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Sviluppo di un sistema ottico di acquisizione di forma per il rilievo dimensionale di componenti di pompe centrifughe

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Academic year: 2021

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Scuola di Ingegneria

Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Meccanica Dipartimento di Ingegneria Civile e Industriale

Sviluppo di un sistema ottico di acquisizione di forma per il

rilievo dimensionale di componenti di pompe centrifughe

Relatore: Prof. Armando V. RAZIONALE Correlatore: Prof. Alessandro PAOLI

Correlatore Ing. Paolo NERI

Correlatore Ing. Marco LOMBARDO

Tesi di laurea di:

Andrea LANDI Matr. 450740 Matteo SANI Matr. 467226

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Vorremmo ringraziare le nostre famiglie per il supporto che ci hanno mostrato durante tutto il percorso universitario, spronandoci sempre a dare il meglio. Ringraziamo il professor

Armando e Alessandro e l'ingegnere Paolo per la pazienza e la massima disponibiltà oertaci, nonchè per i suggerimenti e il constante aiuto che ci hanno permesso di svolgere al

meglio il nostro lavoro di tesi. Un ulteriore ringraziamento va all'azienda Termomeccanica Pompe che ci ha permesso di intraprendere il periodo di tirocinio, in particolar modo

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The purpose of this thesis is to acquire the internal and external geometry of an impeller of a centrifugal pump. It has been used two dierent acquisition systems: a structured light to the external part and a contact method to the inner part.

Having at disposal two cameras, it has been studied a new scanning approach, which uses two camera-projector systems allowing to expand the acquisition space. The overlap of the points clouds obtained by the two systems has been made possible by applying a new global calibration procedure that considers simultaneously the three optical devices. We have studied some methods to reduce the eects of indirect lighting, that cause errors during decoding phase. One of them was applied operationally during the present work, and validated through experimental tests.

Internal geometries are acquired with probing method. The used instrument, is equipped with a stem suciently small to enter inside the duct of the impeller. At its end is located a double tip, which allows to acquire both the intrados and the extrados of the compartment. In order to speed up the process, a wireless system has been developed, consisting in two Arduino boards, communicate with each other. In addition, the calibration phase has been modied, which results more robust and precise.

(4)

1 Introduzione 12

1.1 Metodi a contatto . . . 13

1.2 Metodi senza contatto per riessione-ottici . . . 14

1.2.1 Metodi passivi . . . 15

1.2.2 Metodi attivi . . . 17

1.3 Metodi senza contatto per trasmissione: tomograa computerizzata (CT) . . 24

2 Pompe Centrifughe 25 2.1 La girante . . . 27

2.1.1 Materiali . . . 28

3 Sistemi di acquisizione 30 3.1 Metodo a luce strutturata . . . 32

3.1.1 Hardware . . . 32

3.1.2 Procedure di calibrazione . . . 34

3.1.3 Procedura di ricostruzione 3D . . . 42

3.2 Metodo a contatto con tastatore a riconoscimento ottico . . . 45

3.2.1 Componenti del tastatore . . . 45

3.2.2 Sistema di acquisizione . . . 47

4 Soluzione ad alcuni problemi nei metodi a luce strutturata 52 4.1 Approccio pratico per la scansione di oggetti in presenza di interriessione, dispersione sub-superciale e defocalizzazione . . . 53

4.1.1 Analisi degli errori in presenza di illuminazione indiretta . . . 55

4.1.2 Eetti a lungo raggio . . . 56

(5)

4.1.3 Eetti a corto raggio (dispersione sub-superciale e defocus) . . . 57

4.1.4 Pattern per la prevenzione dell'errore . . . 58

4.1.5 Assemblaggio di codici per scene generiche . . . 62

4.1.6 Considerazioni e limiti . . . 67

4.2 Ricostruzione di un oggetto altamente riettente . . . 68

4.2.1 Identicazione delle zone più luminose . . . 68

4.2.2 Schema geometrico del pattern . . . 70

4.2.3 Simulazione ed esperimenti . . . 73

5 Applicazione dei metodi di acquisizione 74 5.1 Sistema doppio telecamera-proiettore . . . 75

5.1.1 Analisi della sovrapposizione delle nuvole di punti . . . 75

5.1.2 Algoritmo MATLAB . . . 77

5.2 Sistema di tastatura per punti . . . 81

5.2.1 Nuovo approccio alla calibrazione . . . 82

5.2.2 Integrazione della tecnologia Arduino con il metodo di tastatura . . . 90

5.2.3 Case per Arduino UNO . . . 91

6 Prove sperimentali e conclusioni 93 6.1 Considerazioni iniziali . . . 94

6.2 Confronto tra il sistema stereo ed il sistema doppio temecamera-proiettore . . 94

6.3 Prove con piano e cilindro . . . 96

6.3.1 Piano . . . 96

6.3.2 Cilindro . . . 98

6.4 Verica sulla girante . . . 100

6.5 Acquisizione del vano palare mediante tastatore . . . 102

6.6 Altre scansioni . . . 104

6.7 Conclusioni . . . 105

7 Possibili sviluppi futuri 107 7.1 Tavola rotante . . . 107

(6)

7.1.2 Registrazione automatica di due scansioni successive . . . 109 7.1.3 Altri metodi di calibrazione per tavole rotanti . . . 109 7.2 Surround structured lighting . . . 110

A Pompe centrifughe 113

A.1 Rendimento e potenza di una turbopompa . . . 113 A.2 Cavitazione . . . 114

B Geometria epipolare 117

C Sistema di acquisizione TM.P. 119

D Soluzione di sistemi sovradeterminati con fattorizzazione SVD 121

(7)

1.0.1 Tipoligie di acquisizione 3D . . . 13

1.1.1 Metodi a contatto . . . 14

1.2.1 Stereovisione con telecamere parallele . . . 15

1.2.2 Shape from shading . . . 16

1.2.3 Shape from silhouettes . . . 17

1.2.4 Eetto speckle su una supercie illuminata da un laser verde . . . 18

1.2.5 Laser spot . . . 18

1.2.6 Laser line . . . 19

1.2.7 Metodo ottico a tempo di volo . . . 19

1.2.8 Esempio di frange di Moiré . . . 20

1.2.9 Metodo di Moiré . . . 20

1.2.10Tabella di classicazione pattern . . . 21

1.2.11Esempi di metodi time-multiplexing . . . 22

1.2.12Codice di De Bruijn . . . 23

1.2.13Esempi di pattern per il metodo di Direct-codication . . . 23

1.3.1 Esempio di tomograa . . . 24

2.0.1 Pompa centrifuga multistadio . . . 26

2.1.1 Angoli di uscita del uido β2 . . . 27

2.1.2 Curve caratteristiche pompe centrifughe . . . 28

2.1.3 Girante per pompa centrifugo . . . 29

3.1.1 Proiettore DLP . . . 32

3.1.2 Sistema di acquisizione . . . 33

(8)

3.1.3 Sistemi di rifemento . . . 34

3.1.4 Calibrazione automatica MATLAB 2016 . . . 36

3.1.5 Provino di calibrazione . . . 36

3.1.6 Calibrazione stereo . . . 37

3.1.7 Origine e giacitura del piano di proiezione . . . 38

3.1.8 Intersezione raggi-piano di proiezione . . . 39

3.1.9 Codice verticale ed orizzontale . . . 39

3.1.10Estrapolazione delle coordinate dei centri dei cerchi . . . 40

3.1.11Provino nelle sue diverse angolazioni . . . 41

3.1.12Posizione relativa tra telecamera (right cam) e proiettore (left cam) . . . 41

3.1.13Intersezione piano di luce con il raggio ottico . . . 43

3.1.14Utilizzo di pattern orizzontali e verticali per le corrispondenze . . . 44

3.2.1 Sviluppo ag di riconoscimento . . . 45

3.2.2 Impugnatura assemblata . . . 46

3.2.3 Pattern stampato . . . 47

3.2.4 QR code . . . 48

3.2.5 Procedura di individuazione griglia . . . 48

3.2.6 Corretta acquisizione della griglia . . . 49

3.2.7 Errata acquisizione della griglia . . . 49

3.2.8 Sistema di bloccaggio del tastatore . . . 50

3.2.9 Intersezione 3 piani . . . 51

4.1.1 Eetti di interriessione e dispersione sub-superciale . . . 53

4.1.2 Classicazione difetti illuminazione indiretta . . . 54

4.1.3 Fenomeno di interriessione su scanalatura a V . . . 57

4.1.4 Binarizzazione corretta con codice ad alta frequenza . . . 57

4.1.5 Decodica errata in presenza di dispersione sub-superciale . . . 58

4.1.6 XORizzazione pattern binario e risultati . . . 60

4.1.7 Pattern progettati per gli eetti a corto raggio . . . 61

4.1.8 Pattern utilizzati per risolvere i problemi di luce indiretta . . . 62

(9)

