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Trattamento HPP (High Pressure Processing) o "pastorizzazione fredda" ad alta pressione: applicazioni nel settore alimentare

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FACOLTÀ DI MEDICINA VETERINARIA

Dipartimento di Scienze Veterinarie

SCUOLA DI SPECIALIZZAZIONE IN

ISPEZIONE DEGLI ALIMENTI DI ORIGINE ANIMALE

Trattamento HPP (High-Pressure Processing)

o “pastorizzazione fredda” ad alta pressione:

applicazioni nel settore alimentare

Relatore Candidata

Dott.ssa Francesca Pedonese Federica Di Federico

(2)

Sopra la mia soglia

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INDICE

RIASSUNTO/ABSTRACT

... 1

CAPITOLO 1. CONSIDERAZIONI GENERALI SUL TRATTAMENTO HPP (HIGH-PRESSURE PROCESSING)

... 2

1.1 Le nuove tendenze alimentari ... 2

1.2 Le alte pressioni idrostatiche ... 3

1.3 Cenni storici ... 7

CAPITOLO 2. TRATTAMENTI CON LE ALTE PRESSIONI

... 8

2.1 Meccanismo delle alte pressioni ... 8

2.2 Effetti delle alte pressioni ... 12

2.2.1 Azione sulla componente acquosa

... 12

2.2.2 Azione sui microrganismi

... 13

2.2.3 Azione su parassiti e virus

... 17

2.2.4 Azione sugli enzimi

... 18

2.2.5 Azione su colore, struttura e consistenza

... 20

CAPITOLO 3. LE ALTE PRESSIONI NEL SETTORE ALIMENTARE

... 23

3.1 Esempi di applicazioni della tecnologia HPP a prodotti della

salumeria tradizionale italiana ... 23

3.1.1 Valutazione della tecnologia HPP come trattamento post-letale per il controllo di Listeria monocytogenes in Prosciutto di Parma

... 23

3.1.2 Applicazione della tecnologia HPP per l’inattivazione di Salmonella e Listeria monocytogenes in coppa stagionata ... 27

3.1.3 Utilizzo della tecnologia HPP come trattamento letale o post-letale per il controllo di microrganismi patogeni in Bresaola della Valtellina

.... 32

3.2 Applicazione della tecnologia HPP nel settore ittico ... 37

3.3 Applicazione della tecnologia HPP nel comparto ortofrutticolo .... 45

(4)

CAPITOLO 4.

IL TRATTAMENTO HPP COME REQUISITO PER I PRODOTTI

ALIMENTARI DESTINATI ALL’EXPORT U.S.A.

... 59

CAPITOLO 5. CONCLUSIONI

... 64

BIBLIOGRAFIA

... 68

SITOGRAFIA

... 82

RIFERIMENTI NORMATIVI

... 82

RINGRAZIAMENTI

... 84

(5)

1

RIASSUNTO/ABSTRACT

La tecnologia ad alte pressioni idrostatiche (HPP) è un nuovo metodo di conservazione degli alimenti, nel quale un prodotto viene sottoposto ad un elevata pressione tale da portare all’inattivazione di alcuni microrganismi ed enzimi responsabili della riduzione della shelf-life di un prodotto. Trattare gli alimenti mediante questa tecnologia offre una valida alternativa ai convenzionali processi termici poiché viene effettuato a temperatura ambiente o prossima a questa, quindi, eliminando gli effetti avversi del calore, mantiene le caratteristiche sensoriali e nutrizionali del cibo come fosse fresco. Questo documento evidenzia i principi salienti dell’HPP, delle apparecchiature sviluppate per la lavorazione degli alimenti, i meccanismi di inattivazione microbica, l’effetto del trattamento a pressione sui costituenti alimentari e le applicazioni di alta pressione sui prodotti commercializzati dall'industria alimentare. La tecnologia HPP è uno dei processi non termici più promettenti.

High-Pressure Processing (HPP) is a novel method of preservation of food products, in

which a product is subjected to very high pressure, leading to the inactivation of certain microorganisms as well as enzymes responsible for shortening the shelf-life of a product. Processing of foods by this technology offers an alternative to thermal processing as it is carried out at or near room temperature, thus, eliminating the adverse effects of heat and keeps the sensory and nutritional attributes of the food “fresh like”. This paper highlights the salient principles of HPP, equipment developed for food processing, microbial inactivation mechanisms, effect of pressure treatment on food constituents and applications of high pressure on products marketed by the food industry. HPP technology is one of the most promising non-thermal processes.

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1

CONSIDERAZIONI GENERALI

SUL TRATTAMENTO HPP

(HIGH-PRESSURE PROCESSING)

1.1 Le nuove tendenze alimentari

Dall’analisi dei dati raccolti nel Primo Rapporto Censis sull’evoluzione delle abitudini alimentari degli italiani redatto insieme a Coldiretti (Primo Rapporto sulle abitudini alimentari degli italiani, 2010), emergono con chiarezza i cambiamenti e le novità nei gusti e nelle preferenze degli italiani a tavola. È lo stesso Censis a parlare di “politeismo alimentare”, non esiste più infatti un singolo orientamento ben riconoscibile nelle scelte di consumo e di spesa della popolazione, ma al contrario queste appaiono “soggettive, eterogenee, mutevoli, tendenzialmente più ecosociali ed ecoresponsabili”, nel complesso più attente alla proprietà degli alimenti e alla sicurezza di quanto si porta in tavola.

I fattori che nello specifico tendono maggiormente ad orientare le scelte sono, da un lato, il crescente interesse per prodotti di qualità in un’ottica salutista di benessere per l’organismo e, dall’altro, la sicurezza alimentare, che porta a prediligere prodotti sottoposti a controlli attenti e rigorosi.

Dal Rapporto Censis emerge inoltre il crescente interesse per prodotti già pronti (preparati o semi-preparati) e Ready-to-Eat, motivato non solo, o non tanto, da ragioni di risparmio economico quanto piuttosto dal notevole guadagno di tempo che consentono al consumatore.

Si può affermare quindi che l’evoluzione nelle preferenze alimentari nella popolazione italiana ha determinato notevoli cambiamenti e novità che hanno progressivamente orientato il mercato verso la produzione di prodotti freschi e naturali. A contribuire in tale senso è stata anche l’introduzione di specialità e abitudini alimentari importate da altri Paesi e culture culinarie soprattutto per quanto riguarda il consumo di prodotti ittici e pesce crudo.

L’industria alimentare ha risposto a queste nuove esigenze di consumo orientandosi verso lo sviluppo e l’applicazione di processi produttivi innovativi che le consentano di portare

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3

sul mercato prodotti quanto più possibile inalterati rispetto alle caratteristiche originarie dell’alimento, sia per quanto concerne i valori nutrizionali che le proprietà sensoriali (gusto, freschezza, colore, odore ecc.).

È in quest’ottica che si inquadra lo sviluppo del trattamento HPP (High-Pressure

Processing), una modalità di processazione, conservazione e sterilizzazione degli alimenti

in grado di ridurre al minimo le modificazioni nelle caratteristiche originarie dell’alimento.

1.2 Le alte pressioni idrostatiche

Il deterioramento è un processo naturale di invecchiamento e alterazione che riguarda tutti i prodotti alimentari. Attraverso questo processo, a causa dell’azione di microrganismi, si verificano modificazioni, chimiche e biologiche, che determinano cambiamenti nelle caratteristiche sensoriali nell’alimento: odore, sapore, colore, consistenza.

Le numerose tecniche di conservazione che nel corso dei secoli sono state elaborate e applicate sugli alimenti hanno quindi il compito di conservarne il più a lungo possibile i caratteri organolettici originari e limitarne al minimo i diversi processi alterativi.

Le principali tecniche di stabilizzazione si possono riassumere come riportato nella seguente tabella (Tabella 1).

Tabella 1 - Tecnologie di conservazione degli alimenti (fonte: Canforini, 2015)

Metodi fisici

Tradizionali ➢ Basse temperature ➢ Refrigerazione

➢ Congelamento ➢ Alte temperature ➢ Pastorizzazione

➢ Sterilizzazione ➢ Disidratazione ➢ Concentrazione

➢ Essiccamento ➢ Liofilizzazione ➢ Variazione di atmosfera ➢ Conservazione

sottovuoto

➢ Ambiente modificato ➢ Radiazione ➢ Radiazioni ionizzanti

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4

L’High-Pressure Processing (HPP) è un metodo di conservazione e sterilizzazione dei prodotti alimentari non termico. In sostanza si tratta di un processo di alta pressione a freddo in cui vengono applicate pressioni idrostatiche che possono raggiungere i 6000 bar.

