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Nuove procedure piu convenienti e green per un processo di interesse applicativo e industriale: la reazione tandem Mizoroki-Heck/isomerizzazione

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Academic year: 2021

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Indice

Riassunto

Capitolo 1

Introduzione e scopo di questo lavoro di tesi

1.1

La reazione di Mizoroki-Heck

……….……… 1

1.1.1 Descrizione della reazione ……….…. 1

1.1.2 Considerazioni sul meccanismo ………...………..…..…….……... 3

1.1.3 Considerazioni sulla regioselettività

……….………….…………. 4

1.1.4 Considerazioni sulla stereochimica

………..…….………... 6

1.2

La reazione tandem Heck-isomerizzazione

……….……. 8

1.2.1 Descrizione generale

……….…..…....…… 8

1.2.2 Stato dell’arte e applicazioni della reazione tandem Heck-isomerizzazione ……….….…... 10

1.2.2.1 Arilazioni e vinilazioni intermolecolari ………...….... 10

1.2.2.2 Arilazioni e vinilazioni intramolecolari ………..……….…….... 16

1.2.2.3 Applicazioni industriali ………..……….….…. 17

1.3

Scopo e obiettivi di questo lavoro di tesi

……….…..….…... 19

Capitolo 2

Lavoro effettuato e discussione dei risultati

2.1 Ulteriori considerazioni sulle problematiche della reazione presa a modello

………...…..….. 22

2.2 Ottimizzazione delle condizioni per l’ottenimento dell’aldeide 26a

………….... 25

2.2.1 Premessa e prime prove

……….………….. 25

2.2.2 Studio sulla reale necessità del LiCl e del TBAC come additivi ……….……….……... 28

2.2.3 Ottimizzazione della quantità di catalizzatore: prime conclusioni e primi problemi …….….. 30

2.2.4 Studio sulla possibilità di utilizzare ammine come base

………..…... 32

2.2.5 Temperatura e concentrazione ……….………. 35

2.2.6 Prove con catalizzatori supportati ………..………... 37

2.3 Studio con substrati diversi da quelli della reazione modello ……….……... 41

(2)

2.3.1.1 25a e alogenuri arilici elettronpoveri ………..….….…… 43

2.3.1.2 Alogenuri arilici elettroneutri ……….………..… 46

2.3.1.3 Alogenuri elettronricchi ………..………..…….… 48

2.3.1.4 Alogenuri ingombrati ……….…… 49

2.3.2 Prove con l’alcol allilico (25b) ……….………...….. 51

2.3.3 Prove con il 4-penten-1-olo (25c) ………. 53

2.3.4 Prove con il 3-metil-3buten-1-olo (25d) ………..………. 55

Capitolo 3

Conclusioni e prospettive

3.1 Conclusioni

……….….. 57

3.2 Obiettivi futuri e possibili applicazioni della reazione tandem Heck- isomerizzazione ottimizzata

………..……,……… 59

Capitolo 4

Parte sperimentale

4.1 Informazioni generali

……….…..………….…. 68

4.1.1 Strumentazioni ……….…………..….….. 69

4.2 Studio sulle reazioni tandem Mizoroki-Heck/isomerizzazione ………...….. 70

4.2.1 Procedura generale per l’ottimizzazione della reazione modello tra 24a e 25a

………….… 70

4.2.2 Procedura generale per lo studio di reattività su altri substrati ……… …..…...…... 70

4.2.3 Determinazione della quantità di Pd residuo nel grezzo di reazione ………..….…. 71

4.3 Isolamento e caratterizzazione dei prodotti

………..………..…….…… 72

(3)

Riassunto

La reazione di Mizoroki-Heck fra 1,w-alchenoli e alogenuri arilici può procedere mediante una trasposizione del doppio legame che porta alla formazione di aldeidi alifatiche w-arilate, così come schematizzato nella figura successiva.

Questa reazione risulta di un significativo interesse applicativo, come dimostrato dal notevole numero di brevetti (anche recenti) che la prevedono e dal suo impiego in processi industriali; nonostante ciò di fatto viene ancora condotta sulla base di studi e ottimizzazioni che risalgono agli anni ’80 e che quindi non tengono conto dell’evoluzione tecnica e teorica che ha coinvolto negli ultimi venti anni le reazioni di cross-coupling C-C catalizzate da metalli di transizione (comprese le normali alchenilazioni di Heck), né della necessità, proprio da un punto di vista applicativo e industriale, di sviluppare procedure il più possibile pratiche ed aderenti ai principi della green chemistry. Infatti, in mancanza di studi specifici più recenti, le condizioni ancora oggi utilizzate, anche industrialmente, per promuovere questa variante delle Mizoroki-Heck prevedono carichi catalitici e quantità di additivi che, alla luce delle modalità con cui attualmente sono condotte le suddette reazioni di cross-coupling, appaiono estremamente pesanti, ben poco pratiche, molto costose e decisamente obsolete. Inoltre condizioni come queste possono comportare rilevanti complicazioni anche per quanto riguarda la riproducibilità ed work-up delle reazioni, nonché il rischio che i prodotti ottenuti rimangano contaminati da elevate quantità di palladio residuo.

(4)

L’obiettivo finale di questo lavoro di Tesi, effettuato con l’incoraggiamento ed il supporto del Dipartimento di Sviluppo Chimico della Menarini Ricerche S.p.A. di Pisa, è stato appunto quello di verificare la possibilità di effettuare convenientemente questo tipo di reazioni in modo più pratico, economico, riproducibile e green. A questo scopo, inizialmente è stata presa come modello una reazione realmente impiegata in un processo industriale; quindi sono stati studiati e variati tutti i principali parametri delle condizioni per essa utilizzate industrialmente, tenendo conto delle conoscenze più attuali e dell’esperienza del nostro gruppo di ricerca sulla reazione di Mizoroki-Heck in particolare e sui cross-coupling C-C in generale. Più in dettaglio, oltre a valutare gli effetti di variazioni di quantità e tipo di additivi, base, catalizzatore e solvente, è stata indagata anche la possibilità di promuovere questa reazione con una più moderna e pratica catalisi supportata anziché con la classica catalisi omogenea.

E’ stato così messo a punto un conveniente ed efficiente set di condizioni che effettivamente può permettere di condurre la succitata reazione modello in modo drasticamente più economico, pratico e riproducibile, ma anche di semplificarne notevolmente le procedure di lavorazione e di garantire bassi contenuti di palladio nel prodotto grezzo desiderato. A parità delle altre condizioni e di efficienza, possono essere impiegati come catalizzatori sia un classico e molto economico sale di palladio, il Pd(OAc)2, che un più moderno (ma anche più

costoso) catalizzatore supportato, il PdEnCat 40. E’ da rilevare che questo è il primo esempio dell’impiego di un catalizzatore supportato in reazioni tandem Heck-isomerizzazione; sulla base dei risultati ottenuti, il maggior costo può essere compensato da vantaggi quali un work-up ancora più agevole, un più facile recwork-upero del metallo ai fini dello smaltimento e, soprattutto, una presenza nel prodotto di quantità di palladio residuo di fatto assolutamente trascurabili.

Questo originale set di condizioni è stato poi applicato con successo, modificandolo leggermente quando necessario, ad un ampia gamma di substrati comprendente sia iodo- e bromoareni elettronricchi o elettronpoveri che alchenoli di diversa lunghezza. Le limitazioni riscontrate riguardano essenzialmente solo la bassa reattività di bromuri arilici non elettronpoveri e qualche difficoltà nell’impiego come alchenolo del semplice alcool allico; peraltro, tenendo conto della letteratura, si tratta di limitazioni comuni per questo tipo di reazioni, anche se effettuate in condizioni molto più pesanti.

Comunque sia, sono state così preparate convenientemente numerose aldeidi w-arilate, delle quali molte sono nuove ed altre invece corrispondono ad intermedi usati in processi industriali

(5)

o nella sintesi di sostanze di potenziale interesse farmacologico. In molti casi le reazioni sono state promosse sia con palladio acetato che con PdEnCat 40, verificando ulteriormente i vantaggi ottenibili grazie all’impiego di un catalizzatore supportato.

(6)

1

Capitolo 1

Introduzione e scopo di questo lavoro di tesi

1.1

La reazione di Mizoroki-Heck

1

1.1.1 Descrizione della reazione

La reazione di Mizoroki-Heck consiste in un coupling tra alogenuri, o triflati, arilici o alchenilici e alcheni, catalizzato da metalli di transizione, principalmente da palladio; è una delle più diffuse tecniche sintetiche per la formazione di legami C(sp2)-C(sp2).

