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Valutazione della funzionalita esocrina del pancreas in pazienti con IPMN a diffuso interessamento ghiandolare

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Academic year: 2021

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ABSTRACT

La neoplasia intraduttale papillare mucinosa (IPMN) rientra nel gruppo delle neoplasie cistiche del pancreas. L’interesse per queste neoplasie è dovuto al notevole incremento delle diagnosi avutosi negli ultimi anni grazie allo sviluppo delle metodiche di diagnostica per immagini ad alta risoluzione (TC e RM) ed è rivolto prevalentemente al rischio di degenerazione maligna caratteristico di alcune di queste. L’IPMN è tra queste neoplasie quella più frequente, ed è quella che presenta la maggior difficoltà di gestione per via della variabile tendenza alla degenerazione maligna. Dal punto di vista anatomopatologico è caratterizzato da proliferazione di cellule mucino-secernenti che tendono a formare strutture papillari all’interno del sistema duttale pancreatico. La mucina prodotta determina dilatazione dei dotti visibile alla TC e alla RM, e la diagnosi di IPMN è posta se la dilatazione non è accompagnata da altre possibili cause di ostruzione duttale. A seconda della localizzazione è classificato in Main Duct IPMN, se localizzato al dotto principale, Branch Duct IPMN, se localizzato a livello di uno o più dotti secondari e visibile come lesione cistica in comunicazione con il dotto principale, e Combined IPMN se interessante sia il dotto principale che i dotti secondari. Nel 5 – 10 % dei casi l’IPMN è multifocale e interessa diffusamente il sistema duttale pancreatico determinando ipotrofia ghiandolare di vario grado.

Lo scopo di questo studio è stato quello di indagare la funzionalità esocrina del pancreas di pazienti con IPMN interessante diffusamente la ghiandola, e ricercare eventuali condizioni di insufficienza pancreatica esocrina (PEI). La funzionalità pancreatica esocrina è stata studiata mediante dosaggio dell’elastasi fecale-1 (FE-1). Sono stati presi in esame 89 pazienti consecutivi con diagnosi di IPMN seguiti presso gli ambulatori della U.O. Gastroenterologia Universitaria e U.O. Chirurgia Generale e Trapianti dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana, tra questi sono stati selezionati quelli con evidenza di interessamento ghiandolare diffuso alla colangio-RM ed è stata eseguita un’indagine anamnestica approfondita per escludere altre possibili cause di PEI. È stata poi redatta da personale qualificato (1 radiologo con esperienza nell’ambito della patologia pancreatica e 2 gastroenterologi) una scala in 5 gradi indicativi della compromissione ghiandolare pancreatica da parte dell’IPMN. Lo studio non ha rilevato casi di PEI, ma ha dimostrato che esiste una correlazione

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inversa statisticamente significativa (ρs = -0.478; p = 0.013) tra il grado di compromissione ghiandolare da parte dell’IPMN e il valore di FE-1. I pazienti con grado di compromissione ghiandolare giudicato più severo (grado 4 e 5), pur non mostrando valori al di sotto dei limiti previsti per la diagnosi di PEI (FE-1 < 200 µg/g), presentano una riduzione statisticamente significativa (p = 0.003) dei valori di FE-1 rispetto ai pazienti con compromissione ghiandolare di grado meno severo (grado 1, 2 e 3). In linea con altri studi anche il presente studio ha dimostrato una correlazione inversa tra i valori di FE-1 e l’età dei pazienti (ρ = -0.465; p = 0.017). La correlazione inversa statisticamente significativa tra valori di FE-1 e il grado di compromissione ghiandolare da IPMN induce a ipotizzare che una minoranza dei pazienti con compromissione ghiandolare severa (grado 4 e 5), possa essere affetta da PEI e presentare deficit nutrizionali clinicamente evidenti o subclinici potenzialmente curabili con la terapia enzimatica sostitutiva. Al fine di verificare questa ipotesi sono necessari studi su campioni di pazienti più numerosi e selezionati in base ad un grado severo di compromissione ghiandolare pancreatica da IPMN.

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INDICE

PARTE 1: INTRODUZIONE

 CAPITOLO 1: LESIONI CISTICHE DEL PANCREAS………..……P. 8  1.1 GENERALITÀ……….….…….P. 8 - 1.1.1 INTRODUZIONE……….….…...P. 8 - 1.1.2 EPIDEMIOLOGIA……….….….P. 8 - 1.1.3 DIAGNOSI E MANAGEMENT……….…….P. 9  1.2 CLASSIFICAZIONE……….…..….P. 11  1.3 CISTADENOMA SIEROSO………..P. 13  1.4 NEOPLASIA MUCINOSA CISTICA………P. 17  1.5 NEOPLASIA SOLIDA PSEUDOPAPILLARE………..P. 22  1.6 NEOPLASIA ENDOCRINA CISTICA DEL PANCREAS………….P. 24  1.7 NEOPLASIE CISTICHE RARE………P. 26 - 1.7.1 CISTI LINFOEPITELIALE……….P. 26 - 1.7.2 LINFANGIOMA CISTICO………..P. 26 - 1.7.3 ALTRE NEOPLASIE CISTICHE………..P. 27

 CAPITOLO 2: NEOPLASIA INTRADUTTALE PAPILLARE

MUCINOSA………..………….P. 28  2.1 INTRODUZIONE E DEFINIZIONE………P. 28  2.2 CLASSIFICAZIONE………P. 30  2.3 ANATOMIA PATOLOGICA………...P. 33 - 2.3.1 MACROSCOPICA………..P. 33 - 2.3.2 MICROSCOPICA………P. 37  2.4 BIOLOGIA MOLECOLARE………...P. 41  2.5 PRESENTAZIONE CLINICA……….P. 43  2.6 DIAGNOSI……….P. 45 - 2.6.1 ANAMNESI………..P. 45 - 2.6.2 DIAGNOSTICA PER IMMAGINI………..…P. 45 - 2.6.3 RUOLO DELLA TC E DELLA RM………...P. 46

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- 2.6.4 RUOLO DELLA COLANGIOPANCREATOGRAFIA

RETROGRADA ENDOSCOPICA………..P. 49 - 2.6.5 RUOLO DELL’ECOENDOSCOPIA………...P. 51  2.7 DIAGNOSI DIFFERENZIALE………....P. 55 - 2.7.1 WORKUP PER LE LESIONI CISTICHE DEL PANCRES…....P. 56  2.8 FATTORI PREDITTIVI DI MALIGNITÀ………P. 59 - 2.8.1 SEGNI CLINICI………P. 59 - 2.8.2 SEGNI RADIOLOGICI………P. 60  2.9 TERAPIA………...P. 62 - 2.9.1 INDICAZIONI ALLA RESEZIONE PER MD-IPMN………P. 62 - 2.9.2 INDICAZIONI ALLA RESEZIONE PER BD-IPMN……….P. 63 - 2.9.3 ESTENSIONE DELLA RESEZIONE………P. 64 - 2.9.4 VALUTAZIONE INTRAOPERATORIA DELL’ESTENSIONE DELLA RESEZIONE………P. 66 - 2.9.5 RUOLO DELLA RESEZIONE LAPAROSCOPICA………P. 67 - 2.9.6 RUOLO DELLA TERAPIA ADIUVANTE NELL’IPMN INVASIVO………..……P. 67  2.10 PROGNOSI E FOLLOW-UP………P. 68 - 2.10.1 PROGNOSI………P. 68 - 2.10.2 FOLLOW-UP……….…P. 69  CAPITOLO 3: INSUFFICIENZA PANCREATICA ESOCRINA………P. 72  3.1 INTRODUZIONE………..…P. 72  3.2 DIAGNOSI DI INSUFFICIENZA PANCREATICA ESOCRINA……P. 75 - 3.2.1 SINTOMI, ESAMI EMATOCHIMICI E DIAGNOSTICA PER IMMAGINI………..……P. 75 - 3.2.2 ELASTASI FECALE 1………P. 77 - 3.2.3 BREATH TEST AI TRIGLICERIDI MISTI………P. 79 - 3.2.4 ANALISI DEL SECRETO PANCREATICO DOPO STIMOLAZIONE CON SECRETINA/CERULEINA……….…P. 79  3.3 TRATTAMENTO DELL’INSUFFICIENZA PANCREATICA

