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Piaggio Production System: applicazione di metodologie e strumenti "lean" nello stabilimento Veicoli Commerciali Piaggio

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Academic year: 2021

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D

IPARTIMENTO DI

I

NGEGNERIA DELL

’E

NERGIA

,

DEI

S

ISTEMI

,

DEL

T

ERRITORIO E DELLE

C

OSTRUZIONI

RELAZIONE PER IL CONSEGUIMENTO DELLA LAUREA MAGISTRALE IN INGEGNERIA GESTIONALE

Piaggio Production System

:

applicazione di Metodologie e Strumenti “Lean” nello

stabilimento Veicoli Commerciali Piaggio

RELATORI IL CANDIDATO

Prof. Ing. Riccardo Dulmin Francesco Troito

Dipartimento di Ingegneria dell’Energia, dei Sistemi, del Territorio e delle Costruzioni (DESTEC)

Dott. Andrea Nannipieri

Responsabile Piaggio Production System Piaggio & C.

Ing. Alessio Fiorillo

Responsabile Lastroferratura e Verniciatura Stabilimento Veicoli Commerciali (SVC)

Sessione di Laurea del 24/09/2014 Anno Accademico 2013/2014 Consultazione NON consentita

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3

Piaggio Production System : applicazione di Metodologie e Strumenti "Lean" nello stabilimento Veicoli Commerciali Piaggio

Francesco Troito

Sommario

Questo elaborato è il risultato di un periodo di stage, della durata di sette mesi (Marzo -

Settembre 2014), svolto presso lo stabilimento Veicoli Commerciali (SVC) Piaggio di

Pontedera. L'esperienza è maturata all'interno del Piaggio Production System (PPS), un programma di miglioramento continuo dei processi aziendali e finalizzato alla riduzione degli sprechi, orientato al World Class Manufacturing e alle pratiche di gestione Lean. Il ruolo svolto dal candidato è stato quello di addetto alla Piattaforma PPS, figura di congiunzione e coordinamento tra lo stabilimento produttivo ed il programma di miglioramento. Le attività svolte sono state pianificate in sincronia con la linea evolutiva del PPS. L'obiettivo del lavoro ha avuto quindi una duplice natura, da un lato supportare il processo di miglioramento basato sull' "approccio Lean", in continuità con il bagaglio di strumenti maturato in questi anni, dall' altro affrontare la nuova sfida del PPS, ovvero l'introduzione dell' "approccio Lean

Six Sigma - oriented", più rigoroso e scientifico. E' stato sviluppato ed implemento un

progetto strutturato secondo la logica DMAIC, focalizzato sul processo di Verniciatura dello

SVC, con l'obiettivo di ridurre i difetti riscontrati sul veicolo "APE PIAGGIO" e migliorare la

performance del Processo. Il risultato del lavoro ha fornito un contributo innovativo evidenziando in maniera oggettiva le caratteristiche del processo in termini di stabilità e capacità, sviluppatosi in una strutturazione del sistema di raccolta dati che ha consentito di individuare punti critici del Processo in ottica di Qualità di Prodotto.

Abstract

This paper is the result of an internship carried out within the "Stabilimento Veicoli Commerciali Piaggio" in Pontedera. The work has been taken as part of the "Piaggio

Production System", an improvement project aimed to a continuous improvement of the

processes and a waste reduction in line with World Class Manufacturing and Lean Manufacturing. The author was the figure responsible for the connection and management

(4)

4

of the relationships between the production and the PPS, covering two key aspects: support the improvement process through the Lean Approach and the more scientific Lean Six Sigma Approach. The project was based on the DMAIC logic and focused on the SVC’s painting process aimed to the defect reduction on the model APE PIAGGIO in addition at the process improvement. The result of this research is an innovative contribution highlighting the capability and stability of the process; this was enabled by the development of a measurement system that allowed the identification of the product quality criticalities.

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PREMESSA

Tutti i dati numerici presenti in questa tesi di laurea sono stati alterati al fine di garantire il segreto industriale del Gruppo Piaggio.

I dati illustrati sono quindi puramente indicativi seppur le proporzioni rappresentino la realtà. La consultazione di tale tesi è pertanto non consentita.

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6

Sommario

1.

Introduzione ... 10

I. Ambito ... 10

II. Piaggio Production System ... 11

III. Lavoro svolto all’interno del PPS ... 13

III.I Metodo e Finalità del Lavoro ... 15

IV. La nuova sfida del PPS ... 16

V. Contenuto della Tesi ... 17

VI. Conclusioni ... 17

2.

La “ Filosofia Lean” ... 19

2.1 La Lean Production ... 19

2.2 Origini e Sviluppo ... 21

2.3 Obiettivi della Lean Production ... 25

2.4 Pilastri e Strumenti della Lean Production ... 27

2.5 Il Miglioramento Continuo – Kaizen ... 40

2.6 Applicazione della “ Filosofia Lean” ... 45

2.7 World CLASS Manufacturing (WCM) ... 47

3.

Piaggio & C. Group S.p.A. ... 52

3.1 Milestone Piaggio Group ... 52

3.2 Piaggio Group ... 53

3.2.1 Aree Geografiche ... 56

3.2.2 Mercato Europeo e Competitor ... 60

3.3 Stabilimento Veicoli Commerciali Pontedera ... 67

3.4 Processi Produttivi ... 71

3.4.1 Processo di Verniciatura ... 72

4.

Piaggio Production System ... 79

4.1 Il PPS e la fine del primo Ciclo Triennale ... 80

4.2 Sitema di Contabità Aziendale ... 82

4.3 La Linea Evolutiva del PPS ... 84

(7)

7

4.4 Logica di funzionamento del PPS ... 89

4.4.1 Timing Applicazione PPS... 90

4.5 La Struttura del PPS: il Plan ... 91

4.6 L’esecuzione delle attività progettuali: il Do ... 97

4.7 Il controllo dei risultati: il Check ... 99

4.8 Consolidare e migliorare i processi: l’ ACT ... 102

4.9 Applicazione pratica - Il modello DMAIC ... 102

5.

Lavoro Svolto ...109

5.1 Gantt - WBS ... 110

5.1.2 Il PPS all’interno dello Stabilimento VTL Pontedera ... 111

5.2 Bilancio PPS e Prospettive Future ... 112

5.2.1 Bilancio PPS relativo stabilimento Veicoli Commerciali (VTL)113

5.3 PPS 2014: “ Approccio Lean - WCM “ ... 115

5.3.1 Attività di Monitoraggio e Contollo... 116

5.3.2 Il Sistema di Controllo e la definizione dei KPI economici ... 117

5.3.3 Strumenti applicativi ... 119

5.3.4 Definizione Progetti di miglioramento per l’anno 2014 ... 128

5.4 Il Cost Deployment 2014 ... 129

5.4.1 Metodologia ... 132

5.4.2 Analisi perdite 2013 – 2014 stabilimento VTL ... 141

5.5 PPS 2014 : “ il Nuovo Approccio LSS “ ... 151

5.5.1 Contesto ... 151

5.5.2 Concetti di base ... 154

5.5.3 Applicazione della metodologia LSS nello stabilimento VTL 157

5.5.4 Roadmap del Progetto ... 158

5.5.5 Timeline - GANTT - WBS Progetto LSS ... 160

5.6

Descrizione del Progetto LSS... 162

5.6.1 DEFINE ... 162

5.6.1.2 Individuazione della VOC e Scelta Progetto ... 164

5.6.1.3 Definizione del Project Charter... 166

5.6.1.4 Indviduazione delle variabili critiche (CTQs)... 169

(8)

8

5.6.2 MEASURE ... 176

5.6.2.1 Sistema di raccolta dati, Campionamento e Strumenti ... 178

5.6.2.2 Tipologie di Difetto e Zone Veicolo ... 182

5.6.2.3 Validazione del Sistema di Misura dei Difetti - Gage R&R . 185

5.6.2.4 Strumenti utilizzati ... 188

5.6.2.5 Valutazione As – Is ... 191

CTQ - Media DPMO Giornaliera ... 191

CTQ - Percentuale Difettosità Giornaliera ... 197

CTQ - TAE ... 202

CTQ - TER ... 205

5.6.2.6 Risultati ... 207

5.6.3 ANALYZE ... 208

5.6.3.1 Obiettivi ... 209

5.6.3.2 Analisi Dati Preliminare ... 210

5.6.3.3 Ricerca Root Causes ... 215

5.6.3.4 Analisi di Correlazione ... 224

5.6.4 IMPROVE ... 225

5.6.4.1 Interventi Proposti... 229

5.6.5 CONTROL ... 230

6.