In questo tipo di processo il prodotto è quindi soggetto ad un’altissima pressione, tale da portare all’inattivazione di determinati microrganismi ed enzimi nell’alimento.

L’HPP è un’alternativa relativamente nuova rispetto al convenzionale processo termico utilizzato dall’industria alimentare. Proprio il fatto di non necessitare di alte temperature per l’inattivazione delle forme microbiche nell’alimento ne permette la pastorizzazione a temperatura ambiente o ad una temperatura molto vicina a questa. In molti casi, infatti, i processi termici di conservazione determinano una serie di modificazioni indesiderate che possono provocare cambiamenti significativi nelle caratteristiche originarie del prodotto (Rovere, 1995).

Gli alimenti sottoposti a tale trattamento conservano pressoché intatte le caratteristiche del prodotto fresco. L’HPP permette infatti la distruzione dei microrganismi senza che questo abbia effetti negativi su sapore, colore o sui principi nutrizionali. Ciò significa che

Innovativi ➢ Alte pressioni

➢ Ultrasuoni

➢ Riscaldamento ohmico ➢ Campi elettrici pulsati

Metodi chimici

Tradizionali ➢ Conservanti naturali ➢ Salagione

➢ Uso di zucchero ➢ Uso di alcool ➢ Uso di aceto ➢ Uso di olio

➢ Conservanti artificiali ➢ Uso di additivi chimici Innovativi ➢ Batteriocine ➢ Chitosani Metodi fisico-chimici ➢ Affumicamento ➢ Active packaging Metodi biologici ➢ Fermentazioni

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5

le proprietà organolettiche e nutrizionali del prodotto non vengono intaccate offrendo quindi notevoli vantaggi rispetto al tradizionale processo di sterilizzazione termica.

Le ricerche condotte sull’applicazione dell’HPP sono iniziate alcuni decenni fa e hanno dimostrato come tale trattamento sia in grado, ad esempio, di allungare la shelf-life del latte sebbene la ricerca sulla standardizzazione del trattamento ad alta pressione dei prodotti caseari sia attualmente ancora in corso.

L’HPP si è dimostrata efficace anche nel miglioramento nella qualità dei prodotti trattati, ad esempio tramite modificazioni reologiche che possono risultare in effetti benefici sull’alimento sia sul piano sensoriale che strutturale.

Come sottolineato in precedenza, la qualità e la sicurezza dei prodotti sono oggi tra i fattori che maggiormente influenzano le scelte dei consumatori in campo alimentare, fattori che non possono non essere presi in considerazione dal mercato. È di assoluta importanza quindi per l’industria alimentare continuare a ricercare metodi e trattamenti sempre più efficaci per ridurre al minimo i cambiamenti e le modificazioni negli alimenti legate ai processi di produzione e conservarne tutte le caratteristiche organolettiche: colore, sapore, odore, consistenza ma soprattutto i valori nutrizionali.

I principali vantaggi dell’applicazione dell’HPP sono (Penchalaraju & Shireesha, 2013): Vantaggi diretti

• Conservazione delle qualità sensoriali naturali (colore, sapore, consistenza, aspetto), della freschezza e delle proprietà nutrizionali originarie del prodotto grazie alla possibilità di operare a freddo, cioè a temperatura ambiente o a valori notevolemente inferiori a quelli utilizzati nei trattamenti termici tradizionali

• Distruzione dei microrganismi responsabili dell’alterazione di quei prodotti che sono generalmente stabilizzati attraverso la pastorizzazione termica

• Inattivazione dei microrganismi patogeni non sporigeni (Salmonella, Listeria

monocytogenes, Staphylococcus aureus, ecc.)

• Tempi di trattamento ridotti • Nessuna evidenza di tossicità

• Uniformità di trattamento dovuta al fatto che la pressione viene esercitata allo stesso modo in tutti i punti del prodotto

Vantaggi indiretti

• Prolungamento della shelf-life dei prodotti (Hara & Suzuki, 1990; Gola et al., 1992) • Semplificazione di problemi relativi alla conservazione e alla logistica

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• Riduzione dell’impatto ambientale e conseguente risparmio energetico: il trattamento del contenitore avviene infatti insieme al prodotto con una riduzione dei costi derivanti dall’uso di impianti di riempimento in asettico

• Possibilità di utilizzare packaging non adatti ai trattamenti termici tradizionali (es. film plastici)

• Potenziale eliminazione o riduzione di conservanti chimici • Eliminazione degli effetti negativi dei processi termici • Aumento del valore dei marchi dei prodotti

• Appeal positivo sui consumatori

• Apertura di nuovi mercati e sviluppo di quelli esistenti

Vanno comunque segnalati alcuni aspetti limitanti nell’utilizzo dell’HPP da tenere in considerazione:

• Il prodotto deve essere preparato utilizzando procedimenti diversi da quelli normalmente usati nei trattamenti di stabilizzazione termica convenzionali

• L’alimento deve avere almeno il 40% di acqua libera per ottenere gli effetti antimicrobici

• Possibili parziali sopravvivenze microbiche • Processazione per lotti (non in continuo)

• I tipi di imballaggi e le modalità di confezionamento devono essere tali da permettere un’ottimizzazione del trattamento

• Gli investimenti iniziali richiedono risorse finanziarie superiori a quelli delle tecniche tradizionali. Questo aspetto tende ad orientare le scelte del mercato verso alimenti ad alto valore aggiunto oppure verso prodotti rispetto ai quali risulta trascurabile l’impatto percentuale dell’ammortamento della nuova tecnologia

• I costi dei macchinari e degli impianti aumentano in modo lineare con l’aumentare del livello massimo di pressione a cui possono operare

• La scelta delle caratteristiche di vita e delle condizioni di temperatura nella fase di immagazzinaggio del prodotto finito influenzano tutte le fasi precedenti del trattamento.

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1.3 Cenni storici

I primi esperimenti di trattamento HPP degli alimenti risalgono alla fine dell’800 e furono condotti in West Virginia (USA) da Hite, che sottopose latte, frutta e una serie di altri alimenti a pressioni di molto superiori a quella atmosferica.

Le ricerche pionieristiche di Hite sono rimaste però sostanzialmente isolate almeno fino alla metà degli anni ’80 del secolo scorso, quando l’interesse per il processo HPP come valida alternativa ai tradizionali processi termici nella processazione degli alimenti ha cominciato di nuovo a risalire.

Negli ultimi 20 anni però la tecnologia HPP ha fatto registrare significativi avanzamenti, soprattutto nella progettazione di sistemi semi-continui che ne permettono processi di commercializzazione efficienti. L’attuale trattamento HPP degli alimenti è effettuato utilizzando lotti o processi semi-continui; gli alimenti solidi possono essere trattati solo in lotti mentre i liquidi possono essere trattati anche attraverso processi continui o semi-continui (Hogan et al., 2005).

Un primo esempio del rilievo commerciale nell’utilizzo dell’HPP a livello industriale risale al 1996 quando la Avomex Inc. cominciò a trattare frutti di avocado in unità di elaborazione lotti da 25 L attraverso l’HPP. Nel 2000 l’azienda ha utilizzato sistemi di processazione semi-continui e recipienti per lotti da 125 L (Torres & Velazquez, 2005). È a partire dai primi anni ’90 che cominciano a emergere le prime applicazioni commerciali dell’HPP in campo alimentare. Il primo alimento commercializzato trattato con l’HPP è stato una marmellata acida, lanciata sul mercato dall’azienda giapponese Medi-Ya (Mertens, 1995). Grazie al successo di questo prodotto, molti altri alimenti trattati con l’HPP sono stati commercializzati: in Giappone gelatine e molluschi, ostriche e guacamole negli Stati Uniti, succhi di frutta in Francia, Messico e Gran Bretagna.

Negli ultimi anni il trattamento HPP è stato esteso a prodotti come salse, prodotti del riso, pesce, piatti pronti (contenenti carne e vegetali), pollame, prodotti affettati di carne

Ready-to-Eat (Murchie et al., 2005; Goh et al., 2007).

Il trattamento HPP di questi alimenti ha permesso al consumatore di accedere a prodotti che presentano notevoli vantaggi rispetto a quelli trattati con processi termici: livello minimo di processazione, proprietà organolettiche inalterate, gusto fresco, altà qualità, convenienza, prolungata shelf-life.

