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Un modello di integrazione dinamica e differenziata: Possibilita e limiti nel confronto tra UK e Italia.

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Academic year: 2021

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(1)

UNIVERSITÀ DI PISA

DIPARTIMENTO DI SCIENZE POLITICHE

Corso di Laurea Magistrale in Studi Internazionali

TESI DI LAUREA

Un modello di integrazione dinamica e differenziata:

possibilità e limiti nel confronto tra Regno Unito e Italia

Candidato: Relatore:

Shkelzen HASANAJ Chiar. mo Prof. Gabriele TOMEI

Anno accademico 2011-2012

(2)

INDICE

Introduzione 1

Capitolo I 4

Partire e arrivare: Le ragioni della migrazione 4

1.1 Le migrazioni interne 4

1. 2 Le migrazioni internazionali 5

1. 2. 1 Motivi di lavoro 6

1. 2. 2 Ricongiungimenti familiari 6

1. 2. 3 Migrazioni forzate 6

1. 2. 4 Rifugiati e richiedenti asilo 6

1. 2. 5 Studenti stranieri: crescita e una prospettiva che diventano residenti permanenti. 7

1. 3 Teorie migratorie 9

1. 3. 1 La teoria sull'avvio delle migrazioni internazionali 9

1. 3. 2 La nuova economia delle migrazioni 10

1. 3. 3 La teoria duale del lavoro 13

1. 3. 4 La perpetuazione del movimento Internazionale 15

(3)

1. 3. 6 La teoria dei network 18

1. 3. 7 La teoria delle agenzie 20

1. 3. 8 La teoria delle cause cumulative 22

1. 3. 9 Il sistema migratorio 23

1. 3. 10 Trasnazionalismo 24

Capitolo II 27

Le politiche migratorie nei quattro paesi europei 27

2. 1 Storia e sviluppo del fenomeno migratorio in Italia 27

2. 1. 1 Da un paese di emigrazione in un paese di immigrazione: i fattori di spinta 29

2. 1. 2 Motivazioni di ingresso 29

2. 1. 3 Spiegazioni di crescita demografica degli stranieri in Italia 30

2. 1. 4 La prima normativa del ministero del lavoro in materia di migrazione: circolare n. 51 del 1963 31

2.1. 5 La legge Foschi del 1986, prima legge sull'immigrazione 32

2.1. 6 Il primo intervento in materia di immigrazione: La legge Martelli del 1989 35

2. 1. 7 Una legge organica: la n. 40/1998, cd. Turco-Napoletano 40

(4)

2. 1. 9 Il pacchetto sicurezza 94/2009 (legge Maroni) 51

2. 2 Le politiche migratorie in Francia 53

2. 2. 1 Storia dei flussi migratori in Francia 74

2. 2. 2 L'istituzione della prima Sociétè d'immigration nel 1924 55

2. 2. 3 Il crollo della borsa di Wall Street 1929 e i suoi effetti sull'immigrazione 56

2. 2. 4 Il nuovo codice in materia di immigrazione “CESEDA” 1945 57

2. 2. 5 Il primo comitato per la popolazione e la famiglia diretta da G. Mauco1945 57

2. 2. 6 La crisi energetica 1973 e il decreto “ad hoc” contro i flussi migratori1974 59

2. 2. 7 Anni '80: il progetto della destra: la legge Pasqua 60

2. 2. 8 Abrogazione della legge Pasqua e la nuova legge Joxe 1988 62

2. 2. 9 Il governo Balladaur e il ritorno della legge Pasqua 1993 63

2. 2.10 La costituzione “ad hoc” della “Diccilec” 1994 63

2. 2. 11 Il risveglio dei “Sans Papiers”, l'occupazione della chiesa Saint Ambroise (Parigi) e l'occupazione della chiesa Saint Bernard 1996 63

(5)

2. 2. 13 Il progetto di legge di Jean- Pierre Chevénement del 1997 67

2. 2. 14 La legge del 2006 e la riforma in materia di immigrazione 68

2. 2. 15 I limiti delo modello francese: Sarkozy e la politica delle espulsioni dei Rom, agosto 2010 71

2. 2. 16 Un esempio di politiche di inclusione e integrazione dei Rom in Spagna. 72

2. 3 Le politiche migratorie in Germania 75

2. 3. 1 Ingressi facili per la ricostruzione post-bellica, 1955-1973 75

2. 3. 2 Una delle prime leggi restrittive “Espulsioni facili”, 1965 76

2. 3. 3 La crisi energetica del 1973 e la chiusura delle frontiere per i cittadini stranieri 78

2. 3. 4 La legge “I premi di ritorno” del 1983 79

2. 3. 5 La nuova legge integrazione degli stranieri 1990 80

2. 3. 6 Verso una nuova politica delle immigrazioni: la riforma del 1999-2000 81

2. 4 Le politiche migratorie nel Regno Unito 83

2. 4. 1 Età coloniale 83

(6)

2. 4. 3 British Nationality Act 1948 84

2. 4. 4 I fatti di Notting Hill 85

2. 4. 5 Il Commonwealth Immigrants Act 88

2. 4. 6 Il Commonwealth Immigration Act 89

2. 4. 7 L'Immigration Act 92

2. 4. 8 Il Race Relations Act del 1976 92

2. 4. 9 British Nationality Act del 1981 93

2. 4.10 British National (Overseas) 1986-97 95

2. 4.11 L'Immigration and Asylum Act del 2002 95

2. 4.12 Citizenship and Immigration Act del 2009 95

2. 4.13 Naturalizzazione dei cittadini stranieri richiedenti la cittadinanza britannica 96

2. 4. 14 Le novità in materia di diritti alla cittadinanza dopo gli atti terroristici del 2005 97

Capitolo III

99

3. 1 La sfida dell'integrazione 99

3. 2 I modelli di integrazione in Europa 101

3. 2. 1 Il modello di integrazione tedesco 101

(7)

3. 2. 3 Il modello di integrazione britannico 104

3. 3 Il non-modello di integrazione italiano 106

3. 3. 1 I limiti del non-modello italiano 110

Capitolo IV

114

4.1 Oggetto della ricerca 114

4.2 Alla ricerca di una integrazione dinamica e differenziata 118

4.3 Spunti per il modello 123

4.4 Dinamicità e differenziazione nell'approccio multiculturalista britannico 125

4.5 Dinamicità e differenziazione nell caso Italiano: opportunità per una sfida 127

Capitolo V 130

5.1 Dall'esperimento logico alla verifica empirica 130

5.2 Il disegno della ricerca 132

5.2.1 Arrivo 136

5.2.2 Integrazione sociale ed istituzionale 140

5.2.3 L'incontro tra le culture 142

5.2.4 Critiche del modello italiano e proposte di nuovi modelli 145

(8)

APPENDICI 149 Appendice 1 149 Interviste semistrutturate 149 Intervista 17/7/2012 153 Intervista del 22/7/2012 156 Intervista di gruppo 28/7/2012 157

Intervista del 1 giugno 2012 (Bengalese, maschio, 25 anni) 158

Intervista del 20 giugno (Bangalese, maschio, 38 anni) 159

Intervista del 7 luglio 2012 (Bengalese, maschio 22 anni) 160

Intervista del 10 luglio 161

Intervista del 14 luglio 162

Intervista del 20 luglio (Pakistano, maschio, 26 anni) 163

Intervista del 21 luglio (Bangalese, Femmina, 60 anni) 163

Intervista del 2 agosto(Bangalese, maschio, 36 anni) 163

Indagini di gruppo: nel mese di luglio-agosto 2012 164

Apendice 2 167

Schema riepilogativo delle interviste svolte 167

BIBLIOGRAFIA 170

(9)

Introduzione

Breve storia delle migrazioni dall'antichità al XX secolo.

Le migrazioni sono un fenomeno antico che nella contemporaneità assumono però dimensioni e caratteristiche, per molti aspetti, del tutto nuove.

Già nell'antichità troviamo le invasioni barbariche dove intere tribù barbare si mettono in trattatina con le autorità romane per passare il fiume Reno e chiedendo asilo di stanziarsi

pacificamente nei territori della Gallia1.

Anche in epoca medievale c'erano flussi migratori, soprattutto con la distruzione dell'impero bizantino, le invasioni turche nei Balcani (e non solo) hanno accelerato i flussi

migratori verso l'Europa meridionale2.