CONCLUSIONI ...238

7.

Indice delle Figure ...240

(9)
(10)

10

1. Introduzione

Il Piaggio Production System (PPS) è un programma di miglioramento continuo delle performance e di riduzione degli sprechi orientato al World Class Manufacturing e alle pratiche di gestione ispirate alla metodologia Lean . Nasce nell’ anno 2011, come una vera e propria “ rivoluzione mentale” atta ad investire in maniera trasversale tutti gli aspetti caratterizzanti una realtà aziendale come la Piaggio, si sviluppa in maniera graduale all’interno dell’organizzazione, puntando in modo deciso alla sensibilizzazione e al pieno coinvolgimento di tutte le risorse aziendale. E’ stato applicato inizialmente agli stabilimenti produttivi italiani del Gruppo Piaggio, per poi essere esportato oltre i confini nazionali ed implementato anche negli stabilimenti produttivi del Gruppo nel Far East, a testimonianza del committment del top management Piaggio e di quanto l’intero Gruppo punti su tale programma di miglioramento globale. In questa introduzione saranno invece descritti i punti salienti dell’intero documento al fine di fornire ai lettori un quadro di sintesi che funga da “guide line” per la lettura dei capitoli della presente Tesi di Laurea supportando la comprensione del lavoro svolto.

I. Ambito

Il Gruppo Piaggio è caratterizzato da una forte presenza internazionale. Presso la sede italiana di Pontedera (in provincia di Pisa), il Gruppo ha in essere due stabilimenti, di cui uno dedicato alla produzione di veicoli commerciali e l’altro alla produzione di scooter, motori e parti meccaniche per i veicoli due ruote. A quest’ultimo, che costituisce il più importante complesso industriale del settore due ruote europeo, si affiancano per la produzione europea altri due stabilimenti in Italia, quello Scorzè e e quello Mandello del Lario. Il Gruppo Piaggio, con i marchi Piaggio, Aprilia, Gilera, Moto Guzzi, Scarabeo, Vespa e Derbi, è leader del mercato europeo nel settore PTW (Powered Two Wheeler) e tra i principali player a livello mondiale. Il Gruppo è inoltre presente con propri stabilimenti produttivi in Vietnam (a Vinh Phuc), con uno stabilimento dedicato alla produzione di veicoli a due ruote ed in India (a Baramati, nello stato del Maharashtra) con un sito dedicato alla produzione di veicoli commerciali e motori, a cui si è affiancato, a partire dal 2012, un nuovo stabilimento produttivo di veicoli Vespa rivolti al mercato indiano. Per fronteggiare le dinamiche concorrenziali ed il trend depressivo che ha caratterizzato il mercato di sbocco negli ultimi

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anni (soprattutto quello europeo), sono state intraprese una serie di misure ed azioni atte a difendere la propria quota di mercato e la propria posizione di leader nel settore, mettendo a punto un piano strategico pluriennale focalizzato sui seguenti aspetti:

 Focus sull’internazionalizzazione del mercato di fornitura, ampliando il proprio raggio di azione a livello globale, mettendo a punto una struttura decentralizzata nel Far east (Cina) attraverso cui collaborare per garantire un efficiente ed efficace processo di approvvigionamento orientato al global Sourcing, riducendo così l’impatto dei fattori produttivi sul costo complessivo del prodotto;

 Focus sull’efficienza dei propri processi industriali, puntando al miglioramento delle performance e all’acquisizione di una cultura, una metodologia ed un ventaglio di strumenti in ottica Lean Production da applicare sistematicamente all’interno della propria realtà industriale;

 Focus sul decentramento produttivo a livello internazionale per ridurre l’incidenza dei costi di produzione e puntando sulla creazione di nuovi mercati di sbocco in aree geografiche in forte espansione, vedi stabilimenti produttivi in India, Cina e Vietnam.

II. Piaggio Production System

Il Piaggio Production System, più semplicemente detto PPS, rappresenta il concretizzarsi della volontà del gruppo Piaggio di voler affrontare gli scenari futuri attraverso una serie di interventi atti a perseguire il miglioramento continuo dell’organizzazione e dei propri processi caratterizzanti, costruendo una mentalità proiettata al miglioramento e in grado di poter ambire all’eccellenza. Le persone sono la linfa vitale di ogni organizzazione, ed in quest’ottica, a tre anni dalla sua nascita, il PPS è riuscito a creare una cultura del miglioramento e ad infondere, in una realtà così radicata e non proprio moderna, la consapevolezza dell’importanza del proprio ruolo in ogni individuo. E’ indispenssabile che ogni lavoratore abbia un ruolo centrale nel processo di miglioramento, contribuendo costantemente ad evidenziare problemi e criticità, contribuendo attivamente ad individuare soluzioni attraverso appropriate metodologie di analisi. E’ un modello integrato formato da metodologie e strumenti, fondato sulla motivazione del personale (valorizzazione della persona) con l’obiettivo di rendere sistematico il processo di miglioramento continuo in tutti gli ambiti aziendali. Metodologie e Strumenti sono diventati così un vero e proprio

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patrimonio dell’Azienda, in cui gli aspetti intangibili legati all’affermarsi di un approccio sistematico da adottare per l’ottimizzazione dei processi industriali rappresentano il vero succeso del programma pluriennale attuato.

Il PPS, orientato al World Class Manufacturing (WCM), si compone di dieci metodologie quali: Cost Deployment (CD), Focused Improvement (FI), Autonomous Maintenance (AM), Professional Maintenance (PM), Safety (SA), Logistic (LO), Environment (EN), Workplace Organization (WPO), Quality Control (QC), People Development (PD). Ogni metodologia, o pilastro secondo la nomenclatura WCM, viene attuata attraverso un set di strumenti di derivazione Lean, applicati nell’ambito di una serie di progetti da attuare in ogni stabiliento produttivo Piaggio e mirati al raggiungimento degli obiettivi predefiniti. Il punto di forza è rappresentato da un giusto bilanciamento tra metodo ed applicazione pratica nella realtà quotidiana, attraverso un approccio rigoroso che garantisce solidità al programma di miglioramento. Le metodologie impattano su due dimensioni distinte, quella economica (CD-FI) e quella legata all’ Improvement (AM-PM-SA-LO-EN-WPO-QC-PD). Vengono così individuati progetti attraverso cui perseguire congiuntamente obiettivi di tipo economico (savings quantificabili dal punto di vista economico) e savings intangibili, con benefici legati alla gestione e alla qualità dei processi in senso lato. A sostegno dell’ implementazione del PPS è necessario definire, per ogni progetto che si vuole perseguire, un set di indicatori (KPI) di tipo tecnico ed economico, attraverso cui attuare il monitoraggio e l’analisi degli scostamenti tra risultati ottenuti e targets predefiniti. Sulla base di questo sistema di controllo, ed utilizzando un adeguato sistema di Audit per supportare il management nella diffusione del PPS, sarà quindi possibile individuare azioni ed interventi per riportare i progetti nella direzione desiderata. Nell’attuare il processo di miglioramento, bisogna adottare una visone orientata alla ben nota metodologia PDCA (Planning, Do, Check , Act), (Fig. 1) per garantire efficacia del metodo ed il raggiungimento degli obiettivi prefissati.

