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Prescrizione elettronica della nutrizione parenterale per il neonato: dalla simulazione alla realtà clinica. Lavoro multidisciplinare medico-ingegneristico per la sicurezza e il miglioramento dell'outcome clinico-auxologico del neonato.

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Academic year: 2021

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INDICE

RIASSUNTO ... 3

INTRODUZIONE ... 7

LANUTRIZIONE:PREMESSETEORICHE ... 7

Nutrizione e crescita fetale ... 8

Ontogenesi intestinale ... 10

NUTRIZIONEECRESCITADELNEONATOPRETERMINE ... 13

Nutrizione enterale nel neonato pretermine ... 14

Nutrizione parenterale e fabbisogni nutrizionali del neonato pretermine ... 17

La restrizione di crescita extrauterina ... 19

NUTRIZIONEDELNEONATOATERMINE ... 22

Nutrizione enterale nel neonato a termine ... 22

Nutrizione parenterale nel neonato a termine ... 22

Fabbisogni nutrizionali del neonato a termine ... 23

LANUTRIZIONEPARENTERALE:ASPETTIPRATICI ... 29

Modalità di prescrizione ... 29

Verifica e revisione della prescrizione della sacca ... 30

Preparazione ... 30

Erogazione della sacca dalla farmacia ... 31

Somministrazione ... 32

Complicanze ... 32

Rischio clinico e nutrizione parenterale ... 35

FORMAZIONEINSIMULAZIONE ... 38

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METODI ... 41

DISEGNODELLOSTUDIO ... 41

NUTRIZIONEPARENTERALEPRESSOLAU.O.NEONATOLOGIADIPISA... 42

PROGETTAZIONEECREAZIONEDELPROGRAMMA ... 47

Cartella clinica elettronica ... 48

Progetto PLEIADE ... 50

Software Web-based ... 51

Linguaggi di programmazione web utilizzati ... 52

Creazione della scheda per la prescrizione della NP su PLEIADE ... 53

PROTOCOLLINUTRIZIONALI ... 55

VALUTAZIONEAUXOLOGICAECURVEDICRESCITA ... 58

VALUTAZIONERAGGIUNGIMENTOOBIETTIVICLINICI ... 62

VALUTAZIONERISCHIOCLINICO ... 64

RISULTATI ... 65

FASEPRECLINICA ... 65

FASEDISIMULAZIONE E FASECLINICA ... 74

DISCUSSIONE ... 75

CONCLUSIONI E PROSPETTIVE FUTURE ... 79

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3

RIASSUNTO

Premessa: La nutrizione del neonato deve soddisfare i requisiti di una crescita e di uno sviluppo ottimali, senza aumentare il rischio metabolico. Per alcune categorie di neonati (pretermine di alto grado, neonati con distress respiratorio o con enterocolite necrotizzante, neonati con patologie di tipo chirurgico come onfalocele o gastroschisi), la nutrizione “fisiologica”, enterale, non è possibile e la via parenterale rappresenta l’unico strumento che abbiamo a disposizione per soddisfare gli obiettivi nutrizionali. La terapia nutrizionale è un processo definito ad alto rischio e che richiede l’intervento di differenti figure professionali. È sempre più frequente il ricorso a procedimenti automatizzati, sostenuti da programmi elettronici, che riducono il rischio clinico, facilitando le varie fasi del processo, dalla prescrizione alla preparazione, all’erogazione, fino alla somministrazione.

Disegno e scopi dello studio: Il progetto di studio è stato articolato in tre fasi: una fase preclinica, una fase di simulazione e una fase clinica. Nella prima fase un gruppo di neonatologi e di ingegneri elettronici della AOUP hanno collaborato alla progettazione e creazione di un programma dedicato alla prescrizione elettronica della nutrizione parenterale e della sua interfaccia grafica con l’Unità centralizzata di Galenica Nutrizionale della U.O. Farmaceutica. Parallelamente i neonatologi della AOUP hanno revisionato i protocolli nutrizionali, standardizzandoli per età gestazionale e peso neonatale. Nella seconda fase, che avrà luogo tra luglio e settembre p.v., attraverso la formazione in simulazione, il personale medico della U.O. di Neonatologia verrà formato all’utilizzo del nuovo programma elettronico per la prescrizione della nutrizione parenterale; contemporaneamente testeremo la funzionalità del programma e modificheremo alcune funzionalità in base ai suggerimenti ricavati dall’esperienza in simulazione. Infine, con la fase clinica (prevista per il periodo settembre 2017-settembre 2018) prevediamo di valutare la ricaduta pratica dell’introduzione del programma elettronico e dei protocolli nutrizionali sulla sicurezza e sugli outcome

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clinico-4 auxologici dei piccoli pazienti. Intendiamo valutare l’efficacia nel raggiungere in parenterale la quantità di macronutrienti ritenuta ottimale per il singolo paziente, l’incidenza degli interventi di aggiustamento alla composizione delle sacche in seguito a revisione delle prescrizioni da parte della farmacia, il miglioramento della sicurezza, intesa come prevenzione di potenziali errori, ed altri fattori quali il numero degli squilibri elettrolitici, le dislipidemie, l’incidenza di episodi di colestasi, il numero degli episodi di iperglicemia che hanno richiesto trattamento insulinico, il tempo necessario a raggiungere la nutrizione enterale totale. Una particolare attenzione verrà rivolta alla personalizzazione delle prescrizioni di nutrizione parenterale nei neonati con tendenza alla restrizione di crescita extrauterina o con patologie particolari (es. insufficienza renale), per migliorarne l’outcome clinico-auxologico. Metodi: Partendo dal modulo cartaceo che utilizziamo in reparto per la prescrizione della nutrizione parenterale, abbiamo creato una scheda all’interno di PLEIADE, la cartella clinica elettronica scelta da ESTAR per le Aziende Ospedaliere della Toscana. PLEIADE è stata realizzata utilizzando un software web-based. La scheda per la prescrizione della nutrizione parenterale al suo interno è stata creata utilizzando i seguenti linguaggi di programmazione web: HTML 5, PHP 5, MySQL 5.5. Per effettuare i calcoli della scheda è stato utilizzato JavaScript. Tutta la veste grafica della scheda è stata curata utilizzando il Cascading Style Sheets (versione CSS 3). Nella revisione dei protocolli nutrizionali ci siamo basati sulle linee guida della Società Italiana di Neonatologia. Per la valutazione auxologica dei neonati pretermine abbiamo utilizzato le curve di Bertino (Ines Charts) e per i neonati a termine abbiamo utilizzato le WHO Growth Standards (nascita-2 anni). Infine, per la valutazione del rischio clinico, verranno analizzati e confrontati, alla fine della fase clinica, gli eventi avversi emersi nel periodo precedente l’introduzione di protocolli nutrizionali con quelli emersi durante la fase clinica, dopo l’introduzione della prescrizione elettronica.

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5 Risultati: La creazione della scheda di prescrizione della nutrizione parenterale è avvenuta all’interno di PLEIADE. Una volta effettuato l’accesso tramite i dati personali, si esegue la ricerca del paziente e si apre la sua cartella clinica elettronica. A questo punto, cliccando sull’icona con la cicogna, si apre la scheda relativa alla terapia nutrizionale neonatale, la quale è composta dal foglio “Alimentazione”, dedicato alla prescrizione della nutrizione parenterale da parte del medico, e dal foglio “Parenterale farmacia”, interfaccia con l’Unità centralizzata di Galenica Nutrizionale. Nella parte alta della scheda “Alimentazione” troviamo nome e cognome del neonato, data di nascita e codice fiscale e subito al di sotto è presenta la data di esecuzione della prescrizione e il nome dell’operatore che ha effettuato il login a PLEIADE e che andrà così a firmare in modo digitale la prescrizione. Nella parte sottostante sono presenti: giorno di vita del neonato, età gestazionale, peso in kg, l’età post-mestruale, circonferenza cranica e lunghezza. Per inserire la terapia nutrizionale si comincia dalla nutrizione enterale: si inserisce nella scheda dal menù a tendina il tipo di latte utilizzato, la dose giornaliera totale prevista e il numero dei pasti del neonato e il programma calcola in automatico l’introito enterale dei macro e micronutrienti corretto per il presunto assorbimento intestinale, il quoziente energetico e il bilancio idrico enterale. Inserita la parte di nutrizione enterale, si va ad inserire il totale di macro e micronutrienti che intendiamo somministrare al neonato nelle successive 24 ore, così che il programma possa calcolare la quantità di macro e micronutrienti da inserire automaticamente per la prescrizione della nutrizione parenterale. In automatico viene anche calcolato il quoziente energetico parenterale e totale. Il fosforo, infine, viene calcolato con formule adeguate, differenziate in modo da fornire ai neonati <1500 grammi un più elevato apporto di fosforo. Si inserisce infine il totale dei liquidi pro kg che deve fare il neonato nelle successive 24 ore e in automatico viene calcolata la velocità dell’infusione e il valore volumetrico della sacca. Inoltre, sono stati inseriti dei limiti di prescrizione per ogni valore, per ridurre al minimo la possibilità di errore. Completata la prescrizione, il medico

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6 clicca sul tasto “Invio parenterale”. Si crea così la scheda “Parenterale farmacia” che è l’interfaccia diretta con l’Unità centralizzata di Galenica Nutrizionale e riprende graficamente la scheda cartacea utilizzata per l’ordine via fax. Una volta salvata, può essere modificata o annullata, cliccando sull’apposito pulsante.