4.1.10Matrici di scambio per distinti schemi di codica . . . 65

4.1.11Analisi dell'errore per due valori di probabilità p . . . 66

4.1.12Tabella degli errori medi . . . 66

4.1.13Tabella degli errori medi in pixel . . . 67

4.2.1 Errata ricostruzione di una supercie riettente . . . 68

4.2.2 Confronto dei metodi per l'identicazione di zone altamente luminose . . . 69

4.2.3 Operazione di smoothing dell'intensità luminosa . . . 70

4.2.4 Ricostruzione pattern nella zona altamente illuminata . . . 70

4.2.5 Denizione delle tipologie di vettore . . . 71

4.2.6 Ricostruzione dei possibili percorsi del pattern . . . 71

4.2.7 Tracciamento linee di giunzione . . . 72

4.2.8 Congurazione ottimale del pattern ricostruito . . . 73

4.2.9 Esempio di ricostruzione con il metodo proposto . . . 73

5.1.1 Distanza tra i piani acquisiti con i due sistemi telecamera-proiettore . . . 77

5.1.2 Algoritmo MATLAB . . . 79

5.1.3 Codice MATLAB per il ltraggio . . . 80

5.1.4 Codice ricostruito . . . 81

5.2.1 Allineamento griglie e relativi punti dello stelo . . . 83

5.2.2 Codice SVD . . . 84

5.2.3 Confronto tra due delle famiglie di punti delle griglie . . . 85

5.2.4 Metodo 3 Piani . . . 87

5.2.5 Metodo della Media . . . 87

5.2.6 Metodo SVD . . . 87

5.2.7 Confronto tra il Metodi della Media e SVD . . . 88

5.2.8 Istogrammi . . . 90

5.2.9 Interfaccia graca Arduino . . . 91

5.2.10Case per Arduino UNO . . . 92

6.2.1 Confronto in termini di accuratezza della scansione . . . 95

6.2.2 Confronto sul volume acquisito . . . 95 6.3.1 Confronto tra le nuvole di punti ottenute con i tre sistemi stereo di acquisizione 97

(10)

6.3.2 Misura distanza markers . . . 98

6.3.3 Confronto tra le nuvole di punti ottenute con i tre sistemi stereo di acquisizione 99 6.3.4 Misura diametro cilindro . . . 100

6.4.1 Sovrapposizione nuvole di punti delle varie acquisizioni . . . 101

6.4.3 Ricostruzione della girante col sistema di acquisizione di TM.P. . . 102

6.4.2 Mesh nale della girante e relativa foto . . . 102

6.5.1 Ricostruzione del vano . . . 103

6.5.2 Verica del tastatore con la supercie esterna . . . 103

6.5.3 Ricostruzione della geometria del condotto . . . 104

6.6.1 Elica per natante . . . 104

6.6.2 Interasse giunto di collegamento . . . 105

7.1.1 Ricostruzione 3D mediante tavola rotante . . . 108

7.1.2 Algoritmo iterativo di riscostruzione . . . 109

7.2.1 Strumentazione impiegata per il metodo . . . 111

7.2.2 Esempio di applicazione del metodo . . . 112

A.2.1Eetto erosivo della cavitazione . . . 115

A.2.2Pompa soprabattente . . . 115

B.0.1Piano epipolare . . . 117

C.0.1CAM2rScanArm . . . 119

E.0.1Vista superiore . . . 123

(11)

5.1 Scelta del tipo di analisi da avviare per la ricostruzione . . . 79

5.2 Confronto tra le coordinate della punta . . . 85

5.3 Analisi dei punti tastati rispetto al piano di best-t . . . 89

5.4 Analisi dei punti tastati rispetto al piano di riferimento . . . 89

6.1 Dimensioni a confronto . . . 101

6.2 Indice validità tastatore . . . 105

(12)

Introduzione

Il processo di Reverse Engineering, o chiamato anche di ingegneria inversa, comprende tutta quella serie di metodologie che sono state sviluppate nel corso degli anni, con lo scopo di digi-talizzare un oggetto 3D e di importarlo in un sistema CAD. Mediante l'utilizzo di un sensore ottico si catturano più immagini dell'oggetto, le quali saranno elaborate da un opportuno software, al ne di ottenere una nuvola di punti, più o meno ordinati, che rappresentano le coordinate del corpo tridimensionale. Una volta caricato sul computer possono essere eseguiti controlli dimensionali, volti alla ricostruzione di una copia esatta dell'oggetto in questione: si pensi a tutte quelle apparecchiature ormai tecnologicamente sorpassate ma ancora impiegate in alcune aziende e delle quali non si hanno più a disposizione le tavole di disegno. Molto spesso durante il ciclo di lavorazione si ottengono difetti o errori indesiderati a livello geo-metrico, per esempio a causa di utensili molto usurati e quindi da sostituire, oppure per la manipolazione del pezzo grezzo dentro la piattaforma di lavoro. Per poter garantire che un lotto in uscita dalla stazione di lavoro sia conforme a quanto progettato è necessario eettuare dei controlli dimensionali, ed il Reverse Engineering è una delle possibili alternative.

Nel corso degli ultimi anni le tecniche di acquisizione sono state anate puntando sulla ri-duzione del tempo di campionamento, in modo da velocizzare il processo, e aumentare la precisione e quindi la risoluzione delle scansione. Quest'ultima è progredita di pari passo con la realizzazione di telecamere e proiettori sempre più precisi.

I metodi per l'acquisizione di superci tridimensionali sono tradizionalmente suddivisi in due famiglie: metodi a contatto e metodi senza contatto. A loro volta queste due famiglie posso essere divise in sottogruppi, come si vede nella g.1.0.1.

(13)

Figura 1.0.1: Tipoligie di acquisizione 3D

Per quanto riguarda i metodi senza contatto saranno descritti quelli per riessione ottici e per trasmissione, dal momento che sono quelli più ampiamente utilizzati nel campo dell'ingegneria meccanica ed in particolar modo per applicazioni di Reverse Engineering.

1.1 Metodi a contatto

I metodi a contatto sono caratterizzati da misurazioni puntali, in quanto si impiega un tasta-tore per acquisire la geometria del corpo. La movimentazione del tastatasta-tore può avvenire in due modi: mediante braccio robotico o CMM (Coordinate-Measuring Machine).

Per ottenere la geometria superciale del corpo, sarà necessario risolvere la cinematica diretta del robot: conoscendo la geometria del link e il moto dei giunti è possibile denire la posizione del tastatore all'interno di un opportuno sistema di riferimento sso. Per avere una corretta misurazione è necessario conoscere le dimensioni del tastatore utilizzato, le quali possono essere ottenute attraverso un metodo di calibrazione. Esso consiste nell'acquisiszione della distanza fra il punto in cui avviene il contatto e il centro dell'ultimo link (a distanza nota dallo zero del braccio).

La geometria del tastatore può essere scelta ad hoc a seconda della tipologia di supercie da campionare; ad esempio è possibile progettare tastatori in grado di raggiungere parti non visibili dai sistemi di scansione ottici. Per questa applicazione è necessario porre particola-re attenzione alla rigidezza della struttura: durante la tastatura, se la snellezza della sonda causa essioni eccessive, si avrà un'erronea acquisizione del punto. Trattandosi di un

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meto-do puntuale, per la ricostruzione di superci sarà richesto di acquisire un elevato numero di punti rendendo il processo laborioso. In realtà molti strumenti permettono la scansione con-tinua dell'oggetto: facendo strisciare delicatamente il tastatore sulla supercie in questione, il sistema acquisirà i punti con una frequenza predenita.

Lo stato dell'arte per i metodi a contatto è rappresentato da manipolatori a 7 Dof, movi-mentati manualmente dall'operatore e facilmente trasportabili. Questa soluzione è utilizzata principalmente per applicazioni di Reverse Engineering. Al contrario le macchine CMM, ben-chè assicurino una precisione maggiore (decimi di micron rispetto alle decine di micron dei robot), non sono trasportabili e possiendono una limitata mobilità. Questi svantaggi rendono le CMM inadatte per attività di Reverse Engineering, ma trovano largo impiego in operazioni di collaudo dimensionale e controlli geometrici.

(a) CMM (b) Manipolatore

Figura 1.1.1: Metodi a contatto

1.2 Metodi senza contatto per riessione-ottici

I metodi ottici sono i più utilizzati nel campo dell'ingegneria inversa grazie alla velocità di acquisizione e alla elevata precisione disponibile. Queste tecniche si dividono a sua volta in tecniche attive e passive.

I metodi passivi sono sfruttati nei dispositivi che non emettono alcuna radiazione luminosa ma utilizzano quella disponibile nell'ambiente di misura. Usando questo approccio, il problema principale sta nell'imperfetta ricostruzione dovuta all'impossibilità di stabilire una corretta corrispondenza fra i vari punti delle immagini acquisite; questo problema si complica quando è necessario rilevare un oggetto che non presenta particolari punti di riferimento.

(15)

Al contrario le tecniche attive utilizzano sistemi di illuminazione che interagiscono con i di-spositivi di acquisizione. Questi metodi vengono anche chiamati a luce strutturata, poichè la sorgente di luce (laser o bianca) non è diusa, ma è più o meno coerente.

1.2.1 Metodi passivi

I principali approcci di tipo passivo sono: Stereovisione, Shape from shading e Shape from silhouettes.

