro della deriva, dati dal regolamento, siano rispettati per ogni posizione della deriva (essendo essa mobile). Poich´e il regolamento della prossima Coppa America non `e stato ancora definito, non si studieranno i dettagli sull’ingombro della deriva ma ci si atterr`a alle dimensioni suddette.

Per quanto riguarda la corda media del foil `e possibile fare un semplice calcolo. Nella scorsa edizione della America’s Cup gli AC72 decollavano a una velocit`a di circa 13 m/s, sollevando un peso di circa 7000 kg. Assumendo allora che tutto il peso della barca debba essere sostenuto da un’ala di 1,5 m, valendo la relazione:

W = 1

2 · ρw· V

2· S · C L

ipotizzando un CL unitario (non `e pensabile che la barca si sollevi a CL bassi) e

scri-vendo S = cmedia· L con L = 1, 5 m si ha:

cmedia=

2 · W ρw· V2· L · CL

= 2 · 70000

1025 · 132· 1, 5 · 1 m ≈ 0, 55 m

Si nota che fissando questa grandezza le corde al mean e al tip sono tra loro correlate. Infatti vale:

cmedia =

cmean+ ctip

(33)

3.2.3

Parametri liberi

Lo scheletro della deriva viene costruito tramite due curve, una relativa al foil e una alla deriva verticale. Ciascuna delle due si appoggia a 4 punti, uno dei quali in comune (in corrispondenza del mean) dove viene imposta per entrambe la tangenza al piano orizzontale. Quindi entrambe sono caratterizzate da 5 condizioni (il passaggio per 4 punti e tangenza in uno di essi).

Per quanto riguarda lo svergolamento, si considera lineare tra root e mean e tra mean e tip.

Quindi alla fine per la costruzione della deriva si sono definiti i seguenti parametri: - corda del profilo al root

- corda del profilo al mean

- angolo di calettamento del profilo al root - angolo di calettamento del profilo al mean - angolo di calettamento del profilo al tip

- coordinate di 3 punti dello scheletro della deriva verticale (meno la coordinata y del punto che regola il pescaggio).

- coordinate di 3 punti dello scheletro del foil (meno la coordinata x del punto che regola la larghezza).

Viene poi definito un parametro chiamato inclinazione, che consiste in un numero che moltiplica le coordinate y dello scheletro del foil. ´E quindi possibile modificare l’in-clinazione (e la curvatura) del foil con un unico parametro, senza dover modificare le coordinate dei punti dello scheletro.

3.3

Disegno del CAD della deriva

La generazione della geometria della deriva avviene sfruttando l’ambiente Shape ⇒ Generative Shape Design nel quale sono presenti tutti i comandi utilizzati in questa sede.

3.3.1

Introduzione dei Parametri

La prima operazione da effettuare `e la creazione di tutti i parametri caratteristici del problema, attraverso i quali sar`a possibile costruire la geometria; si utilizza a tale proposito il comando Formula, che permette di introdurre i parametri di interesse, specificandone le dimensioni fisiche ed introducendo eventuali dipendenze o formule di calcolo (Figura 3.3).

I valori in ingresso saranno poi opportunamente impostati dalla procedura di ottimiz-zazione.

(34)

Figura 3.3: Finestra Formule per immettere i parametri.

3.3.2

Scheletro della deriva

Come detto prima lo scheletro si `e generato con due curve, una relativa al foil e una alla deriva verticale, entrambe passanti per 4 punti. Con il comando spline (Figura 3.4) `e possibile creare la curva passante per i punti dati e imporre la tangenza voluta in uno di essi (quello in comune).

(35)

3.3.3

Costruzione dei profili

I profili vengono disegnati al tip, mean, root per poi essere collegati con una superfi-cie caratterizzata da svergolamento lineare. Per fare questo si sono costruiti tre piani perpendicolari allo scheletro e si `e scritta una Macro in Visual Basic Script (riportata in Appendice A) che costruisse su ciascun piano i punti importando le coordinate del profilo inserite in un file .txt, collegandoli con una spline. Invece di unire tutti i punti del profilo con un’unica spline si `e preferito costruirne due importando ventre e dorso separatamente. In questo modo sar`a possibile in seguito creare due superfici distinte separate al bordo d’attacco e cos`ı si potr`a costruire una mesh migliore, in quanto i nodi verranno forzati sul bordo d’attacco che diventa una linea di separazione tra due superfici.

