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Oltre il testo: implementazione di una vista 3DHOP in EVT per integrare i modelli 3D nelle edizioni digitali

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UNIVERSITÀ

DEGLI

STUDI

DI

PISA

DIPARTIMENTODIFILOLOGIA,LETTERATURAELINGUISTICA

Corso di Laurea Magistrale in Informatica Umanistica

TESI DI LAUREA MAGISTRALE

Oltre il testo: implementazione di una vista 3DHOP

in EVT per integrare i modelli 3D nelle edizioni digitali

CANDIDATO: Federica Spinelli RELATORI:

Prof. Marco Callieri

Prof. Roberto Rosselli Del Turco

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Indice

INTRODUZIONE 5

Struttura della tesi 11

1. FILOLOGIA DIGITALE 13

1.1 Filologia digitale 14

1.2 Panoramica storica 15

1.3 L’Edizione scientifica digitale 21

1.4 Tipologie di edizione digitale 24

1.5 Il modello concettuale 26

1.5.1 Il linguaggio di markup 26

1.5.2 TEI - Text Encoding Initiative 28

1.6 Vantaggi e svantaggi del mezzo digitale 30

1.7 Il futuro delle edizioni digitali 35

2. EDITION VISUALIZATION TECHNOLOGY 39

2.1 Genesi 39

2.2 Sviluppo 42

2.3 Tecnologie utilizzate e infrastruttura 44

2.3.1 Ambiente di sviluppo 45 2.3.2 Angular JS 47 2.3.3 CSS Susy 59 2.4 Infrastruttura dell’applicazione 60 2.5 Funzionalità 65 2.6 Modalità di visualizzazione 70

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3 3. 3DHOP 74 3.1 La grafica 3D su Web 75 3.1.1 Panoramica storica 76 3.1.2 Lo standard WebGL 79 3.1.3 I componenti tipici 81

3.1.4 Patrimonio culturale e pubblicazione 3D sul Web 83 3.2 La sfida 3DHOP: easy-to-use, easy-to-learn 88

3.2.1 Tecnologie di sviluppo 89

3.2.2 La struttura modulare 90

3.2.3 L’approccio multirisoluzione 91

3.2.4 La configurazione della scena 3D 92

3.2.5 Interazione con l’oggetto 3D 93

4. IL PROGETTO VISIONARY CROSS 96

4.1 Relazione tra oggetti e testi 97

4.2 La prima edizione digitale 98

4.2.1 I modelli 3D ad alta risoluzione 100

4.2.2 Il visualizzatore sul Web 102

5. LA PROGETTAZIONE 105

5.1 Analisi del primo viewer della Croce di Ruthwell 105

5.1.1 Gli utenti e i casi d’uso 106

5.1.2 Le tecnologie di sviluppo 106

5.1.3 I moduli di navigazione 108

5.1.4 Il modulo per le edizioni digitali del poemetto 112

5.2 Analisi delle applicazioni di 3DHOP 115

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5.3.1 Componenti fondamentali della view 121

5.3.2 Utenti e casi d’uso 122

5.3.3 Uno strumento facile da configurare 124

5.3.4 Una interfaccia intuitiva 125

6. L’INTEGRAZIONE DI 3DHOP IN EVT 127

6.1 La Nuova view 3DHOP 127

6.1.1 L’interfaccia di esplorazione 127

6.1.2 Il livello di edizione facsimile 129

6.1.3 La descrizione dell’oggetto 3D 132

6.1.4 Strumenti e funzionalità del viewer 3D 133

6.2 Implementazione della view 3DHOP 138

6.2.1 La definizione dei nuovi moduli 139

6.2.2 Inizializzazione del viewer 3D 140

6.2.3 Gestione della configurazione 141

6.2.4 La modifica di moduli preesistenti 147

CONCLUSIONI E SVILUPPI FUTURI 158

BIBLIOGRAFIA 160

SITOGRAFIA 164

Edizioni digitali e contenuti 3D sul Web 164

Standard internazionali, linguaggi e strumenti informatici 165

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Ringraziamenti

Grazie a mia madre, per avermi fatta così come sono.

Grazie al mio papà, che con poche parole dice sempre la cosa giusta.

Grazie a Chiara, perché so di poter contare su di lei

dai tempi delle interrogazioni alla lavagna.

Grazie a Giulia, che ha condiviso con me tanti momenti spensierati,

ma anche tante ore davanti allo schermo blu.

Grazie a Noemi, che ogni giorno, soprattutto quando ne ho bisogno,

mi trasmette tanta energia e positività.

Grazie a Sara, che mi parla con uno sguardo.

Grazie alle amiche, vicine anche se lontane, della mia Isola,

perché sono loro a renderla così magica.

Grazie a tutte le persone speciali che ho incontrato

in questo bel momento della mia vita.

Grazie ai miei nonni, che sarebbero fieri di me.

Grazie a tutto il team EVT per la grande disponibilità,

e grazie a Marco e Roberto per aver creduto in me.

Desidero ringraziare infine il team Visionary Cross che ha contribuito alla realizzazione di questo progetto, finanziato dal Social Sciences and Humanities Research Council of Canada (SSHRC).

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INTRODUZIONE

Filologia, dal greco phileîn e lógos, significa “amore della parola”. Questa è l’etimologia del termine, la ricostruzione del suo significato originario. Ma il significato attuale, frutto di un processo storico, indica generalmente: “la somma di due discipline, la linguistica e la letteratura o la loro zona di sovrapposizione e cioè lo studio dei documenti letterari e non letterari”.1 Un

significato più specifico e ristretto di filologia è quello di disciplina che studia la storia e i processi di trasmissione dei testi antichi e moderni con l’obiettivo di preparare delle edizioni affidabili degli stessi per il lettore moderno.

Nelle varie epoche fino alla nostra il desiderio di ricostruire documenti, testi e opere nel modo più affidabile possibile e lo sforzo dei filologi nel servirsi di strumenti sempre più avanzati, ha portato allo sviluppo del concetto di edizione critica in senso moderno. Il processo di realizzazione dell’edizione digitale – condotto dal filologo in un ambiente ipertestuale e multimediale – sfrutta il potenziale delle nuove tecnologie e offre l’opportunità di superare i limiti delle edizioni cartacee tradizionali.

Nei capitoli a seguire si indagherà in maniera più approfondita sui cambiamenti e sulle implicazioni metodologiche dell’applicazione dei metodi computazionali alle fasi del flusso di lavoro editoriale e l’impatto di questi sui principali protagonisti di tali processi: editori, lettori ed edizioni. In prima analisi, è doveroso considerare che l’uso del mezzo elettronico richiede da un lato competenze tradizionali dell’editore e dall’altro competenze informatiche. Le prime edizioni pionieristiche dei testi in formato elettronico risalgono agli anni novanta, ma solo recentemente gli editori hanno iniziato a impiegare gli strumenti informatici per cambiare il metodo di produzione delle edizioni e introdurre una componente “dinamica”. La filologia digitale, quindi, è una disciplina

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7

relativamente giovane, ancora in costante evoluzione per quanto riguarda la metodologia e gli obiettivi.

Tra i numerosi prodotti “sperimentali” della filologia digitale realizzati nell’ultimo ventennio, e più nello specifico tra gli strumenti di pubblicazione che non richiedono un livello elevato di conoscenze informatiche, si inserisce il software EVT (Edition Visualization Technology).2 Sviluppato

nell’ambito del progetto Vercelli Book Digitale3 da un team di studenti

dell’Università di Pisa, EVT è un software open source per la pubblicazione di edizioni digitali basate sullo schema di codifica TEI (Text Encoding

Initiative).4 Sin dalle sue origini si prefigge l’obiettivo di consentire la

produzione e la diffusione di un’edizione digitale richiedendo minime conoscenze informatiche, in modo da essere alla portata del filologo e non richiedere un intervento dell’informatico.

Grazie alle caratteristiche descritte poco sopra, all’interfaccia

user-friendly e all’applicabilità a diverse tipologie di edizione, il software ha dato

origine a diverse collaborazioni che lo hanno esteso, arricchito ed infine portato alla ridefinizione della sua infrastruttura. In origine EVT consentiva di produrre edizioni diplomatiche e/o interpretative inclusive delle scansioni dei manoscritti; l’esigenza di offrire supporto anche alle edizioni critiche ha portato allo sviluppo di una seconda versione.

