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Dispositivo indossabile per l'autopalpazione del seno

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Academic year: 2021

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(1)

L

AUREA

M

AGISTRALE IN

I

NGEGNERIA

B

IOMEDICA

Dispositivo indossabile per

l’autopalpazione del seno

Candidata

Lucia Arcarisi

Relatori

Prof. Arti Ahluwalia

Ing. Carmelo De Maria

Dott. Licia Di Pietro

(2)

Indice

INDICE ... 1

LISTA DELLE FIGURE ... 4

LISTA DELLE TABELLE ... 8

1 IL TUMORE AL SENO: INCIDENZA, ANATOMIA E DIAGNOSTICA ... 9

1.1 IL TUMORE AL SENO ... 9

1.1.1 PANORAMICA DEL PROBLEMA E INCIDENZA ... 9

1.1.2 STRUTTURA DEL SENO E DIVERSI TIPI DI TUMORE ... 14

1.2 METODI DIAGNOSTICI PER IL TUMORE AL SENO ... 17

1.2.1 MAMMOGRAFIA ... 17

1.2.2 ECOGRAFIA ... 22

1.2.3 RISONANZA MAGNETICA ... 25

1.2.4 IMAGING NUCLEARE:PET E SPECT ... 26

1.2.5 TERMOGRAFIA ... 27

1.2.6 MAMMOGRAFIA OTTICA ... 28

1.2.7 SCANNING AD IMPEDENZA ELETTRICA ... 29

1.2.8 IMAGING TATTILE ... 30

2 L’AUTOPALPAZIONE: STRUMENTO DI SCREENING PRECOCE ... 32

2.1 SCOPO E MODALITÀ ... 32

2.2 CONTROVERSIE E VALUTAZIONE DELLA TECNICA ... 34

2.3 CONSAPEVOLEZZA DELL’AUTOPALPAZIONE: STUDIO SVOLTO ... 35

2.3.1 INTRODUZIONE E DESCRIZIONE DEL QUESTIONARIO ... 35

2.3.2 RISULTATI SUL TOTALE DEI CAMPIONI ... 38

2.3.3 RISULTATI NELLE DIVERSE FASCE D’ETÀ ... 40

2.3.4 RISULTATI NEI DIVERSI LIVELLI DI ISTRUZIONE ... 46

2.3.5 POSSIBILI INDICAZIONI ... 52

(3)

3 BASI TEORICHE DEL DISPOSITIVO ... 55

3.1 SPECIFICHE ED IDEE DI PROGETTO ... 55

3.2 PRINCIPIO DI FUNZIONAMENTO ... 56

3.3 MODELLO MECCANICO ... 57

3.4 ANALISI FEM ED ELABORAZIONE DATI... 60

3.4.1 MODELLI COMSOL ... 60

3.4.2 RISULTATI ANALISI 2D ... 63

3.4.3 RISULTATI ANALISI 3D ... 66

4 PROGETTAZIONE E REALIZZAZIONE ... 70

4.1 INTRODUZIONE ... 70

4.2 CLASSIFICAZIONE DEL DISPOSITIVO ... 71

4.3 PARTI ESTERNE ... 74

4.4 HARDWARE E SOFTWARE ... 78

5 TESTING DEL DISPOSITIVO ... 85

5.1 CREAZIONE DEI PHANTOM ... 85

5.1.1 INTRODUZIONE ... 85

5.1.2 SCELTA DEI SILICONI ... 87

5.1.3 PREPARAZIONE DEI CAMPIONI ... 88

5.1.4 PROVE MECCANICHE ... 89

5.1.5 RISULTATI DELLE PROVE ... 90

5.1.6 MODELLAZIONE DEL PHANTOM ... 93

5.2 TEST SUL TESSUTO SENSORIZZATO ... 99

5.2.1 MATERIALI E METODI ... 99

5.2.2 RISULTATI ... 101

5.3 TEST SU PHANTOM ... 106

5.3.1 MATERIALI E METODI ... 106

5.3.2 RISULTATI ... 112

(4)

6.1 BUSINESS MODEL ... 117

6.2 BUSINESS PLAN ... 120

7 CONCLUSIONI E SVILUPPI FUTURI ... 125

APPENDICE A: CODICI SOFTWARE ... 128

CODICE ARDUINO PER LA LETTURA DELLA MATRICE ... 128

CODICE PROCESSING PER IL FUNZIONAMENTO DELL’INTERFACCIA ... 131

APPENDICE B: TAVOLE DISEGNI SOLIDWORKS ... 134

APPENDICE C: TABELLE ... 139

TABELLA PARAMETRI PER TEST A COMPRESSIONE ... 139

BUSINESS MODEL CANVAS ... 140

BUSINESS MODEL LEAN CANVAS ... 141

(5)

Lista delle Figure

Figura 1.1: Le vie della cancerogenesi [3]. ________________________________________________________ 9 Figura 1.2: Distribuzione dei tipi di tumore più frequenti nei casi prevalenti in Italia nel 2017 nelle donne [3]. _ 10 Figura 1.3: Tumore della mammella femminile. AIRTUM: stima dei trend tumorali di incidenza e mortalità 2003-2017. Tassi standardizzati nuova popolazione europea 2013. APC = Annual Percent Change (variazione

percentuale media annua), I = incidenza, M = mortalità [3]. _________________________________________ 11 Figura 1.4: Incidenza e mortalità nelle classi di età ________________________________________________ 12 Figura 1.5: Vista in sezione della mammella femminile. 1 Cassa toracica, 2 Muscoli Pettorali, 3 Lobuli, 4

Capezzolo, 5 Areola, 6 Dotti, 7 Tessuto Adiposo, 8 Pelle [7]. _________________________________________ 14 Figura 1.6: Percentuale di insorgenza del carcinoma invasivo [9]. ____________________________________ 16 Figura 1.7: 12 segni del cancro al seno. _________________________________________________________ 17 Figura 1.8: Struttura per la Mammografia. ______________________________________________________ 18 Figura 1.9: Coefficiente di attenuazione dei tessuti e contrasto a diversi livelli di energia. _________________ 19 Figura 1.10: Effetti della compressione del seno __________________________________________________ 19 Figura 1.11: Schema di uno strumento di Mammografia Ottica [27] __________________________________ 28 Figura 2.1: Procedura dell’autoesame della mammella [37] _________________________________________ 33 Figura 2.2: Copia cartacea del questionario somministrato. _________________________________________ 38 Figura 2.3: Risultati del questionario sul totale dei campioni ________________________________________ 40 Figura 2.4: Risultati dell'analisi per fascia d'età ___________________________________________________ 46 Figura 2.5: Risultati dell’analisi per livello di istruzione _____________________________________________ 52 Figura 3.1: Progetto del dispositivo Palpreast. ____________________________________________________ 55 Figura 3.2: Sistema di gonfiaggio ______________________________________________________________ 56 Figura 3.3: Modello Meccanico ipotizzato _______________________________________________________ 57 Figura 3.4: Comportamento meccanico nel dettaglio: (a) Il seno sano presenta un modulo elastico di circa 7 kPa. (b) La presenza del nodulo cambia la risposta avendo un modulo elastico maggiore _____________________ 59 Figura 3.5: Studio tratto da [33] di misure in vivo di Imaging tattile effettuato su 6 pazienti. Da questo studio sono stati scelti i valori per il modello per l’analisi FEM. ____________________________________________ 60 Figura 3.6: Modello 2D (Seno Grande) con un nodulo di 10 mm di diametro all’interno del seno. ___________ 62 Figura 3.7: Modello 3D per l’analisi FEM con un nodulo di 10 mm di diametro. (Seno Grande) _____________ 63 Figura 3.8: Risultato di total displacement dell’analisi 2D. Il tessuto sano è caratterizzato da un modulo elastico di 7 kPa, il nodulo, in questo caso, ha un valore di 125 kPa (Seno Grande). _____________________________ 64 Figura 3.9: Total Displacement relativo al quadrante del seno sinistro con i diversi valori di Enod. La linea blu mostra la risposta alla pressione applicata relativa al seno in assenza del nodulo. _______________________ 64 Figura 3.10: Plotting della differenza di deformazione per un nodulo con un modulo di Young di 125 kPa. È presente un picco dell’ordine del millimetro. _____________________________________________________ 65 Figura 3.11: Valutazione dello spostamento del picco rispetto allo spostamento del nodulo nel modello. _____ 66 Figura 3.12: Deformazione totale per l’analisi 3D (Seno Grande). _____________________________________ 66

(6)