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Fig. 1 - PPS in ottica PDCA

Di seguito viene illustrato il percorso ideale caratterizzante l’attuazione di ogni metodologia suddetta:

Funzionamento del PPS in ottica PDCA

Analisi AS-IS AUDIT Cost Deployment (CD) Ind. Criticità Aree Perdita Definizione Progetti KPI Team di

Progetto TOOLS Savings

Supporto Formativo e monitoraggio continuo

Attuazione Monitoraggio e Controllo

Fig. 2 - Funzionamento PPS

Come è osservabile in Fig. 2, la parte pratica è supportata da basi teoriche fruibili attraverso un Manuale contenente nozioni su metodi, strumenti, ruoli e principali processi e attraverso dei corsi di formazione teorica e on the job tenuti da una società di consulenza esterna. Il Cost Deployment rappresenta la base del PPS. Questa metodologia sfrutta i documenti di contabilità industriale e, attraverso un sistema di assunzioni basato sulla specifica realtà produttiva e sui sistemi benchmark, consente l’allocazione degli sprechi per ogni area produttiva di pertinenza.

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Il percorso di Stage svolto presso lo stabilimento Veicoli Commerciali Piaggio di Pontedera è iniziato a Marzo 2014, con una durata complessiva di 7 mesi. Durante questo percorso ho ricoperto il ruolo di “addetto di Piattaforma PPS“ , e le attività svolte possono essere schematizzate come segue:

 Attività di coordinamento ed interfaccia tra lo Stabilimento Veicoli Commerciali e la Piattaforma PPS;

 Attività di consuntivazione dei risultati economici ottebuti dal primo ciclo triennale del PPS anni 2011-2014 e formalizzazione degli obiettivi target relativi al secondo ciclo triennale anni 2014-2017;

 Attività di monitoraggio e checking per i progetti PPS Veicoli Commerciali definiti e sviluppati a seguito del Cost Deployment relativo all’anno 2012;

 Attività di supporto alla predisposizione di azioni correttive laddove i progetti non fossero correttamente allineati all’obiettivo da perseguire;

 Attività di Stabilimento supportando ed interagendo con i supervisori di linea ed il responsabile dello stabilmento;

 Attività di Cost Deployment 2013 per l’individuazione delle aree critiche e successiva definizione dei nuovi progetti di miglioramento;

 Attività di Planning, Doing, Checking and Control relative al progetto Lean Six Sigma mirato alla riduzione dei difetti riscontrati in output al processo di verniciatura della linea produttiva del veicolo APE Piaggio;

 Attività di Buyer Global Sourcing Spare Parts Piaggio, presso la divisione Acquisti che ha caratterizzato gli ultimi mesi del percorso di Stage.

La nuova sfida del Piaggio Production System, calata all’interno della realtà produttiva dello Stabilimento Veicoli Commerciali si è concretizzata con l' applicazione della metodologia Lean Six Sigma nell'ambito del processo di verniciatura, definendo e sviluppando un progetto strutturato secondo la logica DMAIC mirato alla riduzione delle impurità di verniciatura riscontrate sul veicolo APE PIAGGIO e al miglioramento della performance dello stesso in ottica di Qualità di Processo e di Prodotto.

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 Raccolta della Voice of Client (VOC), rappresentata dalle richieste del responsabile della Produzione Piaggio Pontedera

 Individuazione delle variabili critiche Critical to quality (CTQs) che impattano in maniera diretta ed indiretta sulla variabile che si intende controllare;

 Predisposizione di un adeguato sistema di raccolta dati e di misurazione coerente con le CTQs definite;

 Gestione del rapporto con le risosre umane coinvolte nel processo di raccolta dati;  Analisi ed interpretazione delle rilevazioni utilizzando un S/W di supporto;

 Caratterizzazione e comprensione del comportamento del Processo oggetto di studio;

 Ricerca delle cause radice e definizione di un set di azioni da implementare per migliorare la performance del processo in ottica di soddisfazione della VOC;

 Attuazione, monitoraggio e controllo delle azioni correttive e dei relativi risultati ottenuti.

III.I Metodo e Finalità del Lavoro

Questo lavoro è nato dalla necessità espressa del gruppo Piaggio & C. di supportare l’avanzamento ed il monitoraggio continuo del programma di miglioramento implementato. In particolare, per quanto riguarda lo Stabilimento Veicoli Commerciali (VTL), il contributo dato dall’esperienza di stage è stato finalizzato alle seguenti attività:

 Adetto piattaforma PPS per lo stabilimento Veicoli Commeciali, supporto ai progetti di miglioramento attuati, monitoraggio e controllo adottando il predefinito sistema di KPI economici e reltivo cruscotto gestionale. Attività di Cost Deployment 2013, individuazione attraverso i sette step che lo caratterizzano delle principali aree critiche da aggredire e conseguente definizione dei progetti di miglioramento per l’anno 2014. Supporto alle attività di stabilimento.

 Calcolo del bilancio economico del primo ciclo triennale del Piaggio Production System relativo agli anni 2011-2014 e proiezione degli obiettivi futuri relativi al secondo ciclo triennale del programma di miglioramento;

 Definizione, pianificazione ed implementazione di un progetto di miglioramento basato sulla metodologia Lean Six Sigma (LSS) per la riduzione delle impurità riscontrate in output al processo di verniciatura. L’obiettivo di tale progetto è stato

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quello di analizzare, sulla base di osservazioni statistiche relative ad alcune variabili ritenute critiche per l’analisi, tutte le attività del processo, implementando azioni di problem finding and solving di alto livello, finalizzate ad un miglioramento dell’efficienza e dell’efficacia dello stesso. La linea di azione adottata ha previsto uno studio preliminare finalizzato ad evidenziare le caratteristiche del processo, a cui ha fatto seguito l’individuazione delle cause radice ed il trattamento delle criticità riscontrate. L’obiettivo dell’analisi è stato comprendere, attraverso la definizione e la messa in opera di un opportuno sistema di raccolta dati, il comportamento del processo oggetto di analisi in termini di capacità, stabilità, variabilità, ripetibilità e riproducibilità. Tale studio preliminare funge quindi da punto di partenza su cui basare la successiva individuazione ed analisi delle cause, definizione di azioni in ottica di miglioramento. Lo scopo ultimo del lavoro di studio è stato quello di riuscire a ridurre le non conformità del prodotto verniciato entro i limiti definiti dalle specifiche richieste del “Cliente” ( che, per direttiva Aziendale, è stato identificato nel

Responsabile della Produzione Piaggio &C. Pontedera)

L’esperienza sul campo ha consentito di esplorare, oltre agli aspetti formali e didattici, anche tematiche legate alla realtà lavorativa quotidiana che caratterizza le persone e l’ambiente all’interno del plant produttivo. Questo elaborato di tesi è stato strutturato secondo gli aspetti evidenziati in precedenza, ricalcando cioè la filosofia e le linee di azione decise dal PPS :

1. Proseguo e supporto a progetti ed attività di miglioramento continuo in ottica “Lean

Manufacturing” per lo stabilimento Veicoli Commerciali (VTL);

2. Definizione ed implementazione di un progetto basato sulla logica “Lean Six Sigma” per il miglioramento del proceso di Verniciatura dello stabilimento VTL in ottica di soddisfazione delle richieste del Responsabile della Div. Produzione e Fabbricazione (inteso come Cliente).

IV. La nuova sfida del PPS

A conclusione del primo triennio dall’introduzione del Piaggio Production System, ed incoraggiato dai successi che il programma di miglioramento ha raggiunto in questi anni, il management aziendale ha deciso si orientarsi verso una nuova sfida, con l’ obiettivo di introdurre nuovi approcci e nuovi strumenti che possano integrarsi in maniera

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complementare all’attuale bagaglio culturale consolidato, continuando ad investire e a credere profondamente nel processo di miglioramento continuo. E’ stato quindi predisposto un nuovo piano di sensibilizzazione e di formazione che caratterizzerà il nuovo orizzonte del PPS, con l’obiettivo di integrare strumenti della Lean Production in ottica di WCM, con metodologie più rigorose e scientifiche, quali le logiche del Six Sigma, in modo da sostenere il processo di miglioramento continuo iniziato tre anni fa. E’ dunque in questo contesto che si colloca il mio percorso di Stage all’interno del Gruppo Piaggio, che è stato caratterizzato da una partecipazione diretta a tutte le attività effettuate per introdurre, in qualità di novità assoluta per lo Stabilimento Veicoli Commerciali, un approccio contraddistinto dalla metodologia Lean Six Sigma.