Non solo in ambito italiano, ma anche europeo si sono instaurati rapporti di collaborazione con studiosi e ricercatori che hanno riconosciuto il potenziale del software EVT. Una tra le edizioni realizzate con la prima versione di EVT, rappresentativa per l’impatto innovativo sullo strumento, è il Codice Pelavicino Digitale,5 che ha contribuito allo sviluppo di

importanti funzionalità. Dalla realizzazione dell’edizione digitale di tre principali manoscritti che conservano il testo dell’Editto di Rotari6 trae le

2 EVT 2js: http://evt.labcd.unipi.it/.

3 Digital Vercelli Book: http://vbd.humnet.unipi.it/. 4 TEI: http://www.tei-c.org/index.xml/.

5 Codice Pelavicino Digitale: http://pelavicino.labcd.unipi.it/. 6 Buzzoni e Rosselli Del Turco 2015.

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8

sue origini la seconda versione di EVT. Successivamente il progetto

Philosophy on the Border of Civilizations (PhiBor)7 della Scuola Normale

Superiore di Pisa e la pubblicazione di un’edizione critica digitale della

Metafisica di Avicenna ha permesso un ulteriore sviluppo delle componenti

che tradizionalmente rientrano in un’edizione critica. I nuovi componenti introdotti sono stati modellati sulla tradizione a stampa, ma introducono caratteristiche innovative all’edizione, coerentemente ai requisiti funzionali e grafici tipici dell’interfaccia EVT.

La filosofia adottata sin dalle origini di EVT è promuovere lo sviluppo di uno strumento general purpose, che garantisca la visualizzazione efficace dei contenuti delle edizioni a prescindere dalle sue caratteristiche peculiari. Tutti i documenti e testi antichi (ma anche contemporanei) possono essere oggetto di una edizione e quest’ultima può prefiggersi diversi obiettivi. L’idea di edizione critica secondo il paradigma di Lachmann8 è l’approccio

più influente e sviluppato nel panorama filologico.9 L’edizione digitale,

tuttavia, non dovrebbe essere limitata ai soli testi, ma dovrebbe coprire tutti i manufatti culturali del passato che necessitano di un esame critico per diventare fonti utili per la ricerca in campo umanistico.

Nell’ottica di sviluppare nuove metodologie per la pubblicazione di testi e oggetti multimediali ad essi associati, si colloca il progetto Visionary

Cross.10 Il Visual Computing Lab11 del CNR è coinvolto dal 2012 nelle attività

del progetto Visionary Cross, un progetto di ricerca multidisciplinare il cui obiettivo principale è un archivio digitale che ospiti l’edizione di testi e oggetti associati alla tradizione dell’Inghilterra anglosassone. La prima fase

7 Avicenna project: http://www.avicennaproject.eu/.

8 Il metodo stemmatico elaborato nel corso dell’Ottocento si propone di offrire tecniche di critica testuale per la ricostruzione di un testo perduto o dell’intenzione di un autore attraverso un procedimento oggettivo: tale metodo venne messo a punto e applicato dal filologo tedesco Karl Lachmann (1793-1851).

9 Sahle 2016.

10 Visionary Cross Project: http://vcg.isti.cnr.it/activities/visionarycross/.

11 Visual Computing Lab - Istituto di Scienza e Tecnologie dell’Informazione concentra i suoi sforzi nella produzione di modelli in 3D rappresentanti oggetti appartenenti alla sfera del patrimonio culturale: http://vcg.isti.cnr.it/.

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del progetto ha previsto l’acquisizione e la produzione del modello 3D della Croce di Ruthwell.

Successivamente è stato implementato il primo viewer per la visualizzazione sul Web del modello della Ruthwell Cross, corredato da informazioni testuali.

A partire da questa prima esperienza il Visual Computing Lab ha progettato 3DHOP, un nuovo strumento che si propone di migliorare il primo viewer, offrendo performance ottimali nella visualizzazione di modelli 3D ad alta risoluzione e garantendo una curva di apprendimento sostenibile. In 3DHOP si mantiene il focus sul collegamento tra la visualizzazione 3D e il resto della pagina Web, ma viene meno la possibilità di integrare una vista specifica per i testi codificati, e la loro consultazione a diversi livelli di edizione.

EVT 2js e 3DHOP, come la maggior parte dei sistemi di presentazione multimediale, sono progettati in modo da indirizzare l’attenzione dell’utente verso un singolo medium, che assume una posizione predominante nell’ambiente di navigazione.12

L’obiettivo del presente lavoro è offrire metodi di navigazione avanzati che consentano di esplorare in maniera approfondita la connessione di un testo con altri media. Assieme alle immagini, già presenti in EVT come entità collegabile al testo, si vuole aggiungere la possibilità di visualizzare in maniera interattiva modelli 3D, e dare la possibilità di collegare parti della loro geometria al testo. Questa più ampia varietà di

media e di modalità di connessione permetterebbe di rappresentare una

maggior gamma di relazioni fra un testo ed i suoi supporti.

L’unione di EVT 2js e 3DHOP consentirà da un lato di ottenere un

framework facilmente configurabile e flessibile, in grado di includere

diversi media e diverse modalità di visualizzazione,13 dall’altro darà la

12 Callieri, Dellepiane, Leoni, O’Donnell, Rosselli Del Turco e Scopigno 2015, §8.

13 La modalità di visualizzazione 3DHOP-testo consente di esplorare il modello 3D della

Ruthwell Cross e consultare l’edizione (facsimile) o la descrizione dei pannelli della Croce;

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possibilità di analizzare in dettaglio tanto i contenuti testuali, quanto quelli bidimensionali e tridimensionali.

Il progetto Visionary Cross rappresenta, in questo senso, una perfetta esemplificazione degli obiettivi di questa tesi. Per poter appieno rappresentare il rapporto fra i testi studiati dal progetto VC con i loro supporti (rappresentati come media 2D e 3D), è fondamentale sviluppare un sistema di presentazione che offra contemporaneamente la visualizzazione allo stesso livello di dettaglio di differenti tipologie di dati, legati da un solido meccanismo di interconnessione. Il presente lavoro si inserisce pertanto nel contesto più ampio della collaborazione con il progetto Visionary Cross e si propone l’integrazione dei due strumenti concepiti in origine proprio ai fini della visualizzazione di singoli artefatti legati al culto della Croce:

○ EVT, nato come soluzione specifica per la creazione dell’

edizione digitale del Vercelli Book, e oggi software flessibile per la realizzazione e pubblicazione sul Web di edizioni digitali di diverso tipo;

○ 3DHOP, nato per la visualizzazione del modello 3D della Croce di Ruthwell, e oggi framework efficiente e semplice da utilizzare per la presentazione multimediale di modelli 3D ad alta definizione.

In questo elaborato viene tracciato il percorso affrontato per l’integrazione della visualizzazione di modelli 3D all’interno di EVT 2js, argomentando le motivazioni che hanno portato a determinate scelte per la realizzazione del progetto.

scansioni del manoscritto Vercelli Book e consultare l’edizione (diplomatica e interpretativa); all’interno della view 3D potrà sfogliare più modelli 3D etc.

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Struttura della tesi

Il primo capitolo fornisce una panoramica sulla filologia digitale e sui più recenti sviluppi dovuti a strumenti e metodi dell’informatica. Si cerca di fornire una definizione non ambigua, distinguendo la filologia propriamente digitale da quella digitalizzata. Si mette a fuoco sulle metodologie tradizionali e sugli approcci nati nel digitale. Dopo aver descritto le tipologie principali, le funzionalità standard, i vantaggi e svantaggi delle edizioni digitali si discute sul loro futuro, ponendo particolare enfasi sulle possibili espansioni (ad esempio LOD, IIIF etc.) e sulla possibilità di integrare altri media (ad esempio modelli 3D).

Il secondo capitolo approfondisce le caratteristiche del software EVT 2js, descrivendone tecnologie utilizzate per il suo sviluppo, architettura e funzionalità, e proponendo una breve rassegna delle modalità di visualizzazione disponibili prima del progetto presentato in questo elaborato.