Un altro periodo storico importante che contribui alla crescita delle migrazioni furono le conquiste geografiche e le colonizzazioni tra i secoli XV e XIX, quando intere popolazioni

indigene dell'Africa furono convertite in schiavi ed esportati in Europa3.

Con l'inizio del XIX secolo si presenta un nuovo processo dei flussi migratori, dove grazie allo sviluppo delle tecnologie di navigazione che contribui alla riduzione delle distanze tra zone diverse del mondo si aumentano le possibilità di spostamento di migliaia di persone. Un esempio sono i 50 milioni di Europei che tra il 1800 e 1935 si trasferiscono negli Stati

Uniti d'America in cerca di migliori condizioni sociali ed economiche4.

Nel XX secolo abbiamo un'Europa al picco dell'emigrazione per essere poi fermata con lo scoppio della prima e della seconda guerra mondiale.

1 BARBERO A., Barbari, Roma-Bari, 2007

2 Le migrazioni degli Arbershe, http://www.arbitalia.it/storia/migrazioni.htm

3 AMBROSINI M, Sociologia delle migrazioni, pg 15, Bologna, 2005 4 LIVI BACCI M, In Cammino, breve storia delle migrazioni, Bologna 2010

(10)

Con la fine della prima guerra mondiale el'emigrazione non sarà più cosi facile e libera come prima; le migrazioni saranno considerate non volute e saranno oggetto di normative restrittive per limitare i flussi migratori sopratutto verso il Paese che più di tutti aveva ospitato flussi migratori: Gli Stati Uniti d'America.

Dopo il secondo conflitto mondiale il continente europeo conoscerà due fasi importanti delle migrazioni: a) la fase di ricostruzione post-bellica, quando milioni di cittadini dei Paesi mediterranei si trasferiscono in Germania, Francia e Regno Unito in cerca di lavoro;

b) la fase dell'immigrazione per la prima volta il continente europeo da area d'emigrazione

divenne area di immigrazione esterna proveniente nella maggior parte dei casi fuori dal continente europeo.

Questa tesi si concentra sugli sviluppi dei processi migratori avvenuti negli ultimi decenni in Europa.

Riassunto del lavoro della tesi

Negli ultimi decenni l'immigrazione in Europa è divenuta materia di primaria e strategica importanza per la definizione sia delle politiche interne che delle relazioni esterne dell'Unione.

Il progressivo insediamento di consistenti gruppi nazionali ed etnici pone ai paesi membri importanti sfide economiche, sociali e culturali, alle quali le politiche messe in atto hanno dato fino ad ora solo parziale risposta. Concetti-guida come integrazione, assimilazione e rispetto della diversità faticano ancora oggi a trovare una adeguata ed equilibrata attuazione pratica nelle politiche di accoglienza realizzate dagli stati europei.

Il lavoro di tesi intende ricostruire lo stato dell'arte relativo ai modelli di integrazione fino ad oggi seguiti dai paesi europei di più antica esperienza migratoria (Francia, Inghilterra e

(11)

Germania) e, attraverso il loro confronto, mette a fuoco le peculiarità che hanno fatto del modello multiculturalista britannico quello teoricamente più adatto a promuovere l'inclusione sociale degli stranieri residenti, come singoli e come comunità. A partire da questa ricognizione, la tesi procederà successivamente ad un confronto tra questi modelli e l'esperienza italiana, che definiremo un non-modello per la mancanza di linee di orientamento strategico-culturale.

Di fronte alle sfide poste ai paesi europei non solo dall'aumento qualitativo, ma soprattutto dalla dinamicità e dall'eterogeneità dei nuovi flussi migratori, l'ultima parte della tesi discute della necessità di superare anche il modello pluralistico britannico e di sviluppare un modello di integrazione dinamico e differenziale, in grado, cioè, di adottare strategie di integrazione diverse in funzione dell'anzianità migratorie, e al tempo stesso di riconoscere e garantire le diversità culturali e religiose.

La riflessione teorica su questo modello viene approfondita, nella parte conclusiva del lavoro di ricerca, mediante una verifica di applicabilità di questo nuovo modello al caso italiano. In questa analisi di fattibilità, la riflessione è sorretta da una indagine di terreno sui punti di forza e di debolezza dell'esperienza di insediamento a Pisa delle comunità Bengalesi e Pakistane, realizzata dal candidato mediante numerose interviste a membri ed ai leader delle due comunità. Le interviste hanno infatti consentito a precisare da un lato le sfide aperte nel nostro paese dai nuovi ed eterogenei flussi migratori che lo attraversano e, dall'altro, le richieste di riconoscimento e di integrazione (appunto dinamiche e differenziali) che provengono al modello italiano dalle nuove comunità che si sono insediate.

(12)

CAPITOLO I

Partire e arrivare: le ragioni delle migrazioni.

Nel linguaggio comune emigrare significa abbandonare il proprio Paese di origine, trasferirsi fuori dai confini nazionali in un altro Paese o regione.

Molti sono quelli studiosi che si sono occupato nel capire quali sono le cause motivazionali

che spingono gli essere umani di emigrare5

Prima di cominciare di rielaborare le teorie migratorie le quali spiegano le cause motivazionali delle migrazioni, mi permetterei di citare alcuni aspetti importanti riguardo la differenza tra migrazioni interne e migrazioni internazionali che illustri studiosi delle migrazioni hanno fatto.

1. 1 Le migrazioni interne.

Le migrazioni interne derivano da movimenti di popolazione interna, spostamenti da una

regione all'altra dello stesso Paese6.

Tali spostamenti sono trasferimenti di residenza territoriale in una altra provincia o regione dello stesso Paese. Questi movimenti sono principalmente causa di due fattori principali;

a) gli squilibri economici fra regioni e province dello stesso stato.

Un esempio che posso prendere come analisi sono gli spostamenti interni in Italia dal Sud verso il Centro Nord è Nord negli anni del boom industriale.

Arrivando ad identificare le regioni del Sud e quelle del Nord come due sottosistemi dentro un sistema, un esempio è la distinzione tra un sistema occupazionale nel Nord Italia è quello di un sistema disoccupazionale nel Sud Italia..

5 CASTLES S, Le migrazioni internazionali agli inizi del ventunesimo secolo tendenze e questioni globali,

pag. 47, in AMBROSINI M., ABBATECOLA E (a cura di) Migrazioni e società, Milano, 2009

(13)

b) gli spostamenti interni di popolazioni per motivi di alluvioni e carestia dentro lo stesso Stato.

Un esempio sono i spostamenti da una regione al altra della popolazione bangladese. Il territorio geografico del Bangladesh è instabile e sempre a rischio di inondazioni stagionali. Questi fenomeni creano la perdita dei raccolti, delle case, del bestiame e come abbiamo visto di recente anche vite umane.

Gli spostamenti frequenti delle popolazioni che vivono nelle zone rurali (migrazioni interne) da una regione o provincia al altra sono causate da questi fenomeni, i quali disperatamente cercano un rifugio in altre zone per la loro sopravvivenza.

Figura 1.1 Immagini dell'emergenza alluvioni in Bangladesh nel periodo 2008-2011. Foto di Rafiqur

Rahman, Reuters www.alertnet.org

1. 2 Le migrazioni internazionali.

Le immigrazioni internazionali si presentano sopratutto in queste circostanze:

1. 2. 1 motivi di lavoro: coloro che si trasferiscono in un altro Paese per motivi di lavoro,

per esercitare un mestiere in proprio o alle dipendenze altrui. I lavoratori di oggi non necessariamente sono solo maschi, abbiamo anche le donne che svolgono servizi di assistenza presso gli anziani, famiglie, (badanti in Italia), lavoratrici nelle fabbriche ecc.

(14)

un emigrante lavoratore già insediato come residente nel territorio del paese ospite "ricongiungimento familiare" questi ricongiungimenti hanno presso forma molto più forte dopo la crisi petrolifera del 1973 e con la fine di reclutamento dei immigrati in Europa. Coloro che si trasferiscono all'estero per stabilirvi la residenza ovvero a seguito di una chiamata da "non familiari" e per motivi diversi dal lavoro.