V. Contenuto della Tesi

Nei capitoli successivi saranno illustrate le basi teoriche e le dinamiche evolutive che hanno caratterizzato i Sistemi di Controllo della Qualità dei processi industriali con particolare riferimento alla filosofia della Lean Production e del World Class Manufacturin, una panoramica globale del Gruppo Piaggio, una descrizione delle caratteristiche del Programma PPS e dei progetti relativi allo stabilimento Veicoli Commerciali Pontedera evidenziandone le attività svolte nell’ambito del programma come addetto della piattaforma PPS. Il focus principale della seguente trattazione riguarderà il progetto Lean Six Sigma per

la riduzione dei difetti di verniciatura che mi ha visto coinvolto in prima linea, interagendo e

supportando per tutta la durata del progetto, il Responsabile del reparto di “Lastroferratura e Verniciatura” dello Stabilimento Veicoli Commerciali Pontedera .

VI. Conclusioni

Il programma PPS continuerà il suo secondo piano triennale iniziato che si concluderà nel 2017. Oltre a voler perseguire l’eccellenza attraverso il raggiungimento di obiettivi economici significativi, sarà parte integrante del successo del progetto il conseguimento del cambiamento nella mentalità delle persone, orientandola alla propensione all’innovazione e al miglioramento continuo. Con il lavoro svolto dalla piattaforma PPS si è percepita l’importanza del programma in maniera sempre più ampia. L’auspicio è che tale trend prosegua negli anni a venire per permettere agli stabilimenti di diventare delle vere e proprie fabbriche Lean orientate al modello giapponese. L’obiettivo al termine del piano

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triennale del PPS sarà di avere una struttura che, sulle fondamenta del WCM apprese, si muova autonomamente e spontaneamente e in cui le pratiche di Lean Manufacturing e la logica Six Sigma diventino aspetti di gestione corrente.

L’estensione del PPS alle altre aree quali gli acquisti (PBS) e le tecnologie (PTS) apre inoltre scenari evolutivi che avranno importanti ripercussioni sugli stabilimenti produttivi dando così un ulteriore spinta verso la realizzazione di un modello Lean esaustivo. Il quadro evolutivo sarà completato con il lancio del PSS, che sarà una sfida ambiziosa per il Gruppo Piaggio ma che allo stesso tempo sarà un’opportunità per raggiungere importanti traguardi economici e per poter sviluppare un modello ad alto potenziale che potrebbe divenire una Best Practice per le aziende del settore.

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2. La “ Filosofia Lean”

In Giappone, a partire dagli anni ’50, la gestione del fattore qualità e più in generale dell’attività industriale ha assunto, per il tipo di approccio adottato e per i metodi, connotazioni particolari, così significativi da aver influenzato successivamente tutta l’organizzazione industriale mondiale. Nasce così un nuovo modo di intendere e di approcciarsi al lavoro, una nuova filosofia di pensiero che basa la sua forza su una radicale rivoluzione culturale delle persone che vivono all’interno dell’Azienda.

“Un insieme di attività sistematiche sviluppate dall’intera organizzazione per raggiungere in modo efficiente ed efficace gli obiettivi dell’azienda e per dare prodotti e servizi con un livello di qualità che soddisfi i clienti in un modoappropriato sia in termini di tempo che di prezzo”

-Premio Deming ’90-

2.1 La Lean Production

In un ambiente sempre più dinamico, caratterizzato da trend economici negativi, concorrenti sempre più agguerriti e sfide competitive sempre più pressanti, diviene fondamentale per il successo aziendale la capacità di ripensare e riorganizzare il proprio processo logistico-produttivo, affinchè sia snello, veloce e reattivo, ottimizando attività e riducendo gli sprechi, in costante sincronia con le richieste e la soddisfazione del cliente. E’ in questo contesto che la metodologia lean trova conferma e validazione nelle aziende di successo, appartenenti ai più svariati settori, che hanno fatto propria l’approccio e la filosofia lean lungo l’intera catena del valore, dai fornitore al cliente finale, permeando ogni livello della propria organizzazione.

Ma cosa si intende per lean production? Furono due ricercatori del MIT, Womack e Jones che nel 1992 idearono il termine lean production- produzione snella, nel loro Best Seller “la Macchina che ha cambiato il Mondo”, illustrando come una nota azienda giapponese, la Toyota, è riuscita ad ottenere risultati nettamente superiori a tutti i concorrenti nel mondo. Alla base dell filosofia Lean c’è la totale dedizione alla caccia ed eliminazione degli sprechi con il fine di poter produrre in modo snello, cioè utilizzando solo le risorse necessarie allo

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scopo. L’obiettivo è “ fare sempre di più con sempre meno” , ed è oggi un processo produttivo che, paragonato alla produzione di massa, usa meno di tutto:

 Meno sforzo;

 Meno ore di progettazione, meno modifiche e meno tempo per sviluppare nuovi

prodotti;

 Meno macchine;  Minori Stock;

 Minore superficie di stabilimento.

Gli sprechi, in un’azienda, sono costituiti da tutte le attività che assorbono e non arricchiscono il prodotto di valore. Taiichi Ohno, introdusse in Toyota un modello che raggruppa gli sprechi in 7 grandi categorie:

1. Sovrapproduzione; 2. Tempi di attesa; 3. Trasporto; 4. Perdite di processo; 5. Scorte; 6. Movimenti; 7. Difetti.

L’aspetto di fondo alla base della teoria snella è imparare ad individuare gli sprechi, separando ciò che è “a valore” da ciò che è inutile, per poter poi procedere ad un’eliminazione progressiva e sistematica. E’ dunque caratterizzata da un insieme di principi, metodi e tecniche per la gestione dei processi operativi aziendali, che mirano a ridurre sistematicamente gli sprechi e ad aumentare il valore percepito dal cliente. Eliminare gli sprechi significa, in ultima analisi, abbattere i costi, ed è solo attuando il miglioramento continuo con questo obbiettivo che si puà puntare ad aumentare la propria competitività rispetto ai concorrenti. In questo modo, non solo sono abbattuti i costi, raggiungendo così livelli di profitto analoghi a quelli della produzione di massa con volumi totali di produzione ridotti a circa un quarto, ma si ottiene altresì un prodotto migliore, poiché i difetti qualitativi che caratterizzano la produzione di stampo taylorista si riducono ad un terzo nella produzione snella. Proprio grazie a Womack e Jones viene per la prima volta dato un nome a questa filosofia di produzione che ha portato negli anni ‘70 e ‘80 le industrie giapponesi a un

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livello qualitativo impensabile per le aziende occidentali del tempo, tale che ancora oggi si evidenzia una notevole fatica per le aziende europee nell’intraprendere un processo di allineamento. La produzione snella seppure inizialmente focalizzata sulle industrie automobilistiche si è dimostrata totalmente applicabile anche a tutte le realtà industriali. Dopo l’originaria produzione artigianale e la successiva produzione di massa, la produzione Lean è andata a configurarsi come la terza tipologia di produzione sviluppata dalle società industriali o meglio come “ il felicissimo contributo tra la qualità artigianale e i bassi costi

della produzione di massa, nessun difetto e bassi costi, ecco la combinazione vincente dei giapponesi “ (Womack and Jones, 1990). Si tratta dunque, di concetti già noti in occidente

come kaizen (miglioramento continuo), kanban e just in time, strumenti mirati a tendere al massimo la linea produttiva accorciando il flusso dei componenti alle necessità produttive e riducendo quindi le scorte di magazzino al minimo, sono alla base ed integrati nella Lean Production. La produzione di massa seppur fondamentale all’ottenimento degli elevati volumi produttivi richiesti in passato dal mercato, ha lasciato pesanti solchi nella mentalità occidentale e nel modo di fare di tutti i protagonisti della catena produttiva delle aziende. Oggi, si è sempre più consapevoli che la vera sfida non riguarda il raggiungimento a tutti i costi di elevati volumi produttivi, sfruttando ogni spazio e risorsa disponibile, bensì l’eliminazione degli sprechi, punto cardine della produzione snella che impiega appunto minori quantità di ogni risorsa per sviluppare i nuovi prodotti in tempi ridotti e effettuando soltanto attività a volre. La Lean Production necessita inoltre di un livello di scorte a magazzino nettamente inferiore, genera un numero più basso di difetti di fabbricazione e di minore entità e riesce a produrre una maggiore varietà di prodotti con l’obiettivo della massima qualità possibile, ovvero il raggiungimento della difettosità zero.