Figura 3.13: Risultato della differenza di deformazione tra i diversi layer di valori sano e malato. In questo caso è mostrato il picco per un valore del nodulo di 100 kPa. ______________________________________________ 67 Figura 3.14: Gradiente di stress tra tessuto sano e malato nel caso di Seno grande (a) e Seno Medio (b). _____ 68 Figura 3.15: Analisi differenziale dello stress di Von Mises con la griglia posta sull’immagine, per il caso Seno Grande. ___________________________________________________________________________________ 68 Figura 3.16: Isolamento del nodulo in seno grande con un valore minimo di visualizzazione di 200 Pa. _______ 69 Figura 4.1: Struttura a strati all’interno del dispositivo. _____________________________________________ 70 Figura 4.2: Prototipo Palpreast. _______________________________________________________________ 71 Figura 4.3: Prototipo Palpreast (2). _____________________________________________________________ 71 Figura 4.4: Device Classification sulla piattaforma UBORA. __________________________________________ 73 Figura 4.5: Paraseno ITAKI. ___________________________________________________________________ 74 Figura 4.6: Struttura esterna di Palpreast ________________________________________________________ 74 Figura 4.7: Altra illustrazione del sistema di gonfiaggio. ____________________________________________ 75 Figura 4.8: Dettaglio del sistema di gonfiaggio ___________________________________________________ 75 Figura 4.9: Dettaglio del controllo dell’aria ______________________________________________________ 76 Figura 4.10: Sistema di gonfiaggio _____________________________________________________________ 76 Figura 4.11: Sistema di gonfiaggio senza il tessuto esterno. I palloncini sono adibiti al gonfiaggio. __________ 77 Figura 4.12: Dettagli del sistema di gonfiaggio. In figura (a) si ha il caso con un solo palloncino gonfio. Ogni palloncino può essere regolato in maniera indipendente. Si notano le 3 valvole dei palloncini sgonfi sono chiuse. In figura (b) si può osservare un ulteriore dettaglio con i palloncini inseriti nel tessuto con gli scomparti, in cui vengono gonfiati i due palloncini a destra contemporaneamente. ____________________________________ 77 Figura 4.13: Struttura della matrice con i diversi strati di tessuto. ____________________________________ 78 Figura 4.14: I tessuti che compongono la matrice sensorizzata. (a) tessuto isolato a piste. (b) tessuto sensibile alla pressione. _____________________________________________________________________________ 79 Figura 4.15: (a) vista frontale della matrice con i tre layer sovrapposti. (b) vista in trasparenza per mostrare gli elementi della matrice 4x4. ___________________________________________________________________ 79 Figura 4.16: Alimentazione della matrice, organizzata in Righe e Colonne. _____________________________ 79 Figura 4.17: Schema circuitale del singolo elemento aij. ____________________________________________ 80 Figura 4.18: Schema circuitale completo. ________________________________________________________ 80 Figura 4.19: (a) Schema circuitale con Fritzing. (b) Schema reale. ____________________________________ 81 Figura 4.20: Algoritmo interfaccia grafica implementata con Processing. Il Valore “Minima Percezione” è il valore scelto come minimo tocco riconoscibile o minima differenza considerata. ________________________ 82 Figura 4.21: Esempi di Interfaccia grafica implementata. (a) Schermata “Nessuna Anomalia”. (b) Schermata “Probabile Anomalia” con l’eventuale presenza dell’inclusione nel punto a00. __________________________ 83 Figura 4.22: Sistema completo con il dettaglio per un singolo pixel. ___________________________________ 83 Figura 4.23: Esempi del funzionamento dell’interfaccia in Processing. _________________________________ 84 Figura 5.1: (a) I campioni di diversi siliconi estratti dalla piastra. (b) I campioni depositati nella multiwell. ____ 89 Figura 5.2: Diversi provini a massima compressione. _______________________________________________ 90

(7)

Figura 5.3: Grafici Stress-Strain di tutti i campioni testati. In ascissa la percentuale di deformazione, in ordinata lo sforzo in MPa. I grafici sono per i tre campioni di ogni silicone. Il tipo di silicone è indicato nel titolo del grafico. ___________________________________________________________________________________ 92 Figura 5.4: Scelta per i valori di Nodulo _________________________________________________________ 93 Figura 5.5: Scelta per i valori del Seno __________________________________________________________ 93 Figura 5.6: Parametri iniziali impostati su MakeHuman. Le caratteristiche del soggetto sono visibili in basso a sinistra della schermata. _____________________________________________________________________ 94 Figura 5.7: Mesh del seno su Solidworks. ________________________________________________________ 95 Figura 5.8: Modello di assieme progettato prima versione. Si osserva il blocco con la forma della mesh del seno, osservabile con più dettaglio nella figura b. Si osserva la barra filettata con le viti, l’anima ruotabile e traslabile con i fori per il blocco con i grani. ______________________________________________________________ 95 Figura 5.9: Realizzazione del nodulo. Progetto del nodulo, Stampo inferiore e Stampo Superiore. __________ 96 Figura 5.10: Anime per i due noduli, rispettivamente da 2 cm e 1 cm. _________________________________ 96 Figura 5.11: Nuovo modello per il blocco del calco del seno visto da diverse prospettive. __________________ 97 Figura 5.12: Stampi (inferiore e superiore) per nodulo da 2 cm _______________________________________ 97 Figura 5.13: (a) Dettagli dello stampo del seno e (b) dell’anima per il nodulo (non in scala). _______________ 97 Figura 5.14: (a) Silicone per il nodulo all’interno dei due stampi, parte inferiore e superiore, in fase di

polimerizzazione. (b) Il nodulo completo con le due parti adese tra loro. _______________________________ 98 Figura 5.15: Phantom realizzati. Seno Sano vista frontale (a) e vista laterale (b). Seno Malato vista frontale (c) e vista laterale (d). ___________________________________________________________________________ 98 Figura 5.16: Phantom del seno completo, all’interno in rosso, è visibile il nodulo. (a) Vista frontale, (b) Vista Sinistra, (c) Vista Destra. _____________________________________________________________________ 99 Figura 5.17: Struttura di supporto per la taratura _________________________________________________ 99 Figura 5.18: Forma d’onda dello stimolo sul tessuto. ______________________________________________ 100 Figura 5.19: Posizione degli elementi della matrice. ______________________________________________ 101 Figura 5.20: Risultati per ogni pixel della matrice al variare del peso, sono rappresentati i valori del pixel in cui veniva inserito il peso, indicato nel titolo. _______________________________________________________ 103 Figura 5.21: Esempi del comportamento di ogni pixel per un dato stimolo sulla matrice per ogni pixel della matrice. Il pixel in cui viene posizionato il peso è indicato nel titolo di ogni grafico. I grafici rilevanti presentano un’etichetta sulla posizione di riferimento. ______________________________________________________ 105 Figura 5.22: Visualizzazione 3D per la configurazione con il peso in 0,1 con peso di 2 g e 40 g. ____________ 106 Figura 5.23: Disegno Solidworks del frame per sostenere il tessuto. __________________________________ 107 Figura 5.24: I tre strati di tessuto all’interno del layer. ____________________________________________ 107 Figura 5.25: Sistema per effettuare i test, con la struttura cava. ____________________________________ 108 Figura 5.26: Phantom del seno (Malato e Sano) utilizzati per la validazione del dispositivo. _______________ 108 Figura 5.27: Schema per la fase di misura dei valori del seno con il Becker in alto per imprimere una pressione misurabile. _______________________________________________________________________________ 109 Figura 5.28: Posizioni della registrazione sulla matrice. ____________________________________________ 110

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Figura 5.29: Posizioni del seno sulla matrice. ____________________________________________________ 110 Figura 5.30: Schema di misura con il sistema di gonfiaggio. ________________________________________ 111 Figura 5.31: Test con il sistema di gonfiaggio a riposo posto sotto il tessuto, in assenza dei phantom. ______ 111 Figura 5.32: Test con il sistema di gonfiaggio a regime e il phantom adagiato su di esso _________________ 112 Figura 5.33: Test con il sistema di gonfiaggio a regime e il phantom schiacciato con il Becker. ____________ 112 Figura 5.34: Risultati dei test con la struttura in legno e un volume all’interno del Becker di 600 ml (672 Pa). 113 Figura 5.35: Risultati dei test con la struttura in legno e un volume all’interno del Becker di 800 ml (896 Pa). 114 Figura 5.36: Risultati ottenuti per differenza tra seno malato e sano e due misure di seno sano. I picchi sono mostrati nell’intorno della posizione del nodulo. _________________________________________________ 115 Figura 5.37: Risultati dell’analisi in posizione 1 con il sistema di gonfiaggio a riposo, nei casi di seno sono adagiato su tessuto (Libero) e con il Becker con un volume di 500 ml. ________________________________ 115 Figura 5.38: Risultati dell’analisi in posizione 1 con il sistema di gonfiaggio a regime, nei casi di seno sono adagiato su tessuto (Libero) e con il Becker con un volume di 500 ml. ________________________________ 116 Figura 6.1: Business Model Canvas, versione standard. ____________________________________________ 117 Figura 6.2: Canali di distribuzione _____________________________________________________________ 120 Figura 6.3: Break Event Point risultante dall’analisi effettuata ______________________________________ 124 Figura 7.1: Risultato della presenza del nodulo. __________________________________________________ 127

