• Non ci sono risultati.

Outcome Mapping: una metodologia di progettazione e valutazione basata sulla tracciabilità dei cambiamenti

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Outcome Mapping: una metodologia di progettazione e valutazione basata sulla tracciabilità dei cambiamenti"

Copied!
200
0
0

Testo completo

(1)

INDICE

INTRODUZIONE ... 1

L’UTILIZZO DELLA PROGRAMMAZIONE E DELLA VALUTAZIONE IN

CAMPO SOCIALE ... 7

1.1SVILUPPO STORICO DELLE POLITICHE SOCIALI, FINO ALLA NASCITA DEL WELFARE STATE ... 7

1.2IL LEGAME TRA IL WELFARE STATE E LA PROGRAMMAZIONE SOCIALE ... 11

1.3 LA PROGETTAZIONE ... 14

1.4LA VALUTAZIONE ... 21

1.5SVILUPPI METODOLOGICI DELLA PROGRAMMAZIONE ... 25

L’OUTCOME MAPPING ... 31

2.1INTRODUZIONE ... 31

2.2LA TECNICA DELL’OUTCOME MAPPING... 39

2.2.1 Le fasi preliminari del workshop di progettazione ... 41

2.2.2 Fase 1: Intentional Design ... 42

2.2.3 Fase 2: Outcome and Performance Monitoring... 59

2.2.4 Fase 3: Evaluation Planning ... 65

(2)

LE PARTICOLARITÀ INNOVATIVE DELL’OM ... 71

3.1LA VISION E LA MISSION ... 74

3.2IBOUNDARY PARTNERS ... 86

3.3IPROGRESS MARKERS E GLI IMPATTI ... 95

L’OUTCOME MAPPING INTEGRATO CON ALTRE METODOLOGIE

... 101

4.1THE THEORY OF CHANGE ... 102

4.2THE LOGICAL FRAMEWORK ... 108

4.3I TRE MODELLI INTEGRATI IN UN CASO STUDIO ... 115

4.3.1 Presentazione progetto ACT (accountability in Tanzania Programme) ... 117

4.3.2 Implementazione del programma dal 2009 ai primi mesi del 2012 .... 118

4.3.3 Il contributo dato dalla metodologia della Theory of Change ... 120

“ROMA”: IL RAPID OUTCOME MAPPING APPROACH ... 124

5.1STATO DELL’ARTE ... 124

5.2L’APPROCCIO ROMA: DESCRIZIONE DEL METODO ... 132

5.3DIAGNOSE THE PROBLEM... 136

5.3.1 L’analisi degli stakeholders ... 138

5.3.2 La diagnosi della complessità ... 140

(3)

5.4DEVELOP A STRATEGY ... 145

5.4.1 Identificare gli obiettivi di influenza politica e individuare le forze a favore e contro il cambiamento ... 145

5.4.2 Sviluppare una serie di realistici e mirati outcomes ... 148

5.4.3 Sviluppare una teoria di come facilitare il cambiamento ... 150

5.4.4 Sviluppare la propria strategia di comunicazione ... 151

5.4.5 Identificare le risorse e la capacità di implementare le attività ... 155

5.4.6 Scrivere la propria strategia di impegno ... 158

5.5MONITORAGGIO E APPRENDIMENTO ... 159

CASE STUDIES ... 165

6.1CASO STUDIO:CEJA ANDINA ... 166

6.1.1 Strutturazione del progetto ... 167

6.1.2 Applicazione dell’Outcome Mapping nel progetto Ceja Andina... 169

6.1.3 Osservazioni conclusive ... 171

6.2CASO STUDIO:SAHA ... 171

6.2.1 Introduzione dell’Outcome Mapping nel progetto Saha ... 172

6.2.2 Applicazione dell’Outcome Mapping nel progetto Saha ... 174

6.2.3 Osservazioni conclusive sul progetto Saha ... 175

6.3CASO STUDIO: PROMOZIONE DELL’INCLUSIONE SCOLASTICA IN CAMBOGIA ... ..176

6.3.1 L’associazione Dark & Light ... 177

(4)

6.3.3 L’utilizzo dell’Outcome Mapping per il programma di integrazione

scolastica ... 179

6.3.4 L’esperienza appresa da questo caso studio ... 182

CONCLUSIONI ... 185

(5)

~ 1 ~

Introduzione

I miei studi nell’ambito delle politiche sociali, mi hanno portata ad interessarmi al campo della progettazione e della valutazione. Lavorare nel sociale è al quanto complesso e spesso ci si trova a dover fronteggiare emergenze, attivando interventi che tamponino la situazione problematica. Questo modo di operare è assolutamente inefficiente e inefficace, poiché comporta uno spreco di risorse notevoli e il raggiungimento di scarsi risultati finali. Infatti, attivare interventi singoli e sporadici per fronteggiare un disagio sociale, non aiuta a trovare una soluzione definitiva al problema, comportando il bisogno di riorganizzare, nel tempo, un altro intervento per far fronte al medesimo problema. È al quanto scontato dire, che sarebbe più comodo e migliore evitare di cadere e dover lavorare nell’emergenza, ma organizzarsi in anticipo, cosicché si abbia il tempo di programmare interventi e progetti che vadano ad alleviare o risolvere i problemi della società, evitando che questi degenerino. Come si vedrà nel primo capitolo di questa trattazione, un passaggio fondamentale per arrivare a parlare di progettazione e pianificazione in campo sociale, si avrà con la L.328/2000, la quale mostrerà i benefici di pianificare e progettare interventi nei Servizi Sociali, cosicché non vengano predisposti in maniera sovrapposti con conseguente spreco di risorse. Inoltre strutturare dei progetti, aiuta a delineare sin dall’inizio i finanziamenti necessari, a stringere alleanze e collaborazione con altri soggetti o istituzioni che abbiano obiettivi in comune, e a svolgere una serie di azioni e attività programmate che permettano di raggiungere in maniera efficiente il risultato finale desiderato o almeno contribuire al suo raggiungimento.

La L.328/2000 ha dunque riconosciuto un cambiamento evolutivo e di complessità della società, andando a riconoscere l’esigenza di riformare il Welfare state attraverso delle modifiche della normativa vigente e degli strumenti che gli operatori del sociale dovrebbero avere a disposizione per organizzare e attuare interventi e servizi efficaci ed efficienti. Questa Legge Quadro andò a riformare il concetto stesso di assistenza, passando da una concezione di assistenza quale

(6)

~ 2 ~

contenitore di bisogni che possono essere discrezionalmente soddisfatti, ad una concezione di assistenza come concezione di protezione sociale attiva. Questo passaggio è stato segnato dall’introduzione, nella metodologia lavorativa applicata

dai professionisti dei Servizi Sociali, di alcuni elementi, quali:1

Lavorare in un’ottica promozionale: i professionisti dei Servizi Sociali

dovrebbero promuovere interventi che vadano a garantire la qualità della vita, i diritti della cittadinanza, delle pari opportunità e contro la discriminazione; dunque, buona parte delle risorse disponibili dovrebbero essere impiegate per organizzare e attuare interventi a livello macro (per affrontare disagi comuni della società) che faranno da cornice agli interventi e alle prestazioni che gli Assistenti Sociali attiveranno a livello micro (interventi, prestazioni e aiuti predisposti per il singolo utente o per un singolo nucleo familiare).

Mobilitare le risorse della comunità: gli Assistenti Sociali dovrebbero

mobilitare le risorse della società per andare a costruire e mantenere un sistema di protezione sociale, sempre conservando un ruolo di supervisione, guida e governo della rete locale dei Servizi e degli interventi.

L’uso dello strumento di progettazione partecipata: gli interventi dei

Servizi Sociali dovrebbero essere organizzati in dei piani di sviluppo che individuano e raccolgano un insieme di progetti volti a provocare un cambiamento sociale e uno sviluppo sociale. Questo sistema ben organizzato e definito aiuta ad eliminare gli sprechi di risorse e ad essere più efficace nelle risoluzioni di problemi sia a livello micro (del singolo utente) che macro (di un’intera comunità). Operare in una società complessa, tuttavia, richiede di usare lo strumento di progettazione in forma partecipata, ovvero coinvolgere più stakeholders, compresi gli stessi destinatari dell’intervento e del progetto, che a livello macro, sarebbe l’intera comunità.