I profili sono rivolti con il dorso verso l’interno, in maniera tale che a incidenza nulla la deriva verticale spinga verso l’interno e il foil spinga verso l’alto.

In Figura 3.5 `e rappresentato lo scheletro con l’aggiunta dei profili.

Figura 3.5: Importazione dei profili.

A questo punto i profili sono stati scalati con la rispettiva corda parametrizzata (coman-do Scala) e ruotati nel piano con l’angolo di svergolamento parametrizzato (coman(coman-do Ruota). Quest’ultimo angolo richiede l’asse di rotazione, quindi sono state costruite tre linee perpendicolari ai piani passanti per i punti dello scheletro appartenenti ad essi. In Figura 3.6 `e rappresentato il risultato di queste operazioni.

(36)

Figura 3.6: Scalatura e rotazione dei profili.

3.3.4

Creazioni delle superfici

A questo punto `e possibile creare le superfici. Col comando Superficie multi-sezione si sono unite le curve dei profili seguendo come dorsale lo scheletro della deriva. Poi con il comando Riempimento si sono riempite le superfici del tip e del root.

(37)

3.3.5

Taglio della deriva

Per evitare di dover generare una mesh troppo onerosa si `e deciso di tagliare la parte alta. Questa operazione `e giustificata da due motivi:

ˆ Poich´e la deriva `e sollevata nella condizione di regata studiata, la parte tagliata sta in aria e quindi genera forze trascurabili rispetto alla parte immersa in acqua, in quanto la densit`a dell’aria `e inferiore di mille volte.

ˆ La parte tagliata `e coperta dallo scafo, e quindi non `e investita dal vento. Quindi `e stato costruito un piano parallelo al piano orizzontale (distante 1 m) e at-traverso il comando Taglia si `e troncata la deriva verticale. Dopodich´e si `e creata la superficie sulla sezione tagliata con il comando Riempimento. Il risultato finale `e rappresentato in Figura 3.8.

Figura 3.8: Taglio della deriva.

3.4

Configurazione di riferimento

Si `e costruita una configurazione di riferimento, sulla quale verr`a fatto uno studio di sensibilit`a nel capitolo 7, fissando i parametri in questo modo:

- corda root = 900 mm - corda mean = 700 mm - angolo root = 0 deg - angolo mean = 2 deg - angolo tip = 0 deg

(38)

- coordinata y punto 2 deriva verticale = 300 mm - coordinata x punto 3 deriva verticale = 320 mm - coordinata y punto 3 deriva verticale = 2500 mm - coordinata x punto 4 deriva verticale = 150 mm - coordinata y punto 4 deriva verticale = 3900 mm - coordinata x punto 2 foil = -500 mm

- coordinata y punto 2 foil = 60 mm - coordinata x punto 3 foil = -750 mm - coordinata y punto 3 foil = 150 mm - coordinata x punto 4 foil = -1680 mm - coordinata y punto 4 foil = 1000 mm - inclinazione = 1

Il punto 1 `e quello in comune tra le due curve e si trova nell’origine degli assi principali. Le coordinate y del punto 4 della deriva verticale e x del punto 4 del foil, come detto in precedenza, sono vincolate dall’ingombro e quindi non sono parametri, ma vengono riportate per completezza.

In Figura 3.9 viene rappresentata la configurazione di riferimento con l’elenco dei parametri e dei rispettivi valori.

(39)

3.5

Disegno del box

Il box, a cui bisogna in seguito sottrarre il volume della deriva per ricavare il dominio di calcolo, `e stato disegnato in ambiente Mechanical Design ⇒ Part Design. Si `e costruito un prisma con misure tali da evitare effetti di bloccaggio:

- altezza: 21 m - larghezza: 38 m - lunghezza: 36 m

Siccome deriva e box devono essere importati entrambi nel solutore fluidodinamico, il box `e stato costruito in modo tale da contenere l’origine del sistema di assi principale (sul quale si appoggia la deriva), per evitare successive traslazioni all’interno del pro-gramma solutore.

Le distanze relative all’ origine sono: - 13,5 m dal fondo.

- 12 m dall’inlet.

- 19 m dalle pareti laterali.

Il risultato finale `e rappresentato in Figura 3.10, dove la faccia evidenziata `e l’inlet.