1. 2. 3 Migrazioni forzate: Questa categoria è diventata importante sopratutto durante il

secondo conflitto mondiale ma anche negli ultimi decenni a causa dei conflitti regionali come i conflitti nei Balcani (Bosnia 1992, Kosovo 1998) in paesi come Afghanistan 2002- 12, Irak, Libia 2011, Tunisia 201, Nigeria 2011-012, Siria 2012). Secondo i dati del rapporto statistico annuale dell'UHCR, (Global Reguee Trends) nel 2010 si parla di 43.7 milioni di persone in fuga da guerre, violazioni dei diritti umani e persecuzioni, il numero

più alto registrato dal 20017

1. 2. 4 Rifugiati e richiedenti asilo:

La convenzione di Ginevra sui diritti del uomo del 1951, all'art. 1A dice che è

- rifugiato; colui che è costretto a lasciare il proprio Paese a causa di guerra o perché

vittima di persecuzione per motivi di razza, religione, nazionalità, per le sue opinioni politiche, o a causa di conflitti armati o di massicce violazioni dei diritti Umani.

- richiedente asilo; è colui che è fuori dal proprio paese e inoltra, in un altro stato, una

domanda di asilo per il riconoscimento dello status di rifugiato.

Nel 2011 nei Paesi europei c'è stato un aumento del numero di richiedenti asilo anche per causa delle rivoluzioni che si sono presentati soprattutto in Nord Africa, come la primavera araba la quale ha toccato molti paesi (Tunisia 2011, Egitto2011, Libia2011, Siria 2012).

7 Dossier Statistico immigrazione 2011, UNHCR, richiedenti asilo e rifugiati nel mondo e in Italia 2010. Al prolungarsi dei conflitti internazionali corrisponde il portarsi della condizione di rifugiato per milioni di persone in tutto il mondo.

(15)

Possiamo aggiungere alle categorie sopra elencate anche coloro che si trasferiscono per motivi di studio,

1. 2. 5 I studenti stranieri: crescita e una prospettiva che diventano residenti permanenti.

Questa categoria è composta da "potenziali lavoratori altamente qualificati" che negli ultimi anni stanno crescendo in tutti i Paesi europei, per dare una spiegazione utile possiamo fare riferimento al International Migration Outlook gli studenti internazionali

nell'area Osce8, tra il 2000 e il 2007, sono raddoppiati, raggiungendo nel 2009 la cifra di 3,7 milioni di persone che scelgono di studiare soprattutto negli Stati Uniti è nei paesi Europei, come Regno Unito, Germania, Francia.

Secondo il rapporto "Sopemi 2010"9c'è stata una crescita anche in altri paesi come in Nuova Zelanda, Italia, Paesi Bassi, Spagna, Irlanda.

Secondo il rapporto del OSCE sull'immigrazione del 2010, è aumentata la percentuale degli studenti stranieri che dopo aver conseguito un titolo ti studio al estero hanno presentato domanda di cambiare il loro status, da permesso di soggiorno per motivi di studio in quello per motivi di lavoro.

Il numero dei permessi di soggiorno per motivo di studio rilasciati dall’Unione europea a 27 stati, per l’anno 2009 è pari a 21,8%, invece l'Italia si ferma al 6% dimostrando di essere negli ultimi posti della classifica per il rilascio dei permessi di soggiorno per motivi di studio molto in ritardo riguardo agli altri paesi Europei.

Secondo i dati Euro-Stat, Italia e Regno Unito sono i primi Paesi nella concessione dei

permessi di soggiorno complessivamente. Come ci dimostra il 21 ° rapporto Caritas10, questa contraddizione è dovuta che tra tutti i Paesi membri dell'UE, il nostro Paese è quello che ha rilasciato il numero più alto di permessi per lavoro.

8 Organization for security and co-operation in Europe http://www.osce.org/

9 SOPEMI, International Migration Outlook, 2010

(16)

I fenomeni migratori come abbiamo visto si svolgono soprattutto tra due o più Stati diversi fra loro, dove individui, intere famiglie e comunità si spostano attraversando i confini territoriali dei loro paesi di origine.

La sociologia si è occupata di recente dello studio del fenomeno migratorio. L'immigrazione da una cosa periferica ha avuto un ruolo centrale nel campo della ricerca. Da qualche anno la stessa “International Sociological Association” ha istituito una specifica sezione sul tema.

I sociologi delle migrazioni si sono occupati con le loro ricerche nel capire quali sono le cause che creano questi spostamenti di persone. Non sono pochi quei sociologi che pensano che i motivi principali che si attivano le migrazioni sono: la mancanza di un lavoro, povertà. Un altro motivo importante che ci siano flussi migratori da un Paese povero è anche la crescita demografica. Una popolazione che supera i limiti delle sue risorse naturali e di produzione, il governo avrà di certo delle difficoltà di garantire e sostenere con politiche di occupazione, assistenziali, sociali. Abbiamo degli Paesi come la Nigeria, Senegal, Bangladesh, Pakistan, Cina, che la crescita demografica negli ultimi anni ha raggiunto quote elevatissime.

Altri motivi sono, ad esempio, problemi climatici, disastri ambientali, carestie (come in Bangladesh) guerre, persecuzioni (ideologiche, razziali, religiose) dai regimi militari, colpi di Stato, tutti questi esempio sono sufficienti di farci capire quanto annunciato al inizio di questo paragrafo della universalità del fenomeno e della universalità dei fattori che spingono nel migrare cercando di arrivare nel nostro continente europeo.

1. 3 Teorie migratorie.

Sono state proposte una varietà di modelli teorici che cercano di dare una spiegazione ai fenomeni migratori. Dobbiamo a D. Massy ed ai suoi colleghi la ricostruzione sistematica

(17)

dell'insieme delle teorie che, anche se concettualmente diverse tra di loro, cercano di spiegare perché alcune persone scelgono di emigrare è alcuni no, quali sono i motivi che determinate persone scelgono un paese invece di un altro.

Partirò con quello che hanno sostenuto in molti, ovvero che gli spostamenti delle persone da un Paese al altro non avvengano casualmente, ma ce sempre una causa-effetto che gli anticipa, sono i legami storici, coloniali nella maggior parte dei casi che determinano la scelta del Paese.

1. 3. 1 La teoria sull'avvio delle migrazioni internazionali:

Probabilmente la teoria neoclassica (Ravenstein, 1880) è una delle teorie più antiche conosciuta nello studio delle migrazioni internazionali. Essa spiega che la causa principale che si presenta una emigrazione internazionale è causata dalla valutazione soggettiva del rapporto tra costi e benefici.

Sono le differenze nelle domanda e nella offerta i responsabili veri delle differenze salariali è negli tassi occupazionali.

I lavoratori che vivono nei paesi dove la domanda supera l'offerta saranno predisposti a trasferirsi verso altri Paesi dove c'è una domanda inferiore all'offerta. Questi spostamenti avvengono sopratutto nei Paesi che presentano anche un alto tasso di ricchezza è distribuzione della ricchezza.

In questa situazione si crea un mercato globale dove gli individui scelgono in base ai loro calcoli la migliore offerta, se stare nei loro Paesi o cercare di andare dove l'offerta è

migliore.11

Molti economisti sostengono che l'offerta di lavoro per gli immigrati non è omogenea, più un individuo è dotato di competenze professionali tanto sarà facile per lui trovare un impiego con un salario più elevato che nel Paese di origine.

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La teoria neoclassica bassa la sua interpretazione su cause microeconomiche, secondo questa teoria i singoli attori scelgono razionalmente di emigrare e senza essere condizionato dal resto della società.

Le decisioni dei singoli individui producono nello stesso momento un aumento degli tassi occupazionali e retributivi.

Più elevati sono le differenze tra domanda e l'offerta tra Paesi, tanto maggiore sarà la domanda di emigrazione.

Secondo questa teoria le migrazioni sono un fenomeno che si potrà esaurire spontaneamente nel momento che un individuo non riterrà più conveniente spostarsi.

Un ruolo importante nel decidere di emigrare hanno le differenze economiche tra Paesi, ma non dobbiamo dimenticare che sono anche altri motivi che spingono a scegliere di emigrare, come esempio i legami con tale paese, un esempio sono i cittadini del Bangladesh che decidono di trasferirsi nel Regno Unito, la loro decisione dipende a anche da altri fattori, come esempio i legami con tale paese, storia coloniale, parenti, lingua conosciuta, ecc.

1. 3. 2 La nuova economia delle migrazioni.