1.2.1.1 Stereovisione

Questa tecnica impiega immagini della stessa scena acquisite da dierenti punti di vista, rifacendosi in tal modo alla visione umana. Tale approccio prevede che l'oggetto sia osservato da due videocamere CCD 1 (Charge Coupled Device) distinte. Quando la geometria del

sistema è nota, la forma dell'oggetto può essere calcolata individuando per ciascun punto di esso le corrispondenti proiezioni sulle due videocamere. Il principale problema consiste quindi nel trovare per ogni punto di una prima immagine il corrispondente sulla seconda. Ad oggi esistono e sono in uso particolari algoritmi per risolvere questo problema. Spesso per rendere semplice la risoluzione di tale problema si ricorre ad una particolare congurazione g.1.2.1.

Figura 1.2.1: Stereovisione con telecamere parallele

Ponendo gli assi delle telecamere paralleli ed i piani immagine complanari, supponendo di considerare l'oggetto centrato fra le due telecamere, è possibile risalire alle coordinate 3D adottando semplici relazioni geometriche.

1La tecnologia CCD e CMOS sviluppate nel corso degli anni '70, hanno permesso di rendere le macchine

fotograche meno ingombranti. In entrabe le soluzioni l'elemento fonadamentale è il fotodiodo, ovvero un'unità fotosensibile che genera un impulso luminoso proporzionale alla luce che lo investe. Sull'unità CCD o CMOS sono presenti moltissimi fotodiodi, conosciuti più comunemente come pixel. Per avere una risoluzione maggiore della telecamera, sarà quindi necessario concentrare più fotodiodi possibili sulla supercie del CCD o CMOS.

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Per risolvere il problema delle corrispondenze è stato sviluppato un metodo attivo a luce strutturata trattato in seguito.

1.2.1.2 Shape from shading

Questo metodo recupera la forma della supercie di un oggetto a partire dalla sua imma-gine bidimensionale. La fotograa monocromatica di un oggetto esibisce una variazione di luminosità in funzione dell'orientamento della normale alla supercie; sfruttando questo prin-cipio sarebbe teoricamente possibile ricostruire la profondità di un oggetto attraverso un'unica immagine in bianco e nero. Esistono algoritmi in grado di risolvere questo problema ma le ipotesi iniziali su cui essi si basano (corpo di un solo colore che riette in maniera uniforme, unica fonte luminosa in posizione nota, ecc.) non ne consentono l'utilizzo in gran parte delle situazioni di interesse.

Figura 1.2.2: Shape from shading

1.2.1.3 Shape from silhouettes

Tale metodologia ricostruisce la forma di un oggetto per mezzo dei proli osservati da diversi punti di vista. Ciascuna telecamera denisce una regione piramidale entro cui l'oggetto in-quadrato deve essere contenuto e la stima della geometria può essere ottenuta dall'inviluppo delle regioni osservate.

Per prima cosa si estraggono le silhouettes dell'oggetto (segmentazione) utilizzando sfondi di tonalità uniforme e diversa dal colore del corpo in esame. Successivamente si denscono dei volumi piramidali a partire dal punto focale di ciascuna telecamera e dalle tangenti delle direzioni di vista ai contorni dell'oggetto e dall'intersezione si deduce la geometria. Tale approccio presenta numerosi ed evidenti limiti che dipendono dal numero e dalla scelta delle viste adottate. In particolare si ha un errore crescente in presenza di superci concave.

(17)

(a) (b)

(c)

Figura 1.2.3: Shape from silhouettes

1.2.2 Metodi attivi

I metodi attivi utilizzano come già detto, una sorgente luminosa che interagisce con i dispo-sitivi di acquisizione e si basano sulla scansione della supercie da rilevare per mezzo di luce strutturata (luce laser o luce bianca).In entrambi i casi per una corretta ricostruzione è neces-sario eseguire un processo di calibrazione in modo da conoscere le posizioni e le angolazioni del sensore e del sistema di illuminazione rispetto ad un riferimento nello spazio. Il limite principale di questi metodi è quello di poter acquisire solo porzioni dell'oggetto accessibili alla luce.

1.2.2.1 Metodi a luce laser

La luce laser (Light Amplication by Stimulated Emission of Radiation) ha il vantaggio di essere monocromatica, altamente direzionale e più coerente rispetto a qualsiasi altra fonte luminosa. L'elevata coerenza permette al raggio laser di rimanere focalizzato quando è pro-iettato sulla scena. Di contro il difetto principale si manifesta con il fenomeno dello speckle, che consiste in un pattern granulare sovrapposto allo spot luminoso, generando un rumore moltiplicativo(g.1.2.4): si presenta quando una luce coerente investe una supercie scabra. I metodi a luce laser posso essere di tre tipi: laser spot, laser line e tempo di volo. I primi due utilizzano come principio operativo quello della triangolazione. Il terzo ha un principio di funzionamento simile al radar.

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Figura 1.2.4: Eetto speckle su una supercie illuminata da un laser verde

Laser spot In questo metodo si proietta un raggio laser sulla supercie dell'oggetto. La luce riessa è focalizzata tramite una lente sul sensore e la posizione dell'immagine dello spot su di esso è funzione della distanza della supercie dell'oggetto (g. 1.2.5). La risoluzione e la precisione del sistema di acquisizione sono essenzialmente legati al diametro dello spot, ed è per questo che i sensori puntuali utilizzano la luce laser, altamente monocromatica e coerente. Le distanze misurabili hanno distanze di fuoco comprese fra le poche decine di millimetri e le diverse centinaia di millimetri mentre le risoluzioni raggiungibili variano dai micrometri alle decine di micrometri.

Figura 1.2.5: Laser spot

Laser line Il principio di funzionamento è del tutto simile al caso spot, con la dierenza che in questo metodo viene proiettato un piano di luce in modo da generare una linea da rilevare con il sensore. L'evoluzione da spot a line è stata dettata dall'esigenza di diminuire i tempi di acquisizione. Facendo scorrere la lama laser su tutta la supercie del corpo, ne ricostruiamo la profondità mediante triangolazione (g. 1.2.6).

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Figura 1.2.6: Laser line

Tempo di volo Questa tecnica si basa sulla rilevazione del tempo di volo (tempo impiega-to dalla luce per raggiungere l'oggetimpiega-to e impiega-tornare indietro). Per oggetti di grandi dimensioni esistono svariati sistemi che si basano su tale principio, i quali garantiscono prestazioni eccel-lenti. Sono, invece, poco utilizzati per oggetti nell'ordine di grandezza di un metro in quanto, basandosi sul tempo di volo della luce, richiederebbero circuiti ad alta velocità, dato che le dierenze di tempo da rilevare sono dell'ordine del femtosecondo (10−12sec). Il segnale ottico

può essere a luce pulsata o a luce modulata. Conoscendo la pulsazione dell'onda emessa e lo sfasamento tra questa e l'onda riessa è possibile determinare la distanza fra il sensore e la supercie dell'oggetto (g.1.2.7).

Figura 1.2.7: Metodo ottico a tempo di volo

1.2.2.2 Metodi a luce bianca

I metodi a luce strutturata sono quelli più utilizzati in quanto più adabili in termini di precisione e risoluzione. In questi metodi si proiettano dei piani di luce che si deformano in base alla forma spaziale dell'oggetto investito e che saranno successivamente acquisiti da una o più fotocamere per essere in seguito elaborati mediante software opportuni. L'uso di questi piani di luce serve per associare un codice per ogni pixel dell'immagine catturata dalla telecamera. Intersecando il raggio ottico passante per il pixel con il piano di luce proiettato, è possibile risalire al corrispondente punto tridimensionale. Questa procedura richiede un'attenta fase

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di calibrazione in cui vengono determinate le distanze reciproche fra i vari strumenti ottici, necessarie per risolvere il problema della triangolazione. Inoltre bisogna prestare attenzione al posizionamento reciproco fra il pezzo e il dispositivo a causa del campo focale limitato a qualche decina di centimetri.

I piani di luce possono essere generati sicamente utilizzando appositi dispositivi (Moiré), oppure proiettando direttamente specici pattern (luce codicata).

Metodo di Moiré In sica, l'eetto Moiré si riferisce ad una gura di interferenza creata per esempio, quando due griglie uguali vengono sovrapposte secondo un certo angolo, o quando le griglie hanno maglie di grandezza leggermente diversa (g.1.2.8).

Figura 1.2.8: Esempio di frange di Moiré

Per poter riprodurre questo eetto, si utilizzano due grate poste davanti alla telecamera e al proiettore (g.1.2.9); in alcuni casi queste grate possono essere simulate via software. L'immagine, risultato della sovrapposizione delle due grate, restituisce le frange di Moirè; ogni frangia rappresenta un valore di profondità della supercie dell'oggetto. Seppure la risoluzione sia molto elevata (decine di micrometri), questo metodo presenta alcuni svantaggi, tra cui l'impossibilità di misurare superci molto inclinate (elevata densità di frange).

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Metodi a luce codicata In questo caso per la codica della scena si utilizzano dei pattern proiettati direttamente dal proiettore. I metodi sono classicati a seconda del tipo di pat-tern utilizzato. Maggiore è il numero di punti che si vuole codicare (maggiore risoluzione), maggiore sarà la lunghezza del codice da assegnare. Esistono pattern che codicano un solo asse (corrispondenza tra punto immagine e linea proiettata), e pattern che ne codicano due (corrispondenza tra punto acquisito e punto proiettato). Di seguito viene ripotata una tabella riassuntiva dei principali codici utilizzati con le rispettive proprietà. Per una più approfondita descrizione di questi metodi, consultare l'articolo [3].