Il terzo capitolo, dopo qualche cenno sulla grafica 3D sul Web, presenta in dettaglio il software 3DHOP, descrivendone struttura modulare, caratteristiche e funzionalità e limiti.

Il quarto capitolo presenta gli obiettivi e l’evoluzione del progetto

Visionary Cross, mettendo in luce la necessità di realizzare uno strumento

per la visualizzazione delle differenti tipologie di artefatti, legati da un solido rapporto di interconnessione.

Il quinto capitolo dopo l’analisi preliminare del primo viewer della Croce di Ruthwell e di alcuni progetti realizzati con il framework 3DHOP, delinea l’impostazione del progetto: vengono descritti gli utenti e i casi d’uso che hanno guidato la fase di progettazione e implementazione

Il sesto capitolo presenta la nuova interfaccia utenti finale, le caratteristiche dello strumento realizzato e le funzionalità aggiunte.

Si descrivono e motivano le scelte implementative ripercorrendo le varie fasi dello sviluppo: la definizione dei nuovi moduli, la predisposizione

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del file di configurazione per la condivisione dei dati, la modifica dei moduli preesistenti.

Nel capitolo conclusivo si riflette su quanto realizzato, analizzando le soluzioni proposte anche in prospettiva di possibili futuri sviluppi del software EVT.

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1. FILOLOGIA DIGITALE

Le potenzialità dell’interazione tra informatica e studio filologico sono emerse fin dagli anni cinquanta del secolo scorso. La loro intersezione è apparsa, sin da subito, foriera di grandi novità nel campo della critica testuale e della filologia.

Per esplorare questo campo di studi e di interesse così ampio occorre innanzitutto ricorrere ad una premessa indispensabile. Questo paragrafo introduttivo si propone di illustrare cosa si intende per filologia e in cosa consiste l’operato del filologo. Sin dalle sue origini la filologia testuale (o ecdotica, o critica del testo) è la disciplina che si occupa specificamente dell’edizione dei testi. Per accostarsi alla documentazione scritta del passato sono richieste conoscenze specifiche come nozioni di paleografia e di codicologia. Se il testo è di carattere documentario si dovranno conoscere i caratteri principali del documento, oggetto di studio della diplomatica.14 La

consultazione diretta di un testo scritto del passato o di una sua riproduzione fotografica presenta dunque non poche difficoltà. Per rendere accessibile un documento antico ai non specialisti o agli studiosi stessi è necessario trascriverlo, interpretarlo e infine pubblicarlo secondo i criteri grafici ed editoriali moderni: in ciò consiste il lavoro del filologo.

Può succedere, tuttavia, che di un determinato testo non si conservi l’originale, ma una o più copie in cui sono inevitabilmente presenti errori di trascrizione, soprattutto se la tradizione testuale è lunga e complessa. Il compito del filologo è, in questo caso, quello di ripristinare le caratteristiche originali del testo, correggendo tali errori mediante lo studio della tradizione testuale e, ove ciò non sia possibile, mediante la congettura. Generalizzando, dunque, possiamo dire che la critica del testo mira a fornire di un testo antico un’edizione affidabile sia per il lettore generico, sia, soprattutto, per lo specialista (critico letterario, linguista, storico, etc.).

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Nel corso dei secoli si sono gradualmente susseguite tecniche di trasmissione dei testi scritti su diversi supporti, dai rotoli di papiro al libro in pergamena fino ad arrivare, nel XVIII secolo, all’invenzione della stampa industriale. In tempi più recenti, con l’avvento del digitale l’intero processo editoriale e l’accesso ai contenuti sono attuati attraverso l’ausilio di tecnologie informatiche. L’elaborazione delle edizioni attraverso strumenti informatici ha comportato conseguenze profonde nella pratica filologica.

Le edizioni digitali scientifiche non sono soltanto pubblicazioni in formato digitale; sono piuttosto sistemi di informazione che seguono una metodologia determinata da un paradigma digitale – così come le edizioni tradizionali a stampa seguono una metodologia che corrisponde ai paradigmi della cultura cartacea.15

La filologia digitale è dunque una disciplina con un proprio statuto e una propria metodologia? Questo argomento ha acceso numerosi dibattiti e dato origine a una serie cospicua di pubblicazioni, al punto che sarebbe impossibile riportare in questa sede una trattazione completa. Si tenterà di descrivere quelle che sono le principali teorie nell’ampio ambito dell’influenza del digitale sulla pratica filologica.

1.1 Filologia digitale

Nel lavoro editoriale si distinguono due filoni che sfruttano il potenziale delle nuove tecnologie. Il primo filone è rappresentato dalla “filologia digitalizzata”, costituita da pratiche digitali che confluiscono su un sistema a stampo tradizionale. Appartengono a questa categoria le edizioni digitali che assomigliano a un’edizione a stampa nella presentazione dei risultati, ad esempio una versione in formato PDF di un’edizione. Il secondo filone, quello della “filologia digitale” comprende tutte le pratiche editoriali innovative nate dal digitale, i cui prodotti non possono essere stampati

15 Patrick Sahle, Criteri per la recensione delle edizioni digitali scientifiche (DSE), versione 1.1., Institut für Dokumentologie und Editorik:

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senza perdita di informazione.16 Si individua anche una terza branca, la

“filologia computazionale”, la disciplina che si occupa della realizzazione di nuovi software e applicazioni da offrire per la preparazione e visualizzazione di un’edizione. Appartengono a tale categoria le pratiche editoriali come la collazione automatica o la lettura e trascrizione automatica dei manoscritti (Hand Written Text Recognition) che si avvalgono di metodi informatici come l’intelligenza artificiale o algoritmi di data mining.

Il diramarsi della filologia digitale in filoni ha determinato l’adozione di differenti soluzioni tecniche, responsabili a loro volta di profondi ed eterogenei cambiamenti strutturali e teorici delle pratiche editoriali. La grande varietà nella forma delle edizioni digitali è ben individuabile nella panoramica storica della filologia digitale, descritta nella sezione successiva.

1.2 Panoramica storica

La storia delle edizioni digitali è incompleta e discontinua, a causa dell’obsolescenza e dell’assenza di un piano di mantenimento e conservazione delle risorse realizzate nel primo periodo. Il percorso cronologico tracciato di seguito si propone di fornire una breve descrizione delle evoluzioni tecnologiche ed epistemologiche che hanno delineato la pratica filologica in ambiente digitale.

Dagli anni quaranta, quindi prima dell’avvento del personal computer, si sviluppano dispositivi ottici basati su principi simili a quelli della fotocopiatrice.17 Questi sono usati per la collazione automatica, per il

confronto di documenti e individuazione delle varianti. Lo sviluppo dei computer consente di condurre i primi esperimenti computazionali nel

16 Sahle 2016, pp. 23-28.

17 Ad esempio l’Hinman Collator, un dispositivo basato su un sistema di luci e specchi per sovrapporre immagini in modo da far risaltare le differenze nel testo. Lo strumento prende il nome da suo ideatore, Charlton Hinman che lo utilizzò per confrontare le diverse copie stampate delle opere di Shakespeare al fine di trovare le “varianti di stato” introdotte durante l’impressione. Wikipedia, voce Hinman Collator:

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campo della collazione automatica. In questo periodo, definito dei “precursori”,18 troviamo due soli progetti da prendere in considerazione:

uno volto ad automatizzare il procedimento della traduzione, proposto da William Weavers nel 1947; l’altro volto alla produzione dell’indice delle opere di s. Tommaso, proposto da Roberto Busa nel 1946 e poi ampliato per produrre le concordanze. L’elaboratore elettronico viene visto come un sistema per velocizzare il confronto tra testi, in particolare per meccanizzare l’attività di collazione. In realtà questo tentativo ha fatto emergere che il calcolatore non può lavorare sull’interpretazione qualitativa dei testi ma è limitato al confronto meccanico di stringhe di caratteri. In occasione del convegno La pratique des ordinateurs dans la critique des textes svoltosi a Parigi nel 1978 si sancisce la crisi dell’applicazione dei procedimenti automatici alla critica testuale.