2.2 Origini e Sviluppo

In un contesto storico caratterizzato dalla supremazia dei colossi industriali americani, segnato dal consolidamento della "produzione di massa" e dall’ estenuante spinta alla massima produttività, trovando la sua più alta espressione in Ford, in Giappone, negli anni ‘50, nasce una nuova filosofia di lavoro che condizionerà lo sviluppo futuro di tutte le industrie del mondo. Non potendo contare infatti su proprie risorse naturali e sulla potenza economica, nè sulla tecnologia, con un mercato interno povero ed un mercato esterno

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estremamente agguerrito, l’ industria giapponese decise di puntare, facendo leva sui valori di fondo della propria società, sull’efficienza e sulla qualità. Aspetti essenziali come una solida tradizione industriale e un notevole background culturale hanno quindi giocato un ruolo fondametale nel processo di definizione e sviluppo di questo nuovo approccio al lavoro e all’azienda che ha caratterizzato la Toyota. La Toyota non poteva contare sugli stessi volumi di produzione e nello stesso tempo doveva garantirsi una certa flessibilità , per poter soddisfare mercati con esigenze diverse. Inoltre non disponeva delle risorse economiche necessarie per gli investimenti rilevanti richiesti dalle organizzazioni tecnologiche tipiche delle fabbriche automobilistiche americane. E’ questo il contesto in cui, il capo della produzione Toyota, Taiichi Ohno, cominciò la sfida all’eccellenza produttiva.

Qui di seguito vengono brevemente riassunte le rincipali caratteristiche della mass

production:

 Integrazione verticale;

 Difficile coordinamento tra direzione ed enti aziendali;  Mano d’opera non qualificata;

 Macchine costose e dedicate;

 Alta specializzazione e sviluppo delle macchine e delle tecnologie;  Concentrazione di molte persone nello stesso luogo.

Alla base della sua rivoluzione, è stata fondamentale l’approfondita conoscenza del modello industriale caratterizzante la mass production, facendo leva sui punti di debolezza dello stesso per elaborare e sviluppare teorie innovative che superassero tali limiti. Innanzitutto, Ohno, nella definizione del Toyota Production System, aveva capito che nelle aziende della Ford americane vi erano troppe rigidità e gli elevati tempi di setup non permettevano rapidi cambi di produzione, quindi si preferiva dedicare i macchinari a una singola tipologia di prodotto con ridotte variazioni nel mix produttivo per evitare di perdere in produttività. Questo ovviamente andava a discapito del cliente che non poteva aspettarsi una gamma di prodotti sufficientemente diversificata. Alla Toyota si lavorò alla creazione di sistemi che avrebbero facilitato e velocizzato i cambi di produzione richiedendo non più operai specializzati, riducendo i tempi di conversione, dando quindi la possibilità di variare la

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produzione anche tre o quattro volte al giorno producendo piccoli lotti di varie tipologie di prodotto, rendendo così il processo produttivo meno rigidoe più diversificato.

Nel processo, aveva fatto un’inaspettata scoperta: il costo unitario dello stampaggio di

piccoli lotti era inferiore a quello relativo a grandi partite.

Tale fenomeno può essere meglio espresso come segue:

 Produrre quantitativi ridotti eliminava le spese d’immobilizzo degli immensi stock di prodotti finiti che il sistema di produzione di massa implicava;

 La fabbricazione di pochi pezzi rilevava quasi istantaneamente gli errori di stampaggio prima che fosse assemblata l’auto, evitando in anticipo le cause di future rilavorazioni e riducendo gli scarti, quindi eliminando costi.

Per far sì che il ciclo produttivo funzionasse serviva la collaborazione di tutti all’individuazione ed eliminazione delle cause di difettosità. La motivazione degli operai e la volontà di escogitare soluzioni erano l’unica salvezza dal fallimento, e alla Toyota questo concetto era ben chiaro. Altro elemento d’inefficienza delle aziende Ford, e comunque delle aziende occidentali, era la struttura gerarchica che lasciava solo al responsabile della produzione il potere di fermare la linea in caso di gravi problematiche lasciando al caso la produzione di automobili con difetti che poi sarebbero stati corretti con rilavorazioni e scarti a fine linea, in reparti appositi. L’intero sistema era impregnato così di muda (sprechi) e nessuno, a parte i “montatori” , contribuiva a creare valore al prodotto finito. Diventava quindi fondamentale il ruolo degli operatori diretti e della loro esperienza cumulata negli anni, per intervenire direttamente sulla linea di produzione in maniera contingente al presentarsi di non conformità lungo la catena di montaggio. Concetti fino a quel momento impensabili negli stabilimenti di produzione di massa. Tra i vari compiti di questi ultimi rientrava anche quello di il mantenere pulita l’area di competenza, controllare la qualità ed effettuare delle semplici riparazioni degli utensili. Divenne quindi sempre più centrale il ruolo di ogni singolo operatore, e la partecipazione collettiva al processo di miglioramento attraverso un coinvolgimento diretto. Questo modo di procedere è il cosiddetto “kaizen”, dal giapponese miglioramento continuo. L’obiettivo era quello di insegnare agli operai a rintracciare sistematicamente la causa di ogni problema facendosi delle domande a ogni stadio irrisolto. Attuando questo nuovo modo di operare, con il tempo si raggiunse un livello qualitativo e di affidabilità pressoché totale e le rilavorazioni da effettuare prima della

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spedizione decrebbero costantemente. Un ulteriore contributo apportato da Ohno e dal nuovo modello di gestione industriale che stava sviluppando, riguardava il flusso fisico relativo all’approvvigionamento interno di materiali. Il sistema che studiò Ohno per coordinare il flusso giornaliero dei pezzi all’interno del sistema di approvvigionamento è il

just in time o kanban detto alla giapponese. L’idea era di iniziare ad agire a monte della supply chain imponendo ai fornitori di produrre i pezzi nella fase appena precedente quella

necessaria, in pratica quando un container si svuotava era rimandato indietro, e tale procedura costituiva il segnale automatico per dare il via alla fabbricazione di altri pezzi. Semplice a dirsi ma estremamente difficoltoso da mettere in pratica poiché eliminava il bisogno di magazzini e allo stesso tempo rischiava di bloccare l’intero sistema. Il concetto di fondo era dunque quello di rimuovere le barriere di sicurezza e concentrare ogni membro del sistema produttivo nell’individuazione ed anticipazione dei problemi prima che questi divenissero troppo gravi. Infine, il punto chiave della gestione della linea produttiva applicata nell’azienda nipponica, fu quello della condivisione continua ed immediata delle informazioni che erano state sempre gelosamente custodite dalla direzione di fabbrica, ritenendo che la conoscenza delle reali condizioni dello stabilimento fosse il segreto per ottenere risultati soddisfacenti. In un’azienda Lean, infatti, gioca un ruolo cruciale il ruolo della comunicazione informativa. Tutte le informazioni come il target di produzione giornaliera, le unità prodotte nella giornata fino a quel momento, i guasti, la mancanza del personale, il fabbisogno di straordinari, e tutte quelle informazioni utili al perseguimento degli obiettivi predefiniti, sono visualizzate su dei pannelli elettronici visibili da qualsiasi postazione di lavoro. Ogni volta che è evidenziato un problema chiunque sia in grado di affrontarlo è tenuto a d occuparsene. Un altro aspetto essenziale alla base della fabbrica

snella è rappresentato dal processo di formazione e dalla possibilità di garantire un lavoro di

squadra dinamico. Nasce così la necessità di creare team di lavoro, rendendo possibile anche una rotazione delle mansioni e la sostituibilità di ogni operatore. Gli operai dovranno essere capaci di fare semplici riparazioni, mantenere pulito il luogo di lavoro, eseguire controlli qualitativi e saper gestire i materiali a loro utili. Gli operatori vanno quindi non solo formati adeguatamente ma anche motivati e resi partecipanti attivi al processo di miglioramento, in modo che escogitino loro stessi in maniera diretta, soluzioni ai problemi più che questi si trasformino in criticità più rilevanti.