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Lista delle Tabelle

Tabella 1.1: Validità di un test diagnostico, definizione di sensibilità e specificità [16] . ___________________ 20 Tabella 1.2: Sensibilità della Mammografia nei diversi soggetti in studio. [17] __________________________ 21 Tabella 1.3: Sensibilità comparata di ecografia e mammografia in diverse fasce d’età [22] ________________ 24 Tabella 1.4: Specificità comparata di ecografia e mammografia in diverse fasce d'età [22] ________________ 24 Tabella 1.5: Studio comparato di tecniche diagnostiche. ____________________________________________ 25 Tabella 2.1: Età dei campioni _________________________________________________________________ 36 Tabella 2.2: Livello di istruzione dei campioni _____________________________________________________ 37 Tabella 3.1: Parametri settati per l’analisi 2D. Le espressioni “nx_pn” e “ny_pn” sono variabili interne di

COMSOL per descrivere la direzione normale alla superficie di interesse. _______________________________ 62 Tabella 3.2: Parametri settati per l’analisi 3D. ____________________________________________________ 63 Tabella 5.1: Classificazione dei phantom in base alle loro caratteristiche costruttive. _____________________ 85 Tabella 5.2: Tabella riepilogo dei rapporti tra siliconi della Smooth-On (Ecoflex o Dragon Skin) e additivo Slacker. _________________________________________________________________________________________ 88 Tabella 5.3: Risultati del calcolo del modulo elastico. ______________________________________________ 92 Tabella 5.4: Pressioni ricavate impresse dal Becker per i volumi d’acqua scelti negli esperimenti __________ 109

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1 Il Tumore al Seno: Incidenza, Anatomia e Diagnostica

La prima parte del capitolo illustra l’incidenza del tumore al seno, e descrive il tumore dal punto di vista anatomico. Nella seconda parte del capitolo si analizzano le tecniche diagnostiche del tumore al seno, che rivelano le differenze tra tessuto sano e tessuto malato. Per ogni tecnica si analizzano i principi fisici alla base, i punti di forza e debolezze. Ultima parte è dedicata all’approfondimento dell’imaging tattile.

1.1 Il tumore al seno

1.1.1 Panoramica del problema e incidenza

Il carcinoma della mammella, o più comunemente chiamato tumore al seno, è la neoplasia più frequente in assoluto per incidenza nella popolazione femminile e tra le cause principali di morte nelle donne in tutto il mondo.

È una malattia potenzialmente grave se non è individuata e curata per tempo: i progressi della ricerca in tecniche di diagnostica e programmi mirati di screening hanno notevolmente ridotto la mortalità [1].

Esso è dovuto alla moltiplicazione incontrollata di alcune cellule della ghiandola mammaria che si trasformano in cellule maligne, a scapito dell’omeostasi tissutale, causato da alterazioni del loro patrimonio genetico, da mutazioni funzionali e morfologiche [2].

Figura 1.1: Le vie della cancerogenesi [3].

Nelle cellule somatiche vi è un equilibrio fra proliferazione e apoptosi, controllato dal codice genetico della cellula, protette da meccanismi per il corretto processo di replicazione. Le diverse mutazioni nel DNA portano all’alterazione dei meccanismi di controllo cellulare,

(11)

dando via ad una divisione cellulare incontrollata e alla formazione del tumore. Ad esempio, le cellule cancerogene della mammella per crescere non richiedono più di estrogeno, fattore di crescita necessario per le cellule sane.

Il processo di cancerogenesi è complesso, ma irreversibile, in cui entrano in gioco fattori oncogeni, che promuovono la crescita tumorale, e l’inibizione di oncosoppressori che inibiscono la crescita. (Figura 1.1) [3].

Figura 1.2: Distribuzione dei tipi di tumore più frequenti nei casi prevalenti in Italia nel 2017 nelle donne [3].

Il cancro al seno colpisce 1 donna su 8 nell’arco della vita. Si stima che ogni anno in Italia vengono diagnosticati oltre 50.000 nuovi casi.

L’incidenza è elevata soprattutto nei Paesi più sviluppati, come Europa Occidentale, Oceania e Nord America [4].

Il tumore alla mammella è il tumore più frequente nelle donne con il 43% di casi. (Figura 1.2) Da non sottovalutare anche l’incidenza negli uomini con 500 nuovi casi all’anno, l’1% di tutti i tumori maschili [3].

Come già accennato, l’insorgenza del tumore al seno è in aumento, ma grazie ai mirati e diffusi programmi di screening e al miglioramento delle tecniche di diagnostica, la mortalità è diminuita negli anni (Figura 1.3).

Come si vede nel grafico, il trend di incidenza è in aumento dello 0,9% ogni anno, mentre la mortalità cala del -2,2% ogni anno.

In Italia vi è una maggiore incidenza al Nord e più bassa al Sud e Isole, dovuta sia a diversa alimentazione e stili di vita, ma anche alla diversa diffusione di percorsi di screening.

Continua però ad essere la prima causa di morte per tumore nelle donne con 12.201 decessi nel 2014 e 30% della causa di morte oncologica prima dei 50 anni.

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Figura 1.3: Tumore della mammella femminile. AIRTUM: stima dei trend tumorali di incidenza e mortalità 2003-2017. Tassi standardizzati nuova popolazione europea 2013. APC = Annual Percent Change (variazione percentuale media annua), I = incidenza, M = mortalità [3].

In Italia la sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi di neoplasia al seno è circa dell’87% in tutte le fasce d’età, con una maggiore sopravvivenza nelle donne giovani con valori intorno al 91%. La sopravvivenza a 10 anni scende all’80% [3].

Vi è un incremento di incidenza della malattia del 15%. Dato più preoccupante è il crescente aumento delle donne giovani, in età compresa tra 25 e 45 anni, in cui si stima che l’incremento sia stato del 30%, che non sono coperte da programmi di screening mammografico [5].

Oltre ai fattori di rischio standard dei tumori, vi sono altri fattori di rischio specifici per il carcinoma alla mammella, alcuni dei quali possono essere modificati come lo stile di vita, altri non dipendono dai comportamenti della donna.

Età: il rischio di ammalarsi aumenta con l’avanzare dell’età che raddoppia oltre i 50

anni.

L’incidenza (Figura 1.4) aumenta esponenzialmente fino alla menopausa, poi durante la menopausa si manifesta un plateau, seguito da un ulteriore incremento dopo i 60 anni [3].

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Figura 1.4: Incidenza e mortalità nelle classi di età

La causa dell’aumento del rischio direttamente con l’età sembra dovuto all’elevato e continuo processo di riproduzione e crescita cellulare, sotto stimolo endocrino, della ghiandola mammaria, che varia durante l’arco della vita. Inoltre vi è un progressivo danneggiamento del patrimonio genetico che porta all’insorgenza di alterazioni nei geni oncogeni e soppressori, determinando il processo di cancerogenesi, ovvero lo sviluppo del tumore [5].

Fattori Riproduttivi e Ormonali: l’aumento di anomalie mammarie ha una maggiore

insorgenza in donne che hanno una fase riproduttiva più ampia, con precoce età del menarca, a causa di una durata maggiore della stimolazione endocrina di estrogeno. Una gravidanza in tarda età o nessuna, non allattare il bambino al seno possono essere dei potenziali fattori di rischio.

Che la maggiore stimolazione di estrogeni sia un fattore di rischio lo si nota anche nell’aumento della predisposizione di sviluppare un carcinoma mammario in donne che assumono contraccettivi orali o terapia ormonale sostitutiva a base di estrogeno e progesterone in menopausa. Il rischio è proporzionale alla durata del trattamento [3].