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TRATTAMENTI CON LE ALTE PRESSIONI

2.1 Meccanismo delle alte pressioni

La legge fisica su cui si basa la tecnologia delle alte pressioni idrostatiche è il principio isostatico di Pascal, o legge di Pascal, secondo il quale la pressione esercitata su di un liquido incomprimibile si trasmette istantaneamente e in modo uniforme con la stessa intensità a ogni porzione del fluido stesso e quindi anche alla superficie di un corpo in esso immerso, come un alimento e il suo contenitore, indipendentemente dalla forma, dimensioni e composizione del prodotto da trattare. Tale pressione viene anche definita come “pressione idrostatica” (Figura 1).

La tecnologia delle alte pressioni si avvale, dunque, del principio per cui non esistono gradienti di pressione all’interno del liquido e del prodotto trattato, contrariamente ai gradienti di temperatura che si osservano quando un materiale è riscaldato per conduzione.

Oltre alla legge di Pascal, entra in campo anche un secondo principio della termodinamica chimica, quello di Le Chatelier, o dell’equilibrio mobile, in base al quale ogni sistema tende a reagire ad una perturbazione impostagli dall'esterno minimizzandone gli effetti, per cui se un cambiamento di condizioni, come l’applicazione di una pressione, viene applicato a un sistema in equilibrio, il sistema cercherà di contrastare quel cambiamento e ripristinare l’equilibrio.

Nella fattispecie, la pressione risultante dall’applicazione dell’HPP regola la maggior parte delle successive reazioni biochimiche che si verificano nei prodotti trattati.

Un aumento di pressione a temperatura costante implica un aumento del grado di ordine delle molecole di una sostanza. Pertanto, una volta applicato un trattamento HPP l’alimento non tornerà più al suo stato originario, né nelle dimensioni né nella forma, a causa delle differenze di comprimibilità dell’aria e dell’acqua, a meno che il cibo trattato non sia perfettamente elastico.

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Figura 1 - Principio di Pascal: Trasmissione della pressione ad un corpo sottoposto a trattamento iperbarico (fonte: Brutti et al., 2011)

I componenti necessari che costituiscono l’apparecchiatura HPP sono un recipiente a pressione e il suo dispositivo di chiusura, un sistema di generazione della pressione, un dispositivo di controllo della temperatura e un sistema di gestione del materiale.

Il mezzo di trasmissione della pressione è generalmente qualsiasi tipo di fluido alimentare. Il mezzo comunemente usato è semplicemente acqua purificata miscelata con una piccola percentuale di olio solubile (per la lubrificazione e per limitare la corrosione), soluzione acquosa di glicole mono-propilenico per alte temperature, alcool isopropilico per HPP a bassa temperatura, soluzioni di benzoato di sodio, soluzioni di etanolo e olio di ricino (Balasubramaniam et al., 2008).

La maggior parte dei recipienti a pressione per le applicazioni HPP è fatta da una lega di acciaio ad alta resistenza, formata nei cosiddetti Monoblocchi (forgiati da un unico pezzo di materiale), in grado di sopportare pressioni di 400-600 MPa. Per pressioni più elevate, vengono utilizzati diversi modelli e configurazioni come le “multistrato” o i recipienti con filo avvolto, con una vita utile dell’impianto più lunga e capaci di raggiungere milioni di cicli.

Durante il funzionamento del trattamentoHPP, la pressione viene trasmessa in due modi (Figura 2):

• Compressione diretta: il trattamento è ottenuto mediante una pompa idraulica a “pistone flottante”. Una volta che il prodotto è introdotto nel mezzo di trasmissione

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della pressione (liquido di compressione), il pistone comprime il liquido contenuto nella camera di pressurizzazione e, quando avviene la compressione, il prodotto viene direttamente trattato. Nonostante questo metodo consenta una pressurizzazione molto rapida, non viene utilizzato a livello industriale ma è limitato solo ad impianti pilota o di laboratorio, a causa della possibile perdita di tenuta tra il pistone e la camera di compressione;

• Compressione indiretta: il trattamento dell’alimento avviene tramite un mezzo di trasmissione fluido (generalmente acqua) pompato da un serbatoio nella camera a pressione utilizzando un intensificatore di pressione fino al raggiungimento della pressione desiderata.

Figura 2 - Differenza tra metodo di compressione diretta e indiretta (fonte: https://www.kobelco.co.jp/english/products/ip/technology/food.html)

Esiste anche un terzo modo di trasmissione della pressione, ottenuto mediante il riscaldamento del liquido di pressurizzazione. Questo metodo però viene utilizzato solo in specifici casi di trattamento, combinando le alte pressioni con temperature elevate.

Il trattamento inizia quando l’alimento confezionato viene inserito nella cesta (basket), che viene spinta fin dentro il recipiente a pressione. Una volta caricato e chiuso il recipiente, lo stesso viene riempito con il mezzo liquido di trasmissione di pressione scelto e l’aria viene estratta tramite una valvola automatica per mezzo di una pompa di riempimento e scarico veloce a bassa pressione, fino a che non inizia ad essere generata alta pressione idrostatica per compressione diretta o indiretta o riscaldando il mezzo

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liquido di pressione (Mertens, 1995). Successivamente la pressione ritorna ai valori atmosferici e il prodotto viene scaricato dall’impianto (Figura 3 e 4).

Figura 3 - Diagramma di processo di un’unità HPP (fonte: https://www.hiperbaric.com/en/high-pressure, 2012)

Il principale vantaggio di questa tecnologia è che il cibo viene trattato in modo uniforme, il che può spesso essere problematico nel trattamento termico di prodotti alimentari grandi o voluminosi. La pressurizzazione di cibi liquidi o solidi a temperatura ambiente è solitamente accompagnata da un moderato aumento di temperatura (5-15°C), definito riscaldamento adiabatico, a seconda della composizione del cibo (Balasubramanian & Balasubramaniam, 2003). Una volta terminato il ciclo, gli alimenti in uscita tornano alla loro temperatura originale di decompressione purché il calore non venga perso o guadagnato durante il tempo di attesa della pressione (Hogan et al., 2005).

La compressione aumenterà uniformemente la temperatura degli alimenti di circa 30°C per 100 MPa. La temperatura del cibo aumenterà in modo uniforme a causa della compressione. Un aumento della temperatura del cibo al di sopra della temperatura ambiente e in minore misura una diminuzione al di sotto della temperatura ambiente, aumenta l’inattivazione del tasso di microrganismi durante il trattamento con HPT.

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Figura 4 - Schema di funzionamento di un impianto HPP (fonte: Avure Technologies JBT Group, 2015)

2.2 Effetti delle alte pressioni

2.2.1 Azione sulla componente acquosa

All’aumentare della pressione l’acqua subisce una diminuzione di volume del 4% a 1000 atm, dell’11% a 4100 atm, del 15% a 6100 atm, mentre sopra a 1000 atm, si trasforma in ghiaccio a temperatura ambiente. Il punto di fusione del ghiaccio si abbassa all’aumentare della pressione e risulta pari a -5°C a 700 atm e -20°C a 2000 atm. Ciò è spiegato dal fatto che la pressione si oppone all’aumento di volume dovuto alla formazione dei cristalli di ghiaccio.

La compressione adiabatica dell’acqua comporta abbassamento della temperatura di cristallizzazione dell’acqua (-22°C per pressioni di 207,5 MPa) In base a ciò si ha che è possibile stoccare campioni biologici a temperatura tra 0°C e -20°C senza formazione di cristalli di ghiaccio, purché essi vengano mantenuti sotto pressione; si può avere congelamento ultrarapido ed uniforme. Rilasciando poi istantaneamente la pressione, si ottiene una microcristallizzazione meno dannosa per l’alimento e la sua tessitura rispetto

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al congelamento tradizionale. Tale compressione provoca un aumento di temperatura di circa 3°C ogni 100 Mpa (Rovere, 1995). Quindi teoricamente l’acqua ad una temperatura iniziale di 20°C compressa fino a 400 Mpa subisce un innalzamento termico di 10°C. Queste variazioni sono ridotte tra i 5°C e i 9°C per gli scambi termici che avvengono tra l’acqua, l’alimento e la camera di compressione (Rovere, 1995).

