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Caratterizzazione della neurosteroidogenesi in modelli di microglia primaria umana

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Academic year: 2021

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DIPARTIMENTO DI FARMACIA

Corso di Laurea Magistrale in Chimica e Tecnologia Farmaceutiche

TESI DI LAUREA

CARATTERIZZAZIONE DELLA

NEUROSTEROIDOGENESI IN MODELLI

DI MICROGLIA PRIMARIA UMANA

Relatore:

Prof.ssa Barbara Costa

Correlatore: Candidato:

Dott. Lorenzo Germelli Edoardo Corbani

ANNO ACCADEMICO 2019/2020 SSD: BIO/13

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Indice

Riassunto ... 5 1. Introduzione ... 8 1.1 La microglia ... 8 1.1.1 Morfologia ... 8 1.1.2 Embriogenesi ... 10

1.1.3 Funzioni fisiologiche della microglia ... 11

1.1.4 Microglia, neuroinfiammazione e mediatori coinvolti ... 12

1.1.5 Patologie correlate alla neuroinfiammazione ... 16

1.1.6 I diversi fenotipi della microglia ... 17

1.2 I neurosteroidi ... 19

1.3 Neurosteroidogenesi ... 22

1.4 Complessi proteici implicati nella steroidogenesi: transduceosoma e metabolone ... 25

1.5 Translocator Protein 18kDa (TSPO) ... 27

1.5.1 Struttura TSPO ... 28

1.5.2 Funzioni attribuite a TSPO ... 29

1.5.3 Distribuzione nei tessuti sani ... 30

1.5.4 Espressione nei tessuti patologici ... 31

1.5.5 Ruolo di TSPO a livello del SNC e correlazione con la neuroinfiammazione ... 32

1.5.6 Ligandi del TSPO ... 33

1.6 CYP11A1 ... 36

1.6.1 Meccanismo di reazione nella conversione del colesterolo in pregnenolone ... 36

1.6.2 Espressione di Cyp11a1 ... 37

1.6.3 Regolazione trascrizionale di Cyp11a1 ... 37

1.7 StAR (Steroidogenic Acute Regulatory Protein) ... 39

1.8 Microglia e Neurosteroidogenesi ... 41

2. Materiali e Metodi ... 42

2.1 Colture cellulari ... 42

2.2 Trattamenti ... 44

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2.4 Real Time RT-PCR dei geni codificanti gli enzimi della cascata steroidogenica

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2.5 Genotipizzazione del polimorfismo rs6971 TSPO ... 58

2.6 Valutazione quantitativa del pregnenolone tramite saggio ELISA ... 61

2.7 Fissaggio e colorazione delle cellule ... 67

2.8 Valutazione quantitativa del BDNF tramite saggio ELISA ... 68

2.9 Analisi predittiva dell’affinità dei fattori di trascrizioni per i siti di legame nel promotore di CYP11A1 ... 72

3.Risultati e Discussioni ... 73

3.1 Quantificazione dell’espressione basale di StAR nelle cellule di microglia umana C20 e HMC3... 74

3.2 Polimorfismo funzionale di TSPO (rs6971): genotipizzazione delle cellule di microglia umana C20 e HMC3 ... 76

3.3 Valutazione dei livelli dei trascritti degli enzimi della cascata neurosteroidogenica nelle cellule C20 e HMC3 ... 78

3.4 Valutazione degli effetti del silenziamento genico del TSPO sulla capacità steroidogenica de novo delle cellule di microglia C20 ... 83

3.5 Valutazione del rilascio del fattore neurotrofico BDNF da parte delle cellule C20 in seguito a stimolazione farmacologica di TSPO ... 87

3.6 Conclusioni (I parte, condizioni basali) ... 89

3.7 Modello in vitro infiammato di microglia umana ... 89

3.8 Quantificazione cinetica dell’espressione dei membri neurosteroidogenici nelle cellule C20 infiammate ... 90

3.9 Analisi della sequenza del promotore di CYP11A1 ... 91

3.10 Quantificazione dei livelli dei trascritti degli enzimi della cascata steroidogenica nel modello infiammato di cellule C20 e HMC3 ... 101

3.11 Conclusioni (II parte, modello infiammato) ... 103

4.Conclusioni finali ... 103

Ringraziamenti ... 104

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Riassunto

La microglia è un tipo cellulare che, insieme ad oligodendrociti ed astrociti va a costituire la componente gliale del sistema nervoso centrale. Le cellule di microglia sono comunemente definite come i macrofagi residenti del sistema nervoso centrale per la loro capacità di eseguire la fagocitosi a scopo protettivo nei confronti dei neuroni e quindi per la capacità di difendere questi da vari tipi di danno cellulare. La microglia non è implicata unicamente nella difesa immunitaria a livello centrale ma si ritrova coinvolta anche in fenomeni riguardanti lo sviluppo del SNC in particolare quello della plasticità neuronale, alla base delle funzioni cognitive e mnestiche di ogni individuo. Essendo comunque un elemento cellulare del sistema immunitario la microglia si attiva a seguito di diversi segnali provenienti da cellule adiacenti andando a rilasciare mediatori infiammatori in modo da aumentare la capacità fagocitica e così eliminare possibili componenti dannose. Al contrario, quando si ritrova in condizioni non patologiche, essa vira ad un rilascio di mediatori antinfiammatori. L’instaurazione del processo infiammatorio è importante per la difesa del SNC ma un suo eccessivo protrarsi nel tempo può condurre ad una neuroinfiammazione cronica, fenomeno alla base di numerose patologie neurodegenerative. Lo studio dei processi che portano all’attivazione e alla disattivazione della microglia permette di indagare meglio sul ruolo di queste cellule nella neuroinfiammazione e di aprire a dei possibili target farmacologici in grado di modulare questa condizione. Prima di tutti sono i neurosteroidi, sintetizzati de novo nel SNC a partire dal colesterolo, ad avere un’azione neuroprotettiva ed antinfiammatoria. La loro sintesi de novo avviene principalmente nei neuroni e negli astrociti, ma è importante anche capire qual è il ruolo della microglia nella loro produzione.

Nel presente lavoro di tesi è stata condotta la caratterizzazione della capacità neurosteroidogenica de novo di due modelli cellulari di microglia umana (cellule C20 e HMC3), che precedenti dati della letteratura hanno indicato presentare la funzionalità tipica delle cellule microgliali normali. A tal fine, la sperimentazione è stata condotta impiegando due approcci adatti a mimare la condizione basale e il fenotipo infiammato. Nel primo caso le cellule microgliali umane sono state coltivate in mezzo completo e nel secondo caso in mezzo serum-free in presenza di stimolo immunogeno.

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In entrambe le condizioni sperimentali, è stata valutata l’espressione di membri chiave del transduceosoma e del metabolone della neurosteroidogenesi mediante Western Blot, nonché l’espressione dei trascritti codificanti gli enzimi della cascata neurosteroidogenica mediante real-time RT-PCR. In condizioni basali, inoltre, è stato indagato il ruolo di TSPO nel mantenimento dell’attività neurosteroidogenica basale delle cellule C20 mediante due strategie sperimentali finalizzate ad abolire (mediante silenziamento genico) oppure a potenziare (mediante stimolazione farmacologica) la funzione della proteina.

Come primo passo, le cellule C20 e HMC3 sono state genotipizzate per il polimorfismo funzionale rs6971 di TSPO al fine di capire se presentassero o meno il genotipo associato ad efficienza steroidogenica.

In condizioni basali, è emerso che le cellule C20 e HMC3 esprimono la proteina StAR sia nella sua forma citosolica che mitocondriale, indicando l’avvenuta consegna del colesterolo nel mitocondrio. Per quanto riguarda il profilo dei trascritti per gli enzimi della cascata neurosteroidogenica, entrambe le cellule microgliali hanno evidenziato la presenza degli mRNA per gli enzimi coinvolti nella sintesi di testosterone, corticosterone e cortisolo mentre non esprimono a livelli significativi il sistema enzimatico 5α-RED/3α-HSD coinvolto nella sintesi di allopregnanolone e THDOC e l’aromatasi coinvolta nella produzione di 17β-estradiolo. A seguito del silenziamento dell’espressione di TSPO, le cellule C20 riducono i livelli di StAR e CYP11A1 e la propria capacità neurosteroidogenica basale de novo, suggerendo che la microglia necessita la presenza di TSPO per mantenere questa attività. Al contrario, il potenziamento della sua funzione tramite stimolazione farmacologica di TSPO, aumenta la capacità neurosteroidogenica de novo e la produzione neurosteroide-mediata del fattore neurotrofico BDNF.

