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Campi reali chiusi con esponenziale

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Academic year: 2021

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Indice

Introduzione 2

1 Le serie formali e la chiusura per troncamento 5

1.1 Il campo delle serie formali transfinite . . . 5

1.2 Chiusura per troncamento . . . 11

1.3 Valutazione archimedea standard . . . 14

1.4 K((tG)) `e un campo henseliano . . . 18

2 Parte intera dei campi reali chiusi 22 2.1 Immersione dei campi reali chiusi nelle serie formali transfinite 22 2.2 Esistenza della parte intera dei campi reali chiusi . . . 26

3 Parte intera dei campi reali chiusi con l’esponenziazione 28 3.1 Campi esponenziali . . . 28

3.2 Sviluppi diadici . . . 31

3.3 Immersione di un campo reale chiuso con l’esponenziazione in un campo di serie formali . . . 34

3.4 Esistenza della parte intera dei reali chiusi con l’esponenziazione 41 4 Il teorema di Ressayre 43 4.1 Enunciato del teorema di Ressayre . . . 43

4.2 La tecnica del Back-and-forth . . . 45

4.3 Te+ E `e una teoria completa . . . 48

4.3.1 Completezza di Te+ E . . . 50

(2)

Introduzione

Una teoria `e decidibile se esiste un algoritmo che permette di stabilire se una formula `e un teorema della teoria oppure no.

Negli anni ’30, Alfred Tarski ha dimostrato che la teoria elementare dei nu-meri reali `e decidibile: ha trovato un metodo di decisione, ossia un algoritmo che consente di stabilire se un enunciato `e vero o falso, per tutti gli enunciati che esprimono propriet`a dei numeri reali, a partire dalle operazioni elemen-tari +, -, ·, e dalla relazione elementare di ≤, usando i connettivi booleani e i quantificatori su variabili che indicano numeri reali. Successivamente, Tarski si `e chiesto se tale risultato fosse estendibile al caso in cui si prendano in esame, oltre agli enunciati elementari sui numeri reali, quelli che coinvolgono anche la funzione esponenziale reale.

Il problema `e tuttora aperto e ha dato origine ad un intero filone di stu-di che si occupa stu-di approfonstu-dire le propriet`a della teoria dei numeri reali con l’esponenziazione (e, in generale anche con l’aggiunta di altre funzioni analitiche), a prescindere dal problema di decisione posto da Tarski. Risul-tati interessanti in questa direzione sono sRisul-tati compiuti da Angus Macintyre e Alex Wilkie, che hanno ricondotto il problema della decidibilit`a della teoria con la funzione esponenziale alla decidibilit`a di solo una parte di tale teoria, pi`u precisamente, di quella formata dagli enunciati in forma esistenziale. Un ulteriore contributo a questi studi `e stato fornito dal lavoro di J.P. Ressayre. Egli ha applicato con successo allo studio di (R, 2x) la stessa

strate-gia che `e stata adottata per lo studio della decidibilit`a della teoria dei numeri reali. Per stabilire che la teoria dei numeri reali R `e decidibile sono stati pre-si in esame i campi reali chiupre-si (RCF ); analogamente, Ressayre ha preso in

(3)

esame i campi reali chiusi con esponenziale (RCE) per studiare la teoria di (R, 2x).

Ha notato che `e sempre possibile immergere tali campi in opportuni campi di serie formali transfinite. Con tale risultato Ressayre ha concluso, inoltre, che ogni campo reale chiuso ammette una parte intera. Ha poi generalizzato tale risultato ai campi reali chiusi con l’esponenziale. Ha cos`ı definito un nuovo campo di serie formali che permettesse di scrivere ogni elemento in forma diadica, ossia come un’elemento di R((2∆)). Successivamente, con un

procedimento simile, anche se pi`u complesso, ha dimostrato che ogni campo reale chiuso con l’esponenziale ammette una parte intera compatibile con l’e-sponenziale.

Quest’ultimo risultato `e di grande importanza per gli studi sulla decidibilit`a. Infatti, con questa nuova scoperta, Ressayre ha potuto concludere che la teoria completa dei campi reali chiusi con la funzione esponenziale definita su tutto R `e equivalente alla teoria completa dei campi reali chiusi con la funzione esponenziale ristretta al solo intervallo [0, 1], unita ad uno schema ricorsivo di assiomi.

Dunque il problema iniziale della decidibilit`a della teoria dei numeri reali con l’esponenziale definito ovunque `e ridotto a dimostrare la decidibilit`a del-la teoria completa dei reali con l’esponenziale definito su [0, 1].

Questa seconda teoria `e pi`u semplice da studiare in quanto in essa le funzioni definibili hanno crescita polinomiale. Inoltre `e o-minimale e la dimostrazione della sua model completezza risulta meno complicata.

Lo scopo principale di questa tesi `e presentare la dimostrazione che ogni campo reale chiuso con l’esponenziazione ammette una parte intera.

Per far questo, inizialmente, definiamo le serie di potenze generalizzate ad esponenti in un gruppo ordinato e a supporto ben ordinato introdotte da Hahn (capitolo 1). Dopo aver dimostrato che tali serie formano un campo, rispetto alle operazioni di somma e prodotto, definite nel modo canonico, introduciamo il concetto di chiusura per troncamento che permette di

(4)

”tron-care” le serie dopo un numero fissato di elementi.

Successivamente, dopo aver definito la valutazione archimedea standard v, si mostra come immergere un qualsiasi campo reale chiuso R in un opportuno campo di serie formali. Tali serie hanno coefficienti nel campo residuo di R rispetto alla valutazione archimedea standard v ed esponenti nel gruppo di valutazione di R calcolato ancora rispetto a v. L’immersione definita risulta chiusa per troncamento, e, a partire da questo, si dimostra l’esistenza della parte intera per R.

Arriviamo quindi all’argomento principale di questo lavoro. Dopo aver ef-fettuato un cambiamento di notazioni (per poter scrivere gli elementi in for-ma diadica), passiamo a costruire l’immersione di un campo reale chiuso con esponenziazione in un opportuno campo di serie formali. Ne calcoliamo dunque la parte intera.

Come conclusione di questa tesi, illustriamo un importante teorema, an-ch’esso dovuto a Ressayre, che stabilisce l’equivalenza tra la teoria di (R, 2x)

e la teoria Te dei campi reali chiusi con l’esponenziale ristretto

all’interval-lo [0, 1] (Te) unita ad un opportuno schema ricorsivo di assiomi (la teoria

Te + E). Questo risultato non solo fornisce una dimostrazione della model

completezza della teoria di (R, 2x) alternativa a quella data da Wilkie, ma

riconduce il problema della decidibilit`a della suddetta teoria a quello della decidibilit`a di Te.

Come abbiamo detto in precedenza, questo risultato `e un notevole vantaggio dal momento che la teoria Te risulta meno difficoltosa da studiare.

Per i requisiti logici di base utili per una miglior comprensione degli ar-gomenti trattati in questa tesi si fa riferimento a [C-K], [Ho] e [M-T].

(5)

Capitolo 1

Le serie formali e la chiusura

per troncamento

1.1

Il campo delle serie formali transfinite

In questo paragrafo verr`a fornita la definizione di serie formale transfinita e una dimostrazione del fatto che tali serie formano un campo.

1.1.1 Definizione. Dato un generico campo K e un gruppo abeliano ordinato

G, definiamo K((tG)) come l’insieme delle serie formali transfinite:

x =X

g∈G

agtg

con supporto

supp x = {g∈G : ag6=0}

ben ordinato (non ha catene infinitamente decrescenti rispetto all’ordinamen-to indotall’ordinamen-to dal gruppo G), dove ag `e un elemento del campo indicizzato con

un elemento g del gruppo G e t `e una variabile formale.

In particolare, saremo interessati a considerare il caso K = R. Quindi ci concentreremo su R((tG)) il campo delle serie formali transfinite a coefficienti

(6)

Tutte le nozioni di seguito sono, comunque, date per un generico campo K. Dati x = Pg∈Gagtg, e y = P g∈Gbgtg definiamo 1. x + y =Pg∈G(ag+ bg)tg; 2. x·y = Pg∈G(Pg0+g00=gag0bg00)tg

La definizione della somma non ha bisogno di ulteriori precisazioni. Invece, per dimostrare che la definizione del prodotto `e ben posta, occorre verificare chePg0+g00=gag0bg00 abbia senso e che il supporto di x·y sia ben ordinato, cos`ı

che x·y denoti un elemento di K.