(40)

Solutore Fluidodinamico

4.1

Introduzione

Il solutore fluidodinamico utilizzato per il calcolo CFD `e il software Star-CCM+®, che permette di risolvere le equazioni di Navier-Stokes mediante RANS (Reynolds-Averaged Navier-Stokes) su una griglia definita nel dominio di calcolo dal programma stesso.

Poich´e l’analisi deve essere inserita in una procedura di ottimizzazione, sar`a necessa-rio far eseguire al programma le operazioni volute in maniera automatica tramite la scrittura di un’opportuna Macro in formato java (vedi Appendice B); queste verranno descritte nel dettaglio nei paragrafi successivi.

L’impostazione del codice di calcolo si articola nei seguenti punti: - Importazione del modello geometrico e creazione della Region. - Generazione della mesh di superficie e di volume.

- Definizione delle condizioni iniziali e al contorno. - Impostazione del modello fisico.

- Creazione dei report. - Calcolo del flusso. - Esportazione dei report.

4.2

Preparazione della Region

4.2.1

Importazione del modello geometrico

Con il comando import surface mesh si importa il CAD della deriva in formato .igs e del box in formato .stp, con i quali sono stati salvati in precedenza all’interno del software CATIA®.

Si apre un men`u di opzioni di importazione della geometria nel quale si sono selezionate le impostazioni rappresentate in Figura 4.1.

In questo modo box e deriva sono importati come Parts.

(41)

Figura 4.1: Finestra Import Surface Options.

Per ricavare il dominio si effettua un’operazione booleana di sottrazione tra le due parti. A questo punto si esegue uno split by angle delle superfici e Star-CCM+® ri-conosce automaticamente le superfici della deriva allo stesso modo con cui sono state definite nel CAD.

Le superfici vengono rinominate (Figura 4.2) per impostare in modo immediato le con-dizioni al contorno. Per la deriva: tip, root, dorso foil, ventre foil, dorso derver, ventre derver. Per il dominio di calcolo le due superfici laterali pi`u quella frontale (dove entra il fluido) sono unite e rinominate inlet, quella posteriore (dove esce il fluido) outlet, quella superiore top, quella inferiore bottom.

(42)

Fatto questo si ha a disposizione il dominio sotto forma di Part che viene trasformato in Region, la regione dove sar`a calcolato il flusso. Quindi vengono rinominati i boundaries come in Figura 4.3. In Figura 4.4 `e rappresentata la geometria della Region.

Figura 4.3: Creazione della Region.

Figura 4.4: Geometria della Region.

4.2.2

Creazione del Water Surface

Dovendo studiare una condizione di regata in cui la deriva `e sollevata, `e necessario studiare un dominio con doppio fluido aria-acqua, in quanto `e fondamentale l’intera-zione con il pelo libero dell’acqua. Uno studio che consideri solo il fluido dell’acqua, con l’imposizione di un piano di simmetria nel pelo libero, non `e ammissibile perch´e a causa della vicinanza della deriva a quest’ultimo gli effetti di bloccaggio non sono trascurabili.

La presenza del pelo libero comporta la necessit`a di infittimento della griglia di calcolo attorno a questo, per poter simulare meglio il flusso nella zona di separazione tra i due fluidi. Per far questo si crea un Block, cio`e una Part prismatica che contiene il pelo libero nell’intero dominio, avente un’altezza di 0,5 m (Figura 4.5).

(43)

Figura 4.5: Creazione del Water Surface.

4.2.3

Creazione del Box Deriva

Ovviamente le perturbazioni maggiori del flusso si avranno attorno alla deriva, quindi `e necessario raffinare la griglia in questa zona. Come prima si costruisce un Block, un prisma di dimensioni (4 × 3.2 × 2.7).

(44)

4.3

Generazione della mesh

La mesh consiste nella griglia che discretizza in celle lo spazio nel quale sar`a studiato il flusso. I modelli utilizzati sono:

ˆ Surface Mesh : - Surface Remesher ˆ Volume Mesh :

- Trimmer Mesher - Prism Layer Mesher

Il primo genera una mesh di superficie, composta da elementi triangolari, allo scopo di ottimizzare la geometria di partenza e di prepararla per la successiva mesh di volume; per quest’ultima si prevede invece la generazione di elementi parallelepipedi nell’intero dominio. Il Prism Layer Mesher permette di generare uno strato di elementi di forma parallelepipeda lungo la superficie stessa, che si sviluppano in direzione ortogonale ad essa con dimensioni e modalit`a di stretching che verranno descritte di seguito, insieme agli altri parametri impostati per gli altri due modelli; tale accorgimento `e utile per ottenere una descrizione pi`u accurata dello strato limite e delle azioni viscose in generale, in quanto le celle tendono ad essere allineate con la direzione del vettore velocit`a intorno al profilo stesso.