In condizioni infiammate, le cellule C20 e HMC3 aumentano l’espressione dei membri chiave del transduceosoma e del metabolone. Oltre ad aumentare i trascritti codificanti gli enzimi, che già in condizioni basali risultavano espressi ad alti livelli, aumentano anche altri enzimi, quali il sistema 5β-RED/3α-HSD nelle cellule C20 e l’aromatasi in entrambi i tipi cellulari. Infine, avendo dimostrato che i livelli di CYP11A1 aumentano nelle condizioni infiammate è stata condotta un’analisi in silico della sequenza del

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promotore del gene codificante questo enzima per capire se potessero essere presenti dei siti di legame per fattori di trascrizione noti per il loro coinvolgimento nei processi infiammatori. L’analisi ha indicato la presenza di matrici per fattori di trascrizione implicati nella regolazione dell’espressione di proteine coinvolte nei processi infiammatori quali AP-1, STAT5, RORA, PPARγ e Nur77.

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1. Introduzione

1.1 La microglia

1.1.1 Morfologia

La microglia è un elemento cellulare che, insieme ad oligodendrociti e astrociti forma la componente gliale, che a sua volta affianca la componente neuronale e i vasi sanguigni associati nella costituzione del Sistema Nervoso Centrale (SNC). I neuroni costituiscono una rete cellulare in grado di provvedere alla trasmissione delle informazioni sottoforma di impulsi nel nostro organismo, la loro funzione è regolata dalla glia. Questa incorpora una serie di funzionalità che, nel particolare della microglia sono: condurre la risposta immunitaria nel SNC volta a contrastare agenti esterni e possibilmente dannosi, coadiuvare lo sviluppo delle funzioni cognitive e mnestiche modulando la plasticità neuronale e più in generale mantenere l’omeostasi. C’è ancora tanto ad oggi da scoprire sulle funzioni della microglia e di come questa sia in grado di attivarsi/disattivarsi a seconda dei vari stimoli.

La componente gliale viene suddivisa morfologicamente in macroglia e microglia: la prima è composta da astrociti, oligodendrociti e cellule di Schwann, e ciò che le distingue macroscopicamente dalla microglia è la loro maggiore dimensione.

Le cellule di microglia sono classicamente definite i macrofagi residenti del sistema nervoso centrale dal momento che esse si occupano dell’eliminazione di microrganismi patogeni, cellule morte, sinapsi eccedenti, aggregati proteici e altro particolato/antigeni solubili in grado di danneggiare il SNC. Si distinguono però dai macrofagi presenti negli altri tessuti avendo un loro unico fenotipo omeostatico ed essendo sottoposti ad una ferrea regolazione da parte del microambiente del SNC (Colonna et al., 2017).

A livello morfologico si presentano come cellule molto piccole avendo una area media del soma pari a 50 μm2; nel SNC di individuo adulto sano, il soma della microglia in condizioni “resting” è connesso a molteplici lunghi e ramificazioni occupanti uno spazio molto più grande rispetto a quello occupato dal corpo cellulare stesso (Carson et al., 2006). Queste ramificazioni fungono da sensori capaci di captare le variazioni del microambiente circostante, infatti quando vengono rilevate delle alterazioni

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ambientali le cellule di microglia optano per virare ad una morfologia ameboide, ottimale per raggiungere velocemente il sito del danno. In questa morfologia esse assomigliano molto agli altri macrofagi presenti nel resto dell’organismo, avendo un corpo cellulare più rotondeggiante e con molte meno ramificazioni. (Savage et al., 2019).

Oltre a queste due forme principali esistono vari adattamenti morfologici che assume la microglia in diversi contesti, che siano fisiologici o patologici. La microglia ipertrofica con un soma allargato e ramificazioni molto corte, la “rod” microglia con ramificazioni bipolari e allineate e la microglia distrofica con piccole ramificazioni frammentate, questo tipo rappresenta la microglia senescente (Savage et al., 2019).

Figura 1.2 Visualizzazione delle cellule di a) "resting" microglia ramificata, b) m. ipertrofica, c) rod microglia, d) microglia distrofica (Savage et al., 2019)

Figura 1.1 Visualizzazione di una cellula di microglia "resting" (a sinistra) e di una cellula di microglia ameboide (a destra). (Torres-Platas et al., 2014)

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1.1.2 Embriogenesi

Le cellule di microglia sono le uniche cellule facenti parte del sistema immunitario residenti nel parenchima del sistema nervoso centrale mentre sono presenti macrofagi a circondare organi come il cervello e il midollo spinale, essi sono i macrofagi perivascolari, meningei e del plesso corioideo e con questi la microglia condivide in gran parte il profilo trascrizionale (Goldmann et al., 2016). Dal momento che non sono cellule neuronali pur facendo parte del SNC, esse presentano un’ontogenesi a sé stante: si sviluppano da progenitori mieloidi nel sacco vitellino e non dall’ectoderma (foglietto embrionale dal quale hanno origine esclusivamente gli elementi cellulari del sistema nervoso. Questi progenitori esprimono i fattori di trascrizione RUNX1 e il recettore tirosin-chinasico c-Kit ma non la proteina CD45 (Kierdorf, K. et al., 2013). Essi iniziano a migrare attraverso il flusso sanguigno nel SNC in via di sviluppo a partire dal giorno embrionale 8,5 continuando finchè la formazione della membrana emato-encefalica non è completa (Ginhoux et al., 2010; Gomez Perdiguero et al., 2015). Solo successivamente avverrà la differenziazione. Esistono tre diversi stadi di sviluppo della microglia: “early” (prima del quattordicesimo giorno embrionale), premicroglia (dal quattordicesimo giorno embrionale a qualche settimana dopo la nascita) e microglia adulta (da qualche settimana in poi) (Matcovitch-Natan et al., 2016). Diversi studi affermano che la microglia inizialmente presenti una forma ameboide e sia sincronizzata come gruppo nello sviluppo neuronale. Una volta completato, essa volge, se non attivata da meccanismi di danno, nella condizione di “resting” (Salter et al., 2017).

Il mantenimento della microglia non dipende dai monociti circolanti (Sheng et al., 2015) bensì da fonti di cellule rimaste quiescenti per molto tempo nel SNC (Li et al., 2018).

Il mantenimento della popolazione cellulare microgliale dipende dalla continua attivazione del recettore per il fattore stimolante le colonie 1 (CSF-1R), dimostrato essere necessario per lo sviluppo di macrofagi e microglia (Erblich et al., 2011).

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1.1.3 Funzioni fisiologiche della microglia

Il ruolo principale della microglia risiede, essendo appartenente alle cellule del sistema immunitario, nella difesa del SNC da eventuali stimoli dannosi andando a coinvolgere l’instaurarsi di processi infiammatori. Trovandosi a stretto contatto con dendriti e assoni dei neuroni le cellule della microglia sono in grado di modificare la propria motilità grazie all’attrazione che si genera tra i loro processi terminali e le fonti di forte attivazione cellulare, caratterizzate da alte concentrazioni di ATP. In risposta a stimoli extracellulari, grazie a questo meccanismo che porta allo spostamento della microglia verso le zone coinvolte, essa è in grado rispondere prontamente agli insulti cellulari. Il cambiamento morfologico delle cellule di microglia è indice del loro stato di attivazione a seguito di una variazione dell’omeostasi dell’ambiente neuronale (Salter et al., 2017).

Oltre all’intervento negli stati patologici, la microglia assolve a numerose funzioni fisiologiche attualmente non completamente note; tra queste ritroviamo la neurogenesi e la plasticità neuronale. Nonostante la microglia priva di stimoli non presenti un ruolo dimostrabile nella trasmissione sinaptica o nella plasticità a corto termine, una sua stimolazione influenza l’attività sinaptica (Pascual et al., 2012). Al contrario, la microglia presenta un ruolo più marcato nei processi attività-dipendenti della plasticità sinaptica a lungo termine. Questa è riconosciuta essere alla base dei meccanismi di apprendimento e memoria (Bliss et al., 2013).