Per prima cosa, si dimostra che x·y `e ben definita dimostrando che ∀g∈G esiste solo un numero finito di coppie (g0, g00)∈supp (x)×supp (y) per cui

g = g0 + g00. Si procede nel modo seguente: se, per assurdo, si avesse

l’e-sistenza di un numero infinito di termini della sommatoria Pg0+g00=gag0bg00

diversi da zero, la legge dell’annullamento del prodotto implicherebbe l’e-sistenza di un successione di elementi di supp (x) e di una corrispondente successione di elementi di supp (y), la prima crescente e la seconda decres-cente, o viceversa, tali che ad ogni elemento della successione in supp (x) corrisponda un elemento della successione in supp (y) tali che la loro som-ma sia uguale a g, per un determinato g∈G. Dal momento che supp (x) e supp (y) sono ben ordinati siamo arrivati ad un assurdo: infatti, se ci fos-sero infiniti termini della sommatoria diversi da zero, per quanto detto sopra, esisterebbe una successione infinita crescente in supp (x) e una infinita de-crescente in supp (y) contro il buon ordinamento di quest’ultimo.

Adesso rimane da vedere che il supporto di x·y `e ben ordinato per con-cludere che, effettivamente, x·y∈K((tG)).

(7)

Si nota che

supp (x·y)⊂supp (x) + supp (y) =def {g0+ g00 : g0∈supp (x), g00∈supp (y)}

Infatti se g∈supp (x·y) alloraPg0+g00=gag0bg006=0. Questo implica che esistono

almeno un g0∈supp (x) e un g00∈supp (y) per cui g0+ g00 = g. Quindi, basta

dimostrare che

supp (x) + supp (y) =def {g0 + g00 : g0∈supp (x), g00∈supp (y)}

`e ben ordinato.

Per fare ci`o, si usa il seguente lemma:

1.1.2 Lemma. Se X e Y sono sottoinsiemi ben ordinati di un gruppo

or-dinato G, allora X + Y `e un insieme ben oror-dinato. In particolare, per ogni naturale positivo n si ha che nX =def

nvolte

z }| {

X + · · · + X `e ben ordinato.

Dimostrazione: supponiamo, per assurdo, che X + Y non sia ben

ordina-to. Dunque, `e possibile trovare una successione infinita, (zi)i∈N, di elementi

di X + Y strettamente decrescente. Per ogni i∈N, siano xi∈X e yi∈Y tali

che xi + yi = zi. Osservando che ogni successione (xn)⊆X ben ordinato ha

una sottosuccessione estratta (xnk) non decrescente, vediamo che `e possibile

supporre, a meno di strarre un sottosuccesione, che, per ogni i∈N xi+1≥xi.

Perci`o si ottiene che yi+1< yi, contrariamente al buon ordine di Y .

2

Dal momento che K `e un campo ordinato, `e possibile definire su K((tG))

un ordinamento dicendo che un elemento x∈K((tG)) `e positivo se il suo

coef-ficiente direttore, ossia il coefcoef-ficiente di tg0 con g

0 = min(supp x), `e positivo

in K.

(8)

1.1.3 Lemma. K((tG)) `e un anello ordinato.

Diamo, di seguito, un’utile definizione:

1.1.4 Definizione. Sia α un elemento di un generico anello ordinato M . Si

dice che α `e infinitesimo se 0 < |α| < q per ogni q∈Q+ (essendo M un anello ordinato possiamo supporre che Q⊂M).

Osserviamo che gli elementi infinitesimi di K((tG)) sono tutti e soli gli

elementi di K((tG>0)) dove con G > 0 si indicano gli elementi positivi di tale

gruppo.

1.1.5 Definizione. Sia f (x) = Pn∈Nbnxn una serie formale di potenze a

coefficienti bn in K, e sia a =

P

g∈Gagtg∈K((tG)) un elemento infinitesimo;

allora possiamo definire un elemento di K((tG)) che indicheremo f (a) e che

si ottiene sviluppando Pn∈Nbnan.

Vediamo esplicitamente qual’`e la forma finale assunta da f (a)∈K((tG)):

X n∈N bnan = X n∈N bn( X g∈G agtg)n= X g∈G bgtg dove bg = X n∈Nbn( X Pn i=1gi=g agi· · ·agn)

Dobbiamo, comunque, controllare che bg sia ben definita e che {g∈G : bg6=0}

sia ben ordinato.

Entrambe queste condizioni ci vengono fornite dal seguente lemma:

1.1.6 Lemma. Sia G un gruppo ordinato. Sia X⊂G ben ordinato tale che

X > 0 (cio`e ∀g∈X, g > 0). Sia X<ω = {(g

1, · · ·, gn) : n∈N, gi∈X} l’insieme

delle stringhe finite.

Sia P= {Pgi : (g1, · · ·, gn)∈X<ω} il semigruppo generato da X. Allora

P

`e ben ordinato, e ∀g∈P esistono solo un numero finito di −→g ∈X<ω tali che

P

(9)

Dimostrazione: supponiamo, per assurdo, che P non sia ben ordinato. Per l’assioma della scelta, si consideri (gi)i∈Nuna successione infinita

stretta-mente decrescente di elementi diP. Per ogni i, sia σi = (σi(1), · · ·, σi(ni))∈X<ω

tale che Pjσi(j) = gi.

Essendo N ben ordinato, a meno di estrarre una sottosuccessione, possiamo supporre che n0≤n1≤n2≤· · ·.

Claim: ´E possibile trovare una coppia di successioni come sopra (gi), (σi),

tali che ∀i, ni = n0

(In altri termini, `e possibile scrivere tutti gli elementi con stringhe di uguale lunghezza.)

Dimostrazione del Claim: supponiamo che n0 = n1 = · · · = nm, nm+1 >

nm. A meno di estrarre una sottosuccessione, essendo X ben ordinato,

possiamo supporre che m < i < j⇒σi(1)≤σj(1), ∀i, j. Per ogni i > m,

poniamo τi = (σi(2), · · ·, σi(ni)) e hi =

P

jτi(j) = gi − σi(1). Dunque

g0 > g1 > · · · > gm > hm+1 > hm+2 > · · · dal momento che X > 0 e

σj(1) > σi(1), per ogni j > i > m. Quindi, detta n0i la lunghezza di τi,

n0

m+1 = nm+1 − 1. Iterando il procedimento nm+1 + nm volte, otteniamo

nm+1 = nm (cos`ı facendo, ogni volta viene tolto il primo elemento della

stringa, accorciandola di 1).

Ripetendo tale procedimento per ogni m, otteniamo una successione (σi)

come nell’affermazione.

2

Possiamo, inoltre, concludere che ciascun gi∈n0X, dove n0X `e ben

ordi-nato per il lemma 1.1.2.

Rimane da dimostrare che ogni elemento g∈Ppu`o essere scritto come somma da X<ω solamente in un numero finito di modi. Supponiamo, per assurdo,

che g∈P sia il pi`u piccolo elemento di P che pu`o essere scritto in infini-ti modi diversi come somma da X<ω. Siano σ

(10)

tali che ∀i Pjσi(j) = g. Essendo X ben ordinato, a meno di estrarre una

sottosuccessione, possiamo supporre che σ0(1)≤σ1(1)≤· · ·, cio`e i primi

ele-menti delle successioni sono in ordine non decrescente. Siano hi = g − σi(1),

allora h0≥h1≥· · ·. Dato che

P

`e ben ordinato, la successione (hi) risulta

costante definitivamente, cio`e esiste h tale che, per tutti gli i abbastanza grandi, hi = h. Ma h = hi < g, quindi si ha l’assurdo.

2

Abbiamo cos`ı concluso che f (a)∈K((tG)). Inoltre, `e stata definita la

seguente applicazione

K[[x]]×K((tG>0))→K((tG))

dove

(f, a)7→f (a)

(K[[x]] `e il campo delle serie formali di potenze a coefficienti in K).

Facciamo una precisazione sulle notazioni: dato un campo F, indichiamo con F l’insieme di tutti i suoi elementi che ammettono un inverso

moltiplica-tivo, ossia tutti gli elementi diversi da zero.

Possiamo ora dimostrare il teorema centrale di questa sezione: 1.1.7 Teorema. K((tG)) `e un campo.

Dimostrazione: per dimostrare che K((tG)) `e un campo, avendo gi`a visto

che `e un anello, occorre e basta mostrare che ogni suo elemento diverso da zero ammette un inverso moltiplicativo. Per far questo richiamiamo quanto detto fino ad adesso e vediamo che se a∈K((tG>0)) = {x∈K((tG)) : min(supp x) >

0}, la seriePn∈N(−1)nan definisce un elemento di K((tG)) (definizione 1.1.5)

che rappresenta l’inverso di 1 + a. Dunque, sia x∈K((tG)), x6=0, sia g =

min(supp (x)). Possiamo scrivere la seguente uguaglianza: t−gx = k(1 + a),

(11)

che l’inverso moltiplicativo di (1 + a) appartiene a K((tG)), si ha x−1 =

t−gk−1(1 + a)−1∈K((tG)).