In effetti, questa riforma del Welfare State, ha mostrato una visione diversa della comunità; non più vista come destinatario passivo degli interventi, ma come

1

Martini E.R. e Torti A. “Fare lavoro di comunità. Riferimenti teorici e strumenti operativi” Carocci Faber, 2003

(7)

~ 3 ~

soggetto e attore sociale. La società, oggi, viene vista come un soggetto che apprende, che può dunque migliorare le proprie competenze, le proprie conoscenze e il proprio bagaglio strumentale. Non bisogna dimenticare che la comunità è un soggetto di storia, dunque apprende dal suo passato recente o remoto, il quale la segna e ne definisce la cultura e l’identità. Tuttavia, la comunità è anche un progetto per il futuro, ovvero è in continua evoluzione e tende sempre ad uno sviluppo e a un cambiamento, che la spinge a svolgere una perenne ricerca e sperimentazione nelle aree e nelle tematiche in cui desidera migliorarsi o in cui desidera risolvere alcune problematiche sociali.

Dai primi anni del ventunesimo secolo, i professionisti dei Servizi Sociali hanno iniziato a lavorare per progetti, sia a livello micro che a livello macro, apportando un grande miglioramento in termini di efficacia ed efficienza nel settore del Welfare State. Inoltre, l’uso e l’implementazione della caratteristica della “partecipazione” negli strumenti metodologici utilizzati dai professionisti dei Servizi Sociali, hanno comportato un notevole miglioramento di risposta ai bisogni sociali individuati; poiché, coinvolgendo nella progettazione tutti i soggetti interessati, compresi i destinatari dell’azione progettuale, si ha la possibilità di avere una completa e precisa visione del o dei bisogni e/o disagi della società su cui sarebbe opportuno intervenire. Inoltre, il cambiamento incentivato dal progetto, sarebbe ben accolto dalla comunità, che dunque collaborerebbe attivamente a diffondere e, successivamente, a mantenere questo cambiamento nel tempo, poiché il progetto di sviluppo attuato andrebbe ad agire tenendo conto della cultura della società. Tutto ciò avverrebbe, poiché i destinatari del progetto e dunque la società stessa, partecipando alle fasi di progettazione, andrebbero a individuare, stabilire e concordare con il team di progettazione e gli altri stakeholders (parti interessate), le azioni da intraprendere per tentare di perseguire un cambiamento e uno sviluppo, tenendo conto delle esigenze, della cultura e dei costumi del posto.

Da ciò che è stato appena detto, appare quindi evidente, quanto l’introduzione di metodi di progettazione partecipata come quella dell’Outcome Mapping, di cui si andrà a parlare, siano molto importanti e appropriati alle nuove esigenze riscontrate nel campo dei Servizi Sociali, come per ogni altra area di sviluppo come potrebbe essere quella ambientale, economica, ecc.

(8)

~ 4 ~

La particolare importanza di questo argomento, soprattutto in campo sociale in cui le risorse disponibili sono ancor più limitate e preziose rispetto alla quantità di bisogno osservato, ha suscitato in me un notevole interesse nell’affrontare e ad approfondire tale tematica; perciò la mia intenzione in questo mio elaborato è quella di parlare dei progressi e degli sviluppi che sono stati fatti in generale nel campo delle politiche sociali fino ad arrivare al tema della progettazione e valutazione, elemento particolarmente innovativo e funzionale per il Welfare State, per poi proseguire illustrando e trattando di una nuova metodologia di progettazione e valutazione in forma partecipata, e di una sua eccezione, sviluppate in anni recenti: l’Outcome Mapping e ROMA (il RAPID Outcome Mapping Approach).

Introdurrò il discorso, facendo una breve cornice storica circa lo sviluppo delle politiche sociali, fino alla nascita del Welfare State, per poi arrivare ai primi utilizzi dello strumento di programmazione e valutazione in campo sociale, e parlare della notevole importanza dell’uso della progettazione e programmazione nel campo dei Servizi Sociali.

Questo capitolo introduttivo mi permetterà di arrivare a presentare l’argomento centrale di questa tesi, ovvero la metodologia di progettazione e valutazione partecipata dell’Outcome Mapping, iniziata a studiare e ad essere applicata in alcuni casi studio all’inizio del ventunesimo secolo, e ancora oggi al centro del dibattito mondiale. Come si andrà a vedere, questo innovativo metodo di progettazione, può essere impiegato per organizzare e valutare progetti in qualsiasi settore di sviluppo, da quello ambientale, a quello politico, a quello economico, ma anche e soprattutto in quello dei Servizi Sociali, data la notevole potenzialità ipotizzata di questo nuovo strumento, che ben si adatterebbe alla complessità delle esigenze e problematiche sociali a cui si deve far fronte. Il mio interesse verso questo nuovo tipo di metodo di progettazione, sta nel fatto che esso potrebbe trattarsi di una metodologia che grazie alle sue caratteristiche innovative, al suo modo di immaginare e lavorare al cambiamento e alle sue potenzialità di strutturare progetti che siano efficienti ed efficaci, potrebbe rappresentare una fase di sviluppo e di svolta, nel campo della progettazione e valutazione, molto importante, quasi quanto lo fu la L.328/2000 per l’ambito del Welfare State, che invitò gli esperti in campo sociale ad utilizzare la

(9)

~ 5 ~

programmazione e la pianificazione per organizzare ogni tipo di progetto o intervento, riducendo gli sprechi di risorse e migliorando in efficacia.

L’Outcome Mapping è una metodologia partecipativa, che pone questo elemento al centro di ogni fase di progettazione. Grazie alle sue caratteristiche e particolarità, riesce ad organizzare interventi che siano efficaci ed efficienti, e ciò lo dimostra una lunga serie di casi studio in cui è stato adottato questo metodo, dei quali ne presenterò un paio nella parte finale di questo mio elaborato. Con l’Outcome Mapping, i professionisti dei Servizi Sociali, hanno trovato un strumento che ben si concorda con la nuova esigenza di coinvolgere in ogni fase del processo di progettazione ogni soggetto interessato e la comunità stessa. Nonostante la sua recente nascita, la metodologia dell’Outcome Mapping ha sviluppato una sua particolare eccezione, chiamata il RAPID Outcome Mapping

Approach, ovvero ROMA, che si arricchisce di un elemento aggiuntivo, ovvero di

un’attenzione verso l’elemento della politica e di un suo possibile cambiamento, come strategia d’intervento. L’importanza della metodologia ROMA non è minore di quella della metodologia dell’Outcome Mapping, tanto da ritenere adeguato, in questo scritto, prestare ad entrambe la stessa attenzione.

La metodologia dell’Outcome Mapping può avere due tipi di utilizzi; o come metodologia principale da applicare in un progetto, in maniera autonoma, oppure come strumento di supporto, da affiancare ad altre metodologie di progettazione e valutazione, per lavorare insieme nello stesso progetto. Proprio per questo motivo, ma anche per il fatto che sarebbe stato interessante e avrebbe ancor di più fatto risaltare le differenze tra l’OM e le altre metodologie, ho ritenuto importante e interessante riservare un intero capitolo per presentare un’altra metodologia di progettazione, la Logical Framework, e un modello interpretativo, the Theory of Change, che spesso, come si vedrà in un esempio che riporterò, sono due strumenti di sviluppo che collaborano con l’OM, per strutturare, organizzare e monitorare un progetto.

Dunque, il mio intento in questo elaborato, è quello di introdurre il lettore al concetto di progettazione e valutazione, illustrando e rimarcando, tramite documenti e risorse teoriche ma anche tramite risorse empiriche, le potenzialità di utilizzare, soprattutto nella delicata, amplia e complessa area dei Servizi Sociali,

(10)

~ 6 ~

una metodologia di progettazione e valutazione partecipata, come l’Outcome Mapping, per strutturare, sviluppare, implementare e monitorare un progetto di sviluppo. Attualmente, l’Outcome Mapping sembrerebbe essere lo strumento migliore e più adatto, grazie alla sua flessibilità, al suo efficiente utilizzo di risorse, alla sua idea di partecipazione e alla sua attenzione verso gli outcomes piuttosto che verso l’impatto finale, a rispondere alle esigenze e ai bisogni reali della società d’oggi, che sono sempre più complessi e dinamici.

