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Non ci sono sintomi e segni clinici caratteristici di IPMN. La maggior parte delle lesioni viene scoperta in occasione di esami eseguiti per altri motivi e circa il 20% rimane completamente asintomatico, soprattutto se non c’è produzione attiva di mucina da parte della neoplasia o se la lesione si localizza nella regione del corpo- coda pancreatico.

I pazienti sintomatici possono presentarsi con nausea, vomito, dolore addominale o lombare e perdita di peso. La gran parte dei pazienti lamenta sintomi riferibili ad un quadro di pancreatite cronica. Tra il 13 e il 50% dei casi l’anamnesi è positiva per episodi di pancreatite cronica, e la causa è probabilmente l’IPMN che producendo mucina determina ostruzione dei dotti. Esiste una relazione significativa tra l’insorgenza di sintomi e il rischio di degenerazione maligna (111). Nei casi in cui sia presente degenerazione maligna di un IPMN la sintomatologia è generalmente simile a quella dell’adenocarcinoma duttale del pancreas e include ittero, dolore, perdita di peso e malessere generale (112, 113).

La continua ostruzione del dotto pancreatico può essere inoltre responsabile di un rialzo persistente dell’amilasi (114). Il 20% dei pazienti con IPMN si presenta con pancreatite acuta di moderata o severa gravità mentre altri pazienti presentano un quadro di pancreatite idiopatica cronica (86, 115).

Meno frequentemente l’IPMN può essere responsabile della formazione di una fistola con organi adiacenti quali stomaco, duodeno, coledoco, colon e intestino tenue. La fistolizzazione può verificarsi in caso di IPMN benigno come conseguenza dell’aumentata pressione nei dotti per via della mucina prodotta e dell’autodigestione

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da parte degli enzimi pancreatici oppure può essere la conseguenza dell’invasione diretta da parte di un IPMN maligno (79).

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2.6 – DIAGNOSI

Come già detto la maggior parte delle IPMNs viene riscontrata incidentalmente in occasione di esami diagnostici eseguiti per altre patologie o per vaghi sintomi addominali. I primi esami che generalmente riportano la presenza di una lesione cistica del pancreas sono esami di diagnostica per immagini ed in particolare ecografia, TC e RM. Una volta che la lesione cistica è stata rilevata si procede agli esami strumentali più appropriati per caratterizzare la lesione e definire la strategia di follow-up o la terapia più adeguata.

Nonostante i progressi delle varie tecniche di imaging ancora oggi non è sempre facile distinguere una neoplasia benigna da una maligna.

2.6.1 Anamnesi

L’anamnesi accurata può fornire elementi importanti per l’inquadramento diagnostico delle lesioni cistiche pancreatiche. Sintomi tipici di pancreatite, quali nausea e vomito, distensione addominale e dolore in sede epigastrica periombelicale che si irradia al dorso (a barra) e agli ipocondri (a cintura), orientano verso la diagnosi di pseudocisti post infiammatoria. È vero però che le IPMNs possono presentarsi clinicamente con un quadro di pancreatite acuta o cronica, rendendo quindi necessari ulteriori accertamenti per la diagnosi. L’anamnesi può inoltre rivelare la presenza di familiarità per neoplasie pancreatiche, che è una caratteristica non infrequente dei pazienti con IPMN o altre neoplasie cistiche pancreatiche.

2.6.2 Diagnostica per immagini

Il cardine della diagnostica delle neoplasie cistiche del pancreas e dell’IPMN è rappresentato dalla diagnostica per immagini. Il MD-IPMN è visibile come una

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dilatazione segmentale o diffusa dello dotto pancreatico principale; quando la dilatazione interessa l’intero dotto la diagnosi differenziale con la pancreatite cronica non è semplice (116, 117).

Nel caso di MD-IPMN è visibile la dilatazione del dotto pancreatico principale, che può essere interessato in un solo segmento o per esteso, mentre sono assenti altre possibili cause di ostruzione e generalmente non c’è storia clinica di pancreatite. Nella gran parte dei casi l’IPMN si localizza nella regione della testa del pancreas, per cui la dilatazione comincia nella testa e si estende poi al resto del dotto a causa dell’ostruzione al deflusso del succo pancreatico, simulando un quadro di IPMN diffuso (118).

Nel Combined IPMN sono visibili la dilatazione del dotto principale e le dilatazioni cistiche dei dotti secondari in comunicazione con il dotto principale (119) mentre il tipo BD-IPMN si presenta con dilatazione cistica dei soli dotti secondari in comunicazione con il dotto principale ma in assenza di sua dilatazione (120).

2.6.3 Ruolo della TC e della RM

La TC e la RM consentono l’identificazione e la localizzazione nonché la valutazione delle dimensioni del dotto principale e delle dilatazione cistiche dei dotti secondari, e permettono nella maggior parte dei casi di differenziare l’IPMN dalle altre cause di dilatazione duttale quali pancreatite cronica e neoplasie ostruenti (121). La colangio- pancreatografia RM (magnetic resonance cholangiopancreatography – MRCP) è in grado di identificare la comunicazione della cavità cistica con il dotto principale nella gran parte dei casi, e quindi in caso di BD-IPMN permette di fare diagnosi (Figura

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17). Tuttavia in alcuni casi la visualizzazione non è ottimale e il dubbio diagnostico

resta (122).