Conclusioni e prospettive future: La terapia nutrizionale è ancora oggi un trattamento complesso e ad alto rischio, ma essenziale per assicurare ai neonati una crescita e degli outcome clinici ottimali. In futuro sarà importante individuare strategie nutrizionali personalizzate che consentano di ottimizzare la crescita dei neonati, anche da un punto di vista qualitativo attraverso l’acquisizione di strumenti che ci permettano una valutazione della massa magra e della massa grassa, così da valutare le giuste modifiche da apportare alla terapia nutrizionale. Per quanto riguarda il miglioramento della sicurezza del paziente, un prossimo obiettivo riguarda la maggior informatizzazione dell’Unità centralizzata di Galenica Nutrizionale. Da un punto di vista gestionale ci auguriamo di riuscire a rendere accessibili e a misura di neonato tutte le funzioni della cartella clinica elettronica: primo obiettivo deve essere quello di facilitare l’identificazione del piccolo paziente tramite braccialetti dotati di un QR Code, identico a quello della madre, per permettere in qualsiasi momento della degenza il riconoscimento. Vorremmo poi riuscire ad aumentare il numero delle stazioni informatiche, sfruttando anche soluzioni facilmente trasportabili da una postazione all’altra, come ad esempio i tablet. Infine, la trasformazione in applicazione mobile (comunemente detta “app”) del CPOE per tablet e smartphone, ci permetterebbe una ulteriore versatilità di prescrizione e contribuirebbe alla sicurezza del nostro piccolo paziente. Il nostro progetto è un piccolo passo verso la sicurezza e il miglioramento degli outcome clinico-auxologici dei neonati, ma ancora molto può essere fatto su questo versante, anche grazie all’implementazione con nuove tecnologie.

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INTRODUZIONE

LA NUTRIZIONE: PREMESSE TEORICHE

La nutrizione del neonato si basa su un principio fondamentale: l'assunzione di nutrienti deve soddisfare i requisiti per una crescita e uno sviluppo ottimali, senza aumentare il rischio metabolico. Ottimizzare le pratiche di alimentazione dei neonati e dei bambini è un intervento estremamente efficace che permette il miglioramento dello stato generale di salute della popolazione: da una parte, una scarsa alimentazione aumenta il rischio di malattia ed è responsabile, direttamente o indirettamente, di un terzo delle morti che si verificano nel mondo nei bambini di età inferiore ai 5 anni; dall’altro lato, una sovra-alimentazione può portare all'obesità infantile, che è un problema sanitario pubblico in aumento in molti paesi (World Health Organization, 2009).

La ricerca clinica ha mirato a ridurre la morbosità immediata e a distanza, anche attraverso la realizzazione di linee guida per l’ottimizzazione dell’alimentazione nel periodo neonatale. Le linee guida si basano su una accurata conoscenza dei fabbisogni neonatali, che si modificano in base all’età gestazionale (EG).

Per il neonato a termine (EG >37 settimane) le linee guida individuano nell’allattamento al seno il gold standard per soddisfare i fabbisogni del neonato e le formule da utilizzare in sostituzione a questo sono studiate per mimare il latte materno il più fedelmente possibile. Per quanto riguarda il neonato pretermine (EG <37 settimane) invece l’ American Accademy of Pediatrics (AAP) Committee on Nutrition (1985) definisce “ottimali” quegli apporti che sono in grado di assicurare un ritmo di crescita quantitativamente e qualitativamente paragonabile a quello di un feto normale della stessa età post-concezionale, senza sottoporre a stress i sistemi metabolici ed escretori. Il modello fetale è pertanto appropriato per la stima dei fabbisogni nutrizionali necessari per una crescita e uno sviluppo adeguati del neonato

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8 pretermine (Ziegler, 2012). Inoltre, la conoscenza dell’ontogenesi intestinale rappresenta un passaggio obbligato nella comprensione dell’alimentazione del neonato pretermine.

Nutrizione e crescita fetale

La nutrizione fetale è condizionata da differenti meccanismi difficili da controllare o modificare: l'interazione complessa tra il potenziale genetico di crescita, la capacità del sistema materno-placentare di trasferire i nutrienti al feto e l'ambiente endocrino determina se il feto seguirà il suo potenziale di crescita durante la vita intrauterina (Figura 1).

Figura 1. Determinanti della nutrizione fetale (Cetin I, 2010).

I nutrienti più importanti per il feto sono rappresentati da glucosio, aminoacidi e acidi grassi insieme a molti micronutrienti come le vitamine e gli ioni. Negli ultimi decenni, un certo numero di studi ha analizzato la composizione del sangue fetale attraverso campionamenti con la funicolocentesi. Questa procedura relativamente non invasiva ha facilitato lo studio dell'approvvigionamento placentare di sostanze nutritive e lo stato ormonale del feto durante

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9 la seconda metà della gravidanza (Marconi, 1992). È stato quindi possibile determinare la relazione tra concentrazioni di glicemia fetale e materna già a partire dalla 18° settimana di gestazione. La concentrazione fetale di glucosio diminuisce durante la seconda metà della gravidanza (Marconi, 1996), ma il passaggio placentare risulta essere sempre ad un tasso proporzionale all’utilizzo fetale (Adamkin, 2005). Non è stata dimostrata alcuna significativa glucogenesi nell'unità feto-placentare (Marconi, 1996). Al contrario, per la maggior parte degli amminoacidi, non sono stati osservati cambiamenti significativi in diverse età gestazionali e le concentrazioni fetali sono superiori a quelle materne (Cetin, 1996). Gli aminoacidi sono attivamente trasportati al feto attraverso la placenta, dove vengono utilizzati per la sintesi proteica e per metà utilizzati come fonte energetica (Adamkin, 2005) (Vlaardingerbroek, 2009). Per quanto riguarda i lipidi, il feto necessita principalmente di acidi grassi essenziali e dei loro derivati, gli acidi grassi polinsaturi a catena lunga (long chain polyunsaturated fatty acids, LC-PUFA), come l’acido arachidonico (omega-3) e l’acido docosahexaenoico (omega-6, DHA). Gli LC-PUFA sono rapidamente incorporati nei lipidi strutturali del cervello dove mantengono la fluidità, la permeabilità e la conformazione delle membrane e svolgono un ruolo funzionale importante nello sviluppo del sistema nervoso e della funzione visiva. Essi sono precursori di importanti molecole come le prostaglandine, leucotrieni e trombossani, e rappresentano anche una fonte di energia. L’assorbimento dei lipidi avviene ad una velocità proporzionale alle necessità dello sviluppo neuronale e del sistema nervoso centrale, con utilizzazione per la produzione di energia successivamente al terzo trimestre di gravidanza (Hay, 2006).

Anche il ruolo dei micronutrienti è essenziale in ogni fase della crescita e dello sviluppo fetale. L'acido retinico è essenziale per il signalling; lo zinco, è importante per stabilizzare gli enzimi e i fattori di trascrizione; altri ancora, come il rame e il ferro, sono fondamentali come componenti centrali dei processi catalitici. Tra le vitamine, le vitamine liposolubili giocano un

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10 ruolo importante per la loro capacità antiossidante, proteggendo le cellule contro i danni indotti dai radicali liberi. Le vitamine idrosolubili invece funzionano come precursori per cofattori enzimatici, aiutando gli enzimi nel loro lavoro come catalizzatori nel metabolismo. La valutazione dei fabbisogni fetali deriva da uno studio di Ziegler et al. del 1976. Tramite l’analisi della composizione corporea e la costruzione di un “reference fetus” per ogni EG, Ziegler e colleghi, hanno definito i tassi di nutrienti necessari per l’accrescimento fetale (Figura 2). Questi risultano essere un utile punto di partenza per il calcolo dei fabbisogni nutrizionali del neonato pretermine.