(11)

~ 7 ~

Capitolo1

_________________________________

L’utilizzo della programmazione e della

valutazione in campo sociale

1.1 Sviluppo storico delle politiche sociali, fino alla nascita del

Welfare state

“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.” Art.3 Cost. italiana

Le prime forme di assistenza sociale risalgono al medioevo2, all’epoca della

società feudale, durante la quale il compito di fornire assistenza ai bisognosi era assolto dalle numerose istituzioni di beneficienza gestite prevalentemente dalla Chiesa. Queste prime rudimentali forme di assistenza, si svilupparono nel corso dei secoli. Durante il XIV e il XV secolo (l’età moderna) vennero introdotte alcune leggi innovative, come ad esempio, le leggi adottate dall’Inghilterra, tra cui ricordiamo principalmente la “Poor Law Acts”, con la quale venne attribuita alla comunità locale la responsabilità sull’assistenza ai poveri. Le manovre sociali

2

Pieroni G., dal Pra Ponticelli M. “Introduzione al Servizio Sociale. Storia,principi e deontologia” Editore Carocci Faber, 2005

(12)

~ 8 ~

adottate in questo periodo storico dall’Inghilterra, furono prese come esempio da tutte le altre grandi potenze. Dunque con questi atti, le contribuzioni necessarie alla carità si trasformarono da volontarie e caritatevoli ad obbligatorie e dovute; infatti da questo momento in poi, queste contribuzioni vennero definite legali. Nel XVIII secolo nasce lo Stato Assistenziale, grazie soprattutto alla diffusione dell’illuminismo, che sosteneva un’idee di lotta a livello di massa contro l’ignoranza, i pregiudizi e l’intolleranza e verso l’idea di una società riformata nelle strutture istituzionali, ma anche grazie alle spinte della Rivoluzione francese. Questi due movimenti, intellettuali e politici, promossero e sostenettero la divulgazione di idee innovative e sociali, come quella del diritto del cittadino inabile e indigente a ricevere cure e assistenza, anche gratuite, dallo Stato.

In Francia, fra i programmi dell’Assemblea Nazionale, venne addirittura elaborata una Riforma Assistenziale e Sanitaria che aveva tra i propri elementi centrali, l’individuazione delle aree di assistenza, le cure a domicilio e la nazionalizzazione dei servizi sanitari e assistenziali.

Nel XIX secolo, nell’Europa borghese,3

l’obiettivo da raggiungere dall’èlite borghese giunta al potere, era quello di realizzare un sistema sociale equilibrato, nel quale però le differenze di classe non fossero messe in discussione. Infatti vennero aumentati i controlli sulle classi considerate “pericolose”, attraverso il consolidamento degli apparati di polizia. In quest’epoca, si ebbe un peggioramento delle condizioni dei ceti popolare a causa dell’industrializzazione e dell’urbanizzazione, che portarono inasprimenti dei problemi sociali dovuti ad una realtà lavorativa negativa e a una nuova struttura del gruppo familiare più fragile. La realtà lavorativa industriale portò, per i lavoratori, un aumento dei rischi di infortunio e di esaurimento precoce della capacità lavorativa a causa dello sfruttamento dell’operaio, dell’insalubrità dei luoghi di lavoro e dei durissimi ritmi di lavoro. Inoltre, il salario dell’operaio divenne l’unica forma di sussistenza della famiglia, perciò perdere quel salario avrebbe causato effetti devastanti sull’intero nucleo familiare. Da questa disagiata situazione, nacque e si sviluppò una coscienza collettiva verso questa questione sociale. Insieme ad essa, nacquero e si affermarono nuove ideologie (socialismo e marxismo) che posero le

3

(13)

~ 9 ~

basi per un importante mutamento della concezione dell’assistenza: la quale non doveva più essere solamente un processo controllato e diretto dalle classi borghesi, ma doveva diventare, e divenne, un terreno di richieste e di rivendicazioni da parte del movimento operaio. La più grande conquista fu l’ottenimento del diritto di voto (suffragio universale maschile) che permise ai lavoratori di eleggere i propri rappresentanti e quindi di porre il loro problema di bisogno di sicurezza, come una questione di politica centrale. Proprio in questo periodo si iniziarono a vedere le prime norme legislative in campo previdenziale: oramai, grazie alle rivendicazioni del movimento operaio e sindacale, si arrivò alla conquista della nascita dei sistemi pubblici di assicurazione (nell’Europa del 1800), e alla consapevolezza del bisogno di dover affrontare i problemi sociali non più con forme meramente assistenziali, ma attraverso la Previdenza Sociale. Verso la fine del 1800, la questione sociale e operaia era un tema molto discusso e centrale, soprattutto per quanto riguardava alcuni argomenti: la dignità del lavoratore, l’ottenimento di un salario adeguato, il raggiungimento dei diritti relativi all’orario di lavoro, la tutela del lavoro delle donne e dei fanciulli e la necessità dell’intervento dello Stato secondo i principi di sussidiarietà e solidarietà. Proprio in questo contesto e periodo storico, in Inghilterra e negli Stati Uniti, nacque la figura dell’Assistente sociale.

Per quanto riguarda la situazione italiana4, il percorso di sviluppo che portò anche

nel nostro paese un sistema di assistenza finanziato e gestito dal potere pubblico, fu più lento degl’altri paesi europei, infatti i primi movimenti e le prime rivendicazioni sociali si verificarono non prima della metà del 1800, arrivando all’ottenimento di una assistenza e previdenza pubblica intorno al 1919.

Verso la fine degli anni ’60, in Italia, come anche in altri paesi, vi fu un periodo di grande fermento, di idee nuove portate avanti e sostenute sia dalle lotte studentesche , sia dagli scioperi e dalle manifestazioni operaie del cosiddetto “Autunno Caldo” (1969). Emersero idee innovative contro la marginalizzazione e la segregazione nelle istituzioni totali di alcune categorie di individui svantaggiati, come i minori rinchiusi in orfanotrofi e i malati mentali confinati nei manicomi. Si sviluppò così un processo di trasformazione culturale, sociale e politico che sfociò

4

(14)

~ 10 ~

nella nascita di un vasto movimento di riforme nelle politiche sociali, giungendo verso la metà degl’anni ’70 alla nascita del Welfare State italiano.

Da questo breve quadro storico, risulta evidente che l’attenzione verso le politiche sociali nacque e iniziò a svilupparsi a partire dal 1700 con l’inizio dell’intervento statale in campo assistenziale, ma come abbiamo visto, l’attenzione e la lotta

contro l’insicurezza sociale, iniziò molto prima. In epoca medievale5

, le protezioni sociali e di conseguenza la sicurezza sociale, erano garantiti dal lignaggio della propria famiglia, dai legami intessuti attorno ad essa e ai gruppi di prossimità;

perciò si parlava di “protezioni ravvicinate”6

, poiché la sicurezza era garantita sulla base dell’appartenenza diretta ad una comunità e alla forza dei propri legami comunitari. La comunità proteggeva i propri membri dalle insicurezze esterne (es. una guerra) sulla base di fitte reti di dipendenza e di interdipendenza; ma in queste società preindustriali, esisteva anche un’insicurezza interna, rappresentata dalla figura del vagabondo, del brigante e del fuorilegge, per i quali furono adottate forti misure repressive, ma senza molto successo. Da questo fallimento, si iniziò a pensare di risolvere l’insicurezza interna non più con la repressione ma con forme di aiuto che risollevassero questi individui considerati “pericolosi” e riabilitandoli alla vita sociale. Da questo iniziale pensiero, si arrivò, dopo un lungo e progressivo sviluppo, a combattere i mali interni alla società attraverso forme di assistenza statale gratuita e di previdenza sociale.

A partire dai primi anni del 19007, lo statuto dell’individuo cambiò radicalmente,

poiché l’individuo venne riconosciuto indipendentemente dalla sua appartenenza alla famiglia, al lignaggio o altri corpi intermedi. Così facendo si è arrivati ad una società d’insicurezza totale: liberati da ogni legame con la collettività, gli individui vivono sotto la minaccia permanente, poiché non hanno il potere di proteggersi e di proteggere. Dopotutto, la coesistenza di individui, indispensabile per formare una società, crea di per se insicurezza, perciò, per farvi fronte è necessario costruire un sistema di protezioni. Un mezzo per combattere

5

Castel R. (traduzione di Galzigna M. e Mapelli M.) “L’insicurezza sociale. Che significa essere protetti?” Editore Giulio Enaudi, 2004

6 Ibidem Pag.8 7

Castel R. (traduzione di Galzigna M. e Mapelli M.) “L’insicurezza sociale. Che significa essere protetti?” Editore Giulio Enaudi, 2004

(15)

~ 11 ~

l’insicurezza è quello di istituire uno Stato dotato di un potere effettivo, che gli consenta di svolgere questo ruolo di protettore e di garante della sicurezza.