2

1.2

Chiusura per troncamento

In questa sezione sfrutteremo il fatto che ogni x∈K((tG)) ha supporto ben

ordinato. Preso β il suo tipo d’ordine, `e possibile associare ad ogni ordinale

α minore di β un elemento del supporto di x nel modo seguente: = α-esimo elemento del supporto

Di conseguenza i coefficienti della serie risulteranno indicizzati con gli ordinali invece che con gli elementi del gruppo.

Otteniamo dunque: x =X g∈G agtg = X α<β aαtgα dove aα = agα.

Questo cambiamento di notazioni sar`a utile per definire in modo pi`u efficace i concetti trattati in seguito.

1.2.1 Definizione. Supponiamo x =X α<β aαtgα y =X α<δ aαtgα

con δ < β ordinali. In questo caso diciamo che y `e un troncamento (oppure un segmento iniziale) di x e scriviamo y/x oppure y = (x)<δ.

Se M⊂K((tG)) si dice che M `e chiuso per troncamento (t-chiuso) se

(12)

Non tutti i sottocampi di K((tG)) sono chiusi per troncamento.

Enunciamo di seguito un lemma che ci permette di determinare i tronca-menti di un prodotto di eletronca-menti di K((tG)):

1.2.2 Lemma. Siano x e y due elementi di K((tG)) e sia (x·y)

un segmento

iniziale di (x·y). Allora esiste un’unica successione strettamente crescente

0· · ·αn)∈supp (x) e un’unica sottosuccessione strettamente decrescente

0· · ·βn)∈supp (y) tale che ∀i αi+ βi≥δ e

(x·y)<δ = y·(x)<α0 + (y)<β0·((x)<α1 − (x)<α0) + · · · + (y)<βn·(x − (x)<αn)

Cfr. [M-R, Lemma 3.3].

1.2.3 Corollario. Sia R⊂K((tG)) un anello t-chiuso. Sia y∈K((tG))\R. Se

ogni troncamento di y appartiene ad R, allora R[y] `e t-chiuso.

Cfr. [Ma, Corollario A.2].

Dimostrazione: per il lemma 1.2.2 si ha che ogni segmento iniziale proprio

di yn appartiene a R[y] e che ∀r∈R ryn∈R[y].

Dal momento che il troncamento della somma `e uguale alla somma dei troncamenti, allora R[y] `e t-chiuso.

2

1.2.4 Corollario. Se R⊂K((tG)) `e un anello t-chiuso e M `e il campo delle

frazioni di R allora M `e t-chiuso.

Cfr. [Ma, Corollario A.3].

Dimostrazione: supponiamo per assurdo che M non sia t-chiuso. Allora

per il lemma di Zorn possiamo prendere B tale che R⊂B⊂M e B sia anel-lo massimale t-chiuso. Essendo B6=M, ci sar`a un elemento w che non ha l’inverso rispetto all’operazione di moltiplicazione, dunque w∈B e 1

(13)

y0∈B il pi`u piccolo troncamento di w per cui y106∈B e si indica con y = y10. Se

ogni troncamento di y fosse in B allora B[y] sarebbe un anello t-chiuso che estende B contro la massimalit`a di quest’ultimo. A questo punto, conside-riamo gλ∈supp (y) tale che y1 = (y)<λ sia il pi`u piccolo segmento iniziale di

y che non appartiene a B. Sia g0 = min(supp (1

y)), si prende (y·1y)λ0 = 1

con λ0 + λ > 0. Per il lemma 1.2.2 prendendo α0 = λ0 e β0 = λ e si ottiene:

1 = n X i=0 (yi)<βi(( 1 y)<αi+1 1 y)<αi + (y)<βn( 1 y − ( 1 y)<αn)

Distinguiamo due casi:

n = 0 : 1 = (y)<β0(

1

y − (1y)0) = y1

1

y. Questo `e assurdo dal momento che

y16=y; n > 0 : 1 = y1(1y)1 + Pn−1 i=1(y)<βi(( 1 y)<αi+1− ( 1 y)<αi) + (y)<βn( 1 y − (y1)<αn).

Per come `e stato preso y0 = y1∈B, si ha che ∀i(1y)<αi∈B (essendo B

t-chiuso) dunque, dall’uguaglianza scritta, si ricava che y1∈B: assurdo.

Concludiamo che M `e t-chiuso.

2

Questi due corollari ci portano ad enunciare il seguente risultato:

1.2.5 Teorema. Il campo generato da K e dall’insieme dei monomi, {tg :

g∈G}, cio`e K(tG) `e chiuso per troncamento.

Un altro risultato interessante per i nostri scopi `e il seguente:

1.2.6 Lemma (Delon). M⊂K((tG)) un campo t-chiuso contenente K(tG).

Allora fM, chiusura algebrica di M in K((tG)), `e t-chiusa.

Cfr. [Ma, lemma 1.3] oppure [M-R, lemma 3.5].

Per dimostrare questo lemma occorrono delle nozioni preliminari che forniremo nel corso di questo capitolo.

(14)

1.3

Valutazione archimedea standard

Dal momento che, in tutto lo svolgimento del lavoro, parleremo solo della

valutazione archimedea standard, e, inoltre, faremo riferimento a campi reali

chiusi, ci limitiamo, in questa tesi, a trattare soltanto tale tipo di valutazione. Dunque non tratteremo tale argomento nella sua totalit`a e generalit`a. 1.3.1 Definizione. Un campo `e reale chiuso se ogni polinomio in una

variabile, a coefficienti nel campo, che cambia segno, ha uno zero nel campo stesso.

1.3.2 Definizione. Un campo ordinato K si dice archimedeo se e solo se,

presi due qualunque elementi positivi a, b in K, esiste un n∈N per cui na≥b.

1.3.3 Esempio. Q e R sono campi archimedei.

(R(x), +, ·, 0, <) dove l’ordinamento `e definito ponendo x maggiore di tutti

gli elementi di R, non `e archimedeo.

1.3.4 Proposizione. Ogni campo ordinato contiene Q (a meno di

isomor-fismo).

1.3.5 Definizione. Sia K un campo ordinato. Si dice che un elemento α in K `e finito se esiste q∈Q+ per cui |α| < q.

Diciamo che α `e infinito se α non `e finito. Inoltre si dice che α `e in-finitesimo se α = 0 oppure α6=0 e α−1 `e infinito.

Fissiamo, nel seguito, R un campo reale chiuso.

Consideriamo A = F in(R) = {x∈R|∃q∈Q+, |x| < q} ossia l’anello degli

elementi finiti di R.

1.3.6 Proposizione. µ = {x∈R|∀q∈Q+, 0 < |x| < q}, ossia l’ideale for-mato da tutti gli elementi infinitesimi, `e un ideale massimale dell’anello A = F in(R).

(15)

Infatti se µ non fosse un ideale massimale, esisterebbe µ0⊃µ un ideale

di F in(R) che non coincide con tutto l’anello. Dunque esisterebbe un ele-mento a∈µ0\µ. Per quanto detto, a pu`o essere solo finito non infinitesimo

oppure infinito dal momento che a6∈µ. In entrambe i casi `e facile verfi-care che l’inverso di a, che indicheremo con 1

a, `e tale che a·1a = 1∈µ0 e

dunque µ0 = F in(R). Infatti, se a `e finito non infinitesimo, anche 1

a `e finito

non infinitesimo, dunque 1

a∈F in(R)\µ0 e, per la definizione di ideale, si ha

1

a·a = 1∈µ0 quindi F in(R) = µ0. Stessa cosa si ha per a infinito, dal

mo-mento che 1

a `e infinitesimo, dunque a1∈µ0. Si ottiene la stessa conclusione:

µ0 = F in(R). Siamo, dunque arrivati all’assurdo, quindi µ `e un ideale

mas-simale di A = F in(R).

In conclusione, l’ideale `e massimale perch´e `e l’insieme di tutti gli elementi non invertibili di A.

Quindi, se consideriamo il quoziente tra l’anello F in(R) e l’ideale µ si ottiene un campo.

1.3.7 Definizione. F in(R)/µ `e detto campo dei resti o campo residuo

di R e si denota con K.

Definiamo, dunque, come sono fatti gli elementi e le operazioni su tale campo:

1. [x] = [y]⇔x − y∈µ; 2. [x] + [y] = [x + y]; 3. [x]·[y] = [x·y].

Per definizione, dunque, tale campo K `e archimedeo, in quanto non ha n`e elementi infiniti n`e elementi infinitesimi.

1.3.8 Proposizione. K `e isomorfo ad un sottocampo di R. Pi`u

(16)

Infatti, prendiamo K0 un sottocampo massimale di A = F in(R). Tale

sottocampo massimale esiste per il lemma di Zorn.

Mostriamo che esiste una bigezione tra K0 e A/µ tale che x7→[x].

iniettiva: l’iniettivit`a deriva dal fatto che K0 `e archimedeo;

suriettiva: se non fosse surgettiva si contraddirebbe il fatto che K0 `e

massi-male. Infatti, basta dimostrare che ogni y∈A ha una distanza infinite-sima da qualche elemento di K0. Se y∈K0 non c’`e niente da dimostrare.