2.2.2 Azione sui microrganismi

Gli effetti delle alte pressioni sulle forme microbiche sono stati studiati in dettaglio per garantire uno dei principali obiettivi legati all’applicazione di questa tecnologia, la stabilità microbiologica negli alimenti trattati.

La resistenza dei microrganismi alle alte pressioni è molto variabile (Tabella 2).

Tabella 2 - Azione delle alte pressioni sui microrganismi (fonte: Patterson et al., 1996)

300 MPa GRAM NEGATIVI

Enterobacteriaceae Pseudomonas spp.

400 MPa LIEVITI

MUFFE NON TERMORESISTENTI

500-600 MPa ASPORIGENI GRAM POSITIVI

Lactobacillus spp. Micrococcus spp. Staphylococcus spp. Listeria spp.

Streptococcus spp.

700-800 MPa SPORE DI MUFFE TERMORESISTENTI

Byssoclamys spp. Neosartorya spp.

700-800 MPa 70-80°C SPORE DI BATTERI GRAM POSITIVI

Bacillus spp. Clostridium spp.

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Il trattamento a alte pressioni induce molti cambiamenti sulla cellula batterica, quali alterazione nella morfologia (allungamento delle cellule per schiacciamento, compressione e modificazione di strutture intracellulari), deformazione della parete, denaturazione degli enzimi di membrana e perdita di materiale citoplasmatico, inclusa l’inibizione della sintesi proteica, fino alla rottura della cellula stessa (Hoover et al., 1989). È infatti dimostrato come riesca a influenzare vari processi del microrganismo, tra cui quelli di trascrizione e traduzione, e le funzioni vitali per la sopravvivenza e la riproduzione batterica (Patterson, 1999; Murchie et al., 2005; Torres & Velazquez, 2005; Vogel et al., 2005; Huppertz et al., 2006; Abe, 2007).

Una cellula vegetativa viene dunque interessata dagli effetti delle alte pressioni sotto molti punti di vista.

Il principale bersaglio dellealte pressioni è la membrana cellulare, la cui fluidità diminuisce durante la compressione con conseguente rottura e formazione di pori al momento della decompressione, che si traduce principalmente in cambiamenti di permeabilità e interruzioni della funzionalità. Dalla rottura della membrana derivano alterazione della sua permeabilità, disidratazione, perdita di materiale citoplasmatico e quindi il venir meno della capacità della cellula di mantenere inalterato il suo ambiente citoplasmatico. Scendendo nel dettaglio dei vari microrganismi, quelli con membrane contenenti una quantità maggiore di acidi grassi insaturi risultano più resistenti, dal momento che la maggiore fluidità delle loro membrane li protegge dalla formazione di pori durante la decompressione. Anche la parete cellulare viene colpita, si stacca dalla membrana e assume una morfologia anomala.

La permeabilizzazione della membrana è stata attribuita alla compressione e riduzione del doppio strato fosfolipidico (Hoover et al., 1989). L’HPP non attacca solo un punto della struttura o della funzione cellulare. La morte cellulare è dovuta a una molteplicità di danni accumulati in diverse parti della cellula. Quando il danno accumulato supera la capacità della cellula di riparare, si verifica la morte cellulare. In alcuni casi la cellula è danneggiata, ma la riparazione può verificarsi se le condizioni post-trattamento sono appropriate.

I più alti tassi di inattivazione da HPP sono di solito riportati in organismi più complessi. Organismi con strutture più semplici, come i batteri, sono in genere più resistenti all’inattivazione dell’HPP.

Anche la fase di crescita dei batteri gioca un ruolo determinante sulla loro sensibilità e resistenza alla pressione. Cellule nella fase di crescita stazionaria sono generalmente più

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pressione-resistenti rispetto a quelli in fase esponenziale (McClements et al., 2001; Mañas & Mackey, 2004; Hayman et al., 2007); questo è probabilmente dovuto alla sintesi di proteine che proteggono contro una serie di condizioni avverse, come alte concentrazioni di sale, temperature elevate e stress ossidativo (Hill et al., 2002). È stato anche dimostrato che la maggiore resistenza all’HPP delle cellule in fase stazionaria è in parte dovuta alla presenza di geni regolatori dello stress, RpoS in E. coli e SigB in Listeria

monocytogenes (Robey et al., 2001; Wemekamp-Kamphuis et al., 2004).

La suscettibilità microbica all’inattivazione prodottta dal trattamento HPP è chiaramente influenzata dalle condizioni dell’ambiente in cui sono presenti i microrganismi. La composizione chimica del cibo è importante, poiché la presenza di grassi, proteine, minerali e zuccheri funge da protettore e aumenta la resistenza microbica alla pressione. Alimenti ricchi di sostanze nutritive, come latte o carne di pollame, possono proteggere i microrganismi (Rendueles et al., 2011).

Gli eucarioti sono generalmente più sensibili alle alte pressioni rispetto ai procarioti (Ananta et al., 2001), pertanto muffe e lieviti risultano essere più suscettibili agli effetti di un trattamento HPP rispetto ai batteri. La parte più sensibile di una muffa è il micelio, ma sono state segnalate spore di muffa abbastanza resistenti all’HPP. Ascospore di muffe resistenti al calore, come Byssochlamys, Neosartorya e Talaromyces, sono generalmente considerate altrettanto resistenti all’HPP (Smelt, 1998; Chapman et al., 2007).

I lieviti, compresi Saccharomyces cerevisiae e Zygosaccharomyces bailii, hanno un'alta suscettibilità, ma i fattori ambientali possono avere un impatto. Gli studi con patogeni vegetativi di origine alimentare mostrano grandi variazioni di sensibilità quando le alte pressioni (300 MPa) sono combinate con temperature intermedie.

Per ciò che riguarda le specie di microrganismi patogeni, sono state osservate differenze di resistenza alla pressione non solo interspecie ma tra ceppi appartenenti allo stesso genere o alla stessa specie.

Nelle ordinarie operazioni con HPP, cioè applicando una pressione tra i 400 e i 600 MPa per due minuti o più, a temperatura ambiente, questa ridurrà i batteri vegetativi presenti fino a 4 unità logaritmiche e inattiverà alcuni enzimi batterici determinando solo un trascurabile cambiamento nelle proprietà organolettiche dell’alimento trattato. Tuttavia, la resistenza dei batteri e altri microrganismi all’HPP è altamente variabile. Nella maggior parte dei casi, i batteri Gram-positivi sono più resistenti dei batteri Gram-negativi (come per la resistenza al calore).

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L’efficacia dei trattamenti HPP dipende perciò dalla combinazione di più fattori, dalla pressione applicata, dal tempo di mantenimento, dalla temperatura, dal tipo di matrice alimentare e dal microrganismo target. È responsabilità dell’operatore del settore alimentare garantire che il trattamento HPP applicato al prodotto alimentare sia appropriato per ottenere il risultato desiderato.

La pressione da sola, a temperatura ambiente o prossime, ha un effetto molto limitato o nullo sulla distruzione delle spore.

Le spore batteriche sono presso-resistenti e possono sopravvivere anche a pressioni superiori ai 1000 MPa. Ciò è particolarmente rilevante per la formazione di spore di patogeni di origine alimentare, come Clostridium botulinum, Clostridium perfringens e

Bacillus cereus. Tra le spore più resistenti ci sono quelle prodotte da C. botulinum e B. amyloliquefaciens (Rendueles et al., 2011).

Ciò ha chiare implicazioni per quegli alimenti a bassa acidità trattati in HPP. Gli alimenti a bassa acidità conservati a temperatura ambiente saranno a rischio di crescita e produzione di tossine da parte di Clostridium botulinum. Questi rischi non sono diversi da quelli affrontati nella preparazione di prodotti pastorizzati e cibi cucinati a temperature convenzionali. L’HPP deve essere pertanto usato con saggezza e con consapevolezza dei limiti della tecnologia.

Temperatura e alte pressioni idrostatiche possono essere fattori considerevoli di inattivazione microbica se applicati da soli, ma, come è stato osservato, se combinati possono conferire livelli di inattivazione notevolmente migliori, in particolare per quanto riguarda le spore batteriche.

Per far fronte a questa forte resistenza sono applicabili tre metodi di sterilizzazione tramite HPP: combinazione di HPP e alte temperature (maggiori di 70°C), combinazione di HPP e agenti germinanti, che portano alla formazione di cellule vegetative poi inattivate da un normale ciclo di HPP e infine l’applicazione di più cicli consecutivi di HPP, dei quali il primo sarà un trattamento a pressioni moderate (50-300 MPa) per stimolare la germinazione delle spore e il secondo sarà un trattamento più severo per inattivare le cellule vegetative neoformate (Patterson, 2005; Heinz et al., 2009; Rendueles

et al., 2011; Moreirinha et al., 2016).