Negli ultimi anni, la nuova teoria economica delle migrazioni da lavoro è sorta a sfidare molte delle ipotesi e delle conclusioni della teoria neoclassica. Un elemento chiave di questa teoria è che non si concentra solo su quello che succede in un solo mercato di lavoro, ma si allarga anche verso altri mercati che influenzano la domanda è l'offerta del lavoro. La nuova teoria economica spiega che in molti casi nei Paesi poveri e in quelli in via di sviluppo questi mercati non esistono o sono inaccessibili per la maggioranza della popolazione, un esempio è quelli di credito. In questa teoria la decisione di emigrare dell'individuo si sposta alla famiglia che ha un ruolo molto importante anche se alla fine è

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solo un individuo di emigrare.

Un elemento chiave di questo nuovo approccio è che le decisioni di emigrare non vengono da singoli individui, ma da unità di persone legate, in genere famiglie o nuclei familiari in cui le persone agiscono collettivamente, non solo per massimizzare il reddito previsto, ma anche per minimizzare i rischi e per impedire una serie di fallimenti del mercato, oltre a quelli sul mercato del lavoro.

Possiamo dire che nei paesi in via di sviluppo dai quali provengono gli immigrati non esistono meccanismi per la gestione del rischio, nella maggior parte dei casi sono assenti i programmi di sostegno e di Welfare che gli potrebbero garantire alle famiglie una vita più serena riguardo ai problemi economico-sociale.

In molti di questi paesi per garantirsi dai rischi, le famiglie spingono i giovani a migrare per farsi carico per il mantenimento dei genitori, anziani, fratelli minori.

Questo succede infatti in quasi tutti i paesi poveri (Albania, Marocco, Tunisia, Bangladesh) dove mancano i meccanismi istituzionali, i sostegni sociali e assistenziali, le famiglie mandano i figli al estero per garantirsi non solo i mezzi di sussistenza ma anche per migliorare il loro status sociale nella comunità.

Invece, nei paesi sviluppati questi rischi sono minori o assenti per una famiglia, perché esistono mercati assicurativi privati o statali di welfare.

Nei paesi ricchi anche i mercati finanziari sono sviluppati è accessibili per tutti, permettendo alle famiglie di finanziare nuovi progetti per lo sviluppo economico delle attività locale.

Le famiglie per affrontare i rischi dei fallimenti che si possono presentare nelle fasi iniziali dei loro investimenti per la trasformazione e modernizzazione per le loro fattorie, imprese, decidono di inviare uno o più membri della famiglia all'estero come una sicurezza in caso di fallimento.

(20)

Questa è una strategia usata dalla famiglia mandando uno o più membri all'estero anche se

lontani ma svolgendo sempre lavori per la famiglia.12

E de per questo motivo che ad alcuni membri della famiglia gli vengono assegnati compiti di lavoro nell'ambito dell'economia locale (fattoria, impresa ecc), mentre altri vengono inviati in città e altri inviati a lavorare al estero per garantire un equilibro con le rimesse dai migranti se in caso le condizioni occupazionali in ambito locale peggiorano.

Possiamo dire che questa divisione dei compiti e la decisione di emigrare non vengono concepite come una rottura con il paese di origine ma una scelta razionale e strategica per non rischiare di trovarsi senza mezzi di sostenimento.

Nella nuova economia delle migrazioni l'attore razionale non è quello concepito nella economica neoclassica la quale vedeva i trasferimenti internazionali degli attori nei disequilibri nei mercati di lavoro di vari Paesi ma è un attore che cerca di affrontare il fallimento dei mercati finanziari e delle politiche di welfare nel paese di origine scegliendo di emigrare temporaneamente per garantire i mezzi per lo sviluppo economico o auto-assicurarsi in casi di perdite o disastri naturali.

Ricapitolando: nella economia classica la causa che spinge l'individuo di emigrare è il suo desiderio di aumentare la sua ricchezza in termini assoluti. Nella nuova economia delle migrazioni è la situazione disastrosa che una intera famiglia trovandosi in difficoltà decide di inviare uno o più persone al estero per migliorare la propria situazione economica, possiamo capire che in senso stretto è il desiderio di regolare la situazione di prestigio nella comunità di sentirsi pari o uguali agli altri.

Come detto all'inizio, la nuova economia delle emigrazioni mette l'accento sui rapporti protettivi contro i rischi, che stimolano l'emigrazione come una garanzia contro i rischi. Chi decide di emigrare non lo fa perché è privo di un lavoro ma è una strategia familiare di

(21)

distribuzione del rischio.

1. 3. 3 La teoria duale del lavoro.

Malgrado gli sforzi delle due teorie presentate in precedenza (teoria neoclassica delle migrazioni, e la nuova economia delle migrazioni,) le quali cercano di dare una spiegazione sulle origini dei flussi e le cause delle migrazioni internazionali, entrambe non riescono a dare una spiegazione completa delle cause. Loro mettono l'accento nei fattori di spinta che gli porta a emigrare (Individuo e famiglia).

La nuova teoria del mercato duale di lavoro tenta di dare una spiegazione diversa, mettendo l'accento che le migrazioni internazionali sono causate da una domanda sempre più insistente nei Paesi sviluppati di manodopera straniera, preferibile dai Paesi poveri. Uno dei più grandi sostenitori di questa teoria è stato Piore, secondo lui la causa delle migrazioni non deve essere cercata nei fattori di spinta nei paesi di origine, ma nel bisogno

sempre è più insistente di manodopera a basso costo nei paesi ospiti13.

Lo stesso autore spiega che la manodopera autoctona non preferiscono di svolgere determinati lavori poco qualificati. Questo può avvenire per diversi motivi, come esempio; a) diffusione del benessere economico nelle società sviluppate, con conseguente è domanda per certi lavori è sempre più rara. I lavori poco qualificati sono svolti sempre più dagli immigrati stranieri.

b) i giovani studiano prima di entrare nel mercato di lavoro.

Sempre legata al secondo motivo, possiamo prendere il caso italiano, dove ci sono tantissimi giovani laureati o che seguono gli studi che non lavorano è vengono mantenuti da altri membri della famiglia o da altri enti, come esempio con borse di studio. Questo sicuramente causa mancanza di personale per svolgere determinati lavori.

c) un altro motivo non privo di importanza è che in Italia come in molti paesi europei che

(22)

sono destinazioni per gli migranti, la popolazione autoctona, sta subendo un invecchiamento, ce una diminuzione del numero delle nascite e di conseguenza ce una domanda crescente per i servizi di domicilio.

In molti casi gli stranieri che svolgono tali servizi, come assistenza agli anziani, i quali non presentano difficoltà di adattarsi con il lavoro.

Non dobbiamo dimenticare che molti stranieri immigrati svolgono lavori al di sotto delle loro competenze professionali e del loro bagaglio di studio.

Nella maggior parte dei casi gli immigrati non hanno richieste riguardo ai contratti, o assicurazioni, limitandosi solo a chiedere uno stipendio più alto per un obbiettivo specifico che è quello di migliorare il loro status sociale.

Non privo di importanza è anche la loro richiesta bassa di partecipazione nella vita sociale e politica del paese ospite.

Secondo noi questa indifferenza è dovuta a due motivi principali:

1) è quello legato alle politiche e alle leggi di partecipazione degli immigrati nella vita politica del paese ospite, in molti paesi, come in Italia, agli stranieri residenti da molti anni non gli vengono riconosciuto i diritti politici, del voto, di accesso agli organi decisionali. 2) il secondo motivo è quello che loro non vedono loro stessi come cittadini appartenenti alla società ospite. Hanno scelto di emigrare solo per fare un po' di soldi, qua possiamo discutere come le situazioni cambiano da caso a caso, ci sono immigrati che hanno costruito una famiglia nel paese ospite è che sicuramente intendono rimanere nel paese ospite.

Come abbiamo spiegato in precedenza, gli immigrati svolgono i lavori meno qualificati e meno retribuiti rispetto ai cittadini autoctoni.

Sempre Piore sostiene che secondo la teoria del mercato duale del lavoro si produce una suddivisione del mercato di lavoro in due parti;

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a) Un sistema primario; che corrisponde al lavoro di alta qualifica è alto reddito, con una protezione sindacale ma anche la possibilità di crescere professionalmente verso l'alto. b) Un sistema secondario; che corrisponde al lavoro poco qualificato che viene svolto dagli immigrati , con scarsi diritti assicurativi, sindacali, e retributive.