Altrimenti, se K0(y)6⊆A, allora esisterebbe un polinomio g(x)∈K0[x] per

cui 1

g(y)6∈A e K0(y) sarebbe un sottocampo di A che estende K0 contro

la massimalit`a di quest’ultimo. Dunque g(y) `e infinitesimo. Definiamo

cut di y in K0 l’insieme degli elementi di K0 minori di y. A questo punto

basta dimostrare che il cut in K0 realizzato da y `e realizzato anche da

una radice di g(x). Infatti se non fosse cos`ı, y starebbe in un inter-vallo aperto (a, b) con gli estremi in K0 tale che [a, b] non contiene una

radice di g(x). Ma, allora, g(x) ha un minimo in [a, b]. Tale minimo appartiene a K0. Questo contraddice il fatto che |g(y)| < m ∀m∈Q+.

1.3.9 Teorema. Ogni campo archimedeo F si immerge in modo unico nei

reali, cio`e `e isomorfo ad un sottocampo di R.

Dimostrazione: per la proposizione 1.3.4 in F, come in R, c’`e una copia

isomorfa di Q. Dato x∈F l’elemento di R che corrisponde a x attraverso l’immersione `e l’elemento di R che realizza lo stesso cut di x su Q. Quindi si ha

x7→{q∈Q : q < x}

2

Visti i due risultati precedenti, possiamo concludere che K0⊂R, quindi,

K0 = R∩R. Essendo K0∼=K, si ha che, identificando tali due campi attraverso

(17)

A questo punto, `e possibile definire un gruppo ordinato (G, +, <) come

R∗/∼ dove ∼ `e definita come segue:

a∼b⇔a

b `e finito ma non infinitesimo ⇔

⇔|a| < n|b|, |b| < m|a| per qualche n, m ∈N

e l’ordinamento `e tale che [a] < [b]⇔a

b `e infinito ⇔ab `e infinitesimo

Inoltre l’operazione + `e definita nel modo seguente: [a] + [b] = [a·b] e l’elemeto neutro `e 0 = [1].

Tale gruppo G si chiama gruppo di valutazione di R (rispetto alla

valutazione archimedea standard che definiremo tra poco) e una valutazione

`e un morfismo tra R∗ e G, v : R→G, tale ch v(r) = [r], verificante i seguenti

assiomi:

1. ∀x, y∈R∗ v(x·y) = v(x) + v(y).

2. ∀x, y∈R∗ v(x + y)≥min(v(x), v(y)).

In maniera alternativa si pu`o considerare v : R→G∪{+∞}, ponendo

v(0) = +∞.

Alcune conseguenze immediate degli assiomi su v sono le seguenti: 1. v(1) = 0;

2. v(x) = v(−x);

3. v(x1) < v(x2)≤v(x3)≤· · ·≤v(xn)⇒v(x1+ · · · + xn) = v(x1) ∀n≥2;

4. x6=0⇒v(x−1) = −v(x);

(18)

6. v(x)6=v(y)⇒v(x + y) = min(v(x), v(y)).

1.3.10 Osservazione. Possiamo, quindi ridefinire tutto ci`o che `e stato detto

fino ad adesso, utilizzando, questa volta, il linguaggio delle valutazioni: 1. A = F in(R) = {x∈R|v(x)≥0} `e l’anello di valutazione; 2. µ = {x∈R|v(x) > 0} `e l’ideale di valutazione;

Una valutazione, con le caratteristiche che abbiamo appena descritto, prende il nome di valutazione archimedea standard.

1.4

K((t

G

)) `

e un campo henseliano

Lo scopo di questo paragrafo `e quello di fornire la nozione di campo henseliano con lo scopo di dimostrare il lemma di Delon (1.2.6).

Per prima cosa, valutiamo K((tG)), dove K `e archimedeo, con la

valu-tazione archimedea standard. Si ottiene che il gruppo di valuvalu-tazione `e ancora

G dal momento che v(Pagtg) = min(supp (

P

agtg)), l’anello di valutazione `e

A = K((tG≥0)) e l’ideale massimale risulta µ = K((tG>0)). Da qui, si ottiene

che il campo residuo `e isomorfo a K.

Detto questo vediamo la seguente definizione:

1.4.1 Definizione. Un campo ordinato R si dice henseliano rispetto alla

valutazione archimedea standard, se per ogni polinomio monico f ∈A[x], con A = F in(R) l’anello di valutazione, e per ogni a∈A tale che f (a)≡0 (mod µ) e f0(a)6≡0 (mod µ), esiste un elemento b∈A per cui f (b) = 0 e b≡a (mod

µ).

Quindi un campo ordinato `e henseliano se, preso un polinomio a coefficien-ti nell’anello di valutazione, se tale polinomio ha una radice a nel campo resi-duo `e possibile trovare anche una radice b del polinomio nell’anello tale che

(19)

b − a `e un elemento infinitesimo.

Diamo, di seguito, una generalizzazione del lemma di Hensel dato da Gon-shor nella sua trattazione sui numeri surreali ([Go]).

La versione originale del lemma ha come ipotesi che il polinomio monico

f a coefficienti nell’anello di valutazione abbia una radice semplice. Invece,

in questo lavoro, come ipotesi sul polinomio f diamo la seguente:

Esistono due polinomi monici p0, q0 che fattorizzano f e che sono

relati-vamente primi tra loro.

Diamo l’enunciato formale del lemma:

1.4.2 Lemma (Lemma di Hensel generalizzato). Sia A l’anello di

va-lutazione di K((tG)), con K archimedeo, rispetto alla valutazione archimedea

standard v, e sia f (x) = xn + Pn

i=1aixn−i∈A[x] un polinomio monico a

coefficienti in A. (Possiamo identificare il campo residuo di K((tG)) con lo

stesso K, per quanto detto all’inizio del paragrafo). Siano p0 e q0 polinomi monici a coefficienti in K, relativamente primi, il cui prodotto `e ¯f , proiezione di f in K[x] mediante l’isomorfismo che associa A/µ a K. Allora esistono p e q polinomi monici a coefficienti in A tali che f = pq con p0 = ¯p e q0 = ¯q.

Cfr. [Go].

Questo lemma garantisce che, ogni un polinomio a coefficienti nell’anello di valutazione A che ha una fattorizzazione nel campo A/µ, ossia nel campo residuo, allora ha una fattorizzazione anche nell’anello di valutazione A.

Dal lemma, si ottiene come corollario che 1.4.3 Corollario. K((tG)) `e un campo henseliano.

(20)

Infatti, assumendo f (a)≡0 (mod µ) e f0(a)6≡0 (mod µ), possiamo pensare

di scrivere ¯f (x) = (x − ¯a)ϕ(x) con ϕ(x)∈K[x] primo con (x − ¯a). Il lemma di

Hensel generalizzato ci assicura l’esistenza di un polinomio monico (x − a), dove ¯a `e la proiezione di a nel campo residuo, e di un polinomio g(x) tale che ¯g(x) = ϕ(x) per cui f (x) = (x − a)g(x). Dunque a `e una radice semplice. Infatti, se fosse una radice multipla anche ¯a sarebbe radice multipla di ¯f (x)

contro le ipotesi.

Enunciamo, adesso, due lemmi, la cui unione fornir`a la dimostrazione del lemma di Delon (1.2.6).

1.4.4 Lemma. Sia M⊂K((tG)) un campo t-chiuso contenente K(tG), sia fM

la sua chiusura algebrica in K((tG)). Sia L un campo t-chiuso massimale tale

che M⊂L⊆ fM. Allora L `e henseliano.

Cfr. [Ma, Lemma 1.2].

Accenniamo, di seguito, gli argomenti generali della dimostrazione.

Sia L un campo t-chiuso massimale tale che M⊂L⊆ fM.

Se, per assurdo, L non fosse henseliano, esisterebbe un polinomio monico

f (x) = xn +Pn

i=1aixn−i∈A[x], con A anello di valutazione di L secondo

la valutazione archimedea standard, ed esisterebbe un elemento a∈A con le seguenti propriet`a: f (a)≡0 (mod µ), con µ ideale e f0(a)6≡0 (mod µ) mentre

non esisterebbe alcun elemento b∈A per cui f (b) = 0 e b≡a (mod µ). Dal momento che fM `e algebricamete chiuso, sicuramente contiene le radici del

polinomio f . Supponiamo che b, una qualsiasi radice di f , stia in fM\L e

assumiamo che esista almeno un segmento iniziale di b, (b)<δ che non verifichi

la seguente propriet`a: f ((b)<δ)≡0 (mod µ) e f0((b)<δ)6≡0 (mod µ).