4.3.1

Parametri Caratteristici della Griglia di Calcolo

In seguito ad una serie di prove, effettuate sulla mesh generata secondo i modelli appena elencati, sono state apportate delle modifiche rispetto ai valori di default e ad alcuni dei parametri caratteristici, cos`ı da ottenere una griglia adeguata alla descrizione del problema in esame; il parametro Base size, rispetto al quale sono calcolate tutte le grandezze percentuali, `e stato modificato a 2 m.

I parametri oggetto delle modifiche sono i seguenti:

- Surface Size: permette di controllare le dimensioni delle celle della mesh di super-ficie e, di conseguenza, della successiva mesh di volume nella Region; in questo ambito queste vengono imposte tramite i due valori seguenti:

- Absolute minimum size: controlla la dimensione delle celle nelle zone di curvatura e/o prossimit`a tra le superfici;

- Absolute target size: permette di impostare la dimensione voluta per le celle di calcolo sulla superficie del dominio;

- Surface curvature: rappresenta il numero di nodi in una circonferenza;

- Template Growth Rate: controlla la velocit`a di crescita del lato di una cella parallelepipeda della mesh di volume rispetto alla sua adiacente;

- Number of Prism Layers: controlla il numero di celle prismatiche generate, a partire dalla superficie, in direzione ortogonale ad essa;

(45)

- Prism Layers Stretching: controlla il rateo di crescita delle celle prismatiche con l’allontanarsi dalla parete; avendo mantenuto come Stretching Function quella di default, ovvero la Geometric Progression, tale parametro rappresenta il rapporto tra l’altezza di una cella prismatica e la sua precedente, muovendosi secondo la suddetta direzione;

- Prism Layers Thickness: permette di definire l’altezza del Prism Layer.

In Figura 4.7 `e riportata una vista espansa della voce Mesh alla cartella Continua, dove sono presenti i modelli ed i parametri caratteristici di cui sopra.

Per gli altri parametri, per una descrizione dei quali si rimanda al manuale, sono stati mantenuti come detto i valori di default.

Figura 4.7: Parametri caratteristici della mesh.

Di seguito sono elencati, in modo riassuntivo, i valori adottati per i parametri appena descritti.

Reference Values Valore

Number of Prism Layers 7

Prism Layer Stretching 1.1

Prism Layer Thickness - Absolute Size 0.02 m

Surface Curvature 70 pt

Template Growth Rate - Default Growth Rate Slow Template Growth Rate - Boundary Growth Rate Fast

(46)

Oltre a queste caratteristiche globali, si vanno ad applicare delle modifiche sulle facce individuate all’interno della Region; in particolare, per quanto concerne tutte le superfici esterne del dominio di calcolo, si va ad imporre l’opzione:

- Mesh Condition ⇒ Customize Prism Mesh ⇒ Disable

cos`ı da disattivare la generazione del Prism Layer sulle facce che non siano quelle della deriva. Anche per il tip e il root si `e scelto di disabilitare il Prism Layer per ri-durre il numero di celle, e questo `e giustificato dal fatto che le forze in queste superfici, essendo fuori dall’acqua, sono trascurabili.

Per quanto concerne la deriva la modifica da effettuare riguarda i valori della Surface Size, imponibili attivando l’opzione:

- Mesh Condition ⇒ Custom Surface Size ⇒ True

Per raffinare la griglia sul Water Surface e sul Box Deriva si creano nella voce Mesh due Volumetric Control che coincidano con le due Parts e si attivano rispettivamente le opzioni:

- Mesh Condition ⇒ Customize Anisotropic Size ⇒ True - Mesh Condition ⇒ Customize Isotropic Size ⇒ True Alla fine sono stati impostati i parametri nel seguente modo:

Deriva Valore

Absolute Minimum Size 0.002 m Absolute Target Size 0.02 m Water Surface Valore

Absolute X Size 0.5 m Absolute Y Size 0.5 m Absolute Z Size 0.0625 m Box Deriva Valore Absolute Size 0.125 m

Per definire questi parametri `e stata fatta un’analisi di sensibilit`a, cio`e `e stata fatta una serie di simulazioni con griglie sempre pi`u fitte, fino ad arrivare ad una situazione in cui raffinando ancora la mesh la soluzione sia, entro una certa tolleranza, insensibile al numero di celle. In questo modo si `e trovato la griglia pi`u rada (circa 900000 celle) che d`a risultati soddisfacenti: questo per risparmiare sui tempi di calcolo, ingenti per quanto concerne una procedura di ottimizzazione, senza andare ad inficiare sulla bont`a della soluzione ottenuta.