1. 3. 4 La perpetuazione del movimento internazionale:

Come abbiamo visto finora, le teorie che abbiamo affrontato cercano di dare interpretazioni diverse riguardo alle origini dei flussi di migrazione. Cercando di capire le cause che spingono le persone di migrare; come il desiderio di aumentare il loro guadagno, regolare la loro situazione sociale nella comunità, il reclutamento da parte dei paesi sviluppati bisognosi di manodopera a basso costo retributivo, lo spostamento delle popolazioni indigeni dalle loro località per causa delle modifiche avvenute dalla penetrazione del sistema capitalistico che ha distrutto i rapporti basati sulla economia di sussistenza.

Tutti questi sono motivi importanti nella fase iniziale delle migrazioni ma non sono sufficienti per dare una spiegazione completa delle migrazioni. Infatti le teorie che abbiamo presentato, secondo questa teoria non prendano in considerazione i processi che si sviluppano durante l'immigrazione, la diffusione delle rtti sociali, i movimenti transnazionali nella società ospite e in quella di origine.

1. 3. 5 La teoria del sistema mondo.

Molti studiosi della sociologia delle migrazioni, al contrario delle altre teorie presentate (l'economia neoclassica; la nuova economia delle migrazioni; la teoria del mercato duale del lavoro), pensano che le migrazioni internazionali sono causate dalla divisione del mercato di lavoro a livello internazionale.

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Secondo loro, sono le penetrazioni delle relazioni economiche capitalistiche nelle società periferiche del mondo le quali hanno creato le premesse che molte persone cercano di

trasferirsi verso Paesi sviluppati14.

Le imprese capitalistiche, spinte dal desiderio di profitto, subentrano nelle economie locali dei Paesi poveri del mondo, in cerca di materie prime, nuovi mercati di consumo, ma anche di manodopera a basso costo.

Queste penetrazioni delle imprese multinazionali provenienti dai paesi sviluppati nelle regioni povere del mondo, sono una “nuova colonizzazione” la quale subentra anche nel sistema politico dei paesi poveri, i quali sono più disposti di diventare nuove colonie. I politici che sono stati eletti per migliorare la vita della popolazione, vengono corrotti, con tangenti e in cambio offrono le risorse nazionali che sono un bene comune.

Anche oggi nei Paesi ricchi di risorse naturali, come Nigeria, Congo15 vengono sfruttate le materie prime, da imprese straniere, corrompendo i clan locali in cambio di tangenti, causando un enorme danno al paese sia economico ma sia di spostamenti della popolazione indigena dai propri villaggi a causa di disoccupazione è guerre tra i clan per la gestione delle risorse.

Questa teoria conferma che le migrazioni internazionali non sono altro che una forma

d'ulteriore impoverimento dei paesi dominati16

Sempre secondo la teoria del sistema mondo, sono questi processi capitalistici che hanno modificato i processi produttivi nelle zone povere per il mondo, le campagne sono state le prime a sentire queste modifiche.

Le vecchie forme di organizzazione sociale e economica che erano basate sui principi di

14 MASSEY D, Theories of International Migration, Population Council, New York1993 15 VOLPI A, Mappa mondo post globale ()

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reciprocità e di sussistenza sono state distrutte.

Una nuova forma di sfruttamento della terra ha creato le premise che sia attivata una tendenza di emigrare dalle campagne verso le grandi città ma anche verso Paesi fuori dai confini nazionali.

La nuova industria straniera si bassa sullo sfruttamento della manodopera locale. Gran parte del lavoro richiesto è di sesso femminile, e di conseguenza secondo questa teoria modifica i ruoli dentro le famiglie.

Gli uomini in questa nuova industria hanno possibilità limitate di trovare un impiego, cosa che si vede anche nella percentuale degli uomini che si trasferiscono verso altri luoghi nella speranza di trovare un impiego.

La nuova industria capitalistica ha sviluppato un insieme di tecnologie per l'estrazione delle materie prime. Le imprese straniere insediate nei stati poveri hanno sviluppato una rette di trasporto e comunicazione per poter facilitare la spedizione del materiale finito, prodotti, informazioni, capitali, abbiamo l'esempio degli investimenti in infrastruttura in

Nigeria da parte della Cina17

Il miglioramento delle vie di trasporto e la diminuzione dei costi di viaggio ha provocato anche la circolazione delle persone verso altri paesi.

I sostenitori della teoria del sistema mondo confermano che il movimento internazionale del lavoro segue il movimento internazionale delle merci e capitali, ma nella direzione

opposta18

In conclusione, questa teoria sostiene che:

- le migrazioni internazionali sono causate dalla formazione del mercato capitalistico nei

Paesi in via di sviluppo;

17 VOLPI A, pag 90 -116, Mappamondo postglobale, Milano, 2007.

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- gli insediamenti delle nuove imprese straniere nei Paesi poveri e la costruzione delle vie di trasporto e comunicazione, crea una popolazione molto più sensibile, predisposta a migrare;

- le attuali migrazioni sono causate dalle nuove insediamenti coloniali delle imprese capitalistiche nelle zone povere del mondo.

1. 3. 6. La teoria dei network.

I social network sono costituiti da un insieme di attori sociali che sono in relazioni tra loro. Le reti sono strutture relazionali, le quali costituiscono una forma sociale rilevante che definisce il contesto in cui si muovono gli stesi attori. Possiamo dire che i soggetti sono la

parte più importante della rete19.

Anche i network di migrazione sono insiemi di relazioni interpersonali tra soggetti migranti e non migranti, che possono essere legati da vincoli di parentela, provenienti dalle stesse località, appartenenti alla stessa cultura, condivisione della stessa religione.

Tutti questi legami interpersonali possono influenzare i non migranti di diventare in futuro potenziali migranti.

Questi network aiutano per il mantenimento e lo sviluppo delle relazioni interpersonali che possiamo anche chiamarla capitale sociale.

Il capitale sociale ha un ruolo importante nelle decisioni dei potenziali migranti, permettendoli prima della partenza di avere le informazioni riguardo al Paese dove si vuole arrivare, quale comportamento devono tenere, anche al futuro guadagno, questo grazie ai

network che svolgono il ruolo di mediatore o di primo sostegno.

Un ruolo importante nella crescita delle migrazioni, soprattutto appartenente a una

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determinata comunità hanno proprio i network, i quali sono il primo legame tra gli immigrati è i potenziali migranti. Grazie ai network sono state costruite dei quartieri interi appartenenti a una determinata comunità.

Il riconoscimento reciproco e il sostegno dei immigrati con informazioni prima della partenza e circa l'organizzazione del sistema istituzionale ai nuovi arrivi, fa cadere le motivazioni proposte dalla teoria neoclassica delle migrazioni. La teoria neoclassica come abbiamo spiegato concepisce il movimento migratorio come una decisione proveniente dal singolo individuo per aumentare il suo guadagno.

Secondo i sostenitori di questa teoria, la teoria neoclassica non corrisponde alla realtà dei fatti, perché sono i legami di network che contribuiscono di costruire non solo una idea riguardo al paese ma anche al guadagno e dove sarebbe possibile di trovarsi un impiego nel futuro.

Un potenziale migrante non può sapere a priori le differenze economiche tra un lavoratore con contratto regolare e assicurato è un lavoratore in nero senza nessuna garanzia e assicurazione.

Nelle ricerche compiute per la tessi sulle comunità bengalesi a Pisa, in maggioranza ci hanno risposto che prima del loro arrivo non sapevano niente riguardo all'Italia, ma sono stati i parenti che risiedono in Italia che gli hanno paralto.

In molti sostengono di non sapere una parola di italiano prima del loro arrivo, non conoscendo neanche che forza politica è al governo è quale era il presidente del consiglio. Una delle domande che ho fatto ai intervistati appartenenti alla comunità bengalese a Pisa e stata, come sei arrivato in Italia, in maggioranza dichiarano che sono state le reti di network che hanno spinto loro di decidere e di emigrare in Italia.

Un altro esempio abbastanza importante è quello dei lavoratori ambulanti dei cittadini senegalesi, loro non possono sapere a priori quanto si può guadagnare è se e permesso di

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svolgere un lavoro di genere. Sono i legami di network che possono influenzare o rallentare le decisioni di migrare dei potenziali migrati.

La costruzione delle comunità di appartenenza è il reclutamento dei nuovi arrivi avviene tramite i network.