ESOCRINA……….….P. 81

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- 3.3.2 TERAPIA SOSTITUTIVA CON ENZIMI PANCREATICI (PERT)………P. 82

- 3.3.3 DOSAGGIO DELLA TERAPIA ENZIMATICA

SOSTITUTIVA………...…P. 84

PARTE 2: STUDIO SPERIMENTALE

 VALUTAZIONE DELLA FUNZIONALITÀ ESOCRINA DEL PANCREAS IN

PAZIENTI CON IPMN A DIFFUSO INTERESSAMENTO GHIANDOLARE…P. 86

 1 BACKGROUND………..…………P. 87  2 SCOPO DELLO STUDIO………..………P. 87  3 MATERIALI E METODI………..………P. 88  4 ANALISI STATISTICA………...……P. 89  5 RISULTATI…….………..…P. 90  6 DISCUSSIONE………P. 93  7 CONCLUSIONI………....P. 95 BIBLIOGRAFIA………...….P. 96

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PARTE 1:

INTRODUZIONE

Capitolo 1

LESIONI CISTICHE DEL PANCREAS

Capitolo 2

NEOPLASIA INTRADUTTALE PAPILLARE MUCINOSA

Capitolo 3

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Capitolo 1 – LESIONI CISTICHE DEL PANCREAS 1.1 – GENERALITA’

1.1.1 Introduzione

Le lesioni cistiche del pancreas costituiscono un ampio spettro di entità patologiche sia benigne che maligne. Ritenute piuttosto rare fino agli anni ’80, con il miglioramento delle conoscenze nell’ambito della patologia pancreatica e delle tecnologie di diagnostica per immagini, si è verificato un notevole incremento delle diagnosi, sempre più spesso in pazienti senza evidenza clinica di patologia pancreatica, e quindi come riscontro occasionale.

Quando ancora non si conosceva la possibile natura neoplastica delle cisti pancreatiche, tali lesioni venivano spesso interpretate come “pseudocisti” o come esito di pancreatite cronica, anche in assenza di clinica compatibile con quest’ultima (1, 2).

A testimoniare quanto l’argomento sia controverso, Garcea et al. parlano di lesioni cistiche del pancreas riferendosi ad esse con l’affermazione “A Diagnostic and Management Dilemma” (3).

1.1.2 Epidemiologia

Studi su indagini TC e RM hanno dimostrato che la prevalenza di lesioni cistiche pancreatiche in individui senza sintomi o storia di patologia pancreatica è del 2,5%, e aumenta con l’età al punto che in individui di età ≥ 70 anni la prevalenza di almeno una cisti pancreatica è del 10% (4, 5).

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 per individui con età < 40 anni è dello 0,5%;

 per individui di età compresa tra 70 e 79 anni si attesta intorno al 25%;

 per individui con età ≥ 80 anni raggiunge il 37%.

Queste percentuali sono in linea con quelle riportate da studi autoptici in cui la prevalenza di cisti pancreatiche è risultata essere del 19% nel gruppo 70 - 79 anni, e del 30% nel gruppo 80 – 89 anni (6).

1.1.3 Diagnosi e Management

La gestione clinica delle lesioni cistiche pancreatiche ha alla base due punti fondamentali.

1. differenziare le neoplasie cistiche dalle pseudocisti infiammatorie; 2. stabilire il rischio di degenerazione maligna.

Grazie allo sviluppo delle tecnologie di imaging ad alta risoluzione si è giunti alla conclusione che la maggior parte delle lesioni cistiche pancreatiche appartenga al gruppo delle neoplasie cistiche, che complessivamente sono molto più comuni delle pseudocisti infiammatorie.

In un paziente con un recente episodio di pancreatite acuta, la diagnosi di raccolta fluida post-infiammatoria è la più probabile, così come per una cisti riscontrata in un paziente con evidenza clinica e radiologica di pancreatite cronica, la diagnosi deve essere orientata verso quella di pseudocisti. Se invece il reperto di lesione cistica viene riscontrato in un paziente con storia clinica silente e imaging non diagnostico per interessamento flogistico il sospetto deve essere quello di neoplasia cistica del pancreas.

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Inoltre il fatto che le neoplasie cistiche, e in particolare la neoplasia intraduttale papillare mucinosa (intraductal papillary mucinous neoplasm – IPMN), possano essere responsabili di episodi di pancreatite complica ulteriormente l’algoritmo diagnostico.

Il rischio di degenerazione maligna è oggi l’argomento di maggior interesse riguardo le neoplasie cistiche pancreatiche. Fondamentali per stabilire il rischio sono le indagini di imaging ad alta risoluzione (TC e RM) (Figura 1) e l’ecoendoscopia (endoscopic ultrasonography – EUS) con associata agoaspirazione (fine needle aspiration – FNA-EUS guided) del contenuto cistico e seguente analisi biochimica e citologica (7).

Figura 1Donna con anamnesi negativa per pancreatiti. Neoplasia cistica mucinosa. (a) Alla TC è stata fatta diagnosi di "pseudocisti" ed è stata trattata con cisto-entero anastomosi. 13 anni dopo presenta una massa solida

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1.2 – CLASSIFICAZIONE

Le lesioni cistiche del pancreas si dividono in: - Cisti non neoplastiche

- Cisti neoplastiche

Tra le cisti non neoplastiche rientrano: - Pseudocisti

- Cisti da ritenzione

- Cisti linfoepiteliale (epidermoide) - Cisti endometriosica

Le cisti neoplastiche si dividono in: - Non epiteliali

 Linfangioma

 Emangioma - Epiteliali

 Cistadenoma Sieroso o Neoplasia Cistica Sierosa

 Neoplasia Cistica Mucinosa

 Neoplasia Intraduttale Papillare Mucinosa

 Neoplasia Solida Pseudopapillare

 Adenocarcinoma Pancreatico con degenerazione cistica

 Neoplasia Neuroendocrina Cistica del Pancreas

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Tra le lesioni non neoplastiche, le più comuni e di maggior importanza clinica sono le pseudocisti, mentre tra le lesioni cistiche neoplastiche sono: il Cistadenoma Sieroso, la Neoplasia Cistica Mucinosa, la Neoplasia Papillare Intraduttale Mucinosa. Più rare ma comunque importanti sono la Neoplasia Solida Pseudopapillare e la Neoplasia Neuroendocrina Cistica del Pancreas (7) (Tabella 1).

Tabella 1 Caratteristiche generali delle lesioni cistiche del pancreas più comuni. SCN tumore cistico sieroso (o cistadenoma sieroso), MCN neoplasia cistica mucinosa, IPMN neoplasia intraduttale papillare mucinosa.

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1.3 – CISTADENOMA SIEROSO

Il cistadenoma sieroso (serous cystadenoma – SCA) o neoplasia cistica sierosa (SCN) del pancreas è una neoplasia epiteliale generalmente benigna che interessa soprattutto il sesso femminile (75% dei casi) e può localizzarsi in tutto il pancreas ma ha una lieve predominanza nella regione cefalica. L’età media dei pazienti sottoposti ad intervento chirurgico per questo tipo di neoplasia è di 62 anni (8-11).

La variante microcistica è la più frequente. Si compone di numerose piccole cisti che conferiscono aspetto a “nido d’ape” in sezione (Figura 2), le cavità cistiche sono rivestite da epitelio a cellule cuboidali (Figura 3) ricche di glicogeno (PAS positive). In una percentuale minore di casi (10% circa) si presenta in forma macrocistica od oligocistica che si compone di un numero minore di cisti di dimensioni più grandi (9, 12).

Figura 2 Aspetto macroscopico di un cistadenoma sieroso. Al taglio la superficie può apparire solida, in realtà è costituita da numerose microcisti. E’ presente una cicatrice fibrosa centrale (freccia) tipica di questa neoplasia.

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Figura 3 Aspetto microscopico di un cistadenoma sieroso. La colorazione con ematossilina-eosina mette in evidenza le microcisti rivestite da epitelio cuboidale.

Sono stati descritti pochissimi casi di SCA maligno, diagnosticato sulla base della presenza di disseminazione extrapancreatica e in particolare epatica, ma rappresentano meno dell’1% dei casi (8, 13, 14). Secondo alcuni studi di anatomia patologica, la localizzazione cefalica e le grandi dimensioni sono associate ad un comportamento più aggressivo, ed in particolare ad invasione diretta di organi adiacenti e vasi sanguigni, e metastasi linfonodali o a distanza (15).