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Questi codici posso essere ulteriormente raggruppati in tre principali gruppi: time-multiplexinng, spatial-neighborhood, direct-codication.

Metodi time-multiplexing Questi metodi utilizzano una serie di immagini in successione che permettono di associare un codice a ciascun pixel. La risoluzione del metodo è direttamen-te legata al numero di patdirettamen-tern proiettati. In genere è utilizzata una base di codica binaria, per cui l'intero codice può essere riprodotto utilizzando un esiguo numero di immagini base. Generalmente si utilizzano una sequenza di codici che procedono da una struttura grossolana verso una sempre più ne, in modo che gli errori in fase di decodica siano limitati ai bit meno signicativi, rendendo il metodo molto stabile. In realtà recenti studi hanno dimostrato come fenomeni di illuminazione indiretta (interriessione e defocus) possano causare errori di decodica sia per frange ad alta che a bassa frequenza. Parte di questo lavoro riguarderà la soluzione teorica e applicativa di questo problematica ( si veda la sezione 4.1).

Tra i metodi time-multiplexing, i più utilizzati sono:

ˆ Codice binario con alternanza di bande bianche e nere (esempio codice Gray2g.1.2.11a);

ˆ Codici n-ari, in cui si utilizzano basi di n primitive (g.1.2.11b);

ˆ Codici binari insieme al phase-shifting3(g.1.2.11c), per aumentare la risoluzione;

(a) Codice binario (b) Codice n-ario (c) Phase-shifting

Figura 1.2.11: Esempi di metodi time-multiplexing

Metodi spatial-neighborhood Le tecniche spatial-neighborhood utilizzano un unico pat-tern: il codice che individua un certo punto nello spazio è ottenuto con l'ausilio dei punti

2Il codice Gray è un codice binario che dierisce da un codice binario tradizionale, in quanto prevede che si

passi da un intero al successivo modicando un solo bit. Questa caratteristica, detta a cambio a uno, semplica e rende meno soggetto ad errori le relative operazioni di decodica.

3Il phase-shift, in generale, è il cambiamento che avviene nella fase di una quantità o nella dierenza di fase

tra due o più quantità. Nel nostro caso si traduce nel traslare di una quantità ssa un pattern per generare quelli successivi.

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attorno ad esso. Impiegando un unico pattern, il tempo di codica risulta molto ridotto, d'al-tro canto non è sempre possibile eseguire un corretta decodica poichè non si riesce a risalire ai punti limitro; ciò comporta un errore nella ricostruzione delle coordiante 3D.

Uno dei codici più utilizzati si basa sulla sequenza di De Bruijn. Una sequenza di De Bruijn di ordine n su un alfabeto di dimensione k ( numero di colori utilizzati ) è una sequenza ciclica pseudo-random di lunghezza kn nella quale ogni possibile nestra di lunghezza n appare

esattamente un volta. Il pattern in g.1.2.12 ha n=3 e k=7 colori. In questo modo ogni striscia verticale è univocamente determinata dalla striscia precedente e quella successiva.

Figura 1.2.12: Codice di De Bruijn

Direct-codication Tali metodi permettono di identicare ogni pixel direttamente dall'in-formazione che esso contiene: per ottenere ciò occorre proiettare una vasta gamma di colori che deniscano univocamente ciascun linea verticale. Con questo metodo si potrebbe raggiun-gere un'elevata risoluzione ma si possono presentare difetti ( sia a livello di telecamera che proiettore ) in fase di decodica: poichè la successione di colori è graduale, può succedere che si confonda un pixel con uno vicino. Inoltre la colorazione naturale dell'oggetto può alterare la colorazione del pattern proiettato. Due sono i metodi principalmente utilizzati: quelli basati su una scala di grigi (g.1.2.13a) e quelli che utilizzano tutto lo spettro dei colori (g.1.2.13b).

(a) Scala di grigi (b) Scala di colori

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1.3 Metodi senza contatto per trasmissione: tomograa

com-puterizzata (CT)

La tomograa computerizzata comporta il bombardamento dell'oggetto con raggi X ad alto contenuto di energia e la successiva misura delle radiazioni che attraversano lo stesso. Attra-verso tale misura è possibile arontare il problema di proiezione inAttra-verso per ciascuna direzione di osservazione e pervenire ad una descrizione volumetrica molto accurata della densità all'in-terno ed all'esall'in-terno dell'oggetto. La gura mostra chiaramente il principio che sta alla base della tomograa e dei test radiograci.

Figura 1.3.1: Esempio di tomograa

Questa tecnica è molto utilizzata sia in campo medico che a livello industriale al ne di eviden-ziare difetti nelle strutture meccaniche come cricche, inclusioni e microporosità. In alternativa può essere utilizzato nel campo del Reverse Engineering oltre che per il controllo di spessori e il collaudo dimensionale. La rilevazione dell'intensità trasmessa può essere fatta o per mezzo di scansioni bidimensionali analizzando l'oggetto per fette sottili (2D-CT ) come mostrato nella gura sotto o di scansioni di volume (3D-CT). La tomograa computerizzata, in sostan-za presenta immensi vantaggi rispetto alle altre tecniche,soprattutto quelle che riguardano le proprietà riessive dell'oggetto. Essa infatti, è insensibile alle proprietà ottiche della supercie del corpo e permette il recupero della geometria anche nelle cavità al suo interno. Purtroppo essa è limitata per via di svantaggi non indierenti quali:

ˆ I costi elevati.

ˆ La degradazione delle prestazioni in corrispondenza di grandi variazioni di densità. ˆ La potenziale pericolosità e l'inquinamento dovuto all'impiego di radiazioni ionizzanti e

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Pompe Centrifughe

TERMOMECCANICA POMPE è un'azienda con sede a La Spezia che opera nel settore industriale metalmeccanico ed è un gruppo industriale italiano tra i principali operatori nei settori dell'ecologia e della meccanica. Tra i principali produttori di grandi pompe industriali, il gruppo realizza e gestisce soluzioni tecnologiche d'avanguardia attraverso la produzione di pompe centrifughe e compressori a vite. Le prime saranno oggetto della nostro lavoro di tesi, il quale ha previsto un periodo di tirocinio in azienda della durata approssimativa di 4 mesi. Di seguito presentiamo una breve descrizione riguardante la loro struttura e le caratteristiche principali.

Le pompe centrifughe sono organi meccanici che rientrano nella categoria delle macchine operatrici dinamiche. Queste, a dierenza delle macchine motrici, trasferiscono energia al uido per mezzo di una parte mobile, detta rotore o girante. Le altre parti che costituiscono la macchina sono:

ˆ Cassa o involucro esterno: al suo interno si trovano gli alloggiamenti e i supporti per tutti gli altri organi della pompa;

ˆ Tronco di introduzione del liquido: condotto che consente di convogliare il uido all'im-bocco della girante;

ˆ Organi di diusione: componenti nei quali l'energia cinetica acquisita dal uido è convertita in energia statica di pressione;

Di seguito si presentano alcune peculiarità che si possono riscontrare in alcune pompe appar-tenenti alla stessa famiglia: la loro complessità è principalmente dovuta al salto di pressione che trasfriscono al uido e alla portata che trattano. Per questo, la fase di design

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ge gran parte di tutto il processo di produzione, in modo da andattarle alle speciche e da rendere più ergonomica possibile la fase di assembleggio e di manutenzione.

I parametri che più di altri sono identicativi della forma che la pompa dovrà assumere, sono la pressione e la portata. Le pompe centrifughe possono essere monostadio o multistadio, in base al numero di giranti che si trovano tra il tronco di introduzione e di uscita del liquido. Nel caso in cui si richiedano salti di pressione tra ingresso ed uscita molto alti, la soluzione ottimale sarà quella di una pompa multistadio, in cui ogni coppia girante-diusore è in grado di incrementare la pressione di uscita rispetto allo stadio precedente: il salto di pressione che si ottiene è una frazione di quello totale. Se per generare lo stesso salto di pressione si utilizzasse una pompa monostadio, come è evidenziato dell'espressione del lavoro riportato in appendice A, si dovrbbe avere una velocità di rotazione del rotore molto alta: in alcuni casi questa soluzione è incompatibile con altri vincoli richiesti, come quelli di ingombro, oppure più semplicemente si costringe la macchina a lavorare lontano dal punto di massimo rendimento. Un'altra soluzione da aancare alla scelta del numero di stadi, riguarda il tronco di intro-duzione. Per aumentare la portata è possibile progettare il condotto di imbocco in modo da avere una doppia aspirazione: a parità di sezioni di passaggio e velocità del rotore, una pompa a doppio imbocco eroga una portata di uido doppia ripespetto ad una a singolo imbocco. Le giranti sono posizionate su un albero che riceve il moto da un motore esterno: generalmente si tratta di motori elettrici, ma in alcuni casi sono aancate da motori diesel. Per mantenere l'albero in posizione durante la fase si lavoro, è necessario montarlo su un sistema di supporto previsto di cuscinetti. Questi dovranno essere scelti tenendo di conto delle forze in gioco, sia radiali che assiali, e della velocità di rotazione richiesta dalla pompa. Proprio su quest'ultimo parametro si gioca la scelta della tipologia dei cuscinetti: a rotolamento o idrodinamici.