Tra la fine degli anni settanta e l’inizio degli anni novanta, grazie alla diffusione del personal computer e di Internet, il rapporto tra basi metodologiche della critica testuale e tecnologia ottiene sviluppi importanti. Nascono i primi archivi di testi sviluppati attraverso i sistemi operativi Macintosh e Windows e sono sviluppati i primi programmi di elaborazione di testi per la produzione di edizioni critiche (ad esempio TUSTEP).19

Inizialmente il computer è utilizzato come strumento di lavoro per produrre edizioni a stampa, ma nel corso degli anni ottanta subentrano novità considerevoli. Nel 1987 al Vassar College un gruppo di studiosi si riunisce per discutere sulla fattibilità di creare un sistema standard di codifica per i testi elettronici di ambito umanistico. Nasce in questa sede un meccanismo di markup applicabile a diversi tipi di testi, metadati e dati in formato

18 Orlandi 2012.

19 TUSTEP (Tue-bingen System of Text Processing Programs) è un programma di composizione tipografica corredato da un ambiente di lavoro per la creazione di edizioni critiche per la stampa. Rappresenta un sistema completo per la produzione di edizioni critiche, capace di seguire il lavoro editoriale dalle prime trascrizioni fino alla composizione tipografica dell’edizione critica completa di apparato.

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SGML;20 questo sistema prende il nome di TEI21 e come vedremo nei

capitoli successivi diventerà nel corso degli anni un punto di riferimento per le edizioni scientifiche digitali. Nella seconda metà degli anni ottanta si colloca lo strumento informatico Collate.22 La prima versione di Collate fu

realizzata tra il 1986 e il 1989 per raccogliere 44 manoscritti oggetto della tesi di dottorato di Peter Robinson.23 Le trascrizioni complete di ogni

manoscritto, raccolte usando il programma Spitbol,24 sono state gestite al

fine di ottenere vari tipi di output successivamente inseriti in un database relazionale utilizzato per esplorare le relazioni tra i manoscritti. Per ottimizzare l’elaborazione nel database, le informazioni erano gestite attraverso una matrice, con righe che rappresentavano ogni variante e colonne che rappresentavano ogni manoscritto.

La prima vera e propria versione pubblicata di Collate risale al 1991, sviluppata in associazione alla pubblicazione dell’edizione digitale dei

Canterbury Tales di Chaucer curata da Peter Robinson, e che può essere

considerato il primo strumento per la collazione automatica per personal computer. A partire dagli anni novanta si sviluppa una prima generazione di edizioni digitali distribuite su supporto ottico (CD-ROM, poi DVD-ROM per immagini ad alta risoluzione) che fanno uso di software stand-alone, solitamente proprietari. Queste caratteristiche hanno fatto sì che in pochi anni questa tipologia di edizioni ponesse problemi di compatibilità con le versioni più recenti del sistema operativo, al punto che, ad oggi, molti di quei prodotti sono difficilmente utilizzabili. Tra gli esempi più apprezzati e conosciuti di questo tipo di edizioni – basate su immagini e corredate da

20 SGML è un metalinguaggio creato negli anni settanta ideato per lo scambio e l’archiviazione di documenti in formato machine readable. Wikipedia, voce SGML: https://it.wikipedia.org/wiki/Standard_Generalized_Markup_Language.

21 TEI: http://www.tei-c.org/index.xml.

22 Collate, sviluppato da Peter Robinson tra il 1986 e il 1989 è uno strumento per la raccolta e l’analisi dei testi; il successore di Collate, riscritto e ribattezzato CollateX, è disponibile per il download sul sito CollateX: http://collatex.net/.

23 Scholarly Digital Editions, voce The history of Collate:

http://scholarlydigitaleditions.blogspot.com/2014/09/the-history-of-collate.html 24 Wikipedia, voce Spitbol: https://en.wikipedia.org/wiki/SPITBOL.

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trascrizioni diplomatiche e semi-diplomatiche – possiamo ricordare il già citato progetto Canterbury Tales di Peter Robinson,25 presumibilmente il

primo esempio di quelle che oggi definiamo edizione scientifica digitale, e l’Electronic Beowulf di Kevin Kiernan.26 Le edizioni appartenenti a questa

tipologia sono diventate piuttosto popolari soprattutto perché mettono a disposizione degli studiosi e del grande pubblico facsimili digitali di importanti manoscritti che di solito sono gelosamente custoditi dalle istituzioni responsabili della loro conservazione.27 Tuttavia, le edizioni di

questa generazione si caratterizzano per un’impostazione generale dei testi estremamente conservativa, queste infatti riproducono in buona misura la tradizionale impaginazione delle edizioni a stampa sullo schermo di un computer. In queste edizioni ipertestuali l’apparato critico e altri testi, come note di commento, traduzioni, glossari e altro ancora, sono collocati in frame separato, creando un layout simile a quello di una pagina stampata.

L’evoluzione della tecnologia relativa al Web è l’evento che ha contribuito alla nascita delle edizioni digitali come le intendiamo oggi. In particolare, possiamo individuare tre fattori fondamentali: (a) la diffusione del World Wide Web a partire dal 1992; (b) l’affermarsi e la continua evoluzione dei linguaggi di marcatura e programmazione; (c) lo sviluppo dell’ipertesto attraverso il Web. Sono inoltre da considerare altri aspetti collegati: l’abbassamento del costo e aumento di prestazioni dell’hardware dei personal computer; come conseguenza, anche la disponibilità di grande spazio su server Web a costi ridotti; la progressiva crescita dell’ampiezza di banda della rete Internet; l’affermazione di Unicode28 come standard per la

codifica dei caratteri.29 La graduale adozione del modello editoriale

direct-to-the-web garantisce un pubblico ancora più ampio rispetto prime edizioni

digitali basate su CD o DVD. I filologi cominciano ad orientarsi sempre più

25 TEI, voce The Canterbury Tales and other Medieval Texts [Peter Robinson, De Montfort University]: https://tei-c.org/Vault/ETE/Preview/robinson.html.

26 Kiernan et al. 1999.

27 Buzzoni e Rosselli Del Turco 2016.

28 Unicode standard: https://unicode.org/standard/standard.html. 29 Mancinelli e Pierazzo 2019.

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decisamente verso la pubblicazione sulla piattaforma Web ed è in questo momento che le cose iniziano ad evolvere. La tendenza alla pubblicazione sul Web produce una nuova generazione di edizioni, caratterizzate ancora da un layout tradizionale ma arricchite da innovativi strumenti di navigazione, più conformi agli standard e spesso concesse con licenza open

source. Nonostante la crescita esponenziale delle tipologie di edizioni e la

frammentazione degli strumenti di pubblicazione, possiamo individuare, dal punto di vista tecnico, un aspetto in comune: si basano su un modello concettuale input-output (vedi Sezione 1.5). In questo scenario hanno giocato un ruolo decisivo lo sviluppo degli standard – nasce in questo periodo il consorzio per l’accessibilità del Web (Web Accessibility

Initiative)30 – e la riflessione sulla modellazione dei dati.

La diffusione del linguaggio di markup XML31 consente alla TEI di

sviluppare le nuove linee guida nella versione XML. La versione TEI P5, rilasciata il 1 novembre 2007 e da allora frequentemente aggiornata, consente di raggiungere piena maturità nell’ambito dei linguaggi di rappresentazione. In questo scenario, si intravede un passaggio metodologico cruciale: il computer comincia a non essere più visto come strumento e ausilio della prassi ecdotica di tipo tradizionale, ma come un agente trasformante di un progetto editoriale del tutto sganciato dalla tecnologia della stampa e ciò consente – e al tempo stesso costringe – a ripensare radicalmente la nozione stessa di testo, di documento e di libro. Sembra necessario, allora, per il filologo e l’editore, acquisire nuove competenze e nuove metodologie nel momento in cui ci si appresta a realizzare un’edizione digitale; tale trasformazione coinvolge sia il prodotto finale sia lo stesso processo di costruzione.32

30 W3C (Web Accessibility Initiative): https://www.w3.org/.

31 XML (eXtensible Markup Language) è un metalinguaggio appartenente alla famiglia SGML, che permette di definire e controllare il significato degli elementi contenuti in un documento o in un testo. Sito ufficiale W3C, voce Extensible Markup Language: https://www.w3.org/XML/.

