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Il trattamento regolamentare delle esposizioni sovrane nelle banche europee: quali effetti dalle proposte di riforma?

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Academic year: 2021

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(1)Facoltà di Economia. Dottorato di Ricerca in Management, Banking and Commodity Sciences Curriculum Banking and Finance XXXI Ciclo. IL TRATTAMENTO REGOLAMENTARE DELLE ESPOSIZIONI SOVRANE NELLE BANCHE EUROPEE: QUALI EFFETTI DALLE PROPOSTE DI RIFORMA?. Relatore:. Candidato:. Prof. Franco Tutino. Diego Mosca Matr. 1356780. Anno Accademico 2017/2018.

(2)

(3) Abstract L’importanza dell'operatività in titoli di Stato da parte delle banche e i rischi da esse assunti pongono numerosi interrogativi circa l’utilità/necessità di una eventuale rivisitazione dell’attuale regolamentazione. Questo lavoro ha l’obiettivo di interrogarsi sui possibili scenari che si verrebbero a creare nel caso di cambiamenti nel trattamento regolamentare dei bond sovrani in Europa. Dopo aver introdotto i fattori alla base del legame tra banche e Stati, vengono analizzate in chiave critica le proposte di riforma delle attuali regole avanzate dalle Autorità e studiosi, nonché altre proposte che hanno come obiettivo esclusivo o preminente la riduzione del “circolo vizioso” tra investimenti delle banche in titoli sovrani e rischi degli emittenti sovrani. A ciò segue un’analisi dei dati finalizzata alla stima dell’eventuale maggiore requisito patrimoniale che le banche europee avrebbero avuto, tra il 2010 e il 2016, nel caso in cui non avessero potuto beneficiare del “trattamento favorevole” ma, al contrario, avessero dovuto applicare alcune delle proposte attualmente oggetto di dibattito. L’analisi proposta non si limita a guardare soltanto ai possibili impatti quantitativi sui bilanci delle banche, ma è condotta in modo da considerare anche, in termini critici, sia la gestione delle singole banche, sia gli squilibri che potrebbero scaturirne per il sistema finanziario, con conseguenze sul sistema economico. Keywords: Sovereign debt, Sovereign exposures, Sovereign-bank link. JEL Codes: G21, H63, G18..

(4) Indice Indice delle figure .......................................................................................................................... 1 Indice delle tabelle ........................................................................................................................ 1 Abbreviazioni ................................................................................................................................. 2 Introduzione .................................................................................................................................. 3. Capitolo I IL LEGAME TRA RISCHIO SOVRANO E SISTEMA BANCARIO: IL RUOLO DEI TITOLI DI STATO ......... 6 1.1 Il “circolo vizioso” tra banche e Stati: concetti introduttivi ................................................. 6 1.2 I titoli di Stato nell’operatività bancaria .............................................................................. 8 1.3 La detenzione di titoli di Stato durante la crisi del debito sovrano in Europa: evidenze dalla letteratura .......................................................................................................................... 11. Capitolo II LE PROPOSTE DI RIFORMA DELLE ATTUALI REGOLE: UN’ANALISI CRITICA .................................. 15 2.1 Introduzione ...................................................................................................................... 15 2.2 Il rischio sovrano negli Accordi di Basilea: all’origine di regole non adeguate ai rischi ..... 16 2.3 Il dibattito aperto sui possibili cambiamenti della normativa: prime riflessioni ................ 19 2.4 Le soluzioni proposte tra rischio di credito e rischio di concentrazione............................ 21 2.4.1 L’aumento dei requisiti minimi patrimoniali per il rischio sovrano.......................... 21 2.4.2 Verso limiti all’assunzione del rischio di concentrazione ......................................... 24 2.4.2.1 L’introduzione di un limite massimo alle esposizioni sovrane .......................... 24 2.4.2.2 Un sistema di incentivi alla diversificazione del portafoglio di titoli sovrani .... 26 2.5 Le altre proposte per allentare il “circolo vizioso” tra banche e Stati ............................... 29 2.6 Un primo confronto: vantaggi attesi e criticità emergenti ................................................ 32. Capitolo III QUANTO VALE IL TRATTAMENTO REGOLAMENTARE FAVOREVOLE? LA STIMA PER UN CAMPIONE DI BANCHE EUROPEE ................................................................................................ 38 3.1 Introduzione: obiettivi e contenuti dell’analisi .................................................................. 38 3.2 Il campione di riferimento e i dati utilizzati ....................................................................... 39 3.2.1 Una prima analisi del campione: patrimonializzazione e performance ................... 42 3.3 L’ammontare e la composizione delle esposizioni sovrane ............................................... 46 3.4 La rimozione della ponderazione favorevole nell’approccio standard .............................. 50 3.4.1 Considerazioni metodologiche ................................................................................ 50 3.4.2 I risultati delle analisi ............................................................................................... 51 3.5 L’introduzione di un risk-weight floor nell’approccio standard ......................................... 54. i.

(5) 3.6 L’applicazione dei Sovereign Concentration Charges (SCC) .............................................. 57 3.7 Un confronto tra le proposte analizzate ........................................................................... 59. Capitolo IV VINCOLI REGOLAMENTARI ED EFFETTI SISTEMICI: VERSO UN NUOVO FRAMEWORK EFFICACE? CONCLUSIONI .............................................................................................................................. 64 4.1 Riflessioni e interrogativi tra regole prudenziali e “strutturali” ......................................... 64 4.2 Questioni di metodo e implicazioni di sistema: quali proposte possono essere realisticamente sostenibili? ............................................................................................... 66 4.3 Conclusioni ........................................................................................................................ 68. Bibliografia................................................................................................................................... 70 Appendice.................................................................................................................................... 74. ii.