Infatti, se ogni troncamento di b avesse la propriet`a suddetta, apparterrebbe a L. Allora sarebbe possibile estendere L a L(b) ancora un campo t-chiuso. Questo `e assurdo dal momento che L `e massimale. Sia, dunque, g∈supp (b) il pi`u piccolo elemento del supporto di b per cui (b)<g6∈L. Ragionando sui

(21)

troncamenti propri di b arriviamo ad una contraddizione perch`e notiamo che tutti annullano il polinomio. Quindi appartengono tutti a L che, in conclu-sione, risulta henseliano.

2

1.4.5 Lemma. Sia L lo stesso del lemma 1.4.4. L `e algebricamente chiuso

in K((tG)).

Cfr. [Ma], [V-M-M, Corollario 2.6].

Diamo, dunque, la dimostrazione del lemma di Delon, ossia la dimostrazione che la chiusura algebrica in un opportuno K((tG)) di un anello t-chiuso

risul-ta essere t-chiusa.

Dimostrazione lemma 1.2.6: unendo i risultati forniti dai due lemmi

precedenti otteniamo che, dato L un campo massimale t-chiuso con M⊂L⊆ fM,

allora L = fM. Infatti con il lemma 1.4.4 si dimostra che tale L `e henseliano

e con il lemma 1.4.5 si conclude che un campo con queste propriet`a `e alge-bricamente chiuso in K((tG)).

(22)

Capitolo 2

Parte intera dei campi reali

chiusi

2.1

Immersione dei campi reali chiusi nelle

serie formali transfinite

In questo capitolo, inizialmente, daremo alcuni concetti legati alla definizione di valutazione archimedea standard vista nel capitolo precedente. Successi-vamente, dimostreremo un importante risultato sui campi reali chiusi.

Introduciamo il concetto di sezione:

2.1.1 Definizione. Sia dato un campo valutato R con gruppo di valutazione

G secondo la valutazione v : R∗→G. Una funzione s : G→R si dice sezione

se soddisfa le seguenti propriet`a: 1. ∀γ, δ∈G, s(γ + δ) = s(γ)·s(δ); 2. ∀γ∈G, v(s(γ)) = γ.

Dimostriamo un risultato che lega l’esistenza di una sezione con la divi-sibilit`a del gruppo.

2.1.2 Definizione. Un gruppo additivo (G, +, 0) si dice gruppo divisibile

se dato n∈N∗ e g∈G, `e sempre possibile trovare un elemento g0∈G tale che

(23)

2.1.3 Lemma. Se R `e un campo reale chiuso allora il gruppo di valutazione

G `e divisibile e quindi pu`o essere visto come spazio vettoriale su Q.

2.1.4 Proposizione. Sia R un campo valutato con la valutazione archimedea

standard. Se G = v(R) `e divisibile, allora esiste una sezione s : G→R.

Basta definire la sezione s su una base B di G dal momento che, come abbiamo detto nel lemma 2.1.3, `e uno spazio vettoriale su Q. Siano bi∈B e

qi∈Q. Diamo la seguente definizione:

s(Xqibi) =

Y

s(bi)qi

dove s(bi) `e un arbitrario elemento di R.

Pi`u in generale:

Se G0⊂G1⊂G sono divisibili e s0 : G0→R `e una sezione, allora esiste una

sezione s1 : G1→R con s1⊃s0.

Vogliamo adesso immergere R nel campo reale chiuso delle serie formali K((tG)) dove K `e il campo residuo e G il gruppo di valutazione determinati

dalla valutazione archimedea standard. Tale immersione

ϕ : R,→K((tG))

deve mandare K0, la copia in R del campo residuo, che esiste per la

propo-sizione 1.3.8 in K, e l’immagine della sezione nell’insieme dei monomi.

s(g)7−→ tϕ g

Vorremmo, inoltre, che tale immersione fosse chiusa per troncamento, ossia che la sua immagine fosse t-chiusa.

Prima, per`o, `e necessario definire una valutazione anche su K((tG)).

(24)

archimedea standard. Indichiamo tale valutazione con w per differenziarla da quella definita su R. Ci`o per evitare di creare confusione fra le due valu-tazioni. Come abbiamo visto nel capitolo precedente, il gruppo di valutazione associato a questa valutazione `e ancora G.

2.1.5 Lemma. Sia R un campo reale chiuso. Indichiamo con H0⊆R il sot-tocampo generato da K0 (copia in R del campo residuo di R secondo la

va-lutazione archimedea standard v) e {s(g) : g∈G}, ossia l’immagine della sezione.

´

E possibile trovare un’immersione ϕ di H0 in K((tG)), in modo tale che l’immagine ϕ(H0) risulti chiusa per troncamento.

Dimostrazione: (Cenno) per prima cosa, consideriamo l’anello dei

poli-nomi K0[s(G)] generato da K0, e dall’immagine della sezione in R e,

succes-sivamente, immergiamolo in K((tG)). Vediamo che ci`o `e possibile mandando

semplicemente l’immagine della sezione nell’insieme dei monomi e K0 in K,

che `e il campo residuo di K((tG)). Tale immersione risulta essere una mappa

t-chiusa per il corollario 1.2.3. Immergiamo il campo delle frazioni, H0 nel

campo delle serie formali. Gli elementi di H0 sono della forma seguente:

P ais(g0i)ni P bis(g00i)mi Attraverso l’immersione si ha ϕ : PPais(g0i)ni bis(gi00)mi 7→ P ainitg0i P bimitg00i

Come abbiamo visto nella dimostrazione del teorema 1.1.7, l’inverso di un elemento x di K((tG)) `e della forma x−1 = t−gk−1(1 + a)−1∈K((tG)). Per il

lemma 1.2.2 possiamo concludere che l’immersione ϕ : H0,→K((tG)) `e una

mappa t-chiusa.

(25)

A questo punto possiamo estendere l’immersione fino ad immergere tutto il nostro campo reale chiuso R.

Enunciamo, quindi, il seguente lemma:

2.1.6 Lemma. Sia H un sottocampo reale chiuso di R, H0⊂H e assumiamo ϕ : H→K((tG))

con le seguenti propriet`a: 1. ϕ|H0 = Id;

2. ϕ `e un omomorfismo iniettivo di campi ordinati;

3. se y∈H, allora v(y) = w(ϕ(y)) (con w valutazione archimedea su

K((tG)) e v valutazione archimedea su R);

4. ϕ(H) `e t-chiuso;

Allora per ogni y∈R\H, ϕ pu`o essere estesa a ϕ : ]H(y)→K((tG)), dove

]

H(y) `e la chiusura algebrica di H(y) in R, in modo tale che soddisfi ancora le condizioni 1-4.

Cfr. [M-R, Lemma 4.1]

Dimostrazione: (Cenno) per estendere ϕ si fa uso del corollario 1.2.3, del

lemma 1.2.6 e del teorema 1.2.5.

2

2.1.7 Corollario. Esiste un’immersione ϕ : R,→K((tG)) che verifica le

condizioni 1..4 del lemma precedente.

Questo risultato si ottiene iterando il procedimento del lemma precedente fino a definire ϕ su tutto R.

(26)

2.2

Esistenza della parte intera dei campi

re-ali chiusi

2.2.1 Definizione. Un insieme si dice discreto se `e costituito da tutti punti

isolati, ossia se per ogni punto dell’insieme esiste un suo intorno che non contiene altri punti dell’insieme eccetto il punto stesso.

2.2.2 Definizione. Sia R un campo ordinato. Z si definisce una parte

intera del campo R se e solo se `e un sottoanello discreto di R in cui non esistono elementi strettamente compresi tra 0 e 1, per cui ∀x∈R, ∃bxc∈Z tale che bxc ≤ x < bxc + 1.

2.2.3 Osservazione. K((tG)) ha come parte intera

Z + K((tG<0)) = {a + z : z∈Z, a∈K con supp (a) < 0 oppure a = 0}

Infatti, se x∈K((tG)), allora `e possibile trovare a, b in K((tG)), ed esiste

r∈K tali che a = 0 oppure supp(a) < 0 e v(b) > 0, per cui x = a + r + b.

Sia z∈Z tale che |r − z|≤1

2, allora a + z∈Z + K((tG<0)) e |x − (a + z)| = |(r − z) + b| < 1.

Identificando R con la sua immagine attraverso l’immersione ϕ nel cam-po delle serie formali, vediamo che questo ha una parte intera. Ogni suo elemento x, infatti pu`o essere scritto come

x =X

g∈G

agtg

Dal momento che l’immersione `e chiusa per troncamento possiamo scrivere:

x =X g<0 agtg+ a0+ X g>0 agtg

dove ciascuno dei tre addendi appartiene a R. EssendoPg>0agtg un elemento

(27)

2.2.4 Lemma. Assumiamo che R abbia una parte intera Z; allora ogni

sottocampo L⊃R di K((tG)) che sia chiuso per troncamento, ha una parte

intera ZL⊃Z.

Cfr. [M-R, Lemma 3.2].