Considerando questi sviluppi storici, l’attenzione verso il benessere sociale e le cause che lo negano, è stata una questione centrale del dibattito europeo per molti secoli. Il processo di sviluppo e affermazione delle politiche sociali che andassero a garantire il diritto di poter ricercare e raggiungere il benessere, fu graduale ed ebbe fasi differenti per ogni stato; infatti, come si è detto, in Italia, il percorso di sviluppo fu molto più lento rispetto ad altri paesi come l’Inghilterra e la Germania. Tuttavia, l’importanza di questa questione sociale non fu affrontata con minor impegno o interesse rispetto agl’altri paesi europei; infatti si può leggere una traccia del cambiamento e dello sviluppo che in Italia si stava perseguendo, osservando il testo della Costituzione del 1948, nel quale è presente un articolo in cui viene indicato il diritto di eguaglianza di tutti i cittadini e l’obbligo da parte della Repubblica di eliminare ogni ostacolo verso il raggiungimento del benessere sociale (art.3 Cost), e con esso, dunque, il compito di promuovere e veicolare l’intera società verso il benessere. La costituzione del 1948, può essere benissimo vista come la base di partenza che ispirò le lotte studentesche e operaie dell’autunno caldo e la base legislativa da cui si ispirarono molte leggi e riforme legislative fino alla nascita e affermazione del Welfare state italiano, verso la metà degl’anni ‘70.

1.2 Il legame tra il Welfare State e la Programmazione Sociale

La nascita del Welfare State italiano, non segnò la fine del processo di sviluppo e miglioramento delle politiche sociali, ma il suo sviluppo è continuato e si è evoluto con nuove legislazioni e riforme fino ad oggi, come ad esempio la recente

L. Quadro 328/20008. Inoltre, il percorso di sviluppo e di miglioramento del

Welfare State9, dietro la spinta di questa Legge Quadro del 2000 che parlava di

integrazione, concertazione e programmazione dei servizi, ha veicolato

8

Pieroni G., dal Pra Ponticelli M. “Introduzione al Servizio Sociale. Storia,principi e deontologia” Editore Carocci Faber, 2005

9

Zilianti A. e Rovai B. “Assistenti sociali professionisti. Metodologia del lavoro sociale” Editore Carocci Faber,2010,Roma

(16)

~ 12 ~

l’attenzione verso i concetti di pianificazione, programmazione e progettazione che attualmente assolvono una funzione di controllo e gestione di tutto il Welfare state. Questi tre concetti sono spesso utilizzati come sinonimi ma in realtà, anche se sono interconnessi, hanno un significato proprio e diverso l’un dall’altro:

Piano: comprenderebbe, l’individuazione degli obiettivi generali, oltre

che, la definizione delle strategie, delle politiche e dei programmi da adottare per conseguirli.

Programma: comprenderebbe, l’individuazione di obiettivi specifici da

conseguire attraverso un efficiente10 utilizzo delle risorse disponibili per

raggiungere una efficacia11 del programma.

Progetto: comprenderebbe, un insieme di attività predisposte per

realizzare un obiettivo specifico entro un tempo prescritto e un ammontare di risorse definito.

Per chiarire l’interconnessione tra i tre concetti sopra riportati, possiamo dire che : i progetti, sono l’unità minima della programmazione che dovrebbe realizzarsi all’interno di un piano stabilito. “L’interconnessione tra la programmazione e la progettazione è indispensabile per la regolazione del sistema, per definire un insieme coerente di obiettivi, per formulare progetti coordinati che si rinforzino

reciprocamente.”12

Inoltre, la programmazione è indispensabile per la formazione di un efficiente sistema di Welfare State: senza una buona programmazione, non si potrebbero delineare interventi pubblici assistenziali e sanitari adeguati, poiché, per risolvere un problema o disagio, è necessario che prima lo si individui e successivamente che si proceda con lo strutturare un progetto specifico per sanarlo, e tutto questo fa parte del ciclo della progettazione. Questo processo, aiuta anche a gestire al

10

- EFFICIENZA: per efficienza, si intende l’impiego ottimale delle risorse disponibili per il conseguimento degli obiettivi prefissati. L’efficienza sottintende anche l’efficacia del programma, ma non viceversa.- Palumbo M. “Il processo di valutazione. Decidere, programmare, valutare” Franco Angeli, 2014

11

- EFFICACIA: per efficacia, si intende il grado in cui i progetti o programmi riescono a conseguire gli obiettivi prefissati. Un progetto/programma può essere efficace ma non per questo si può dare per scontato che sia anche efficiente.- ibidem

12

Zilianti A. e Rovai B. “Assistenti sociali professionisti. Metodologia del lavoro sociale” Editore Carocci Faber,2010,Roma. P.203-204.

(17)

~ 13 ~

meglio le risorse, evitando di impiegarle in più interventi sovrapposti volti a perseguire il medesimo obiettivo.

Dunque, per “programmazione” si intende l’insieme e il coordinamento di più progetti; ognuno dei quali individua specifiche attività da svolgere, l’ammontare delle risorse disponibili e la delineazione degli obiettivi da raggiungere: i quali vanno a formare il sistema di welfare state.

I moderni Welfare State stanno cercando di rivoluzionare i modelli di somministrazione dei servizi alla persona, passando dall’uso del modello a “canne d’organo”, nel quale l’intervento sociale si traduce inevitabilmente in una singola prestazione qualificata per un singolo utente, ad un modello di “organizzazione a matrice”, ovvero ad un modello che tende a facilitare lo sviluppo di un lavoro e di una operatività progettuale che tende ad affrontare il problema sociale individuato nel suo complesso. Questo cambiamento di operatività nei Sevizi Sociali è dovuto a delle trasformazioni avvenute nella società che hanno portato ad una maggior complessità sociale, e a nuove proposte normative, che hanno cercato di rispondere prontamente alle nuove esigenze sociali riscontrate; entrambe le cause hanno messo a fuoco l’importanza di perseguire l’inclusione sociale e il “ben-essere” degli individui, portando alla consapevolezza che i disagi, le problematiche e le differenze sociali non possono essere affrontate e fronteggiate tramite prestazioni o servizi individuali, ma serve organizzare dei piani che includano vari progetti di sviluppo che vadano a risollevare e ad affrontare il problema individuato nel suo complesso, intervenendo sulle cause, e includendo

sempre elementi di prevenzione.13

Il lavoro per progetti nei Servizi Sociali è stato introdotto dalla Legge 328/2000, la quale lo ritenne appropriato per affrontare le problematiche e i disagi sociali di questo nuovo tipo di società, maggiormente complessa, in continua evoluzione, vincolata da una forte restrizione di risorse e che si trova a dover affrontare e rispondere a nuovi bisogni di una pluralità di attori e culture diverse. Questa maggior complessità sociale richiese, dunque, un ripensamento dei sistemi di Welfare, per renderli più rispondenti ai continui cambiamenti e alla crescente e diversificata domanda sociale, andando a sviluppare l’idea di lavorare per

13

Zilianti A. e Rovai B. “Assistenti sociali professionisti. Metodologia del lavoro sociale” Editore Carocci Faber,2010,Roma

(18)

~ 14 ~

progetti. Questa nuova tecnica di lavoro permette di individuare e analizzare al meglio i bisogni reali, di proporre interventi che siano definiti all’interno di vincoli normativi, organizzativi ed economici, e che siano infine strutturati e attuati con un ordine temporale, in modo tale da risultare efficaci ed efficienti. I moderni Welfare, per garantire risposte adeguate ai bisogni degli individui e per poter affrontare le nuove sfide di una società in continua evoluzione, hanno bisogno di lavorare sull’innovazione e sulla flessibilità, ma anche sull’appropriatezza per evitare sovrapposizioni di interventi e di progetti che comporterebbero inutili sprechi di risorse economiche e umane.

L’attenzione verso l’innovazione, da parte dei Servizi Sociali, è oramai un elemento indispensabile e fondamentale per garantire l’efficacia dei progetti e degli interventi, pertanto, dovrebbe diventare un fatto normale, regolare e continuo.

Dunque, la pianificazione, la programmazione e la progettazione sono tre strumenti utili per garantire un legame tra la politica, i servizi e i cittadini, per poter realizzare intere forme di sussidiarietà verticale e orizzontale che imprimano forza ai progetti e agli interventi di cambiamento e di sviluppo.