Errato stile di vita e scorretta alimentazione: scorrette abitudini come la

sedentarietà e un’alimentazione ricca di grassi animali sono cause predisponenti dell’insorgenza di anomalie al seno. L’obesità è un fattore di rischio conclamato, perché aumentando la percentuale di tessuto adiposo, aumenta il quantitativo di estrogeno nel seno, poiché esso è l’unica fonte di questo ormone dopo la menopausa.

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Anche l’aumento di livelli di insulina, a causa di diverse disfunzioni come il diabete, rappresenta un fattore di rischio. Infatti l’insulina agisce sul fattore di crescita insulino-simile (IGF-1R) che può attivare dei segnali all’interno della cellula che possono favorire l’insorgenza della neoplasia [3]. Anche l’assunzione di alcool e fumo può aumentare l’insorgenza del tumore in maniera proporzionale alle quantità assunte. Si stima che il rischio in donne che hanno fumato per un periodo molto lungo sia più elevato del 35-50 %.

Esposizione alle radiazioni ionizzanti: la mammografia, gold standard della

diagnostica del tumore al seno, utilizza delle basse dosi di radiazione, che però se prolungate nel tempo possono aumentare l’insorgenza di tumore [6].

Familiarità e predisposizione genetica: i danni al patrimonio genetico che causano la

neoplasia alla mammella si creano durante l’arco della vita e perciò, solitamente, la malattia ha un’insorgenza in prevalenza sporadica, come nella maggior parte delle altre patologie associate al cancro.

Nel caso del carcinoma mammario però, vi è circa l’8% dei tumori che si sviluppano a carico di mutazioni in geni specifici come le proteine di suscettibilità al cancro della mammella di tipo 1 e 2, dette BRCA1 (presente sul cromosoma 17) e BRCA2 (presente sul cromosoma 13). Nelle donne che ereditano delle mutazioni nei geni citati presentano un rischio maggiore di sviluppare il cancro al seno, ma al anche il cancro all’ovaio. Una mutazione nel BRCA1 indica una probabilità del 45-80% di ammalarsi e nel BRCA2 del 25-60%.

Il test genetico positivo a queste mutazioni non comporta una manifestazione deterministica della neoplasia, ma ne indica una probabilità molto elevata, soprattutto se associata a una storia familiare con diversi casi di tumore alla mammella [5].

Le strutture dei due geni sono diverse, ma le funzioni sono correlate dal momento che sono entrambi oncosoppressori che controllano il corretto svolgimento ciclo cellulare.

Le donne che presentano diversi componenti in famiglia che hanno contratto la patologia, soprattutto la madre o la sorella, hanno una maggiore predisposizione a sviluppare il tumore.

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In alcuni casi, in cui vi è una insorgenza familiare notevole e le mutazioni nei geni specifici gli specialisti possono anche consigliare una mastectomia radicale preventiva.

1.1.2 Struttura del seno e diversi tipi di tumore

Per studiare il tumore al seno e capire come si diffonde, è bene valutare la particolare

struttura della mammella.

La mammella (Figura 1.5) è un organo ghiandolare particolarmente pronunciato nelle donne, che ha prima di tutto la funzione materna di secernere il latte attraverso la suzione del bambino. Ha anche una funzione estetica e sessuale.

Figura 1.5: Vista in sezione della mammella femminile. 1 Cassa toracica, 2 Muscoli Pettorali, 3 Lobuli, 4 Capezzolo, 5 Areola, 6 Dotti, 7 Tessuto Adiposo, 8 Pelle [7].

Essa è costituita da 15-20 lobi ghiandolari immersi in tessuto connettivo di sostegno, disposti in maniera radiale attorno al capezzolo. Vi è inoltre una componente adiposa, di volume variabile, che genera differenze nella dimensione e nella forma nelle donne.

Ogni lobo ghiandolare presenta i cosiddetti dotti galattofori, la cui funzione è quella di convogliare il secreto prodotto nei lobi fino al capezzolo, da cui poi fuoriesce in altrettanti fori.

Il capezzolo è contornato dall’aureola, una zona molto pigmentata che presenta delle ghiandole sebacee, che serve a lubrificare la zona durante la suzione.

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Vi è una componente muscolare liscia che permette fuoriuscita del secreto con l’erezione del capezzolo e la contrazione dell’areola e dei dotti galattofori.

Ogni mammella può essere suddivisa idealmente in quattro quadranti, con assi perpendicolari con origine nel capezzolo [7].

La mammella si sviluppa continuamente durante la vita della donna, grazie all’azione endocrina dell’estrogeno e del progesterone, creando delle profonde differenze nelle diverse età e fasi ormonali.

Gli estrogeni stimolano la proliferazione dei dotti galattofori, mentre il progesterone va a stimolare le strutture ghiandolari [8].

Durante la gravidanza vi è uno sviluppo notevole della ghiandola mammaria, ad eccezione del tessuto adiposo, a seguito di modifiche ormonali. Questo fenomeno può mostrarsi anche durante il periodo mestruale, in cui le mammelle diventano più turgide e dolenti al tatto [7]. Nelle donne giovani in età fertile il seno si presenta molto denso, poiché vi è un contenuto maggiore di tessuto ghiandolare. Nelle donne in post menopausa il tessuto ghiandolare si riduce a vantaggio del tessuto adiposo.

La neoplasia mammaria non è unica e vi sono diverse forme in base alla zona di origine dell’anomalia. Si può formare da tutti i diversi tipi di tessuto del seno, ma i più frequenti derivano dai lobuli ghiandolari o dai dotti galattofori. Vi possono essere forme non invasive e forme invasive.

Tra le forme invasive le maggiormente diffuse sono il carcinoma duttale, che origina nel dotto e riesce in seguito a superne le pareti, e il carcinoma lobulare che origina nei lobuli e riesce a oltrepassare il tessuto e a diffondersi. Il duttale è il più frequente e rappresenta il 70-80% delle neoplasie mammarie, mentre il lobulare è presente nel 10-15% dei casi e può colpire anche più punti nello stesso seno.

L’evoluzione avviene attraverso cinque stadi:

 Stadio 0: si ha il cosiddetto carcinoma in situ che si identifica, come detto, rispetto

alla posizione d’origine (duttale o lobulare). Il DCIS, quello che ha origine dai dotti è considerato come una forma precancerosa. La sopravvivenza a 5 anni, in questa fase, è del 98%.

(17)

 Stadio 2: anomalia con meno di 2 centimetri con coinvolgimento dei linfonodi, o più accresciuto senza aver colpito i linfonodi.

 Stadio 3: tumore diffuso localmente, che ha colpito i linfonodi del cavo ascellare o

zone di tessuto vicino.

 Stadio 4: carcinoma che ha sviluppato metastasi e si è diffuso in tessuti oltre il seno.

Vi possono essere anche diverse forme di anomalie benigne del seno, dette displasie mammarie. Sono diffuse maggiormente nelle donne giovani che possono presentare un seno fibrotico.

Possono essere presenti displasie fibrocistiche a piccole cisti o a grosse cisti non sempre dolenti o riconoscibili.

Molto diffuso è il fibroadenoma che si presenta come un singolo nodulo duro doloroso e molto mobile [1].

In uno studio del Cancer Research UK, si sono individuate le aree che presentano una maggiore insorgenza di tumore. Si è scoperto che, nei tumori con origine identificata, esso ha origine nel quadrante alto esterno nel 25% dei casi (Figura 1.6) [9].

(18)

Il sintomo più frequente del tumore al seno è la presenza di un nodulo, definito come un agglomerato normale o patologico di cellule diverse da quelle circostanti [10], ma vi possono essere altri segni che possono avanzare il sospetto della presenza di un’anomalia mammaria. Tra questi vi possono essere diverse modifiche nella forma della mammella o del capezzolo, dolore, pelle arrossata, secrezione di fluido fuori dall’allattamento o gonfiore sia nel seno che nella zona dell’ascella [11].

La Figura 1.7 mostra le diverse modifiche che possono presentarsi quando si ha una neoplasia alla mammella, in una campagna di sensibilizzazione effettuata dalla World Wide Breast Cancer [12].

Figura 1.7: 12 segni del cancro al seno.

1.2 Metodi Diagnostici per il Tumore al Seno

1.2.1 Mammografia

La mammografia (Figura 1.8) rappresenta il gold standard della diagnostica del tumore al seno.

Diversi studi hanno accertato che lo screening mirato attraverso la mammografia possa ridurre la mortalità da neoplasia mammaria e aumentare la sopravvivenza [3].

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) o World Health Organization (WHO) in inglese, ha pubblicato un position paper nel 2014 sullo screening mammografico, in cui si evince come i programmi di screening mammografici possono ridurre del 20% la mortalità. Inoltre in questo elaborato si sottolinea come i benefici della mammografia superino i danni arrecati dalle radiazioni ionizzanti [13].