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2.1 La girante

Dal punto di vista costruttivo, le giranti sono dischi in cui sono ricavati dei condotti, all'interno dei quali il uido viene accelerato. Al ne di ridurre perdite di carattere uidodinamico risulta quindi necessaria un'attenta attività di progettazione dei vani. Queste parti non saranno successivamente lavorate alle macchine utensili, ma rimangono grezze di fusione. Le superci rinite, invece, sono quelle che andranno in contatto con altri corpi, come per esempio la sede per l'alloggiamento dell'albero. Ai ni del lavoro di tesi è necessario dare una stima della precisione che si richiederà alla girante rispetto al rispettivo disegno CAD. Per fare un esempio, le accuratezze richieste nella costruzione di una girante di media grandezza sono nell'ordine di 10−2mm sulle superci lavorate e nell'ordine di 10−1mm su quelle idrauliche, grezze di fusione:

questa è un'importante specica dimensionale da considerare nella valutazione del metodo di acquisizione.

Uno dei principali metodi di classicazione delle giranti si basa su gli angoli di uscita del uido da esse, che si indica con β21. Esistono tre tipologie di pale (g.2.1.1) : all'indietro (β2< 90°),

all'avanti (β2> 90°) e radiale (β2= 90°).

Figura 2.1.1: Angoli di uscita del uido β2

Come si osserva dalla g.2.1.1, la soluzione con pale all'avanti comporta una più elevata componente tangenziale della velocità assoluta di sbocco con conseguente maggior lavoro sviluppato. Tuttavia, nella pratica la soluzione più adottata è quella con pale all'indietro, con angoli β2 compresi generalmente tra 15° e 50°: le pale rivolte in avanti, in ragione della loro più

accentuata curvatura, comportano un forte ingrossamento dello strato limite sui bordi convessi dei proli. Come si osserva nel graco di g.2.1.2a nelle pompe con pale rivolte all'indietro il punto di massima potenza idealmente assorbita (in assenza di perdite) risulta molto vicino al punto di massimo rendimento della macchina. Questo signica che la portata per la quale si realizza la massima potenza eettiva praticamente coincide con quella di massima potenza ideale e qualsiasi aumento di portata oltre questo punto non produce ulteriori incrementi di

1Angolo compreso tra le velocità di uscita relativa (−→w

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potenza richiesta ed il motore di azionamento può quindi essere dimensionato sulla base della massima potenza.

Al contrario nelle macchine con pale radiali e rivolte in avanti, la potenza risulta sempre crescente (g.2.1.2b) e il dimensionamento del motore è più dicoltoso: seguendo il criterio di dimensionamento per la massima potenza, il motore risulta sovradimensionato quando la pompa lavora in condizioni di massima ecienza; qualora invece venga scelto per la condizione di massimo rendimento, un aumento della portata oltre il valore di progetto conduce al suo sovraccarico.

(a) Pale all'indietro (b) Pale all'avanti o radiali

Figura 2.1.2: Curve caratteristiche pompe centrifughe

In alternativa le giranti possono essere classicate in aperte o chiuse. La girante aperta si usa quando devono essere trattati liquidi abrasivi o contenenti grandi quantità di solidi sospesi, in quanto si assicura un minor contatto del uido pompato con le parti della girante stessa. Per garantire il massimo controllo del usso, in genere si usano giranti chiuse, le quali presentano un percorso idraulico ben denito. Inotre esse hanno un rendimento maggiore rispetto a quelle aperte. Il nostro lavoro di tesi sarà concentrato sulle giranti di tipo chiuso in quanto necessitano di un sistema particolare per l'acquisizione delle superci interne (tastatore meccanico).

2.1.1 Materiali

La girante è soggetta sia a processi erosivi, sia a fenomeni corrosivi. Per questo motivo una buona progettazione non può esentarsi da un'attenta scelta del materiale da impiegare. Generalmente i criteri che sono presi in cosiderazione nella selezione, sono:

ˆ analisi delle forze agenti sul rotore, che si traducono in veriche a resistenza sia statica che a fatica;

ˆ resistenza a qualsiasi forma di corrosione: corrosione galvanica, pitting, corrosione intergranulare;

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ˆ resistenza alla cavitazione;

ˆ resistenza all'abrasione per la presenza di particelle solide nel uido; ˆ proprietà delle macchine impiegate per la lavorazione delle superci, ˆ costi.

I materiali in cui vengono costruite le giranti industriali vanno dall'acciaio al Carbonio al-l'acciaio inox duplex (struttura mista austenitico-ferritica), passando attraverso l'acciao inox (tipo AISI 316). Nel caso in cui la girante debba lavorare in ambienti particolarmente aggres-sivi (acque reue non trattate) si utilizza il cosiddetto Hard-Iron: una lega di ghisa ad alta resistenza composta dal 25% di cromo e il 3% di carbonio. Durante il processo di solidica-zione, il cromo e carbonio si trasformano in carburi estremamente duri. Ciò rende l'Hard-Iron altamente resistente all'abrasione e ad erosione-corrosione.

Figura 2.1.3: Girante per pompa centrifugo

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Sistemi di acquisizione

Nel corso degli ultimi anni anche all'intero del Dipartimento di Ingegneria Meccanica sono stati messi appunto alcuni sistemi che consentissero la ricostruzione di oggetti 3D, sia metodi con e senza contatto. Con l'aiuto del Prof. Armando V. Razionale, Prof. Alessandro Paoli, Ing. Paolo Neri, ed Ing. Marco Lombardo, si è cercato di aggiornare lo stato dell'arte della strumentazione, in modo da garantire una ricostruzione più fedele all'oggetto reale. Il lavoro di tesi, nanziato dall'azienda TERMOMECCANICA POMPE S.P.A. (TM.P), ha riguardato lo sviluppo e la messa a punto di un sistema di acquisizione dedicato al rilievo di componenti di pompe centrifughe che presentano superci esterne visibili e superci interne nascoste. Il metodo di scansione sarà composto da una tecnologia ibrida di visione stereo e un tastatore meccanico. Il sistema di visione stereo sarà impiegato per il rilievo delle superci esterne, mentre il tastatore verrà utilizzato per ricavare la geometria delle superci interne. Entrambe le procedure sono già state oggetto di studio in precedenti lavori di tesi svoltesi all'interno del Dipartimento di Ingegneria Meccanica di Pisa. L'obiettivo di questo progetto è l'integrazione dei due sistemi di acquisizione e l'aggiornamento di questi secondo i recenti studi nel campo del Reverse Engineering. Questo consentirà di ricostruire il modello CAD completo della girante di una pompa centrifuga, in modo da poter eseguire su di esso i relativi controlli dimenisionali.

Come precedentemente anticipato, per l'acquisizione della forma tridimensionale della girante si farà uso di un sistema ibrido ottico-meccanico, composto da un tastatore per il rilievo delle geometrie interne, dei condotti idraulici e da un sistema a luce codicata in cui si utilizza un proiettore e una coppia di telecamere. In seguito verrà proposta una metodologia alter-nativa per il sistema stereo, la quale farà uso di un'unica telecamera aancata al proiettore. Verranno, di seguito, confrontati i risultati ottenuti da entrambe le soluzioni.

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Entrambi questi metodi si sviluppano in varie fasi strettamente collegate l'una all'altra, che di seguito verranno brevemente descritte:

1. Calibrazione del sistema di acquisizione: consiste in una procedura che consente di ricavare i parametri intrinseci delle telecamere (caratteristiche ottiche e geometriche) e i loro parametri estrinseci (la posizione nello spazio e l'orientazione rispetto ad un sistema di riferimento assoluto, in modo da avere una relazione tra i punti acquisiti e il punto 3D). Un'analoga procedura verrà utilizzata per la calibrazione del tastatore, sfruttando i già noti parametri intrinseci delle telecamere.

2. Acquisizione: al termine di questa fase si ottiene un insieme di punti rappresentativo della geometria dell'oggetto. Con il metodo a luce strutturata si ottiene un tta nuvola di punti, la cui densità dipende dalla lunghezza del codice di codica (numero di pattern), mentre il tastatore acquisisce la geometria in maniera puntuale. Per questa seconda procedura, il livello di precisione dipende quindi dal numero di acquisizioni eettuate. 3. Post-processing: utilizzando oppurtuni software (Geomagic, Solidworks) è possibile

ri-scostruire la geometria dell'oggetto elaborando la nuvola di punti ottenuta dalla fase precedente. Per acquisirne la forma complessiva, saranno necessarie più scansioni del-l'oggetto da diversi punti di vista. Il software sarà in grado di sovrapporre le nuvole di punti ottenute, al ne di ottenere la geometria completa dell'oggetto.