Figura 2. Intake di nutrienti necessario all’aumento di peso fetale (Ziegler, 2012).

Ontogenesi intestinale

Il feto inizia la nutrizione enterale ingerendo liquido amniotico. Il fluido amniotico è principalmente composto da urina fetale e in parte da liquidi polmonari e secrezioni naso-faringee che contengono proteine e carboidrati. Il feto inizia a ingoiare una quantità considerevole di liquido amniotico nel terzo trimestre fino ad arrivare, al termine di gravidanza, a ingerire circa 600 ml al giorno di liquido amniotico, che corrispondono ad una quantità di 170-230 ml/Kg/die. La capacità di digerire carboidrati, lipidi e proteine, si

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11 sviluppa progressivamente durante tutta la gravidanza. Le peptidasi, gli enzimi dell’orletto a spazzola della mucosa del piccolo intestino e le idrolasi, sono presenti nel feto ma incrementano la loro attività enzimatica solo poco prima della nascita, in corrispondenza del picco di glucocorticoidi. Gli enzimi pancreatici, come la tripsina, la lipasi e l’amilasi, sono secreti nel duodeno dalla 31° settimana di EG; all’incirca dalla 26° settimana di EG sono secrete lipasi linguali e gastriche che possono essere utili per la digestione e l’assorbimento dei lipidi. Gli acidi biliari sono già secreti dalla 22° settimana, sebbene la secrezione sia decisamente inferiore nei neonati pretermine rispetto ai neonati a termine (van Gaudoever, 2012). Anche la motilità intestinale matura progressivamente durante la gravidanza: l’integrazione tra suzione e deglutizione si verifica entro poche ore dalla nascita nel neonato sano e verso la 34° settimana di EG nel pretermine. La pressione dello sfintere esofageo superiore è già presente alla 32° settimana di gestazione, mentre quella dello sfintere esofageo inferiore compare alla 26° settimana: è più bassa nel pretermine rispetto al neonato a termine, ma è più alta di quella vigente nel fondo dello stomaco, il ché è sufficiente a prevenire il reflusso di materiale gastrico in esofago. Per quanto riguarda lo stomaco, è stato osservato che la pompa protonica (che permette il trasporto Na+/H+) è attiva a partire dalla 13° settimana di età post-concezionale e quindi anche il neonato estremamente pretermine può avere un pH gastrico significativamente acido (Kelly, 1994). Attività motoria a livello dell’antro dello stomaco può essere osservata a partire dalla 26° settimana di EG, ma nel pretermine risulta poco organizzata, così come la motilità duodenale (Panero, 2009) (Figura 3).

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12 Figura 3. Ontogenesi intestinale (Gruppo di Studio Nutrizione e Metabolismo della Società Italiana Di Neonatologia, 2000).

Se opportunamente stimolato, l’intestino è in grado di rispondere progressivamente all’alimentazione enterale già alla 25° settimana di gestazione. Il timing di tutte le tappe di sviluppo delle funzioni gastrointestinali viene influenzato positivamente dalla precoce introduzione dell’alimentazione enterale, migliorandone la tolleranza e riducendo la necessità del supporto nutrizionale parenterale (NP) (Adamkin, 2005).

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13 NUTRIZIONE E CRESCITA DEL NEONATO PRETERMINE

La nascita, intesa come il rapido passaggio da un ambiente ricco di nutrienti come quello intrauterino ad uno scarso come quello extrauterino, rappresenta uno stress per il neonato pretermine. Come si è precedentemente accennato, l’obiettivo della nutrizione del neonato pretermine è il raggiungimento di un tasso di crescita che si avvicini il più possibile a quello di un feto della stessa età gestazionale (Martin, 2009), mimando la composizione corporea fetale, con risultati funzionali del tutto simili a quelli di un neonato a termine. Tuttavia, trascorrere in terapia intensiva neonatale quello che corrisponde all’ultimo trimestre di gravidanza, non può equivalere a crescere in utero: gli apporti nutrizionali attualmente raccomandati vengono raggiunti tardivamente e sono difficili da mantenere durante l’ospedalizzazione (Clark, 2003), a causa sia della difficoltà nel nutrire neonati con un apparato gastroenterico immaturo (con il pericolo dell’insorgenza di enterocolite necrotizzante), che delle condizioni cliniche spesso critiche, che limitano gli apporti giornalieri. I neonati pretermine di alto grado (con EG <28 settimane), nascono in un momento in cui, se fossero ancora in utero, avrebbero dovuto avere un elevatissimo tasso di crescita. Per eguagliare la crescita intrauterina, un neonato di 24 settimane di EG dovrebbe raddoppiare il suo peso ad una età post-mestruale di 30 settimane e dovrebbero raggiungere un peso 5 volte maggiore di quello della nascita a 40 settimane (Anderson, 2015). Questa crescita eccezionale richiede un'assunzione molto maggiore di energia, proteine e altre sostanze nutritive di quanto non sia necessario per i neonati con EG maggiori. I neonati pretermine di alto grado nascono con una limitata riserva di nutrienti chiave come il ferro, lo zinco, il calcio e alcune vitamine e con scarso o assente grasso sottocutaneo e scarse riserve di glicogeno poiché la maggior parte del trasferimento placentare di nutrienti necessari a costituire queste scorte avviene nel terzo trimestre di gravidanza. Bisogna inoltre considerare che l'immaturità fisiologica di neonati pretermine di alto grado rende estremamente

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14 difficoltosa una nutrizione adeguata. Squilibri idro-elettrolitici e glicemici sono comuni nei primi giorni di vita a causa di una barriera cutanea e una termoregolazione immature, a cui si sommano distress respiratorio e altre precoci patologie concomitanti, che richiederebbero un maggior introito calorico e di fluidi. D’altra parte, un precoce elevato introito di liquidi non è indicato e può associarsi ad un maggior rischio di eventi avversi, come la displasia broncopolmonare (BPD) e l’enterocolite necrotizzante (NEC) (Bell, 2014). L’immaturità funzionale e strutturale dell’intestino comportano una iniziale ridotta tolleranza all’alimentazione enterale e l’immaturità nel coordinamento di suzione, deglutizione e respirazione, impedisce comunemente la suzione nutritiva fino ad una età corretta vicina al termine. In pratica, l’approccio iniziale consiste nel cominciare a somministrare subito dopo la nascita liquidi endovena e proseguire con apporti nutrizionali enterali e parenterali combinati e precoci, fino a che non si raggiunge la tolleranza di una alimentazione enterale totale. Quest’ultima rappresenterebbe il modo più naturale per alimentare un neonato pretermine, ma presuppone una maturità anatomo-funzionale dell’intestino che è in parte dipendente dall’età gestazionale del neonato.

Nutrizione enterale nel neonato pretermine

Come accennato illustrando l’ontogenesi intestinale, la precoce introduzione dell’alimentazione enterale può influenzare positivamente il timing di tutte le tappe di sviluppo delle funzioni gastrointestinali attraverso un effetto di stimolo sia sulla secrezione di ormoni fondamentali per il trofismo intestinale che sulla motilità intestinale (Tyson, 2005; Adamkin, 2005). Per tale motivo, le più recenti raccomandazioni sottolineano come la precoce alimentazione enterale, anche con minime quantità di latte, rivesta un ruolo di fondamentale importanza nella maturazione del sistema gastrointestinale, e sia in grado di condizionare positivamente tutti i processi di adattamento postnatale. Questa modalità di alimentazione, definita come minimal enteral feeding, (MEF) o alimentazione trofica, prevede

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15 la somministrazione di minimi volumi di latte: 10-20 ml/kg/die, da iniziare entro i primi giorni di vita, in base alle condizioni cliniche del neonato. (Tyson, 2005; Hay, 2008; Simmer, 2007; Parish, 2008). I risultati di trial clinici su neonati prematuri supportano l’opinione che la MEF abbia dei benefici clinici, come il raggiungimento di una nutrizione enterale totale (full enteral feeding, FEF) in tempi più brevi e la riduzione del tempo di ospedalizzazione, senza incrementare il rischio di NEC (De Curtis, 2012). Per quanto riguarda la progressione nelle dosi di nutrizione enterale, la letteratura suggerisce che l’aumento dell’alimentazione enterale ad un ritmo veloce (30-35 ml/kg/die) nei bambini VLBW possa migliorare la crescita post-natale, portando al raggiungimento più precoce della full enteral feeding, senza aumentare l'incidenza di NEC. Tuttavia, maggior cautela deve essere indirizzata ai neonati estremamente prematuri o di peso estremamente basso (early low birth weight, ELBW, peso alla nascita <1000 g) in cui è preferibile utilizzare un tasso più lento (15-20 ml/kg/die) di progressione dell’alimentazione enterale.