(19)

Figura 1.8: Struttura per la Mammografia.

La sua importanza è accreditata da molte associazioni di specilisti come AIRC (Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro) o Fondazione Veronesi, nello specifico la LILT (Lega Italiana per Lotta contro i Tumori) la definisce come “la tecnica più idonea e valida nel diagnosticare la maggior parte dei tumori della mammella, prima ancora che siano palpabili. Per questo è la tecnica più appropriata come test base in un programma di screening alla quale non si deve mai rinunciare nel caso di sospetto carcinoma” [5].

Il Ministero della Salute Italiano ha valutato la tecnica e cita uno studio del Journal of Medical Screening che ha dimostrato come la mortalità si riduce del 25% con la mammografia, ma altri studi ne indicano anche una percentuale maggiore [14].

La mammografia è un esame che utilizza una bassa dose di radiazioni ionizzanti (solitamente intorno a 0,7 mSv).

La procedura sfrutta i raggi X per valutare le differenze tra tessuto sano e tessuto canceroso che, con un fascio a 20 keV, hanno un diverso coefficiente di attenuazione lineare, come descritto dalla legge di Lambert Beer :

𝐼1 = 𝐼0∙ 𝑒−𝛼𝑥

con 𝐼0 l’intensità iniziale dell’onda e 𝐼1 l’intensità dell’onda residua dopo il mezzo.

Il tessuto fibroghiandolare ha 𝛼 = 0,8 𝑐𝑚−1, mentre il carcinoma 𝛼 = 0,85 𝑐𝑚−1, ma si può

distinguerlo dalle calcificazioni.

Dalla Figura 1.9 si nota come proprio una radiazione a 20 keV sia ottimale per distinguere i tessuti.

(20)

Figura 1.9: Coefficiente di attenuazione dei tessuti e contrasto a diversi livelli di energia.

La radiografia al seno viene effettuata comprimendo il seno tra due lastre che permette di migliorare il risultato diagnostico perché il tessuto viene uniformato. Questo perché, riducendo lo spessore, i raggi X penetrano con più facilità, creando meno radiazione diffusa, con conseguente diminuzione della dose utilizzata per la creazione di immagine senza artefatti.

Dunque una minore attenuazione, data da una migliore penetrazione, permette di ridurre la dose e quindi crea meno danni da radiazione nella paziente [15] (Figura 1.10).

Figura 1.10: Effetti della compressione del seno

Una tecnica diagnostica deve essere valutata in termini sensibilità e specificità. Esse valutano la capacità del test diagnostico di individuare i soggetti che presentano la malattia d’interesse.

(21)

Considerando la Tabella 1.1, il risultato di un test può essere positivo o negativo, i soggetti positivi al test possono però essere veri positivi (nel nostro caso presentano il tumore al seno) e falsi positivi. Viceversa, chi risulta negativo ad un test diagnostico può essere comunque malato (Faso negativo) e sano (vero negativo) [16].

Per sensibilità si intende la capacità di identificare correttamente i soggetti malati, nel caso dunque del cancro al seno di individuare la presenza del tumore. Più nello specifico, fa riferimento alla porzione di soggetti malati che risultano positivi al test: VP/M, la porzione dei veri positivi (VP) sui malati (M) in termini probabilistici.

La specificità fa riferimento alla capacità di identificare correttamente i soggetti sani. In formule è il rapporto tra Veri negativi e non Malati [16].

Tabella 1.1: Validità di un test diagnostico, definizione di sensibilità e specificità [16] .

I suddetti valori per la mammografia non sono assoluti perché devono essere riferiti all’età della paziente, l’indice di massa corporea, la fase mestruale, dal momento che il risultato varia rispetto alla densità del seno.

In uno studio effettuato (Tabella 1.2) rispetto all’età, 2223 pazienti sono state suddivise in 7 fasce d’età, nella fascia d’età più bassa considerata (40-44 anni) la sensibilità era 68,6% e la specificità del 91,4%, mentre nella fascia 80-89 anni (la più alta) la sensibilità aumentava fino all’83,3% e la specificità era del 94,4%.

(22)

Tabella 1.2: Sensibilità della Mammografia nei diversi soggetti in studio. [17]

Dunque è la sensibilità ad essere maggiormente afflitta dalla densità ghiandolare, nello stesso studio, si ricava che la sensibilità passa dal 62,9% in seni estremamente densi al 87% in seni molto adiposi [17] [18].

Per quanto la mammografia sia considerata la migliore tecnica attuale sia come screening che come diagnostica vi sono dei problemi che limitano la tecnica e che la rendono “poco appetibile” a molte pazienti.

Come ribadito non può essere utilizzata per giovani seni densi che necessitano di tecniche alternative, non sempre efficaci. Inoltre, a causa della compressione del seno, la tecnica viene considerata fastidiosa e invasiva da diverse donne.

Un discreto numero di falsi positivi, porta a una sovra diagnosi e un sovra trattamento del 30%. Significa che si andranno ad aumentare gli esami con biopsia, che porta deformazioni e dolore nella donna, con conseguente disagio e stress psicologico dato dal livello di incertezza del risultato [15].

Il problema maggiore è però rappresentato dall’uso di radiazioni ionizzanti, seppur a bassa dose. In prima battuta, a causa di ciò, la tecnica non può essere utilizzata da donne in gravidanza. In generale però, la mammografia espone la mammella alle radiazioni, che, seppur bassa, a lungo andare, può causare l’insorgenza della neoplasia stessa.

Nonostante i diversi limiti della tecnica, da molti si ritiene che i benefici superano i rischi, ma si è alla costante ricerca di una tecnica che sia identicamente valida, ma senza rischi [18].

(23)

Negli ultimi anni, la ricerca ha portato allo sviluppo della mammografia digitale, procedura analoga alla mammografia su lastre, ma con acquisizione e visualizzazione delle immagini in digitale, che migliora la lettura dei dati e gli artefatti. È pero più costosa del classico apparecchio mammografico e una minore risoluzione spaziale, ma migliora la sicurezza e la qualità, grazie al superamento delle lastre radiografiche.

La sensibilità e la specificità è pressoché invariata.

L’utilizzo di tecnologia CAD (Computer-Aided Detection) associata alla mammografia digitale ha portato una migliore e più accurata lettura dei dati, tanto che si stima che i falsi negativi siano ridotti del 77%. Inoltre attraverso tecniche di elaborazione delle immagini con filtri digitali, le immagini mammografiche possono essere combinate con immagini acquisite con altre tecniche che migliorano il quadro dello stato di salute della mammella [18].

La tomosintesi mammaria rappresenta la vera innovazione delle tecnologie che sfruttano le radiazioni ionizzanti. Essa permette di eseguire una ricostruzione 3D con una maggiore accuratezza, ma con dosi analoghe alla mammografia 2D e minore compressione del seno. Nella tomosintesi si ha l’acquisizione da diverse angolazioni del seno con brevi scansioni, poi vengono ricostruite in 3D ad alta risoluzione. Le fette possono anche essere visualizzate singolarmente e ciò riduce l’effetto di sovrapposizione dei tessuti. Inoltre grazie alla ricostruzione 3D può essere riconosciuta in maniera più accurata la posizione della lesione [19].

1.2.2 Ecografia

L’ecografia mammaria è un’altra delle tecniche più utilizzate per la rilevazione delle

anomalie mammarie. È una metodica che sfrutta l’emissione di ultrasuoni a bassa frequenza e ad alta intensità, completamente sicure e che quindi possono essere utilizzate anche in gravidanza.

(24)

L’ecografia viene eseguita con una sonda emettente onde acustiche che penetrano il tessuto e vengono rifratte e riflesse in maniera specifica in base al tipo di tessuto, permettendo di valutare la presenza di eventuali anomalie e di capirne l’entità, mappando le risposte. La sonda viene applicata sul seno cosparso di gel, che consente di ridurre l’impedenza di contatto e migliore qualità delle immagini [20].

La tecnica più utilizzata per diagnostica è l’ecografia B-mode, in modulazione di luminosità. La luminosità dell’immagine sarà proporzionale all’ampiezza dell’onda ricevuta, che dipende dalle diverse proprietà meccaniche dei tessuti [21].

L’esame è completamente indolore e non invasivo, fornisce dati complementari alla mammografia e può essere effettuata su seni densi come screening, perché i risultati forniti non sono afflitti dalla densità mammaria. Inoltre può essere utilizzata come guida per biopsia ed è fondamentale per lo studio di anomalie benigne e la loro struttura [19]. Le cisti, alterazioni benigne con del liquido comuni soprattutto nelle donne giovani, vengono diagnosticate con una sensibilità del 98-100% [21].