Sebbene la localizzazione più frequente sia quella cefalopancreatica, il SCA può localizzarsi in altre regioni. Nella maggior parte dei casi la diagnosi è incidentale nel corso di esami eseguiti per altri motivi, ma occasionalmente, a seconda della localizzazione e delle dimensioni, può presentarsi con ittero, pancreatite, dolore

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addominale o come una massa palpabile. Vista la natura solitamente benigna di questa neoplasia, la scelta di sottoporre il paziente a terapia chirurgica deve essere guidata dalla presenza dei sintomi suddetti più che dal rischio di degenerazione maligna che è molto basso. I pazienti non trattati chirurgicamente devono essere sottoposti a follow-up con imaging periodico per monitorare la velocità di crescita ed evitare che il rapido incremento dimensionale aggravi il quadro clinico e complichi poi l’intervento (9, 16-18)

Il SCA è visibile alla TC come una massa multiloculare con aspetto spugnoso, nel 30% dei casi è presente una calcificazione al centro della lesione. A volte l’aspetto radiologico è dubbio ed entra in diagnosi differenziale con la neoplasia endocrina solida (19-21) (Figura 4).

Figura 4 Paziente con cistadenoma sieroso. All’ecografia (a) la neoplasia presenta aspetto a nido d’ape apprezzabile a livello del corpo pancreatico. TC senza (b) e con (c,d,e) mezzo di contrasto. MR sequenze T2 (f) e

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In questi casi è possibile dirimere il dubbio diagnostico con l’agobiopsia (fine needle biopsy – FNB) e la FNA EUS – guided (22). Il liquido contenuto nelle cisti del SCA contiene livelli molto bassi di CEA (< 5 ng/ml) purtroppo però la FNA non sempre riesce, soprattutto se si tratta di una forma microcistica. Per la variante macrocistica la diagnosi differenziale radiologica è più difficile, il reperto di imaging è sovrapponibile a quello della neoplasia mucinosa cistica o dell’IPMN Branch – Duct, ma proprio in questa situazione l’analisi del liquido cistico può essere dirimente, e il basso dosaggio del CEA supporta la diagnosi di SCA macrocistico (23).

In pazienti con sindrome di von Hippel – Lindau (sindrome VHL) SCAs multipli sono frequenti, la forma oligocistica si ritrova nel 12% dei soggetti (24). Anche per questi pazienti le neoplasie sono generalmente benigne e la chirurgia va riservata ai casi sintomatici (25).

Le forme sporadiche di SCA sono caratterizzate da mutazioni del gene VHL ed è presente iperespressione del fattore di crescita endoteliale vascolare (VEGF), entrambe queste alterazioni genetiche sono presenti nella sindrome VHL (26). È presente inoltre perdita di eterozigosi del cromosoma 3, stesso sito su cui è localizzato anche il gene VHL (27), e come per la sindrome VHL, in particolare nei frequenti carcinomi renali a cellule chiare che colpiscono questi pazienti, è presente una fitta rete vascolare adiacente all’epitelio del SCA che testimonia come la stretta associazione “cellule chiare – angiogenesi” sia caratteristica anche di questa neoplasia. Come per i tumori a cellule chiare anche nel SCA il CD31, il VEGF, l’HIF-1α sono iperespressi e la conoscenza dei “pathways” molecolari coinvolti nella crescita e nella diffusione tumorale può avere implicazioni cliniche e terapeutiche visto il recente sviluppo di farmaci biologici diretti contro le molecole suddette (28).

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1.4 – NEOPLASIA MUCINOSA CISTICA

La neoplasia mucinosa cistica (mucinous cystic neoplasm – MCN) rappresenta circa un quarto di tutte le neoplasie cistiche pancreatiche asportate chirurgicamente (29). Interessa nella stragrande maggioranza (95%) dei casi le donne e si localizza più frequentemente nella regione corpo – caudale. A differenza dell’IPMN Branch Duct con cui entra in diagnosi differenziale è sempre una lesione unica (30-32).

Macroscopicamente si presenta come una voluminosa massa rotondeggiante e può raggiungere dimensioni di 35 cm di diametro. Si circonda di una pseudocapsula fibrosa di spessore variabile e con frequenti calcificazioni. A volte si compone di un’unica cavità cistica altre volte invece è multiloculare, in tal caso la presenza di proiezioni papillari all’interno delle cavità o la presenza di noduli solidi di parete aumentano il rischio di degenerazione maligna (33, 34) (Figura 5).

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La presenza di un denso stroma fibroso simil – ovarico che circonda la neoplasia e internamente uno strato di epitelio cilindrico di cellule mucosecernenti sono reperti patognomonici (Figura 6). Lo stroma è positivo all’immunoistochimica per recettori estrogenici e progestinici, mentre l’epitelio può mostrare segni di differenziazione gastrica, intestinale, colica, e cellule neuroendocrine. In base al grado di atipia citologica e architetturale è possibile suddividere le MCNs in neoplasie a basso, medio e alto grado di atipia, considerando quest’ultimo come carcinoma in situ. Secondo alcune casistiche fino ad un terzo delle MCNs asportate chirurgicamente sono associate a carcinoma invasivo (35).

Figura 6 Neoplasia mucinosa cistica, esame istologico. La colorazione con ematossilina-eosina permette di distinguere l’epitelio colonnare e lo stroma simil-ovarico.

Markers epiteliali caratteristici di questa neoplasia sono il CEA (carcinoembrionic antigen), l’EMA (epithelial membrane antigen), alcune citocheratine (7, 8, 18 e 19) e alcune mucine (MUC5AC e MUC1). In particolare la MUC1 è presente nelle neoplasie con displasia di alto grado o carcinoma invasivo. Altro marker caratteristico è SMAD4 una proteina che è normale nelle forme non invasive mentre risulta alterata nelle aree degenerate a carcinoma invasivo (33). Analogamente a quanto osservato

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nell’adenocarcinoma duttale non ancora invasivo anche per le MCNs la mutazione del gene KRAS può essere presente nelle aree di displasia di basso grado, ma è molto più frequente nelle aree di displasia di grado più avanzato e nelle aree di carcinoma invasivo (36) mentre mutazioni di p53 e SMAD4 sono più caratteristiche della displasia di alto grado e del carcinoma invasivo (37, 38).

È stata proposta un’unica patogenesi per le MCNs di pancreas, fegato e retroperitoneo. Questa ipotesi nasce da diverse evidenze, per esempio la netta predominanza nel sesso femminile, la predilezione per il corpo – coda pancreatico e le simili caratteristiche anatomopatologiche e cliniche. Durante le prime fasi dello sviluppo embrionale, la gonade primordiale sinistra si trova in stretta vicinanza all’abbozzo pancreatico dorsale, che darà origine al corpo – coda. È stato ipotizzato che la presenza stroma ovarico ectopico all’interno del corpo – coda pancreatico, dell’albero biliare e del retroperitoneo, possa essere responsabile del rilascio di fattori di crescita stimolanti l’epitelio locale a proliferare, determinando quindi la formazione e la crescita di queste neoplasie cistiche (33, 39).

L’età media alla diagnosi è di 45 – 48 anni, ma è possibile riscontrarle in un range di età molto più ampio (16 – 84 anni). Nella maggior parte dei casi il riscontro è occasionale in pazienti asintomatiche o con sintomatologia vaga, il 10% dei casi circa si presenta con episodi di pancreatite acuta mentre il 12% si presenta con una massa addominale palpabile (29, 30). Il tipico reperto radiologico è quello di una cisti unica, a parete spessa, localizzata nel corpo – coda o nella regione istmica. Spesso sono presenti setti interni e a volte sono visibili noduli o calcificazioni di parete (32) (Figura 7).

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Figura 7 TC con mdc di paziente con neoplasia mucinosa cistica. Sono visibili (a) la parete spessa e (b) delle componenti solide contrassegnate dagli asterischi.

Come per l’IPMN anche la MCN presenta alti livelli di CEA nel liquido cistico, questo permette di differenziare la MCN e l’IPMN dal SCA macrocistico il cui liquido cistico presenta livelli di CEA < 5 ng/ml (23, 40). È invece difficile differenziare l’IPMN tipo Branch Duct dalla MCN. Il dosaggio del CEA in questi casi non è risolutivo ( > 200 ng/ml), mentre l’imaging può mostrare la presenza di comunicazione tra contenuto cistico e dotto pancreatico principale, in tal caso la diagnosi è orientata verso l’IPMN. Esistono tuttavia delle casistiche che documentano come nel 15% dei casi di MCNs sia evidenziata la comunicazione con il dotto pancreatico principale alla colangiopancreatografia retrograda endoscopica (endoscopic retrograde cholagiopancreatography - ERCP) (31).

La degenerazione maligna è presente nel 17,5% dei casi. In tutti i casi degenerati è presente almeno un nodulo solido di parete oppure diametro di dimensioni > 4 cm (29). Considerando la significativa maggior incidenza di degenerazione maligna in neoplasie di dimensioni progressivamente superiori (8,4 cm rispetto a 4,5 cm) e in pazienti di età progressivamente più avanzata (49 anni rispetto a 44 anni), si presume che esista una lenta evoluzione nel tempo, tuttavia la frequenza di

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degenerazione rimane bassa, ad indicare quindi che non tutte le MCNs progrediscono. Sarebbe quindi auspicabile identificare i pazienti non a rischio per evitare un trattamento chirurgico aggressivo non necessario.