Temperature che vanno dai 90°C ai 110°C in combinazione con una pressione di 500-700 MPa sono state in grado di inattivare batteri sporigeni come il Clostridium botulinum. Patterson (1999) ha notato come, riscaldando il prodotto prima del trattamento con HPP, piuttusto che durante l’HPP, si otteneva un’inattivazione più efficace delle spore di

(21)

17

Clostridium. Utilizzando temperature medio-alte durante il trattamento con HPP si sono

raggiunti soddisfacenti livelli di inattivazione di spore di Bacillus cereus (van Opstal et

al., 2004) utilizzando un trattamento di 500 MPa in combinazione con una temperatura di

60°C.

Alcuni esempi sono rappresentati dai batteri E. coli 0157:H7, L. monocytogenes, S.

aureus e da microrganismi non patogeni, inattivati a pressione di 545 MPa (Raghubeer et al., 2000), ma non è stata osservata nessuna riduzione del numero di spore a diversi livelli

di pressione (massimo livello 827 MPa), se applicati a temperature inferiori a 35°C. Utilizzando invece temperature superiori, si è notato che la riduzione delle spore aumenta (Reddy et al., 1999). Nel caso di Bacillus stearothermophilus, le spore possono essere inattivate con trattamenti iperbarici, ma solo se abbinati a temperature elevate (intervalli di 60 e 120°C e di 500-600 MPa) (Ananta et al., 2001).

Quello che è interessante notare è come le spore batteriche possono essere inattivate con successo inducendo prima la loro germinazione mediante parametri di HPP relativamente bassi, seguita dalla completa inattivazione e morte delle stesse usando trattamenti termici relativamente blandi (Smelt, 1998). È bene considerare che queste temperature relativamente alte sono in ogni caso inferiori a quelle applicate a pressione atmosferica.

2.2.3 Azione su parassiti e virus

Uno studio condotto dall’Università di Parma, volto a valutare l’efficacia del trattamento HPP su prodotti della pesca nei confronti di Anisakis spp. e Norovirus (Brutti et al., 2011) ha rivelato che, applicando il trattamento per 5 minuti ad una pressione pari a 300 MPa, tutte le larve rinvenute negli sgombri (Scomber scombrus) oggetto di studio, risultavano devitalizzate (Tabella 3).

Tabella 3 - Vitalità di larve di Anisakis isolate e trattate con HPP (fonte: Brutti et al., 2011)

100 MPa – 5 min 200 MPa – 5 min 300 MPa – 5 min 1° prova 2° prova 1° prova 2° prova 1° prova 2° prova

Larve vitali 18 20 0 0 0 0

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18

Inoltre, il trattamento iperbarico è risultato efficace nell’eliminare altri parassiti trasmessi dagli alimenti, come Toxoplasma gondii, Cryptosporidium parvum, Trichinella spiralis e

Ascaris, in campi di bassa pressione (Brutti et al., 2011).

L’effetto delle alte pressioni è stato studiato anche in relazione ai virus di origine alimentare. Questi hanno una vasta gamma di resistenza alla pressione, a seconda della loro diversità strutturale, ovvero sulla base della morfologia del capside. I capsidi elicoidali sono meno stabili all’HPP dei capsidi a forma icosaedrica. In genere l’azione virucida è dovuta all’azione denaturante sulle proteine del capside, essenziali per l’attacco alla cellula ospite.

Vari sono gli studi volti ad indagare l’efficacia dei trattamenti ad alte pressioni nei confronti di Norovirus spp., considerando l’aumento degli episodi su scala mondiale di gastroenterite da Norovirus nell’uomo, associati spesso al consumo di molluschi bivalvi crudi o poco cotti. In vongole veraci del Delta del Po (Tapes philippinarum) si è registrata una diminuzione del titolo virale all’aumentare del valore di pressione applicato. Con 500 MPa per 1 minuto è stata ottenuta la completa inattivazione virale (Brutti et al., 2011). Il valore applicato era leggermente superiore a quello impiegato da Kingsley et al. nel 2007 in ostriche infettate con Norovirus murino-1 (MNV-1), dove un trattamento con 400 MPa per 5 minuti a 5°C si è dimostrato efficace, impiegando però tempi maggiori e un impianto HPP diverso. In altri lavori (Brutti et al., 2011), le alte pressioni sono state applicate con successo nelle ostriche, notoriamente consumate crude, per verificarne l’efficacia nei confronti di Calicivirus felino e murino (Murchie et al., 2007; Li et al., 2009).

2.2.4 Azione sugli enzimi

Negli anni sono stati condotti vari studi utilizzando differenti combinazioni di temperatura, pressione e tempo per poter gestire e valutare i parametri di processo della tecnologia ad alte pressioni idrostatiche. Questo è stato fatto sia per l’aspetto microbiologico che per quello nutrizionale ed enzimatico.

Come è noto, le proteine sono caratterizzate da una struttura primaria (sequenza di amminoacidi legati covalentemente), secondaria (peptidi disposti a spirale legati con legami a idrogeno), terziaria (arrangiamenti di catene intraglobulari legate da legami non covalenti) e quaternaria (strutture o sub-unità legate da legami non-covalenti).

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19

L’effetto delle alte pressioni sui legami chimici è duplice, in quanto, se da un lato hanno effetto solo sui legami non-covalenti (legami a ponte idrogeno, a ponte disolfuro e quelli ionici), lasciando immodificate le molecole a basso peso molecolare, dall’altra sono invece molto sensibili a questi trattamenti i componenti ad alto peso molecolare, con una struttura spaziale organizzata, proteica o polisaccaridica.

Le alte pressioni, quindi, vanno a modificare la struttura secondaria, terziaria e quaternaria delle proteine. La struttura secondaria è modificata in maniera irreversibile da pressioni estreme fino a 800 MPa; la distruzione della struttura terziaria è causata da pressioni superiori a 200 MPa (Messens et al., 1997) ed infine la quaternaria, la più barosensibile, viene alterata a pressioni di appena 150 MPa.

Questo si traduce nel mantenimento di integrità di piccole molecole e vitamine mentre proteine e carboidrati complessi danno origine rispettivamente a peptidi edaminoacidi, e a zuccheri semplici e composti gelatinosi (con aumento della digeribilità). Proprio per gli effetti gelatinizzanti e di intenerimento l’HPP trova svariate applicazioni nel settore dell’industria alimentare (succhi di frutta, marmellate, sughi, piatti precotti a base di carne e prodotti ittici).

Il trattamento iperbarico, fino a 1000 MPa, può influire sulla conformazione delle proteine e può portare alla denaturazione, aggregazione, gelificazione, come è noto da tantissimo tempo (Bridgman, 1914), all’aumento della permeabilità delle membrane (Macdonald, 1992), alla ionizzazione e precipitazione dei complessi proteici (Timson & Short, 1965). Il risultato dipende sia dalle condizioni di processo, come temperatura, pressione, pH, presenza di sale, zucchero o additivi, sia dalla suscettibilità delle proteine stesse.

Gli effetti sulle macromolecole si riflettono anche sul corretto funzionamento delle reazioni biochimiche. I siti attivi di molti enzimi vengono inattivati dal cambiamento conformazionale dell’enzima stesso, portandolo alla perdita di funzionalità. In altri casi, modifiche alla struttura secondaria indurrebbero la formazione di aggregati ad alto peso molecolare, nei quali la struttura del sito attivo determinerebbe l’aumento o la diminuzione dell’attività enzimatica (Heremans, 1982; Weber & Drickamer, 1983). Poter controllare l’attività enzimatica è fondamentale per molte realtà industriali che operano, ad esempio, nel settore conserviero. Studi sui vari enzimi sottoposti al trattamento ad alte pressioni hanno permesso di costruire una scala in ordine crescente di baro-resistenza: perossidasi, polifenolossidasi, catalasi, fosfatasi, lipasi, pectinesterasi, lattoperossidasi e lipossigenasi (Rovere & Maggi, 1995).

