2.10.1 Prognosi
La sopravvivenza a 5 anni riportata dalle casistiche varia dal 36% al 77%. Per i pazienti sottoposti a resezione per IPMN non invasivo la sopravvivenza a 5 anni va dal 77% al 100%, mentre in caso di IPMN invasivo scende al 27-60%. Fattori prognostici negativi dopo resezione sono:
- presenza di carcinoma invasivo;
- sottotipo istologico di carcinoma (il tubulare ha prognosi peggiore rispetto al colloide);
- coinvolgimento linfonodale; - interessamento vascolare;
- margine di resezione positivo per carcinoma; - ittero (148).
L’IPMN maligno diviene progressivamente più aggressivo al pari dell’adenocarcinoma duttale pancreatico, man mano che la componente maligna invade il parenchima ghiandolare (41, 150).
I pazienti con IPMN benigno, dopo resezione, hanno un aumentato rischio di recidiva sul resto della ghiandola e possono beneficiare di una ulteriore resezione. Il tasso di recidiva varia dal 7% al 43%, per questo motivo il follow-up è indicato anche in caso di IPMN non invasivo. In caso di recidiva isolata, la resezione della parte restante del pancreas è indicata e i risultati sono ottimi se non c’è invasione (41).
Rispetto all’adenocarcinoma duttale del pancreas, l’IPMN si presenta più frequentemente in stadio precoce, e ha minor incidenza di metastasi linfonodali,
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invasione perineurale e vascolare al momento della resezione. La probabilità che la neoplasia si estenda al resto della ghiandola è molto più bassa per l’IPMN che per l’adenocarcinoma duttale (rispettivamente del 27.6% per l’IPMN e del 94.3% per l’adenocarcinoma duttale), e lo stesso per quanto riguarda le metastasi linfonodali (45.4% rispetto a 62.9%), la presenza di margine di resezione positivo (14.2% rispetto a 28.3%), l’invasione perineurale (49.2% rispetto a 76.5%) e l’invasione vascolare (25.2% rispetto a 45.7%). Inoltre la sopravvivenza a 5 anni è del 34.5% per l’IPMN mentre è del 12.4% in caso di adenocarcinoma duttale del pancreas (170).
2.10.2 Follow-up
La decisione di seguire un paziente con IPMN in un follow-up più o meno stretto dipende da diversi fattori quali età, familiarità, presenza di sintomi, comorbidità e volontà del paziente (41, 149, 171). Ad oggi non esiste in letteratura forte evidenza che una determinata tipologia di sorveglianza sia sufficiente a diagnosticare le recidive per tempo.
Il follow-up prevede anamnesi ed esame obiettivo, MRCP (o TC se MRCP è controindicata) ed EUS se si sospetta la presenza di un nodulo murale (149). In centri con sufficiente esperienza è possibile prendere in considerazione la FNA-EUS guided o la FNB-EUS guided ed eseguire sul liquido cistico l’esame citologico (172), il dosaggio del CEA (140) e analisi molecolari (173) volte alla ricerca della mutazione di KRAS e GNAS, utili nel differenziare cisti mucinose da cisti maligne (KRAS) (174) e cisti mucinose da cisti indolenti (GNAS) (103).
Riguardo la frequenza di sorveglianza le linee guida internazionali del 2012 suggeriscono di rivalutare a 3-6 mesi i pazienti senza high-risk stigmata mediante
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MRCP (o TC) per valutare l’evoluzione del quadro e organizzare il follow-up successivo in base alle dimensioni della lesione cistica:
- < 1 cm di diametro: rivalutare ogni 2-3 anni;
- 1-2 cm di diametro: rivalutare annualmente per 2 anni, e dilazionare poi se non ci sono cambiamenti;
- 2-3 cm di diametro: EUS a 3-6 mesi, dilazionare poi se non ci sono segni di degenerazione, alternando MRCP ed EUS;
- > 3 cm di diametro: considerare la resezione in pazienti giovani, altrimenti rivalutare ogni 3-6 mesi
Il metodo più diffuso di follow-up consiste in una valutazione a cadenza annuale con MRCP o EUS per evitare di esporre il paziente a radiazioni. Non ci sono studi che abbiano valutato a lungo termine la sicurezza di un follow-up biennale o la sospensione del follow-up dopo lungo periodo (41). Alcuni autori suggeriscono di mantenere un follow-up a breve intervallo per l’aumentato rischio di sviluppare un adenocarcinoma duttale in pazienti con IPMN (41, 145). Se in buona salute i pazienti con high-risk stigmata devono essere indirizzati alla terapia chirurgica; nel caso di pazienti ad alto rischio chirurgico o di pazienti che per decisione personale preferiscono non sottoporsi a resezione, è indicata una sorveglianza a breve intervallo, ogni 3-6 mesi (41).