I ricongiungimenti familiari sono un'altra prova di fare cadere le proposte fatte dalla teoria neoclassica, dove ad emigrare non sono solo le persone che sono in cerca di un lavoro ma anche bambini, genitori, coniugi, cugini, amici e anziani che non sono persone attive di lavoro.

Un altro gruppo di persone che si spostano verso altri paesi sono anche gli studenti, che seguono un percorso formativo, questi gruppi non sono potenziali lavoratori nel breve periodo e non hanno intenzioni primarie di aumentare la loro ricchezza in termini economici.

1. 3. 7 La teoria delle agenzie.

Fino adesso abbiamo parlato dei network informali, che contribuiscono in maniera importante nelle decisioni dei potenziali migranti. C'è un altro gruppo di organizzazioni sia organizzate in forma istituzionale sia in forma illegale che hanno un ruolo nel facilitare l'entrata dei immigrati.

I governi dei Paesi ricchi in molti casi per fare fronte alla necessità di lavoratori stagionali sopratutto nei periodi di raccolta degli agrumi, attivano con normative ad hoc il reclutamento dei lavoratori stranieri, presso le loro rappresentanze diplomatiche.

Un altro gruppo di organizzazione importante sono quelle organizzate in forma illecita, le quali sono gruppi organizzati anche in maniera illecita che illegalmente aiutano i potenziali migranti di entrare nei Paesi sviluppati.

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sia organizzato nella maggior parte dei casi per via mare è noto ormai a tutti il nome dato agli “Scafisti di Valona” che organizzavano il viaggio di milioni di migranti verso l'Italia con i gommoni.

Sempre riferendosi all'entrata illegale dei migranti in Italia, abbiamo l'esempio dei barconi provenienti dalla Libia, Tunisia, Marocco, Senegal ecc, che solo nel 2011 hanno raggiunto quote elevatissime di entrata, questo aumento è stato anche causa degli avvenimenti conosciuti come “primavera araba”.

In questo giro d'affari illeciti ci sono i gruppi organizzati mafiosi, che vedendo i guadagni enormi da questi traffici, si sono forzati a tal punto che in determinati paesi subentrano anche nelle istituzioni governative dei vari Paesi poveri, ricevendo contratti per la costruzione delle opere pubbliche.

Tra le forme illecite che contribuiscono alla entrata dei potenziali migranti nei Paesi sviluppati, ci sono i matrimoni combinati, dietro pagamento di una determinata somma di denaro. Uno dei esempi più idonei è quello della Inghilterra che tramite i matrimoni combinati sta provocando un enorme flusso di migranti è una richiesta sempre maggiore per sussidi di assistenza. Il governo inglese sta pensando realmente di modificare la legge sui matrimoni con cittadini extraeuropei, dove tra l'altro non basta solo sposarsi per avere la residenza permanente, ma devono convivere da non meno di tre anni insieme.

Un altro gruppo di organizzazioni sono le associazioni di volontariato, che svolgono assistenza sociale e sanitaria nei paesi dei potenziali migranti. Il loro ruolo può essere determinante per il trasferimento di vari individui che presentano problemi di salute. In moltissimi casi lo seguono anche gli altri componenti della famiglia come la moglie e i figli, diventando molto difficile in un secondo momento il loro allontanamento dal paese che gli ospita per una varie serie di motivi, come quello che i bambini ormai sono stati iscritti in una scuola del obbligo, approfittando anche dalle norme in vigore di vari

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governi, dove i bambini che seguono un percorso di studio non possono essere allontanati anche se uno o tutte e due genitori è privo di documenti di lungo periodo.

Possiamo concludere che le istituzioni con le loro politiche hanno un ruolo importante nel stimolare l'entrata o l'uscita dei immigrati nel loro paese.

1. 3. 8 La teoria delle cause cumulative.

Questa teoria fu sviluppata da uno dei più noti studiosi delle migrazioni, D.Massy, che insieme ad altri ricercatori mette la sua attenzione sulle trasformazioni causate proprio dalle migrazioni sia nei Paesi di origine sia in quelli di destinazione.

Essi cercano di andare oltre le spiegazioni teoriche delle due teorie appena presentate (la teoria delle reti sociali e quella istituzionalista) mettendo l'accento nelle cause cumulative20. Ogni emigrazione coinvolge tutto il contesto sociale della società sia quella di origine sia quella ospite. Quando gli immigrati mandano soldi a casa o quando fanno degli acquisti nel Paese di origine, sicuramente vengono presi come esempi da altri individui, che vogliono uscire dalla condizione peggiore economica che si trovano. Ci sono moltissimi casi dove i giovani cercano di migliorare la loro situazione economica partendo proprio dagli esempi di altri emigrati,.

Secondo noi, anche le famiglie hanno un ruolo molto importante dal punto di vista psicologico di influenzare i giovani di emigrare, partendo proprio dal paragone con altre persone della stessa località che sono già emigrati.

Sono proprio gli immigrati che influenzano anche i modelli di vita nel paese di origine, sempre di più i giovani che sono potenziali emigrati cercano di assomigliare a loro.

L'emigrazione sicuramente ha effetti negativi anche in risorse umane nel paese di origine. Un numero elevato di persone che sono in immigrazione può causare un esaurimento di

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manodopera locale e difficoltà per lo sviluppo economico del paese.

Un paese che ha una popolazione anziana inattiva e una popolazione giovane attiva fuori dal paese può contare solo sulle rimesse provenienti dal estero, non è detto che queste rimesse non si esauriscano nel momento che si presentano modificazioni dello status sociale degli immigrati (matrimonio, figli, diventare cittadino a pieno titolo del paese ospite) e non solo ma anche disoccupazione o crisi economica come quella di oggi che ha colpito non solo l'Europa ma anche il mondo.

1. 3. 9 Il sistema migratorio.

La teoria del sistema migratorio che stiamo per affrontare mette l'accento su un altro tipo di cause che secondo loro determinano la scelta di un determinato Paese invece di un altro per i potenziali immigrati. Secondo i sostenitori di questa teoria sono i legami storici, culturali, linguistici tra i paesi sviluppati e non sviluppati che influenzano nella decisione di scelta di emigrare. Queste dipendenze sono dei legami che unificano ancora di più la scelta di un paese invece di un altro paese dei potenziali emigrati.

Ad esempio, è molto facile osservare come le migrazioni nel Regno Unito di varie comunità ex colonie inglesi, hanno seguito questi percorsi, le comunità pakistane e bangladesi insediate nel territorio Inglese.

La teoria del sistema mondo mette in evidenzia l'indipendenza tra i Paesi. Sono proprio i legami relazionali che attivano il processo di migrazione, non necessariamente individuali.

1. 3. 10 Transnazionalismo.

Tale concetto indirizza la propria attenzione alle relazioni che i migranti mantengono con i luoghi d'origine e i movimenti pendolari che coinvolgono un numero crescente di migranti e infrangono le frontiere degli stati. Portando a una forma alternativa d'adattamento alla

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società ospite, che non implica una rottura con il Paese di origine, ma al contrario dà la possibilità del mantenimento di costanti legami con essa.

Le teorie che si rifanno a questo approccio transnazionale si sviluppano come reazione all'insoddisfazione verso le teorie sulle migrazioni predominanti fino agli anni 80.

Queste teorie attribuirono un ruolo determinante nel spiegare i flussi migratori ai fattori economici, e anche al fatto che i immigrati tendevano all'assimilazione nella società ospite. Analizzando le migrazioni internazionali partendo proprio da una prospettiva trasnazionale, esse permettono il superamento delle teorie classiche sulle migrazioni e di analizzare le influenze che le comunità dei immigrati hanno sia nel Paese ospite sia in quello di origine. Con questo nuovo approccio teorico la teoria trasnazionale cerca di superare altri concetti teorici che sostenevano l'emigrazione come un processo di rottura tra il Paese con il paese di origine.

Le origini di questo approccio teorico sono attribuite a Nina Glick Schiller che insieme a un gruppo di studiosi hanno analizzato gli effetti socio-culturali dei immigrati sud- americani a New York.

La nuova teoria trasnazionalista fu una innovazione nel ambito dello studio delle migrazioni mettendo in discussione tutti i concetti teorici comunemente impiegati per descrivere il processo d'incorporazione.

Questo gruppo di studiosi mette l'accento sull'importanza dei legami non solo economici con le loro rimesse nel Paese di origine ma anche socio-culturali. Analizzando le comunità sud-americane in New York loro riuscirono a capire che queste comunità non volevano ne essere assimilati ne essere esclusi nella società ospite, ma un intreccio, una convivenza tra due modelli appartenenti a due culture diverse.