Considerando la localizzazione caratteristica al corpo – coda pancreatico, le basse percentuali di morbilità, e le trascurabili percentuali di mortalità in centri ad alto volume e notevole esperienza, la resezione chirurgica distale rappresenta la strategia terapeutica raccomandata. Vista la giovane età dei pazienti, sarebbe necessario uno stretto e prolungato follow-up, mentre dopo la resezione la prognosi è ottima e il follow-up non necessario, a meno che non siano presenti aree di carcinoma invasivo (41).

Pazienti giovani con MCN tipica (localizzazione corpo – caudale, sesso femminile, età compatibile e CEA>200 ng/ml nel liquido cistico) ma cisti di dimensioni limitate, assenza di noduli solidi di parete, e pazienti anziani sono candidati al follow-up che deve essere proseguito per tutta la vita.

La prognosi è eccezionale in assenza di carcinoma invasivo, mentre se la diagnosi depone per un cistoadenocarcinoma mucinoso invasivo, la sopravvivenza a 5 anni è del 62%, peggiora ulteriormente se l’età è superiore ai 50 anni e se c’è invasione della parete e del parenchima peritumorale (31).

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1.5 – NEOPLASIA SOLIDA PSEUDOPAPILLARE

La neoplasia solida pseudopapillare (solid pseudopapillary neoplasm – SPN) è una neoplasia poco comune, rappresenta il 4% di tutte le neoplasie cistiche pancreatiche asportate chirurgicamente. La sua collocazione nel gruppo delle neoplasie cistiche del pancreas è abbastanza recente; in passato ci si riferiva a questa lesione con altri nomi quali: neoplasia papillare epiteliale, tumore solido e cistico del pancreas, adenocarcinoma pancreatico dell’infanzia (42). Interessa principalmente le donne (più dell’80% dei casi) in età compresa tra i 30 e 38 anni, nel 20% dei casi circa, colpisce pazienti pediatrici (43-45).

La SPN non ha una localizzazione caratteristica all’interno del pancreas, può presentarsi come reperto occasionale o con un corteo sintomatologico caratteristico comprendente dolore addominale, pancreatiti, ittero, massa palpabile addominale. Per via della sua lenta velocità di accrescimento rimane asintomatico molto a lungo, e si manifesta quando raggiunge dimensioni cospicue.

Il reperto radiologico più frequente è quello di una massa eterogenea ben circoscritta, con componenti solide e cistiche, ed una capsula periferica che raramente presenta calcificazioni (Figura 8).

Figura 8 Aspetto ecografico di una neoplasia solida psudopapillare (a,) la freccia indica una componente solida. Alla RM la lesione è iperintensa nelle sequenze T2 pesate (b) e le componenti solide mostarno enhancement

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La FNA-EUS guided è solitamente diagnostica; reperti caratteristici sono cellule uniformi disposte a formare strutture microadenomatose, ramificazioni, papille con “core” fibrovascolare. Tecniche immunoistochimiche sono utilizzate per confermare la diagnosi (46).

La gran parte delle SPNs non ha andamento aggressivo, meno del 20% dei casi presenta invasione vascolare o perineurale, metastasi linfonodali o epatiche, ma anche in questi casi l’andamento solitamente non è aggressivo (43-45). Sono stati riportati casi di neoplasie multicentriche nel pancreas o in siti extrapancreatici quali mesocolon, retroperitoneo, omento, duodeno e fegato, probabilmente dovuti alla diffusione sincrona della malattia primitiva. L’indice di proliferazione Ki-67 è stato proposto come indice di malignità, ma non è stato possibile definire dei criteri adeguati. Quindi, sulla base dell’istologia e delle dimensioni della neoplasia, non è attualmente possibile predire il comportamento e la storia naturale di questa neoplasia (46).

Il trattamento adeguato è la resezione chirurgica, evitando resezioni tumorali incomplete ed enucleazioni che sono a rischio di disseminazione neoplastica e recidiva. Il ruolo della chemioterapia e della radioterapia, sia come adiuvante che come neoadiuvante, nella malattia metastatica non è ben definito (47). La sopravvivenza a 5 anni è prossima al 97% nei pazienti sottoposti a terapia chirurgica, ma anche nei pazienti con malattia diffusa ma asintomatica, per via della bassa aggressività, la sopravvivenza è lunga. La SPN è raramente causa di morte.

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1.6 - NEOPLASIA ENDOCRINA CISTICA DEL PANCREAS

La neoplasia endocrina cistica del pancreas (CPEN) rappresenta l’8% circa di tutte le neoplasie cistiche pancreatiche asportate chirurgicamente (29), e una percentuale variabile tra il 10% e il 17% di tutte le neoplasie neuroendocrine pancreatiche resecate (48-50). La gran parte di queste neoplasie sono diagnosticate come reperto incidentale e sono non funzionanti, anche se più raramente possono essere funzionanti. Sono più frequenti in individui affetti da Neoplasia Endocrina Multipla di tipo 1 (MEN 1), e sono riportati casi in soggetti con Sindrome di von Hippel – Lindau e con Sindrome di Wermer (50, 51). Solitamente sono unifocali, ma sono riportati casi di multifocalità (52). Non mostrano predilezione di genere e l’età media alla diagnosi è tra i 50 e i 59 anni (52-55).

L’aspetto radiologico è quello di una lesione cistica spesso con margini ipervascolarizzati, a volte con setti e componenti solide all’interno della cisti (48) (Figura 9). Può accadere che una neoplasia endocrina solida di grandi dimensioni presenti degenerazione microcistica, ma può presentarsi anche con l’aspetto di una cisti a parete sottile con aree di ispessimento ed entrare in diagnosi differenziale con una MCN (56).

Figura 9 Tumore neuroendocrino cistico del pancreas. (A) La TC rivela una piccola lesione prevalentemente cistica (freccia) nel corpo pancreatico. (B) L’EUS conferma il riscontro (freccia) mostrando uno spazio cistico

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In un numero considerevole di casi, non è possibile distinguere le CPENs dalle altre neoplasie cistiche pancreatiche solo sulla base delle immagini TC o RM (52). Un ruolo importante è quello della FNA-EUS guided, che permette di analizzare il liquido cistico sia dal punto di vista chimico, mostrando livelli di CEA molto bassi, che dal punto di vista citologico, con percentuali di successo ben superiori rispetto a quelli ottenuti nelle restanti neoplasie cistiche (73% rispetto al 20% nelle altre lesioni cistiche) (53-57).

Rispetto alle neoplasie endocrine solide, è meno frequente il riscontro di necrosi tumorale, invasione perineurale e vascolare, e le metastasi ai linfonodi locoregionali e a distanza (52), anche se diverse casistiche documentano la potenzialità maligna delle CPENs (58-60). Come per le altre neoplasie endocrine, è difficile valutare la malignità solo sulla base della citologia o della biopsia, lo stesso vale per l’esame istologico del pezzo operatorio. In ogni caso la terapia raccomandata per la gran parte dei pazienti è quella chirurgica, e la sopravvivenza a lungo termine è superiore all’85% (48-50).

È stata messa in discussione recentemente la validità della terapia chirurgica per le neoplasie endocrine solide di piccole dimensioni e non funzionanti, ed è stato visto che il management conservativo non presentava differenze significative con quello chirurgico (61), tuttavia l’applicabilità di questa osservazione anche per la controparte cistica delle neoplasie endocrine non è ben definita.

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1.7 - NEOPLASIE CISTICHE RARE

1.7.1 Cisti linfoepiteliale

Le cisti linfoepiteliali del pancreas sono lesioni rare comprendenti circa lo 0,5% di tutte le lesioni cistiche osservate negli uomini di mezza età. Mediamente hanno dimensioni di 6 cm, ma possono variare da 1 cm a più di 15 cm. Possono essere multiloculari o con una cavità unica, ma nella maggior parte dei casi presentano setti e calcificazioni. Sono preferenzialmente localizzate alla coda (62).

Le cisti linfoepiteliali sono considerate cisti vere, istologicamente sono delle cavità rivestite da epitelio squamoso, e circondate da linfociti maturi. Sono state elaborate diverse teorie sull’origine di queste lesioni, per esempio secondo alcuni si tratterebbe di una metaplasia squamosa di un dotto pancreatico ostruito, che andrebbe a protrudere all’interno di un linfonodo peripancreatico; oppure lo sviluppo di tessuto pancreatico ectopico all’interno di un linfonodo peripancreatico.