Se un campo non `e reale chiuso non `e detto che abbia gruppo di valu-tazione divisibile, quindi non `e garantita l’esistenza della sezione e di con-seguenza neanche quella dell’immersione. Se prendiamo un campo ordinato

k che non sia reale chiuso, non `e detto che abbia la parte intera:

2.2.5 Definizione. Un campo ordinato k si dice n-reale chiuso, se si

verifica che ogni polinomio P (x) a coefficienti in k di grado minore o uguale a n ha una radice in k se ne ammette una nella chiusura reale. Sia K un campo reale chiuso e sia L un sottocampo di K; sia n un intero non nullo. Il pi`u piccolo sottocampo di K contenente L e n-reale chiuso `e detto la chiusura reale n-esima di L su K e si indica con RCn(L).

Vale il seguente

2.2.6 Teorema. Per tutti gli n, esiste un campo n-reale chiuso che non

possiede una parte intera.

Per la dimostrazione e ulteriori dettagli su quest’ultimo teorema, Cfr. [Bo, Teorema 2].

(28)

Capitolo 3

Parte intera dei campi reali

chiusi con l’esponenziazione

3.1

Campi esponenziali

Definiamo una serie di assiomi che indicheremo con E: 1. 20 = 1;

2. 2x+y = 2x·2y;

3. x < y⇔2x < 2y;

4. ∀n∈N, x > (n + 1)2⇒2x > xn;

5. ∀x > 0, ∃y tale che 2y = x (tale y si indica con log x).

Si osservi che 4., in realt`a, `e uno schema di assiomi, uno per ogni n∈N.

Ci far`a comodo definire la funzione unaria log nel modo seguente: (x > 0→2(logx) = x)∧(x≤0→logx = 0)

3.1.1 Definizione. Un campo esponenziale `e un campo reale chiuso con

(29)

Indicheremo, d’ora in avanti, con RCE la teoria dei campi reali chiusi con esponenziazione, cio`e la teoria di RCF + E.

Fissiamo alcune notazioni:

O(1) =def {x∈R : x `e finito};

o(1) =def {x∈R : x `e infinitesimo};

K il campo di valutazione di R secondo la valutazione archimedea standard. 3.1.2 Proposizione. O(1) = K + o(1), cio`e, u `e finito ⇔ ∃a∈K ed ∃ε∈o(1)

tali che u = a + ε.

Con abuso di notazioni si scrive anche u = a + o(1) al posto di u =

a + ε. Analogamente, scriviamo x = O(1)·y per ottenere x = z·y per un

opportunoz∈O(1).

3.1.3 Definizione. Diciamo che x e y sono confrontabili se e solo se

x = O(1)·y e y = O(1)·x. Diciamo, inoltre, che y `e confrontabile con X se e solo se y `e confrontabile con x per qualche x∈X.

Per semplicit`a scriviamo (R, 2x) a posto di (R, +, ·, 2x) per indicare un

campo esponenziale. Talvolta, nel caso in cui non si creino ambiguit`a, in-dicheremo un generico campo esponenziale soltanto con R.

In un campo esponenziale (R, 2x) definiamo il gruppo abeliano ∆ come

segue. Sia G = v(R) e sia s una sezione. Indichiamo con g− = log(s(g)) e

poniamo

∆ = {g− : g∈G}

Per la definizione di log, tale gruppo ∆ ha tutti elementi infiniti, tranne l’ele-mento neutro che `e finito.

Diamo, di seguito una definizione formale di ∆ fornendone le caratteri-stiche principali:

(30)

3.1.4 Definizione. Sia (R, 2x) un campo esponenziale. Diciamo che 2= {2g−

: g∈G}, l’insieme delle potenze di 2 aventi come esponenti gli elementi

g−∈R, `e una sezione se e solo se:

1. ∆ `e un sottogruppo di (R, +) (in modo tale che 2sia un sottogruppo di

(R∗, ·));

2. Qg−⊂∆, ∀g∈∆ ( in modo tale che ∆ sia uno spazio vettoriale su Q);

3. ∀y∈R∗, esiste al pi`u un g∈∆ tale che y `e confrontabile con 2g−

.

La sezione 2`e detta completa se e solo se, oltre alle propriet`a 1-3, verifica la seguente condizione:

4. ∀y∈R∗, y `e confrontabile con 2.

`

E facilmente verificabile, grazie al lemma di Zorn, che una sezione com-pleta esiste.

3.1.5 Osservazione. Rifacendosi ai concetti espressi nel capitolo precedente,

se v `e la valutazione archimedea standard di R, allora due elementi, x e y sono confrontabili se e solo se hanno la stessa valutazione. Inoltre, quando

2∆`e una sezione completa, ∆ `e anti-isomorfo a G secondo l’isomorfismo che manda δ∈∆ nella classe di 2δ in G.

Con il termine anti-isomorfo s’intende che tale isomorfismo inverte l’or-dine. Si ottiene, quindi, la seguente uguaglianza:

2∆= tG

con la quale `e possibile adottare un cambiamento di notazioni che ci agevole-r`a nella trattazione dei risultati che seguiranno. Infatti, la definizione di questo nuovo gruppo abeliano ∆ ci sar`a utile in seguito per poter dare una rappresentazione degli elementi di (R, 2x), detta rappresentazione diadica.

(31)

3.2

Sviluppi diadici

Definiamo un nuovo campo di serie formali transfinite.

3.2.1 Definizione. Sia ∆ un gruppo abeliano ordinato e K un campo

ordi-nato archimedeo. Allora si definisce

K((2∆)) =

def {

X

i<α

ai2δi : α ordinale, ai∈K, δi∈∆}

con supporto anti-ben ordinato secondo l’ordinamento indotto dal gruppo (quindi tale supporto non ha successioni infinite crescenti dal momento che l’ordinamento di ∆ `e inverso a quello di G).

Da notare che in questa definizione i 2δi sono variabili formali e non sono

intesi come veri e propri esponenziali.

3.2.2 Proposizione. Si ha che:

1. K((2)) `e un campo con la somma e la moltiplicazione naturale definita sulle serie;

2. Il campo K((2)) ha un unico ordinamento di campo < per cui:

K < 2δ⇔δ > 0

Quest’ordine soddisfa

δ0 < δ⇒2δ0 = o(1)2δ

Indichiamo, quindi, con 2∆ la sezione completa di K((2)).

Facendo riferimento alla 3.1.4, osserviamo che definendo ∆ a partire dal gruppo di valutazione di un campo esponenziale, si ottiene un’applicazione K((2∆))→K((tG)) tale che s(g) = 2δ7→tg.

(32)

g > 0 ⇔ tg < 1 ⇔ 2g−

< 20 ⇔ g < 0

cio`e l’ordinamento definito in G si inverte. Si conclude cos`ı che K((tG))'K((2)).

La definizione di K((2∆)) ci permetter`a, in seguito, di dimostrare che

ogni campo esponenziale ammette una parte intera in quanto immergibile in questo nuovo campo di serie formali.

Sia (R, 2x) un campo esponenziale e sia A⊂R un campo reale chiuso

ordinato. Supponiamo, di avere un’immersione t-chiusa di A in K((2∆0))

con 2∆0 sezione completa di A. Per comodit`a, identifichiamo A con la sua

immagine attraverso tale immersione. Diamo la

3.2.3 Definizione. Si dice che

a) Lo sviluppo di ordine 0 di un certo elemento y∈R `e 0. b) svA(y)α =

P

i<αai2δi∈K((2∆0)) `e lo sviluppo di y su A⊂R∩K((2∆0))

di ordine α > 0 rispetto a ∆0 se e solo se : • ∀β < α, Pi<βai2δi ∈A;

• ∀β≤α, ∀j < β, y −Pi<βai2δi = o(1)2δj.

Esiste un unico sviluppo di y in A di ordine massimo α (rispetto a ∆0).

Tale sviluppo si definisce lo sviluppo massimale di y rispetto a A.

Diamo di seguito due lemmi che ci assicurano che lo sviluppo di un dato elemento esiste sempre sotto determinate ipotesi.

3.2.4 Lemma. Sia A⊂R∩K((2∆0)) un sottocampo reale chiuso di R con

gruppo di valutazione G e, quindi, ∆0 = log(s(G)) calcolato in R, dove s `e la sezione. Supponiamo di avere y∈R\A e v(A(y)) = G. Allora esiste lo sviluppo di y su A di ordine α dove α `e un qualsiasi ordinale.

(33)

Dimostrazione: poniamo xα =

P

i<αai2δi. Procediamo per induzione su

α. Se α = 0 lo sviluppo di ordine 0 esiste banalmente. Inoltre, dal momento

che l’elemento 0 appartiene ad A tale sviluppo appartiene ad A.

Consideriamo un dato xα sviluppo di y su A di ordine α. Se xα6∈A, allora

`e lo sviluppo massimale: tale sviluppo esiste dal momento che α `e un

ordinale e, sicuramente, esistono pi`u ordinali di quant non sia la cardinalit`a di A.