Questo processo è stato proposto inizialmente, negli anni ’70, da due gruppi di ricerca, uno giapponese (Mizoroki et al.)2 e uno americano (Heck et al.)3; successivamente è stata sviluppata soprattutto dal gruppo di Heck, che ha dimostrato l’utilità e la vasta applicabilità di questa nuova trasformazione catalitica. Nonostante i buoni risultati già descritti nei primi studi, l’interesse per questo processo di formazione di legami C-C è sorto soltanto verso la metà degli anni ’80, dopo di che il suo impiego è aumentato esponenzialmente; il numero impressionante di pubblicazioni al riguardo uscite fino ad oggi ha, così come il premio Nobel per la chimica al suo inventore (2010), designano la cosiddetta reazione di Heck come un procedimento indispensabile nella sintesi organica.4

D’altra parte questa reazione si è subito rivelata un importante metodo di sintesi per la produzione di olefine diversamente sostituite. Lo schema di reazione generico per il caso dell’impiego di un’olefina terminale è rappresentato nello Schema 1.1.

(7)

2 Schema 1.1

Questa reazione risulta in generale più efficiente e regioselettiva con alcheni contenenti gruppi elettronattrattori e in molti casi dà luogo esclusivamente al prodotto β-arilato (B,

schema 1.1). Olefine con gruppi elettrondonatori forniscono invece miscele di composti α- e

β-arilati. In luogo di olefine possono anche essere usati acetileni (o anche alchini), generalmente più reattivi.1d

Tipicamente per la reazione di Heck si usano solventi dipolari non protici, come la dimetilformammide (DMF) o l’N-metilpirrolidinone (NMP).

Nel corso degli studi successivi alle prime pubblicazioni, ne sono state elaborate numerose varianti sia intermolecolari che intramolecolari, spesso regio- e stereocontrollate, al fine di ottenere standard sintetici più alti in termini di resa e selettività. Sono stati studiati anche processi affini, ad esempio l’arilazione riduttiva di Mizoroki-Heck (Cacchi et al. approssimativamente vent’anni dopo)5, che prevede insieme al coupling anche la riduzione del doppio legame, grazie alla presenza di una sorgente di idruro; oppure la reazione di Fujiwara-Moritani, chiamata anche Mizoroki-Heck ossidativa, che consiste invece in un coupling ossidativo iniziato da una specie di palladio (II) come mostra lo Schema 1.2.6

Schema 1.2

Per quanto riguarda il catalizzatore, è necessario che entri nel ciclo catalitico una specie di Pd(0), ma può anche essere usato un precatalizzatore di Pd(II), che viene rapidamente ridotto nell’ambiente di reazione: gli elettroni necessari possono essere forniti dal legante fosfinico,

(8)

3

dalla base amminica, oppure dal substrato olefinico, mediante una reazione tipo Wacker. Sono state usate specie di Pd con vari tipi di leganti al fosforo e all’azoto, ma è possibile usare anche un palladio ligand-free, sotto forma di nanoparticelle o come sale.7 Infine è possibile impiegare anche un catalizzatore supportato (il primo è stato il palladio su carbone), ma di norma la reazione risulta molto più lenta, visto che possono reagire soltanto gli atomi che si trovano sull’esterno del catalizzatore stesso.

1.1.2

Considerazioni sul meccanismo

Sebbene durante il primo periodo di interesse verso questa nuova reazione non fossero noti dati meccanicistici, successivamente Dieck e Heck4a hanno proposto un meccanismo (schema 1.3) i cui stadi principali sono tuttora ritenuti validi, sebbene siano stati ampiamente rivisitati e studiati più dettagliatamente.

Il complesso di Pd(0) a 14 elettroni, coordinativamente insaturo e cataliticamente attivo che entra nel ciclo, viene generato in situ, o dalla dissociazione di un precatalizzatore di Pd(0), o dalla riduzione di un precatalizzatore di Pd(II). La catalisi ha inizio con l’addizione ossidativa del legame C(sp2)-X del partner elettrofilo alla specie 1, portando alla formazione del complesso 3. La natura del gruppo uscente X- influenza fortemente la reattività di 2, infatti questa decresce nell’ordine: I- > TfO- > Br- >> Cl-.4g Inizialmente venivano usati soltanto bromuri e ioduri arilici, ma successivamente sono state sviluppate varianti con triflati aromatici, cloruri arilici, cloruri arilsolfonici, sali di diazonio aromatici (reazione di Matsuda), anidridi ariliche e arilsilanoli.8 Conseguentemente il numero di substrati aromatici disponibili commercialmente è molto alto.

Se il legante L e il sostituente arilico sulla specie 5 sono in una disposizione cis, il doppio legame C=C dell’alchene 4 si può inserire nel legame σ–C(sp2)-Pd(II), formando quindi un nuovo legame C-C (5→6); questa inserzione migratoria è chiamata anche carbopalladazione e avviene in modo strettamente syn. Prima della successiva formazione del prodotto atteso è necessaria una rotazione del legame interno C-C nel complesso σ-alchil-Pd(II) (6) che porta i legami Cα(sp3)-Pd(II) e Cβ(sp3)-H in un allineamento syn, passaggio chiave per permettere la successiva β–eliminazione di idruro (7→8). L’assenza di un idrogeno β conformazionalmente accessibile sull’intermedio di palladio (II) comporterebbe l’interruzione del ciclo catalitico. La β–eliminazione porta alla ricostituzione di un doppio legame C=C (7→8), seguita dal

(9)

4

rilascio dell’alchene arilato 9 da parte del complesso di Pd(II) 8. E’ importante notare che questo step è reversibile (8→7): la riaddizione con regioselettività opposta può portare ad una isomerizzazione o ad una migrazione dell’alchene attraverso una successiva β’–eliminazione di idruro. Alla fine del ciclo il catalizzatore attivo 1 viene rigenerato grazie all’eliminazione riduttiva di HX, facilitata dalla quantità stechiometrica di base che deve essere presente (10→1).1b

Schema 1.3

1.1.3

Considerazioni sulla regioselettività

1b

Il regiocontrollo è la sfida maggiore nelle reazioni di Mizoroki-Heck, soprattutto intermolecolari; infatti solitamente si può ottienere come risultato una miscela di prodotti lineari e ramificati.

Il risultato regiochimico è influenzato in primo luogo dallo (pseudo)alogenuro liberato durante l’addizione ossidativa. Usando bromuri o ioduri arilici, la reazione segue un percorso neutro (ciclo a sinistra, Schema 1.4). L’effetto trans dell’alogenuro favorisce la dissociazione

(10)

5

di un legante e la coordinazione dell’alchene 4 (13→14+15); i complessi π 14 e 15 così formati, contengono un frammento di Pd(II) che è soltanto debolmente coordinato con il sistema π dell’alchene 4. Dopo l’inserzione migratoria (14/15→16/17) e la β-eliminazione di idruro (16/17→19), entrambi i prodotti α- e β-arilati (18 e 9) vengono espulsi dal ciclo catalitico.

Al contrario, usando triflati arilici o in presenza dell’anione acetato, la reazione procede attraverso un percorso cationico (ciclo a destra, Schema 1.4). In questo caso la dissociazione del 5ontro ione coordinante, triflato o acetato, genera un complesso di Pd(II) con una carica formale positiva (13→20). La successiva coordinazione dell’alchene (20→21) induce un aumento della polarizzazione sull’alchene e una diminuzione della densità di carica sul carbonio α; conseguentemente il gruppo arilico migrerà preferenzialmente su questo carbonio (21→22). L’alchene ramificato 18 viene quindi rilasciato attraverso la β-eliminazione di idruro (22→23).

Schema 1.4

In conclusione in questo secondo caso si possono avere reazioni “a priori” più regiocontrollate, anche se non in grado di fornire il prodotto di alchenilazione lineare.9

(11)

6

Invece nel primo caso, ovvero l’uso di bromuri o ioduri come accettori (ciclo di sinistra,

schema 1.4) il risultato regiochimico è dipendente dalla natura dei substrati e in particolar

modo di quella dell’alogenuro. Vi possono essere effetti sia sterici che elettronici; ingombri sterici su uno dei due atomi di carbonio dell’olefina tendono a guidare la formazione del nuovo legame C-C sul carbonio opposto (così, ad esempio, con olefine terminali come quella degli schemi 1.3 e 1.4), la tendenza è quella di dar luogo prevalentemente al prodotto lineare

9. Questa tendenza può essere esaltata da un gruppo R elettron-attrattore, o comunque in

grado di stabilizzare una carica negativa, dato che può favorire prevalentemente il prodotto di addizione 17 rispetto a quello 18 (ad esempio si possono avere ottime regioselettività con gruppi R arilici, ancora maggiori con gruppi R carbonilici o esterei). Invece se il sostituente R è un donatore di elettroni per risonanza, o comunque ricco di elettroni come un gruppo alchilico, la sopra descritta guida regiochimica può venirne sminuita, fino ad invertirsi.