Un’altra delle funzioni principali è il “neuronal pruning”, letteralmente “potatura neuronale”, operazione volta all’eliminazione delle sinapsi accessorie formate durante la fase di sviluppo del SNC e il potenziamento di quelle rimanenti. Infatti durante lo sviluppo cerebrale dell’individuo sono presenti connessioni sinaptiche in eccesso rispetto a quelle che rimangono una volta raggiunta la maturazione. A livello del meccanismo entrano in gioco le proteine del complemento come C3 e C1q, che vanno a marcare le sinapsi immature; così la microglia attivata esprimendo alti livelli di CR3 (recettore per la proteina C3) è in grado di eliminare queste sinapsi tramite fagocitosi. Le sinapsi più “forti” possono essere protette dall’eliminazione da altre proteine regolatorie del complemento o da altri segnali di tipo protettivo. Si ipotizza che un

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pruning anormale durante le fasi critiche dello sviluppo cerebrale possano indurre a disordini come l’autismo e la schizofrenia (Stephan et al., 2012; Salter et al., 2017). La microglia si ritrova anche ad essere coinvolta nella neurogenesi: si ipotizza che la essa funzioni come un centro di raccolta per le informazioni provenienti dalle regioni cerebrali interne ed esterne durante la regolazione della neurogenesi (Sato 2015). Più in generale si può dire che la microglia controlli, attraverso il rilascio di fattori di necrosi (TNF) e di crescita neuronale, la vita dei neuroni coi quali essa si trova a stretto contatto nel SNC (Salter et al., 2017).

1.1.4 Microglia, neuroinfiammazione e mediatori coinvolti

Con il termine neuroinfiammazione si fa riferimento ad una condizione di infiammazione a livello del sistema nervoso, questa può essere acuta e quindi generalmente transitoria oppure può protrarsi nel tempo e diventare cronica quando mancano le condizioni per la sua risoluzione. Tuttavia non è ancora chiaro se la neuroinfiammazione sia la causa oppure la conseguenza dello sviluppo di una patologia a livello neuronale; ciò che invece è ormai riconosciuto dalla comunità scientifica è che questa condizione sia alla base di gran parte delle patologie che interessano il SNC, da quelle neurodegenerative a quelle psichiatriche e caratterizzate nella maggior parte dei casi da un danno permanente alle strutture nervose.

A livello molecolare la neuroinfiammazione è mediata dalla produzione di citochine, chemochine, specie reattive dell’ossigeno (ROS), e secondi messaggeri da parte della microglia ma anche degli astrociti, delle cellule endoteliali e delle cellule immunitarie periferiche. Come è stato detto precedentemente il grado di neuroinfiammazione varia a seconda del contesto in cui si sviluppa e della durata più o meno protratta e della natura dello stimolo primario responsabile. Tuttavia è necessario affermare che esistono diversi gradi di neuroinfiammazione e che dipendentemente dalla durata e dall’intensità dello stimolo infiammatorio i segnali immunitari possono essere supportivi oppure nocivi nei confronti del SNC (DiSabato et al., 2016).

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Situazioni neuroinfiammatorie brevi e controllate possono recare benefici all’organismo, per esempio i segnali dal sistema immunitario al cervello a seguito di un’infezione conducono ad una riorganizzazione delle priorità dell’organismo con induzione dei cosiddetti “sickness behaviors”, ossia tutta una serie cambiamenti comportamentali adattivi nell’individuo infetto. Sempre tra gli effetti positivi troviamo un ruolo di mantenimento nell’apprendimento e nella memoria, la promozione della ricrescita assonale consecutivamente al danno del SNC, e il ruolo nella cosiddetta “euflammation”, metodo per addestrare il sistema immunitario innato verso un fenotipo più neuroprotettivo. D’altro canto tra gli aspetti negativi della neuroinfiammazione si ritrovano la condizione infiammatoria sregolata caratterizzata dalla produzione di citochine e ROS in seguito a trauma a livello del SNC; la condizione di infiammazione transitoria dopo ripetuta “social defeat” ossia una generale situazione di stress cronico in grado di condurre ad ansia e depressione; la condizione cronica infiammatoria di bassa intensità caratteristica dell’avanzare d’età recante una ridotta plasticità neuronale nel tempo ed infine la condizione infiammatoria di alto livello e cronica caratteristica delle patologie neurodegenerative (DiSabato et al., 2016).

In generale quindi un’attivazione dello stato infiammatorio è necessaria per l’esplicazione delle funzioni di segnalazione o fagocitosi da parte delle cellule coinvolte, ma se questa condizione non è in grado di portare ad una risoluzione del problema o comunque permane troppo a lungo può avere conseguenze molto gravi come la distruzione della guaina mielinica assonale, componente fondamentale nella trasmissione dell’impulso nervoso, o la distruzione dell’assone stesso provocando una perdita di connessione tra vari neuroni e quindi una vera e propria neurodegenerazione (Ransohoff, 2016).

La microglia rappresenta un punto centrale nella neuroinfiammazione facendo essa parte del sistema immunitario innato, essa è in grado di esercitare un’attività simile a quella dei macrofagi nel SNC, compresa la produzione di citochine e chemochine in grado di alimentare il processo infiammatorio. La microglia ha quindi un ruolo attivo nella sorveglianza immunitaria che esplica utilizzando le proprie ramificazioni per appunto sorvegliare il microambiente circostante, essa in più è in grado di mediare la

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propagazione di segnali infiammatori con origine periferica, ponendosi al centro della coordinazione della comunicazione tra cervello e sistema immunitario. Con l’infiammazione la microglia passa allo stato attivato alterando il proprio profilo trascrizionale andando a produrre citochine e chemochine infiammatorie che, dipendentemente dal contesto possono facilitare il reclutamento di leucociti al cervello (DiSabato et al., 2016).

Le cellule di microglia presentano un turnover piuttosto lento (Ajami et al. 2007, Ginhoux et al. 2010), ciòrende maggiormente suscettibili agli eventuali effetti pro-infiammatori che si instaurano con l’avanzare dell’età, con una lesione o con lo stress. In particolar modo sono le molecole segnale denominate interleuchine ad avere un ruolo determinante nell’instaurazione dello stato infiammatorio. Esse sono proteine della famiglia delle citochine in grado di essere rilasciate da ogni cellula del sistema immunitario come la microglia, principale fonte nel SNC. Esse sono in grado di esercitare sia un’azione autocrina che paracrina e sono in grado di rispondere ad un meccanismo a feedback nella via di attivazione della microglia stessa. A livello cellulare sono in grado di legarsi ai propri recettori accoppiati a proteine G, suddivisi in quattro diverse famiglie a seconda della struttura. Tra queste molecole segnali esistono sia quelle ad azione pro-infiammatoria (IL-1β, IL-6 e IL-8) che quelle ad azione antinfiammatoria (IL-4 e IL-10).

Tra quelle ad azione pro-infiammatoria la più rappresentativa nel SNC è sicuramente IL-1β, il cui precursore denominato pro-interleuchina 1β viene sintetizzato sia dalla microglia che dagli astrociti nel loro stato attivato. Affinchè essa possa essere in grado di legare il proprio recettore questo precursore deve subire un taglio proteolitico da parte di Caspasi-1 all’interno del reticolo endoplasmatico. A sua volta questa proteina deve essere attivata da inflammasomi, ossia gruppi proteici che in questo caso comprendo il complesso NLRP3 (Nod-like-receptor P3), che sta sotto l’attività regolatoria di NF-kB (Afonina et al. 2017; Lopez-Castejon et al. 2011). Gli effetti principali indotti dall’IL-1β sono la vasodilatazione e l’aumento dell’espressione dei geni codificanti proteine chiave della risposta immunitaria, di favorire il progresso fagocitico e l’adesione delle cellule immunitarie. La produzione di questa

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interleuchina è fisiologica fino a quando questa non superi certi livelli o perduri troppo a lungo. (Lopez-Castejon et al. 2011).

Un’altra proteina pro-infiammatoria appartenente alla famiglia delle interleuchine è IL-6, prodotta anch’essa inizialmente come precursore negli astrociti e nella microglia nello stato attivato. Interessante è l’azione autocrina che essa esercita portando alla stimolazione della produzione di CRP (c-reactive protein), una proteina caratteristica dell’infiammazione acuta, la cui espressione subisce un aumento fino a mille volte nei siti d’infezione/infiammazione. La produzione di IL-6 è caratteristica delle condizioni fisiologiche finchè non superi certi livelli o si protragga troppo a lungo (Del Giudice et al., 2018).

Tra i mediatori pro-infiammatori troviamo anche IL-8, proteina con evidenti proprietà chemiotattiche attraverso le quali è in grado di mediare il richiamo di neutrofili nel sito d’infiammazione interessato attraverso due recettori di membrana denominati CXR1 e CXR2. Una sovraespressione di questa proteina è stata registrata nei gliomi, un gruppo di tumori maligni cerebrali, suggerendo un ruolo critico di questa proteina nella gliomagenesi. Fattori di trascrizione come AP-1, NF-kB e CEBP sono in grado di promuovere l’espressione di questa chemochina (Kosmopoulos et al. 2018).