Figura 17 MRCP di IPMN BD. E’ apprezzabile una cisti multiloculare di grandi dimensioni alla testa del pancreas, ed è visibile la comunicazione con il dotto pancreatico principale, che presenta calibro normale.

Sia la TC dopo somministrazione di mezzo di contrasto che la RM nelle sequenze T2 pesate (Figura 18) permettono di identificare le componenti solide quali i noduli solidi di parete, suggestivi di IPMN maligno (118, 123, 124).

Figura 18 IPMN MD diffuso. Sequenza T2 pesata RM.

La TC con mezzo di contrasto, in passato è stato l’esame diagnostico più frequentemente eseguito, ma studi più recenti hanno dimostrato la superiorità della

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RM. Diversi sono i vantaggi della RM, per esempio: la miglior differenziazione da altre lesioni che entrano in diagnosi differenziale con l’IPMN; la dimostrazione del coinvolgimento del dotto principale e dell’eventuale comunicazione tra cavità cistica e dotto; la maggior risoluzione (Figura 19) che permette di identificare anche le lesioni più piccole dei dotti secondari (125, 126).

Figura 19 MRCP di IPMN MD. È visibile la dilatazione del dotto principale e un difetto di riempimento localizzato in regione cefalica di circa 9x8 mm.

Secondo alcuni studi inoltre, la TC tende a sovrastimare il potenziale maligno o invasivo delle IPMN (Figura 20), mostrando alterazioni a carico del sistema duttale che all’esame istologico del pezzo operatorio non sono poi riscontrati, e può quindi erroneamente indirizzare alcuni pazienti verso trattamenti chirurgici non necessari. La TC offre però la possibilità di visualizzare le calcificazioni, non visibili in RM (127).

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Figura 20 Esame TC di paziente con IPMN MD. È visibile la marcata dilatazione del dotto pancreatico principale .

È inoltre frequente la ricorrenza dell’IPMN dopo resezione sicuramente per il fatto che la multifocalità sia caratteristica propria dell’IPMN, ma è stato ipotizzato che tale fenomeno possa essere almeno in parte spiegato dalla sensibilità della metodica diagnostica utilizzata nel pre-operatorio: pazienti sottoposti esclusivamente alla TC prima dell’intervento, alle MRCP eseguite nel follow-up post operatorio, riportano la presenza di piccole lesioni cistiche dei dotti secondari. In realtà si tratta di lesioni semplicemente troppo piccole per poter essere riconosciute alla TC ma già presenti al momento dell’intervento (128).

2.6.4 Ruolo della colangiopancreatografia retrogada endoscopica

La colangiopancreatografia retrograda endoscopica (endoscopic retrograde cholangiopancreatography ERCP) permette di visualizzare la dilatazione e la comunicazione tra le cisti e il dotto principale, supportando così la diagnosi di IPMN (Figura 21); in più può rilevare la presenza di difetti di riempimento all’interno del dotto dilatato, probabili aree di crescita papillare o degenerazione maligna, ma che possono anche essere semplici concrezioni di mucina (129). Spesso noduli solidi di

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parete sono nascosti da muco mentre, altre volte aggregati di muco possono essere scambiati per noduli.

Figura 21 ERCP di IPMN MD. È ben visibile la dilatazione del dotto pancreatico principale.

In un terzo dei pazienti con IPMN MD o Combined IPMN è possibile ritrovare, in occasione di esami endoscopici, del muco che fuoriesce dalla papilla di Vater, reperto patognomonico di IPMN (130).

In ERCP è possibile ottenere un campione di succo pancreatico che può essere utilizzato per la ricerca di cellule neoplastiche, il dosaggio di marker tumorali e di enzimi pancreatici. L’ERCP può avere anche un ruolo terapeutico consentendo il posizionamento di endoprotesi biliari temporanee (pre-operatorie) nei pazienti itterici. Nonostante tutto, il ruolo diagnostico di questo esame è oggi limitato ai casi in cui le tecniche non invasive non chiariscono sufficientemente la natura della lesione. In

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alcuni casi non si riesce ad opacizzare il dotto pancreatico principale per il reflusso di mezzo di contrasto in duodeno causato da una papilla beante (131) o per la presenza di muco denso che ostruisce e può impedire la visualizzazione dei dotti secondari (132). Con l’utilizzo della MRCP questi problemi sono stati superati.

Inoltre l’ERCP è un esame invasivo, causa di complicanze anche gravi (pancreatiti acute) che possono poi compromettere l’indicazione alla terapia chirurgica. Il 50% dei pazienti sottoposti a ERCP per IPMN sviluppa una pancreatite iatrogena, una percentuale più alta rispetto alla media delle ERCP eseguite per altre patologie (126).