Anche per queste cisti la diagnosi preoperatoria è difficile, all’imaging sono ben distinguibili dalle altre lesioni cistiche del pancreas mediante caratteristici reperti alla RM. In EUS le cisti linfoepiteliali sono visibili come delle lesioni ipoecogene uniloculari o multiloculari, raramente all’interno sono visibili detriti iperecogeni. Il liquido cistico contiene materiale squamoso ed è ricco di linfociti, e questo è fortemente indicativo per la diagnosi di cisti linfoepiteliale (63). Spesso tuttavia per confermare la diagnosi, si procede ad asportazione chirurgica ed esame istologico.

1.7.2 Linfangioma Cistico

Il linfangioma cistico del pancreas è una neoplasia benigna rara, solitamente viene scoperto come reperto occasionale in soggetti asintomatici. Origina dai vasi linfatici

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ed è caratteristico dell’infanzia. Dal punto di vista istologico i linfangiomi cistici, sono fatti di cisti interconnesse separate da setti, rivestite internamente da cellule epiteliali e contenenti liquido sieroso, sieroematico o chiloso (64).

L’EUS può mostrare reperti simili a quelli tipici di lesioni mucinose, ma la diagnosi si pone dopo la FNA-EUS guided del liquido cistico, che quando appare chiloso all’aspetto macroscopico, e ricco di trigliceridi all’analisi biochimica permette di fare diagnosi. Nel caso in cui il liquido aspirato sia di aspetto sieroso e abbia livelli medi di trigliceridi allora la diagnosi differenziale con le altre lesioni cistiche è molto più difficile (65, 66).

1.7.3 Altre Neoplasie Cistiche

Anche le neoplasie solide pancreatiche possono presentarsi con degenerazione cistica ed entrare in diagnosi differenziale. L’adenocarcinoma duttale del pancreas va incontro a degenerazione cistica raramente, secondo alcune casistiche nell’1,6% dei casi, tipicamente raggiunge dimensioni medie di 7 cm prima di andare incontro a degenerazione cistica (67).

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Capitolo 2 – NEOPLASIA INTRADUTTALE PAPILLARE MUCINOSA 2.1 - INTRODUZIONE E DEFINIZIONE

La neoplasia intraduttale papillare mucinosa (intraductal papillary mucinous neoplasm – IPMN) del pancreas è una neoplasia epiteliale costituita da cellule mucino-secernenti che originano dall’epitelio di rivestimento del dotto pancreatico principale o dei suoi rami secondari, non invasiva nella maggior parte dei casi. La neoplasia tende solitamente a formare strutture papillari (Figura 10), e i dotti coinvolti sono dilatati e ripieni di muco in grado variabile (68, 69). Il muco prodotto dalla neoplasia può giungere alla papilla duodenale e fuoriuscire nel lume, questo reperto è patognomonico di IPMN ma si osserva solo nel 25% dei casi (41, 70, 71).

Figura 10 Sezione del dotto pancreatico principale in una IPMN MD. Si possono apprezzare le papille e l’abbondante proliferazione epiteliale all’interno del dotto.

I primi casi di IPMN sono stati riportati negli anni 80 e descritti come casi di neoplasie pancreatiche producenti muco. Diversi termini sono stati utilizzati per indicare questo tipo di neoplasia, per esempio: neoplasia mucino secernente (72); cistadenoma e

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cistadenocarcinoma mucinoso con ectasia duttale (73); adenoma villoso diffuso (74); neoplasia intraduttale papillare del pancreas (75). Questi termini oggi non sono più usati. Neoplasie papillari epiteliali simili all’IPMN si sviluppano anche nell’albero biliare (76), nella colecisti (77), e nella regione ampollare (78) e sono descritti con svariati appellativi.

La maggior parte dei casi sono diagnosticati tra i 60 e i 70 anni, con una leggera prevalenza nel sesso maschile, e sono localizzate preferenzialmente nella regione della testa del pancreas (70%). Solo nel 20% dei casi la localizzazione è nel corpo-coda del pancreas, mentre nel restante 10% si ha interessamento diffuso della ghiandola, e tra il 20% e il 40% dei casi presenta più di un focolaio di IPMN (79). Per via della lenta velocità di accrescimento e del decorso indolente, possono presentarsi clinicamente come neoplasie di grandi dimensioni, ma nella gran parte dei casi si presentano come reperto occasionale, e con l’utilizzo di tecniche di imaging ad alta risoluzione piccole lesioni con caratteristiche di IPMN sono identificate sempre più frequentemente. Alcuni studi riportano una prevalenza del 2,6% di lesioni cistiche del pancreas in soggetti adulti senza patologia pancreatica nota (5), e si ritiene che la gran parte di queste siano riconducibili a IPMN originate dai dotti secondari (80).

L’IPMN può mostrare vari gradi di displasia epiteliale, ma anche i casi con displasia di alto grado hanno una prognosi molto buona se trattate chirurgicamente (81). Attualmente la displasia è classificata in 3 gradi:

- basso grado (adenoma); - grado intermedio (borderline);

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30 - alto grado (carcinoma in situ) (79).

Circa il 40% dei casi di IPMN presenta carcinoma pancreatico invasivo alla diagnosi (41), in questi casi la prognosi peggiora drasticamente, anche se nel caso di carcinoma minimamente invasivo la prognosi è meno severa (82).

Dal punto di vista clinico, l’interesse verso questa patologia è legato allo stabilire se sia più opportuno il trattamento chirurgico o il follow-up clinico e radiologico. Sono state stabilite nel 2006 a Sendai, e aggiornate nel 2012 a Fukuoka delle linee guida riconosciute a livello internazionale per la corretta gestione del follow-up e del trattamento chirurgico dell’IPMN (41, 83), anche se secondo alcuni studi l’accuratezza diagnostica preoperatoria di questa patologia non è ancora ottimale (84).

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2.2 – CLASSIFICAZIONE

In base alla localizzazione l’IPMN si può classificare in:

- Main Duct type (MD IPMN), localizzato al dotto principale (dal 16% al 36% dei casi)

- Branch Duct type (BD IPMN), localizzato ai dotti secondari (dal 40% al 65% dei casi)

- Mixed o Combined type, coinvolgente sia il dotto principale che i dotti secondari (dal 15% al 23% dei casi) (79).

Questa classificazione è importante in relazione alle caratteristiche biologiche e prognostiche dell’IPMN (82, 85). Una gran parte delle MD-IPMNs e Combined IPMNs presenta displasia di alto grado, e circa il 45% è associato a carcinoma invasivo (41, 86). Al contrario la maggior parte delle BD-IPMNs presenta displasia di basso grado e solo nel 15% dei casi è associato carcinoma invasivo (41), la storia naturale di questo tipo di IPMN se di dimensioni inferiori ai 30 mm e senza noduli di parete è particolarmente buona (70, 87). Al momento questa classificazione macroscopica ha una notevole ricaduta pratica sul management clinico preoperatorio, fondato sui reperti di diagnostica per immagini (41) (Figura 11).

Secondo le linee guida di Fukuoka del 2012, i criteri radiologici sufficienti a porre diagnosi di IPMN sono:

- la presenza di una lesione cistica dimensioni superiori a 5 mm e che sia in comunicazione con il dotto pancreatico principale, in assenza di pregressa diagnosi di pancreatite;

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- e/o la presenza di dilatazione del dotto pancreatico principale che raggiunge dimensioni superiori a 5 mm senza evidenza di altre possibili cause di ostruzione (41).

Figura 11 Confronto tra immagini RM (a sinistra) ed ERCP (a destra). Sono visibili i tre diversi tipi di IPMN: (a) main duct con un nodulo solido di parete (freccia), (b) branch duct, (c) combinato.

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2.3 – ANATOMIA PATOLOGICA

2.3.1 Macroscopica

Dal punto di vista macroscopico (Figura 12) l’IPMN si classifica in maniera analoga a quanto precedentemente riportato:

- Main Duct type - Branch Duct type

- Mixed o Combined type (79)

Figura 12 Schema rappresentativo della classificazione macroscopica delle IPMNs.