Fissati i parametri suddetti, `e possibile generare la mesh di superficie e poi sulla stessa quella di volume. Nelle figure che seguono sono rappresentate le mesh per la

(47)

configu-razione della deriva di riferimento.

Si osserva che si ottiene una griglia sufficientemente rada nelle zone del campo pi`u lon-tane dalla deriva, che invece `e soggetta ad un raffinamento locale; in particolare, oltre ai valori imposti per migliorare la mesh di superficie e per ottenere un Prism Layer di dimensioni opportune, si `e fatto in modo che fosse presente un numero adeguato di celle nelle zone circostanti la deriva stessa e che queste andassero a crescere in dimensioni con un gradiente piuttosto dolce verso il campo indisturbato.

Figura 4.8: Mesh di superficie del dominio di calcolo.

(48)

Figura 4.10: Sezione della Mesh di volume del dominio.

Figura 4.11: Dettaglio delle celle vicino alla superficie, dove `e presente il Prism Layer.

(49)

Figura 4.13: Mesh di volume della deriva.

4.4

Impostazioni del modello fisico

Per la valutazione delle azioni agenti sulla deriva `e necessario definire nel software di simulazione un modello fisico.

Il problema `e ampiamente in campo incomprimibile e l’analisi che verr`a effettuata `e di tipo stazionario, e quindi non si considerer`a il moto ondoso (che non `e modellizzato all’interno del programma VPP, che calcola l’equilibrio statico).

Si vanno perci`o ad imporre, alla voce Continua ⇒ Phisics, i seguenti modelli: - Three Dimensional

- Steady

- Multiphase Mixture - Volume of Fluid (VOF) - Segregated Flow - Constant Density - Turbulent - K-Epsilon Turbulence - Gravity - VOF Waves

La finestra tramite la quale `e possibile selezionare i vari modelli `e descritta in Figu-ra 4.14.

Quindi il modello fisico scelto `e un modello tridimensionale e stazionario in cui vengono valutati gli effetti del campo gravitazionale e sono presenti due fluidi in due diverse fasi fisiche che corrispondono ad aria e acqua; per l’acqua viene modificata la densit`a in 1025 kg/m3, tipico valore dell’acqua marina, e per l’aria in 1,225 kg/m3 (Aria

(50)

Figura 4.14: Finestra Model Selection.

Grazie ai modelli suddetti `e possibile definire le condizioni iniziali e al contorno in ter-mini di velocit`a del vento e della corrente oltre che del volume occupato dai due fluidi. Attraverso il modello VOF Waves si ricorre alla simulazione di un mare con onda piat-ta, le cui propriet`a sono riportate in Figura 4.15. Si `e impostato un valore della velocit`a del vento e della corrente uguale a 22 m/s (che `e circa quella che ci si aspetta sia data dal VPP per la condizione di regata studiata). Viene poi inserita nell’apposito spazio la coordinata z relativa all’altezza del piano dell’acqua, in questo caso corrispondente a 0.7 m (relativa alla posizione di riferimento che `e stata trovata con una serie di prove) rispetto al sistema di riferimento principale.

Figura 4.15: Definizione delle propriet`a della VOF Wave.

L’imposizione del modello Constant Density si traduce nel considerare incomprimibile il modello di fluido, nel quale l’equazione di stato `e ρ = const e l’equazione di bilancio dell’energia `e disaccoppiata dal resto del sistema di equazioni differenziali;

(51)

quest’ulti-ma, non essendo necessaria ai fini del lavoro di tesi, non sar`a risolta, cos`ı da ridurre i tempi di calcolo per giungere alla convergenza della soluzione.

Infine per una descrizione dettagliata delle altre voci si rimanda alla consultazione del manuale.