Tra le interleuchine ad azione antinfiammatoria la principale è sicuramente IL-4, il cui aumento di espressione va in parallelo a fenomeni comprendenti la riparazione di tessuti danneggiati e la fagocitosi di agenti esterni potenzialmente patogeni oppure di cellule che hanno subito danni. Essa è in grado di legarsi a due tipi di recettori ed è un potente fattore sia di crescita che di sopravvivenza per i linfociti B, la cui attività è mediata dal fattore STAT6 (I-Cheng Ho and Shi-Chuen Miaw 2016). STAT6 è attivato infatti dai pathways JAK1 e JAK3 a loro volta stimolati dall’avvenuto legame di IL-4 coi propri recettori. STAT6 è in grado di mediare la soppressione dell’espressione di proteine proinfiammatorie(Subramanian et al. 2017).

Un’altra chemochina antinfiammatoria è IL-10, che presenta un meccanismo analogo, andando però a coinvolgere il fattore STAT3 (Subramanian et al. 2017).

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1.1.5 Patologie correlate alla neuroinfiammazione

La condizione neuroinfiammatoria risulta strettamente correlata alla patogenesi e alla progressione della maggior parte delle patologie neurodegenerative, come il morbo di Alzheimer, il morbo di Parkison e la sclerosi multipla.

Il morbo di Alzheimer è caratterizzato da una severa e debilitante perdita della memoria, dovuta alla degenerazione neuronale stabilitasi in conseguenza al deposito massiccio della proteina β-amiloide a livello extracellulare ed alla formazione di grovigli di proteina Tau a livello intracellulare. Per quanto riguarda la microglia, una sua eccessiva attivazione porta ad un aumento del rilascio di IL-1β che causa un aumento della permeabilità della barriera ematoencefalica promuovendo il deposito di β-amiloide. D’altra parte però si pensa che queste stesse cellule possano avere un ruolo positivo perché in grado di degradare e fagocitare la proteina β-amiloide (Lopez-Castejon et al. 2011; Wang et al.2018). Inoltre la microglia attivata presente a livello cerebrale degli individui con questa patologia ha dimostrato una sovraespressione di TSPO prossima alle placche di β-amiloide (Cosenza-Nashat et al., 2009).

Il morbo di Parkinson è una patologia caratterizzata dalla degenerazione delle fibre dopaminergiche a livello della substantia nigra e quindi nel ganglio basale, che si traduce nella comparsa di tremori e nella progressiva perdita delle capacità motorie e cognitive. Negli individui affetti da questa patologia, il ruolo della microglia è dimostrato dall’elevata concentrazione di chemochine nel SNC e dalla presenza di numerose zone cellulari infiammate (Franco et al., 2015). A livello della substantia nigra e del ganglio basale è stato dimostrato un aumento del legame del radioligando di TSPO [11C] (R)-PK11195 rispetto ai controlli (Iannaccone et al., 2013).

La sclerosi multipla è una patologia autoimmune caratterizzata da un’infiammazione cronica in grado di provocare demielinizzazione assonale e quindi neurodegenerazione. I sintomi comprendono defezioni più o meno gravi a livello motorio, visivo e cognitivo. Anche in questo caso la microglia è responsabile dell’eccessivo rilascio di interleuchine e così della perdita della capacità di mantenere l’omeostasi del tessuto nervoso (Peferoen et al. 2015).

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Non solo le patologie neurodegenerative ma anche i disordini psichiatrici, come la schizofrenia e la depressione maggiore sono caratterizzate da una microglia eccessivamente attiva e presentante alterazioni funzionali (Guilarte et al., 2018).

1.1.6 I diversi fenotipi della microglia

Una volta affermato il ruolo della microglia nei processi neuroinfiammatori è necessario indagare su quali siano i possibili meccanismi in grado di indurne sia l’attivazione che la disattivazione. Questo è di fondamentale importanza per comprendere ciò che sta alla base delle patologie caratterizzate da questa condizione, come quelle neurodegenerative e psichiatriche.

Le microglia rappresenta un elemento cellulare molto dinamico in grado di adattarsi ad una grande varietà di situazioni in base ai diversi fenotipi che essa può assumere. Alcuni di questi fenotipi possono espletare funzioni utili per l’organismo come il mantenimento dell’omeostasi e la regolazione della sinaptogenesi mentre altri possono condurre funzioni pro-infiammatorie. Inizialmente, i fenotipi della microglia sono stati definiti utilizzando una nomenclatura simile a quella utilizzata per i macrofagi periferici, tipo cellulare al quale la microglia viene accostata. Esiste un fenotipo M0 denominato “resting” che definisce la microglia ramificata volta al mantenimento dell’omeostasi. Dallo stato di resting possono emergere altri due fenotipi: M1 e M2. M1, pro-infiammatorio è caratterizzato da un corpo cellulare ingrossato con un numero di prolungamenti limitato e dal rilascio di citochine pro-infiammatorie come IL-1β, TNF-α, IL-6 e IL-8; esso è in grado di manifestarsi in seguito all’esposizione dell’organismo ad agenti patogeni, minacce di vario tipo o più in generale stimoli pro-infiammatori. M2 è definito come il fenotipo protettivo anti-infiammtorio caratterizzato da un soma dalla forma ameboide con prolungamenti più lunghi e dal rilascio di citochine antinfiammatorie come IL-4, IL-10 e IL-13 (Werry et al., 2019). Sono state evidenziate anche differenze per quanto riguardo il metabolismo nei diversi fenotipi; per M1 si ha il passaggio dalla fosforilazione ossidativa alla glicolisi caratterizzato da un’elevata produzione di ROS dovuta all’inibizione della catena di

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trasporto degli elettroni. Il passaggio ad un metabolismo prettamente anerobio si ha per la ridotta disponibilità di ossigeno in conseguenza al reclutamento di cellule nel sito infiammato. Per quanto riguarda il fenotipo M2, si ha un metabolismo di tipo aerobio (Franco et al. 2015; Tang and Le, 2016).

Studi più recenti hanno indicato, avvalendosi di tecniche di genomica e proteomica, la possibilità di una più complessa ed eterogenea distribuzione fenotipica della microglia rispetto a quella rimarcata precedentemente. Sono stati caratterizzati otto diversi fenotipi, ognuno di essi distinto dall’espressione sregolata di diversi geni significativi. Sono stati inoltre descritti un insieme di DAMPs (Disease-Associated Molecular Patterns) e PAMPs (Pathogen-Associated Molecular Patterns) che variano sia tra le diverse patologie del SNC che trai diversi pazienti affetti da esse, in grado di indurre in diversi rapporti queste tipologie di fenotipi (Werry et al., 2019).

Figura 1.3 Visualizzazione della iniziale classificazione dei fenotipi della microglia (a sinistra) e della più recente classificazione fenotipica (a destra) (Werry et al., 2019).

Per esempio, è stata identificato il fenotipo microgliale DMA (Disease Associated Microglia) durante la progressione del morbo di Alzheimer. Attraverso studi di immunocitochimica si è denotato che DAM è spazialmente associata ai siti interessati dalla patologia in questione. Per quanto riguarda i geni espressi in questo fenotipo, è stata riscontrata l’espressione di geni coinvolti nel metabolismo lipidico e nella

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fagocitosi, necessari per la rimozione delle placche caratteristiche della patologia (Keren-Shaul et al., 2017).

Di fondamentale importanza rimane quindi lo studio sui meccanismi di attivazione della microglia in particolar modo nel contesto neuroinfiammatorio, al fine di poter sfruttarli per la progettazione di nuove strategie terapeutiche. Nel corso degli anni sono state individuate molecole che legandosi ai recettori presenti nella microglia sono in grado di favorire il mantenimento dell’omeostasi tissutale. Tra queste troviamo gli agonisti del recettore PPAR-γ (recettore gamma attivato dai proliferatori dei perossisomi), i cannabinoidi e gli steroidi (Franco et al. 2015; Da Pozzo et al. 2019). Lo svolgimento del presente progetto di tesi è stato condotto indagando su come gli steroidi, più in particolare i neurosteroidi (prodotti all’interno del SNC) e la neurosteroidogenesi de novo siano in grado d’impattare sull’attivazione della microglia.