Il MD-IPMN si localizza nel dotto pancreatico principale. Ad un primo esame esterno il pancreas può sembrare addensato nell’area interessata dalla patologia, al taglio è ben visibile la dilatazione del dotto, il contorno irregolare e il lume ripieno di muco e

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contornato da proiezioni papillari o villose (Figura 13). Il resto del pancreas spesso appare come se interessato da un processo di pancreatite cronica causata dall’ostruzione del dotto principale da parte del muco prodotto. Gran parte dei MD-IPMNs sono localizzati nella testa pancreatica, ma un terzo di essi si ritrova nel corpo e nella coda, e nel 5-10% dei casi tutto il dotto pancreatico principale è coinvolto (MD-IPMN diffuso) (81). Alcuni casi di MD-IPMN sono multifocali, anche se macroscopicamente appaiono come una lesione focale unica, spesso l’osservazione microscopica rivela la multifocalità o il diffuso interessamento duttale.

Figura 13MD-IPMN con degenerazione maligna. Sono visibili le papille che aggettano nel lume del dotto principale dilatato.

Il BD-IPMN si localizza nelle ramificazioni secondarie del sistema duttale pancreatico (41). L’aspetto tipico dei dotti interessati è quello di cavità cistiche ripiene di muco (Figura 14). Non essendoci ostruzione del dotto pancreatico principale, il resto della

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ghiandola ha aspetto normale (88). La maggior parte delle BD-IPMNs si ritrovano nella regione della testa pancreatica e molto frequentemente a livello del processo uncinato, e nel 25% - 40% dei casi si osservano lesioni multifocali (41, 81).

Figura 14 BD-IPMN. Visibili le caratteristiche dilatazioni cistiche dei dotti secondari.

Il Combined IPMN interessa sia il dotto principale che i suoi rami secondari (41) (Figura 15). Secondo alcune ipotesi questo tipo deriverebbe dalla progressione del MD-IPMN o del BD-IPMN. Dal punto di vista clinico e biologico questo tipo di IPMN presenta caratteristiche simili al MD-IPMN, e questo aspetto induce a pensare che si tratti più facilmente di un MD-IPMN esteso ai rami secondari e non il contrario (81, 85).

In un numero minore di casi di IPMN sono state osservate calcificazioni pancreatiche estese tanto da parlare di pancreatite calcifica ostruttiva causata dall’IPMN. Questa

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caratteristica può rappresentare un fattore di confondimento nel management clinico e ritardare la diagnosi (89, 90).

Figura 15 Combined IPMN: caratteristica è la dilatazione del dotto principale con pareti ispessite (sulla destra) e associata dilatazione cistica dei dotti secondari (sulla sinistra).

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2.3.2 Microscopica

Dal punto di vista microscopico la presenza di invasione della membrana basale da parte delle cellule epiteliali mucino-secernenti dell’IPMN consente di distinguere le neoplasie invasive da quelle non invasive.

Le forme invasive comprendono due tipologie - carcinoma colloidale

- carcinoma tubulare

il carcinoma di tipo tubulare, rispetto al colloidale, ha prognosi peggiore e simile a quella dell’adenocarcinoma duttale del pancreas (91-93).

Le forme non invasive si dividono in base al grado di displasia in: - basso grado,

- grado moderato

- alto grado o carcinoma in situ.

È possibile differenziare ulteriormente in 4 sottotipi epiteliali, sulla base delle linee cellulari, della morfologia delle papille (Figura 16) e dell’immunofenotipo cellulare (Tabella 2), in:

- intestinale (più comune nel MD) - gastrico (più comune nel BD)

- pancreaticobiliare (più comune nel MD) - oncocitico (più comune nel MD) (68, 92-95).

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Figura 16 Classificazione istologica delle IPMNs. A) Il tipo gastrico è costituito da cellule alte, colonnari, con nuclei basali e abbondante citoplasma mucinoso. B) Il tipo intestinale presenta alte papille rivestite da un epitelio

colonnare con nuclei pseudostratificati, citoplasma basofilo e una quantità variabile di mucina apicale. C) Il tipo pancreaticobiliare ha sottili papille ramificate con displasia di alto grado. Le cellule sono cuboidali e hanno nuclei

rotondi e ipercromici, nucleoli prominenti e citoplasma con minor quantità di mucina all’apparenza. D) Il tipo oncocitico solitamente mostra papille organizzate in ramificazioni complesse, rivestite da 2 a 5 strati di cellule cuboidali/colonnari con nuclei grandi e rotondi, contenenti un singolo nucleolo localizzato in posizione eccentrica

e abbondante citoplasma eosinofilo granulare.

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Questa suddivisione è importante dal punto di vista clinico perché esiste un differente rischio di trasformazione maligna associato ai vari sottotipi. Le IPMNs più precoci mostrano linee cellulari pure e un singolo grado di differenziazione, mentre le forme più avanzate presentano linee cellulari diverse, gradi di differenziazione eterogenei e ed esprimono più di un marker immunoistochimico.

L’epitelio di rivestimento della maggior parte delle MD-IPMNs è di tipo intestinale, ed esprime markers tipici della linea intestinale come CDX2 e MUC2, coesprimendo anche MUC5AC che è un marker foveolare. Non sono espressi invece MUC1 e MUC6 (71). L’epitelio del MD-IPMN presenta diversi gradi di displasia nel contesto della neoplasia, come accade per gli adenomi villosi del colon. Il rischio di presenza di aree maligne è alto, aree di carcinoma invasivo sono presenti nel 45% dei casi, e aree di displasia di alto grado nel 65% (81). Il carcinoma invasivo derivato dal tipo intestinale è spesso della variante colloidale e ha decorso più indolente rispetto alla forma tubulare (92, 93).

La maggior parte delle BD-IPMNs presenta epitelio di tipo gastrico, positivo per la MUC5AC ma negativo per la MUC1. Esistono però anche BD-IPMN con epitelio di tipo intestinale, pancreaticobiliare e oncocitico (68, 93, 96). L’epitelio di tipo gastrico presenta generalmente displasia di basso grado, e solo in una piccola percentuale di casi dà origine a carcinoma invasivo che però è di tipo tubulare e ha le medesime caratteristiche istologiche e prognostiche sfavorevoli dell’adenocarcinoma duttale pancreatico.

È stato ipotizzato che dai dotti ghiandolari pancreatici originino sia le BD-IPMNs che la Neoplasia Intraepiteliale del Pancreas (PanIN), precursore dell’adenocarcinoma duttale pancreatico, suggerendo caratteristiche biologiche e cliniche simili (93, 97). A

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supportare questa ipotesi c’è l’evidenza di aumentata incidenza di cisti pancreatiche (presunte BD-IPMNs) in famiglie ad alto rischio di adenocarcinoma duttale del pancreas (98). Di fatto la differenziazione tra PanIN-1 e BD-IPMN si basa solo sulle dimensioni e sulla dilatazione cistica, ma entrambe sono associate a foci di fibrosi lobulare e positività per la MUC5AC. Queste evidenze suggeriscono che l’IPMN di tipo gastrico possa rappresentare una forma di PanIN-1 diffusa, più che una patologia a se stante (99).

L’IPMN di tipo pancreaticobiliare è meno comune, generalmente localizzato al dotto principale, costituito da cellule positive sia per MUC5AC che MUC1, ma negative per MUC2, MUC6 e CDX2. Solitamente presenta aree di displasia di alto grado, e il carcinoma invasivo associato a questo sottotipo ha le stesse caratteristiche dell’adenocarcinoma duttale pancreatico (98, 100).

L’IPMN di tipo oncocitico si localizza solitamente nel dotto principale, ma può estendersi anche ai dotti secondari. Le cellule epiteliali sono definite “oncocitiche” e caratterizzate da un numero eccessivo di mitocondri che conferiscono al citoplasma aspetto granulare e acidofilo. Sono quasi sempre presenti aree di displasia severa o carcinoma in situ, e all’immunoistochimica c’è positività diffusa per MUC6 e focale per MUC1 (101).

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2.4 – BIOLOGIA MOLECOLARE

Le alterazioni molecolari osservate nell’IPMN sono simili a quelle presenti nell’adenocarcinoma duttale pancreatico e includono KRAS, p16/CDKN2A, SMAD4 e TP53. La mutazione di KRAS tende a verificarsi precocemente mentre la mutazione di TP53 si verifica ad un grado più avanzato di displasia, con frequenza del 9.1% nella displasia di grado moderato, del 38.1% nei casi di displasia di alto grado e nel 75% dei carcinomi invasivi, mentre non è mai mutata nelle displasie di basso grado [94]. KRAS e TP53 sono mutati meno frequentemente nel sottotipo oncocitico rispetto a quello pancreaticobiliare, in accordo con la minor frequenza di invasività e metastasi linfonodali e con miglior outcome in caso di IPMN oncocitico (102).