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3.1 Metodo a luce strutturata

3.1.1 Hardware

Per questo lavoro si utilizzano due telecamere uguali CCD in bianco e nero a 8 bit (256 livelli di grigio) che presentano una risoluzione in pixel di 1600x1200. Ciascun pixel ha dimensione 4.4x4.4 µm e si ha una velocità massima di acquisizione di 12fps. La comunicazione tra telecamere e computer avviene mediante porte USB.

Queste telecamere presentano un'ottica professionale con distanza focale1 di 16 mm.

Il proiettore DLP (Digital Light Processing), utilizzato per la proiezione dei pattern, ha una risoluzione di 1024x768 pixel. Questa caratteristica determina la risoluzione del metodo di acquisizione, poichè identica il numero massimo dei piani di luce proiettabili. La tecnologia DLP, sviluppata nel 1987 dalla Texas Instrument, sfrutta microchip costituito da tanti micro-specchi. L'orientazione di ciascun microspecchio consente di riettere la luce verso la lente del proiettore o verso un dissipatore: in questo modo è possibile modulare l'intensità della luce. La risoluzione del proiettore è identicata dal numero di microspecchi, ovvero ogni specchio corrisponde ad un pixel.

Figura 3.1.1: Proiettore DLP

Il principale vantaggio dei proiettori DLP rispetto a quelli LCD è quello di ottenere un alto rapporto di contrasto (2000:1 o superiore), il quale permette di proiettare pattern in cui il passaggio tra bianco e nero è più distinguibile e ciò comporta un miglior livello di codica. Inoltre i proiettori DLP non necessitano di ltri per la protezione dell'ottica e quindi più idonei a lavorare in ambienti industriali: richiedono, per questo una minore manutenzione rispetto agli LCD. Uno dei problemi dei proiettori commerciali è quello di avere una bassa profondità

1la distanza focale indica la distanza tra il piano di retina e il piano focale, che rappresentano rispettivamente

il piano su cui l'immagine è proiettata e il piano passante per il fuoco della telecamera e perpendicolare all'asse ottico.

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Figura 3.1.2: Sistema di acquisizione

di campo2: questo è incompatibile con il metodo di acquisizione, in quanto per valutare la

profondità è necessario che i pattern rimangano a fuoco per profondità di campo compatibili con le dimensioni dell'oggetto da misurare. Questo problema è stato risolto sostituendo l'ottica originale con una di misura, in cui è stata prevista l'installazione di un diaframma. Inoltre la nuova ottica consente di ridurre notevolmente gli eetti di distorsione. Il proiettore è collegato al computer tramite un'uscita VGA.

I sistemi ottici appena descritti sono ssati su di un telaio posto su di un treppiedi regolabile a 3 gradi di libertà. Questa struttura consente di inquadrare l'oggetto in maniera ottimale e al tempo stesso permette di ottenere un sistema mobile. Di fondamentale importanza è garantire che le distanze reciproche fra proiettore e telecamere rimangano sse, in modo da non perdere la calibrazione del sistema stereo. Un'ulteriore accortezza è stata quella di posizionare una maschera di protezione che impedisca all'aria calda fuoriuscente dal proiettore di creare eetti di distorsione al livello della telecamera.

Le telecamere sono inclinate rispetto all'asse ottico del proiettore e disposte circa simmetri-camente ad esso: la distanza tra le telecamere è approssimativamente di 60cm. Questa quota è solo indicativa, perchè i parametri estrinseci verranno correttamente calcolati durante la calibrazione. La distanza ottimale di lavoro a cui deve essere posizionato l'oggetto è di circa 900 mm dalla lente del proiettore: questo garantisce la corretta messa a fuoco dei pattern proiettati.

2La profondità di campo indica la distanza dal piano di messa a fuoco per cui gli oggetti fotografati non

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3.1.2 Procedure di calibrazione

3.1.2.1 Calibrazione telecamera

Questo tipo di calibrazione permette di ricavare i parametri intrinseci ed estrinseci delle tele-camere che consentono il passaggio dalle coordinate dell'oggetto 3D nel sistema di riferimento del corpo (sistema mondo) a quello 2D posizionato sul CCD (g.3.1.3).

Figura 3.1.3: Sistemi di rifemento

Negli estrinseci sono contenute le matrici di rotazione R e traslazione T che consentono il passaggio dal sistema di riferimento mondo a quello della telecamera, che si trova posizionato sul suo piano focale. Gli intrinseci, invece, sono la distanza focale f, i coecienti di distorzione k, il fattore di scala s, e le coordinate (u0, v0) del centro dell'immagine sul sensore CCD.

Questi, al contrario, sono impiegati per passare dal sistema di riferimento della telecamera (3D) a quello 2D posizionato sul piano immagine.

In generale questi metodi di calibrazione permettono di trovare i parametri sopra elencati, mediante relazioni di proiezione prospettica che legano i punti proiettati sul piano di retina (o piano immagine) con i relativi punti nel sistema mondo. Per avviare il processo di calibrazione è necessario partire da un insieme di punti contenuti nel sistema mondo, di cui si conoscano le coordinate. Questi punti sono ricavati utilizzando appositi provini piani di calibrazione. Gli algoritmi di calibrazione possono essere suddivisi in due fasi. Nella prima si opera una stima dei parametri adottando il modello teorico di telecamera pin-hole (inizializzazione lineare); partendo poi da questi valori si considerano anche i parametri di distorsione e si ricalcolano tali parametri in modo iterativo (ottimizzazione non lineare). Attualmente uno degli algoritmi più utilizzati è quello di Zhang[18].

Il provino da noi utilizzato consiste in una scacchiera stampata su una lastra di vetro pia-na. La scacchiera è movimentata nello spazio e, per ogni posizione assunta, si procede con

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l'acquisizione di un'immagine da parte della telecamera: questo assicura una corretta calibra-zione dell'intero spazio di lavoro. Successivamente le immagini vengono caricate all'interno del software specico di calibrazione e si procede manualmente all'individuazione degli spigoli estremi della scacchiera. A questo punto il programma è in grado di ricavarsi automaticamen-te tutti gli spigoli conautomaticamen-tenuti all'inautomaticamen-terno del rettangolo individuato dall'operatore. La automaticamen-tecnica di estrazione si basa sull'algoritmo corner-nder che consente di individuare il punto di incorcio degli scacchi, rilevando il massimo contrasto luminoso tra le zone bianche e nere. Questa procedura deve essere eseguita per ogni immagine. In uscita il software restituisce i parametri intrinseci e quelli estrinseci; questi ultimi sono relativi a ciascuna immagine, dal momento che la scacchiera ha un sistema di riferimento per ogni congurazione. L'errore di calibrazione si riduce col numero di immagini elaborate. Nei lavori precedemente arontati all'interno del Dipartimento di Ingegneria Meccanica, è stato fatto uso di un'apposita GUI (Guide User Interface) già presente nella libreria di MATLAB.

Per la nostra tesi, abbiamo deciso di indagare la procedura di calibrazione presente su MA-TLAB 2016 (g.3.1.4). I vantaggi principali di questa applicazione sono: la completa auto-matizzazione dell'algoritmo, la possibilità di escludere immagini non idonee (outliers) e una valutazione migliore per quanto riguarda l'accuratezza della calibrazione. Ad esempio è pos-sibile visualizzare l'errore standard per ogni parametro stimato. Inoltre è pospos-sibile anare la procedura di calibrazione, seguendo una di queste vie:

ˆ Modicare i parametri di calibrazione: è possibile usare tre coecienti di distorsione radiale (anzichè due), applicare un coeciente di distorsione tangenziale e uno di skew3.

ˆ Aumentare il numero di immagini elaborate, al ne di coprire in maniera migliore tutto lo spazio di lavoro. In particolare dobbiamo assicurarci che i punti acquisiti siano in prossimità dei bordi e degli angoli della scena, in modo da ottenere una stima migliore dei coecienti di distorsione;

ˆ Escludere le immagini che presentano un alto errore di riproiezione4;

3Il fattore correttivo di skew tiene conto della possibiltà che i pixel non presentino angoli retti, ma assumino

una generica forma a parallelogramma.

4rappresenta la dierenza tra le coordinate acquisite dal CCD e quelle che si ottengono proiettando le

coordinate note dei punti di calibrazione sul piano immagine, con i parametri della matrice prospettica calcolati nella iterazione precedente[13].

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Figura 3.1.4: Calibrazione automatica MATLAB 2016

Figura 3.1.5: Provino di calibrazione

3.1.2.2 Calibrazione stereo telecamera-telecamera

La calibrazione stereo permette di ricavare i parametri estrinseci delle due telecamere, ovvero conoscere le matrici di rotazione e traslazione che legano i sistemi di riferimento ad esse associate. Per fare questo, verranno utilizzati i parametri estrinseci calcolati nelle singole calibrazioni delle telecamere. L'ipotesi fondamentale è quella di esprimere i due sistemi di rifemento delle telecamere rispetto allo stesso sistema di riferimento assoluto. Tale ipotesi è soddisfatta, se le singole calibrazioni sono ottenute utilizzando lo stesso provino e lo stesso posizionamento: questo si traduce nell'acquisizione simultanea della scacchiera da parte delle due telecamere.