1.1.4 Considerazioni sulla stereochimica

9

Dal punto di vista della diastereoselettività, osservando il meccanismo di reazione generale (Schema 1.3), è da notare che sia lo step dell’inserzione migratoria, sia la β-eliminazione di idruro, sono due processi syn, per cui solitamente la reazione di Heck su olefine interne stereodefinite avviene stereospecificamente con inversione di configurazione sul doppio legame. Al contrario, con olefine terminali, sebbene si possano formare entrambi gli stereoisomeri, solitamente se il gruppo R è in grado di coniugarsi con il doppio legame (e.g. carbonile, fenile, estere, etc.), il coupling dà luogo all’isomero E termodinamicamente più stabile.9c

Generalmente la reazione di Heck è stata usata per inserire frammenti arilici, vinilici o benzilici su carboni sp2, quindi in generale non rappresenta una trasformazione adeguata per una catalisi enantioselettiva; nonostante questo è importante notare che se l’atomo di idrogeno presente sul carbonio funzionalizzato non si trova in posizione syn rispetto al palladio, l’atomo sp3 formato non viene riconvertito a sp2; in queste circostanze il gruppo migrante R si lega al carbonio sp3. Questa situazione si verifica con olefine cicliche, in cui gli atomi H e Pd si trovano sempre in posizione anti, dato che la rotazione del legame Cα-Cβ della specie intermedia σ-alchil-Pd è impedita.

(12)

7

Negli ultimi dieci anni la progettazione di nuovi leganti per la reazione di Heck asimmetrica si è focalizzata sull’abilità di controllare sia la regioselettività che l’enantioselettività, mantenendo un’alta reattività. In queste trasformazioni asimmetriche la selettività enantiomerica è generata, grazie all’utilizzo di un legante chirale bidentato, nello step della coordinazione dell’alchene (da II a III), o nello step dell’inserzione migratoria (da III a IV) (Schema 1.5). Il meccanismo di reazione generalmente accettato è quello cationico, in cui la specie carica positivamente è generata tramite la dissociazione dell’anione X-.9c,10 Il palladio viene complessato dall’alchene nel sito di coordinazione vacante per formare III e la successiva inserzione nel legame Pd-R dà luogo all’intermedio IV, dove viene generato un nuovo centro chirale la cui stereochimica verrà trasferita al prodotto finale.

Un meccanismo alternativo proposto è quello neutro; la parziale dissociazione del legante bidentato chirale genera un sito vacante (II’) in grado di accettare la coordinazione dell’alchene (III’), per formare l’intermedio IV tramite l’inserzione.

Schema 1.5

Overman et al. hanno poi dimostrato che è possibile ottenere un’enantioinduzione significativa in condizioni neutre, concludendo che entrambi i donatori del legante bidentato rimangono coordinati al centro metallico durante lo step determinante per l’enantioselettività.11

Il primo esempio di Heck asimmetrica intermolecolare è stato riportato da Hayashi et al. nel 1991e riguarda l’utilizzo di un sistema catalitico costituito da Pd(OAc)2 e(R)-BINAP come

(13)

8

Schema 1.6

1.2

La reazione tandem Heck-isomerizzazione

12

1.2.1 Descrizione generale

La reazione di Mizoroki-Heck tra alogenuri arilici e 1,n-alchenoli può procedere mediante una trasposizione del doppio legame in grado di fornire composti carbonilici alifatici ω-arilati, così come mostrato nello schema 1.7.

Schema 1.7

La particolarità di questa reazione sta nell’abilità del palladio di migrare lungo la catena alchilica attraverso una eliminazione reversibile di idruro e la successiva riaddizione, meccanismo che porta alla formazione di un enolo, con conseguente rigenerazione del catalizzatore, così come mostrato nello schema 1.8 per il caso della reazione tra iodoarene e alcol allilico13.

(14)

9

Schema 1.8

Questo meccanismo è stato infatti ipotizzato dal momento che si osserva come prodotto della reazione un composto carbonilico saturo, al contrario di quello alcolico insaturo che si otterrebbe da una reazione di Heck classica (Schema 1.9).

Schema 1.9

La presenza di questo prodotto è dimostrazione del fatto che la specie HPdX, prodotta in situ dalla β-eliminazione di idruro, si addiziona al prodotto classico di Heck, piuttosto che reagire con la base per rigenerare il Pd(0). Questa addizione, seguita da una seconda β-eliminazione,

(15)

10

dà luogo all’isomerizzazione dell’enolo e alla conseguente formazione del composto carbonilico osservato14.

Mentre con alcoli allilici e omoallilici12,13,15 la reazione tandem Heck-isomerizzazione è ampliamente documentata, con alcoli insaturi a catena più lunga sono stati pubblicati soltanto un numero limitato di studi; tra questi quello del gruppo di ricerca di Larock è stato il primo ad ottenere risultati veramente utili.13 Purtroppo, nonostante l’interesse e la vasta applicabilità di questa reazione, le condizioni sperimentali utilizzate anche al giorno d’oggi sono rimaste essenzialmente invariate e con gli stessi problemi di quelle degli anni ’80- ’90. Infatti, come risulta anche dal seguente paragrafo 1.2.2.1, sebbene alcuni sviluppi e perfezionamenti di questa reazione siano stati pubblicati anche nei primi anni 2000, tali condizioni prevedono ancora carichi di Pd che oggi vengono considerati elevati (2-10 mol%), pesanti eccessi della base, e/o quantità più che stechiometriche di additivi; ciò comporta poca praticità e alti costi.

1.2.2

Stato dell’arte e applicazioni della reazione tandem

Heck-isomerizzazione

16

1.2.2.1

Arilazioni e vinilazioni intermolecolari

Nel 1976 i gruppi di ricerca di Heck e Chalk riportarono un importante studio sulla formazione di aldeidi o chetoni arilici per reazione tra alcoli allilici primari o secondari e complessi aril-palladio, preparati in situ da ioduri e bromuri arilici invece che da sali arilmercurici come prevedevano le procedure usate fino ad allora.17,12 Questa reazione è stata in seguito ampiamente sviluppata; di norma viene effettuata con una quantità catalitica di un sale di palladio (II), spesso Pd(OAc)2, che viene poi ridotto in situ alla specie di Pd(0)

cataliticamente attiva.18 Un ciclo catalitico convenzionale e molto semplificato, ma che tiene conto dell’andamento della reazione anche con alogenuri vinilici come substrati, è illustrato nello schema 1.10.19

(16)

11

Schema 1.10

Successivamente il coupling è stato esteso anche a bromuri tienilici20 e la preparazione di aldeidi o chetoni β-sostituiti ottenuti per etero-arilazione di alcoli α,β-allilici è ormai documentata, ne è un esempio la sintesi del Nabumentone, un farmaco anti infiammatorio non steroideo14,21.

Nel 1984 Jeffery ha dimostrato che una quantità stechiometrica di sali d’ammonio può facilitare le arilazioni di Heck di alcoli allilici22. Successivamente queste reazioni sono state riportate sia senza alogenuri di ammonio23 che in solventi organici, con quantità stechiometriche di sali di questo tipo,13, 24 o con quantità catalitiche di n-Bu4NCl in acqua25.

E’ interessante notare che in simili condizioni è stato anche possibile far reagire selettivamente il legame carbonio-iodio dell’ 1-bromo-2-iodobenzene26 (Schema 1.11).

Schema 1.11

Uno sviluppo di questa procedura di Jeffery prevede l’eliminazione della DMF e l’uso come solvente dello stesso sale d’ammonio (sostituito con Bu4NCl), fuso a 80-100 °C; secondo gli

(17)

12

In alcuni casi è stata ottenuta una miscela di composti carbonilici α- e β-sostituiti, in cui quest’ultimo risulta sempre il predominante e diventa l’unico isomero ottimizzando le condizioni di reazione14, 20, 21d, 24f,l, 27.