Latte umano, fortificazione e formule per pretermine

Il latte materno è ampiamente riconosciuto come la miglior risorsa nutrizionale per il neonato pretermine (Agostoni, 2010), poichè presenta un maggior contenuto di aminoacidi essenziali (cisteina e taurina), è ricco di nucleotidi e fattori di crescita, il suo contenuto di lipasi favorisce l’assorbimento degli acidi grassi polinsaturi e presenta inoltre un contenuto di oligoelementi a maggiore biodisponibilità. In seguito ad un parto prematuro, la madre produce un latte ad alta concentrazione proteica, diverso rispetto alle madri che partoriscono a termine di gravidanza (Bauer, 2011). I vantaggi dell’allattamento materno per il neonato pretermine comprendono un aumento delle difese immunitarie, un miglioramento della funzione gastrointestinale, con una riduzione del 58% nell’incidenza di NEC (Ip, 2007), un miglioramento a lungo termine del neurosviluppo (Lucas, 1998; Isaacs, 2010) e, in ultima analisi, un maggior benessere psicologico materno. Cristofalo nel 2013 ha inoltre dimostrato

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16 che una alimentazione esclusiva con latte umano è associata ad una durata significativamente minore della nutrizione parenterale. Questi benefici hanno condotto alla creazione di banche del latte per fornire latte umano donato quando il latte materno non è disponibile. Il latte donato solitamente deriva da madri che sono in una fase avanzata della lattazione e che hanno partorito a termine e quindi il latte risulta avere una diversa composizione rispetto a quello prodotto dalle madri di neonati pretermine. Inoltre, i processi di pastorizzazione e conservazione provocano una ulteriore perdita di nutrienti, soprattutto lipidi (Raiten, 2016). Questo problema è in parte superato grazie all’aggiunta di fortificanti, il cui uso è raccomandato anche in presenza di latte materno. Infatti, il suo tenore di proteine, grassi e minerali non è in grado di sopperire alle maggiori necessità nutrizionali di crescita del neonato prematuro, soprattutto in termini di energia e contenuti proteici, ma anche di sodio, fosfato e calcio. L’aggiunta al latte materno si associa ad un significativo miglioramento della crescita sia per il peso che per la lunghezza e la circonferenza cranica, senza effetti avversi significativi. Infatti, al contrario di quanto accade per il latte formulato, l’utilizzo dei fortificanti non si associa ad un maggior rischio di NEC (Kuschel, 2004).

In mancanza di latte materno o di banca, si utilizzano le formule per pretermine: nonostante ci siano state numerose Consensus Conferences, la formula ottimale per il neonato VLBW ancora non è stata trovata. Il quoziente energetico raccomandato è di circa 80 kcal/100 ml, con un contenuto proteico di 3,3-3,6 g/100 kcal. Considerando la scarsa attività enzimatica delle lattasi intestinali, il contenuto di lattosio dovrebbe essere ridotto e rimpiazzato con polimeri del glucosio. Per migliorarne l’assorbimento, il 30-40% dei lipidi dovrebbero essere acidi grassi a media catena. Con un tasso di assorbimento del 50-60%, il contenuto di calcio dovrebbe essere 100-120 mg/100 ml, mentre quello di fosforo 55-65 mg/100 ml (con un tasso di assorbimento vicino al 90%) (De Curtis, 2012).

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17 Nutrizione parenterale e fabbisogni nutrizionali del neonato pretermine

Il supporto della nutrizione parenterale è indicato nei neonati pretermine, per i quali l’ipomotilità intestinale limita la possibilità di un’adeguata alimentazione enterale per almeno 1-2 settimane dopo la nascita. Secondo le attuali linee guida, nel neonato pretermine VLBW è opportuno iniziare la nutrizione parenterale totale (NPT) il primo giorno di vita. Gli incrementi dei macro e micronutrienti devono essere studiati in modo da raggiungere i fabbisogni del neonato in modo rapido e sicuro.

Proteine

L’intake proteico deve essere da subito elevato (>2 g/kg/die di aminoacidi). Questo riduce la frequenza di iperglicemia, inducendo la secrezione endogena di insulina, e stimola la crescita grazie all’incremento contemporaneo dei fattori di crescita insulino-simili; non si associa infine ad un incremento dei marker di sovraccarico aminoacidico, quali acidosi, iperammoniemia, elevati livelli di BUN o iperaminoacidemia (De Curtis, 2012). L’intake proteico deve quindi iniziare sin dal primo giorno con valori di 1,5-3,0 g/kg/die ed avere un incremento giornaliero di 0,5-1 g/kg/die fino a raggiungere 3,5-4 g/kg/die (Martin, 2009). Lipidi

I lipidi sono una componente importante della NP per i neonati VLBW, provvedendo a fornire energia ed acidi grassi essenziali; il primo o secondo giorno di vita si inizia con un intake di 0,5-2 g/kg/die, aumentando nei giorni seguenti fino a raggiungere valori di 3,0-3,5 g/kg/die (Martin, 2009).

Glucidi

Il glucosio è il carboidrato più utilizzato, essendo la maggior fonte energetica, rapidamente utilizzabile dal sistema nervoso. Nei primi giorni di vita i neonati VLBW sono a rischio di iperglicemia, a causa di un’insensibilità dei tessuti all’insulina prodotta dal fegato. La definizione di iperglicemia neonatale è variabile ma generalmente è considerata come il

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18 riscontro di valori ematici di glucosio >150-180 mg/dl; è pertanto opportuno, nei primi giorni di vita, monitorare la glicemia (De Curtis, 2012). Si raccomanda di iniziare con 8,6 g/kg/die, raggiungendo un intake di 14 g/kg/die in 7° giornata di vita (Martin, 2009).

Quoziente energetico

Il quoziente energetico giornaliero (quoziente energetico, QE) raccomandato considerando sia la quota enterale che quella parenterale è di 115-130 kcal/kg/die (Martin, 2009). Va ricordato che durante l’alimentazione parenterale sono sufficienti apporti energetici più bassi, rispetto a quelle dell’alimentazione enterale, in quanto i nutrienti somministrati per via endovenosa vengono completamente assorbiti, la perdita di energia con le feci è insignificante e manca la spesa calorica legata all’azione dinamico-specifica degli alimenti. Comunque in caso di stress e/o patologie associate (sepsi, traumi, interventi chirurgici, ecc) le richieste energetiche possono aumentare del 10-15% (Panero, 2009).

Sodio

Il normale fabbisogno di sodio è di 3-5 mmol/kg/die, ma dobbiamo considerare che, nella prima settimana di vita, neonati con EG <28 settimane, ricevono spesso dosi addizionali di sodio (extra nutrizione parenterale) attraverso le trasfusioni ematiche, il bicarbonato o alcuni farmaci; inoltre solitamente la perdita idrica è maggiore di quella di sodio. Pertanto si raccomanda, nella prima settimana di vita, di monitorare strettamente l’intake di sodio e i suoi livelli ematici. Alcuni autori suggeriscono addirittura di evitare, nei neonati ELBW, la somministrazione di sodio nella prima settimana di vita (De Curtis, 2012).

Potassio

Per quanto riguarda il potassio, il fabbisogno per garantire la crescita del neonato pretermine è di 1-2 mmol/kg/die, e l’intake iniziale dovrebbe essere posticipato al terzo giorno di vita negli ELBW, per il rischio di sviluppare un’iperkaliemia non oligurica a causa dell’immaturità funzionale del tubulo distale (De Curtis, 2012).

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19 Cloro

L’intake di cloro raccomandato è di 2-3 mmol/kg/die (De Curtis, 2012). Calcio e fosforo

Livelli inadeguati di calcio e fosforo sono associati ad una ridotta mineralizzazione ossea nei neonati prematuri nutriti con NPT; è pertanto opportuno garantire apporti adeguati di calcio, fosforo e magnesio, rispettivamente di 75-90 mg/kg/die, 60-67 mg/kg/die, 7,5-10,5 mg/kg/die (De Curtis, 2012).

Bilancio idrico

Il bilancio idrico deve essere calibrato in modo da assecondare la contrazione fisiologica del compartimento extracellulare, evitando sia il sovraccarico idrico che la disidratazione. Si distinguono incrementi in base all’età gestazionale (Figura 4).

Figura 4. Bilancio idrico nel neonato pretermine (Romagnoli, 2013).