1.2 I neurosteroidi

Inizialmente gli steroidi neuroattivi venivano definiti come steroidi sintetici o naturali in grado di indurre effetti a breve termine modificando l’eccitabilità della membrana neuronale. Tuttavia un effetto di questo tipo non esclude effetti a lungo termine, in particolar modo un’alterazione del profilo trascrizionale nei neuroni in grado di modificare le funzioni delle altre cellule presenti a livello cerebrale, come astrociti, microglia, oligodendrociti e cellule endoteliali. Oggi la definizione di steroidi neuroattivi comprende tutti gli steroidi in grado di modulare la funzioni del sistema nervoso. Questi possono essere sintetizzati a livello del sistema nervoso sia dai neuroni che dalla glia ed in questo caso prendono il nome di neurosteroidi, oppure possono essere sintetizzati a livello periferico, principalmente a livello delle gonadi e del surrene e attraverso il circolo sanguigno raggiungere il SNC diffondendo attraverso la barriera emato-encefalica. La quantità di steroidi prodotta a livello periferico è di gran lunga maggiore rispetto a quella prodotta a livello centrale (Melcangi et al., 2015).

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La presenza di steroidi prodotti a livello centrale è stata dimostrata dal fatto che, sia nella glia che nei neuroni, sono stati riscontrati vari enzimi coinvolti nel metabolismo steroideo. Questi enzimi sono già presenti in quantità elevate nell’embrione per garantire un corretto sviluppo delle strutture cerebrali, con l’avanzare dell’età invece i livelli di questi enzimi diminuiscono (Compagnone et al., 2000).

Gli steroidi neuroattivi sono importanti regolatori delle funzioni fisiologiche del sistema nervoso, sia che questi siano prodotti de novo nei neuroni e nella glia oppure che provengano dai distretti periferici, anche se il pensiero comune è d’accordo sul fatto che gli effetti degli steroidi sul SNC siano indipendenti dalla loro origine. Alcuni ormoni steroidei, trai quali deidroepiandrosterone (DHEA) insieme al suo estere solfato, pregnenolone ed allopregnanolone sono presenti in quantitativi maggiori a livello cerebrale rispetto che a livello sierico (Yilmaz et al., 2019).

Le funzioni principali attribuite ai neurosteroidi sono la neuroprotezione e la regolazione dello sviluppo delle fibre assoniche e dendritiche e la modulazione della plasticità neuronale. Una delle classi rappresentative degli ormoni steroidei è rappresentata dagli estrogeni: essi sono in grado di modulare numerose funzonalità cognitive, l’apprendimento, la memoria, l’umore, il dolore e la nocicezione grazie alla loro capacità di indurre cambiamenti significativi nella fisiologia e nella morfologia neuronale. L’estradiolo, l’ormone estrogenico chiave è in grado di interagire con ogni elemento cellulare del SNC (neuroni, glia ed endotelio) regolando la differenziazione neuronale e gliale in diverse regioni cerebrali. Anche per l’estradiolo specificamente è stato riconosciuto un ruolo neuroprottetivo (Céspedes Rubio, Pérez-Alvarez et al., 2018). L’effetto neuroprotettivo dei neurosteroidi è mediato sia dalla capacità di modulare la produzione di citochine in grado di ridurre l’infiammazione a livello locale, ad esempio è stato riscontrato che l’allopregnenolone e il progesterone sono in grado di inbire la sintesi di TNF-α (Tumor Necrosis Factor) e di IL-1β in condizioni di ictus ischemico (He et al. 2004; Schverer et al. 2018).

Oltre alla azione che i neurosteroidi esercitano a livello genomico, la maggior parte della loro proprietà biologiche derivano da azioni più rapide, con tempistiche che vanno dai secondi ai minuti. Nella maggior parte dei casi si verifica un’interazione

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diretta coi recettori specifici di membrana, ma è da tenere anche in considerazione la possibilità d’interagire con recettori selettivi per vari tipi di neurotrasmettitori e ligandi extracellulari. L’azione a livello del genoma coinvolgendo recettori intracellulari in grado di attivare il complesso trascrizionale; questa richiede tempistiche che vanno da minuti ad ore. L’altro tipo di meccanismo d’azione dei neurosteroidi comprende la stimolazione di numerosi recettori di membrana come quelli per GABA-, glicina-, NMDA-, AMPA/kainato-, recettori accoppiati a proteine G, recettori canale (VGCC, TRPC) ed enzimi; questo meccanismo rimane comunque un prerequisito le ulteriori azioni che avverranno consecutivamente a livello genomico (Rebas et al., 2017). Per esempio l’allopregnanolone è in grado di mediare effetti ansiolitici, sedativi e anticonvulsivanti interagendo a livello dei siti allosterici del recettore GABAA

(Schverer et al. 2018).

I neurosteroidi non si limitano ad agire unicamente a livello encefalico ma sono in grado di modulare funzionalità a livello del midollo spinale: sempre l’allopregnanolone ad esempio, è in grado di espletare una funzione analgesica regolando l’eccitabilità neuronale in seguito all’interazione con recettori GABAA nelle

corna dorsali (Rupprecht et al. 2010).

I livelli di neurosteroidi sono soggetti a variazioni sia di tipo fisiologico, rappresentate per esempio dalla gravidanza o dallo stress, che di tipo patologico. Essi subiscono pesanti alterazioni quantitative in patologie come il morbo d’Alzheimer, il morbo di Parkinson, la corea di Huntington, la sclerosi multipla, trauma cranico, ictus, encefalopatia diabetica, disordini psichiatrici e neuropatia periferica (Yilmaz et al., 2019).

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1.3 Neurosteroidogenesi

La neurosteroidogenesi racchiude tutte le reazioni biochimiche che a partire dal colesterolo, componente chiave della membrana cellulare, portano alla sintesi dei vari ormoni steroidei nel sistema nervoso. Queste molecole condividono lo stesso nucleo di base derivato dal ciclopentanoperidrofenantrene.

Colesterolo

Prima di essere processato il colesterolo viene internalizzato nel mitocondrio e qui convertito a pregnenolone grazie al taglio della catena laterale operato dall’enzima CYP11A1, o P450scc (mitochondrial side-chain cleavage enzyme). Questo passaggio rappresenta lo step limitante della neurosteroidogenesi.

Colesterolo Pregnenolone

Una volta ottenuto il pregnenolone, questo viene trasportato nel reticolo endoplasmatico dove può essere convertito in progesterone oppure in deidroepiandrosterone (DHEA).

La conversione in progesterone avviene direttamente grazie alla catalisi dell’enzima presente sulla membrana mitocondriale chiamato 3β-idrossisteroide deidrogenasi (3β-HSD).

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Pregnenolone Progesterone

Per il metabolismo a DHEA è necessario un passaggio intermedio che comprende la 17α- idrossilazione del pregnenolone a 17α-idrossipregnenolone. Questo subisce consecutivamente la rottura del legame C-C tra le posizioni 17 e 20 per ottenere DHEA. L’enzima coinvolto in entrambe le reazioni è P450c17.

Pregnenolone 17α-idrossipregnenolone DHEA

Successivamente il progesterone può subire la conversione ad allopregnanolone, uno dei neurosteroidi più attivi e rappresentati grazie alla catalisi dell’enzima dell’enzima 5α-reduttasi.

Progesterone Allopregnanolone

Sia pregnenolone che DHEA possono subire l’azione di una solfotransferasi per essere convertiti nel corrispondente estere solforato (PREG-S e DHEA-S). Le forme solforate sono quelle presenti in maggiore quantità a livello cerebrale (Rupprecht et al. 2010).

5α-reduttasi 3β-HSD

CYP17A1 CYP17A1

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DHEA e progesterone possono essere convertiti in androstenedione, il primo tramite un passaggio diretto catalizzato dalla 3β-HSD mentre il secondo subisce una conversione intermedia a 17α-idrossiprogesterone catalizzata da CYP450c17per poi passare ad androstenedione grazie a 3β-HSD.

L'androstenedione a sua volta può essere convertito in testosterone ed estrone. Il primo viene prodotto grazie alla catalisi dell’enzima 17β-HSD, in grado di catalizzare anche la conversione dell’estrone in 17β-estradiolo. Il secondo, invece, si forma grazie alla catalisi dell’aromatasi (CYP19). Questo enzima catalizza anche la conversione del testosterone in 17β-estradiolo.

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Figura 1.4 Rappresentazione degli enzimi e dei metaboliti coinvolti nella neurosteroidogenesi

1.4 Complessi proteici implicati nella steroidogenesi:

transduceosoma e metabolone

Al livello mitocondriale sono presenti due complessi proteici fondamentali per la neurosteroidogenesi: il transduceosome, dedito all’internalizzazione del colesterolo e il metabolon, impegnato nel suo metabolismo.