1.3 La Progettazione

Da qualche anno, si è diffusa la pratica di “lavorare per progetti” poiché la nostra società, sempre più dinamica, presenta bisogni sempre più complessi a cui far fronte; e ai quali è difficile porre rimedio con l’uso di interventi generali; perciò viene ritenuto più opportuno la predisposizione di interventi specifici e mirati. Inoltre, i progetti, sono facilmente più valutabili e quindi finanziati se riconosciuti

validi dalla loro elaborazione tecnica o struttura logica.14

Come abbiamo già detto, l’attuale complessità sociale richiede un ripensamento dei sistemi di Welfare, per renderli più rispondenti ai cambiamenti continui e alla

diversificata e crescente domanda sociale.15 Infatti, i sistemi dei Servizi Sociali,

14

Amirian J.K. “La Progettazione Sociale. Esperienze e riflessioni” Editore Franco Angeli, 2012, Milano

15

Zilianti A. e Rovai B. “Assistenti sociali professionisti. Metodologia del lavoro sociale” Editore Carocci Faber,2010,Roma

(19)

~ 15 ~

denunciano una inadeguatezza degli interventi preordinati ed esprimono la possibilità di poter perseguire meglio il benessere e lo sviluppo sociale, attraverso la definizione di progetti utili, flessibili e adeguati. Il lavoro per progetti, nasce dalla complessità, dalla turbolenza e dall’incertezza del contesto in cui si opera, e cerca di produrre dei cambiamenti attraverso la sperimentazione, che consente di progettare in maniera non ripetitiva, ma flessibile e innovativa. L’azione consente di conoscere, e la conoscenza consente di poter rivedere e, se occorre, correggere e migliorare l’azione, in un processo circolare di sviluppo personale e delle organizzazioni.

La progettazione sociale permette di evitare l’appiattimento dei Servizi e degli Interventi, e facilita la loro de-burocratizzazione in modo da permettere all’amministrazione locale, ai cittadini e al terzo settore, di partecipare alla definizione e alla realizzazione di azioni costruite per raggiungere risultati che

rientrano nei diritti della cittadinanza.16

Il progetto rappresenta la proiezione di un’idea da realizzare e dopo essere stata raggiunta o essersi avvicinati ad essa, l’evento progettuale si conclude.

Gli elementi chiave e distintivi di un progetto sono:17

L’intenzionaltà: viene individuato un cambiamento e uno sviluppo da

raggiungere, per il quale vengono predisposte un insieme di attività definite e limitate.

La temporalizzazione: ogni progetto strutturato ha un punto d’inizio e

viene sempre individuato un punto di fine e di conclusione.

Il coinvolgimento: ogni progetto coinvolge in maniera responsabile e

solidale, diversi soggetti e istituzioni (i cittadini e gli enti e gli operatori pubblici e privati)

L’individuazione delle risorse necessarie: prima di andare ad attuare un

progetto è indispensabile individuare gli strumenti , i mezzi e le risorse necessarie per l’attuazione e lo sviluppo del progetto stesso. Inoltre è importante anche preventivare i costi che bisognerà sostenere e i finanziamenti di cui si dispone o si potrebbe disporre.

16

Ibidem

17

(20)

~ 16 ~

La flessibilità: ogni progetto di sviluppo che intende produrre un

cambiamento in una società complessa, necessita di essere flessibile nella sua organizzazione. Un progetto flessibile dovrebbe prevedere incontri periodici del team di progettazione, lasciandogli l’opportunità di modificare gli interventi che erano stati definiti e di riorientare la direzione del progetto in base alle esigenze.

L’innovazione: per andare a strutturare e ad attuare un buon progetto di

sviluppo che sia efficace ed efficiente, è necessario adempiere un valido lavoro di ricerca, sperimentazione e verifica; attività che vanno ad alimentare l’innovazione dei progetti e degli interventi.

Inoltre, il progetto ha ulteriori specifiche caratteristiche:

È orientato sui compiti

È coniugato al futuro

È un contenitore organizzativo

Per presentare un progetto e richiedere finanziamenti, serve che siano raccolti adeguati indicatori di bisogno, perciò come prima fase del ciclo di progettazione

c’è l’osservazione del bisogno18

.

Il ciclo di vita della progettazione segue cinque fasi distinte, le quali si aprono

solo alla chiusura della precedente19:

1. L’ideazione: si inizia con una prima analisi del problema osservato, e si

stabiliscono gli obiettivi da raggiungere, realizzando un disegno del progetto. Questa prima formulazione del progetto, da origine alla scheda di progetto: un documento che illustra in modo riassuntivo, le sue linee strategiche, utili ai partner o ai finanziatori del progetto, per decidere se procedere alla definizione del progetto in dettaglio oppure abbandonarlo.

2. La pianificazione: con essa si conclude la fase di progettazione iniziata con

l’ideazione, e si verifica se l’iniziativa ipotizzata sia fattibile. Si

18

AmirianJ.K. “La Progettazione Sociale. Esperienze e riflessioni” Editore Franco Angeli, 2012, Milano

19

Zilianti A. e Rovai B. “Assistenti sociali professionisti. Metodologia del lavoro sociale” Editore Carocci Faber,2010,Roma

(21)

~ 17 ~

definiscono in modo dettagliato le attività da svolgere, le risorse, i ruoli, i mezzi necessari, gli stakeholder da coinvolgere, lo sviluppo temporale del progetto e il budget economico-finanziario; per arrivare a creare un piano dettagliato del progetto, e sulla base di questo documento, i partner e i finanziatori decideranno se dare avvio all’iniziativa, assegnandole le risorse necessarie, oppure no.

3. La formulazione o progettazione: si procede con la pianificazione,

temporale, organizzativa e finanziaria degli interventi. Vengono stabiliti i calendari di intervento, i mezzi e la quantità e destinazione delle risorse finanziarie.

4. L’implementazione o realizzazione: questa è la fase operativa del ciclo di

progettazione, in cui si da inizio alle attività ipotizzate. Durante questa fase vengono realizzati gli interventi e le attività pianificate, rispettando i vincoli temporali e finanziari prefissati. L’obiettivo, è la creazione di prodotti e/o servizi previsti dal piano, entro la conclusione del progetto. Durante questa fase, acquisiscono particolare importanza il monitoraggio e la valutazione in itinere.

5. La valutazione: con essa si chiude il ciclo di vita della programmazione. Si

procede con un’attenta analisi dei risultati e output ottenuti, con una valutazione dell’efficienza degli interventi attuati e svolgendo una riflessione complessiva riguardo il progetto concluso, per una futura ri-progettazione. La valutazione finale, è di natura summative, poiché l’obiettivo principale è quello di trarre un bilancio complessivo dell’esperienza conclusa; ma è anche formative, poiché in base al tipo di riuscita del progetto, si può decidere di riapplicarlo nelle progettazioni future o modificarlo.

Al termine di questo ciclo di progettazione, prenderà avvio un altro ciclo di progetto sulla base dei risultati ottenuti dal precedente.

Per “progetto”20

, quindi, si intende: la pianificazione di azioni in sequenza, basate sulla previsione e la pre-determinazione. Per questo motivo, le tecniche di progettazione sono basate su modelli scientifici che riescono a tradurre volontà e

20

AmirianJ.K. “La Progettazione Sociale. Esperienze e riflessioni” Editore Franco Angeli, 2012, Milano

(22)

~ 18 ~

analisi della realtà in una serie di conseguenze pratiche e logiche. Il modello di riferimento di base, è la Progettazione Razionale, la quale, dalla rilevazione e interpretazione scientifica dei problemi sociali e dalla valutazione delle risorse, definisce obiettivi da raggiungere tramite strategie e azioni coerenti. La Progettazione Razionale, è un sistema strutturato che mette in relazione la fase diagnostica con la logica d’azione o quadro logico, nel quale sono definite le relazioni tra i vari livelli di obiettivi, in base ai problemi e alle cause individuate. Il quadro logico, si basa sulle fasi del ciclo del progetto; soprattutto nella prima fase, quella della “ideazione”.