In uno studio del 2009 [22] che ha comparato la sensibilità e la specificità della mammografia e dell’ecografia mammaria si è visto appunto che la sensibilità e la specificità della mammografia sia molto più legata alla densità mammaria e all’età, di quanto non lo sia l’ecografia. Dunque l’ecografia ha una maggiore accuratezza (capacità di riuscire ad individuare il risultato esatto) nelle donne giovani e valori omogenei nelle varie età, mentre la sensibilità della mammografia sia crescente con l’età e con i seni maggiormente adiposi. Ad esempio in Tabella 1.3 la sensibilità della mammografia valeva 15,4% nel gruppo 30-39 anni e cresceva al 73,5% nel gruppo di 70-79 anni, mentre nell’ecografia i valori erano 69,2% e 65,3% nei rispettivi gruppi, ma raggiungeva dei valori omogenei di circa 72% nei gruppi intermedi.

(25)

Tabella 1.3: Sensibilità comparata di ecografia e mammografia in diverse fasce d’età [22]

La specificità (Tabella 1.4) della mammografia andava dai 34,3% nel primo gruppo e cresceva fino al 98%, mentre l’ecografia andava da 82,9% a 90,2 nel gruppo più anziano.

Tabella 1.4: Specificità comparata di ecografia e mammografia in diverse fasce d'età [22]

Un limite dell’ecografia è la scarsa risoluzione spaziale, infatti ha difficoltà a rilevare le micro calcificazioni, che vanno dai 50-100 µm, e spesso sono indizio precoce di neoplasia. Ciò è causato dall’effetto “speckle” (macchiolina) che avviene dall’interazione degli ultrasuoni con il tessuto. Nel seno, lo speckle produce dei punti luminosi che possono essere confusi con le calcificazioni.

Le nuove tecniche di ecografia, che ricostruiscono l’immagine presa da diverse angolazioni, migliorano i risultati diagnostici in termini di contrasto e risoluzione [19].

Il tessuto tumorale è caratterizzato da un elevato metabolismo che si identifica anche in una maggiore angiogenesi. Dunque la rivelazione di un maggiore flusso sanguigno e metabolico è una chiave diagnostica molto utilizzata in diverse tecniche.

Ad esempio nell’ecografia Doppler viene sfruttato l’effetto Doppler che consente l’identificazione del flusso sanguigno nella mammella, ma ha una scarsa sensibilità [21].

(26)

1.2.3 Risonanza Magnetica

La risonanza magnetica è una tecnica di imaging che non utilizza radiazioni ionizzanti, ma sfrutta il principio fisico per cui i diversi tessuti, se sottoposti ad un campo magnetico, hanno un tempo di precessione degli spin dei protoni caratteristico e possono dunque essere identificati.

Il paziente viene sottoposto ad un campo magnetico statico (circa 3 T), che riesce a far allineare gli spin dei protoni ad esso. A seguito di un impulso del campo, i protoni (i nuclei di idrogeno) vengono disallineati dal campo principale, e ritornano allo stato allineato con un tempo di rilassamento caratteristico per ogni diverso tessuto.

Con questa tecnica possono essere fornite immagini dei diversi tessuti molli, che non possono essere apprezzati con le tecniche radiografiche [23].

Nello specifico del tumore al seno, la paziente si trova in posizione prona e vengono analizzate le mammelle una alla volta. Per migliorare il risultato diagnostico, viene utilizzato un agente di contrasto, che in questo caso, è il gadolinio, il cui obiettivo è quello di andare ad individuare le zone con maggiore densità di vasi, legato alle caratteristiche della neoplasia. Le immagini vengono acquisite sia prima dell’iniezione dell’agente di contrasto che dopo, per fare misure comparate [19].

Volendo valutare la tecnica, il punto di forza è la sensibilità che si attesta intorno al 100% nel cancro di tipo invasivo e non è affetta dalla densità del seno, anzi il tessuto adiposo deve essere eliminato dall’immagine tramite elaborazione dell’immagine per preservarne la qualità. Inoltre la tecnica è costosa e richiede molto più tempo.

La specificità, invece, è variabile nei diversi studi, ma comunque molto scarsa. Viene indicata una specificità del 67,7% in correlazione con mammografia.

Nella Tabella 1.5 si possono valutare le tecniche di screening viste in questo capitolo in termini di specificità, sensibilità e accuratezza [18].

(27)

Dunque in conclusione, la risonanza magnetica può fornire dei dati che non possono essere valutati con la semplice mammografia, andando a migliorare il risultato diagnostico, ma non può essere utilizzato come metodo esclusivo di screening.

1.2.4 Imaging Nucleare: PET e SPECT

L’imaging nucleare è una tecnica che fornisce dati di tipo funzionale dei vari tessuti utilizzando dei radiofarmaci che consentono di valutare il metabolismo dei diversi tessuti.

La più diffusa è la Tomografia ad Emissione di Positroni (Positron Emisssion Tomography, o PET), che utilizza il 18-Fluorodesossiglucosio come molecola biologicamente attiva, radiotracciante con emivita breve. Esso viene iniettato in vena nella paziente, ed essendo una molecola assorbita dal corpo, il glucosio andrà nelle aree ad alto livello metabolico, che necessitano di maggiori nutrienti. Come già accennato, le zone tumorali sono caratterizzate da elevato metabolismo ed elevata angiogenesi, perciò il glucosio andrà ad accumularsi maggiormente in queste zone [19].

Il radiotracciante è a breve emivita e decade emettendo un positrone, che annichila con un elettrone, producendo una coppia di fotoni gamma a 511keV in direzione opposta. La coppia di fotoni vengono rilevati simultaneamente e è possibile mappare la posizione di emissione, andando a ricostruire l’attività metabolica della zona in esame [24].

Questa tecnica è efficace nel rilevare i tumori maligni, che presentano metastasi. Le immagini vengono rilevate dopo 40-60 minuti dopo l’iniezione del radiofarmaco e alcuni studi indicano che l’efficacia aumenta mettendo il paziente in posizione prona e andando registrare nello spazio la posizione del seno.

La sensibilità media è indicata come 96% e la specificità nel 77%, ma si è visto come la tecnica abbia difficoltà a rilevare le neoplasie nei primi stadi e ciò comporta che non possa essere usata come metodo di screening precoce.

Nello specifico del tumore al seno, viene indicata come mammografia ad emissione di positroni (o PEM), perché viene focalizzata sul seno e permette di abbassare i costi e tempi della classica PET, ma ha tassi di falsi positivi nella zona posteriore al seno.

Recentemente la combinazione di immagini PET e CT consente di avere sia dati anatomici che metabolici [18].

(28)

Altra tecnica di imaging nucleare è la scintimammografia, che ha un principio molto simile alla PET. Il radiotracciante, diverso dalla PET, viene rilevato da gamma camere e ha un’energia diversa di emissione.

È un metodo con una più bassa risoluzione della PET, infatti nella scintimammografia essa vale 5-10 mm, mentre nella PET è di 3-5 mm, ma è meno costosa della PET [19].

Le tecniche che utilizzano radiotraccianti non comprimono il seno e le immagini non risentono della densità mammaria. Sono però molto costose e lente [18].

Sono tecniche che, pur essendo uno standard medico per la diagnostica in campo oncologico, non possono essere utilizzate come screening di massa come le tecniche precedenti.

1.2.5 Termografia

La termografia è una tecnica emergente che non comprime il seno e non utilizza radiazioni ionizzanti. Utilizza telecamere che rilevano le lunghezze d’onda dell’infrarosso per investigare la mammella e creare una mappatura termica delle aree del seno, chiamata termogramma. Alla base di questo metodo, ci sono studi che dimostrano come la temperatura cutanea aumenti in corrispondenza di zone in cui vie è un aumento della vascolarizzazione, vasodilatazione e reclutamento di cellule immunitarie tipico di zone cancerose in via di sviluppo [25].

La procedura dura circa 15 minuti, in cui ogni mammella viene raffreddata e vengono effettuate delle fotografie ad infrarossi per valutare la temperatura nelle varie zone che poi vengono ricostruite tramite software, creando le mappe termiche.

Per quanto riguarda la valutazione di sensibilità e specificità, trattandosi di una tecnica emergente, a causa delle diverse tecnologie utilizzate non standardizzate vi è una varietà nei valori in diversi studi.