La restrizione di crescita extrauterina

Sfortunatamente nonostante i numerosi sforzi per migliorare la nutrizione neonatale dei neonati VLBW, molti di questi non ricevono un intake di nutrienti adeguato, e il risultato è la restrizione di crescita extrauterina (extrauterine growth restriction, EUGR). Infatti, trascorrere in terapia intensiva neonatale quello che corrisponde all’ultimo trimestre di gravidanza, non può equivalere a crescere in utero: gli apporti nutrizionali attualmente raccomandati vengono raggiunti tardivamente e sono difficili da mantenere durante l’ospedalizzazione (Clark, 2003), a causa sia della difficoltà nel nutrire neonati con un

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20 apparato gastroenterico immaturo (con il pericolo dell’insorgenza di enterocolite necrotizzante), sia delle condizioni cliniche spesso critiche, che limitano gli apporti giornalieri. Inoltre il neonato pretermine di alto grado e con basso peso alla nascita si trova esposto all’ambiente extrauterino in un periodo normalmente caratterizzato da una rapida crescita intrauterina: per sopravvivere in tale ambiente si realizza un vero e proprio shift nel dispendio energetico, che verrà destinato non più alla promozione della crescita, ma alle strategie per far fronte alle richieste aumentate di una vita postnatale prematura e inaspettata (Wit, 2006). Infine gli apporti raccomandati sono basati su ciò che è necessario per il mantenimento e la crescita, senza provvedere a rimpiazzare i deficit che si manifestano nelle prime settimane di vita. (Embleton, 2001). Il risultato di tutto questo è chiamato restrizione di crescita extrauterina (extrauterine growth restriction, EUGR), e viene definito come il riscontro di parametri auxologici (peso, lunghezza, circonferenza cranica) ≤10° percentile rispetto alla crescita intrauterina attesa alla dimissione, e cioè ad una età post-mestruale uguale al termine di gravidanza (Figura 5) (Clark, 2003). La sua incidenza aumenta al diminuire del peso alla nascita e dell’età gestazionale (Clark, 2003). Il neonato pretermine con restrizione di crescita extrauterina può essere sia nato piccolo per l’età gestazionale (small for gestational age, SGA: neonato con peso e/o lunghezza alla nascita inferiore al 10° percentile per età gestazionale), che adeguato per l’età gestazionale (appropriate for gestational age, AGA: neonato con peso alla nascita compreso tra il 10° e il 90° percentile per età gestazionale): durante le prime settimane dopo la nascita si sviluppa un grave deficit nutrizionale, nonostante un catch-up growth che qualche volta si riscontra nel secondo mese di ospedalizzazione, che porta talora ad una restrizione di crescita alla dimissione (Clark, 2003). Il deficit nutrizionale ha un effetto negativo non soltanto sul peso, ma anche sulla lunghezza e sulla circonferenza cranica, per tale motivo un neonato pretermine con EUGR

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21 può avere un deficit di crescita che riguarda soltanto uno dei tre parametri auxologici, due di questi oppure tutti e tre.

Figura 5. EUGR per peso alla dimissione in bambini con età gestazionale tra le 24 e le 29 settimane (Ehrenkranz, 1999).

Negli ultimi anni è emerso inoltre il concetto di EUGR dinamico, definito come una restrizione di crescita superiore a 1 DS tra il peso e/o la lunghezza alla nascita e quelli in una fase intermedia di degenza, prima cioè che il peso e/o la lunghezza alla dimissione siano inferiori al 10° percentile (Bertino, 2014). Questa nuova definizione ci permette di identificare in una fase precoce i neonati con tendenza all’EUGR e conseguentemente di tentare opportune modifiche nutrizionali.

Una serie di studi si sono concentrati sull'avvio di una nutrizione parenterale precoce “aggressiva” come mezzo per combattere i primi deficit nutrizionali osservati nei neonati VLBW. Anche l’avvio precoce della nutrizione enterale sembra poter migliorare gli outcome auxologici.

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22 NUTRIZIONE DEL NEONATO A TERMINE

Nutrizione enterale nel neonato a termine

Il latte materno rappresenta universalmente la scelta alimentare ottimale per ogni neonato a termine sano. L’AAP (Kleinman, 2004) e l’European Society for Pediatric Gastroenterology, Hepathology and Nutrition (ESPGHAN) (Agostoni, 2009) affermano che l’allattamento al seno è il modo migliore per sostenere la crescita naturale e lo sviluppo di tutti i neonati. Dovrebbe essere cominciato entro un’ora dalla nascita e dovrebbe essere eseguito “a richiesta”; il latte materno dovrebbe rappresentare l’alimento esclusivo per i primi 6 mesi di vita e successivamente affiancato agli alimenti complementari fino ai 2 anni di età (World Health Organization).

L’allattamento al seno è biologicamente possibile per la maggior parte delle coppie madre-bambino. In rare situazioni, l’allattamento al seno non è possibile o è dannoso per il neonato. Ad esempio, l’HIV materna è una controindicazione relativa all’allattamento al seno, nel senso che risulta eticamente sostituibile quando l’alimento in sostituzione risulta essere accettabile, fattibile, abbordabile, sostenibile e sicuro (World Health Organization). Alcuni farmaci assunti dalla madre, come gli antitumorali, possono essere escreti nel latte in concentrazioni dannose per il neonato. Inoltre, alcune rare malattie metaboliche, come la galattosemia, necessitano di allattamento con latti formulati specifici per evitare complicazioni potenzialmente fatali (Harding, 2017).

Nutrizione parenterale nel neonato a termine

Alcune patologie necessitano di procrastinare l’inizio della nutrizione enterale: tra queste, patologie del sistema nervoso centrale come idrocefalo ed agenesia del corpo calloso, poiché riducono l’attività motoria intestinale (in particolare duodenale), anche in neonati a termine. Anche i neonati asfittici possono presentare una motilità intestinale compromessa e un danno della mucosa che necessitano di una iniziale NP. Altre condizioni cliniche che indicano

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23 l’esecuzione di una NP parziale o totale sono il distress respiratorio, le affezioni congenite malformative (atresie, stenosi, ileo da meconio) che pregiudicano la integrità anatomica del tratto gastrointestinale, la gastroschisi, meno obbligatoriamente nell’onfalocele e nelle patologie intestinali acquisite (enterocolite necrotizzante, peritoniti, volvoli), sia nella fase preoperatoria che postoperatoria (Tabella 1). In queste situazioni patologiche, la NP rappresenta l’unico presidio nutrizionale praticabile (Panero, 2009).

Tabella 1. Indicazioni alla nutrizione parenterale nei neonati a termine.

Patologie di tipo chirurgico (onfalocele, gastroschisi, fistola tracheo-esofagea, ernia diaframmatica, atresia intestinale, ileo da meconio, volvolo, M. di Hirschprung, ecc)

Enterocolite necrotizzante Sindrome dell’intestino corto Distress respiratorio

Insufficienza renale acuta Diarrea intrattabile

Chilotorace e ascite chilosa

Patologie acute o croniche che si accompagnano a intolleranza all’alimentazione enterale

Fabbisogni nutrizionali del neonato a termine

Il latte di donna fornisce dalle 53 alle 70 kcal/100 ml (mediamente 67), di cui l’8% con le proteine, il 42% con i carboidrati e il 50% con i grassi: ciò costituisce il gold standard, visto che la distribuzione ottimale delle calorie per una buona nutrizione del neonato prevede che queste derivino per il 7-16% dalle proteine, per il 35-65% dagli zuccheri e per il 35-55% dai grassi. La richiesta energetica giornaliera di un neonato a termine alla nascita è di circa 30-40 kcal/kg/die: aumenta bruscamente rispetto a quella fetale durante le prime 48 ore di vita, quindi più gradualmente nel corso delle prime settimane fino a valori di 100-120 kcl/kg/die.

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24 L’apporto di carboidrati consigliato è pari a 8-12 g/100 kcal (9-14 g/kg/die), rappresentati in gran parte da lattosio ed, eventualmente, da glucosio e suoi polimeri.

Il neonato allattato al seno riceve un apporto proteico giornaliero che oscilla tra 2,09 g/kg nel primo mese a 1,09 g/kg nel quarto. Le formule standard per neonati a termine contengono un minimo di 2,2 g/100 kcal di proteine,circa il 25% in più rispetto al latte di donna, per garantire un aminoacidogramma simile.

Il fabbisogno complessivo di lipidi viene stimato intorno ai 3,5-6 g/kg/die. Gli acidi grassi rappresentano la componente principale dei lipidi del latte materno e la loro composizione è influenzata dalla dieta materna (Panero, 2009).