Per ogni posizione del provino è possibile valutare i paramtri estrinseci della visione stereo. Il valore nale di tali parametri può essere ottenuto o come la media dei singoli valori oppure attraverso una globale fase di ottimizzazione simile a quello utilizzato per la singola telecamera.

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Figura 3.1.6: Calibrazione stereo

3.1.2.3 Calibrazione proiettore-telecamera

Tale calibrazione è richiesta qualora si utilizzi per l'acquisizione un sistema costituito da un proiettore ed una telecamera. L'obiettivo di questa procedura è quello di ricavare i para-metri intriseci ed estrinseci del proiettore, analogamente a quanto fatto in precedenza per la telecamera.

Tra i metodi di calibrazioni conosciuti si andrà a descrivere i due più utilizzati, presentando successivamente un confronto del tutto qualitativo.

La prima metodologia è simile a quella impiegata per la calibrazione della telecamera, dal mo-mento che si può considerare il proiettore come l'inverso di una telecamera (converte un'im-magine 2D in un fascio di raggi 3D). Con questo metodo si trovano i punti 3D di un pattern proiettato, in modo da usarli insieme ai punti 2D dell'immagine che si sta proiettando, per ricavare i parametri di calibrazione. Esso può essere suddiviso in cinque fasi:

1. Calibrazione della telecamera mediante il metodo di Zhang;

2. Ricostruzione del piano di calibrazione nelle coordinate della telecamera;

3. Proiezione di una scacchiera sopra la tavola di calibrazione e individuazione dei rispettivi corner;

4. Applicazione dell'intersezione raggio-piano per ricostruire la posizione 3D di ciascun corner proiettato;

5. Calibrazione del proiettore usando la corrispondenza tra i punti 2D dell'immagine proiettata con i rispettivi punti 3D.

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Ai ni di un corretta calibrazione è necessario mantenere la giusta distanza del proiettore dal piano di proiezione, per fare in modo che il pattern proiettato sia messo correttamente a fuoco.

La fase di calibrazione della telecamera è stata già ampiamente descritta nel paragrafo de-dicato. I parametri ricavati da questa procedura saranno successivamente implementati per la calibrazione del proiettore. Successivamente si procede all' individuazione del piano di proiezione: utilizzando una scacchiera stampata su di esso, si procede all'individuazione dei rispettivi corner con la telacamera. Da questa procedura si ricavano il vettore traslazione, che indica le coordinate di un punto del piano (origine p) rispetto al sistema di riferimento della telecamera, e la sua normale n che si ottiene dalla matrice di rotazione (g.3.1.7). Il passo successivo consiste nell'estrarre i corner del pattern proiettato in maniera analoga a quanto fatto per la scacchiera stampata. A questo punto si ricostruisce la relazione matematica dei raggi 3D che partono dal centro ottico della telecamera verso i corner del pattern proiettato, le cui coordinate sono state trovate al passo precedente. Questo è possibile mediante una trasformazione proiettiva che utilizza i parametri della telecamera.

Inne l'intersezione dei raggi con il piano consente di ricavare la posizione 3D dei corner proiettati (g.3.1.8).

La calibrazione del proiettore si eettua stabilendo una relazione geometrica tra i punti 3D proiettati sul piano e i relativi punti 2D del proiettore. Questi ultimi sono facilmente otte-nuti analizzando l'immagine del pattern che viene proiettato, estraendone i corner. Per una valutazione corretta di tali punti è necessario che la risoluzione dell'immagine sia la stessa di quella del proiettore.

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Figura 3.1.8: Intersezione raggi-piano di proiezione

Il secondo metodo utilizza un provino opportunamente costruito su cui sono stati stampati dei cerchi bianchi su uno sfondo nero. I cerchi hanno tutti le stesse dimensioni e sono disposti in modo da formare una griglia rettangolare, equispaziati sia in senso verticale che orizzontale. La procedura di calibrazione consiste nel trovare una corrispondenza fra le coordinate dei cerchi nel sistema di riferimento della telecamera e nel sistema di riferimento del proiettore, appoggiandosi alle coordinate note nel sistema di riferimento del provino. La calibrazione parte con la proiezione di un codice Gray verticale e orizzontale che consente di associare a ciascun pixel dell'immagine un codice univoco (g.3.1.9). Successivamente, utilizzando una tecnica simile al corner-nder andiamo a rilevare i centri di ciascun cerchio (g.3.1.10). In contemporanea si valuta il sistema di riferimento solidale al provino. A questo punto si hanno sia le coordinate di ciascun cerchio che il codice ad esso associato. Conoscendo il codice sul piano immagine del proiettore è possibile avviare la procedura di triangolazione, utilizzando come punti corrispondenti i pixel aventi lo stesso codice.

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Figura 3.1.10: Estrapolazione delle coordinate dei centri dei cerchi

In questo modo vari punti della scena (centri dei cerchi) sono deniti in entrambi i sistemi di riferimento. Triangolando il raggio ottico della telecamera e quello rispettivo che parte dal proiettore, è possibile risalire ai parametri intrinseci ed estrinseci che caratterizzano il sistema telecamera-proiettore.

Per calibrare tutto il volume di lavoro, è necessario ripetere il procedimento sopra descritto posizionando il provino a varie angolazioni rispetto al sistema telecamera-proiettore, che dovrà rimanere fermo durante tutta la procedura. È consigliabile eseguire la calibrazione con almeno quindici diverse posizioni del provino, in modo da poter far convergere i parametri. Di seguito sono state riportate alcune immagini relative alla postura del provino.

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Figura 3.1.11: Provino nelle sue diverse angolazioni

Figura 3.1.12: Posizione relativa tra telecamera (right cam) e proiettore (left cam)

I due metodi descritti si dierenziano sia per l'attrezzatura di supporto che per il sistema di acquisizione dei punti da utilizzare per la triangolazione. Per il primo metodo è necessa-rio realizzare una tavola piana sucientemente ampia da poter contenere sia la scacchiera stampata che quella proiettata, in modo evitare la sovrapposizione delle griglie, dal momento che si avranno degli errori nella fase di corner nder. Nell'altro caso invece si richiede di

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realizzare un provino di dimensioni più contenute, poichè i pattern dovranno essere proiettati direttamente su di esso.

Poichè il Dipartimento di Ingegneria Meccanica aveva già a disposizione il provino con sopra stampati i cerchi, è stata adottata la seconda procedura di calibrazione. Ai ni didattici è stata indagata anche la prima soluzione utilizzando come tavola piana la porta del laboratorio su cui è stata incollata una scacchiera stampata su un foglio A4. Nonostante le ovvie imprecisioni ( non planarità del piano di proiezione e della scacchiera stampata), i risultati che sono stati ricavati sono comunque paragonabili con quelli ottenuti applicando il secondo metodo.

3.1.3 Procedura di ricostruzione 3D

A seguito della procedura di calibrazione, sono noti i parametri estrinseci (le matrici di ro-tazione R e traslazione T) e i parametri intrinseci degli strumenti. I primi consentono di stabilire le relazioni spaziali che legano i dispositivi di acquisizione delle immagini. I secondi deniscono i valori utili per l'applicazione della geometria prospettica. Partendo da queste informazioni è possibile avviare la procedura di ricostruzione 3D, che permette di ricostruire la profondità di un oggetto, utilizzando un'immagine di una o più telecamere. Il principio di ricostruzione si basa sulla triangolazione dei raggi ottici dei dispositivi. A seconda del sistema utilizzato per la scansione, si dovrà ricorrere a dierenti approcci per risolvere il problema delle corrispondenze dei punti.

3.1.3.1 Metodo telecamera-proiettore

Si denisce un generico punto w nello spazio rispetto al sistema di riferimento solidale alla telecamera di coordinate (Xt,Yt,Zt). La relazione che consente di riportare tale punto nel

sistema di riferimento del proiettore è la seguente:

wp =      Xp Yp Zp      = R ·      Xt Yt Zt      + T (3.1.1)

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Figura 3.1.13: Intersezione piano di luce con il raggio ottico

La proiezione del medesimo punto sul piano immagine della telecamera, normalizzando ri-spetto alla distanza focale, è data da:

mt= (xu, yu, 1)T =  Xt Zt ,Yt Zt , 1 T = wt Zt (3.1.2)

Un discorso analogo può essere fatto per le coordinate sul piano immagine del proiettore, dove la coordinata verticale è incognita, dal momento che si proiettano solo piani verticali:

mp=

wp

Zp (3.1.3)

Sostituendo le equazioni (3.1.2), (3.1.3) nella equazione (3.1.1) si ottiene:

Zp· mp− Zt· R · mt= T (3.1.4)

Da questa equazione vettoriale è possibile ricavare la coordinata Zt:

Zt=

t1− t3· up

(up· Rt3− Rt1) · mt (3.1.5)

dove R=(R1,R2,R3) e T=(t1,t2,t3).

Questa procedura è valida nel caso in cui i piani di luce proiettati siano eettivamente tali. A causa delle distorsioni indotte dall'ottica del proiettore, non eliminabile attraverso calibra-zione, la sorgente di luce genera in realtà delle coniche. Questo comporta l'impossibilità di eettuare la procedura di triangolazione, non riuscendo a risolvere il problema delle corri-spondenze fra i punti sui due piani immagine; ciò può essere risolto utilizzando la geometria

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epipolare. Grazie ad essa è possibile stabile una relazione biunivoca tra un punto sull'im-magine della telecamera con il suo corrispettivo sul piano del proiettore. Considerazioni più dettagliate vengono riportate in appendice B.