Sul piano legislativo21, la L.328/2000, oltre ad aver diffuso gli strumenti e le

tecniche di progettazione nell’ambito dei Servizi Sociali, ha anche avuto un grosso impatto sul tema delle metodologie di Progettazione, facendo superare il rigido determinismo tra input e output della Progettazione Razionale; poiché questa riforma introdusse e sviluppò una metodologia più partecipativa e integrata, che al posto dell’utilizzo di un Quadro Logico d’azione si concentrava

sulla costruzione di una vision condivisa22 che sarebbe dovuta essere raggiunta

attraverso la cooperazione di più istituzioni e soggetti. Perciò viene persa l’idea di costruire un progetto basandosi su modelli scientifici.

Come si è detto nel paragrafo precedente, il tema della progettazione si è sviluppato soprattutto a partire dalla Legge Quadro del 2000, poiché questa riforma, introdusse innovazioni legislative importanti nel tema della programmazione. La L.328/2000 trasformò il modo di gestire e pensare gli

interventi pubblici23. Questa riforma venne vista come lo strumento che avrebbe

consentito il superamento della condizione di marginalità che, fino a quel momento, aveva caratterizzato il settore dei Servizi Sociali rispetto ai più forti

21

Pieroni G., dal Pra Ponticelli M. “Introduzione al Servizio Sociale. Storia,principi e deontologia” Editore Carocci Faber, 2005

22

“La Vision condivisa è il criterio primo di orientamento, in quanto indica una direzione verso cui tendere(…) è una vision costruita attraverso un processo partecipativo di ricerca e di confronto/scambio fra i membri di una comunità. Le visioni che sono condivise richiedono molto tempo per emergere. Le visioni autenticamente condivise richiedono situazioni nelle quali le persone si sentono libere di esprimere i loro sogni, ma imparano anche ad ascoltare e come ascoltare i sogni degli altri.” Martini E.R. e Torti A. “Fare lavoro di comunità. Riferimenti teorici e strumenti operativi” editore carocci Faber, 2014, (P.133)

23

Pieroni G., dal Pra Ponticelli M. “Introduzione al Servizio Sociale. Storia,principi e deontologia” Editore Carocci Faber, 2005

(23)

~ 19 ~

settori della sanità e della previdenza. L’Art.3, comma 1 della Legge 328/200024

, cita: “Per la realizzazione degli interventi e dei servizi sociali, in forma unitaria

ed integrata, è adottato il metodo della programmazione degli interventi e delle risorse, dell'operatività per progetti, della verifica sistematica dei risultati in termini di qualità e di efficacia delle prestazioni, nonchè della valutazione di impatto di genere.”. Inoltre, l’Art.3, comma 2B , stabilisce che i soggetti indicati

nell’Art.1 comma 3 della Legge, ovvero gli enti locali, le regioni e lo Stato,

“(…)devono provvedere nell’ambito delle rispettive competenze, alla programmazione degli interventi e delle risorse del sistema integrato di interventi e servizi sociali(…)” secondo alcuni principi, tra i quali ci sarebbe quello di

basarsi sulla “concertazione e cooperazione tra i diversi livelli istituzionali,e tra

questi ed i soggetti di cui parla l’art 1, comma 4, 25

che partecipano con proprie risorse alla realizzazione della rete(…)”.

Dunque, la L.328/2000 introdusse a livello legislativo i concetti di pianificazione, programmazione, concertazione e integrazione dei servizi nell’ottica di un uso

efficiente delle risorse e di un’efficacia degli interventi26

. Con questa riforma venne attribuita allo Stato, rispetto ai propri territori di competenza, alle regioni e ai comuni, la responsabilità di garantire l’uguaglianza dei diritti relativi alle Politiche Sociali; spingendo verso il coordinamento e la sinergia delle attività delle varie istituzioni, sia pubbliche che private, che agiscono in contesti sociali. Tutto questo, al fine sia di un risparmio economico, che di razionalizzare e di potenziare al meglio le esperienze e le specificità. La particolarità più emergente di questa legge, comunque, è il rapporto di collaborazione richiesto alle istituzioni pubbliche con quelle private. Al pubblico, restano alcune responsabilità, mentre agli attori privati restano i compiti operativi di intervento. Il luogo di incontro, di confronto e di trasparenza, è il momento di concertazione, in cui durante una serie

24

Gazzetta Ufficiale n°265, del 13 novembre 2000 “legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali” legge 8 novembre 2000, n°328, http://www.gazzettaufficiale.biz/atti/2000/20000265/000G0369.htm

25

Ibidem “Gli enti locali, le regioni e lo Stato, nell'ambito delle rispettive competenze, riconoscono e agevolano il ruolo degli organismi non lucrativi di utilità sociale, degli organismi della cooperazione, delle associazioni e degli enti di promozione sociale, delle fondazioni e degli enti di patronato, delle organizzazioni di volontariato, degli enti riconosciuti delle confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese operanti nel settore nella programmazione, nella organizzazione e nella gestione del sistema integrato di interventi e servizi sociali.” Art.1, comma 4, L.328/2000

26

Pieroni G., dal Pra Ponticelli M. “Introduzione al Servizio Sociale. Storia,principi e deontologia” Editore Carocci Faber, 2005

(24)

~ 20 ~

di incontri, vengono dibattute proposte, e attraverso una serie di trattative si arriva ad un accordo. A questi momenti di concertazione possono partecipare chiunque abbia una funzione di rappresentare la cittadinanza, incluse le persone, i nuclei familiari e le organizzazioni informali, che in queste occasioni hanno l’opportunità di avanzare proposte, fare valutazioni, portare all’attenzione pubblica problematiche emergenti e contribuire alle decisioni. Tutto ciò aiuta a raggiungere una Vision condivisa. Dunque, grazie a questa partecipazione di più soggetti, il dialogo e il confronto assumono una funzione preventiva e di

promozione del benessere, prima che di recupero.27

La Legge 328/2000 e le innovazioni che ha portato, soprattutto quella di stabilire che anche nel campo del sociale e dei Servizi Sociali fosse necessario organizzare interventi d’aiuto e di sviluppo tramite l’azione progettuale, ha contribuito notevolmente ad imprimere forza al cambiamento culturale e metodologico dei professionisti e degli operatori implicati nei servizi alla persona. Nel corso degli anni, gli Assistenti Sociali si erano assestati su una logica di adempimento del loro lavoro verso i disagi degli utenti portati alla luce; ovvero intervenivano esclusivamente sul singolo caso e sui specifici problemi e disagi dell’utenza che venivano individuati. In questa logica, mancava l’elemento dell’innovazione, della con-divisione e della flessibilità, che rendeva questi interventi e questi Servizi sia poco rispondenti, che efficienti, che adeguati. Invece, l’approccio progettuale presuppone prioritariamente atteggiamenti professionali disponibili al confronto con i destinatari degli interventi, per conoscere i significati e i valori semantici dei bisogni, nei luoghi ove si generano. Progettare nel sociale significa altresì co-definire un percorso razionale e intenzionale per ottenere scopi e obiettivi raggiungibili e perseguibili. Lavorare per progetti nel Servizio Sociale Professionale, significa co-ordinare le attività e le singole azioni realizzate attraverso una partnership solidale che ne verifica il percorso, ne controlla gli impatti e gli esiti. Il lavoro per progetti permette agli Assistenti Sociali di dare spazio alla propria dimensione organizzativa, per accompagnare e guidare la

27

AmirianJ.K. “La Progettazione Sociale. Esperienze e riflessioni” Editore Franco Angeli, 2012, Milano

(25)

~ 21 ~

società verso dei percorsi volti al miglioramento e allo sviluppo di territori che

sono ambiti di rischio e di disagio sociale.28

Dunque, grazie allo strumento della programmazione, gli Assistenti Sociali si trovano a predisporre e a seguire progetti individualizzati, che puntano a risollevare e alleviare il disagio e la condizione del singolo utente (azioni di cambiamento a livello micro), all’interno di una cornice di progetti che tendono e si occupano di affrontare unitariamente i temi e le problematiche comuni nelle aree di rischio e di disagio (interventi di cambiamento a livello macro).

1.4 La Valutazione

Per quanto concerne il tema della valutazione, non esiste nessuna metodologia di programmazione che non includa la valutazione come fase importante e

indispensabile del suo processo. La valutazione di un programma29, è utile per

capire se quel progetto ha funzionato, portando al raggiungimento dei risultati /impatti desiderati, e aiuta anche a capire, come quel progetto ha funzionato: se ha rispettato le prospettive degli attuatori oppure se ha subito modifiche di percorso che hanno portato a risultati e impatti differenti da quelli previsti. Nel caso di un mancato funzionamento del progetto o di un suo funzionamento diverso da quanto si era previsto, la valutazione finale serve e permette di coglierne le motivazioni e le cause. L’analisi del progetto ricavata dalla valutazione, aiuta ad impostare un nuovo progetto/programma basandosi sull’esperienza del precedente; infatti traendo esperienza dal progetto concluso, gli attuatori del nuovo progetto potranno correggere gli eventuali errori avuti nello svolgimento del precedente progetto, tenendo conto dei risultati e impatti che si desiderano ottenere.