4.5

Definizione delle condizioni iniziali

Nella voce Continua ⇒ Phisics ⇒ Initial Conditions `e possibile definire le condizioni iniziali. Vengono utilizzate a tale scopo le funzioni di campo (Field Function) relative alla velocit`a ed alla pressione idrostatica, definite dal modello VOF Wave. Nell’apposito campo relativo alla pressione si immette la funzione scalare Hydrostatic Pressure of FlatWave e per quello relativo alla velocit`a la funzione scalare Velocity of FlatWave; nella voce Volume Fraction si seleziona Composite in modo da creare due nodi, uno per l’acqua ed uno per l’aria, che vanno impostati entrambi come Field Function a cui attribuire rispettivamente le funzioni scalari Volume Fraction of Heavy Fluid of Flat Wave e Volume Fraction of Light Fluid of Flat Wave. I restanti campi si lasciano con i valori di default (Figura 4.16).

Figura 4.16: Condizioni iniziali.

Per quanto riguarda le iterazioni da compiere per arrivare a convergenza della soluzione si `e fissato un numero pari a 800, che si `e inserito nella cartella Stopping Criteria alla voce Maximum Steps.

(52)

4.6

Definizione delle condizioni al contorno

Sulle superfici del modello, che sono state rinominate dopo l’importazione della geo-metria, si ha di default una condizione al contorno di parete, che quindi deve essere modificata nel caso non sia corretta. Nella finestra di dialogo all’interno di Regions, si assegnano le seguenti condizioni:

ˆ Velocity Inlet nelle superfici definite come inlet, top, bottom. Con questa condi-zione `e stato possibile settare il valore della velocit`a asintotica, pari a quella della corrente e del vento impostata nel modello fisico, assegnando nel campo Phisics Values ⇒ Velocity la funzione di campo Velocity of Flat Wave.

ˆ Pressure Outlet nella superficie outlet del box, nel quale si fissa il valore del-la pressione asintotica settando del-la propriet`a Field Function della pressione nel percorso Phisics Values ⇒ Pressure come Hydrostatic Pressure of Flat Wave. In Figura 4.17 si riporta una vista della cartella Regions e delle icone dei vari Boundaries come appaiono a seguito della definizione delle condizioni al contorno.

Figura 4.17: Condizioni al contorno.

4.7

Creazione ed esportazione dei Report

Durante l’evolversi della simulazione, Star-CCM+®`e in grado di monitorare le variabili oggetto di interesse. Dal percorso Reports ⇒ New Report ⇒ Force (o Moment) si creano i report relativi alle componenti delle forze agenti sulla deriva lungo i tre assi del sistema di riferimento principale e dei momenti con polo l’origine.

Selezionati i Reports `e possibile creare i Monitors ed i Plots derivati e salvare i dati sotto forma di dati (in formato .csv).

(53)

4.8

Spostamento della deriva

Si `e visto nel capitolo 2 che per poter esprimere forze e momenti in funzione della posizione della deriva (definita dai tre parametri h, α, β) sono necessari quattro calcoli CFD. Infatti valgono le seguenti relazioni:

           F = Frif + ∆F ∆h · (h − hrif) + ∆F ∆α · (α − αrif) + ∆F ∆β · (β − βrif) M = Mrif + ∆M ∆h · (h − hrif) + ∆M ∆α · (α − αrif) + ∆M ∆β · (β − βrif)

dove le incognite sono Frif, Mrif e i rapporti incrementali rispetto ai tre parametri.

A sua volta si `e detto che ciascun rapporto incrementale `e legato a una sola incognita, che `e la forza F∆p (o momento M∆p) calcolata variando il parametro p a cui `e legata.

Infatti vale: ∆F ∆p = F∆p− Frif ∆p ´

E quindi necessario poter spostare la deriva nel dominio in quota h e secondo gli angoli α e β rispetto alla posizione iniziale di riferimento, per poi procedere in ogni caso con le operazioni descritte nei paragrafi precedenti. Per fare questo ci sono dei comandi di traslazione e rotazione della deriva, che vengono usati appoggiandosi a un sistema di riferimento assi corpo che viene definito per questo scopo.

(54)

Velocity Predict Program

Un Velocity Prediction Program (VPP) `e un programma che calcola le prestazioni di una barca a vela al variare delle condizioni del vento imponendo l’equilibrio di forze e momenti.