È stato osservato inoltre che più del 96% di tutte le IPMNs presenta o mutazione di GNAS o di KRAS, e più della metà ha mutati entrambi (38, 103). Il gene di GNAS codifica per la subunità α di una proteina G che rappresenta una proteina ubiquitaria implicata nella trasduzione del segnale, e che trasmette segnali attivati da ormoni e fattori di crescita. Si è visto che una specifica mutazione di GNAS a livello del codone 201 è presente nell’IPMN ma assente nell’adenocarcinoma duttale pancreatico, suggerendo un percorso molecolare specifico dell’IPMN attivato dalla mutazione di questa proteina (38, 103). La mutazione di GNAS è più comune nel sottotipo intestinale, mentre K-ras è più frequentemente mutato nel sottotipo pancreaticobiliare (104).

La presenza di mutazioni differenti di GNAS e KRAS nello stesso paziente sono alla base dell’ipotesi di origine policlonale delle IPMNs, e del fatto che le IPMNs multifocali siano neoplasie indipendenti. Pertanto rimane importante il ruolo del follow-up anche dopo la resezione parziale dell’organo in modo tale da identificare

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precocemente eventuali lesioni indipendenti (105). Sono descritte meno frequentemente mutazioni a carico di PIK3CA e di BRAF.

La perdita di geni oncosoppressori come p16/CDKN2, CDKN1C e ppENK, per via dell’ipermetilazione, è più frequente nell’IPMN che nell’adenocarcinoma duttale pancreatico. Il numero di loci genici ipermetilati aumenta nei gradi più avanzati di displasia (106, 107). Dati recenti suggeriscono un ruolo da parte dei microRNA (piccole molecole di RNA non codificante implicati nella regolazione post-trascrizionale dell’espressione genica) nella patogenesi dell’IPMN. Alcuni microRNA, come il microRNA-155, il microRNA-21 e il microRNA-122 sono iperespressi in molte IPMNs non invasive e presentano un incremento dell’iperespressione nei casi di displasia di alto grado (108-110).

L’eziologia dell’IPMN rimane sconosciuta, è ipotizzata una componente genetica per via dell’associazione tra familiarità per carcinoma pancreatico e IPMN visto che la frequenza delle IPMNs in pazienti con familiarità per carcinoma pancreatico varia dal 10% al 18% a seconda delle casistiche (80, 98).

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2.5 – PRESENTAZIONE CLINICA

Non ci sono sintomi e segni clinici caratteristici di IPMN. La maggior parte delle lesioni viene scoperta in occasione di esami eseguiti per altri motivi e circa il 20% rimane completamente asintomatico, soprattutto se non c’è produzione attiva di mucina da parte della neoplasia o se la lesione si localizza nella regione del corpo-coda pancreatico.

I pazienti sintomatici possono presentarsi con nausea, vomito, dolore addominale o lombare e perdita di peso. La gran parte dei pazienti lamenta sintomi riferibili ad un quadro di pancreatite cronica. Tra il 13 e il 50% dei casi l’anamnesi è positiva per episodi di pancreatite cronica, e la causa è probabilmente l’IPMN che producendo mucina determina ostruzione dei dotti. Esiste una relazione significativa tra l’insorgenza di sintomi e il rischio di degenerazione maligna (111). Nei casi in cui sia presente degenerazione maligna di un IPMN la sintomatologia è generalmente simile a quella dell’adenocarcinoma duttale del pancreas e include ittero, dolore, perdita di peso e malessere generale (112, 113).

La continua ostruzione del dotto pancreatico può essere inoltre responsabile di un rialzo persistente dell’amilasi (114). Il 20% dei pazienti con IPMN si presenta con pancreatite acuta di moderata o severa gravità mentre altri pazienti presentano un quadro di pancreatite idiopatica cronica (86, 115).

Meno frequentemente l’IPMN può essere responsabile della formazione di una fistola con organi adiacenti quali stomaco, duodeno, coledoco, colon e intestino tenue. La fistolizzazione può verificarsi in caso di IPMN benigno come conseguenza dell’aumentata pressione nei dotti per via della mucina prodotta e dell’autodigestione

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da parte degli enzimi pancreatici oppure può essere la conseguenza dell’invasione diretta da parte di un IPMN maligno (79).

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2.6 – DIAGNOSI

Come già detto la maggior parte delle IPMNs viene riscontrata incidentalmente in occasione di esami diagnostici eseguiti per altre patologie o per vaghi sintomi addominali. I primi esami che generalmente riportano la presenza di una lesione cistica del pancreas sono esami di diagnostica per immagini ed in particolare ecografia, TC e RM. Una volta che la lesione cistica è stata rilevata si procede agli esami strumentali più appropriati per caratterizzare la lesione e definire la strategia di follow-up o la terapia più adeguata.

Nonostante i progressi delle varie tecniche di imaging ancora oggi non è sempre facile distinguere una neoplasia benigna da una maligna.

2.6.1 Anamnesi

L’anamnesi accurata può fornire elementi importanti per l’inquadramento diagnostico delle lesioni cistiche pancreatiche. Sintomi tipici di pancreatite, quali nausea e vomito, distensione addominale e dolore in sede epigastrica periombelicale che si irradia al dorso (a barra) e agli ipocondri (a cintura), orientano verso la diagnosi di pseudocisti post infiammatoria. È vero però che le IPMNs possono presentarsi clinicamente con un quadro di pancreatite acuta o cronica, rendendo quindi necessari ulteriori accertamenti per la diagnosi. L’anamnesi può inoltre rivelare la presenza di familiarità per neoplasie pancreatiche, che è una caratteristica non infrequente dei pazienti con IPMN o altre neoplasie cistiche pancreatiche.

2.6.2 Diagnostica per immagini

Il cardine della diagnostica delle neoplasie cistiche del pancreas e dell’IPMN è rappresentato dalla diagnostica per immagini. Il MD-IPMN è visibile come una

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dilatazione segmentale o diffusa dello dotto pancreatico principale; quando la dilatazione interessa l’intero dotto la diagnosi differenziale con la pancreatite cronica non è semplice (116, 117).

Nel caso di MD-IPMN è visibile la dilatazione del dotto pancreatico principale, che può essere interessato in un solo segmento o per esteso, mentre sono assenti altre possibili cause di ostruzione e generalmente non c’è storia clinica di pancreatite. Nella gran parte dei casi l’IPMN si localizza nella regione della testa del pancreas, per cui la dilatazione comincia nella testa e si estende poi al resto del dotto a causa dell’ostruzione al deflusso del succo pancreatico, simulando un quadro di IPMN diffuso (118).

Nel Combined IPMN sono visibili la dilatazione del dotto principale e le dilatazioni cistiche dei dotti secondari in comunicazione con il dotto principale (119) mentre il tipo BD-IPMN si presenta con dilatazione cistica dei soli dotti secondari in comunicazione con il dotto principale ma in assenza di sua dilatazione (120).

2.6.3 Ruolo della TC e della RM

La TC e la RM consentono l’identificazione e la localizzazione nonché la valutazione delle dimensioni del dotto principale e delle dilatazione cistiche dei dotti secondari, e permettono nella maggior parte dei casi di differenziare l’IPMN dalle altre cause di dilatazione duttale quali pancreatite cronica e neoplasie ostruenti (121). La colangio-pancreatografia RM (magnetic resonance cholangiopancreatography – MRCP) è in grado di identificare la comunicazione della cavità cistica con il dotto principale nella gran parte dei casi, e quindi in caso di BD-IPMN permette di fare diagnosi (Figura

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17). Tuttavia in alcuni casi la visualizzazione non è ottimale e il dubbio diagnostico

resta (122).

Figura 17 MRCP di IPMN BD. E’ apprezzabile una cisti multiloculare di grandi dimensioni alla testa del pancreas, ed è visibile la comunicazione con il dotto pancreatico principale, che presenta calibro normale.

Sia la TC dopo somministrazione di mezzo di contrasto che la RM nelle sequenze T2 pesate (Figura 18) permettono di identificare le componenti solide quali i noduli solidi di parete, suggestivi di IPMN maligno (118, 123, 124).

Figura 18 IPMN MD diffuso. Sequenza T2 pesata RM.

La TC con mezzo di contrasto, in passato è stato l’esame diagnostico più frequentemente eseguito, ma studi più recenti hanno dimostrato la superiorità della

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RM. Diversi sono i vantaggi della RM, per esempio: la miglior differenziazione da altre lesioni che entrano in diagnosi differenziale con l’IPMN; la dimostrazione del coinvolgimento del dotto principale e dell’eventuale comunicazione tra cavità cistica e dotto; la maggior risoluzione (Figura 19) che permette di identificare anche le lesioni più piccole dei dotti secondari (125, 126).