Supponiamo, adesso, che xα∈A e dimostriamo che esiste xα+1. Valutiamo,

secondo la valutazione archimedea standard v, l’elemento y − xα∈R e

indi-chiamo con gα = v(y − xα). Tale gα appartiene a G dal momento che

v(A(y)) = G. Successivamente, calcoliamo s(gα)∈A. Dal momento che R

`e un campo esponenziale, possiamo calcolare δα = log(s(gα))∈R. Tale δα

appartiene a ∆0 poich´e gα∈G. Dunque esiste un unico aα per cui y − xα =

2δα+ o(1)2δα. Poniamo, quindi, xα+1 = xα+ aα2δα. Tale xα+1 `e lo sviluppo

di ordine α + 1 e appartiene ad A.

Controlliamo che il procedimento non cada in contraddizione per λ ordi-nale limite. Siamo nelle ipotesi in cui ∀α < λ esiste xα. Poniamo, dunque,

=

P

i<λai2δi dove gli aicoincidono con quelli calcolati negli sviluppi

prece-denti, ossia ai`e il coefficiente dello sviluppo calcolato al passo i-esimo del

pro-cedimento visto sopra. Definito in questo modo, xλ `e lo sviluppo di ordine λ

e chiaramente appartiene ad A.

2

3.2.5 Lemma. Sia A⊂R∩K((2∆0)) come nel lemma precedente.

Supponiamo y∈R\A e v(A(y))6=G. Allora ∃a∈A e y0∈R tale che y = a + y0, v(y0)6∈G e a = 0 oppure supp(a) < v(y0), cio`e esiste lo sviluppo di y in A.

Dimostrazione: prendiamo xα come nel lemma precedente. Notiamo che

esiste un ordinale α per cui xα∈A e gα = v(y − xα)6∈G. Infatti, se cos`ı

(34)

che v(A(y))∈G, contro le ipotesi. Dunque, possiamo calcolare s(gα) in R e,

sempre in R, calcoliamo anche logs(gα) = δα. Tale δα6∈∆0. Scegliamo, ora, a = xα e y0 = y − xα, ossia y0 = 2δα. Allora xα+1 = a + y0 non appartiene

ad A. Tale xα+1 non sar`a uguale a xλ con λ ordinale limite. Infatti, se cos`ı

fosse avremmo A(xλ)∼=A(y), visto che xλ e y realizzano lo stesso cut su A.

Inoltre, avremmo che xλ =

P

i<α+1ai2δi, dunque v(A(xλ)) = G. Ma questo

`e assurdo, dal momento che v(A(y))6=G.

2

Ricollegandosi alla nozione di confrontabilit`a esposta nel paragrafo prece-dente, possiamo dire che y `e confrontabile con x∈R se e solo se lo sviluppo di ordine 1 di y `e y = a·x + o(1)·x con a∈K.

Allora, se 2∆ `e una sezione completa, ogni y∈R ha esattamente uno

sviluppo di ordine 1 in 2∆. Tale ragionamento pu`o essere fatto per ogni

numero naturale n∈N. Quindi, se 2`e una sezione completa, y ha uno

sviluppo di ordine n, per ogni n∈N.

3.3

Immersione di un campo reale chiuso con

l’esponenziazione in un campo di serie

formali

D’ora in avanti, per denotare le serie formali useremo la notazione diadica, ossia K((2∆)), introdotta nei paragrafi precedenti.

Lo scopo di questo paragrafo `e dare la dimostrazione del teorema seguente: 3.3.1 Teorema. Se (R, 2x) `e un campo esponenziale, allora esiste ∆,

sot-togruppo di (R, +, <), per cui 2`e una sezione completa di R, ed esiste un’immersione ϕ che verifica:

(35)

2. ϕ(∆)⊆K((2∆>0)) =

def {

P

i<αai2δi : α ordinale, ai∈K, δi∈∆ δi > 0};

Strategia dimostrativa per il teorema 3.3.1: il passo fondamen-tale consiste nel dimostrare che, partendo da un’immersione gi`a esistente

ϕ definita su un sottocampo A di R, che verifichi ϕ : A,→K((2∆0)), dove

∆0⊂A gruppo abeliano con le caratteristiche descritte in 3.1.4 e tale che ϕ(∆0)⊆K((2∆0>0)) e 2∆0⊆2`e una sezione completa di A, `e possible

esten-dere tale immersione fino a definirla su tutto R.

Pi`u precisamente, s’inizia con A coincidente con una copia isomorfa di K contenuta in R (proposizione 1.3.8) e ∆0 = {0}. Infatti A `e il campo

gene-rato da K e da 2∆0, che inizialmente `e 1; ed `e, quindi, reale chiuso e t-chiuso.

Ad ogni passo, si prende in considerazione un nuovo elemento y∈R\A e si estende l’isomorfismo ad A(y) ragionando sullo sviluppo di y su A rispetto a ∆0.

Per far questo, `e necessario verificare che il nuovo campo che immergiamo `e reale chiuso e t-chiuso.

Per quanto riguarda la chiusura per troncamento, questa `e garantita dai seguenti risultati, che non sono altro che la riformulazione nel nuovo campo K((2∆)) dei risultati ottenuti in precedenza in K((tG)) (1.2.3, 1.2.4, 1.2.3,

1.2.6):

3.3.2 Teorema. Il sottoanello di K((2)) generato da K e dall’insieme 2= {2g−

: g∈G}, cio`e K[2], `e chiuso per troncamento.

3.3.3 Lemma. Sia M⊂K((2)) un anello t-chiuso. Sia y∈K((2))\M. Se ogni suo troncamento appartiene a M, allora M[y] `e t-chiuso.

3.3.4 Lemma. Se M⊂K((2)) `e un anello t-chiuso e R `e il campo delle frazioni di M, allora R `e t-chiuso.

Combinando i due lemmi appena enunciati, otteniamo la dimostrazione del seguente risultato:

3.3.5 Lemma. Sia R⊂K((2)) sottocampo t-chiuso. Sia y∈K((2))\R tale che ogni suo troncamento x/y, appartiene a R. Allora R(y) `e t-chiuso.

(36)

3.3.6 Lemma. R⊂K((2)) un campo t-chiuso contenente K(2). Allora eR, chiusura algebrica di R in K((2)), `e t-chiusa.

Quindi, in particolare, la chiusura reale di un campo chiuso per tronca-mento `e ancora chiusa per troncatronca-mento.

Passiamo, ora, ad occuparci della chiusura reale: 3.3.7 Lemma. Sia A⊂R con le seguenti propriet`a:

1. ∆0⊂A;

2. esiste l’immersione ϕ : A,→K((2∆0)) t-chiusa;

3. ϕ(∆0)⊆K((2∆0));

4. 2∆0 `e una sezione completa di A.

Indichiamo con ¯A la chiusura reale di A. Allora ¯A verifica le propriet`a 1,2,3,4.

Dimostrazione: per prima cosa, evidenziamo il fatto che, considerando

la chiusura reale, ∆0 rimane inalterato. Dunque anche la sezione rimane

inalterata. Resta da controllare che ¯A `e t-chiuso ma questo deriva dai lemmi

dati in precedenza, in particolare dal lemma 3.3.6.

2

Come abbiamo visto, ad ogni passo della dimostrazione abbiamo A un sottocampo reale chiuso di R, ∆0⊂A, 2∆0 sezione completa di A e

l’immer-sione parziale

ϕ : A,→K((2∆0)) tale che ϕ(∆

0)⊆K((2∆0>0)).

Qui di seguito vediamo `e la strategia con cui costruiremo l’immersione del campo esponenziale (R, 2x) nel campo di serie formali K((2)).

(37)

3.3.8 Lemma. Sia (R, 2x) un RCE e sia A un RCF tale che K(2∆0)⊂A⊂R.

Consideriamo 2∆0 una sezione completa di A, ∆

0⊂A, e supponiamo di avere un’immersione t-chiusa

ϕ : A,→K((2∆0))

tale che ϕ(∆0)⊆K((2∆0>0)). Allora, preso y∈R\A, `e possibile estendere l’im-mersione ϕ a A0⊇A(y) in modo tale che ϕ rimanga una mappa t-chiusa e A0

abbia le stesse propriet`a di A.

Dimostrazione: per comodit`a, nel corso della dimostrazione si identifica A con ϕ(A)⊂K((2∆0)), ossia A⊂R∩K((2∆0)).