Ampliando questi couplings all’impiego come accettori di alogenuri vinilici anziché arilici, Heck et al. hanno osservato che per ottenere risultati significativi è spesso necessario sostituire alla trietilammina (utilizzata come base nella procedura originale di Heck) piperidina o morfolina, migliori accettore di protoni; però anche con queste basi sono state ottenute miscele di 3-vinil aldeidi/chetoni e dei corrispondenti amminoalchenoli28 (Schema

1.12).

Schema 1.12

Tuttavia successivamente alcune modifiche alle condizioni sperimentali hanno permesso una meggiore selettività e quindi la sintesi di analoghi delle prostaglandine mediante questo tipo di coupling, usando come substrati diversi ioduri vinilici.29

Uemura e il suo gruppo hanno invece riportato la prima fenilazione enantioselettiva di alcoli allilici usando trans- e cis-crotil alcoli; questa reazione, che introduce la chiralità sul carbonio β, fornisce l’aldeide β-fenilata corrispondente con un basso eccesso enantiomerico30 (Schema

1.13).

(18)

13

In luogo di alogenuri vinilici e arilici, Tsuji et al. hanno usato come precursori BrCCl3 o CCl4.

La reazione di questi con vari alcoli allilici secondari ha permesso la sintesi di ϒ-tricloro chetoni.31 Però l’uso di alcoli allilici primari porta in realtà ad una miscela di composti carbonilici, a causa di una reazione competitiva di ossidazione dell’alcol, Pd-catalizzata. Infatti il meccanismo della reazione con specie XCCl3 è diverso da quello mostrato nello

schema 1.10.31

Jeffery ha inoltre scoperto che la reazione tra alcoli allilici primari o secondari e ioduri arilici o 1-alchenilici può procedere senza isomerizzazione del doppio legame, se nelle miscele di reazione viene aggiunta una quantità stechiometrica di un sale d’argento (AgOAc o Ag2CO3)

come additivo;24a questa procedura è stata successivamente utilizzata da Tietse et al. per la sintesi di precursori della vitamina E24m (Schema 1.14).

Schema 1.14

Kang e il suo gruppo di ricerca hanno invece riportato uno studio sull’influenza della base sulla regioselettività nel caso della reazione tra α-dioli allilici e Ph-I; infatti giostrando sulla base hanno ottenuto, a parità di precursori, un α-idrossi chetone con NEt3, un α-diolo con

specie M2CO3 (M2= Na2, NaH, K2, Cs2) oppure una miscela di entrambi con AgOAc

(Schema 1.15).32 Però secondo Kang questi effetti sulla regioselettività si osservano solo usando un diolo come precursore.

(19)

14

Schema 1.15

Tuttavia la natura della base sembra avere un importante ruolo nella selettività di questa arilazione anche con altri substrati, almeno in acqua come mezzo di reazione; infatti Cai et al. hanno mostrato che, operando in H2O, l’uso di NaHCO3 in presenza di quantità catalitiche di

Pd(OAc)2 e n-Bu4NCl promuove la formazione di composti carbonilici β-arilati, ma anche

che sostituendo l’ NaHCO3 con Na2CO3 è possibile aumentare drasticamente la quantità di

alcol α,β-insaturo β-arilato che si forma.25

E’ stato anche accertato che simili reazioni tra alogenuri vinilici, arilici o eteroarilici ed alcoli omoallilici possono fornire i corrispondenti chetoni/aldeidi γ-sostituiti.20, 26d, 33 D’altra parte sono state ottenute alte rese in aldeidi ω-arilate anche con alcoli a catena più lunga come il 10-undecen-1-olo13 (Schema 1.16), o come il 2-metil-11-dodecen-1-olo34.

Schema 1.16

Questi due ultimi studi sono dovuti al gruppo di Larock, che nel 1989 ha pubblicato il set di condizioni di reazione riportato nello schema 1.1613 e nel 200334 le ha applicate nella sintesi di alcuni alcaloidi naturali. La caratteristica peculiare di questo set di condizioni, rispetto a tutti quelli descritti in letteratura, è quella di lavorare a temperatura ambiente, anche se in realtà (vedi schema 1.16), per le più difficili reazioni effettuate nell’ambito delle sopracitate

(20)

15

sintesi di alcaloidi, è stato necessario operare a 70 °C. Queste sono comunque le condizioni di reazione più blande per quanto riguarda la temperatura riportata in letteratura per la reazione tandem Heck-isomerizzazione. Però richiedono anch’esse un carico elevato di Pd (3 mol%) e pesanti quantità di sali come additivi (3 equivalenti in totale). Nonostante ciò sono ancora oggi le più utilizzate nella letteratura applicativa e brevettuale, anche se talvolta con piccole modifiche e semplificazioni, come nel caso della sintesi del Pemetrexed disodium (vedi

schema 1.25 e relativo commento).

Tsuji ha ottenuto una miscela di composti carbonilici a partire da 1,2-dien-4-oli primari o secondari e alogenuri arilici o alchenilici (Schema 1.17).35

Schema 1.17

Tali prodotti nascono dalla deidrogenazione degli intermedi allilpalladio36 (Schema 1.18) e questo step viene probabilmente facilitato dall’ammina terziaria37, che viene usata in eccesso.

(21)

16

1.2.2.2

Arilazioni e vinilazioni intramolecolari

La prima reazione intramolecolare Pd-catalizzata è stata riportata da Heck et al. nel 1983, usando il 2-bromoallil-4-idrossi-2-butenil-etere (Schema 1.19).38

Schema 1.19

Un mecanismo di reazione semplificato è mostrato nello schema 1.20.

Schema 1.20

Studiando la ciclizzazione di una serie di bromuri vinilici e di alogenuri arilici contenenti un alcol allilico, Gaudin ha osservato che la reazione procede con un meccanismo di chiusura

5-endo, piuttosto che 4-eso e 5-eso piuttosto che 6-endo (Schema 1.21).39

Schema 1.21

La reazione asimmetrica intramolecolare di Heck di triflati vinilici contenenti un frammento alcolico cicloesadienilico ha portato alla formazione dell’intermedio chiave nella sintesi del

(22)

17

sesquiterpene lattonico con attività antitumorale Vernolepin.40 L’addizione del t-BuOH alla miscela di reazione previene l’interazione del gruppo ossidrilico del substrato con il palladio, impedendone l’ossidazione e precludendo la formazione di sottoprodotti.40

Un macrociclo funzionalizzato ottenuto dall’arilazione intramolecolare di un residuo alcolico omoallilico è stato usato da Dyker et al. per la sintesi di un frammento steroideo.41

Trost et al. hanno riportato la ciclizzazione mostrata nello schema 1.22 (reazione A) che procede in modo molto simile alla reazione di Heck42, infatti la specie cataliticamente attiva HPd(OAc)Ln nasce dall’addizione di AcOH al Pd0,43 e l’inserzione del triplo legame nel

legame H-Pd fornisce un intermedio vinil-PdOAc; questo a sua volta si sottopone ad una Heck intramolecolare per generare un intermedio σ-alchilpalladio, che quindi dà luogo ad una β-H eliminazione, portando all’aldeide. In accordo con questo meccanismo, lo stesso prodotto γ,δ-enale è stato ottenuto da un substrato contenente un vinil bromuro invece che un triplo legame (Schema 1.22, reazione B).43

Schema 1.22

1.2.2.3

Applicazioni industriali

La reazione tandem Heck-isomerizzazione è stata ampliamente usata in ambito industriale per la produzione di farmaci. La peculiarità e l’attrattività di questa reazione stanno nel fatto che permette il coupling tra due frammenti molecolari, anche ad uno stadio avanzato di una sintesi totale, senza la necessità di proteggere/deproteggere alcuni gruppi. Un esempio emblematico è il processo di produzione del farmaco anti-asma Montelukast (chiamato anche Singulair),

(23)

18

prodotto dall’azienda Merck.44 La reazione in questione viene usata per attaccare il frammento contenente l’alcol allilico allo ioduro aromatico (Schema 1.23).

Schema 1.23

Il Nebivololo è un farmaco per abbassare la pressione sanguigna ed è stato diffuso originariamente dalla Janssen Pharmaceutica. Successivamente la compagnia Zach System ha sviluppato due vie sintetiche divergenti, di cui una è basata sulla reazione di Suzuki e l’altra su una Heck con un alcol allilico.45 Sebbene quest’ultima via sia più breve, le rese riportate nel brevetto sono piuttosto basse.