Nel presente lavoro di tesi si fa uso di un programma sviluppato in ambiente Matlab®, derivato da studi precedenti (si veda [1]) e dedicato allo studio dei catamarani AC72, modificandolo in maniera opportuna da poter essere agganciato al lavoro di ottimizza-zione.

In tale programma, le forze dovute all’azione del vento, dell’acqua del mare e il con-tributo dell’equipaggio all’assetto di navigazione (quest’ultimo identificato attraverso il suo posizionamento lungo lo scafo e il comando delle superfici di controllo), risulte-ranno funzione dei vari parametri dell’assetto dell’imbarcazione.

I vari elementi dell’imbarcazione sono trattati con modelli molto semplificati, come curve CL− α e polari, che esprimono le forze in gioco come funzione di un numero

limitato di variabili. In questo modo il calcolo della condizione di equilibrio, in qua-lunque configurazione di navigazione (comprese quelle di volo), potr`a essere portato avanti in maniera molto rapida attraverso un algoritmo all’interno del quale tali forze siano implementate.

´

E cos`ı possibile ottenere informazioni sulla velocit`a, sulle forze (sia complessive che per ogni componente del catamarano) e sulla posizione che assume la barca in condizioni di equilibrio.

5.1

Modello fisico

Come mostrato in Figura 5.1, i sistemi di riferimento principalmente adottati, su cui si eseguono tutti i calcoli, sono due:

1. una terna baricentrale assi corpo, quindi solidale con l’imbarcazione, identificata dagli assi (xB, yB, zB);

2. una terna di assi verticali locali, anch’essa baricentrale e di assi (x, y, z).

Le due terne sono reciprocamente definite tramite i tre angoli di Eulero, illustrati, nel loro verso positivo, in Figura 5.1 e che rappresentano:

- Angolo di rollio o sbandamento: θ - Angolo di imbardata o scarroccio: λ

(55)

- Angolo di beccheggio: γ

Figura 5.1: Sistemi di riferimento e angoli di Eulero.

La modellazione fisico-matematica del sistema di forze e momenti in gioco riguarda es-senzialmente la descrizione delle forze aerodinamiche e idrodinamiche dovute ai seguenti elementi del catamarano:

- Vela rigida (o ala); - Scafo;

- Deriva; - Timone.

Per la descrizione dei vari modelli si rimanda a [1]. ´E bene rimarcare le peculiarit`a della configurazione di deriva e timone, che contraddistinguono il catamarano AC72. In configurazioni tradizionali deriva e timone devono garantire l’equilibrio delle forze nella direzione yB e dei momenti attorno all’asse zB e xB. Nel caso in esame, con

entrambi gli scafi al di fuori dell’acqua, sar`a loro compito anche l’assicurare l’equilibrio delle forze lungo zB e dei momenti lungo yB. Per fare ci`o la geometria dei due elementi

`e studiata in modo tale da far generare a entrambi una componente aggiuntiva di por-tanza che, nel caso della deriva, serva a garantire l’equilibrio verticale in assenza della forza di galleggiamento e, nel caso del timone, garantisca l’equilibrio alla rotazione attorno all’asse yB e un certo grado di stabilit`a a beccheggio. ´E per questo che si fa

uso di derive a V e di timoni a T.

Poi, oltre alle forze generate dai quattro elementi suddetti, si tiene conto delle for-ze di inerzia. La massa del catamarano `e stata scelta in modo tale da rispettare le prescrizioni del regolamento dell’ultima edizione dell’America’s Cup, cio`e pari a 5800 kg. Questa massa `e stata suddivisa tra i vari componenti dell’imbarcazione.

Una variabile fondamentale nella gestione dell’equilibrio risulta, inoltre, la posizione dell’equipaggio (composto da 11 membri) durante la navigazione. In modo semplificato la massa dell’equipaggio `e stata posizionata sullo scafo sopravento, a poppa.

(56)

Le forze agenti sul catamarano sono riportate in Figura 5.2.

Figura 5.2: Forze in gioco.

Rispetto alla terna verticale locale baricentrale (x, y, z) si considerano le seguenti forze: ˆ Forze esercitate dalla vela, suddivise in:

- Forza di spinta: Fthrust

- Forza di heel: Fheel

- Forza verticale: Fdown

- Momento Mwing attorno all’asse .

ˆ Forza idrodinamica complessiva, data dalla resistenza dello scafo, deriva e timone: - Forza di resistenza: Dhydro

- Forza laterale: Lhydro

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