In uno studio sono state valutate al 97% di sensibilità, 14% specificità e inoltre è stato valutato il valore predittivo di diagnosticare le anomalie, ovvero i veri positivi su tutti i soggetti risultanti positivi e viceversa per i negativi, con un 24% positivo e 95% negativo [18].

(29)

La termografia deve tenere conto delle variazioni fisiologiche della temperatura corporea femminile durante il ciclo ormonale, perciò è bene effettuare la tecnica durante dei giorni in cui la temperatura è più stabile come 5°, 12° o 21° giorno dall’insorgenza delle mestruazioni. In questa tecnica la specificità aumenta quando la densità della mammella è elevata, al contrario della mammografia.

Il metodo è spesso limitato dalla metodologia della pratica come il raffreddamento, o la grandezza del seno che riduce l’accuratezza delle immagini e l’asimmetria della temperatura corporea nei due seni [18].

1.2.6 Mammografia Ottica

La mammografia ottica utilizza il principio fisico della NIRS, Near Infrared Spectroscopy, ed è considerata una tecnica emergente molto promettente in diagnostica perché rappresenta una possibile alternativa più economica e non invasiva.

Si utilizzano onde elettromagnetiche con frequenze ottiche nel vicino infrarosso, ovvero dai 700-950 nm che interagiscono in maniera caratteristica con le proprietà ottiche dei diversi tessuti del seno, con elevata profondità di penetrazione e basso assorbimento.

Nello specifico si valuta il fenomeno dello scattering per costruire delle mappe che sono direttamente proporzionali alle concentrazioni di emoglobina, che si trova maggiormente in zone più vascolarizzate, come le zone tumorali. Inoltre si può valutare il livello di ossigenazione, perché il tessuto tumorale è caratterizzato da ipossia, essendo zone ad elevato metabolismo [26].

Il fascio dopo che ha colpito il tessuto verrà scatterato e verrà rilevato da un sistema a fotorivelatori (Figura 1.11). Le misure possono essere effettuate con diversi approcci come misure di tipo continuo, nel dominio della frequenza e nel dominio del tempo.

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Il primo è il più semplice ed economico, misura la radiazione in termini di legge di Lambert Beer, ma fa misure meno accurate. Le misure delle proprietà ottiche in frequenza valutano lo sfasamento e la variazione di ampiezza del fascio, le misure sono più accurate, ma il sistema è più costoso e complesso. Nel dominio del tempo la composizione del tessuto viene effettuata misurando il tempo di volo dei fotoni che ritornano in maniera adeguata rispetto ai tessuti che hanno colpito, anche in questo caso il sistema è molto complesso, ma accurato [27].

La mammografia ottica ha diversi vantaggi perché non attua la compressione del seno o per lo più in maniera leggera, non utilizza radiazioni ionizzanti, ha bassi costi e può effettuare misure veloci. Inoltre può essere applicato a giovani seni densi perché la penetrazione del vicino infrarosso non è afflitta dalla densità mammaria [26].

La tecnica non può essere valutata in maniera accurata perché, essendo una tecnica emergente, non vi è una standardizzazione in termini di strumentazione e software di ricostruzione. Inoltre ha una scarsa risoluzione spaziale. In uno studio la sensibilità è stata valutata come 98% e la specificità al 90%, valori dunque molto promettenti, ma la non standardizzazione della tecnica non permette alla mammografia ottica di essere ritenuta come esclusivo metodo di screening, ma può fornire misure aggiuntive alle altre tecniche viste [26].

1.2.7 Scanning ad Impedenza Elettrica

Lo scanning ad impedenza elettrica è un metodo non invasivo che mappa la mammella grazie a misure di impedenza elettrica e va a valutare le lesioni che non sono palpabili. I diversi tessuti biologici hanno valori specifici di conduttività e permettività, che permettono di creare immagini con i diversi valori dei diversi componenti tissutali all’interno della mammella.

Vengono fatte scorrere piccole correnti all’interno del paziente e grazie a degli elettrodi vengono misurati i potenziali elettrici [28].

La tecnica sfrutta maggiormente le alte frequenze, perché a basse frequenze le impedenze degli elettrodi influenzano i valori di ingresso. Le scansioni sono affette da variazioni ormali del paziente e eventuali lesioni cutanee superficiali [18].

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Il riconoscimento della neoplasia avviene grazie al principio secondo cui le cellule maligne del cancro al seno sono caratterizzate da una maggiore conduttività elettrica e quindi presentano una minore impedenza elettrica rispetto alle cellule sane. La zona di minor impedenza, e quindi tumorale, può essere visualizzato nelle immagini risultati con una macchia bianca luminosa, oppure un algoritmo che valuta l’anomalia e il livello di sospetto che possa essere tumorale, oppure una diversa colorazione per anomalie benigne (verdi) a maligne (rosse) [25].

La tecnica è non invasiva, relativamente economica e non utilizza radiazioni ionizzanti, perciò può essere utilizzata in donne in gravidanza e può essere applicata a seni senza limiti d’età [28].

I risultati in termini di accuratezza però sono contrastanti. Alcuni ritengono che la tecnica sia promettente e permette di valutare anomalie anche difficili da scoprire, mentre altri studi ritengono sia una tecnica mediocre. Nello studio di Melloul et al. [29] la sensibilità era del 72,2% e la specificità del 67%, ciò non forniva vantaggi aggiuntivi rispetto alle tecniche in uso e inoltre ha scarsa risoluzione spaziale.

Però si è visto che con questa tecnica si è potuto valutare il rischio nelle donne di sviluppare il cancro in futuro, dunque si è valutata l’importanza in termini di screening precoce [18].

1.2.8 Imaging Tattile

L’imaging tattile è una tecnica diagnostica emergente che traduce il senso del tatto in una immagine digitale. I tessuti biologici sono caratterizzati da specifiche proprietà meccaniche, che cambiano in base ad alcuni disturbi o malattie. Sfruttando queste caratteristiche, è possibile creare delle mappe di pressione rispetto alla direzione della deformazione del tessuto [30].

Il tatto è stato ampiamente utilizzato in medicina per effettuare diagnosi qualitative sin dai tempi più antichi, anche se negli ultimi anni, con il progresso di tecniche diagnostiche più avanzate, il suo utilizzo è stato ridotto.

Vista l’efficacia di una metodologia cosi semplice e senza rischi, in tempi recenti sono stati sviluppati diversi dispostivi che imitano il tatto nella palpazione tradizionale, attraverso tecnologie differenti come ultrasuoni o sensori di pressione [31]. Tra i vantaggi di utilizzare

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sensori tattili rispetto al tatto umano, si ha che non è necessaria l’esperienza del medico o il suo giudizio, fornendo perciò maggiore affidabilità e ripetibilità [32].

Dal momento che le masse tumorali di qualsiasi entità sono caratterizzate da maggiore rigidezza, è possibile individuarne la presenza attraverso l’imaging tattile. La risposta alla pressione esterna mostra, nelle zone con presenza di anomalie, una distribuzione di zone più dure rispetto al tessuto sano, come nel caso del seno [31]. Sono stati svolti diversi studi in vivo e in vitro per valutare la validità della tecnica per il rilevamento del cancro al seno, è stato scoperto che mentre la palpazione richiede un cambiamento di diametro del 40% della massa rilevata, nel caso dell’imaging tattile, la massa è stata rilevata anche con un cambiamento del 15%, con un intervallo di confidenza del 95%. I diversi dispositivi spesso sono sostituti della pratica della Clinical Breast Examination (CBE), tecnica di palpazione dei medici, sono formati da sonde con una matrice di sensori di pressione, con l’intento di simulare le dita durante l’atto [32] [33].

L’obiettivo delle tecniche in vivo è di simulare la palpazione, cercando di creare un’immagine della risposta del tessuto allo stress applicato in termini di proprietà meccaniche. Principalmente si valuta il cambiamento del modulo elastico per valutare la presenza di zone tumorali rispetto al tessuto sano del seno, per comprenderne la natura istologica [34]. Essendo una tecnica emergente, vi sono diversi strumenti sperimentali che la attuano, perciò vi è un’eterogeneità nella tecnologia e nella valutazione dell’efficacia. In uno studio di confronto con altre tecniche diagnostiche [31] è stata valutata la specificità e la sensibilità dell’imaging tattile prendendo in esame la tecnica sviluppata da Egorov et al. [33], mostrando una sensibilità del 91,4% e specificità del 86,1% su uno studio con 32 lesioni maligne e 147 benigne. Questi valori sono paragonabili all’efficacia delle tecniche viste in precedenza, ma presentano dei vantaggi quali facilità di utilizzo, portabilità, assenza di radiazioni, minori costi. È soprattutto il basso costo a rendere la procedura interessante come modalità di screening per tutto il mondo, perché è una tecnologia accessibile anche in Paesi con risorse limitate [31].