Schema 1.24

Il Pemetrexed disodium è stato commercializzato come agente antitumorale dall’azienda multinazionale americana Ely Lilly.46 Per la formazione dell’intermedio aldeidico metil

(24)

4-(4-19

ossobutil)benzoato 26a, nel primo step della sintesi, viene sfruttata una reazione tandem Heck-isomerizzazione tra il 4-metil-bromobenzoato 24a e il 3-buten-1-olo 25a (Schema

1.25).47 Questa reazione presenta comunque tuttora varie problematiche, che sono state il punto di partenza di questo lavoro di Tesi (vedi paragrafo 1.3).

Schema 1.25

Come si può notare da quanto riportato nello schema 1.25, le condizioni di reazione della Heck-isomerizzazione (il primo stadio) sono essenzialmente quelle di Larock riportate nello

schema 1.16, anche se leggermente addolcite per quanto riguarda la dose di Pd (2.5 mol%

anziché 3) e di base (1.2 equivalenti anziché 2.5); in compenso la reazione viene condotta a 65 °C anziché a temperatura ambiente.

1.3

Scopo e obiettivi di questo lavoro di tesi

La reazione tandem Heck-isomerizzazione risulta di rilevante interesse applicativo, come dimostrato dal notevole numero di brevetti che la prevedono e dal suo impiego in processi industriali.48 Di fatto però viene ancora condotta sulla base di studi e ottimizzazioni che risalgono agli anni ’80 e che quindi non tengono conto dell’evoluzione tecnica e teorica che ha coinvolto negli ultimi 20 anni le reazioni di cross-coupling C-C, catalizzate da metalli di transizione, comprese appunto le alchenilazioni di Heck; né della necessità, proprio da un punto di vista applicativo e industriale, di sviluppare procedure il più possibile pratiche ed

(25)

20

aderenti ai principi della green chemistry. Infatti, in mancanza di studi specifici più recenti volti a semplificare le condizioni di questo tipo di reazioni, le condizioni ancora oggi utilizzate per promuoverle, quando vengono effettuate a scopo applicativo e industriale, prevedono carichi catalitici e quantità di additivi che, alla luce delle modalità in cui attualmente sono condotte le suddette reazioni di cross-coupling, appaiono estremamente pesanti, ben poco pratiche, molto costose e decisamente obsolete. Ad esempio può essere opportuno ricordare che negli anni ’80 tutte le alchenilazioni tipo Heck, con o senza isomerizzazione, venivano normalmente condotte con catalizzatori omogenei e con un rapporto molare minimo Pd/reagente in difetto dell’1%; oggi le normali reazioni di Mizoroki-Heck possono essere comunemente effettuate con quantità di Pd anche minori dello 0.1 mol%, usando catalizzatori sia omogenei che eterogenei, mentre quelle con isomerizzazione vengono effettuate più o meno come allora. In particolare in buona parte delle applicazioni sono utilizzate condizioni simili a quelle sviluppate da Larock et al, riportate nello schema

1.16.

Lo scopo principale di questo lavoro di Tesi è stato appunto quello di verificare la possibilità di effettuare convenientemente questo tipo di reazioni in condizioni più pratiche, economiche e green.

Questo lavoro è nato dalla collaborazione con il Dipartimento di Sviluppo Chimico di Menarini Ricerche S.p.A. di Pisa, che ha proposto uno studio improntato sull’ottimizzazione di una particolare reazione tandem Heck-isomerizzazione, utilizzata nella sintesi del principio attivo Pemetrexed (vedi paragrafo precedente, schema 1.25). Quest’ultimo, commercializzato dall’azienda Eli Lilly46 con il nome di Alimta, è un farmaco chemioterapico indicato nel trattamento del tumore al polmone.49

Come risulta dallo schema 1.25 e dal relativo commento, la sequenza utilizzata industrialmente prevede proprio nel suo primo stadio (quello che quindi deve essere effettuato su scala maggiore) una Heck-isomerizzazione tra il 4-bromobenzoato di metile e il 3-buten-1-olo. Questa viene condotta in condizioni ispirate a quelle proposte da Larock, ma con quantità di catalizzatore e additivi leggermente inferiori, compensate da una temperatura di reazione più elevata (65 °C invece di temperatura ambiente, cfr. schemi 1.16 e 1.25). Anche se già usata da tempo per la produzione del farmaco, questa procedura presenta varie problematiche sperimentali, aggravate dal fatto di dover lavorare su scala abbastanza elevata. Le principali possono essere riassunte in cinque punti:

(26)

21

⋅ bassa stabilità del sistema catalitico

scarsa praticità del work-up della reazione, in particolare nelle fasi di estrazione e filtrazione ⋅ elevata quantità di palladio residuo presente nel prodotto di reazione (con necessità di adottare

idonee procedure di eliminazione per rispettare le stringenti specifiche previste per il contenuto di palladio nel prodotto finale: < 1 ppm )

⋅ eccessiva diluizione della miscela di reazione (aumentandone la concentrazione diventa troppo viscosa a causa dell’abbondante presenza di sali).

Tenendo quindi conto del nostro già citato scopo di individuare condizioni migliori per questo tipo di reazioni, è stato ritenuto interessante iniziare con lo studio di questa particolare reazione problematica, per poi arrivare ad individuare soluzioni applicabili anche in modo più generale per queste reazioni. In altre parole è stato deciso di utilizzare la reazione Pd-catalizzata fra il 4-bromobenzoato di metile ed il 3-buten-1-olo come modello per uno studio sull’ottimizzazione e la modernizzazione della reazione tandem Heck-isomerizzazione. Più in particolare, il progetto prevedeva in primo luogo di studiare e variare tutti i parametri sperimentali della reazione presa a modello, tenendo conto delle conoscenze più attuali nonchè dell’esperienza del nostro gruppo di ricerca sulla reazione di Mizoroki-Heck in particolare e sui cross-coupling C-C in generale. L’obiettivo di questa valutazione degli effetti di variazioni di parametri quali quantità e tipo di additivi, base, catalizzatore e solvente era quello di verificare cosa e quanto fosse davvero necessario e quindi individuare un set di condizioni che permettesse di ovviare agli inconvenienti sopraesposti.

Tra le opzioni che è stato ritenuto opportuno vagliare nel corso di questo studio, vi è anche la possibilità di promuovere le reazioni con una più moderna e conveniente catalisi supportata anziché con la classica catalisi omogenea; l’obiettivo era quello di valutare l’effetto di questo cambiamento sulla stabilità del sistema catalitico, sulla praticità del work-up e sulla quantità di Pd residuo presente nel prodotto.

Una volta completata l’ottimizzazione della reazione modello, il progetto prevedeva di verificare la generalità del set di condizioni individuato, eventualmente modificandolo opportunamente secondo le necessità; questa verifica doveva essere effettuata attraverso un’ampia e significativa serie di reazioni tra aloareni (sia ioduri che bromuri) e alchenoli di diversa natura, eventualmente da ottimizzare caso per caso.

(27)

22

Capitolo 2

Lavoro effettuato e discussione dei risultati

2.1

Ulteriori considerazioni sulle problematiche della reazione

presa a modello

Il Pemetrexed disodium (30, schema 2.1) è un farmaco appartenente alla classe dei chemioterapici, che agisce inibendo tre enzimi coinvolti nella sintesi della purina e della pirimidina: la timidilato sintasi (TS), la diidrofolato reduttasi (DHFR), e la glicinammide ribonucleotide formil transferasi (GARFT).50 Inibendo la formazione dei precursori dei due nucleotidi, il principio attivo impedisce la formazione del DNA e dell’RNA, che sono necessari per la sopravvivenza e soprattutto la moltiplicazione sia delle cellule tumorali che di quelle sane.

E’ stato scoperto originariamente da Taylor all’università di Princeton,51 poi è stato sviluppato clinicamente, e commercializzato nel 2004 come agente antitumorale, dall’azienda Eli Lilly46. Nello schema 2.1 è riportata la sintesi totale del principio attivo, che è costituita da 6 steps. In particolare si osservano la formazione dell’aldeide 26a, e quindi la sua α-bromurazione, seguita dall’addizione del diamminopirimidinone 28 che genera l’unità pirrolo-pirimidinone nell’intermedio 29; successivamente viene effettuata una saponificazione, seguita da una amminazione ed infine da una una salificazione per ottenere il principio attivo finale 30, che è sotto forma di sale sodico.