Figura 19 MRCP di IPMN MD. È visibile la dilatazione del dotto principale e un difetto di riempimento localizzato in regione cefalica di circa 9x8 mm.

Secondo alcuni studi inoltre, la TC tende a sovrastimare il potenziale maligno o invasivo delle IPMN (Figura 20), mostrando alterazioni a carico del sistema duttale che all’esame istologico del pezzo operatorio non sono poi riscontrati, e può quindi erroneamente indirizzare alcuni pazienti verso trattamenti chirurgici non necessari. La TC offre però la possibilità di visualizzare le calcificazioni, non visibili in RM (127).

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Figura 20 Esame TC di paziente con IPMN MD. È visibile la marcata dilatazione del dotto pancreatico principale .

È inoltre frequente la ricorrenza dell’IPMN dopo resezione sicuramente per il fatto che la multifocalità sia caratteristica propria dell’IPMN, ma è stato ipotizzato che tale fenomeno possa essere almeno in parte spiegato dalla sensibilità della metodica diagnostica utilizzata nel pre-operatorio: pazienti sottoposti esclusivamente alla TC prima dell’intervento, alle MRCP eseguite nel follow-up post operatorio, riportano la presenza di piccole lesioni cistiche dei dotti secondari. In realtà si tratta di lesioni semplicemente troppo piccole per poter essere riconosciute alla TC ma già presenti al momento dell’intervento (128).

2.6.4 Ruolo della colangiopancreatografia retrogada endoscopica

La colangiopancreatografia retrograda endoscopica (endoscopic retrograde cholangiopancreatography ERCP) permette di visualizzare la dilatazione e la comunicazione tra le cisti e il dotto principale, supportando così la diagnosi di IPMN (Figura 21); in più può rilevare la presenza di difetti di riempimento all’interno del dotto dilatato, probabili aree di crescita papillare o degenerazione maligna, ma che possono anche essere semplici concrezioni di mucina (129). Spesso noduli solidi di

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parete sono nascosti da muco mentre, altre volte aggregati di muco possono essere scambiati per noduli.

Figura 21 ERCP di IPMN MD. È ben visibile la dilatazione del dotto pancreatico principale.

In un terzo dei pazienti con IPMN MD o Combined IPMN è possibile ritrovare, in occasione di esami endoscopici, del muco che fuoriesce dalla papilla di Vater, reperto patognomonico di IPMN (130).

In ERCP è possibile ottenere un campione di succo pancreatico che può essere utilizzato per la ricerca di cellule neoplastiche, il dosaggio di marker tumorali e di enzimi pancreatici. L’ERCP può avere anche un ruolo terapeutico consentendo il posizionamento di endoprotesi biliari temporanee (pre-operatorie) nei pazienti itterici. Nonostante tutto, il ruolo diagnostico di questo esame è oggi limitato ai casi in cui le tecniche non invasive non chiariscono sufficientemente la natura della lesione. In

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alcuni casi non si riesce ad opacizzare il dotto pancreatico principale per il reflusso di mezzo di contrasto in duodeno causato da una papilla beante (131) o per la presenza di muco denso che ostruisce e può impedire la visualizzazione dei dotti secondari (132). Con l’utilizzo della MRCP questi problemi sono stati superati.

Inoltre l’ERCP è un esame invasivo, causa di complicanze anche gravi (pancreatiti acute) che possono poi compromettere l’indicazione alla terapia chirurgica. Il 50% dei pazienti sottoposti a ERCP per IPMN sviluppa una pancreatite iatrogena, una percentuale più alta rispetto alla media delle ERCP eseguite per altre patologie (126).

2.6.5 Ruolo dell’ecoendoscopia

L’ecoendoscopia (endoscopic ultrasound, EUS) è una procedura invasiva in grado di fornire immagini ad alta risoluzione grazie alla stretta vicinanza che si viene a creare tra la sonda ecografica e il pancreas. Permette di guidare l’aspirazione con ago sottile (fine-needle aspiration, FNA) per ottenere campioni di fluido cistico, su cui possono essere eseguite analisi citologiche, chimiche e dosaggi di marker tumorali. In ecoendoscopia è possibile inoltre ottenere un campione della parete cistica mediante biopsia con ago sottile (fine-needle biopsy, FNB) ed eseguire una valutazione istologica.

Per queste ragioni l’EUS sta diventando una metodica sempre più importante nella gestione clinica delle neoplasie cistiche del pancreas.

Con l’EUS è possibile definire la localizzazione, le dimensioni, il contorno (regolare, lobulare, irregolare), la locularità (uni-oligo-multiloculare), la struttura interna (microcistica, a grappolo), i noduli murali, l’ispessimento di parete e dei setti

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intracistici, i rapporti con il sistema duttale e la presenza e sede di calcificazioni (23, 133) (Figura 22).

Figura 22 EUS di IPMN BD. Le frecce indicano un ispessimento di parete e un nodulo murale. (PV: vena porta, GB colecisti, * arteria epatica,).

A seconda degli studi sono riportati dati variabili per quanto riguarda la sensibilità e la specificità dell’EUS. Uno studio ha riportato elevata sensibilità e specificità (rispettivamente del 91% e dell’82%) nell’identificazione di lesioni maligne e/o potenzialmente maligne (134), mentre in altri studi gli stessi dati presentano una variabilità dal 40% al 93% (135). Tanaka et al. nelle più recenti linee guida del 2012 (41) attribuiscono un ruolo cruciale all’EUS nella gestione dell’IPMN, soprattutto nel BD-IPMN. Tutti i pazienti che non presentano segni di malignità alla risonanza o alla TC (e che quindi non vanno incontro ad intervento chirurgico) ma hanno almeno una delle seguenti caratteristiche devono essere sottoposti ad indagine ultrasonografica endoscopica:

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53  ispessimento della parete cistica

 dotto principale tra 5 e 9 mm di diametro  noduli solidi di parete

 alterazioni del calibro del dotto principale con atrofia distale del parenchima pancreatico.

Questa metodica permette un netto miglioramento nella stratificazione preoperatoria del rischio di degenerazione maligna dell’IPMN. Tuttavia l’utilizzo dell’EUS nella pratica clinica ha dei limiti dettati dalla scarsa reperibilità della metodica.

Per quanto riguarda l’FNA, sebbene l’aspirazione di cellule displastiche o francamente maligne possa fornire una diagnosi definitiva, la sensibilità è variabile (136). Analogamente, nonostante il liquido aspirato da una pseudocisti sia caratterizzato da cellule infiammatorie, un cistadenoma mucinoso può riportare lo stesso risultato ed essere scambiato con una lesione post-infiammatoria che ha storia clinica e prognosi completamente diversa (137).

Al fine di aumentare sensibilità e specificità di queste metodiche si può ricorrere all’agoaspirazione e al dosaggio dei marker tumorali sul liquido cistico. Sono stati studiati CEA, CA 19-9, CA 125, CA 72-4 e CA 15-3. Il più promettente tra questi è risultato il CEA anche se i dati sono discordanti. Alcuni autori sostengono che le lesioni maligne mostrino livelli di CEA maggiori rispetto a quelle benigne, ma i valori di cut-off pubblicati sono spesso differenti e questo ne limita l’uso clinico (40, 136, 138). Altri studi riportano come il CEA possa essere utilizzato per distinguere le neoplasie cistiche mucinose (IPMN e MCN) da quelle non mucinose (livelli di CEA ≥ 192 – 200 ng/ml hanno l’80% di accuratezza nel distinguere una cisti mucinosa da

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una non mucinosa), ma che non abbia alcun valore nella discriminazione tra forme benigne e forme maligne (139, 140).

Essendo l’EUS-FNA ed FNB una metodica invasiva, non è esente da complicanze. Anche se queste sono rare includono:

 pancreatiti (0.5-4%) (141)

 emorragia intracistica (<1%) (40, 138)

 sanguinamento retroperitoneale (<0.01%) (142)  infezione (<1%) (138, 141).

Non ci sono, ad oggi, fattori in grado di prevedere quali pazienti sono a rischio di complicanze (142).

E’ da sottolineare che gli autori giapponesi sconsigliano l’aspirazione delle cisti che presentano caratteristiche di allarme “worrisome features”, per il rischio di dispersione del contenuto cistico che può essere responsabile di disseminazione peritoneale (143).

Ad oggi l’EUS-FNA associato ad analisi citologiche e molecolari è ancora considerato sperimentale ma è raccomandato nella valutazione dell’IPMN di piccole dimensioni senza worrisome features solo in centri con esperienza in EUS-FNA e interpretazioni delle indagini citologiche (41).

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