Sia Pi<αai2δi = svA(y) lo sviluppo massimale di y su A rispetto a ∆0. Si

possono presentare i seguenti due casi:

caso 1. svA(y)6∈A. Allora l’immersione si estende a A(y) mandando y in

P

i<αai2δi = z. Quindi A(y)∼=A(z)⊆K((2∆0)) `e t-chiuso (lemma 3.3.5);

caso 2. Pi<αai2δi∈A. Si ponga y0 = y −

P

i<αai2δi in R. Risulta che y0 non

`e confrontabile con 2∆0 cio`e y0 = o(1)2δi per ogni i < α. Estendiamo,

dunque, la sezione 2∆0 ad un opportuno 2∆1 contenente |y0| ed

esten-diamo di conseguenza l’immersione ϕ ad A(y) in K((2∆1)), mandando

y in z =Pi<αai2δi+ ε2δ

1

dove 2δ1

= |y0| e ε `e il segno di y0. In questo

modo A(y)∼=A(z)⊆K((2∆1)) rimane ancora chiusa per troncamento.

Il secondo caso ha bisogno di alcune precisazioni in quanto l’estensione del-l’immersione non si pu`o ritenere conclusa con la sola immersione di y e di y0.

Infatti che deve essere soddisfatta l’ulteriore ipotesi che ∆1⊂A(y). Quando

si aggiunge y ad A nel modo descritto nel caso 2, otteniamo un nuovo ele-mento δ1 che non appartiene a ∆

0. Per questo dobbiamo estendere ∆0 a ∆1

in modo tale che quest’ultimo goda di tutte le propriet`a di cui godeva ∆0.

Di conseguenza, dobbiamo estendere la sezione.

(38)

a) Sia

log y = σ + εy1 lo sviluppo di log y su A con σ∈A, y1 = 2δ

1

non confrontabile con 2∆0

e ε = ±1 scelto in maniera tale che y1 sia positivo. Allora y1 `e infinito rispetto ad A come y. Ripetendo questo procedimento per ogni n∈N, possiamo trovare una successione (yn)n∈N dove i corrispondenti σn, εn

e yn sono scelti nello stesso modo in cui sono stati presi σ, ε e y1 nel primo caso.

b) 2∆0∪{y

n: n∈N} genera una sezione 2∆1 in modo tale che ∆1 sia ge-nerato da ∆0∪{δn : n∈N} dove 2δ

n

= |yn| per ogni n∈N, ossia ∆1 =

∆0⊕n∈NQδn. Inoltre `e possibile estendere ϕ in modo tale che ϕ(∆1)⊆K((2∆1>0)).

Dimostrazione:

a) Se y `e infinito, anche logy lo `e. Dal momento che σ + εy1 `e lo sviluppo di

logy su A e y1 non `e confrontabile con la sezione, cio`e y1 = o(1)2δi per

ogni δi∈2∆0, allora y1 = 2δ

1

con δ1 < δ

i ∀δi∈∆0.

Per com’`e definito ∆0 a partire dal gruppo di valutazione, possiamo

esprimere la propriet`a di sopra nel linguaggio delle valutazioni nel modo seguente: v(y1)6∈v(A). Si conclude che y1 `e infinito.

A questo punto si verifica facilmente che tutto ci`o che `e valido per y `e valido anche per y1, quindi si genera una successione (yn)n∈N tale che

per ogni n∈N log yn = σn+ εnyn+1.

b) (δn)

n∈N`e una successione decrescente. Tutti i termini di tale successione

sono maggiori di zero e infiniti rispetto ad A dal momento che per ogni

n∈N 2δn

= |yn| dove tale |yn| `e infinito, per quanto detto nel punto a).

Facendo ancora riferimento al punto precedente, otteniamo

δn= σ

n+ ε2δ

n+1

per ogni n∈N, dove σn sono quelli calcolati in a) e dove δn+1 `e minore

(39)

Quindi, dal momento che σn =

P

i<αnai2

δi∈A con σ

n > 0 ed essendo

δi > δn+1 > 0 per ogni i < αn, si conclude che σn∈K((2∆0>0)).

Dobbiamo, adesso definire l’immersione.

ϕ : A(yi : i∈N),→K((2∆1))

in modo tale che ϕ(∆1)⊆K((2∆1>0)). Poniamo ϕ : y7→X i<αai2 δi + ε2δ1 e ϕ : δn7→σn+ εn2δn+1 per ogni n∈N.

Da notare che, per come `e stata definita l’immersione ϕ si mantiene anche la struttura di campo ordinato.

Inoltre, dal momento che vogliamo immergere A0 = A(y

i : i∈N) come

campo ordinato, ossia

A0 = {Xn i=1x( Ym j=1y qj,i j ) : x∈A, qj,i∈Q} definiamo ϕ(xYm j=1y qj j ) = ϕ(x) Ym j=1ϕ(y qj j ) = ϕ(x) Ym j=1ϕ(yi) qi

Notiamo che ϕ(δn)∈K((2∆1>0)), visto che per ogni n∈N,

ϕ(σn+ εn2δ

n+1

)∈K((2∆1>0))

Occorre, infine, dimostrare che ϕ `e ben definita. Per far ci`o dimostri-amo la seguente affermazione:

(40)

Dimostrazione Claim: supponiamo, per assurdo, di avere δm =Xn

i=m+1qiδ i+ a

con a∈∆0 e qi∈Q.

Per quanto detto in precedenza, δm = σ

m+ εm2δ m+1 , quindi si ha Xn i=m+1qiδ i+ a = σ m+ εm2δ m+1 da cui εm2δ m+1 = log a − σm+ X qiδi Poniamo a − σm = P

i<αai2δi. Per com’`e costruita la successione e per

l’ipotesi di partenza, si ottiene che, per ogni i≥m + 1

δm+1≤max(δα, (δi)i∈N)

Ma δm+1 < δi per ogni i∈N, quindi δm+1 = δ

α e questo `e assurdo, dal

momento che δm+1 non `e confrontabile con ∆

0.

2

Dunque 2∆1 generato da 2∆0∪{y

n : n∈N} `e una sezione e ∆1 generato

da ∆0∪{δn : n∈N} `e un sottogruppo abeliano di (R, +) ed uno spazio

vettoriale su Q. Inoltre si ha che ϕ(∆1)⊆K((2∆1>0)).

2

Con la dimostrazione del lemma 3.3.9 si conclude anche la dimostrazione del lemma 3.3.8.

(41)

Possiamo adesso concludere la dimostrazione del teorema 3.3.1, che era lo scopo di questo paragrafo.

Dimostrazione del teorema 3.3.1: iterando il procedimento svolto nella

dimostrazione precedente fino ad ottenere tutto R, si ottiene un’immersione

ϕ : R ,→ K((2)) con ϕ(R) t-chiuso e ϕ(∆)⊆K((2∆>0)). Dunque abbiamo

ottenuto la tesi del teorema.

2

3.4

Esistenza della parte intera dei reali chiusi

con l’esponenziazione

3.4.1 Definizione. Z `e una parte intera di (R, 2x) se e solo se verifica le

due seguenti propriet`a:

1. Z `e una parte intera di R reale chiuso; 2. 2Z+

⊆Z+.

Per trovare tale parte intera, prima immergiamo (R, 2x) nel campo delle

serie formali transfinite scritte con la rappresentazione diadica (teorema 3.3.1).

Precisamente, vale il seguente teorema:

3.4.2 Teorema. Z = Z + ∆ `e la parte intera di (R, 2x).

Dimostrazione: Data ϕ l’immersione, identifcando (R, 2x) con la sua

immagine attraverso l’immersione, si ha

y =X i<α ai2δi∈K((2))⇒y = X δi>0 ai2δi+ a0+ X δi<0 ai2δi

Il primo termine appartiene a K((2∆>0)), il secondo appartiene a R e l’ultimo

(42)

infinitesima (dal momento che la parte intera di un elemento infinitesimo `e zero) e, rimpiazzando il termine noto con la sua parte intera (nel senso usuale della parte intera sui reali), otteniamo

byc∈Z + K((2∆>0)) = Z + ∆

Rimane da verificare che Z+ `e chiuso per 2x. Sia n + σ∈Z+. Allora

2n+σ = 2n·2σ = b·2h con b∈R e h > 0 appartenente a ∆

Quindi 2n+σ∈K((2∆>0)).

(43)

Capitolo 4

Il teorema di Ressayre

Come conclusione di questo lavoro viene, di seguito, illustrata un’importante conseguenza dell’esistenza della parte intera di un campo reale chiuso con esponenzizione, argomento affrontato nel capitolo precedente. Tale risultato `e dovuto a Ressayre.

4.1

Enunciato del teorema di Ressayre

In questo paragrafo viene enunciato il teorema di Ressayre circa la questione della decidibilit`a della teoria di (R, 2x) (vedi introduzione).

Con tale risultato, Ressayre, non solo ha fornito una dimostrazione della mo-del completezza mo-della teoria dei reali con esponenziazione, alternativa a quel-la proposta da Wilkie, ma ha anche ricondotto il problema delquel-la decidibilit`a di tale teoria a quello della decidibilit`a della teoria di (R, 2x|

[0,1]).

Sono necessarie alcune premesse sulle notazioni che verranno usate nel resto della trattazione.

Indichiamo con Re la struttura cos`ı fatta:

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