La programmazione e la valutazione30 sono strettamente interconnesse ed

entrambe si trovano a dover affrontare le difficoltà di operare in una società complessa, in cui la domanda di qualità tende ad aumentare significativamente nel campo delle politiche sociali. Gli “utenti” sono ormai diventati “cittadini-utenti”,

28 Zilianti A. e Rovai B. “Assistenti sociali professionisti. Metodologia del lavoro sociale” Editore

Carocci Faber,2010,Roma

29

Palumbo M. “Il processo di valutazione. Decidere, programmare, valutare” Editore franco Angeli, 2002

30

Tomei G. “Valutazione partecipata della qualità. Il cittadino-utente nel giudizio sugli interventi di politica e servizio sociale” Franco Angeli, 2012, Milano

(26)

~ 22 ~

ovvero sono sia i benefattori che i beneficiari degli interventi, dunque, questa domanda di qualità può essere assolta tramite l’adozione di una contrattazione sociale delle strategie di azione collettiva, abbandonando i tradizionali ordinamenti gerarchici e tecnocentrici per assumere modulazioni pratiche più dialogiche, aperte e reticolari.

Nel corso degl’anni, gli esperti del settore si sono basati su diverse teorie di programmazione e valutazione delle politiche sociali. Per riuscire a trattare con ordine di questa moltitudine di teorie, è stato opportuno raggrupparle e suddividerle in tre approcci differenti. La letteratura viene, a questo punto, in nostro soccorso, offrendoci una panoramica cronologica di questi tre approcci,

tenendo presente gli impatti teorici a cui si riferiscono i diversi approcci: 31

1. Il primo approccio è L’approcio Positivista-Sperimentale: questo approccio fu applicato tra la metà degli anni ’60 fino alla metà degli anni ’70. È l’approccio con cui tutto è iniziato. È stato concepito per programmi/progetti volti ad affrontare gravi e ricorrenti problemi sociali, come la disoccupazione o la criminalità. Seguiva una Logica Razionale: i progetti venivano articolati in obiettivi da raggiungere, in mezzi tramite cui raggiungerli e in risultati attesi. Dalla valutazione, ci si aspettava che fosse in grado di dimostrare l’impatto dei programmi, misurando e verificando gli obiettivi raggiunti, e la loro validità, tramite l’utilizzo di una metodologia appropriata.

2. Il secondo approccio è L’approccio Pragmatista-della Qualità: Questo approccio fu applicato tra la metà degli anni ’70 fino alla metà degli anni ’80. In questo approccio si presta maggior attenzione alle influenze possibili del contesto, definendole come “effetti perversi” delle politiche di Welfare. Questo approccio è nato in un ambiente pragmatista che si opponeva alle idee intellettuali del positivismo. Qui si da’ risalto all’importanza del valutatore di giudicare un progetto in base ad un’idea di valore; valutando e misurando sia il valore intrinseco di un intervento o progetto (Merit), sia il valore estrinseco di un intervento o progetto (Worth). In questo approccio non si desidera raggiungere e non si valuta

31

Palumbo M. “Il processo di valutazione. Decidere, programmare, valutare” Editore franco Angeli, 2002

(27)

~ 23 ~

solamente il conseguimento degli obiettivi prefissati per arrivare a considerare quel progetto di buona qualità, ma si desidera raggiungere e poter valutare la concretizzazione degli obiettivi prestabiliti che abbiano inoltre raggiunto un certo valore positivo sulla scala di merito.

3. Il terzo approccio è L’approccio Costruttivista-del Processo Sociale: Questo approccio fu applicato dalla metà degl’anni ’80 in poi. Qui La valutazione viene considerata come un mezzo, non solo per una semplice ricerca sociale tourt court, ovvero per misurare solamente la validità e l’attendibilità delle procedure di raccolta dati, ma anche e soprattutto per il miglioramento dell’azione, per la misurazione della sua rilevanza e della sua utilizzabilità. Questo approccio riconosceva la dinamicità e mutualità del contesto in cui si opera, e che i progetti attuati mutano in base al contesto sociale e politico; perciò il risultato o risultati di un

programma/progetto non possono essere generalizzati ad altri

programmi/progetti. Qui, il valutatore deve utilizzare la propria esperienza per confrontare il progetto analizzato, con altri più o meno simili. Da questo confronto nasceranno giudizi che saranno reinterpretati in altri contesti.

Considerando più da vicino il primo approccio esposto, nell’ottica dall’approccio Positivista-Sperimentale c’era una diffusa e ingenua idea che il processo di progettazione derivasse da una impostazione lineare: conoscenza-decisione-intervento-valutazione, e che da qui nascesse un nuovo ciclo di programmazione; ma la valutazione non può essere solo finale, poiché se fosse così, gli errori della programmazione sarebbero dovuti esclusivamente all’ignoranza (scarze

conoscenze iniziali), malafede o incompetenza degli attuatori.32 Questo modello

non sarebbe mai potuto essere efficace e accettabile, ma è soprattutto impensabile da applicare in questa società complessa in cui oggi viviamo. La società di oggi si distingue da quella di ieri per: un aumento degli attori/operatori istituzionali che agiscono sulla sfera sociale con conseguente moltiplicarsi di relazioni, dall’aumento delle variabili nel determinare i comportamenti degli attori sociali, dalla diminuzione della capacità direttiva delle variabili di appartenenza (titolo di

32

(28)

~ 24 ~

studio, età…) sui comportamenti individuali, e dalla velocità con cui si diffonde il cambiamento in tutte le sfere di attività dell’uomo. Tutte queste nuove caratteristiche contribuiscono ad abbassare il tasso di prevedibilità della realtà sociale.

Dunque, la programmazione deve partire da dati e informazioni raccolti dalla valutazione, essere guidata da essa durante tutto il suo ciclo e infine avvalersi della valutazione per misurare i risultati e gli impatti finali provocati e raggiunti.

Si riconoscono tre momenti diversi di valutazione33: i progetti oltre ad essere

valutati alla fine del loro percorso(valutazione ex post), vengono valutati anche nel corso della realizzazione del progetto (valutazione in itinere o intermedia) e all’inizio del progetto, prima della sua adozione (valutazione ex ante). La

valutazione ex ante, serve per assicurarsi che il programma sia il più rilevante e

coerente possibile. Essa mette in risalto i punti di forza e di debolezza del settore interessato e fornisce una diagnosi dettagliata del problema. Inoltre fornisce un giudizio preliminare sulla correttezza della diagnosi, sull’adeguatezza della strategia stabilita e sugli obiettivi da raggiungere. La valutazione all’inizio di un progetto serve per fornire trasparenza sulle decisioni, sulle scelte effettuate e gli obiettivi attesi. La valutazione intermedia o in itinere, invece è di natura

formative, ovvero, è specificamente rivolta a migliorare il programma in atto. Essa

analizza criticamente i primi output e risultati degli interventi. Inoltre valuta anche la gestione finanziaria del programma: verifica se si stia lavorando correttamente sul raggiungimento di obiettivi prefissati, e in caso, permette di “aggiustare” il programma, riprogrammandolo, sempre argomentando le motivazioni in modo trasparente. Infine, la valutazione ex post, giudica l’intero programma e soprattutto gli impatti provocati. Quest’ultima valutazione, è sia di natura

formative, poiché è volta a migliorare il programma che potrebbe venire

riproposto in futuro, che di natura summative, poiché ha lo scopo di trarre un bilancio dall’esperienza conclusa. La valutazione ex post deve render conto delle risorse impiegate e deve relazionare sull’efficacia ed efficienza dell’intervento concluso. I tempi per quest’ultimo tipo di valutazione vanno tra i dodici e diciotto mesi.