Il transduceosoma è un apparato composto da proteine citoplasmatiche quali la proteina regolatrice acuta steroidogenica (StAR), la proteina chinasi cAMP-dipendente regolatoria tipo 1 subunità α (PRKAR1A), Diazepam-binding inhibitor (DBI), l’acyl-CoA-binding domain 3 (ACBD3); le proteine mitocondriali (più specificamente a livello della membrana mitocondriale esterna (OMM)) sono TSPO, il canale anionico voltaggio-dipendente (VDAC) e ATAD3A (ATPase family, AAA domain containing 3A). I componenti del complesso sono in grado di assemblarsi in risposta a vari stimoli ormonali andando a trasdurre il segnale

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dell’cAMP in modo da avviare l’internalizzazione del colesterolo nel mitocondrio (Midzak et al., 2016).

Una volta che il colesterolo è stato importato nel mitocondrio, interviene il complesso denominato metabolone, localizzato tra la IMM (membrana mitocondriale interna) e la matrice mitocondriale. Esso è deputato al metabolismo del colesterolo a pregnenolone ed è costituito dall’enzima CYP11A1, ossia il citocromo P450 monossigenasi in grado di catalizzare l’idrossilazione e il taglio della catena laterale del colesterolo, e da FDX (Ferrodossina) e FDXR (Ferrodossina Reduttasi). Questi due donatori di elettroni sono utilizzati dagli enzimi CYP mitocondriali come intermedi nel trasferimento elettronico da NADPH (Midzak et al., 2016).

Nelle pagine successive verranno affrontati in maniera più specifica le proteine più importanti appartenenti a questi complessi.

Figura 1.5 I complessi proteici mitocondriali dediti all’importazione e al metabolismo del colesterolo. In rosso il transduceosome e in blu il metabolon (Midzak et al., 2016).

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1.5 Translocator Protein 18kDa (TSPO)

Negli anni Settanta ed Ottanta furono condotti numerosi studi sui possibili siti di legame per le benzodiazepine al di fuori del SNC: questi portarono all’individuazione di un sito di legame periferico, espresso in tutto il corpo, ma concentrato a livello delle cellule steroidogeniche appartenenti alle gonadi e al surrene. L’isolamento di questo sito di legame portò all’identificazione di una proteina transmembrana di 18 kDa a livello dell’OMM che venne inizialmente denominata PBR (Peripheral Benzodiazepine Receptor). Con il procedere degli studi si dimostrò che i ligandi di PBR (come le benzodiazepine stesse) sono in grado di stimolare la steroidogenesi promuovendo il trasporto del colesterolo mitocondriale e da qui la proteina venne rinominata in proteina traslocatrice ossia TSPO (Midzak et al., 2016).

Nel corso evolutivo, la famiglia genica di TSPO ha ricoperto ruoli che vanno da sensore ambientale a regolatore delle funzioni biologiche. Nei batteri, le proteine omologhe di TSPO fungono da regolatori della fotosintesi e da sensori dell’ossigeno; si è verificata una identità di sequenza di circa il 30% tra questi e TSPO dei mammiferi. TSPO non è presente in tutti gli organismi, ad esempio non è stato ritrovato in Escherichia coli e nel lievito Saccharomyces cerevisiae, indicando che questa proteina non è fondamentale per tutti o che comunque in alcuni organismi altre proteine sono in grado di assumere le funzionalità di TSPO (Lee et al., 2020).

Studiando la possibilità dell’esistenza di geni Tspo-like è stato individuato un gene paralogo di Tspo1, denominato Tspo2. La variante proteica TSPO2 ha dimostrato una diversa localizzazione subcellulare rispetto al finora citato TSPO1 essendo presente a livello del reticolo endoplasmatico e delle membrane nucleari limitatamente nei tessuti ematopoietici. TSPO2 inoltre è caratterizzata dalla perdita dell’affinità di legame per i ligandi caratteristici di TSPO1; una sua sovraespressione è stata correlata alla redistribuzione del colesterolo libero intracellulare, passaggio necessario nell’espulsione del nucleo durante la maturazione degli eritrociti (Fan et al., 2009).

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1.5.1 Struttura TSPO

La proteina TSPO presenta una sequenza di 169 residui amminoacidici a formare cinque segmenti transmembrana altamente conservati; è stata risolta la struttura tridimensionale ad alta risoluzione per TSPO sia nei batteri che nei mammiferi dove questi cinque segmenti transmembrana sono in stretto contatto tra loro in senso orario: TM1-TM2-TM5-TM4-TM3 se visti dal citoplasma. Oltre che al colesterolo, TSPO presenta affinità di legame anche per altri diverse molecole endogene come porfirine, fosfolipasi A2 e DBI (Diazepam-binding Inhibitor). A livello dell’estremità C-terminale è presente una sequenza denominata CRAC (cholesterol recognition amino-acid consensus) che gioca un ruolo di regolazione importante sia per il legame che per l’internalizzazione del colesterolo (Lee et al., 2020).

A livello di Ala147 è stato riscontrato un polimorfismo a singolo nucleotide che prevede la sostituzione dell’alanina con un amminoacido di treonina. Questo polimorfismo è stato dimostrato essere associato con un aumento dell’ansia negli umani (Owen et al., 2017) e che sia in grado di influenzare la produzione di pregnenolone (Costa et al., 2009) Gli individui omozigoti ed eterozigoti per Thr147 hanno mostrato livelli significativamente minori di pregnenolone rispetto agli individui omozigoti per Ala147 (Costa et al., 2009). Infatti, essendo questo residuo amminoacidico implicato nel legame sia del colesterolo che di PK11195, un ligando di TSPO, l’affinità di legame per queste due molecole è minore per gli individui recanti tale polimorfismo (Li et al., 2015).

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Figura 1.6 Rappresentazione a cilindri della struttura del complesso TSPO-PK11195 nella conformazione a più bassa energia, gli atomi del ligando sono mostrati come sfere. (Jaremko et al., 2014)

1.5.2 Funzioni attribuite a TSPO

Il ruolo più rappresentativo e studiato di TSPO è quello che essa ricopre a livello della steroidogenesi, essendo in grado di mediare il trasporto del colesterolo all’interno della membrana mitocondriale interna dove questo sarà successivamente convertito in pregnenolone. Esistono molte evidenze a sostegno del ruolo di TSPO nella steroidogenesi: in cellule tumorali di corteccia surrenale e di Leydig, ad alta attività steroidogenica, è stato riscontrato che i ligandi di TSPO promuovono la produzione degli ormoni steroidei. D’altra parte, cellule di Leydig tumorali di ratto dove il TSPO è stato sottoposto a knockdown hanno dimostrato una ridotta produzione ormonale (Lee et al., 2020).

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Un’altra funzione riconosciuta a TSPO è la regolazione dell’apertura di mPTP (mitochondrial permeability transition pore), formato dall’assemblaggio di VDAC (voltage-dependent anion channel) e da ANT (adenine nucleotide transporter). L’apertura di questo poro aumenta la permeabilità del mitocondrio e permette il flusso di molecole con un peso molecolare minore di 1,5 kDa attraverso la membrana mitocondriale. A sua volta quest’apertura porta al disaccoppiamento della fosforilazione ossidativa dalla sintesi dell’ATP, conducendo ad una deplezione energetica, all’abbassamento del potenziale di membrana, alla generazione di ROS e al rilascio di proteine apoptotiche, che complessivamente porteranno ad una morte cellulare programmata. Il ligando di TSPO PK11195 ad alta concentrazione si è dimostrato in grado di accelerare l’apertura di mPTP, tale evidenza rimarca il ruolo di questa proteina nell’apertura del poro. (Lee et al., 2020)

1.5.3 Distribuzione nei tessuti sani

La proteina TSPO è presente nella maggior parte dei tessuti umani, sebbene l’espressione in ognuno di questi vari considerevolmente. La distribuzione nei tessuti murini è molto simile a quella che ritroviamo nell’uomo (Batarseh and Papadopoulos, 2010). Le zone dove TSPO è maggiormente espresso sono le ghiandole surrenali, le ghiandole salivari, l’epifisi, l’epitelio olfattivo, l’ependima e le gonadi (Papadopoulos et al., 2006a). Livelli intermedi si ritrovano nei reni e nel miocardio, mentre livelli più bassi sono presenti a livello cerebrale ed epatico (Papadopoulos et al., 2006; Giatzakis and Papadopoulos, 2004). I diversi livelli di espressione della proteina a seconda del tessuto considerato possono suggerire, almeno in parte, una diversa regolazione della trascrizione (Giatzakis and Papadopoulos, 2004). In alcuni tessuti TSPO è espressa specificamente solo in alcuni tipi cellulari: per esempio, nel surrene la zona midollare ne è praticamente priva, mentre sono presenti alti livelli della proteina nella zona corticale (Anholt et al., 1986). Similmente, TSPO è selettivamente localizzato nelle cellule di Leydig a livello testicolare, e nel tubulo contorto distale e nel ramo spesso ascendente dell’ansa di Henle a livello renale (Souza et al., 1985).