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2.3 Obiettivi della Lean Production

L’obiettivo principale è di realizzare un processo capace di produrre solo le quantità necessarie richieste del cliente eliminando tutti i possibili sprechi. Lo spreco può definirsi quindi come tutto ciò che va oltre la quantità minima di attrezzature, di materiali, spazi e tempo necessari per creare ed aggiungere valore a un prodotto o servizio. Si intende quindi tutto ciò che consuma risorse, in termini di costo e tempo, senza creare valore per il cliente. In particolare gli sprechi sono identificabili in sette categorie (sette “muda”- Fig. 4):

Fig. 3 - "I sette MUDUA"

1. Sovrapproduzione

Realizzare beni o servizi non richiesti, anticipati o non necessari in un determinato momento. La sovrapproduzione è considerata come il peggiore degli sprechi perché rende difficile l’applicazione di un flusso scorrevole e incide negativamente sugli indici di produttività e di qualità delle organizzazioni. Inoltre, si traduce spesso in eccessivi tempi di attraversamento e d’immagazzinamento dei beni e servizi. Infine, il valore del WIP (Work In Progress) è spesso eccessivo e da luogo a una dislocazione fisica delle operazioni con conseguente peggioramento della comunicazione e della qualità complessiva del processo produttivo. In pratica, ogni fase è dislocata da quella seguente e “spinge in avanti” il proprio prodotto indipendentemente dal carico e/o dalla richiesta della fase seguente. (Sistema “Push”);

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2. Attese

Lo spreco in questa classe è sinonimo di utilizzo inefficace e inefficiente della risorsa “tempo” con conseguente rallentamento del flusso delle persone e delle merci. In una configurazione ottimale, il tempo di attesa delle persone deve essere utilizzato per le attività di addestramento o formazione, manutenzione e si devono evitare le lavorazioni non necessarie che portano alla sovrapproduzione;

3. Trasporto non necessario di beni

Questo spreco è legato non solo alla risorsa tempo in modo assoluto (nel caso estremo, ogni trasporto può essere considerato come spreco) ma anche in modo relativo giacché una movimentazione eccessiva comporta il rischio di danni e peggioramenti con conseguenti sprechi di tempo e risorse per implementare le dovute azioni correttive.;

4. Processi Inappropriati

Lo spreco avviene ogni volta che si preferisce a processi semplici ed efficienti, soluzioni complesse e di difficile implementazione che trasformano il prodotto ma non generano valore per il cliente finale. In generale, la maggiore complessità si traduce in poca flessibilità, ottimizzazione locale, assenza di comunicazione.;

5. Movimenti non necessari

Si fa riferimento all’ergonomia della postura e del movimento. Le interazioni tra individui e postazioni devono essere studiate in modo da migliorare la soddisfazione dell’utente e l’insieme delle prestazioni del sistema nel suo insieme. I movimenti inutili se non rimossi possono, in effetti, incidere sulle prestazioni degli individui e di conseguenza sulla produttività dell’organizzazione e la qualità dei beni e servizi.;

6. Difetti

Hanno un impatto non trascurabile sui costi diretti e comportano azioni come scarti o rilavorazioni. Sono tuttavia da considerare come opportunità di miglioramento del processo produttivo;

7. Scorte non necessarie

Mantenere un alto livello di stock (lavori in corso, merci acquistate, prodotti finiti) incide sui costi di gestione delle scorte, sul tempo di attraversamento dei beni prodotti, sugli spazi occupati e sul loro costo e infine sulla competitività globale dell’impresa (immobilizzazione di capitali, rischio di obsolescenza e stagnazione delle scorte).

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2.4 Pilastri e Strumenti della Lean Production

In questo paragrafo verranno illustrati i principali aspetti fondanti della loglica Lean, con riferimento a tecniche e strumenti caratterizzanti, che hanno trovato amplia applicazione nel

Piaggio Production System, contribuendo alla generazione di una vera e propria rivoluzione

culturale tesa al miglioramento continuo all’interno dell’azienda. I quattro pilastri fondamentali della produzione snella sono:  Just-in-Time (JIT)

 Autonomazione (Jidoka)

 Manutenzione Produttiva (Total Productive Maintenance, TPM)  Organizzazione del posto di lavoro (Workplace Organization, WO)

2.4.1 Just in Time (JIT)

Il Just in Time, espressione inglese che significa “appena in tempo”, è una filosofia industriale che ha convertito il “vecchio metodo” di produrre prodotti finiti per il magazziono in attesa di essere venduti (sistema detto “push”) nel sistema “pull”, per il quale occorre produrre solo ciò che è stato venduto o che si prevede di vendere in tempi brevi, sincronizzando il flusso produttivo con la domanda reale del mercato. Alla base di tale concetto c’è una politica di gestione delle scorte che utilizza metodi tesi a migliorare il processo produttivo, cercando di ottimizzare la produzione e tutte le sue fasi a monte, allegerendo al massimo le scorte di materie prime e semilavorati. Abbina elementi quali affidabilità, riduzione delle scorte e del lead time, ad aumento della qualità e del servizio al cliente.

2.4.2 Jidoka

Il concetto fondamentale che viene espresso è che la qualità deve essere costruita nel processo, affinche possa essere garantito un livello qualitativo soddisfacente. A tale fine sono indispensabili due condizioni base:

 L’impianto, o la macchina, devono fermarsi quando la qualità non è più assicurata, introducendo quindi il concetto di “stop” della macchina;

 L’intervento umano umano sull’impianto o sulla macchina non deve alterare in nessun modo la qualità dell’output.

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Si presuppone dunque, un intervento attivo da parte dell’operatore, che viene posto al centro del processo ed investito di responsabilità (empowerment), quale garante del risultato finale : è autorizzato a fermare la linea ed evitare il proliferare di anomalie nel caso in cui vengano rilevati difetti, assicurando così pieno coinvolgimeto delle risorse umane al processo di miglioramento continuo. Si realizza così l’obiettivo finale del Jidoka, ovvero lo sblocco del legame rigido umo – macchina ed il passaggio da un concetto di automazione ad uno di autonomazione.

2.4.3 Total Productive Maintenance (TPM)

E’ un approccio ideato per minimizzare le fermate degli impianti massimizzandone il loro impiego. Si tratta di una filosofia di miglioramento continuo e basata sul lavoro in team, richiede il pieno coinvolgimento attivo e la responsabilizzazione di tutti gli operatori per garantire il corretto funzionamento dei macchinari. L’obiettivo di questo approccio è il raggiungimento dell’efficienza degli impianti, attraverso un sistema atto a considerare l’intero ciclo di vita degli stessi, dalla sua progettazione alla sua gestione e successiva dismissione. Aspetti innovativi ed ambiziosi che nella realtà Piaggio stanno prendendo sempre più piede, con un peso rilevante in tutti i progetti di investimento in macchinari ed impianti industriali che vengono messi a punto.