La nutrizione del bambino colpito da un danno acuto (sepsi, trauma, intervento di chirurgia maggiore) è ostacolata da alterazioni metaboliche importanti, che modificano la capacità di utilizzazione dei nutrienti (Mirabile, 2012).Per avere una stima delle richieste energetiche di può ricorrere all’utilizzo della calorimetria indiretta che, tramite la misurazione del volume consumato di O2 e del volume della CO2 prodotta nei pazienti ventilati, ci fornisce il valore del quoziente respiratorio. Questa misurazione non invasiva, che può essere eseguita in fasi diverse della malattia, si può perfezionare aggiungendo la misurazione dell’azoto urinario escreto, e quindi calcolando il bilancio azotato per avere una precisa valutazione dell’utilizzazione dei substrati (Shils, 2006). Questo metodo ci permette così di individuare se il paziente è in fase ipermetabolica o ipometabolica, e, di conseguenza, consente di somministrare la quantità adeguata di calorie. In tal modo evitiamo di andare incontro all’overfeeding o all’underfeeding. Per fornire al piccolo paziente una nutrizione adeguata durante il periodo acuto dobbiamo raggiungere un compromesso con altre esigenze che si presentano in questa fase: la necessità di attuare una fluidorestrizione (da tenere presenti anche i fluidi somministrati con la terapia) e le complicanze dovute alle intolleranze gastrointestinali (Rogers, 2003). Per far fronte a queste difficoltà è necessario utilizzare la

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25 nutrizione parenterale a una concentrazione maggiore e utilizzare formule enterali a bassa osmolarità (che hanno tolleranza maggiore). In caso di nutrizione parenterale totale (NPT), la distribuzione calorica va ripartita tra i nutrienti in percentuali ben definite: glucosio 60-70% (dose massima 15-20 g/kg/die), aminoacidi 10-15% (dose massima 2,5-3,5 g/kg/die), lipidi 20-30% (dose massima 3 g/kg/die). Oltre all’apporto idrico, ai nutrienti e all’apporto elettrolitico, l’alimentazione parenterale va completata con un equilibrato apporto di vitamine, acido folico, fruttosio 1,6-difosfato e oligoelementi (Mirabile, 2012).

Nelle figure seguenti vengono schematicamente riportati le linee guida dell’American Society for Parenteral and Enteral Nutrition (ASPEN) (August, 2002) e dell’ESPGHAN insieme all’European Society for Clinical Nutrition and Metabolism (ESPEN), riguardo gli apporti per la nutrizione parenterale (Tabella 2), l’apporto idrico (Tabella 3), il fabbisogno elettrolitico (Tabella 4) e il fabbisogno di oligoelementi (Tabella 5) e vitamine (Tabella 6) raccomandati per i neonati pretermine e per i neonati a termine (Koletzko, 2005).

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26 Tabella 2. Apporti raccomandati per la nutrizione parenterale in neonati pretermine, secondo le linee guida ASPEN ed ESPEN/ESPGHAN.

ASPEN, 2002 ESPGHAN/ESPEN, 2005 APPORTI Fase iniziale (primi 3 giorni) Fase di crescita stabile energetico (kcal/kg/die) 50-60 100-120 110-120 lipidico (g/kg/die) 3-4 glucidico (g/kg/die) 8-11 14-20 6-12 proteico (g/kg/die) 1-1,5 3,5-4 1,5-4

Tabella 3. Fabbisogno elettrolitico in neonati pretermine ed a termine, secondo le linee guida ESPEN/ESPGHAN.

Fase iniziale

(primi 7 giorni) Fase intermedia

Fase stabile di crescita Pretermine <1500 g Pretermine >1500 g A termine Pretermine <1500 g Pretermine >1500 g A termine Pretermine A termine Na+ (mmol/kg/die) 0-3 0-3 0-3 2-3 3-5 2-5 3-5 2-3 K+ (mmol/kg/die) 0-2 0-2 0-2 1-2 1-3 1-3 2-5 1,5-3 Cl- (mmol/kg/die) 0-5 0-5 0-5 2-3 3-5 2-3 Ca++ (mg/kg/die) (mmol/kg/die) 32 0,8 P (mg/kg/die) (mmol/kg/die) 14 0,5 Mg (mg/kg/die) (mmol/kg/die) 5 0,2

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27 Tabella 4. Apporto idrico (ml/kg/die) raccomandato in neonati pretermine e a termine, secondo le linee guida ESPEN/ESPGHAN.

giorno giorno giorno giorno giorno giorno Fase intermedia Fase stabile di crescita Pretermine <1500 g 80-90 100-110 120-130 130-150 140-160 160-180 140-180 140-160 Pretermine >1500 g 60-80 80-100 100-120 120-150 140-160 140-160 140-160 140-160 A termine 60-120 80-120 100-130 120-150 140-160 140-180 140-170 140-160

Tabella 3. Fabbisogno di oligoelementi in neonati pretermine ed a termine secondo le linee guida ASPEN ed ESPEN/ESPGHAN.

ASPEN, 2002 ESPGHAN/ESPEN, 2005

(parenterale)

(µg/kg/die) Enterale Parenterale Pretermine A termine

Cromo 2,5 0,2 \ Rame \ 20 20 Iodio 40-50 1 1 Manganese 1 (max 50) Molibdeno 1 0,25 (max 5) Selenio 2-3 Zinco 450-500 250

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28 Tabella 4. Fabbisogno di vitamine in neonati secondo le linee guida ASPEN ed ESPEN/ESPGHAN.

ASPEN, 2002 ESPGHAN/ESPEN, 2005

Enterale Parenterale Parenterale

Vitamina A 375 µg 700 µg 150-300 µg/kg/die

Vitamina D 7,5-10 µg 10 µg (400 UI) 0,8 µg/kg/die (32 UI/kg/die)

Vitamina E 3-4 mg 7 mg 2,8-3,5 mg/kg/die

Vitamina K 5-10 µg 200 µg 10 µg/kg/die

Acido ascorbico 30-35 mg 80 mg 15-25 mg/kg/die

Tiamina 0,3-0,4 mg 1,2 mg 0,35-0,50 mg/kg/die Riboflavina 0,4-0,5 mg 1,4 mg 0,15-0,2 mg/kg/die Piridossina \ \ 0,15-0,2 mg/kg/die Niacina 5-6 mg 17 mg 4-6,8 mg/kg/die Vitamina B6 0,3-0,6 mg 1 mg \ Vitamina B12 0,3.0,5 µg 1 µg 0,3 µg/kg/die

Acido pantotenico 2-3 mg 5 mg 1-2 mg/kg/die

Biotina 10-15 mg 20 mg 5-8 mg/kg/die

Acido folico 25-35 µg 140 µg 56 µg/kg/die

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29 LA NUTRIZIONE PARENTERALE: ASPETTI PRATICI

La terapia nutrizionale è un processo complesso che richiede l’interazione di diverse figure professionali (Figura 6): comporta la selezione del miglior regime nutrizionale per il singolo neonato, la prescrizione al servizio di Farmacia, la preparazione, l’erogazione e la somministrazione della sacca di NP e il monitoraggio del piccolo paziente.

Figura 6. Terapia nutrizionale: processo interdisciplinare (Boullata, 2012).

Modalità di prescrizione

La prescrizione della NP può avvenire attraverso un modulo standardizzato o non, compilato a mano o trascritto al computer. Ultimamente è sempre più frequente il ricorso a prescrizione elettronica con programmi dedicati. Da una indagine condotta nel 2013, risultava che: la prescrizione tramite compilazione a mano di un modulo standardizzato è un evento ancora molto comune (62,1% degli intervistati). Solo il 32.7% delle istituzioni usa un programma elettronico per la richiesta alla Farmacia e di questi solo il 50% hanno un processo

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30 standardizzato. L’81% delle istituzioni trascrive le prescrizioni manualmente (Boullata, 2013).

Verifica e revisione della prescrizione della sacca

Prima di preparare la sacca di NP in base alla prescrizione, un farmacista esperto dovrà verificare e rivedere l'ordine. Il processo di verifica assicura che l'ordine di NP sia completo e opportuno, che qualsiasi trascrizione sia corretta e che per un nuovo paziente sia stato inserito il motivo della NP, il peso e il mezzo di somministrazione. Il processo di revisione include due aspetti: una revisione clinica, che valuta che la dose di ogni macro o micronutriente sia appropriato per il singolo paziente, e una revisione farmaceutica, che valuta che i componenti prescritti siano compatibili e che la preparazione sia stabile. Questo è un processo che richiede molto tempo, anche quando non ci sono chiarimenti da richiedere al medico riguardo le sacche prescritte; richiede pertanto che ci sia un farmacista dedicato alla preparazione delle sacche di NP ogni giorno, per almeno una parte della giornata (Boullata, 2012).