33

(29)

~ 25 ~

La valutazione si basa sostanzialmente sui dati forniti dal monitoraggio, il quale è un’attività “value free” che ha il compito di fornire dati alla valutazione senza esprimere giudizio o trarne delle conclusioni, e senza identificarsi con essa. Il

monitoraggio si occupa di reperire periodicamente, nell’arco del progetto, dati ed

informazioni sui flussi di attività del programma e sulla costante comparazione tra ciò che era programmato e ciò che si è realizzato. Inoltre, controlla il grado di

raggiungimento degli obiettivi prefissati e gli standard dei servizi erogati.34

1.5 Sviluppi metodologici della Programmazione

Ogni progettista, ovvero chiunque si assuma in parte o totalmente, la funzione di rendere un progetto sostenibile ed efficace attivando un dialogo con tutti i protagonisti di un sistema sociale, tende a separare la fase di ricerca dalle altre

fasi della progettazione, riconoscendogli una notevole importanza.35 La fase di

ricerca è quella in cui si agisce prevalentemente per predisporre le convergenze

sulla futura realizzazione del progetto. Questa fase comprende: la ricognizione

conoscitiva, che riguarda il reperimento e la descrizione di informazioni sulle

condizioni esterne al progetto, e la promozione della condivisione e delle alleanze, ovvero l’animazione di disponibilità, volontà e sinergie di tutti coloro che potrebbero essere coinvolti.

La particolarità che colpisce il tema della progettazione sociale, è che nei manuali operativi si tende a risaltare soprattutto la logica progettuale e a tralasciare o a non analizzare opportunamente l’importanza della partecipazione e interazione dei, e

tra, i vari soggetti e istituzioni interessate al progetto o programma. 36 Ciò accade,

nonostante la progettazione sociale sia realizzata da soggetti che interagiscono tra loro per creare ad esempio una vision condivisa o per effettuare una valutazione partecipata. Le relazioni interpersonali, vengono lasciate sullo sfondo, e viste come un aspetto critico o come un ostacolo, piuttosto che come il principale strumento e oggetto di intervento; per questo, è minore l’attenzione alle teorie ad esse orientate. La scelta tra una maggior attenzione alla logica progettuale o ad

34

Palumbo M. “Il processo di valutazione. Decidere, programmare, valutare” Editore franco Angeli, 2002

35 AmirianJ.K. “La Progettazione Sociale. Esperienze e riflessioni” Editore Franco Angeli, 2012,

Milano

36

(30)

~ 26 ~

una maggior attenzione alle relazioni interpersonali dei soggetti coinvolti, è la frattura principale che divide i primi approcci metodologici in campo della programmazione sociale, dalle successive metodologie con un carattere maggiormente partecipativo, fino alle nuove metodologie di programmazione che attualmente sono argomento privilegiato nelle discussione mondiale in questo campo. Per portare un esempio, basti pensare all’approccio Sinottico

Relazionale37, il quale si riferisce ad un orientamento di tipo meccanicista con una

causalità lineare, sviluppato nell’approccio classico della scelta razionale, ispirata principalmente alle scelte economiche. Questo approccio Sinottico, ipotizza che sia possibile programmare e prevedere il cambiamento proprio in base ai nessi di causalità lineare. Questa formulazione contiene alcuni presupposti, quali: l’ambiente predeterminato, descritto da vincoli e parametri che restano fissi nel tempo; la trasparenza degli obiettivi, non soggetti a interpretazioni; la chiarezza del problema data come prevista; la classificazione della priorità; e una chiara ipotesi sulle conseguenze del progetto. Questa impostazione comporta una stilizzazione e semplificazione delle situazioni che il progettista si trova ad affrontare, rendendo questo approccio adeguato in situazioni in cui l’ambiente sia ancora confuso, in cui gli obiettivi sono espressi genericamente e per approssimazione, e in cui i problemi non sono ancora stati definiti con chiarezza. Nell’approccio Sinottico Relazionale, il progettista rimane assolutamente neutrale rispetto al contesto e al problema, che viene ritenuto ben conoscibile e quindi efficacemente affrontabile attraverso fasi sequenziali. La linearità di questo orientamento non coglie la complessità delle organizzazioni né le dinamiche innescate dai processi interpersonali, e inoltre non riconosce la dinamicità del contesto, ma lo considera facilmente interpretabile poiché statico e immutabile. Questo è un approccio che reputa le interazioni tra gli attori coinvolti, come turbolenze e ostacoli da contrastare.

Da questo particolare approccio di Razionalità Assoluta, e dalla comprensione

della sua inapplicabilità; si sono sviluppati altri approcci38, come quello: della

Razionalità Processuale, molto simile al precedente ma nato sulle basi di una

37

Zilianti A. e Rovai B. “Assistenti sociali professionisti. Metodologia del lavoro sociale” Editore Carocci Faber,2010,Roma

38

Palumbo M. “Il processo di valutazione. Decidere, programmare, valutare” Editore franco Angeli, 2002

(31)

~ 27 ~

accurata correzione dei difetti del modello di Razionalità Assoluta; il modello

Incrementale; il modello Garbage Can; e il Mixed Scanning; nei quali, sempre

mantenendo metodologie differenti, hanno incluso nella loro applicazione, ognuno a modo loro, un’attenzione verso l’interazione personale dei soggetti coinvolti e il carattere partecipativo nel processo di programmazione.

Dunque, nel corso degli anni, si è passati dall’uso di una Razionalità Assoluta (modello tradizionale), all’uso di una Razionalità Processuale e di altri approcci

interattivi.39 Ciò è avvenuto, poiché non si dispone più di contesti statici, o

meglio, si è maggiormente consapevoli che non esistono contesti fissi, e che, sia la società di ieri e ancor più quella d’oggi è assai mutevole e dinamica. Utilizzare la Razionalità Assoluta in un lavoro di progettazione sarebbe una decisione molto pretenziosa, poiché sottintenderebbe che si stia affrontando un contesto semplice e relativamente stabile, in cui il remoto cambiamento sia facilmente prevedibile, e che disponessimo di tutte le informazioni utili per l’impostazione del progetto e per il raggiungimento di obiettivi stabili, che non verrebbero mai considerati per nulla ambigui. Allontanandoci da questa idea illusoria di contesto e di totale trasparenza di dati e informazioni in mano alle Istituzioni e ai soggetti operanti; emerge l’importanza di affrontare il vero contesto in cui si opera con un altro tipo di Razionalità, più adeguata, ovvero la Razionalità Processuale, che pone al centro della sua metodologia l’indispensabile utilizzo dei processi interattivi, nei quali, i fini e i mezzi si definiscono gradualmente con accordi parziali, senza escludere la possibilità di aggiustamenti successivi. La differenza maggiore tra il modello tradizionale e quello interattivo, è che nel primo, l’osservatore è una figura assolutamente neutrale, invece nel modello interattivo, l’osservatore diventa una variabile del problema, facendo diventare inesorabilmente circolare il processo di interazione tra osservatore e osservato, come avviene per ogni scienza empirica. A questo proposito, potrebbe essere attinente il pensiero di Max Weber, quando sosteneva che “ogni conoscenza della realtà culturale è sempre una conoscenza acquisita da particolari punti di vista”.

Arrivati a questo stadio di evoluzione nel tema della progettazione e valutazione sociale, lo sviluppo successivo è stato quello di passare da un modello interattivo

39

Riferimenti

Documenti correlati

Nella risoluzione di problemi, si hanno momenti di devoluzione non solo nella fase “iniziale” di risoluzione del problema, quando l’allievo interagisce con il

anche di un monitor di rilevazione dei parametri vitali, sarà possibile collegare il monitor PIC al monitor principale che mostrerà anche l’onda di pulsazione della..

Il valore mediano di Shock Index dei pazienti traumatizzati risulta > 0,9, che, secondo quanto riportato in letteratura, è un indicatore precoce di uno stato di shock;

Secondo i rappresentanti di questa scuola la traduzione non va giudicata, dato che il traduttore ubbidisce sempre alle norme di accettabilità dettate dalla

Per la valutazione dei Servizi Ecosistemici offerti dal verde urbano della città di Trieste è stato utilizzato il modello “Stoccaggio e sequestro di carbonio” (InVEST Carbon

Fractional fl ow reserve versus angiography for guiding percutaneous coronary intervention in patients with multivessel coronary artery disease: 2-year follow-up of the

SONO INSERITI € 13.022 CHE RIGUARDANO SOMME RESTITUITE NELL'ANNO 2002 E INTERESSI MATURATI SUL

They remained four days on the island, after which they were taken off by the San Salvadorian ship Fray Bentos, Captain Mota, and taken to Anjer, where they arrived on the