I principi su cui si basa il TPM sono i seguenti:

 Ottenere un sistema di manutenzione affidabile, capace di impedire fermate frequenti degli impianti;

 L’operatore è la persone che meglio conosce la macchina, di conseguenza è opportuno che faccia parte del team di lavoro apportando prezione informazioni ed esperienza;

 Pulizia, controllo continuo ed ispezione sono elementi fondamentali per la riduzione del numero dei guasti;

 Mantenere il costo di manutenzione sotto controllo, con un processo continuo. Il TPM è uno strumento creato per migliorare la produttività cercando di rendere il processo il più affidabile e con meno sprechi. Gli obiettivi del TPM sono sostanzialmente tre: zero difetti nei prodotti, zero fermate non pianificate dei macchinari, zero incidenti. Attraverso il TPM il singolo operatore viene addestrato per fare da se i semplici interventi manutentivi sul

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macchinario. Questo perché un macchinario lungo la sua vita subisce due differenti tipologie di deterioramento:

 Naturale, cioè l’usura dovuta al tempo che nonostante un’accurata manutenzione farà sentire il suo peso sulla macchina.

 Indotto, cioè un’usura eccessiva dovuta all’incuria umana che non ha pulito, ispezionato e lubrificato adeguatamente la macchina nel corso degli anni.

Per capire dove applicare il TPM è necessaria una raccolta dati preventiva relativa ai fermi macchina e alle loro cause. Queste possono essere molteplici, ad esempio set up, micro-fermate, rallentamenti, scarti, rilavorazioni. Una volta raccolti i dati, si passa a calcolare due coefficienti che misurano l’efficienza della macchina:

1. OA (Operational Availability) che rapporta il tempo operativo con il tempo totale di disponibilità.

2. OEE (Overall Equipment Effectiveness) che è il risultato del prodotto tra quattro percentuali: % fermate pianificate, % tempo perso per rotture e riparazioni macchinario, % rallentamenti o piccole interruzioni e % tempo perso per rilavorazioni o produzione scarti.

Una volta calcolati questi indicatori si può passare all’implementazione del TPM. Prima di tutto, come riportato in precedenza, bisogna identificare un team di lavoro coinvolgendo persone adeguate alla lavorazione che si sta andando ad analizzare (operatori, manutenzione, qualità, ecc.). Successivamente di passa alla pulizia del macchinario ristabilendo le condizioni iniziali della macchina.

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Fig. 4 - Impatto TPM

Una volta pulita la macchina si stendono gli “Standard Work” relativi alle operazioni da effettuare sul macchinario:

 Procedure di avviamento e spegnimento;

 Conduzione della macchina;

 Standardizzazione dei Set up;

 Informazioni di sicurezza;

 Operazioni di corretto bloccaggio delle parti mobili.

Infine si stabilisce quali sono le operazioni affidate regolarmente all’operatore e quali alla manutenzione straordinaria effettuata direttamente dagli operatori della manutenzione, definendo chiaramente chi fa cosa e quando. E’ chiaramente necessario addestrare il personale e monitorare l’andamento delle attività segnalando i problemi e le relative cause che si riscontrano in modo da poter migliorare in maniera continua il TPM.

2.4.4 Workplace Organization (WO)

La Tecnica Delle 5 S è un approccio finalizzato al raggiungimento dell’ Organizzazione del posto di lavoro - Workplace Organization, WO - (reparti, linee, uffici,..) e rappresenta il punto

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di partenza operativo per qualunque azienda che voglia implementare con successo il modello Toyota Production System.

Il nome deriva dalle iniziali di 5 parole giapponesi, che indicano le 5 fasi di implementazione di un sistema 5S :

separare: separare le cose utili, da quelle inutili ed eliminare quest’ultime;

ordinare: mettere in ordine le cose utili in modo che tutti possano utilizzarle

facilmente e capire rapidamente qual è il loro posto;

pulire: mantenere il posto di lavoro pulito;

standardizzare/comunicare: standardizzare le attività del posto di lavoro e

comunicare le modalità operative corrette a tutti, nel modo più semplice ed efficace;

rispettare: creare un posto di lavoro abituato a rispettare gli standard definiti.

Obiettivo di tale sistema è quindi la definizione e la standardizzazione delle condizioni ottimali dei posti di lavoro, così da rendere ovvie tutte le anormalità rispetto agli standard definiti. Lo scopo è fornire un sistema continuo e auto - regolato che diffonda una disciplina per creare, mantenere e migliorare un ambiente di lavoro pulito, ordinato, organizzato e sicuro. Si ritiene che più l’ambiente sia pulito e confortevole, migliore sarà la qualità e la sicurezza dell’operatore.

Lo strumento 5S si compone dei seguenti step: 1. Prima S: Seiri

Questo termine giapponese significa separare, inteso come dividere le cose necessarie da quelle non necessarie alle attività che si sta svolgendo. Rimuovendo ciò che è superfluo alla fase si riesce a vedere meglio il processo senza essere distratti dalla confusione dovuta a cumuli di materiale, scarti e utensili. In questo modo osservando bene il processo è anche più facile rendersi conto dove è possibile mettere mano per portare un miglioramento.

2. Seconda S: Seton

Questo termine significa mettere in ordine. Consiste nell’avere le cose giuste al posto gusto trovandole velocemente, quindi rese ben visibili all’operatore. L’obiettivo è quindi quello di ridurre il tempo di ricerca degli utensili necessari alla lavorazione avendoli sempre a portata di mano.

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Fig. 5 - Esempio applicazione “SECONDA S”

3. Terza S: Seiso

Questo termine significa pulire cioè eliminare la sporcizia, i rifiuti e verniciare macchine, muri e pavimenti. Se si pulisce la propria area di lavoro, è meno probabile essere disturbati dalla sporcizia e le persone iniziano ad apprezzare e rispettare la propria postazione. Inoltre se l’area vicino ai macchinari è ben pulita, è anche più facile rendersi conto ad esempio di eventuali perdite di olio della macchina, cosa difficile in un ambiente sporco, quindi ne trae giovamento anche la fase di problem solving relativa ai fermi macchina

4. Quarta S: Seiketsu

Questo termine significa standardizzare, nel senso di replicare la procedura delle prime “3 S” a tutte le altre aree dell’azienda. In pratica consiste nell’utilizzare gli strumenti per addestrare, monitorare e ontrollare il processo.

5. Quinta S: Shitsuke

Questo termine significa mantenere, cioè ci si concentra nel rendere permanente nella cultura aziendale i principi delle prime “4S”. Le prime 3S sono generalmente facili da realizzare: la cosiddetta “spallata” iniziale, quando i riflettori della direzione sono accesi e puntati sul progetto, è un primo obiettivo portato dall’entusiasmo dei partecipanti.

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L’applicazione delle seconde 2S garantisce che quanto fatto all’inizio non sia sprecato e costituisce perciò la parte più impegnativa e importante di un programma di 5S e ne garantisce il successo.

6. Sesta S: Sicurezza

Questa “S” non rientra all’interno dello strumento “5S”, tuttavia Hannifin l’ha aggiunta alle altre 5 poiché far lavorare i propri dipendenti in un ambiente sicuro e sicuramente un obiettivo che consente di sviluppare un clima di fiducia verso gli operatori.

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Oltre alla sicurezza dei lavoratori si tiene conto anche dell’ergonomia delle postazioni di lavoro. Infatti, molti infortuni possono essere causati da movimenti ripetitivi che a lungo andare possono essere debilitanti per il fisico. L’ergonomia è relativa a forza, ripetitività e durata. Su tali tematiche esistono dei metodi che consentano di analizzare e migliorare l’ergonomia e quindi la sicurezza del posto di lavoro, su tutti vale la pena citare il metodo OCRA (per il rischio da movimenti ripetitivi) e il metodo NIOSH (per la movimentazione manuale dei carichi). Questi concetti, attuati all’interno del Piaggio Production System, hanno avuto un ruolo cruciale nel coinvolgimento e nella partecipazione attiva di tutti gli operatori di linea, permettendo di tradurre gli aspetti più astratti del miglioramento continuo, in azioni tangibili e quotidiane direttamente implementate da loro.

Alla base di questi 4 pilastri ci sono due concetti fondamentali:

 la Standardizzazione (Standard Work), che fa ampio uso della Gestione Visiva (Visual Management);

 il Miglioramento Continuo (Kaizen), che fa leva su specifiche tecniche di Problem Solving.