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social fields that link together their country of origin and their country os settlement21”. Come possiamo capire loro chiamano trasmigranti coloro che dividono la loro vita nei campi sociali trasnazionali. Sono proprio i trasmigranti che sviluppano e mantengono relazioni di vario tipo; economiche, sociali, religiose, politiche attraverso i confini degli stati nazionali.

Gli attori sociali (i trasmigranti) sono dentro questi network relazionali che collegano il Paese di origine con quello di arrivo, cercando di organizzare la loro vita tra il passato è il presente. Una doppia presenza culturale, linguistica, tra il passato è il presente viene costruito dentro di loro.

Il senso di doppia appartenenza, ogni atteggiamento, ogni decisione della loro vita viene condivisa tra due queste.

Possiamo fare degli esempi:

un cittadino bangladese che vive in Italia ed ha la sua famiglia a Dacca cerca di vivere con una doppia identità, tra il mantenimento dei legami e tradizioni (come esempio il modo di vestirsi, pregare) con il Paese di origine, e l'adozione di nuovi comportamenti (come esempio di non poter più tenere il burca, il venerdi che è giorno di festa per i mussulmani di andare a pregare in moschea)

Pries descrive che la migrazione trasnazionale non può essere considerata come un

cambiamento tra due condizioni umane, ma deve essere presa come una nuova realtà22. Il trasnazionalismo accenta l'importanza che hanno i legami sociali, in vari stati e diversi livelli nel quale si costruisce l'identificazione di appartenenza del trasmigrante.

Diversi autori paragonano i trasmigranti di oggi con quelli dopo la seconda guerra

21 GLICK-SCHILLER N. , http://www.socialsciences.manchester.ac.uk/ricc/aboutus/people/glick-schiller/., 1999.

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mondiale, come una rottura con il Paese di origine. Dimenticando che il processo di globalizzazione ha avuto effetti di apertura non solo economica ma anche nei legami transnazionali tra gli immigrati e la comunità di origine.

Come accennato sopra, l'apertura dei mercati capitalisti verso i Paesi poveri ha portato il miglioramento delle condizioni comunicative, di trasporto, nuove infrastrutture, le quale hanno cresciuto il movimento transnazionale delle persone e aiutando le persone di prendere coscienza del idea di doppia appartenenza.

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CAPITOLO II

Le politiche migratorie nei quattro Paesi europei.

Molto presto le emigrazioni da un fenomeno periferico sono diventate centrali nelle politiche dei Paesi Europei, i quali non solo hanno affrontato il tema come fare fronte ai nuovi flussi, ma hanno sviluppato nuove politiche di inserimento degli immigrati nella società ospite.

Concetti nuovi come Integrazione, assimilazione e diversità sono divenuti temi importanti nelle politiche di accoglienza dei governi Europei.

Questo capitolo analizzerà le politiche migratorie adottate in quattro paesi europei: Italia, Francia, Germania, Regno Unito.

2. 1 Storia e sviluppo del fenomeno migratorio in Italia.

L'Italia storicamente è stato un Paese che ha conosciuto la presenza degli stranieri, un esempio è la presenza dei stranieri nel Regno di Sardegna ai quali venivano rilasciati passaporti in base allo loro status sociale, venivano chiamati passaporti di prima e seconda categoria:

- della prima categoria; facevano parte i commercianti, capi bottega, impiegati civili, militari;

- Seconda categoria era costituita da sotto-ufficiali, operai, giornalieri, che vivevano con lo stipendio.

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stranieri che avevano partecipato nella spedizione dei Mille per la conquista del Regno delle due Sicilie23.

Non dobbiamo dimenticare che fino all'unificazione del Paese anche i cittadini degli altri stati Italiani erano chiamati stranieri quando si spostavano da uno stato Italiano al altro24. C'erano ampissime differenze linguistiche e culturali tra regioni diverse. Anche gli spostamenti degli uomini in cerca di lavoro, sopratutto dalle regioni del sud ad quelle centrali tra stati Italiani era una cosa più che normale.

Dopo la fine del secondo conflitto mondiale e la nascita della Repubblica ci fu un nuovo atteggiamento nei confronti degli stranieri. La costituzione italiana del 1948 integrava come parte importante i principi contro la discriminazione e razzismo, ma anche la nuova condizione dello straniero.

Oggi gli articoli 3 e 10 della costituzione dicono;

Art. 3 Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali

e sociali.

È compito della repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del paese.

Art. 10 La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e

23 EINAUDI L, Le politiche dell'immigrazione in Italia dall'unità a oggi, Roma-Bari, 2007

24 FARINI C. L Massima autorità politica del Mezzogiorno dopo l'Unita, Scriveva a Cavour dopo il suo

arrivo a Napoli “Altro che Italia, questa è Africa”

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dei trattati internazionali.

-Lo straniero, al quale sia impedito nel suo Paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge.

Non è ammessa l’estradizione dello straniero per reati politici25.

La nuova Repubblica aboliva le leggi razziali adottate durante il periodo fascista, attribuendo agli stranieri i diritti civili, a prescindere dalla sua origine di provenienza.

2. 1. 1 Da un paese di emigrazione in paese di immigrazione: i fattori di spinta.

In periodo recente Italia è diventato da un paese di emigrazione in un Paese di immigrazione.

Durante gli anni 1960-80 che sono anni del boom economico in Italia si presento una nuova realtà, l'Italia da un paese emigratorio divenne paese di immigrazione.

Diversi autori cercano di dare spiegazioni sui fattori di spinta. Ugo Melotti sostiene che le prime immigrazioni verso Italia furono in maniera accidentale, molti di coloro che avrebbero preferito dirigersi verso paesi tradizionali di immigrazione dell'Europa centro-settentrionale trovando le frontiere chiuse cominciarono a dirigersi verso Italia.

Un altro studioso delle politiche migratorie in Italia Luca Einaudi così spiega i fattori di spinta che secondo lui hanno aiutato nella crescita dei stranieri in Italia: “La crescita

economica Italiana tra gli anni 1950 e 1980 è stata una delle più grandi in Europa. Questa crescita ha aumentato la domanda di manodopera straniera non qualificata, offrendo redditi bassi, rispetto agli standard italiani”.

2. 1. 2 Motivazioni di ingresso.

I primi flussi di immigrati provenienti dai paesi poveri e in via di sviluppo negli anni

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sessanta-settanta nella maggior parte dei casi possiamo pensare che erano privi di documenti che entravano in Italia in cerca di un lavoro per migliorare la loro situazione economica (motivazioni economiche).

Secondo Luca Einaudi la crescita della migrazione in Italia negli anni settanta-ottanta è dovuta al boom economico è non alla crisi economica che caratterizzo l'Europa durante gli anni 1973-74.

La crescita dei flussi migratori proveniente dai Paesi poveri e in via di sviluppo verso Italia fu significativa con la crescita economica del paese.

Solo per fare un esempio, tra la fine degli anni cinquanta e inizio degli anni ottanta, il reddito pro capite Italiano sali di 92,3% rispetto alla media dei Paesi europei26.

A questa fase di sviluppo corrisponde la teorie neoclassica dell'immigrazione la quale trovava come causa dei flussi migratori internazionali le differenze di reddito (che lo abbiamo presentato nel secondo capitolo)

Alle motivazioni economiche si devono aggiungere anche un altra motivazione molto importante secondo Umberto Melotti i profughi politici, provenienti dalla Argentina, Brasile, Cile, Eritrea, Etiopia, Somalia ecc27.

La crescita dei flussi migratori proveniente dai paesi poveri e in via di sviluppo verso Italia fu significativa con la crescita economica del Paese.

2. 1. 3 Spiegazioni della crescita demografica degli stranieri in Italia.

Fino ai primi anni ottanta mancava uno studio sul numero reale delle presenze straniere in Italia, cerano grandi incertezze riguardo alle persone che avevano un permesso regolare di soggiorno. Durante gli anni 1970-80 il Ministero degli interni dichiaro che il numero dei

26 EINAUDI L., pg, 57, 58, 59. Le politiche dell'immigrazione in Italia dall'unità a oggi, Roma-Bari, 2007 27 MELOTTI U., Migrazioni internazionali, Milano, 2004

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permessi di soggiorni concessi era salito da 150 000 mila durante gli 1970 a 300 000 nei anni 1980 questo grazie anche alle senatorie concesse dal governo in quelli anni28.