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20

Nel triturato di pomodoro, se trattato a pressioni di 350 MPa e temperatura ambiente (20°C), si è registrata una riduzione dell’attività della perossidasi (PO), mentre una combinazione di pressioni più elevate e di temperature miti (30-60°C) ha prodotto una attivazione della stessa dovuta presumibilmente ad una maggiore solubilizzazione dell’enzima legato alle membrane cellulari (lo stesso andamento è stato visto per la PO e la pectina in purea di pomodoro) (Rovere et al., 1997; Almudena & Cano, 1998).

Una diminuzione dell’attività pectinesterasica, invece, è stata vista da alcuni autori (Van den Broeck et al., 1999) nell’arancia trattata a pressioni superiori ai 600 MPa. Castellari

et al. (1997) hanno inattivato la polifenolossidasi del mosto solo a pressioni superiori a

600 MPa o abbinando alla pressione temperature dai 40 ai 50°C.

2.2.5 Azione su colore, struttura e consistenza

Le caratteristiche organolettiche e bromatologiche del cibo, come è stato ampiamente dimostrato, riescono ad influenzare in modo significativo le decisioni d’acquisto dei consumatori. L’HPP haun buon potenziale per produrre alimenti di alta qualità conservando le caratteristiche sensoriali dei prodotti freschi, con effetti minimi su sapore, colore o valore nutritivo, garantendoli sicuri microbiologicamente e con una vita commerciale più estesa (Hogan et al., 2005; Patterson, 2005).

Forse l’esempio meglio documentato di successo dell’HPP nell’industria è il trattamento delle ostriche. L’alta pressione denatura il muscolo adduttore consentendo una più facile apertura del guscio ed evitando il possibile danneggiamento del prodotto associato con la sgusciatura manuale (Torres & Velazquez, 2005). Il trattamento, inoltre, aumenta la sicurezza microbiologica e la durata di conservazione delle ostriche fino a 3 settimane in condizioni di refrigerazione, registrando aumenti del rendimento fino al 25% (Murchie et

al., 2005; Torres & Velazquez, 2005).

Ciò nonostante, di tutti gli alimenti e costituenti alimentari, quelli ad alto contenuto proteico sono probabilmente i più reattivi alla pressione. Questo è dovuto all’alta sensibilità dei processi glicolitici muscolari e delle associazioni tra proteine miofibrillari (Macfarlane, 1985).

Il mezzo con cui il trattamento HPP esercita effetti sulla struttura proteica della carne è dovuto alla rottura delle interazioni non covalenti all’interno delle molecole proteiche e alla successiva ri-formazione di legami intra- e intermolecolari.

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21

La denaturazione delle proteine indotta da HPP può essere reversibile a seconda delle condizioni di trattamento (temperatura, tempo e pressione) e anche a seconda del tipo di proteina (Rastogi et al., 2007). Subordinatamente alla combinazione di pressione, temperatura e durata applicate e al tipo di carne processata, può risultarne influenzata la consistenza o esserne aumentate la succosità e la masticabilità.

Nella carne fresca, i cambiamenti di colore sono dovuti a due fenomeni: all’ossidazione del ferro della mioglobina (a pressioni uguali o superiori a 200 Mpa) da stato ferroso a ferrico e all’incremento di metamioglobina a spese dell’ossimioglobina (a pressioni superiori a 400MPa il colore diventa grigio-marrone, con un aspetto di carne cotta) (Goutenfongea et al., 1995). In ogni caso questi cambiamenti appaiono significativamente inferiori a quelli risultanti da trattamenti termici convenzionali (Hogan et al., 2005). L’aggiunta di zuccheri o polioli può limitare la degradazione proteica, mentre il confezionamento sottovuoto con assorbitori di ossigeno o con l’impiego di antiossidanti può rallentare il fenomeno dell’ossidazione della mioglobina (Cheftel & Culioli, 1997). La percezione che il consumatore ha della qualità del cibo dipende non solo dalle qualità sensoriali ma anche da altri fattori alimentari, come reazioni biochimiche ed enzimatiche responsabili di possibili cambiamenti strutturali (Cheftel, 1995; Patterson, 2005).

Oltre al colore, infatti, le proprietà strutturali del cibo possono avere un enorme impatto sulle scelte del consumatore, come ad esempio, un aspetto morbido o spugnoso potrebbe essere percepito come quello di un prodotto in stato di deterioramento.

Nei prodotti contenenti gas, dopo il trattamento HPP, la trama può risultare facilmente modificata. Questo è dovuto allo spostamento del gas e alle infiltrazioni di liquidi nelle sacche di gas collassate dalla struttura alimentare circostante, causando una compressione irreversibile di cibi interi, tra tutti, la frutta fresca (Hogan et al., 2005). Nonostante queste modifiche indesiderabili nella texture di alcuni prodotti, per altri, la pressurizzazione si presta bene per indurre cambiamenti strutturali, come la migliore fusione della mozzarella sottoposta ad HPP (O’Reilly et al., 2002).

Contrariamente a quanto accade per carotenoidi, clorofilla e antociani che sembrano essere particolarmente resistenti alla pressurizzazione (Cheftel, 1992), ad essere penalizzata è la frutta intera che viene destrutturata irreversibilmente a causa della scarsa comprimibilità dei gas contenuti all’interno. Ciò è molto meno evidente nella frutta in pezzi (Cheftel, 1992) che, trattati a 500 Mpa, si presentavano modificati nel colore e nelle componenti antocianiche in maniera molto limitata (Carpi et al., 1996).

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22

per la misurazione della consistenza di sostanze viscose), diminuisce regolarmente in quanto il prodotto diventa sensibilmente più viscoso (Rovere et al., 1994).

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3

LE ALTE PRESSIONI

NEL SETTORE ALIMENTARE

3.1 Esempi di applicazioni della tecnologia HPP a prodotti

della salumeria tradizionale italiana

3.1.1 Valutazione della tecnologia HPP come trattamento post-letale per il controllo di Listeria monocytogenes in Prosciutto di Parma

La produzione del Prosciutto di Parma segue un rigido disciplinare che il Consorzio ha imposto alle 164 aziende produttrici certificate, attualmente presenti sul territorio parmense, per regolare tutte le fasi di lavorazione secondo una precisa metodologia e nel pieno rispetto delle tradizioni (Disciplinare di produzione della denominazione di origine protetta «Prosciutto di Parma»).

L’unico ingrediente che è consentito aggiungere alle cosce fresche è il cloruro di sodio. La lavorazione prevede dieci distinte fasi che, sulla base dei range di temperatura ai quali sono sottoposte le cosce, può essere semplicisticamente divisa in due parti. Una prima fase “fredda”, avente una durata complessiva di circa 100 giorni, che consente il graduale assorbimento del sale, seguita da una fase “calda” durante la quale il prosciutto viene asciugato lentamente e sviluppa profumi e sapori tipici, frutto dei processi biochimici ed enzimatici. Trascorsi almeno 12 mesi e dopo appositi accertamenti effettuati dagli ispettori dell’ente CSQA Certificazioni, ivi compreso il sondaggio olfattivo con osso di cavallo, viene apposto il marchio a fuoco della corona ducale a “5 punte”, un vero e proprio contrassegno di stato che garantisce l’alta qualità del prodotto tradizionale e la tutela delle regole e dei valori legati ad un prodotto DOP.

Le normative internazionali esigono, al tempo stesso, che i processi produttivi forniscano garanzie di sicurezza anche in termini di riduzioni di agenti patogeni. Il processo produttivo del Prosciutto di Parma è stato validato nei confronti di Listeria

monocytogenes e Salmonella, con inattivazioni superiori a 5 logaritmi, che potrebbero

contaminare la materia prima e il prodotto durante le fasi critiche del processo (Barbuti et

al., 2009).

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24

pronti al consumo, definiti anche Ready-to-Eat ed è pertanto “un prodotto alimentare destinato dal produttore o dal fabbricante al consumo umano diretto, senza che sia necessaria la cottura o altro trattamento per eliminare o ridurre a un livello accettabile i microrganismi presenti” (Reg. CE n. 2073/2005), appare evidente come, in fase post letale, le procedure di disosso, porzionamento in tranci e di affettamento possono rappresentare una fonte di contaminazione in particolare da parte di L. monocytogenes che l’operatore del settore alimentare (OSA) deve controllare attraverso i piani di autocontrollo o prevenirne la diffusione nell’ambiente di produzione mediante l’applicazione delle SSOPs (Sanitisation Standard Operation Procedures) o l’utilizzo di trattamenti o sostanze antimicrobiche.