2.4.5 Standard Work

L’iter fondamentale nel determinare una lavorazione standard, prevede l’identificazione del modo migliore per svolgere una data mansione nel tempo disponibile, l’assicurarsi che il lavoro sia eseguito bene la prima volta e quindi stabilire un metodo di controllo per far sì che una data operazione venga sempre eseguita allo stesso modo. Come le 5S, anche questa standardizzazione può essere operata in tutti i processi produttivi, con l’ausilio di Schede di Lavorazione Standard, che evidenziano la giusta sequenza di operazioni da svolgere e cosa invece non deve essere assolutamente fatto.

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I risultati attesi dalla standardizzazione delle lavorazioni sono:

 Aumenta generale della qualità dei prodotti in uscita

 Diminuzione degli scarti e delle rilavorazioni

 Miglioramento delle prestazioni dei processi e della produttività

 Riduzione dei costi

 Miglioramento del morale dei dipendenti.

Sostanzialmente lo Standard Work descrive come dovrebbe essere eseguito un tipico processo, secondo le cosiddette best practice, ma allo stesso tempo costituisce la base di un approccio che può essere sviluppato e che permette il miglioramento continuo dei metodi di apprendimento.

I componenti necessari per ottenere la standardizzazione sono tre: 1) takt time;

2) tempo di ciclo;

3) SWIP (Standard Work-in-Progress).

Lo Standard Work è composto da due documenti principali: 1) Foglio di lavoro standard;

2) Foglio delle combinazioni di lavoro Standard (standard Work Combination Sheet).

2.4.6 LO SMED - Riduzione dei Tempi di Set Up

I primi concetti relativi al set-up rapido hanno le radici sempre in Toyota; infatti, spinti dall’obiettivo di ridurre le dimensioni dei lotti, cercarono di ridurre al minimo i tempi di cambio lavoro. Introdussero così uno strumento mirato come lo SMED (Single Minute Exchange of Die) che permise a Toyota di raggiungere l'obiettivo di ridurre la dimensione dei lotti mantenendo standard di efficienza elevatissimi. Ridurre i tempi significa eliminare una componente fondamentale che non da' valore aggiunto al prodotto finito: i tempi morti di attrezzaggio macchina. Una produzione diversificata con lotti di dimensioni ridotte, alla base del JIT, ha infatti lo svantaggio che non appena un’operazione inizia a prendere slancio, la produzione deve passare a un diverso lotto e a un nuovo set-up. Con l'utilizzo dello SMED il passaggio tra un lotto ridotto e un altro non rappresenta un problema, con la necessaria

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conseguenza di poter produrre Just in Time. Le operazioni di messa a punto hanno due componenti fondamentali:

1. Messa a punto interna dell’impianto (IED), ovvero attività come installare e rimuovere attrezzature e apparecchiature e attività che possono essere fatte solo quando l’impianto o la linea è ferma.

2. Messa a punto esterna dell’impianto (OED), ovvero attività come trasportare le attrezzature da e verso il magazzino, o pre riscaldare uno stampo prima dell’installazione; tutte le attività che possono essere fatte mentre l’impianto o la linea sono in funzione.

I passi che solitamente si seguono sono: 1. Individuare i set-up interni e gli esterni ;

2. Convertire i set-up interni che non sono tali in esterni; 3. Ridurre i set-up interni;

4. Ridurre I set-up esterni;

5. Ripetere i passi cercando di ridurre sempre di più i set-up.

L’obiettivo è di controllare tutte le fonti di variazione e le sequenze a non valore aggiunto, eliminando la necessità di regolazioni su attrezzature, strumenti, macchine e impianti.

2.4.7 IL Kanban

Perché un sistema pull possa funzionare correttamente, è necessario disporre di una perfetta trasmissione delle informazioni tra i reparti produttivi. Un metodo semplice di trasmissione delle informazioni è appunto il sistema kanban. Questo sistema si basa sulla circolazione di schede tra i vari centri di lavorazione e di stoccaggio all’interno dello stabilimento per cui la consegna della schede autorizza una determinata produzione.

Esistono due tipi di schede kanban:

Scheda di movimentazione:

cartellino che autorizza la movimentazione di un certo numero di pezzi, di un dato materiale, tra due centri di lavorazione successivi. Sarà l’area di stoccaggio in entrata del centro di lavorazione a valle che richiederà all’area di stoccaggio in uscita dal centro immediatamente a monte un contenitore di pezzi.

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 Scheda di produzione:

documento che autorizza un reparto a produrre un contenitore standard di pezzi. In sostanza, a seguito della movimentazione in uscita di un certo numero di pezzi, si autorizza il lancio in produzione di un equivalente numero di pezzi.

Ogni scheda contiene tutte le informazioni necessarie relativamente all’operazione da svolgere (centro di lavorazione fornitore, centro di lavorazione cliente, codice e capacità del contenitore, codice e descrizione dei componenti richiesti). Il sistema kanban viene attivato dalla linea di assemblaggio finale che preleva pezzi dal proprio punto di stoccaggio in entrata e, tramite le schede di movimentazione si risale all’area di stoccaggio del centro di lavorazione precedente e così via. In questo modo ogni centro di lavorazione sa esattamente cosa produrre e a quale ritmo produrlo e soprattutto produrrà solo ed esclusivamente ciò che il centro di lavorazione a valle utilizzerà. In Fig. 8 è riportato lo schema del flusso kanban:

Fig. 6 - Schema Flusso Kanban

2.4.8 Poka Yoke

Il poka yoke di origine giapponese è stato introdotto per la prima volta da Shigeo Singo ed è entrato nel gergo aziendale per definire tutti quegli accorgimenti mirati a eliminare le possibili cause di errori durante il processo di lavorazione. In particolare, si definiscono poka

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identificare o prevenire l’insorgere di difetti e incrementare la qualità. I comportamenti dei

poka yoke possono variare; alcuni possono limitarsi a inviare degli avvertimenti, altri

possono controllare o ostacolare l’avvenuta azione sbagliata. La scelta dell’effetto utile deve necessariamente essere basata sul tipo di processo a cui sono applicati; se si vogliono evitare errori occasionali, possiamo limitare il sistema a inviare degli avvertimenti, mentre se gli errori sono frequenti o non possono essere corretti una volta commessi, è utile configurare il sistema per bloccare il proseguimento dell’operazione. I risultati derivanti dall’applicazione dei poka yoke si esplicano in un progressivo miglioramento della qualità e una diminuzione delle rilavorazioni.

2.4.9 Value Steam Mapping

L’analisi del flusso del valore prevede una vera e propria mappatura grafica e lo strumento universalmente riconosciuto per eseguirla è la “value stream mapping” . Nel mappare il flusso del valore si pone l’attenzione sul processo complessivo oltre che sulle singole attività ed il miglioramento deve essere applicato a tutto l’insieme, in controtendenza con quanto spesso accada prima dell’introduzione dei concetti snelli, e soprattutto nelle operazioni di

reengineering, in cui si va a ricercare il miglioramento agendo però sui singoli processi e

perdendo così di vista l’interdipendenza con le altre fasi che contribuiscono alla realizzazione del prodotto. Proprio questi passaggi da una fase all’altra nascondono il più delle volte elementi di spreco o di inefficienza. Con questo strumento otteniamo una visione d’insieme dell’intero flusso della produzione (insieme al quale sono necessariamente indicati quello dei materiali e quello delle informazioni che ne permettono la continuità), durante l’attraversamento del flusso del valore attuale da parte del prodotto, per arrivare ad una mappatura dello stato futuro che definisce come il valore dovrebbe effettivamente fluire. Mentre i processi di trasformazione dei materiali sono simili per tutte le aziende, non è così per il flusso dell’informazione, che in un’azienda Lean deve fluire in modo tale per cui un processo esegua la sua operazione solo nel momento in cui quello successivo lo richieda. Nell’applicazione di questo strumento è necessario iniziare dalla definizione di una famiglia di prodotti. La fase seguente è la graduale composizione della mappa dello stato attuale, dalla quale prenderà inevitabilmente inizio la fase successiva di definizione della mappa dello stato futuro. Nel disegnare queste mappe è utile definire una simbologia specifica che

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