(28)

23

Schema 2.1

Per l’introduzione del ponte a due carboni tra l’unità aromatica e quella eteroaromatica, sono stati sviluppati diversi metodi. La procedura iniziale di Taylor impiegava una alchinilazione tipo Sonogashira,51 mentre quella usata dalla Eli Lilly46 prevede la preparazione del metil

(29)

4-24

(4-ossobutil)benzoato 26a, mediante, appunto, una reazione tandem Heck-isomerizzazione tra l’alcol insaturo 3-buten-1-olo (25) e il 4-bromobenzoato di metile (24, Schema 2.2).

Schema 2.2

La resa di questa reazione è abbastanza buona (87% nel prodotto grezzo), ma l’aldeide 26a viene ottenuta insieme ad una moderata quantità del suo regioisomero ramificato 34a (34a/

26a = 17:83)a ed a tracce di alcuni alcoli insaturi. Con questa procedura si ottiene quindi una miscela di prodotti, anche indesiderati, i cui componenti, in particolar modo i due regioisomeri, sono molto difficili da separare e da purificare. Peraltro nel processo industriale l’aldeide 26a non viene isolata, tenendo conto sia della intrinseca instabilità all’aria delle aldeidi, sia del fatto che prima di arrivare al prodotto finale sono necessari ancora vari stadi. Per questo viene α-alogenata direttamente senza purificazione. Pertanto è necessario che le fasi di quenching e work-up siano molto efficienti oltre che pratiche, in primo luogo per una corretta valutazione della quantità di prodotto ottenuto e per non correre il rischio di trascinarsi dietro impurezze che possono inficiare lo stadio successivo.

In realtà però, riguardo questa reazione, sono state riscontrate varie problematiche sperimentali che hanno reso l’intera sintesi del principio attivo di difficile applicabilità, sia a livello di laboratorio che a livello industriale, come già delineato nel paragrafo 1.3.

Un primo problema riguarda la stabilità del sistema catalitico e la riproducibilità della reazione; ripetendo più volte la reazione, è stata osservata la cosiddetta “caduta” del catalizzatore all’interno del sistema, a diversi tempi di reazione: ovvero si verifica l’aggregazione del palladio in clusters e questo ne riduce la superficie e di conseguenza

a

Nel brevetto Lilly non è specificato il rapporto regioisomerico dei prodotti, ma è fatto riferimento al lavoro di

(30)

25

l’attività catalitica.52 Infatti la miscela di reazione scurisce, passando da una colorazione ambrata a nera e questo viraggio non sempre avviene a conversione completa.

Un ulteriore ostacolo è stato riscontrato a causa dell’elevata dose di catalizzatore e dell’abbondante presenza di sali (sale d’ammonio e cloruro di litio). Questi hanno molteplici funzioni: vengono usati come trasferitori di fase (funzione non necessaria nel nostro caso), come stabilizzanti delle specie di Pd(0) non legato e/o come promotori per l’aumento della velocità di alcuni passaggi del ciclo catalitico;22,53 Per questo l’estrazione risulta difficile da effettuare e poco efficiente, dal momento che si forma un’emulsione all’interfase che non permette la netta distinzione della fase organica da quella acquosa.

Un’altra questione generale affrontata in questo lavoro di Tesi è stata lo studio della quantità di palladio residua nel prodotto.54

Infine è importante sottolineare che l’aldeide 26a non viene purificata, ma viene prima sottoposta a work-up e filtrazione per eliminare il palladio elementare e successivamente passata su una resina scavenger di Pd (Deloxan THP Type-II). Questo processo è utile per eliminare gran parte del palladio, anche se la quantità allontanata non è sempre costante e sufficiente, quindi la parte residua nel prodotto viene trasferita nei seguenti step della sintesi almeno fino alla prima purificazione.

2.2

Ottimizzazione

delle

condizioni

per

l’ottenimento

dell’aldeide 26a

2.2.1

Premessa e prime prove

Per i motivi spiegati nel paragrafo 1.3, la prima fase di questo lavoro di Tesi ha previsto uno studio approfondito della reazione descritta nello schema 2.1, al fine di ridurre i problemi sperimentali che possono limitarne l’applicabilità, in particolar modo su scala industriale. A questo scopo è stata effettuata un’accurata valutazione dei parametri della reazione (quali sali, catalizzatore, base, solvente), variandone quantità e tipologia.

Prima di iniziare a descrivere le varie serie di prove effettuate nel corso di questo studio, può essere da rilevare che ogni singola prova è stata valutata in primo luogo tenendo conto semplicemente della conversione apparente del bromuro 24a nel prodotto desiderato 26a, misurata mediante gascromatografia. Allo stesso modo è stato valutato il rapporto regioisomerico considerando l’area del segnale glc (gas-liquid chromatography) dovuto a 34a rispetto a quella di 26a. Ovviamente la conversione apparente è un parametro estremamente

(31)

26

impreciso, soprattutto visti i sottoprodotti che si possono formare. D’altra parte tale parametro permette di avere un’idea dell’andamento della reazione in modo semplice e veloce e di scartare rapidamente reazioni sicuramente poco efficienti. Nei casi in cui la conversione apparente è risultata superiore al 50%, le reazioni sono state confrontate valutandone la resa mediante glc, con l’ausilio dell’aggiunta di uno standard interno (naftalene, di cui è stato misurato il rapporto di risposta rispetto a 26a autentico, isolato da uno dei grezzi di reazione e debitamente caratterizzato). Infine, in alcuni casi, la bontà della reazione è stata confermata isolando il prodotto desiderato 26a, mediante Medium Pressure Liquid Chromatography (MPLC).

Inizialmente sono state effettuate due prove preliminari riproducendo fedelmente la procedura del brevetto Eli Lilly citato nel paragrafo precedente, per avere un riscontro diretto anche visivo delle problematiche operative, nonchè una reazione base di riferimento.

Come già delineato nello schema 2.2 le condizioni sperimentali esatte descritte nel brevetto del 2002 sono:46

reagente limitante: bromuro arilico 24a; 3-buten-1-olo (25a): 1.2 equivalenti

⋅ catalizzatore: Pd(OAc)2, 2.5 mol% rispetto a 24a;

⋅ base: LiOAc idrato, 1.1 equiv.;

⋅ additivi: LiCl, 3 equiv.; tetrabutilammoniocloruro (TBAC) idrato, 0.5 equiv.; ⋅ solvente: DMF, 2.5 mL/ mmol di 24a;

⋅ temperatura di reazione: 65 °C; ⋅ tempo di reazione: 10 h;

⋅ atmosfera inerte (N2/ Ar).

In realtà questa procedura è stata messa a punto per 279 mmol di 24a e quindi circa 700 mL di solvente; ovviamente nel nostro laboratorio è stata riprodotta su scala proporzionalmente assai inferiore per motivi sia pratici (per quelle quantità occorrono apparecchiature industriali), che economici (data la lunga serie di prove programmate). In particolare, le prove volte all’ottimizzazione di questa reazione sono state effettuate sulla scala delle 10 mmol di 24a, sciolte in 25 ml di DMF. Entrambe le prove effettuate nelle condizioni originarie sono risultate a completezza dopo tre ore (ma non sono state controllate a tempi inferiori), mostrando che il tempo di reazione realmente necessario è effettivamente minore di quello riportato nel brevetto (10 ore), per lo meno per quanto riguarda la scala da noi impiegata. E’ inoltre da rilevare che la base inorganica (LiOAc) è risultata insolubile a freddo nella miscela

(32)

27

di reazione e che questa appariva molto densa e viscosa, a causa della pesante presenza di sali, almeno fino al raggiungimento della prevista temperatura di reazione; a regime si ottiene una soluzione limpida gialla relativamente viscosa che scurisce gradualmente ad una colorazione più ambrata man mano che la reazione procede e aumenta la conversione.

Una condizione operativa fondamentale si è rivelata l’atmosfera inerte: successivamente a queste due prove di riferimento sono state eseguite alcune prove preliminari all’aria, utilizzando ancora le solite condizioni sperimentali. E’ stato così dimostrato che se non effettuata in atmosfera inerte la reazione non procede, probabilmente a causa di fenomeni di interazione tra il palladio e l’ossigeno che disattivano il catalizzatore. E’ stato inoltre verificato che facendo gorgogliare azoto o argon in una delle miscele di reazione risultate inerti in quanto esposte all’aria, è possibile far ripartire la reazione e quindi ottenere normalmente il prodotto desiderato. Questo dato può supportare l’ipotesi sopra esposta, ma appare comunque piuttosto curioso, visto che ugualmente la disattivazione del palladio da parte dell’ossigeno, quando avviene, è permanente. Peraltro risultati analoghi in presenza di ossigeno sono stati ottenuti anche per le condizioni ottimizzate per sali, catalizzatore e base descritte nei paragrafi seguenti. Pertanto, anche se industrialmente potrebbe essere molto vantaggioso effettuare la reazione all’aria, questo non è possibile, è quindi stato deciso di operare in atmosfera di azoto.