3.1.3.2 Metodo telecamera-telecamera

In questo caso si hanno a disposizione le immagine dell'oggetto acquisite contemporaneamente dalle due telecamere, con le quali si attua la procedura di triangolazione. Per trovare la corri-spondenza dello stesso punto sulle due immagini si proiettano sulla scena pattern orizzontali e verticali; in questo modo ad ogni pixel sarà associato uno e un solo codice.

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3.2 Metodo a contatto con tastatore a riconoscimento ottico

Questo metodo è un sistema ibrido che utilizza una sonda a contatto ed un sistema di ac-quisizione ottico. Il principio di funzionamento si basa sulla triangolazione stereo passiva. Conoscendo le proiezioni di un punto sul piano immagine delle due telecamere (precedente-mente calibrate), è possibile risalire alle coordinate 3D dello stesso mediante triangolazione. Il problema sta quindi nel determinare la corrispondenza dello stesso punto sui due piani di retina (problema della corrispondenza o stereo-matching). Per poterlo risolvere si utilizza un oggetto che possa essere riconosciuto da entrambe le telecamere in maniera automatica (ag). Il primo prototipo di ag, sviluppato durante la tesi di D. Traghella [16], si trattava di una piastrina piana su cui sono applicati alcuni marker, utilizzati per individuare il piano nello spazio (g.3.2.1a). Questa soluzione presentava due principali difetti: necessità di disporre i marker a distanze ben precise e la possibilità che i marker non fossero ben visibili da entrambe le telecamere, rendendo impossibile la triangolazione. Questi due problemi sono stati risolti grazie allo studio dell'ingegnere P. Neri.

Il suo studio ha portato allo sviluppo di un ag costituito da un prisma a base esagonale (per aumentare la visibilità dei pattern senza ridurne eccessivamente le dimensioni) sul quale sono stati incollati degli specici pattern di codica (g.3.2.1b). In seguito verranno descritti questi pattern e il loro impiego nella fase di ricostruzione.

(a) Primo prototipo (b) Soluzione nale

Figura 3.2.1: Sviluppo ag di riconoscimento

3.2.1 Componenti del tastatore

Il tastatore è composto da quattro componenti: ˆ impugnatura;

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ˆ piastrina di collegamento; ˆ stelo;

ˆ ag.

L'impugnatura è stata realizzata mediante stampa 3D in modo da essere leggera e facilmente impugnabile. Al suo interno è inserita l'elettronica per il segnale wireless; essa consiste in una scheda Arduino NANO che permette la comunicazione con una scheda Arduino UNO collegata al computer. L'invio del segnale avviene mediante l'attivazione di un trigger. Due led posti nella parte superiore dell'impugnatura avvisano l'utente dell'eettivo funzionamento del sistema. Il collegamento con il resto del dispositivo avviene per mezzo di una piastrina che è stata avvitata all'interno di opportuni fori realizzati in una delle due metà dell'impugnatura.

Figura 3.2.2: Impugnatura assemblata

Per garantire suciente rigidezza al sistema di acquisizione stelo/ag, è stata realizzata una piastrina in acciaio che funzioni da interfaccia tra le due unità principali.

Lo stelo è stato progettato in modo tale da potersi muovere all'interno dei vani palari della girante. Alla sua estremità si trovano due punte che assolvono la funzione di tastatore, in modo da poter acquisire sia l'intradosso che l'estradosso del condotto. Data la snellezza dello stelo è necessario, durante l'acquisizione, appoggiare delicatamente la punta contro la supercie da acquisire, per non generare forze che potrebbero inetterlo perdendo così precisione nella misura. Con semplici considerazioni statiche, ricorredo al modello di trave, è stato calcolato che il valore dello spostamento (in mm) è circa 0.193 volte la forza di contatto (espressa in Newton). Nasceranno quindi inevitabilmente delle incertezze nelle misure confrontabili con il decimo di millimetro.

La posizione della punta nello spazio è ricostruibile conoscendo la postura del ag, sulle cui facce sono applicati dei marker, identicativi per ciascuna faccia e individuabili dalle teleca-mere. La geometria di questo componente è stata scelta a parallelepipedo di base esagonale, in

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modo che almeno una delle superci laterali del prisma sia visibile da entrambe le telecamere durante la scansione. L'oggetto è stato ricavato da un sottile lamierino di metallo.

3.2.2 Sistema di acquisizione

Il sistema di acquisizione è il medesimo impiegato per la scansione delle superci esterne (vedi 3.1.2.1). In questo modo, la scacchiera del tastatore e la nuvola di punti 3D acquisita tramite luce strutturata saranno espressi nello stesso sistema di riferimento. Ciò sarà fon-damentale durante la fase di calibrazione e inoltre ci permetterà di integrare il rilievo delle superci interne ottenute con questa procedura con le superci esterne visibili direttamente dalle telecamere.

La fase di acquisizione si appoggia sul riconoscimento automatico dei pattern applicati sulle facce del prisma. Su di essi si trovano stampati tre strutture di codica, le quali verranno ac-quisite e utilizzate per poter ricostruire la posizione nello spazio della punta dello stelo. Come è mostrato nella g.3.2.3, gli elementi costituenti il pattern sono: tre marker QR utilizzati per denire un sistema di riferimento della faccia, una serie di marcature per la numerazione della facce, e la griglia utilizzata per la triangolazione stereo. I primi due elementi non sono impiegati direttamente per ricavare le coordinate 3D dei punti di misura, per cui non è ri-chiesta una elevata precisione nella loro individuazione; al contrario nell'individuazione della griglia sarà necessario garantire una precisione del sub-pixel.

Figura 3.2.3: Pattern stampato

Il processo può essere descritto seguendo vari step successivi. Per prima cosa l'immagine acquisita viene binarizzata basandosi su un certo valore di soglia th (treshold). A questo punto si passa al riconoscimento dei marker QR, mediante un algoritmo in grado di riconoscere la successione di pixel che caratterizza qualunque linea passante per il centro del marker: il rapporto in pixel è 1-1-3-1-1 (g.3.2.4). In questo modo si ricavano i centri dei marker, tre

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per ogni faccia acquisita dalle telecamere. Conoscendo a priori la posizione relativa tra i centri è possibile individuare le terne che identicano i sistemi di riferimento associati a ciascuna faccia.

Figura 3.2.4: QR code

Dopo aver individuato il centro del sistema di riferimento O e l'asse Y, si è in grado di conoscere la faccia ad esso associata, contando il numero di marcature poste al lato sinistro del pattern. Le coordinate dell'origine sono utilizzate come punto di partenza del processo iterativo che consentirà la ricostruzione dell'intera griglia. Questo metodo utilizza un algoritmo di corner-nding per riconoscere in maniera itarativa i vertici della griglia partendo da una zona di primo tentativo a distanza ssa dall'origine O (g.3.2.5).

Figura 3.2.5: Procedura di individuazione griglia

Il risultato sarà una matrice contenente le coordiante dei punti della griglia e il numero della faccia a cui essi appartengono. Questa procedura viene eettuata per entrambe le telecamere, in modo da individuare quali facce siano visibili contemporaneamente da esse. Grazie a ciò siamo in grado di risolvere il problema delle corrispondenze ed eettuare in maniera automatica la triangolazione stereo. La geometria prevede che almeno una faccia sia acquisita contemporaneamente da entrambe le telecamere.

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Può accadere che durante la fase di acquisizione una griglia non sia correttamente indivi-duata, nonostante il corretto riconoscimento dei marker QR. Le cause di questo errore sono principalmente dovuta a distrurbi luminosi ed elevata inclinazione della faccia rispetto alla telecamera. Per ovviare a ciò, è stato messo a punto un algoritmo che verichi la corretta acquisizione di una griglia. Esso si basa sulla regolarità e l'allineamento dei punti acquisiti all'interno di essa. Mediante un'interfaccia video, è possibile constatare la corretta cattura della griglia, la quale apparirà evidenziata in verde (g.3.2.6). Nel caso in cui la scacchiera sia acquisita in maniera non corretta, essa sarà rappresentata in rosso (g.3.2.7).

Figura 3.2.6: Corretta acquisizione della griglia

Figura 3.2.7: Errata acquisizione della griglia

3.2.2.1 Calibrazione

La calibrazione permette di denire le coordinate della punta dello stelo rispetto alle coor-dinate delle griglie delle facce del ag. Questa procedura è eseguita utilizzando il sistema a luce strutturata, arontato nei precedenti paragra. Il metodo consiste nell'acquisizione di un piano di riferimento utilizzando sia il tastatore che il sistema stereo.

La procedura di calibrazione richiede che la punta del tastatore e il sistema di acquisizione stereo rimangano ssi. Mentre il sistema stereo è sucientemente stabile, essendo montato su un treppiedi, lo stesso non vale per il tastore, il quale ha richiesto una particolare procedura di ssaggio. In pratica, come è visibile dalla g.3.2.8, è stato saldamente unito ad un magnete

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