Uno studio del 2012 condotto da Prencipe et al. ha confermato che la contaminazione da

Listeria nel prosciutto stagionato non deriva da una sopravvivenza del patogeno dalla

materia prima ma da una ricontaminazione attraverso l’ambiente di lavorazione. Gli autori sono giunti a tale dimostrazione valutando la prevalenza di L. monocytogenes, attraverso una tipizzazione genetica tramite PFGE (Pulsed Field Gel Electrophoresis) effettuata sui ceppi isolati, lungo tutto il processo produttivo, a partire da campioni fecali e intestinali delle carcasse al macello, fino all’analisi del prodotto finito derivante dalla stagionatura delle stesse cosce fresche analizzate all’inizio della produzione.

Al fine di soddisfare la politica di “tolleranza zero” nei confronti di Listeria, imposta da diversi Paesi extra europei, come gli USA, per l’esportazione di prodotti RTE, è stato effettuato uno studio (Frustoli et al., 2017) con lo scopo di valutare l’efficacia dell’impiego del processo ad alte pressioni HPP, come trattamento post-letale, nei confronti di Listeria monocytogenes inoculata in tranci di Prosciutto di Parma.

Questa tecnologia, applicata dopo il confezionamento sottovuoto del prodotto rientra tra i trattamenti antimicrobici il cui impiego è riconosciuto nelle linee guida FSIS (FSIS

Compliance Guideline, 2014).

Sono stati valutati due diversi livelli di inoculo (102 e 105 ufc/g) e due tempi differenti di trattamento HPP (600 MPa per 3 e 5 minuti) con una temperatura iniziale dell’acqua (fluido di pressurizzazione) impostata a 15°C poi aumentata fino a 35°C (Figura 5). Dopo il trattamento è stata eseguita una prova di shelf-life di 60 giorni a temperatura mista, a 4°C per i primi 21 giorni, a 8°C per i 22 giorni consecutivi e a 20°C fino al sessantesimo giorno.

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Figura 5 - Andamento della pressione e della temperatura durante il trattamento HPP di Prosciutto di Parma sottovuoto di 3 minuti (A) e 5 minuti (B) (fonte: Frustoli et al., 2017)

Il Microbial Challenge Test (MCT) eseguito ha permesso di confermare che il prosciutto crudo stagionato in tranci esaminato presentava caratteristiche chimico-fisiche (aw ≤0,92 e pH 5.4-6.3) tali da non supportare la crescita di Listeria. Sui prodotti in cui è stata debitamente inoculata, infatti, in nessuna sperimentazione è stato registrato un tasso di crescita (δ) superiore a 0,5 logaritmi. L’inibizione dell’accrescimento è stata evidenziata sia alle temperature di refrigerazione di 4 e 8°C che alla temperatura di abuso di 20°C. Questo dato dimostra che, se L. monocytogenes fosse presente sul prosciutto, a causa di una contaminazione in seguito a procedure di rimanipolazione del prodotto, la sua concentrazione rimarrebbe pressoché invariata. Su un minor numero di campioni, infatti, è stata anche osservata, durante la shelf-life, una leggera diminuzione di Listeria.

Si può affermare che il trattamento HPP a 600 MPa per 5 minuti, in caso di contaminazioni elevate del patogeno, permette di ottenere inattivazioni superiori a 2 logaritmi. Tali riduzioni possono aumentare se i valori di aw del prodotto sono maggiori. Nel caso di campioni con una contaminazione più simile a quanto potrebbe verificarsi nella realtà (inferiori a 100 ufc/g), il trattamento assicura un’inattivazione completa di

Listeria.

Il trattamento risulta sufficiente a inattivare completamente il patogeno, inoculato alla concentrazione di circa 102 ufc/g, che risulta essere assente in 25 g di prodotto (inferiore a

0,04 ufc/g) il giorno successivo il trattamento e per tutta la shelf-life (Figura 6). Il trattamento HPP a 600 MPa protratto per 3 minuti, in caso di contaminazioni di Listeria di 105 ufc/g (Figura 7), determina riduzioni superiori a 2 logaritmi solo nei campioni con

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26 valori di aw ≥ 0,91.

Ciò è in accordo con i dati ottenuti da Hereu et al. (2012) i quali hanno osservato che

Listeria monocytogenes presenta una maggior baro-resistenza su prosciutto crudo con

valori di aw minori (0,88) ottenendo solamente 2-3 riduzioni decimali rispetto a valori più elevati (0,92) applicando un trattamento a 600 MPa per 5 minuti. Risultati analoghi sono stati ottenuti da Jofré et al. (2009) i quali, con un trattamento a 600 MPa per 6 minuti, hanno osservato una minor riduzione di L. monocytogenes sul prosciutto crudo rispetto ad altri substrati, a cusa delle caratteristiche chimico-fisiche delle matrici alimentari. Morales

et al. (2006) hanno ottenuto riduzioni logaritmiche maggiori con un trattamento a

pressione minore, ma per tempi più lunghi.

Figura 6 - Effetto del trattamento a 600 MPa per 3 e 5 minuti nei confronti di Listeria inoculata in tranci di prosciutto sottovuoto a concentrazioni di circa 102 ufc/g; confronto con i campioni inoculati non trattati (fonte: Frustoli et al., 2017)

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Figura 7 - Effetto del trattamento a 600 MPa per 3 e 5 minuti nei confronti di Listeria inoculata in tranci di prosciutto sottovuoto a concentrazioni di circa 105 ufc/g; confronto con i campioni inoculati non trattati (fonte: Frustoli et al., 2017)

Si può concludere che il trattamento è maggiormente efficace nei prodotti con valori di attività dell’acqua più elevati, ma è comunque in grado di garantire riduzioni superiori a 2 logaritmi soddisfacendo ampiamente le richieste della normativa americana, per poter validare le alte pressioni come processo post-letale previsto dalla normativa 9 CFR 430 (Code of Federal Regulation-CFR).

3.1.2 Applicazione della tecnologia HPP per l’inattivazione di Salmonella e Listeria

monocytogenes in coppa stagionata

La coppa è un insaccato stagionato a pezzo anatomico intero, ricavato dalla zona cervicale superiore del suino pesante, diffuso su tutto il territorio italiano, ma che differisce per ingredienti, denominazione e tecnica produttiva da una regione all’altra. Sulle colline di Parma e Piacenza due varietà, “Coppa Piacentina” e “Coppa di Parma”, che hanno ottenuto, rispettivamente, la denominazione DOP e IGP, vengono prodotte avvalendosi di una tecnologia di lavorazione, regolamentata da un Disciplinare di produzione, approvato dall’Unione Europea, che controlla e tutela le zone di produzione, la scelta dei maiali e le modalità di lavorazione e stagionatura (Disciplinare di produzione Coppa Piacentina DOP; Discipinare di produzione Coppa Parma IGP).

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da parte di numerosi microrganismi. Possono essere presenti batteri Gram-negativi di origine fecale come Enterobacteriaceae, ma anche batteri Gram-positivi appartenenti ai generi Micrococcus e Staphylococcus provenienti dalla cute del suino, come confermato da Rebecchi et al. (1998) e Busconi et al. (2014), in studi condotti sul microbiota di coppa stagionata. Nel corso della lavorazione, l’evoluzione della flora microbica inizialmente presente è influenzata principalmente dalla salagione e dal successivo riposo a temperatura di refrigerazione e in seguito dalla stagionatura. Durante le fasi fredde, il sale aggiunto in elevate concentrazioni determina una significativa diminuzione dell’aw superficiale, che ha come conseguenza la selezione di batteri Gram-positivi alotolleranti a scapito di enterobatteri o altre specie alteranti o patogene.

Durante la produzione dei salumi stagionati non è possibile escludere completamente la possibilità di contaminazione da parte di batteri patogeni tra i quali Salmonella e L.

monocytogenes. La filiera suina è stata spesso associata a episodi di salmonellosi

nell’uomo, dovuti in particolare alle serovar S. Typhimurium, S. Derby e S. Enteritidis. Per quanto rigurda Listeria, sebbene i prodotti carnei stagionati siano generalmente considerati sicuri dal punto di vista microbiologico, tuttavia non è possibile escludere in maniera assoluta il ritrovamento di L. monocytogenes nei prodotti finiti, a causa soprattutto di contaminazione nelle fasi successive alla produzione, come l’affettamento o la preparazione di tranci (Barbuti et al., 1995).