(33)

28

2.2.2

Studio sulla reale necessità del LiCl e del TBAC come additivi

Per i motivi spiegati nei paragrafi precedenti, relativi alla viscosità della miscela di reazione e ai problemi di work-up, un primo studio ha riguardato la possibilità di diminuire le quantità dei due additivi LiCl e TBAC, o addirittura di eliminarli. E’ da ricordare che l’uso di additivi salini come questi in reazioni tipo Mizoroki-Heck, è stato introdotto nel 1985 da Jeffery,53 e che tali sali dovrebbero avere la funzione di stabilizzare le specie di Pd dalla sinterizzazione e di facilitare la reazione. Più in particolare sono state saggiate diverse combinazioni di condizioni, in cui veniva variata progressivamente la quantità sia del cloruro di litio, sia del sale d’ammonio; questo mantenendo invariati gli altri parametri di reazione, per poter attribuire con certezza eventuali cambiamenti nei risultati soltanto alla variazione dei sali. Lo scopo finale era quello di limitarne l’utilizzo alla minima quantità indispensabile. Nella

tabella 2.1 sono schematizzati i principali risultati ottenuti.

(34)

29 Provaa LiCl (equiv.) TBAC (equiv.) Tempo (h) Conversioneb in 26a+34a (%) Resa glc in 26a(%)c 34a/26a (%) 1 1 0.5 1 >99 98 0.09 2 3 - 1 >99 93 0.09 3 - - 24 0 - - 4 - 0.5 1 >99 80 0.07 5 1 - 1 >99 95 0.08 a

Condizioni di reazione: 10 mmol di 24a, 1.2 equiv. di 25a, 1.1 equiv. di LiOAc idrato, 2.5 mol% di Pd(OAc)2, DMF (2.5

mL/ mmol), 65 °C, N2.

b

Calcolata come rapporto percentuale tra l’area del segnale glc dovuto a 24a e la somma di quelle di 26a e 34a;

c Resa gas-cromatografica calcolata usando naftalene come standard interno.

Tabella 2.1

Osservando i risultati delle varie prove riportate in tabella 2.1 si può concludere che la reazione può procedere a completezza, in tempi paragonabili a quelli delle condizioni originarie, addirittura eliminando uno dei due sali (prove 4 e 5); tuttavia, eliminandoli entrambi, la reazione non ha dato esito positivo (prova 3), se ne evince quindi che almeno uno dei due sali è necessario per l’attivazione e la stabilizzazione del sistema catalitico, come è stato descritto nel paragrafo 2.1.

D’altra parte la sola presenza del sale d’ammonio (prova 4) ha provocato un aumento della difficoltà nella lavorazione del grezzo, dal momento che durante la fase di estrazione si è formato uno spesso strato di emulsione tra la fase acquosa e quella organica. Inoltre questa prova ha portato ad una resa evidentemente inferiore rispetto alle altre. Un ulteriore aspetto da non sottovalutare è il costo dei reagenti: il cloruro di litio è decisamente più economico di un generico sale d’ammonio; peraltro queste prove hanno permesso di accertare che, pur in assenza di TBAC, la quantità realmente necessaria di LiCl è decisamente minore di quella della ricetta originaria (1 equiv. anziché 3).

Un’ultima conclusione che si può trarre da queste prove è che la presenza e la quantità di questi due additivi non influiscono significativamente sul rapporto regioisomerico del prodotto ottenuto, che in tutte le prove non ha subito variazioni significative rispetto a quello riportato per la ricetta originaria (cfr. Schema 2.2 e Tabella 2.1).

Tenendo conto di tutto ciò, è stato quindi deciso di procedere nello studio utilizzando come additivo solo 1 equivalente di LiCl.

(35)

30

2.2.3

Ottimizzazione della quantità di catalizzatore: prime conclusioni

e primi problemi

In modo analogo a quello descritto nel paragrafo precedente, è stato quindi effettuato uno studio anche sulla quantità di catalizzatore realmente necessaria. Sono state così eseguite varie prove in cui è stata diminuita progressivamente la quantità di Pd(OAc)2. Le prove più

significative fra quelle effettuate sono riportate nella tabella 2.2; come risulta da questa tabella, per correttezza di confronto in primo luogo è stata diminuita la quantità di catalizzatore, mantenendo costanti gli altri parametri rispetto alla ricetta originaria (compresa la quantità di additivi, prova 1, Tabella 2.2), quindi si è proceduto a diminuirla ulteriormente usando come additivo solo 1 equiv. di LiCl, così come deciso dopo la serie di prove riportate nel paragrafo precedente.

(36)

31 Provaa Pd(OAc)2 (moli%) LiCl (1 equiv.) TBAC (equiv.) Tempo (h) Conversione in 26a+34a (%)b Resa glc in 26a(%)c 34a/26a (%) 1 1 3 0.5 1 >99 98 0.08 2 1 1 - 1 >99 99 0.08 3 0.5 1 - 3 >99 98 0.07 4 0.25 1 - 3 >99 99 0.08 5 0.1 1 - 6 0 - - a

Condizioni di reazione: 10 mmol di 24a, 1.2 equiv. di 25a, 1.1 equiv. di LiOAc idrato, DMF (2.5 mL/ mmol), 65 °C, N2.;

b

Calcolata come rapporto percentuale tra l’area del segnale glc dovuto a 24a e la somma di quelle di 26a e 34a;

c

Resa gas-cromatografica calcolata usando naftalene come standard interno.

Tabella 2.2

Dai risultati riportati nella tabella 2.2, si può ricavare che il limite minimo di catalizzatore necessario per far avvenire la reazione è di 0.25 mol% (prova 4, tabella 2.2); in questo caso infatti la reazione procede a conversione completa in tempi ancora più che accettabili e con rese ottime e senza significativi peggioramenti del rapporto tra regioisomeri. Al contrario, una dose ulteriormente inferiore non è stata sufficiente per far procedere la reazione, infatti non si osserva alcuna traccia di prodotto (prova 5, tabella 2.2). Pertanto è stato deciso di procedere l’ottimizzazione in catalisi omogenea impiegando una quantità di catalizzatore di 0.25 mol%. Già dopo questa prima serie di prove i risultati apparivano formalmente più che soddisfacenti, infatti era stato dimostrato che la reazione modello impiegata poteva procedere in modo molto efficiente e veloce anche con quantità di additivi e di catalizzatore drasticamente inferiori a queklle della ricetta originaria: solo 1 equiv. di LiCl in luogo di 3, niente TBAC e 0.25 mol% di Pd(OAc)2 contro 2.5 (un decimo!). Oltre all’evidente maggior semplicità ed economicità,

queste condizioni di reazione permettono una esecuzione e lavorazione della reazione stessa significativamente più semplice: minor viscosità della miscela sia a caldo che a freddo, estrazione più agevole (meno schiume e residui indisciolti, smistamento veloce), filtrazione degli estratti più veloce.

Purtroppo, ripetendo più volte le prove della tabella 2.2, è stato possibile individuare una certa mancanza di completa riproducibilità della reazione, soprattutto a dosi di catalizzatore più basse. Più in particolare, in alcuni casi è stato osservato un rapido rallentamento della reazione dopo meno di un’ora, seguito dall’arrestarsi della conversione a livelli fra il 30 e il

(37)

32

90%; contemporaneamente il colore della miscela virava dal giallo chiaro al nero. D’altra parte questo dato è in accordo con quanto citato nei paragrafi 2.1 e 2.2.1, circa la scarsa riproducibilità di questa reazione anche nelle condizioni originarie e l’eliminazione di questo problema è appunto uno degli scopi di questo lavoro di Tesi.

Il comportamento sopra citato poteva ragionevolmente essere attribuito ad una bassa stabilità del sistema catalitico, influenzata da fattori difficilmente controllabili (tracce di O2 più o

meno elevate, velocità di agitazione, scala della reazione, dettagli procedurali, ecc.) e ovviamente aggravata in presenza di minori quantità di catalizzatore e di additivi potenzialmente stabilizzanti.