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La fase più recente nella storia delle edizioni digitali non è segnata da un unico evento significativo, si è avviata piuttosto attraverso il susseguirsi di sperimentazioni continue e la creazione di una grande varietà di tipologie di edizioni digitali. Come punto di riferimento per questa fase si potrebbe assumere lo sviluppo del Web definito da Tim Berners-Lee “semantico” (o Web 2.0) caratterizzato da condivisione, interattività e interoperabilità dei dati. A partire dagli anni 2000 si sviluppano tecnologie che promuovono la nascita di nuove modalità di comunicazione e modelli computazionali. Basti pensare a strumenti e risorse come Google Books e i social network che hanno reso possibile lo sviluppo di una nuova tipologia di edizioni, definite “sociali” proprio perché si servono del contributo prodotto dagli utenti in una piattaforma. Si vanno inoltre affermando nuove modalità di descrizione dei contenuti informativi dei dati, i testi sono arricchiti con vocabolari di metadati strutturati in modelli concettuali.33 Le edizioni digitali iniziano ad

adottare queste tecnologie come metodo di rappresentazione di indici di luoghi e di persone presenti nel testo.34 I metadati consentono il

collegamento con altre risorse Web e aprono la strada verso lo sviluppo di moderne interfacce per un nuovo tipo di rappresentazione. Si vanno via via affermando nuovi standard, come IIIF (Image Interoperability

Framework)35 che si propone di rendere interoperabili le immagini digitali.

I prodotti digitali descritti individuano tanti elementi di continuità quanti di innovazione, tuttavia si noterà come gli elementi innovativi risultano essere estremamente trasformativi, coinvolgendo i formati e i metodi della pratica filologica e dando vita a una moltitudine di soluzioni tecniche. La forma di un’edizione digitale è soggetta a una grande variazione. Esistono molti tipi e sottotipi, che sebbene condividano alcune caratteristiche, come il modello concettuale e la disponibilità sul Web, è difficile raggruppare sotto la stessa etichetta.

33 Il W3C sviluppa un modello basato su URI (Uniform Resource Identifier), XML e RDF, un formato per la descrizione delle relazioni che intercorrono tra entità.

34 Poupeau 2006, pp. 161–164.

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1.3 L’Edizione scientifica digitale

L’etichetta “edizione scientifica digitale”, dall’inglese Digital Scholarly

Edition, indica un’edizione di tipo accademico creata attraverso appositi

strumenti informatici. Nella maggior parte dei casi questa tipologia di edizione si rivolge ad un pubblico di studiosi e ricercatori, ma può essere successivamente diffusa al grande pubblico con finalità didattiche o di comunicazione.

Nel tentativo di individuare le caratteristiche di questa tipologia di edizione, è necessario analizzare cosa si intenda con i tre termini che la compongono “edizione”, “scientifica” e “digitale”. Il termine “edizione” è fondamentale: la necessità di fornire un testo affidabile è centrale per la filologia digitale come lo è per la filologia nel suo complesso. Raccogliere tutte le testimonianze di un’opera e offrire i loro testi al lettore in forma non mediata, anche se digitale e ipertestuale, non è sufficiente a rivendicare la creazione di un’edizione digitale: “La mia opinione personale è questa: se l’edizione presenta tutte le informazioni, non è affatto un’edizione. È un archivio, un mucchio inerte di dati morti in attesa che l’intelligenza umana vi dia vita.”36 Il termine “scientifica” si riferisce alla possibilità di verifica del

risultato date le stesse condizioni di partenza. L’edizione di un testo per essere definita tale deve essere prodotta da studiosi seguendo criteri e metodi rigorosi. I requisiti minimi di scientificità sono ad esempio la presenza di una descrizione scientifica della tradizione testuale e la trasparenza delle decisioni editoriali. In ultima analisi, il termine “digitale” è ciò che definisce la vera natura di queste edizioni. Il digitale rappresenta in primo luogo il supporto, il medium utilizzato dallo studioso nel processo di realizzazione dell’edizione. Indubbiamente il risultato del processo di creazione dell’edizione è una risorsa informatica che offre una rappresentazione di documenti storici o testi. Ma un’edizione digitale non è solo una versione elettronica di un’edizione cartacea. Questo è evidente se

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si prende in considerazione che mentre una conversione dalla forma stampata a quella digitale è sempre possibile, una vera edizione digitale è quella che non può andare nella direzione opposta senza perdere caratteristiche significative, come l’ipertesto. Secondo Patrick Sahle dovremmo distinguere tra “edizione digitale” ed “edizione digitalizzata” (vedi Sezione 1.1), la prima è guidata da principi che trascendono l’idea della pagina come paradigma informativo, la seconda è la semplice trascrizione di un’edizione stampata. La differenza può essere così descritta:

A printed edition can be read. A digital edition is more like a workplace or a laboratory where the user is invited to work with the texts and documents more actively. Accordingly, in recent years we have even seen the integration of new features and tools into the edition, allowing for customisation, personalisation, manipulation and contribution.37

Diversi libri e articoli pubblicati a partire dagli anni novanta hanno discusso gli aspetti salienti delle edizioni scientifiche digitali. Tra i pionieri dell’editing digitale, Peter Robinson ha proposto una definizione delle proprietà e aspetti fondamentali delle DSE:38 (a) un’edizione critica digitale

è ancorata a un’analisi storica dei materiali; (b) un’edizione critica digitale presenta ipotesi sulla creazione e sul cambiamento; (c) un’edizione critica digitale fornisce una classificazione nel tempo, multidimensionale e dettagliata; (d) un’edizione critica digitale può presentare un testo, tra tutti i testi disponibili; (e) un’edizione critica digitale fornisce ai lettori un ambiente e appositi strumenti per sviluppare le proprie ipotesi e modalità di lettura; (f) un’edizione critica digitale deve arricchire la lettura.

Robinson sostiene che se non solo il metodo di lavoro è digitale, ma anche il suo risultato, si può parlare di edizione digitale, uno strumento per sua natura dinamico:

The layers of footnotes, the multiplicity of textual views, the opportunities for dramatic visualization interweaving the many with each other and

37 Sahle 2016, p. 19.

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offering different modes of viewing the one within the many—all this proclaims: ‘I am a hypertext: invent a dynamic device to show me’.39

In un profondo dialogo con questo aspetto si colloca l’ampio dibattito sui cambiamenti e le implicazioni metodologiche dell’applicazione dei metodi computazionali a tutte le fasi del flusso di lavoro editoriale. Un contributo interessante è offerto nell’opera di Driscoll e Pierazzo40 che identifica quali

sono i cambiamenti introdotti a partire dalla pubblicazione delle edizioni critiche in ambiente digitale:

○ individuare le fonti primarie: per lo studioso la disponibilità di cataloghi online vuol dire principalmente avere la possibilità di individuare manoscritti più facilmente e rapidamente;

○ immagini digitali: la pronta disponibilità delle immagini di alta qualità in facsimile rappresenta un balzo in avanti rispetto ai surrogati tipici delle tradizionali edizioni cartacee. Le immagini digitali sono persino migliori degli originali, poiché attraverso tecniche di restauro virtuali è possibile rivelare la scrittura di documenti illeggibili a occhio nudo;

○ trascrizione delle fonti: molte edizioni digitali sono di fatto costituite da trascrizioni di documenti, in forme più o meno modernizzate spesso affiancate dal facsimile stesso;

○ manipolazione di grandi quantità di dati: la disponibilità di dati online ha promosso la nascita di sistemi computazionali per la loro interrogazione e aperto nuove frontiere di ricerca;

○ collazione automatica e metodo cladistico: questi rivelano la loro utilità soprattutto se abbinati a sistemi capaci di produrre automaticamente lo stemma codicum;

39 Robinson 2005 § 12. 40 Driscoll e Pierazzo 2016.

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○ standard di codifica dei testi e dei metadati: in particolar modo lo standard internazionale TEI ha creato una comunità scientifica internazionale, una metodologia, nuovi obiettivi di ricerca. Gli standard di metadati hanno reso possibile la creazione di cataloghi globali, di corpora testuali e di siti ricchi e interattivi; tali standard hanno senza dubbio favorito il superamento delle ottiche nazionali; ○ edizioni sociali e collaborative: dalla nascita delle piattaforme di

social network deriva una nuova concezione di processo di

produzione delle edizioni, reso possibile grazie alla collaborazione degli utenti.