Per quanto riguarda la localizzazione subcellulare, è stato dimostrato che TSPO si trovi principalmente a livello della membrana mitocondriale esterna (Anholt et al., 1986) sebbene si possa ritrovare anche nell’ apparato di Golgi, nei lisosomi e

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nei perossisomi (O'Beirne et al., 1990); abbiamo evidenze della sua presenza anche a livello della membrana plasmatica (Oke et al., 1992).

1.5.4 Espressione nei tessuti patologici

La variazione del livello di espressione di TSPO per vari tessuti è stata correlata a diversi tipi di patologie. Studi su cellule appartenenti a tessuti cancerosi mammari, ovarici, del colon, della prostata, del cervello hanno dimostrato una maggiore espressione della proteina rispetto ai tessuti umani in condizioni normali (Batarseh et al., 2010; Katz et al., 1988; Katz et al., 1990a; Katz et al., 1990b). Sempre parlando di cellule tumorali è stata dimostrata una correlazione trai livelli di TSPO e il potenziale metastatico di queste in modelli umani di tumore al seno, di glioma cerebrale e di astrocitoma (Batarseh et al., 2010; Benavides et al., 1988; Miettinen et al., 1995). Particolarmente nel caso del tumore al seno è stato anche dimostrato come con l’avanzare della progressione di questo aumenti anche l’espressione della proteina nelle cellule tumorali. Specificamente, TSPO è sovraespressa nelle cellule cancerose appartenenti a biopsie prelevate da tumori al seno altamente invasivi rispetto a biopsie di cellule tumorali non invasive e del controllo (Brown et al., 2000; Garnier et al., 1993; Hardwick et al., 1999; Li and Papadopoulos, 1998; Papadopoulos et al., 2000). La proteina è inoltre sovraespressa nei siti cerebrali danneggiati e dove è in atto un processo infiammatorio, così come in tutta una serie di condizioni neuropatologiche che comprendono l’ictus, l’herpes, l’encefalite da HIV, e tutti i disordini neurodegenerativi come il morbo di Alzheimer, la sclerosi multipla, la sclerosi laterale amiotrofica, il morbo di Parkinson, e la Corea di Huntington (Batarseh et al., 2010).

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1.5.5 Ruolo di TSPO a livello del SNC e correlazione con la

neuroinfiammazione

A livello del SNC, TSPO è espresso principalmente a livello della glia (astrociti e microglia), delle cellule endoteliali, dei taniciti e in alcune popolazioni neuronali. In numerosi studi sono stati valutati l’entità di attivazione microgliale e di neuroinfiammazione in seguito a stimolazione di TSPO tramite ligandi specifici: ciò per indagare su quale sia il ruolo patofisiologico di questa proteina a livello cerebrale. (Lee et al., 2020).

I ligandi TSPO rappresentano dei potenziali agenti terapeutici: essi hanno dimostrato effetti benefici sia nel contesto delle patologie neurodegenerative che in quello dei disturbi d’ansia in diversi modelli sperimentali (Lee et al., 2020). Ad esempio la somministrazione di PK11195 in un modello di morbo di Alzheimer nel ratto ha dimostrato un miglioramento della memoria ed una diminuzione del deposito di proteina β-amiloide nell’ippocampo (Christensen and Pyke, 2018). Oppure, la somministrazione di XBD173, un altro ligando sintetico di TSPO, ha mostrato un miglioramento nel contrasto della degenerazione dei neuroni dopaminergici, una preservazione del metabolismo della dopamina e un recupero della disfunzione motoria in un modello di morbo di Parkinson nel ratto (Gong et al., 2019). Per quanto riguarda gli effetti ansiolitici dei ligandi di TSPO, è stato dimostrato che l’etifoxine è in grado di portare all’aumento locale dei livelli di steroidi, trai quali l’allopregnanolone (modulatore positivo di GABAA) e in tal modo indurre effetti

ansiolitici (Verleye et al., 2005).

I principali meccanismi che sottintendono gli effetti benefici del trattamento con i ligandi di TSPO nei vari modelli sperimentali di neurodegenerazione sono risultati essere un miglioramento nell’attivazione della microglia e nella neuroinfiammazione. Gli effetti antinfiammatori di questi ligandi sono stati riscontrati sia nel SNC che nel sistema nervoso periferico (Lee et al., 2020). Ad oggi TSPO è largamente utilizzato come marker della neuroinfiammazione e dell’attivazione della microglia, essendo sovraespresso nelle cellule microgliali attivate, particolarmente nei disordini neurologici e nelle situazioni generali di danno neuronale (Kim and Yu, 2015). L’aumento dei suoi livelli durante queste condizioni infiammatorie è stato considerato

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essere la risposta adattiva dell’organismo per mitigare l’infiammazione (Lee et al., 2020).

Sono comunque ancora in studio i meccanismi in grado di regolare l’espressione e l’attivazione del TSPO, come ad esempio i pathways dell’infiammazione per i quali si ipotizza un coinvolgimento del fattore di trascrizione NF-kB (Monga et al. 2019).

1.5.6 Ligandi del TSPO

I ligandi del TSPO sono molecole in grado di attivare e potenziare gli effetti mediati da questa proteina. Ciò che si cerca di aumentare in seguito al trattamento è la neurosteroidogenesi così di aumentare i livelli di neurosteroidi e sfruttare la loro azione neuroprotettiva.

I ligandi “classici” di TSPO sono PK11195 e Ro5-4864. Il primo presenta una struttura di tipo carbossamide isochinolonica: esso non si lega a livello di CRAC, ma interagisce a livello delle cinque eliche transmembranali (Jaremko et al., 2014). Il legame di PK11195 stabilizza la struttura di TSPO, il che spiega la stimolazione del trasporto del colesterolo all’interno del mitocondrio (Guo et al., 2015).

Questo ligando trova impiego sia come farmaco ansiolitico che come tracciante per PET se marcato con [11C] (Iatmanen-Harbi et al. 2019).

PK11195

L’altro ligando classico è la benzodiazepina denominata Ro5-4864, più specificamente 4’-clorodiazepam. Infatti TSPO presenta un buona affinità

per questa classe di molecole ed è per questo che inizialmente venne chiamato PBR ossia recettore periferico delle benzodiazepine. Questo ligando, come per PK11195, presenta una buona affinità ma una scarsa capacità steroidogenica. In modelli di lesione al nervo sciatico nel ratto questa benzodiazepina ha dimostrato la capacità di alleviare il dolore neuropatico e di promuovere la

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Con lo studio di nuovi ligandi affini a TSPO si è indagato su quali fossero i parametri e le caratteristiche molecolari in grado di influenzare la capacità steroidogenica. Proprio in uno studio condotto dal gruppo di ricerca in cui ho svolto il presente progetto di tesi si è dimostrato che uno dei parametri fondamentali ad influenzare la capacità steroidogenica è il “residence time”, ossia il tempo di permanenza del ligando nello specifico sito di legame di TSPO (Costa et al., 2016).

Al contrario dei ligandi classici, esistono ligandi più recenti con una migliore capacità steroidogenica. Tra questi si ha XBD-173 ed Etifoxine.

L’Etifoxine è un derivato benzoxazinico con proprietà ansiolitiche utilizzato per il trattamento della regolazione dei disturbi d’ansia. L’effetto ansiolitico coinvolge sia il potenziamento della funzione del recettore GABAA tramite modulazione allosterica

positiva che l’aumento dell’internalizzazione mitocondriale del colesterolo in seguito a legame con TSPO. Il colesterolo viene poi convertito in ormoni steroidei, trai quali troviamo l’allopregnanolone, un ansiolitico endogeno in grado di potenziare la funzione del recettore GABAA. Grazie alla possibilità di esercitare sia un effetto diretto

che uno indiretto, etifoxine manifesta minori effetti collaterali rispetto ai classici farmaci ansiolitici (Poisbeau et al., 2018).

L’Etifoxine ha dimostrato effetti benefici per quanto riguarda la rigenerazione assonale in modelli di lesione al nervo sciatico nel ratto. Nel

complesso esso appare una molecola con proprietà rigenerative, antinfiammatorie e probabilmente anti-iperalgesiche ed è per questo che da essa ci si possono aspettare effetti benefici nella rigenerazione assonale e nella gestione dell’infiammazione e del dolore (Girard et al., 2012).