Una via per cercare di ovviare a questo problema poteva essere quella di utilizzare come catalizzatore, invece di un semplice sale di Pd, un complesso di Pd(0) o Pd(II) con opportuni leganti (ad esempio fosfinici), oppure di aggiungere un legando alla miscela di reazione così come già messa a punto. Però questa soluzione, anche risultando efficiente, avrebbe comportato senz’altro un aumento dei costi e una diminuzione della purezza del prodotto grezzo ottenuto, che sicuramente avrebbe contenuto almeno parte del legando utilizzato, con il rischio di dover procedere ad una purificazione prima dello stadio successivo(si ricordi che nel processo industriale 26a viene utilizzata grezza).

Un’alternativa più semplice, pratica ed economica, poteva essere quella di provare a cambiare base, usando un’ammina in luogo di un sale inorganico. Tenendo conto della nostra esperienza e di numerose casistiche riportate in letteratura, l’impiego di una base con capacità complessanti, anche se più debole, poteva essere sufficiente a risolvere il problema della stabilità del sistema catalitico. E’ inoltre da rilevare che l’acetato di litio, anche se è una buona base per questa reazione (è abbastanza green, ne basta una quantità leggermente in eccesso rispetto al reagente limitante, dà luogo a ottimi risultati), è poco solubile a freddo in DMF e anche a caldo genera un aumento della viscosità della miscela di reazione. Pertanto anche da questo punto di vista l’uso di un’ammina, non salina e ben solubile nel solvente di reazione, poteva comportare un vantaggio; del resto ammine di varia natura sono molto usate anche in letteratura per la reazione di Heck in generale.55

2.2.4

Studio sulla possibilità di utilizzare ammine come base

Per i motivi riportati nel paragrafo precedente, è stato quindi condotto uno studio sulla possibilità di condurre convenientemente la nostra reazione modello usando ammine come basi (Tabella 2.3). Considerando la minor basicità delle ammine rispetto al LiOAc, queste

(38)

33

prove esplorative sono state inizialmente effettuate con una quantità di base maggiore rispetto alla procedura originaria: 2 equivalenti di ammina, anziché 1.1 di LiOAc.

Schema 2.5

Provaa Base b Temperatura (°C) Tempo (h) Conversione in 26a+34a (%)c Resa glc in 26a+34a(%)d 34a/26a (%) 1 TPA 65 5 tracce - 0.09 2 TPA 80 3 >99 82 0.08 3 pirrolidina 65 5 0e - - 4 pirrolidina 80 3 0e - - 5 piperidina 80 3 0e - - 6 N-metil-piperidina 80 5 95 86 0.09 7 TEA 80 1 >99 99 0.08 8 DIPA 80 3 0e - - a

Condizioni di reazione: 10 mmol di 24a, 1.2 equiv. di 25a, 1 equiv. di LiCl, 2 equiv. di base, 0.25 mol% Pd(OAc)2, DMF

(2.5 mL/ mmol), N2;

b

Con queste condizioni il quenching e il work-up sono stati ottimizzati: è necessario neutralizzare la basicità con una soluzione di HCl al 5%;

c

Calcolata come rapporto percentuale tra l’area del segnale glc dovuto a 24a e la somma di quelle di 26a e 34a;

d

Resa gas-cromatografica calcolata usando naftalene come standard interno;

e

Non si forma il prodotto desiderato, ma si forma un prodotto incognito che non è stato ancora identificato, la cui conversione aumenta col passare del tempo.

Tabella 2.3

Come riportato nella Tabella 2.3, la tripropilammina è risultata non efficiente utilizzando le condizioni di reazione ottimizzate per sali e catalizzatore, a 65 °C (prova 1), ma provando ad

(39)

34

aumentare la temperatura si è rivelata in grado di promuovere efficientemente la reazione (prova 2).

Analogamente anche la trietilammina a 80 °C (prova 7, Tabella 2.3) si è mostrata un’ottima base per il nostro scopo, forse la migliore, almeno per quanto riguarda tempo di reazione e resa; purtroppo però è stata esclusa per una questione operativa: il suo punto di ebollizione (88 °C) è molto vicino alla temperatura di reazione. Dato che a livello industriale è necessario evitare di portare il sistema a riflusso per limitare al minimo le problematiche di sicurezza e di costi di manutenzione dell’impianto, questa base non è risultata adeguata ed è stata scartata. L’N-metil-piperidina (prova 6) ha dato risultati accettabili a 80 °C, sebbene abbia richiesto tempi più lunghi e non abbia portato ad una conversione completa.

Con l’impiego di altre basi (pirrolidina, piperidina, diisopropilammina) è stata osservata la progressiva formazione di un prodotto diverso dall’aldeide desiderata, la cui conversione aumentava col passare del tempo; questo però non è ancora stato individuato. In questi casi (prove 3, 4, 5, 8; Tabella 2.3) non è stata rilevata alcuna traccia del prodotto aldeidico 26a. Quindi considerati i risultati, è stato concluso che la base più efficiente e operativamente più vantaggiosa è la tripropilammina, che mostra le sue potenzialità a 80 °C. Con questa sono state poi eseguite altre prove in cui è stata diminuita la quantità di TPA o di LiCl, che però non hanno dato esito positivo.

Un’ultima considerazione riguardo alla scelta della TPA come base per la nostra reazione, deriva da una serie di ripetizioni delle prove 2, 6 e 7, riportate nella tabella 2.3, effettuate allo scopo di verificare la riproducibilità delle reazioni: in ogni caso non sono mai state osservate drastiche riduzioni della conversione, ma con la TPA in particolare, il sistema è apparso particolarmente stabile, tenendo conto sia dell’elevata riproducibilità delle rese, sia della maggior lentezza e gradualità del cambiamento di colore della miscela di reazione (dal giallo al nero). Questo dato, oltre a confermare la nostra scelta della TPA come base più opportuna, permette di affermare di aver risolto almeno in buona parte, il problema della riproducibilità della reazione modello (se non altro sulla scala da noi impiegata).

Per quanto riguarda infine la conduzione ed il work-up delle reazioni, è da rilevare che l’uso della TPA (ma anche delle altre ammine saggiate) in luogo del LiOAc, rende effettivamente più fluide le miscele di reazione e ne semplifica la lavorazione. In particolare, l’estrazione risulta particolarmente agevole e veloce, senza tracce di schiume o di particolati insolubili; le fasi organiche ottenute sono assolutamente limpide e, probabilmente, la presenza dell’ammina aiuta il palladio a sciogliersi nella fase acquosa. Peraltro il trattamento con acqua acidulata

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(vedi Tabella 2.3 e parte sperimentale) permette di eliminare completamente l’ammina dalle fasi organiche.

2.2.5

Temperatura e concentrazione

Come già accennato nel paragrafo precedente un aspetto fondamentale per la riuscita della reazione nelle nuove condizioni individuate è la temperatura: è stato necessario alzare la temperatura di reazione da 65 a 80 °C; questo ha permesso di ottenere migliori risultati in tempi brevi, non ha creato problemi operativi e non rappresenta un aggravio neanche da un punto di vista dell’applicazione industriale.

Un’altra osservazione importante riguardo il solvente: la dimetilformammide è molto inquinante e tossica e nella procedura del brevetto viene utilizzata in elevate quantità, corrispondenti ad una bassa concentrazione di reagente limitante (0.4 M, 2.5 mL/mmol). Questo problema viene maggiormente evidenziato riportando la reazione su scala industriale, dove per ottenere grandi quantità di prodotto vengono impiegati grandi volumi di solvente. D’altra parte la DMF è in generale fra i solventi oggi più utilizzati in reazioni tipo Mizoroki-Heck; spesso viene sostituita con il meno tossico, ma più costoso, solvente aprotico dipolare N-metilpirrolidinone (NMP), però alcune prove effettuate sulla nostra reazione modello hanno permesso di accertare che in questo caso la DMF permette prestazioni migliori. Considerando anche che questa alchenilazione non è l’unica reazione che fa uso della DMF come solvente, non è stato ritenuto opportuno condurre altri studi sulla possibilità di cambiarne il solvente. E’ stato però deciso che poteva essere molto vantaggioso riuscire ad aumentarne la concentrazione, in modo da usare minori volumi di DMF. Le principali prove effettuate a questo scopo sono riportate nella tabella 2.4.

Riferimenti

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