Questi assi di cambiamento, che corrispondono alle diverse soluzioni tecniche adottate nel processo di creazione di un’edizione digitale, hanno profonde conseguenze sulle tipologie di risorse realizzate e quindi anche sul modo in cui sono proposte ai loro fruitori.

1.4 Tipologie di edizione digitale

La prima distinzione che si adotta è quella tra edizioni accademiche (Digital

Scholarly Edition), rivolte ad un pubblico specializzato come studiosi e

ricercatori (vedi Sezione 1.3) ed edizioni divulgative (reading edition), destinate al grande pubblico.

Dal punto di vista editoriale si distinguono edizioni diplomatiche (riproducono il corpo del manoscritto mantenendo fedelmente la disposizione del testo ed eventuali errori, abbreviazioni e caratteri non corrispondenti all’uso moderno), edizioni interpretative (modernizzano il testo del manoscritto dal punto di vista della grafia e della punteggiatura, sciolgono le abbreviazioni, ricongiungono le parole spezzate a fine riga etc.), edizioni critiche (ricostruiscono il testo dell’opera di cui il manoscritto è un testimone). Le edizioni possono essere realizzate software proprietari e

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stand alone (CTE) o standard riconosciuti (schemi di codifica TEI,

linguaggio LaTeX per edizioni a stampa) ed essere diffuse online, o su supporto ottico come CD o DVD; attraverso un navigatore Web o un software specifico.

Inoltre, in virtù del modo di presentazione dei dati si distinguono edizioni ipertestuali (forniscono solo informazioni di tipo testuale) ed ipermediali (combinano le caratteristiche dell’ipertesto con la gestione di materiali audio e video); i materiali integrati ci consentono di riconoscere edizioni facsimile (corredate da scansioni ad alta definizione di manoscritti e da schede descrittive o annotate) ed edizioni full digital edition (al testo dell’edizione si affiancano altri materiali di studio, testo integrale dei testimoni e immagini).

In base al processo di realizzazione si distinguono edizioni che sfruttano metodologie riadattate dalla tradizione ed edizioni born digital. In quest’ultima categoria si collocano le edizioni create con software per la collazione automatica, le edizioni collaborative e le già citate edizioni sociali (vedi Sezione 1.2), che consentono agli utenti di combinare i vari frammenti per creare collaborativamente delle nuove versioni dell’opera.

Una panoramica delle tipologie di edizione digitale è presentata nei cataloghi A catalog of Digital Scholarly Editions41 di Patrick Sahle e il

Catalogue of Digital Editions42 di Greta Franzini. Gli esempi proposti di

seguito – rappresentativi per la loro importanza storica e il loro impatto innovativo nel settore – sono suddivisi in base alle loro caratteristiche.

Pur appartenendo a linee di ricerca sperimentali e disomogenee, in tutte le edizioni citate in tale lista si possono individuare delle tendenze maggioritarie. Dal punto di vista tecnico, infatti, molte delle edizioni digitali attuali utilizzano un’architettura sottostante (TEI XML per i dati testuali,

41 A catalog of Digital Scholarly Editions: http://www.digitale­edition.de/. 42 Catalogue of Digital Editions: https://dig-ed-cat.acdh.oeaw.ac.at/.

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RDF/OWL per le ontologie) e tecnologie standard e collaudate (HTML5, CSS3, etc.).

La prima fase nel processo di realizzazione di un’edizione digitale prevede la digitalizzazione dei materiali da includere in essa. In generale, ciò può essere fatto in diversi modi, se possibile attraverso l’acquisizione meccanica del contenuto informativo dell’oggetto in questione o attraverso la digitazione manuale. La trascrizione elettronica del testo può essere arricchita con informazioni strutturali o semantiche.

L’aggiunta di informazioni strutturali o semantiche al testo consente di dare una nuova dimensione (pragmatica e semiotica) ai caratteri sullo schermo. Si tratta di un procedimento che prende il nome di codifica dei testi.

1.5 Il modello concettuale

Un testo codificato rappresenta la formalizzazione (o meglio l’implementazione in un linguaggio formale compatibile con la capacità di elaborazione di un computer) di un modello concettuale del testo originale. Si possono distinguere due diversi metodi di codifica: embedded, cioè la codifica delle informazioni all’interno dei dati annotati (annotazione in linea) e stand-off, cioè l’annotazione dei dati separata dagli stessi dati testuali primari.

1.5.1 Il linguaggio di markup

Il testo codificato mediante un linguaggio di markup consente di avere un maggior controllo sulla sua rappresentazione finale. Il termine markup indica l’insieme di convenzioni che descrive i meccanismi di rappresentazione (strutturali o semantici) di un testo. Nel corso degli anni settanta vengono sviluppati linguaggi di markup, questi consentivano di specificare che una particolare stringa di caratteri doveva essere rappresentata in un font più spesso o in corsivo, allineata a destra o al

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centro, per la visualizzazione su carta o su schermo al suo utilizzatore finale. Per la rappresentazione dei fenomeni testuali due principali linguaggi da soli coprono più del 90% dei testi digitali: TeX con il derivato LaTeX43 e

SGML (Standard Generalized Markup Language)44 con i derivati HTML e

XML.45

Si distinguono due categorie di linguaggi di markup: “procedurali” cioè orientati al documento e utilizzati per rendere machine readable caratteristiche del testo codificato come LaTeX e RTF (Rich Text Format);46

“dichiarativi”, cioè orientati al testo e utilizzati allo scopo di catturare il significato semantico degli elementi, tralasciando l’aspetto che avranno al momento della visualizzazione, come i linguaggi appartenenti alla famiglia SGML. I linguaggi di markup di tipo dichiarativo lasciano la scelta del tipo di rappresentazione da applicare al testo al software che di volta in volta lo elaborerà per la visualizzazione. Questi ultimi risultano più vantaggiosi perché si concentrano sui problemi strutturali di leggibilità e prescindono in fase di lettura dal software con cui sono stati generati. Sono, in altre parole, quelli che permettono di garantire una corretta separazione tra struttura e visualizzazione.47

Negli anni ottanta le possibilità offerte da SGML catturano l’attenzione di un certo numero di umanisti, il che porta ad uno sviluppo incontrollato di linguaggi specializzati per la codifica di testi con finalità di studio letterarie, filologiche, storiche e linguistiche. Per ovviare ai crescenti problemi di compatibilità tra diversi schemi di codifica un gruppo di

43 LaTeX è un linguaggio di markup usato per la preparazione di testi basato sul programma di composizione tipografica TEX. LaTeX: https://www.latex-project.org/. 44 SGML è un metalinguaggio creato negli anni Settanta ideato per lo scambio e l’archiviazione di documenti in formato machine readable. Wikipedia, voce SGML: https://it.wikipedia.org/wiki/Standard_Generalized_Markup_Language.

45 Mancinelli e Pierazzo 2019, p. 60.

46 RTF è un formato multipiattaforma e proprietario per documenti testuali. Wikipedia, voce RTF: https://it.wikipedia.org/wiki/Rich_Text_Format.

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studiosi ha dato vita alla TEI, nata con lo scopo di proporre uno standard rigoroso e flessibile per la codifica di testi in ambito umanistico.48

1.5.2 TEI - Text Encoding Initiative

La TEI è stata fondata nel 1987 per sviluppare, mantenere e promulgare metodi indipendenti dall’hardware e dal software per la codifica di dati umanistici in forma elettronica. Per oltre tre decenni ha avuto uno straordinario successo nel raggiungere il suo obiettivo e ora è ampiamente utilizzata da progetti scientifici e biblioteche di tutto il mondo.49

Quando la TEI è stata istituita i progetti scientifici e le biblioteche che cercavano di trarre vantaggio dalla tecnologia digitale si trovarono di fronte a un ostacolo insormontabile per la creazione di archivi e strumenti condivisibili. I sistemi per la rappresentazione del materiale testuale risultavano quasi sempre incompatibili, mal progettati, e si moltiplicavano di pari passo alla realizzazione di edizioni digitali. Questa situazione ha rallentato notevolmente lo sviluppo del pieno potenziale della tecnologia a sostegno dell’indagine umanistica, rendendo difficile la condivisione dei dati testuali e impraticabile lo sviluppo di sistemi e strumenti standardizzati.