Viste le caratteristiche della tecnica, è stata scelta come tecnologia su cui basare il dispositivo.

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2 L’Autopalpazione: Strumento di Screening Precoce

In questo capitolo si analizza la pratica dell’autopalpazione come strumento di screening primario, valutando vantaggi e svantaggi. Seconda parte è dedicata alla descrizione e lettura dei risultati del questionario somministrato, analizzando i metodi di somministrazione, il campione scelto e i dati raccolti

2.1 Scopo e modalità

Come visto nel capitolo precedente, l’importanza della diagnostica precoce è fondamentale per aumentare la probabilità di sopravvivenza e diminuire la mortalità.

Vi sono diverse tecniche diagnostiche che permettono di individuare le eventuali anomalie mammarie, ma spesso queste tecniche sono costose, necessitano di personale specializzato o tempi di attesa lunghi oppure non possono essere eseguite sulla paziente per la diversa anatomia nelle diverse fasi della vita. Ad esempio, la mammografia, che ad oggi rappresenta la migliore tecnica diagnostica, utilizza radiazioni ionizzanti con tutti i problemi collegati (ad esempio, non può essere utilizzata in donne in gravidanza) e, come già visto in precedenza, non può essere applicata con successo a giovani donne che hanno un seno denso.

E’ proprio la crescente insorgenza nelle giovani donne a destare preoccupazione, la cui partecipazione a diverse campagne di screening è loro preclusa o ridotta.

Si nota dunque come l’importante di uno strumento di screening a costo nullo, accessibile facilmente e utilizzabile da tutte le donne sia fondamentale per individuare la neoplasia già ai primi stadi. L’autopalpazione rappresenta un possibile strumento.

L’autopalpazione (in Inglese Breast Self-Examination, o BSE) è una tecnica di screening

precoce che permette di effettuare un autoesame della mammella per rilevare l’eventuale presenza di noduli o variazioni di forma e colore.

L’autoesame è un ottimo strumento per valutare in maniera tempestiva l’eventuale presenza di irregolarità che possono rappresentare il carcinoma, perché permette alla donna di imparare a conoscersi e individuare modifiche del seno anche in rapporto alle varie fasi ormonali e di vita.

Esso non permette di diagnosticare con buona sensibilità e specificità il tumore, perciò non può essere utilizzato come singola tecnica, ma può essere un utile strumento per la diagnosi precoce, mettendo in allerta la donna per poi effettuare delle visite specialistiche o altre

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tecniche diagnostiche più efficaci. È importante sottolineare che l’autoesame è solo uno strumento che deve essere coadiuvato eventualmente dal medico [35].

L’autopalpazione viene eseguita dalla donna senza supporto esterno e può essere effettuato anche molto giovani, perché è adatto a tutte le età. È oltremodo fondamentale eseguirlo regolarmente, perché l’efficacia aumenta se si impara bene a conoscere il proprio seno. Nelle donne in età fertile bisognerebbe eseguirla una volta al mese, intorno al 7° giorno dopo la comparsa della mestruazione, perché in questa fase il seno è meno dolente e turgido. In donne in gravidanza o in menopausa è indifferente la scelta del giorno, basta eseguirlo circa sempre nello stesso periodo [36].

La pratica (Figura 2.1) inizia con l’esame visivo in cui la donna osserva le mammelle e valuta la presenza di variazioni di forma e volume, davanti uno specchio con braccia distese lungo i fianchi e schiena dritta, prestando particolarmente attenzione alla zona del capezzolo (1).

Figura 2.1: Procedura dell’autoesame della mammella [37]

Poi si alzano le braccia per osservare il quadrante inferiore, il solco sottomammario e la zona ascellare (2), successivamente si portano le mani sul bacino e si spinge il petto verso fuori contraendo i muscoli pettorali per valutare anomalie di forma (3).

Dopo di che si passa all’effettiva autopalpazione di entrambi i seni uno per volta (4) in cui si valuta la struttura della mammella e delle zone limitrofe con il tocco delle mani. Si parte dalla ricerca di eventuali ghiandole di volume anomalo, dalle fossette sopraclavicolari e della

(35)

cavità ascellare. Nello specifico le prime vanno esaminate con i polpastrelli dell’indice e del medio della mano opposta al lato in esame, con il braccio del lato in esame abbassato. Il cavo ascellare invece deve essere studiato con il braccio alzato a formare un angolo retto con il corpo e i muscoli della cavità ascellare devono essere rilassati, si utilizza sempre la mano opposta alla zona in esame. Si valuta anche il capezzolo con indice e pollice per valutare possibili fuoriuscite di liquido (5).

Ultima fase dell’autopalpazione avviene distendendosi in posizione supina e mettendo un piccolo cuscino sotto la spalla del lato della mammella da valutare. In questo modo il seno verrà appiattito e di distribuirà in maniera uniforme per semplificare l’esame. Bisogna utilizzare le dita tese della mano opposta al seno che si sta valutando, premendo delicatamente il seno con dei movimenti circolari dall’esterno verso l’interno della mammella (6) [35].

Bisogna procedere dividendo in quarti la mammella e palpandola come se fosse un orologio, effettuando un giro completo in senso orario.

Le manovre descritte devono essere attuate sempre nella stessa modalità e può essere effettuando anche in maniera rapida sotto la doccia che migliora l’efficacia perché la pelle è umida e più rilassata con il calore.

Se dopo la pratica dovessero risultare delle anomalie sospette bisogna contattare il medico che effettuerà le eventuali indagini diagnostiche [36].

2.2 Controversie e valutazione della tecnica

Come detto, per quanto l’autopalpazione è da molti considerata uno strumento utile per coadiuvare lo screening precoce soprattutto in donne giovani, per prendere consapevolezza del proprio corpo e valutare in tempo anomalie.

Secondo l’AIRC le donne in età del picco di incidenza, avendo delle modifiche repentine del seno “non possono rinunciare all'autopalpazione come strumento di prevenzione” [10].

Vi sono però, delle controversie in merito che screditano l’efficacia della tecnica.

Non è valutabile intanto la sensibilità e la specificità reale, dal momento che la tecnica viene effettuata dalle pazienti direttamente. Però permette alle pazienti di poter controllare la

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propria salute e sentirsi a proprio agio con il loro seno. Secondo il National Breast Cancer Foundation fino al 70% dei tumori sono stati scoperti grazie all’autopalpazione [38].

Alcuni studi hanno valutato come l’autopalpazione aumenta il rischio di falsi positivi e dunque di esami diagnostici e visite specialistiche non utili, l’elevato tasso di biopsie per lesioni benigne che possono causare cicatrici permanenti e danni al seno, con elevato impatto psicologico sulla paziente, destando ansie e paure.

Anche i falsi negativi possono essere presenti, perché capita che le lesioni mammarie siano posizionato troppo in profondità per essere apprezzate attraverso la palpazione.

Alcuni studi non ritengono che l’autopalpazione riduca la mortalità [38] [39].

La pratica dell’autopalpazione però è completamente gratuita, si può effettuare in qualsiasi posto e momento, è completamente sicura e non invasiva. Per avere una reale efficacia deve essere eseguita nella giusta maniera e in maniera frequente. Quindi con le dovute accortezze, con un buon livello di consapevolezza e avendo ben chiaro lo scopo della pratica, essa trova comunque ottima validità da molti specialisti del settore (come le già citate AIRC, la Fondazione Umberto Veronesi e l’American Cancer Society) come primo strumento di

prevenzione coadiuvante per lo screening precoce attraverso strumenti diagnostici e non

un’alternativa ad essi [10].

2.3 Consapevolezza dell’autopalpazione: studio svolto

2.3.1 Introduzione e descrizione del questionario

Dopo aver valutato l’autopalpazione e la sua utilità come strumento di prevenzione, si è cercato di analizzare quale fosse il livello di consapevolezza nelle donne italiane dell’autopalpazione e dell’incidenza del tumore al seno.

In un articolo de “La Repubblica” del 2017 si è analizzato come molte donne non aderiscono ai programmi di screening, non hanno buona consapevolezza del tumore al seno e rinunciano anche ai programmi gratuiti [40].

Da ciò si è cercato di valutare il livello di conoscenza del problema nelle donne italiane, effettuando un’indagine statistica attraverso un questionario ad hoc.

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