Preparazione

Quando la sacca di NP è composta da prodotti sterili commercialmente disponibili, è considerata un preparato sterile a medio rischio. Il farmacista ha la responsabilità di seguire rigorosamente gli standard, le linee guida e le raccomandazioni relative alla composizione e alla consegna di preparati sicuri. Le sacche possono essere composte manualmente o utilizzando miscelatori automatizzati. L'eventuale inserimento manuale di ordini nel sistema informatico di farmacia e quindi nel miscelatore automatizzato deve essere verificato se non esiste un'interfaccia elettronica. Un vantaggio dell'automazione è quello di lavorare alla preparazione con dei limiti di dose, utile non solo al momento dell’inserimento dell’ordine, ma anche al momento della revisione del composto (Boullata, 2012).

Le incompatibilità chimico-fisiche sono gli “incidenti” di maggior evidenza nelle NP non correttamente formulate. Per incompatibilità si intende l’interferenza tra due componenti della

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31 formulazione, che comporta una denaturazione di uno o entrambi i componenti, con eventuale formazione di un precipitato, o un’alterazione delle caratteristiche chimico-fisiche della soluzione, che avviene nell’arco di tempo di validità (o di utilizzo) della formulazione. Le incompatibilità più frequentemente riscontrate nella NP possono essere così riassunte:

 tra calcio e fosfati,  tra magnesio e fosfati,

 tra aminoacidi e glucosio per lunghi periodi di conservazione (reaz. di Maillard),  tra cisteina e glucosio in presenza di ossigeno (ossidazione a cistina e D-glucocisteina),  tra acido folico e vit. B12 (formazione di precipitati per pH <5),

 tra vitamina C e vit. B12, acido folico, rame, zinco e selenio.

Tali incompatibilità non sono assolute, ma correlate a specifiche variabili, quali la relativa concentrazione nel volume finale, il pH, l’osmolarità, il grado di dissociazione del sale scelto, la temperatura della soluzione, la sequenza di riempimento, la presenza di altri composti con funzioni di tampone (composizione e concentrazione della miscela aminoacidica, concentrazione di glucosio) o di innesco (sodio bisolfito, esposizione alla luce, ecc…). Pur risultando l’esito di un fenomeno complesso, le reazioni di incompatibilità sono spesso prevedibili e perciò evitabili (Gruppo di Studio Nutrizione e Metabolismo della Società Italiana Di Neonatologia, 2000).

Erogazione della sacca dalla farmacia

Questa parte del processo prevede l'etichettatura, la consegna e lo stoccaggio delle sacche di NP, prima della somministrazione. L'etichetta dovrebbe indicare tutti gli elementi della prescrizione, utilizzando gli stessi termini e nello stesso ordine. Al posto dell'elenco di ogni singolo amminoacido e acido grasso, è possibile includere il nome del prodotto commerciale utilizzato. Deve essere inclusa sull'etichetta una data di scadenza. La sacca deve essere

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32 refrigerata prima della somministrazione e tenuta protetta dalla luce anche durante la somministrazione (Boullata, 2012).

Somministrazione

La via di somministrazione della nutrizione parenterale può essere, a seconda dell’osmolarità, sia periferica che centrale. In neonatologia, nei primi giorni di vita del neonato, generalmente si sceglie come accesso venoso centrale la vena ombelicale. Nei giorni successivi, vengono utilizzati cateteri centrali ad accesso periferico (PICC, peripherally inserted central catheter), inseriti attraverso le vene degli arti superiori o inferiori e che giungono rispettivamente in vena cava superiore o inferiore (Romagnoli, 2013).

Complicanze

Quando si è iniziata ad utilizzare, alla NP è stata attribuita un’incidenza di complicanze molto elevata, fino al 65%, con una mortalità dell’8,4%. Successivamente, a seguito dell’esperienza, dello sviluppo di nuove tecnologie e di nuovi preparati nonché di più accurati sistemi di monitoraggio, la morbosità associata alla NP si è considerevolmente ridotta, pur rimanendo tale da consigliare l’adozione di questa tecnica solo ai centri che abbiano adeguati requisiti di supporto. Le complicanze della NP possono essere secondarie agli squilibri metabolici, alla via di infusione e/o alle infezioni (De Curtis, 2006).

Complicanze metaboliche

 da somministrazione di glucosio: comunemente sono rappresentate da ipo o iperglicemia; i neonati hanno scarsi depositi di glicogeno ed una limitata capacità alla glicogeno lisi, associati ad una resistenza insulinica di tipo periferico;

 da somministrazione di proteine: vanno valutate azotemia e creatinina, che se risultano aumentate in assenza di insufficienza renale, danno indicazione per un aumento di fluidi;  da somministrazione di lipidi: è rappresenta essenzialmente dall’iperlipidemia (trigliceri

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33 epatici. Ancora discussa è, invece, l’iperbilirubinemia da uso di lipidi: gli acidi grassi liberati durante l’idrolisi potrebbero spostare la bilirubina dal carrier albumina aumentando il rischio di ittero nucleare. Studi in vivo hanno dimostrato che un rapporto molare di meno di 6 tra acidi grassi liberi e albumina non si associa a spiazzamento della bilirubina (Andrew, 1976) e nella pratica clinica, con l’apporto di lipidi generalmente utilizzato, è molto improbabile che si arrivi ad un rapporto molare acidi grassi liberi/albumina maggiore di 3 (Adamkin, 1992; Brans, 1987) . Non esiste inoltre alcun dato di letteratura che abbia attribuito un’aumentata incidenza di ittero nucleare all’uso di lipidi endovena nel prematuro.

 deficit di elettroliti ed oligoelementi: molte carenze di elettroliti ed oligoelementi sono secondarie ad errato monitoraggio e supplementazione. Un attento monitoraggio del bilancio idro-elettrolitico è necessario per evitare carenze;

 effetti epatici: la colestasi o ittero colestatico, è la complicanza più frequente e in seguito alla somministrazione di NP. Generalmente si manifesta dopo 2–6 settimane di trattamento e può evolvere in cirrosi biliare o problemi al fegato. Si può vedere lieve epatomegalia ed un aumento della bilirubinemia coniugata, seguiti da aumento nel sangue di fosfatasi alcalina e transaminasi. Le esatte cause degli effetti epatici della NP sono sconosciute, ma possono essere correlate alla somministrazione di aminoacidi, mancanza di alimentazione enterale e sovraccarico calorico. L’inizio della nutrizione enterale, anche a minime dosi, deve essere il più precoce possibile per stimolare la produzione di ormoni e secrezioni biliari. Quando la prosecuzione della NP è necessaria, per il controllo della colestasi è necessario: evitare l’eccesso di calorie da somministrare (sovra-alimentazione), provvedere ad un mix di calorie (destrosio, proteine e lipidi) in quantità appropriatamente bilanciate, provvedere alla stimolazione enterale, anche minima, quando possibile.

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34 Complicanze meccaniche

Le più frequenti sono dovute ad un improprio posizionamento del catetere; per limitare le conseguenze, si procede, dopo inserimento, a controllo radiografico, per verificare il corretto posizionamento. Tali complicanze sono rappresentate da: embolia gassosa, perforazione della parete atriale con possibilità di tamponamento cardiaco e idrotorace, formazione di trombi o coaguli di fibrina, flebite, stravaso di infusione, dislocazione del catetere o formazione di precipitati, rottura del catetere. Un’appropriata manutenzione è fondamentale per diminuire la possibilità di occlusione. Il sito d’ingresso e il decorso sottocutaneo del PICC devono essere ispezionati accuratamente più volte al giorno.

Complicanze infettive

I cateteri venosi centrali più utilizzati sono il catetere ombelicale ed il catetere percutaneo. Il primo ha maggiore incidenza di infezioni poiché la vena ombelicale è a contatto diretto con l’ambiente esterno non essendoci alcuna barriera di protezione cutanea o sottocutanea tra i due. Il secondo è una via venosa più sicura poiché una eventuale infezione del punto di ingresso incontra prima uno strato sottocutaneo, poi una vena periferica lontana dai grossi vasi. L’incidenza di complicanze infettive è inversamente proporzionale all’età gestazionale ed è correlata alla durata della NP. Per ridurre il rischio infettivo è importante effettuare:  monitoraggio stretto dei segnali di infezione (febbre, instabilità termica, aumento

irritabilità, arrossamento nel punto di inserzione del catetere);

 cambio della medicazione ogni 2-3 giorni. E’ consigliabile utilizzare cerotto semipermeabile trasparente in poliuretano che permette un osservazione costante del sito ed una limitazione delle manovre infermieristiche;

 appropriata tecnica asettica durante il cambio delle soluzioni infusive;  utilizzo di appositi presidi o soluzioni antisettiche intorno ai connettori;

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35  limitare al massimo la durata di utilizzo del PICC quando non è più essenziale. (O'Grady,

2011).