2.6.5 Ruolo dell’ecoendoscopia

L’ecoendoscopia (endoscopic ultrasound, EUS) è una procedura invasiva in grado di fornire immagini ad alta risoluzione grazie alla stretta vicinanza che si viene a creare tra la sonda ecografica e il pancreas. Permette di guidare l’aspirazione con ago sottile (fine-needle aspiration, FNA) per ottenere campioni di fluido cistico, su cui possono essere eseguite analisi citologiche, chimiche e dosaggi di marker tumorali. In ecoendoscopia è possibile inoltre ottenere un campione della parete cistica mediante biopsia con ago sottile (fine-needle biopsy, FNB) ed eseguire una valutazione istologica.

Per queste ragioni l’EUS sta diventando una metodica sempre più importante nella gestione clinica delle neoplasie cistiche del pancreas.

Con l’EUS è possibile definire la localizzazione, le dimensioni, il contorno (regolare, lobulare, irregolare), la locularità (uni-oligo-multiloculare), la struttura interna (microcistica, a grappolo), i noduli murali, l’ispessimento di parete e dei setti

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intracistici, i rapporti con il sistema duttale e la presenza e sede di calcificazioni (23, 133) (Figura 22).

Figura 22 EUS di IPMN BD. Le frecce indicano un ispessimento di parete e un nodulo murale. (PV: vena porta, GB colecisti, * arteria epatica,).

A seconda degli studi sono riportati dati variabili per quanto riguarda la sensibilità e la specificità dell’EUS. Uno studio ha riportato elevata sensibilità e specificità (rispettivamente del 91% e dell’82%) nell’identificazione di lesioni maligne e/o potenzialmente maligne (134), mentre in altri studi gli stessi dati presentano una variabilità dal 40% al 93% (135). Tanaka et al. nelle più recenti linee guida del 2012 (41) attribuiscono un ruolo cruciale all’EUS nella gestione dell’IPMN, soprattutto nel BD-IPMN. Tutti i pazienti che non presentano segni di malignità alla risonanza o alla TC (e che quindi non vanno incontro ad intervento chirurgico) ma hanno almeno una delle seguenti caratteristiche devono essere sottoposti ad indagine ultrasonografica endoscopica:

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 dotto principale tra 5 e 9 mm di diametro  noduli solidi di parete

 alterazioni del calibro del dotto principale con atrofia distale del parenchima pancreatico.

Questa metodica permette un netto miglioramento nella stratificazione preoperatoria del rischio di degenerazione maligna dell’IPMN. Tuttavia l’utilizzo dell’EUS nella pratica clinica ha dei limiti dettati dalla scarsa reperibilità della metodica.

Per quanto riguarda l’FNA, sebbene l’aspirazione di cellule displastiche o francamente maligne possa fornire una diagnosi definitiva, la sensibilità è variabile (136). Analogamente, nonostante il liquido aspirato da una pseudocisti sia caratterizzato da cellule infiammatorie, un cistadenoma mucinoso può riportare lo stesso risultato ed essere scambiato con una lesione post-infiammatoria che ha storia clinica e prognosi completamente diversa (137).

Al fine di aumentare sensibilità e specificità di queste metodiche si può ricorrere all’agoaspirazione e al dosaggio dei marker tumorali sul liquido cistico. Sono stati studiati CEA, CA 19-9, CA 125, CA 72-4 e CA 15-3. Il più promettente tra questi è risultato il CEA anche se i dati sono discordanti. Alcuni autori sostengono che le lesioni maligne mostrino livelli di CEA maggiori rispetto a quelle benigne, ma i valori di cut-off pubblicati sono spesso differenti e questo ne limita l’uso clinico (40, 136, 138). Altri studi riportano come il CEA possa essere utilizzato per distinguere le neoplasie cistiche mucinose (IPMN e MCN) da quelle non mucinose (livelli di CEA ≥ 192 – 200 ng/ml hanno l’80% di accuratezza nel distinguere una cisti mucinosa da

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una non mucinosa), ma che non abbia alcun valore nella discriminazione tra forme benigne e forme maligne (139, 140).

Essendo l’EUS-FNA ed FNB una metodica invasiva, non è esente da complicanze. Anche se queste sono rare includono:

 pancreatiti (0.5-4%) (141)

 emorragia intracistica (<1%) (40, 138)

 sanguinamento retroperitoneale (<0.01%) (142)  infezione (<1%) (138, 141).

Non ci sono, ad oggi, fattori in grado di prevedere quali pazienti sono a rischio di complicanze (142).

E’ da sottolineare che gli autori giapponesi sconsigliano l’aspirazione delle cisti che presentano caratteristiche di allarme “worrisome features”, per il rischio di dispersione del contenuto cistico che può essere responsabile di disseminazione peritoneale (143).

Ad oggi l’EUS-FNA associato ad analisi citologiche e molecolari è ancora considerato sperimentale ma è raccomandato nella valutazione dell’IPMN di piccole dimensioni senza worrisome features solo in centri con esperienza in EUS-FNA e interpretazioni delle indagini citologiche (41).

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