Il trattamento HPP può essere un valido strumento per fornire ulteriori garanzie sulla sicurezza sanitaria di salumi a breve stagionatura come la coppa, da impiegare sia come trattamento letale durante il processo produttivo, sia come trattamento post-letale nel caso siano previste operazioni di manipolazione che potrebbero contaminare il prodotto.

Al fine di verificare se l’utilizzo di alte pressioni potesse contribuire a ridurre i rischi associati a Salmonella e L. monocytogenes nella coppa, è stato preparato un disegno sperimentale (Grisenti et al., 2017), con utilizzo sia di coppe IGP che DOP, che prevedeva, dopo una caratterizzazione microbiologica e chimico-fisica iniziale dei prodotti oggetto dello studio, l’inoculo dei patogeni d’interesse in tranci sottovuoto da sottoporre a due differenti trattamenti HPP di 600 MPa per 5 minuti, con temperatura dell’acqua di processo di 5°C e 15°C, per la determinazione quantitativa e qualitativa dei patogeni sia dopo pressurizzazione che durante la conservazione sottovuoto per 14 giorni a 4°C.

Essendo l’acqua libera dei prodotti un parametro fondamentale ai fini dell’efficacia del trattamento, per l’allestimento delle prove d’inattivazione di microrganismi patogeni con

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29

HPP, si sono suddivise le coppe in tre categorie in base al valore di aw (0,88 ± 0,01; 0,91 ± 0,01; 0,94 ± 0,01).

I risultati ottenuti nei confronti di L. monocytogenes e di Salmonella dalle prove di trattamento HPP a 600 MPa, per 5 minuti, eseguite a 5°C e 15°C su campioni di coppa appartenenti alla categoria aw 0,94 ± 0,01 sono riportati nella Tabella 4.

Nella Tabella 5 sono riportati i risultati ottenuti sui campioni di coppa appartenenti alla categoria aw 0,91 ± 0,01 e nella Tabella 6 i risultati delle prove di trattamento HPP su campioni di coppa appartenenti alla categoria aw 0,88 ± 0,01.

Tabella 4 - Risultati del trattamento HPP (600 MPa 5 minuti, 5°C) nei confronti di L.

monocytogenes e Salmonella in campioni di coppa con aw 0,94 ± 0,01 (fonte: Grisenti et al., 2017)

Temperatura acqua di

trattamento Patogeno Giorni

Carica in campioni non trattati Media ± dev. st Carica in campioni trattati HPP (5°C) Media ± dev. st nD 5°C L. monocytogenes 1 3,06 ± 0,09 -0,98 ± 0,94 4,03 14 2,88 ± 0,05 -1,40 ± 0,00 Salmonella 1 3,23 ± 0,21 -0,56 ± 1,15 3,79 14 3,02 ± 0,10 -1,40 ± 0,00 15°C L. monocytogenes 1 3,06 ± 0,09 -1,40 ± 0,00 4,45 14 2,88 ± 0,05 -1,40 ± 0,00 Salmonella 1 3,23 ± 0,21 -0,98 ± 0,94 4,21 14 3,02 ± 0,10 -1,40 ± 0,00 nD: decrementi logaritmici

(34)

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Tabella 5 - Risultati del trattamento HPP (600 MPa 5 minuti, 5°C) nei confronti di L.

monocytogenes e Salmonella in campioni di coppa con aw 0,91 ± 0,01 (fonte: Grisenti et al., 2017)

Temperatura acqua

di trattamento Patogeno Giorni

Carica in campioni non trattati Media ± dev. st Carica in campioni trattati HPP (5°C) Media ± dev. st nD 5°C L. monocytogenes 1 2,92 ± 0,28 -0,35 ± 1,11 3,27 14 2,66 ± 0,33 -0,98 ± 0,88 Salmonella 1 3,04 ± 0,17 0,70 ± 0,00 2,34 14 2,19 ± 0,63 -1,19 ± 0,66 15°C L. monocytogenes 1 2,92 ± 0,28 -0,35 ± 1,11 3,27 14 2,66 ± 0,33 -0,56 ± 1,08 Salmonella 1 3,04 ± 0,17 0,07 ± 1,01 2,97 14 2,19 ± 0,63 -1,40 ± 0,00 nD: decrementi logaritmici

Tabella 6 - Risultati del trattamento HPP (600 MPa 5 minuti, 5°C) nei confronti di L.

monocytogenes e Salmonella in campioni di coppa con 0,88 ± 0,01 (fonte: Grisenti et al.,

2017) Temperatura acqua di trattamento Patogeno Giorni Carica in campioni non trattati Media ± dev. st Carica in campioni trattati HPP (5°C) Media ± dev. st nD 5°C L. monocytogenes 1 2,70 ± 0,24 -0,77 ± 1,01 3,47 14 2,71 ± 0,15 -0,35 ± 1,11 Salmonella 1 3,03 ± 0,21 0,28 ± 0,88 2,75 14 2,43 ± 0,37 -0,35 ± 1,11 15°C L. monocytogenes 1 2,70 ± 0,24 -0,77 ± 1,01 3,47 14 2,71 ± 0,15 -1,19 ± 0,66 Salmonella 1 3,03 ± 0,21 -0,35 ± 1,11 3,38 14 2,43 ± 0,37 -0,77 ± 1,01 nD: decrementi logaritmici

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31

In tutti i campioni trattati con HPP, analizzati dopo 1 e 14 giorni dal trattamento, sia L.

monocytogenes che Salmonella sono sempre risultate inferiori al limite analitico di

determinazione (<10 ufc/g). L’applicazione della tecnologia HPP per l’inattivazione di microrganismi patogeni nella coppa stagionata ha dato risultati soddisfacenti e strettamente correlati al valore di attività dell’acqua dei prodotti oltre che, soprattutto per

Salmonella, alla temperatura dell’acqua di trattamento. Per entrambi i trattamenti testati,

il maggior effetto sui microrganismi è stato osservato sui campioni con aw 0,94 ± 0,01, in cui sono state rilevate a un giorno dal trattamento circa 4 riduzioni logaritmiche per L.

monocytogenes e di 3,8 log per Salmonella, a seconda della temperatura di trattamento

applicata. Infatti, un innalzamento della temperatura di processo, eseguito con acqua a 15°C, ha determinato un miglioramento dell’efficacia del trattamento su entrambi i patogeni: L. monocytogenes ha subito infatti 4,5 riduzioni decimali e Salmonella 4,2. Nei campioni di coppa con aw 0,91 ± 0,01, i risultati ottenuti hanno consentito di raggiungere, a seguito del trattamento eseguito a 5°C, per L. monocytogenes un numero di riduzioni logaritmiche di 3,3 e per Salmonella di 2,3; un innalzamento della temperatura dell’acqua di processo fino a 15°C non ha determinato nessun aumento dell’effetto su L.

monocytogenes, mentre ha aumentato il numero di riduzioni decimali ottenute per Salmonella fino a quasi 3 log. In prodotti con aw tra 0,87 e 0,92, il numero di riduzioni

decimali registrato per L. monocytogenes è stato tra 3,3 e 3,5 log a seguito di entrambi i trattamenti testati (a 5°C e 15°C) e per Salmonella il grado d’inattivazione è risultato mediamente di circa 2,5 log a 5°C e di circa 3,2 log nei campioni trattati a 15°C.

Per tutti i trattamenti testati, sia per L. monocytogenes che per Salmonella, non è mai stato osservato a 14 giorni un livello d’inattivazione inferiore a quello osservato dopo 24 ore dal trattamento, a prova del fatto che i danni alle cellule impartiti dall’alta pressione erano definitivi e non soggetti a possibili meccanismi di riparazione.

I trattamenti HPP impartiti alle due differenti temperature si sono dimostrati efficaci per l’inattivazione di L. monocytogenes e di Salmonella. Dal momento che la pressione applicata viene trasmessa dall’acqua, substrati con bassa attività dell’acqua risultano protettivi verso i microrganismi. L’innalzamento della temperatura di trattamento da 5°C a 15°C, a eccezione dei campioni con aw più alta, non ha dato un significativo miglioramento dell’efficacia del trattamento su L. monocytogenes, mentre in tutte le categorie di coppe testate ha portato per Salmonella a un maggior grado d’inattivazione. I risultati ottenuti potranno fornire agli operatori del settore alimentare indicazioni riguardo la scelta dei parametri tecnologici ottimali di un trattamento HPP allo scopo di

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