Per i pazienti con IPMN non invasivo sottoposti a resezione parziale è previsto un follow-up a cadenza annuale, se invece l’esame anatomopatologico rivela la presenza di IPMN invasivo è indicata una sorveglianza secondo le linee guida per l’adenocarcinoma pancreatico (149) (Tabella 3).
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Tabella 3 Confronto tra linee guida internazionali del 2012 e linee guida europee del 2013; ripreso da Machado et al. Intraductal Papillary Mucinous Neoplasm of Pancreas (148).
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Capitolo 3 – INSUFFICIENZA PANCREATICA ESOCRINA 3.1 – INTRODUZIONE
L’insufficienza pancreatica esocrina (pancreatic exocrine insufficiency – PEI) è definita come una riduzione dell’attività degli enzimi pancreatici nel lume intestinale, ad un livello tale da compromettere la funzione digestiva (175).
Cause più frequenti di PEI sono: pancreatite cronica; pancreatite acuta severa; fibrosi cistica (soprattutto nel paziente pediatrico e giovane adulto). Anche altre patologie possono esserne responsabili, per esempio: l’ostruzione del dotto pancreatico da parte di una neoplasia o di un restringimento; un ridotto stimolo secretorio come accade nella malattia celiaca non trattata (176) o nelle malattie infiammatorie croniche intestinali quali rettocolite ulcerosa e malattia di Crohn; il diabete mellito di tipo 1 e di tipo 2 (177); un aumento dell’inattivazione intestinale degli enzimi pancreatici come accade nella sindrome di Zollinger – Ellison (178); modifiche del transito intestinale come dopo interventi di chirurgia del tratto intestinale superiore, quali gastrectomie e duodenocefalopancreasectomie in cui l’incontro del contenuto intestinale con il succo pancreatico avviene in maniera non fisiologica, e nel caso delle resezioni pancreatiche la componente ghiandolare si riduce (179).
Il succo pancreatico svolge un ruolo centrale nella digestione e nell’assorbimento dei nutrienti. La secrezione di enzimi pancreatici è stimolata già durante le fasi cefalica e gastrica tramite riflessi nervosi, ma lo stimolo più importante avviene al momento della fase intestinale, ovvero quando il chimo giunge nel duodeno. Gli acidi grassi, gli
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aminoacidi e gli acidi gastrici all’interno del duodeno costituiscono lo stimolo più potente alla secrezione pancreatica esocrina.
Durante la fase intestinale le cellule della mucosa duodenale rilasciano colecistochinina che agisce sulle cellule acinari stimolando la secrezione di enzimi pancreatici, e secretina che fa aumentare la secrezione di acqua e bicarbonato da parte delle cellule duttali (175) (Figura 25).
Figura 25 Schema riassuntivo la fisiologia della secrezione pancreatica esocrina.
Il succo pancreatico è composto di bicarbonato e acqua, prodotti dalle cellule duttali, e diversi enzimi prodotti dalle cellule acinari, che conferiscono al succo la capacità di digerire proteine, carboidrati e grassi. Con la riduzione della funzione esocrina del pancreas, la perdita della capacità di digerire i grassi è la responsabile della
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comparsa di sintomi e complicanze cliniche, questo perché la lipasi è l’enzima digestivo con la minor stabilità all’interno del lume intestinale. Nella pancreatite cronica si riduce la secrezione enzimatica acinare, ma si ha anche una notevole riduzione della produzione di bicarbonato da parte delle cellule duttali, l’acido gastrico quindi non viene neutralizzato e la lipasi viene distrutta molto più rapidamente per via del pH molto basso (180). Inoltre l’attività lipolitica di derivazione extrapancreatica è minima, mentre per quanto riguarda la digestione di carboidrati e proteine, il compenso extrapancreatico è maggiore, per la presenza di amilasi salivare, oligosaccaridasi intestinali, e pepsina di origine gastrica.
La PEI è una delle principali complicanze della pancreatite cronica e la sua prevalenza aumenta con la durata della malattia al punto che circa la metà dei pazienti con pancreatite cronica sviluppi PEI a 12 anni dall’insorgenza della malattia (181).
I pazienti affetti da PEI non hanno solo problemi legati alla qualità di vita per via della steatorrea, della perdita di peso, e dei dolori addominali, ma spesso hanno a che fare con problemi di tipo nutrizionale in particolare sono frequenti in questi pazienti i deficit di alcuni micronutrienti e vitamine liposolubili (182). Questi deficit nutrizionali pongono i pazienti a rischio di complicanze, per esempio osteoporosi e correlate fratture ossee, per cui diviene importante fare diagnosi precoce e mettere in atto una corretta strategia di trattamento (183).
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