Rischio clinico e nutrizione parenterale

L’uso appropriato della NP mira a garantire una adeguata crescita del neonato, minimizzando il rischio potenziale di eventi avversi. Con 20-40 diversi ingredienti attivi la NP è tra le preparazioni di farmaci più complesse; nonostante sia classificata e riconosciuta essere un trattamento ad alto rischio, solo il 58% delle istituzioni dispone di precauzioni per prevenire errori e danni al paziente associati all’uso della NP (Institute for Safe Medication Practices, 2012).

Le complicanze possono verificarsi sia come risultato della terapia nutrizionale di per sé, che della preparazione della NP. Come si è visto precedentemente, il processo di creazione della sacca di NP è un processo interdisciplinare: la prescrizione, la revisione, la preparazione (compresa la composizione, l'etichettatura e l'erogazione) e la somministrazione della NP sono dipendenti dalle competenze di diverse figure professionali (Figura 6). Sacks nel suo lavoro del 2009 ha documentato l’incidenza di prescrizioni errate, errori del sistema operativo, errori di trascrizione delle prescrizioni, preparazione errata delle formulazioni e somministrazioni non corrette. Su un totale di 4730 prescrizioni di NP, 74 (1.6% del totale) presentavano errori: 1 (1%) di prescrizione, 29 (39%) di trascrizione, 18 (25%) di preparazione e 26 (35%) di somministrazione. Di questi, 67/74 (91%) non sono risultati dannosi per il paziente, 7/74 (9%) hanno contribuito o provocato danno temporaneo per il paziente. L'incidenza complessiva degli errori durante lo studio è stata di 15.6 errori/1000 prescrizioni di nutrizionali parenterali. Gli errori di trascrizione si sono verificati durante l'inserimento di ordini scritti a mano nel sistema informatico o durante il reinserimento nel dispositivo di miscelazione e includevano omissioni di componenti o la selezione di un elettrolita non corretto o di una soluzione di aminoacidi errata. Gli errori di preparazione

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36 emergevano quando la trascrizione era corretta ma l'etichetta finale non corrispondeva all'ordine scritto e consisteva in errori di elettroliti, farmaci o macronutrienti. Gli errori di somministrazione derivano da procedure infermieristiche, incluse la mancanza di utilizzo del filtro o la programmazione di velocità non corrette.

Nel tentativo di ridurre l’incidenza di errori, l’ American Society for Parenteral and Enteral Nutrition (ASPEN) ha pubblicato nel 2014 linee guida e raccomandazioni di sicurezza sull’uso della NP, riassunte in Figura 7. Le linee guida ASPEN sono state costruite seguendo il metodo delle checklist, suggerito nel 2009 da Gawande nel suo libro The Checklist manifesto: How to Get Things Right (Gawande, 2009): la task force ASPEN ha creato una serie di checklist per supportare la comunicazione, lo sviluppo di protocolli e la sicurezza riguardo a prescrizione, revisione degli ordini, compilazione e somministrazione della NP.

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37 Figura 7. A.S.P.E.N. Parenteral Nutrition Safety Consensus Recommendations: Translation Into Practice (Ayers, 2014).

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38 FORMAZIONE IN SIMULAZIONE

La simulazione è una tecnica basata sulla riproduzione virtuale di situazioni reali o la realizzazione di situazioni potenzialmente tali. Il suo impiego risale all’inizio del ‘900 in aviazione con l’invenzione dei primi simulatori di volo in risposta alla necessità di misurarsi con potenziali situazioni di emergenza del mondo reale altrimenti non sperimentabili o in condizioni di assenza di rischio. Negli anni ’80, di seguito all’intuizione di un anestesista-pilota americano, David Gaba, la simulazione è stata introdotta nella formazione in ambito sanitario (Gaba, 1988).

Obiettivo primario della simulazione in ambito sanitario è la “sicurezza” del paziente e la necessità di creare uno standard qualitativo assistenziale dominato dalla “cultura della sicurezza” attraverso il miglioramento delle abilità operative tecniche e delle capacità comunicative degli operatori sanitari.

La formazione in simulazione si basa su due concetti fondamentali. Il primo riguarda il fatto che nella vita quotidiana non lavoriamo quasi mai da soli: la squadra è talvolta invisibile, ma coinvolge molte figure professionali differenti. Il secondo riguarda gli errori: un incidente, che a volte diventa drammatico, non è mai la conseguenza di un singolo errore, ma è spesso l'ultimo evento di una catena di confusioni, di irregolarità o di negligenza di più persone. È il cosiddetto “Swiss cheese model” (modello a formaggio svizzero): un certo numero di fori/errori in linea consentono l'evento finale (Reason, 2000). L’obiettivo della formazione in simulazione è permettere alla squadra di evitare i “buchi” per non creare il danno.

Nel 2008 è stato creato all’interno dell’U.O. di Neonatologia, un Centro per la formazione avanzata e la simulazione neonatale (Centro “NINA”) ed è stata intrapresa da un gruppo di medici la strada della formazione con la simulazione (Cuttano, 2011). Da allora i formatori del Centro hanno effettuato corsi di addestramento differenziati per tutto il personale sanitario di sala parto (neonatologi, pediatri, ginecologi, anestesisti, medici in formazione, ostetriche,

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39 infermiere pediatriche) sia dell’AOUP che degli ospedali di Area vasta di I e II livello, per insegnare a stabilizzare un neonato critico.

Negli anni si è poi assistito ad un cambiamento di approccio, dove la simulazione si è legata sempre più a doppio filo all’analisi e alla prevenzione del rischio clinico. Vi è stato il passaggio, attraverso una migliore comprensione della metodologia della simulazione, da una simulazione relegata all’uso di manichini interattivi o alla sola rianimazione, ad una simulazione considerata come stimolo continuo verso l’analisi e il cambiamento, in tutte quelle situazioni dove il rischio “occorso" o “eventuale" viene minimizzato e, se possibile, azzerato.

La formazione in simulazione risulta quindi ad oggi applicabile ai più svariati ambiti della medicina, dalla rianimazione neonatale con i manichini ad alta fedeltà, alla simulazione in ambito chirurgico con i robot, alla realtà virtuale e i sistemi di percezione aptica, fino alla simulazione con l’utilizzo di programmi informatici per la riproduzione di scenari tipici.

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OBIETTIVI

Obiettivo primario, preclinico, di questo lavoro è stato quello di progettare e creare, grazie ad una collaborazione tra i neonatologi e gli ingegneri della Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana (AOUP), un programma computerizzato (Computerized physician order entry, CPOE) di interfaccia diretta con la farmacia, inserito all’interno della cartella clinica elettronica, per la prescrizione elettronica della nutrizione parenterale. Di pari passo sono stati revisionati i protocolli interni per la prescrizione della nutrizione parenterale, basati sui fabbisogni dei neonati pretermine e a termine.

Come secondo obiettivo ci siamo posti quello di verificare la funzionalità del sistema e contemporaneamente di formare il personale medico della U.O. Neonatologia di Pisa tramite sessioni di simulazione.

Infine abbiamo fissato obiettivi per la parte della fase clinica dello studio, che sono:

 efficacia nel raggiungere all’interno della sacca la quantità di macronutrienti ritenuta ottimale per il singolo paziente;

 ridurre l’incidenza degli interventi di aggiustamento alla composizione delle sacche in seguito a revisione delle prescrizioni da parte della farmacia;

 ridurre il rischio di errori per una miglior sicurezza dei piccoli pazienti;  ridurre i tempi di prescrizione;

 ridurre la frequenza di disturbi elettrolitici, delle dislipidemie e degli episodi di colestasi;  ridurre il numero degli episodi di iperglicemia che richiedono trattamento insulinico;  ridurre il tempo necessario a raggiungere la nutrizione enterale totale;

 personalizzare le prescrizioni di nutrizione parenterale in neonati con rischio di EUGR o patologie particolari (es. insufficienza renale), per migliorarne l’outcome clinico-auxologico.

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