Sin dalle sue origini la TEI definisce standard per la marcatura del testo elaborando schemi di codifica di tipo dichiarativo (prima SGML, poi XML). Gli schemi realizzati sono documentati attraverso delle linee guida,

Guidelines50 redatte dal comitato scientifico del consorzio. Queste linee

guida definiscono diverse centinaia di elementi e attributi per la marcatura di documenti di qualsiasi tipo. Ogni definizione ha i seguenti componenti: (a) una descrizione in prosa; (b) una dichiarazione formale, espressa utilizzando un vocabolario XML specifico; (c) esempi di utilizzo. Sono pubblicate come software open source, accessibili e scaricabili in varie forme, a seconda di come si desidera utilizzarle. La versione attuale delle

48 Mancinelli e Pierazzo 2019, p. 62.

49 Text Encoding Initiative: http://www.tei-c.org/.

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linee guida (TEI P5) è stata rilasciata nel 2007, l’ultimo aggiornamento risale al 13 febbraio 2020.

Ogni capitolo delle linee guida presenta un gruppo di elementi correlati e definisce un modulo. Gli elementi e gli attributi di markup sono quindi suddivisi in moduli. Ciò consente da un lato di combinare i diversi moduli tra loro e di utilizzarli congiuntamente, dall’altro di ottenere uno schema di codifica il più aderente possibile alle caratteristiche del testo da codificare.

Per marcare le informazioni relative all’evoluzione del testo nelle sue varianti e per la codifica dell’edizione critica, si dovrà far riferimento principalmente, ma non solo, al modulo Critical Apparatus.51 Il modulo TEI

ripropone l’impostazione tradizionale della critica testuale: permette di presentare la variabilità del testo nei suoi testimoni, stabilire le lezioni da accogliere nel testo e documentare le proprie scelte editoriali e le informazioni riguardanti i materiali alla base dell’edizione.52

Il modulo Manuscript Description53 consente di fornire informazioni

descrittive dettagliate sulle fonti manoscritte. Sebbene originariamente sviluppato per soddisfare le esigenze dei catalogatori e degli studiosi che lavorano con i manoscritti medievali della tradizione europea, il modulo qui presentato è abbastanza generale da poter essere esteso anche ad altre tradizioni e materiali, ed è potenzialmente utile per qualsiasi tipo di manufatto testuale.

È disponibile un modulo per la rappresentazione di edizioni facsimile,

Representation of Primary Sources,54 che comprende gli elementi per

51 TEI, voce Critical Apparatus: http://www.tei-c.org/release/doc/tei-p5-doc/en/html/TC.html.

52 Per la descrizione completa del modulo Critical Apparatus si vedano le Guidelines TEI. 53 TEI, voce Manuscript Description: https://tei-c.org/Vault/P5/4.0.0/

doc/tei-p5-doc/it/html/MS.html

54 TEI, voce Representation of Primary Sources: http://www.tei-c.org/release/ doc/tei-p5-doc/en/html/PH.html.

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descrivere le immagini, per la trascrizione dei testi e per collegare porzioni dei testi trascritti con i punti delle immagini corrispondenti.

La TEI vanta una comunità di utenti amichevole e altamente qualificata, i cui membri sono disposti a condividere la loro esperienza. Il modo migliore per entrare a far parte di questa comunità è iscriversi alla mailing list TEI-L. I messaggi possono essere consultati o ricercati online attraverso l’archivio LISTSERV55 o nell’archivio Nabble56 e coprono

praticamente ogni argomento di codifica del testo che si possa immaginare. Su GitHub57 la comunità TEI tiene traccia delle segnalazioni di bug e delle

richieste di implementazione di funzionalità. Grazie a tutte le domande, i commenti sulle linee guida e le proposte di implementazione in generale prodotte dalla comunità, i moduli TEI e le guidelines sono in costante aggiornamento.

In quest’ottica di sviluppo la comunità TEI ha iniziato a discutere sulla codifica dei metadati generali relativi a modelli 3D. Si sta iniziando a pensare come fare riferimento a zone specifiche di un oggetto 3D adottando uno schema simile a quello usato per i facsimili 2D. Tuttavia, trattandosi di una discussione ancora allo stato embrionale, non si può scendere ulteriormente nei dettagli in questa sede.

1.6 Vantaggi e svantaggi del mezzo digitale

Numerosi articoli e monografie dimostrano la dinamicità della ricerca nel campo della filologia digitale e la conseguente necessità della comunità di discutere i cambiamenti e le implicazioni portate dal digitale. È evidente che qualcosa sia cambiato radicalmente nel mondo dell’editoria scientifica: il modo di lavorare, gli strumenti che si utilizzano per svolgere tale lavoro e le

55 LISTSERV: https://listserv.brown.edu/archives/cgi-bin/wa?A0=tei-l.

56 Si veda, a titolo di esempio, questa discussione reperibile sugli archivi della mailing list TEI: http://tei-l.970651.n3.nabble.com/.

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domande di ricerca alle quali si cerca di dare risposte. Tutto questo è cambiato, in alcuni casi in modo irriconoscibile, rispetto al vecchio flusso di lavoro basato sulla stampa.

Si prendano in considerazione le edizioni digitali (e non le edizioni digitalizzate): uno dei criteri fondamentali che le contraddistingue è l’interattività da parte dell’utente. In aggiunta all’interattività, si possono ricordare le caratteristiche fondamentali di una edizione digitale (vedi Sezione 1.3) derivate dalle potenzialità tecniche del mezzo digitale:58

○ la possibilità di gestire quantità di dati che non potrebbe essere inclusa in un’edizione tradizionale cartacea;

○ la produzione di collegamenti tra dati anche di natura diversa (ad esempio l’area di un’immagine e la trascrizione del testo che contiene) in maniera precisa e pressoché istantanea;

○ la “multimedialità” e “ipermedialità” dell’edizione stessa, ovvero la possibilità di integrare all’interno dell’edizione oggetti di tipo diverso dal testo (ad esempio immagini, ma anche riproduzioni audio, video, modelli 3D etc.);

○ l’interoperabilità fra i dati dell’edizione e altri dati disponibili in formato digitale (ad esempio prelevando in maniera diretta testo o immagini disponibili su server Web diversi da quello che ospita l’edizione, o permettendo la ricerca tra edizioni diverse aggregate per mezzo di un layer comune di metadati);

○ la possibilità di elaborare i dati dell’edizione in modo da produrre risultati relativi ai dati che contiene (ricerca testuale, produzione di concordanze, filtri di visualizzazione delle immagini, etc.) o nuove visualizzazioni dei dati stessi (uso del GIS per visualizzare la

58 Per un approfondimento sulle caratteristiche fondamentali di un’edizione digitale si rimanda a Rosselli Del Turco 2016.

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distribuzione di determinati dati su una mappa, produzione di diagrammi relativi alle caratteristiche del testo, etc.);

○ la possibilità di verificare le ipotesi proposte dal curatore, e nel caso di avanzarne di nuove/alternative sulla base degli stessi dati.

Le caratteristiche descritte apportano un miglioramento a livello teorico e metodologico, per questo possono essere considerate un valore aggiunto delle edizioni digitali rispetto alle tradizionali edizioni cartacee.