2. 1. 4 La prima normativa del ministero del lavoro in materia di migrazione: la circolare n. 51 del 1963.

È molto importante capire che le prime iniziative per la regolarizzazione dei flussi migratori furono conseguenza del rallentamento del boom economico.

I primi avvisi di rallentamento della crescita economica furono già nella meta degli anni sessanta, avvertendosi i primi effetti nel mercato di lavoro, dove divenne sempre più difficile per gli stranieri di trovare una occupazione, come scrive L. Einaudi, l'Italia non si poteva permettere l'immigrazione di massa, trovando difficoltà di trovare meccanismi selettivi efficaci e giusti per i lavoratori provenienti dai Paesi in via di sviluppo.

Il primo intervento istituzionale fu il passaggio delle competenze in materia di migrazione dal ministero degli interni a quello del lavoro per fare fronte ai problemi di occupazione per i lavoratori stranieri. Qua possiamo capire che il problema di emigrazione non era più una cosa periferica ma un problema reale, il quale avrebbe assunto sempre e di più un ruolo centrale nelle politiche di programmazione e occupazione nel mercato di lavoro. Il Ministero del lavoro nella circolare n, 51, del 1963 introduceva che il rilascio del permesso di soggiorno agli stranieri era subordinato a questi requisiti: l'autorizzazione da parte degli Upl (uffici provinciali del lavoro), il contratto di lavoro, il nulla osta della questura, autorizzazione da parte degli uffici del lavoro provinciali e il visto d'ingresso per motivi di lavoro”.

Potevano rinnovare il permesso di soggiorno solo quelle persone che erano in possesso di un contratto regolare, non erano previste proroghe in caso di disoccupazione. Il permesso

28 COLOMBO A., SCIORTINO G, Italian Immigration: The origins, Nature and Evolution of Italy , Journal of Modern Italian Studies, volume 9, 2004

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di soggiorno per lavoratori aveva durata di un anno.

L'applicazione di queste norme era per difendere chiaramente la manodopera Italiana dopo il fermo della crescita, come possiamo capire fu una norma discriminatoria che colpiva in maniera diretta i lavoratori extracomunitari.

Prima di essere assunto un lavoratore straniero extracomunitario doveva essere accertato dal ufficio competente (UPL) se non cerano richieste da parte degli italiani di svolgere quel determinato lavoro.

Sempre L. Einaudi fa presente che per tutti gli altri stranieri che volevano entrare in Italia e non avevano un contratto di lavoro, la procedura usata per entrare era quella di avere un visto turistico e poi la ricerca sul posto di un lavoro, una volta trovato un lavoro, veniva presentata una falsa richiesta di assunzione dall'estero seguita da ritorno in patria, simulando come primo ingresso regolare munito della autorizzazione al lavoro e permesso di soggiorno29.

Come possiamo capire la rigidità della normativa nei confronti degli stranieri provenienti da Paesi in via di sviluppo e poveri creo tutte le premise che si accumulasse un numero ampio di immigrati privi di permesso di soggiorno che lavoravano in nero.

Dopo questa normativa, che era selettiva e discriminatoria nei confronti dei stranieri si pensò di seguire una politica più liberale cominciando dalla prima legge sull'immigrazione (1986).

2. 1. 5 La legge Foschi del 1986, prima legge sull'immigrazione.

Questa legge integra la Convenzione internazionale sui lavoratori migranti n 143 del 1975 entrata in vigore nel 1978.

I principi di base che si basa la convenzione Internazionale del lavoro è che:

29. EINAUDI L, “Una gestione amministrativa oscillante tra tolleranza e repressione, Le politiche

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“Il lavoro non è una merce e che la povertà, ovunque essa esista, costituisce un pericolo per la prosperità di tutti, e riconosce l’obbligo solenne dell’Organizzazione di assecondare la messa in opera di programmi idonei, tra l’altro, ad attuare la piena occupazione, in particolare con mezzi atti a facilitare i trasferimenti di lavoratori, ivi comprese le migrazioni di manodopera” .

Tra gli articoli più importanti riguardo alla condizione dei lavoratori migranti di questa convenzione sono gli art. 10 e

11-Art. 10 Ogni Membro per il quale la convenzione sia in vigore s’impegna a formulare e ad attuare una politica nazionale diretta a promuovere e garantire, con metodi adatti alle circostanze ed agli usi nazionali, la parità di opportunità e di trattamento in materia di occupazione e di professione, di sicurezza sociale, di diritti sindacali e culturali, nonché di libertà individuali e collettive per le persone che, in quanto lavoratori migranti o familiari degli stessi, si trovino legalmente sul suo territorio.

Art 11. 1. Ai fini dell’applicazione della presente parte della convenzione il termine « lavoratore migrante » designa una persona che emigra o è emigrata da una paese verso l’altro, in vista di una occupazione, altrimenti che per proprio conto ; esso include qualsiasi persona ammessa regolarmente in qualità di lavoratore migrante.

Anche se l'introduzione di questa normativa portò un grande passo in avanti riguardo al miglioramento delle condizioni lavorative degli stranieri (migranti), restavano fuori dalla applicazione della convezione altri tipi situazioni e categorie di lavoratori.

La legge Foschi è una legge di recepimento di una norma comunitaria. Inoltre l'Italia con l'approvazione della normativa del 1986 n 943 garantiva agli stranieri emigrati i diritti relativi all'uso dei servizi sociali e sanitari e al mantenimento dell'identità culturale, alla scuola e alla disponibilità dell'abitazione”.

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immigrati gli furono riconosciuti altri diritti, come;

i ricongiungimenti famigliari e le senatorie per la regolarizzazione di quelle persone che si trovavano in una condizione irregolarità.

a) I ricongiungimenti famigliari; dove agli immigrati gli viene riconosciuto il diritto di portare il coniuge, i figli minori a carico e per i genitori a carico, purché non entrassero a

scopo di lavoro30

b) La senatoria; per la regolarizzazione degli stranieri privi di permesso regolare di soggiorno nel territorio Italiano.

Anche se la legge Foschi faceva passi in avanti riguardo al miglioramento dello status sociale e lavorativo, nel riconoscimento dei diritti degli immigrati non risolvo e non prese in considerazione le problematiche reali e particolari degli immigrati.

La legge fu un fallimento per vari motivi tra cui:

- essa non prendeva in considerazione il lavoro autonomo e ambulante, ignorando l'importanza della economia sommersa in Italia, dove la maggior parte degli immigrati erano impegnati;

- i datori di lavoro non potevano scegliere gli operai ma solo seguendo la graduatoria della lista, chi era più in alto aveva più opportunità di trovare un lavoro.

- il reclutamento di manodopera all'estero.

La caduta del muro di Berlino e gli inizi degli anni '90.

Il crollo del muro di Berlino non portò solo un cambiamento politico in molti paesi appartenenti a regimi totalitari del Europa del Est, ma anche l'apertura dei confini

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nazionali, dove migliaia di persone cercavano disperatamente di uscire dal paese, in molti casi dalla paura di un ritorno di un nuovo regime totalitario e in altri casi in cerca di migliorare la loro vita socio-economica.

La situazione che si presentava in Italia in quelli anni era senza precedenti, era necessario di ripensare a nuove politiche come affrontare i flussi che si facevano sempre è più presenti.

Arrivando negli anni 1991-92 al boom dei flussi di ingressi mai visti nella storia d'Italia proveniente sopratutto dall'altra sponda del Adriatico, Albania e Jugoslavia erano i paesi

con il maggior numero dei flussi in entrata31.

Figura 2.1: 1991 - Porto di Bari, migliaia di profughi albanesi arrivano in Italia.

2. 1. 6 Il primo intervento in materia di immigrazione: La legge Martelli del 1989.

La vera novità in politiche migratorie viene con la legge di Claudio. Martelli (vicepresidente del Consiglio dei ministri) o come viene conosciuta la “legge Martelli”. Fine anni 1980 inizi anni 1990 la situazione era molto tesa non solo riguardo alla crescita

Figura

Figura   1.1  Immagini   dell'emergenza   alluvioni   in   Bangladesh   nel   periodo   2008-2011
Figura 2.1: 1991 - Porto di Bari, migliaia di profughi albanesi arrivano in Italia.

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