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L’altro ligando che ha dimostrato una buona attività steroidogenica è XBD-173, dal nome commerciale di Emapunil. Questa molecola si trova alla seconda fase di trial clinico per il suo utilizzo come farmaco ansiolitico e antipanico, senza dimostrare effetti sedativi eccessivi. L’effetto ansiolitico è in questo caso dovuto principalmente al legame con TSPO che porta alla stimolazione della produzione di steroidi, in particolare dell’allopregnanolone in grado di

potenziare GABAAR.

Questa molecola ha inoltre dimostrato proprietà antinfiammatorie nel clone microgliale C20, essendo in grado di provocare una diminuzione del rilascio di IL-8 indotto (citochina pro-infiammatoria) da IL-1β (Da Pozzo et al., 2019).

XBD-173

Un altro ligando di una certa importanza è il recente PIGA1138, molecola dalla struttura “Fenil-indol-gliossammidica” e dall’elevata capacità steroidogenica dimostrata nel modello astrocitico rappresentato dalle cellule U87MG. Proprio per l’alto valore di residence time (141 minuti) nei

confronti di TSPO esso è risultato il composto di nuova sintesi più performante per quanto riguarda la capacità steroidogenica (Da Pozzo et al., 2016).

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1.6 CYP11A1

CYP11A1 è l’enzima facente parte del metabolone mitocondriale deputato alla catalisi della reazione di conversione del colesterolo in pregnenolone, step limitante dell’intera steroidogenesi. Come riscontrabile dalla sigla esso è un citocromo di tipo 450, famiglia 11, sottofamiglia A, membro 1. Questo enzima è anche conosciuto con il nome di CYPscc, ossia CYP side chain cleavage, dal momento che nella conversione a pregnenolone, oltre alla reazione di ossidazione, avviene un taglio della catena laterale del colesterolo.

Colesterolo Pregnenolone

1.6.1 Meccanismo di reazione nella conversione del colesterolo in

pregnenolone

Come tutti i citocromi, CYP11A1 è in grado di svolgere la propria azione affiancato dal gruppo prostetico eme, che funge da coenzima. Per quanto riguarda il meccanismo di reazione prima di tutto il colesterolo interagisce col sito attivo di CYP11A1 tramite la propria catena laterale (piegata tra le posizioni 20 e 22). Sono i residui Leu101, Trp87, Phe202 e Ile461 ad indurre il colesterolo a piegare la catena laterale e a posizionarsi sopra all’atomo di ferro dell’eme, necessario per la reazione di idrossilazione sul C22. Sebbene il meccanismo di reazione del successivo distacco della catena laterale non sia ancora del tutto noto, l’ipotesi più accreditata prevede la coordinazione tra il ferro e i due atomi di ossigeno con successiva eliminazione di una molecola d’acqua e quindi un’ossidazione del gruppo -OH a gruppo carbonilico. La catena laterale si distacca sottoforma di aldeide isocaproica (Strushkevich et al. 2011).

CYP11A1

Figura 1.7 Reazione di conversione del colesterolo in pregnenolone mediante una idrossilazione e il distacco della catena laterale/ossidazione.

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1.6.2 Espressione di Cyp11a1

CYP11A1 è codificato dall’omonimo gene Cyp11a1, esso è espresso abbondantemente nelle ghiandole surrenali, nelle gonadi, nella placenta e in minor grado nella pelle, a livello cerebrale ed intestinale. Nelle ghiandole surrenali, Cyp11a1 è espresso nella corteccia, divisa in tre zone funzionali: zona glomerulosa, zona fasciculata e zona reticolare. A livello testicolare, l’RNA di Cyp11a1 è presente nelle cellule di Leydig, mentre nelle ovaie si trova nelle cellule granulose, nella teca follicolare e nel corpo luteo. Nella placenta Cyp11a1 è espresso nelle cellule giganti del trofoblasto, mentre a livello cerebrale nell’adulto è stato rilevato grazie a tecniche di immunostaining in diverse zone tra le quali l’ippocampo e il cervelletto (Shih et al., 2011).

1.6.3 Regolazione trascrizionale di Cyp11a1

La regolazione della secrezione ormonale avviene essenzialmente tramite l’asse ipotalamo-ipofisaria seguendo un meccanismo a feedback negativo in modo tale da impedirne un eccessivo rilascio. ACTH e GTH sono i principali ormoni trofici dell’ipofisi in grado di stimolare rispettivamente la corteccia surrenale e le gonadi interagendo coi corrispettivi recettori associati a proteina G: viene così innescata l’attivazione dell’adenilato ciclasi e quindi la sintesi del cAMP che funziona come secondo messaggero. Il segnale di cAMP stimola la steroidogenesi andando ad aumentare la disponibilità del colesterolo all’enzima CYP11A1.

Figura 1.8 Meccanismo di reazione più accreditato per l'ossidazione e distacco della catena laterale nella conversione a pregnenolone

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Figura 1.9 Diagramma del promotore di Cyp11a1 e le proteine in grado di legarsi ai diversi binding site. La regione del promotore è rappresentata come una linea orizzontale. I rettangoli rappresentano i cis-elements mentre i fattori di trascrizione come cerchi (Shih et al., 2011).

Essendo CYP11A1 un enzima chiave della steroidogenesi, è necessario analizzare il promotore del gene codificante per capire la regolazione della sua espressione. Il promotore di Cyp11a1 è localizzato nell’uomo a livello del cromosoma 15q24.1 (inizio a 74.337.759 bp fine a 74.367.646 bp) ed è costituito da 2.4kb. Come regolatori dell’espressione troviamo i cis-regulatory elements (elementi sullo stesso DNA che regolano la trascrizione) e i trans-regulatory elements (elementi esterni come proteine e fattori di trascrizione in grado di dare interazioni proteina-DNA). I trans-regulatory elements includono fattori tessuto-specifici come SF-1, DAX-1, TReP-132, LBP e GATA in grado di regolare l’espressione tessuto-specifica di Cyp11a1. Questi fattori tessuto-specifici interagiscono con fattori di trascrizione comunemente presenti nella maggior parte delle cellule come AP-1, Sp1 e AP-2 per portare la trascrizione del gene al massimo potenziale. Questi fattori stimolano l’attività trascrizionale attraverso l’interazione con i loro specifici cis-regulatory elements oppure tramite interazioni proteina-proteina. Per esempio, come visibile in figura 8 si trova la zona di regolazione basale nella quale è compresa la TATA BOX a –24/-29, un sito di legame prossimale per SF1 a –38/-46 e un sito di legame imperfetto per Sp1 a –101/-111. Questa zona regola l’attività basale del promotore in tutti i tessuti steroidogenici e la sequenza corrispondente alla TATA

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BOX è in grado di legare la TATA BOX-Binding Protein (TBP). Si è notato che andando a mutare questa sequenza andava a venire meno la risposta al cAMP e ciò indica che la sequenza può andare a legare fattori implicati nella risposta al cAMP. Sono presenti ulterori siti con elementi responsivi al cAMP come U-CRS ossia Upstream cAMP-responsive sequence (Shih et al., 2011).

1.7 StAR (Steroidogenic Acute Regulatory Protein)

StAR è un membro chiave del complesso proteico denominato transduceosoma e rientra nella regolazione acuta della steroidogenesi: rispetto alle cellule che producono ormoni polipeptidici, che immagazzinano una grande quantità di ormoni in vescicole, le cellule steroidogeniche depositano solo una quantità minima di steroidi rendendone necessaria una rapida sintesi al momento del bisogno. Mentre la regolazione a lungo termine avviene a livello della trascrizione dei geni codificanti gli enzimi steroidogenici, la regolazione acuta è a livello del rifornimento di colesterolo all’enzima CYP11A1. (Miller et al., 2007)

Il ruolo di StAR nella promozione della steroidogenesi è stato dimostrato da diverse linee di evidenza, una di queste è rappresentata dal fatto che mutazioni della proteina causano l’iperplasia surrenalica lipoide congenita (lipoid CAH), nella quale la steroidogenesi è severamente compromessa e il colesterolo si accumula nelle cellule steroidogeniche (Tee et al., 1995).

In generale StAR agisce facilitando il movimento del colesterolo dalla membrana mitocondriale esterna a quella interna, ma è estremamente difficile misurare il flusso del colesterolo direttamente. Perciò nella maggior parte dei saggi di StAR, si valuta la produzione di pregnenolone dal colesterolo fornito da StAR stessa all’enzima CYP11A1 sul lato matrice della IMM (Miller et al., 2007).

La sequenza di StAR è di 284 residui nel ratto e di 285 nell’umano (Miller et al., 2007) e presenta un leader peptide in grado di confinare l’azione di StAR nel mitocondrio e di mantenerla lontana dagli altri organelli cellulari (Miller et al., 1999).

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