La disponibilità di spazio offerta dall’edizione digitale, insieme alla possibilità di collegamento tra dati, sono prerequisiti che consentono agli utenti di verificare le scelte effettuate dall’editore in modo più semplice ed economico rispetto alla forma cartacea. Quindi il supporto digitale va nella direzione indicata da filologi tradizionalisti come l’italianista Domenico De Robertis, secondo cui un’edizione può essere definita critica in senso stretto solo se offre: “[i] materiali necessari e sufficienti per un’altra edizione critica della stessa opera condotta secondo differenti criteri di utilizzazione dei medesimi testi.”59 Anche l’apparato critico non è più necessariamente

limitato da considerazioni di spazio, ma può essere fornito sempre nella sua completezza e reso anche adattabile dinamicamente in base alle esigenze dell’utente, riuscendo a trasformarsi da semplice contenitore di varianti a luogo in cui le scelte editoriali vengono valutate e giudicate.60 Alfredo Stussi

ha così sintetizzato tale aspetto vantaggioso:

Una volta risolti i problemi di critica testuale relativi sia al contenuto che alla forma, qualunque sia il numero dei testimoni, il modo di presentare i dati ai possibili utenti dell’edizione critica è di grande rilevanza. Quest’ultima è, infatti, un’ipotesi di lavoro; pertanto il lettore dovrebbe essere messo in grado di verificarla in ogni singolo punto, e magari di non essere d’accordo con le scelte editoriali.61

59 De Robertis 1984, pp. 383-404.

60 Buzzoni e Rosselli Del Turco 2016, p. 271. 61 Stussi 2006, pp. 20-21.

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Non solo a livello teorico, ma anche a livello metodologico si possono mettere in luce i cambiamenti vantaggiosi generati dal digitale: l’edizione digitale non essendo legata ad uno specifico approccio filologico consente di scegliere liberamente quella che si ritiene più appropriata al tipo di edizione, come pure di confrontare più metodologie e valutare le differenze tra un approccio e l’altro.

L’ambiente digitale consente di pubblicare un’edizione su livelli differenti (diplomatica, interpretativa, critica), con apposite funzionalità e modalità di visualizzazione. Nella stessa ottica, un’edizione digitale può rivolgersi a studiosi, ma anche a un pubblico più ampio. L’edizione digitale consente all’utente di visualizzare il testo nella sua forma originale o in una forma modernizzata con o senza correzioni di errori, con o senza apparato di varianti, proporre la traduzione dei testi latini in italiano ecc.62 Infine, se

si hanno le risorse per creare un sito di supporto che permetta lo scambio di opinioni (v. ad esempio il sito del Codice Pelavicino Digitale), l’edizione digitale offre agli utenti la possibilità di partecipare attivamente alle discussioni e correzioni di passaggi non chiari o non del tutto corretti. Si promuovono un discussioni aperte, dirette e immediate tra editore critico e utenti.

Diversi studiosi63 sembrano non fidarsi molto delle edizioni digitali, in

diversi contributi hanno presentato le loro motivazioni, alcune delle quali saranno esaminate qui di seguito. In primo luogo, vari problemi tecnologici legati alla creazione di sofisticate edizioni elettroniche non sono ancora stati risolti. Su questa linea di pensiero si colloca Millet:

The problems with technology are partly caused by the rapid and continuing progress of technological change; but they are exacerbated by the tendency of large electronic projects of this kind to use complex custom-built software, which makes them particularly difficult to update.64

62 Un esempio di edizione che si propone a un ampio spettro di utilizzazione, riportando in parallelo i testi in latino e italiano, è l’Edizione digitale di Matilde di Canossa: http://www.labcd.unipi.it/matildedicanossa/.

63 Robinson, Deegan e Sutherland, McGann, Millett per citarne alcuni. 64 Millett 2013, p. 46.

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In secondo luogo, meno persone del previsto, specialisti compresi, sembrano utilizzare il mezzo digitale, nonostante l’impegno scientifico di qualità e il grande sforzo. Inoltre, la sostenibilità a lungo termine delle edizioni digitali ha sollevato sempre più preoccupazioni tra i redattori.65

Una delle ragioni principali di questo scetticismo è il fatto che le edizioni digitali sembrano essere molto meno stabili e durevoli rispetto alle edizioni stampate. La tecnologia si sta evolvendo a ritmo incalzante, così come il gusto e le aspettative degli utenti e questo è in contrasto con la visione di lunga durata che la comunità scientifica ha delle edizioni accademiche.

Deegan e Sutherland66 intraprendono un’analisi molto approfondita e

profondamente critica delle edizioni digitali, demistificando l’ottimismo sul nuovo mezzo e mettendo in guardia sulle difficoltà del passaggio al digitale. Sostengono che: “we are in a transitional stage as far as electronic technology is concerned. In consequence, both print and electronic editorial method are in flux”.67

McGann, parlando del suo progetto (Archivio Rossetti)68: “to preserve

what I have come to see as the permanent core of its scholarly materials, I shall have to print it out.”.69

Nel tentativo di valutare criticamente il mezzo digitale, Deegan e Sutherland rivalutano il “limite della stampa” (cioè la limitazione di spazio e di informazione che si può offrire all’interno di una singola pubblicazione) e sostengono che si tratta di una virtù piuttosto che di un difetto. Uno dei motivi che riportano i due studiosi è che le edizioni digitali offrirebbero troppe informazioni non selezionate, non ordinate e schiaccianti.70 Si

65 Buzzoni e Rosselli Del Turco 2016, p.272. 66 Deegan e Sutherland 2009, pp. 59-88. 67 Ibidem, p. 67.

68 Archivio Rossetti: http://www.rossettiarchive.org/. 69 McGann 2010, p. 8.

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rifiutano qui di considerare positivamente uno dei maggiori vantaggi della pubblicazione digitale: la disponibilità quasi illimitata di spazio, poiché, a loro avviso, questa apertura rischia di fornire un’aggregazione anarchica di materiale di qualità indeterminata, piuttosto che nuove opportunità di studio.

Infine, un problema non trascurabile è rappresentato dalla grande quantità di lavoro richiesta dal punto di vista tecnico per la creazione o la semplice consultazione di un’edizione digitale. La creazione di un’edizione digitale completa è spesso molto costosa perchè necessita di competenze multidisciplinari: è necessario trascrivere un manoscritto in tutti i suoi dettagli (filologia e codifica dei testi) e sviluppare un software per l’elaborazione dei testi o la modifica delle immagini (informatica). Il lavoro editoriale si trasforma da lavoro del singolo studioso a lavoro collaborativo, frutto di un team di studiosi appartenenti a settori multidisciplinari.

Nonostante questi inconvenienti, non possiamo negare che i vantaggi di un’edizione digitale scientificamente affidabile sia per il lavoro scientifico che per l’insegnamento sono troppo grandi per essere messi da parte.71

1.7 Il futuro delle edizioni digitali

La filologia digitale è una disciplina legata alla tradizione, ma grazie alla diffusione dei suoi prodotti attraverso il Web sta rinnovando profondamente la sua euristica. L’attività di ricerca legata a questo campo rincorre lo sviluppo delle nuove tecnologie in continua evoluzione e per questo appare piuttosto caotica.

Nella loro analisi critica Deegan e Sutherland sono tutt’altro che ottimisti sulla possibilità di prevedere il futuro delle edizioni scientifiche digitali (vedi Sezione 1.6), sostenendo che sia la stampa che il metodo editoriale elettronico sono in continuo divenire:

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in the future we will also see an intensive merging of different media - print, audio, visual, movie clips - within the digital space, and as a consequence a blurring of editing into other kinds of remarking or adaptation as we discover further combination for text objects and text processes.72

Il prossimo paragrafo si propone di descrivere le tendenze emergenti che sembrano suggerire alcune linee di sviluppo: quali sono i metodi più recenti adottati per la creazione di edizioni scientifiche digitali flessibili, modulari, distribuite, interconnesse? Quali sono le loro conseguenze metodologiche? E quali sono i problemi nella loro fase di progettazione e implementazione?

La pubblicazione di edizioni sul Web rende la diffusione di contenuti accademici molto più facile e meno costosa, ma aspetti ancor più rilevanti sono la possibilità di accedere ad altre risorse e contare su risorse e servizi esterni per specifiche funzionalità. I vantaggi dell’interconnessione e condivisione delle risorse sono in particolare: la possibilità di sfruttare le tecnologie del Web semantico e dei Linked Open Data per arricchire i contenuti dell’edizione; il collegamento di testi/immagini, che punta a raccolte digitali di immagini di manoscritti mantenute da repository esterni (IIIF framework); la modellazione delle relazioni intertestuali attraverso servizi di testo standard (protocolli CTS e DTS). Dal punto di vista quantitativo, tali caratteristiche consentono di modificare la propria edizione in caso di necessità e di integrare tutti i contenuti desiderati. Dal punto di vista qualitativo, invece, l’interconnessione implica importanti conseguenze metodologiche:73

o l’edizione non è più concepita come entità isolata e immutabile; o l’integrazione di materiali esterni in una edizione scientifica

digitale corrisponde al suo arricchimento;

72 Deegan e Sutherland 2009, pp. 78-79.

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