(6) Indice delle figure Figura 1.1. Il “circolo vizioso” tra rischio sovrano e sistema bancario ........................................... 8 Figura 1.2. I detentori del debito pubblico nei Paesi dell’UE ....................................................... 10 Figura 3.1. L’andamento del Tier 1 ratio (2010=100) .................................................................. 43 Figura 3.2. L’andamento del Tier 1 e delle RWA (2010=100) ...................................................... 44 Figura 3.3. L’andamento del Roa ................................................................................................. 46 Figura 3.4. Andamento del rapporto tra esposizioni sovrane verso i Paesi UE e totale attivo .... 47 Figura 3.5. La composizione delle esposizioni sovrane verso i Paesi UE ...................................... 49 Figura 3.6. La rimozione della ponderazione favorevole: la variazione (%) del Tier 1 ratio ......... 53 Figura 3.7. L’introduzione di un risk-weight floor al 10%: la variazione (%) del Tier 1 ratio ........ 56 Figura 3.8. L’applicazione dei SCC: la variazione (%) del Tier 1 ratio ........................................... 58 Figura 3.9. Percentuale di banche maggiormente influenzate dalle diverse proposte ............... 61 Figura A.1. Andamento del rapporto tra esposizioni sovrane verso i Paesi UE e Tier 1............... 81 Figura A.2. Andamento del rapporto tra esposizioni sovrane domestiche e Tier 1 ..................... 81. Indice delle tabelle Tabella 2.1. Le soluzioni proposte ............................................................................................... 21 Tabella 2.2. Un confronto tra le soluzioni proposte .................................................................... 36 Tabella 3.1. Le due suddivisioni del campione ............................................................................ 41 Tabella 3.2. La rappresentatività del campione ........................................................................... 42 Tabella 3.3. La scomposizione della variazione del Tier 1 ratio ................................................... 44 Tabella 3.4. L’impatto delle proposte analizzate: la variazione media del Tier 1 ratio ................ 59 Tabella A.1. Il campione............................................................................................................... 74 Tabella A.2. Totale attivo, patrimonializzazione e Roa (singole banche) ..................................... 75 Tabella A.3. La scomposizione della variazione del Tier 1 ratio (per Paese) ................................ 79 Tabella A.4. Distribuzione del Roa ............................................................................................... 80 Tabella A.5. Roa ponderato medio (per Paese) ........................................................................... 80 Tabella A.6. La composizione delle esposizioni sovrane verso i Paesi UE (singole banche)......... 82 Tabella A.7. La composizione delle esposizioni sovrane verso i Paesi UE (per Paese) ................. 87 Tabella A.8. Rating mediani dei Paesi UE e coefficienti di ponderazione corrispondenti ............ 89 Tabella A.9. L’impatto delle proposte analizzate: la variazione (%) delle RWA e del Tier 1 ratio (per Paese) .................................................................................................................................. 91. 1.

(7) Abbreviazioni BCBS. Basel Committee on Banking Supervision. BCE. Banca Centrale Europea. BIS. Bank of International Settlement. CE. Commissione Europea. Cet 1. Common equity tier 1. CRD. Capital Requirements Directive. CRR. Capital Requirements Regulation. EBA. European Banking Authority. ECAI. External Credit Agency Institution. ESRB. European Systemic Risk Board. G-SIIs. Global Systemically Important Institution. GIIPS. Grecia, Irlanda, Italia, Portogallo e Spagna. HQLA. High-Quality Liquid Assets. IRB. Internal Rating-Based. LCR. Liquidity Coverage Ratio. LTRO. Long-Term Refinancing Operation. NSFR. Net Stable Funding Ratio. Roa. Return on assets. RWA. Risk-Weighted Assets. SCC. Sovereign Concentration Charges. UE. Unione Europea. Paesi AT. Austria. IE. Irlanda. BE. Belgio. IT. Italia. BG. Bulgaria. LT. Lituania. CY. Cipro. LU. Lussemburgo. CZ. Repubblica Ceca. LV. Lettonia. DE. Germania. MT. Malta. DK. Danimarca. NL. Paesi Bassi. EE. Estonia. PL. Polonia. ES. Spagna. PT. Portogallo. FI. Finlandia. RO. Romania. FR. Francia. SE. Svezia. GR. Grecia. SI. Slovenia. HR. Croazia. SK. Slovacchia. HU. Ungheria. GB. Regno Unito. 2.

(8) Introduzione I titoli di Stato hanno diverse funzioni nell’operatività bancaria: sono un’importante possibilità di investimento, hanno funzione di collateral utilizzato specie nei rapporti di finanziamento con la Banca Centrale, sono un’alternativa alla detenzione di risorse liquide in eccesso. Investire in titoli comporta, tuttavia, l’assunzione di almeno due tipologie di rischi: di mercato, legati agli andamenti dei relativi prezzi; di credito, relativi alla solvibilità a scadenza dell’emittente debitore. L’assunzione di rischi su posizioni in titoli di Stato è regolamentata in termini favorevoli riguardo all’assorbimento patrimoniale. L’eliminazione della ponderazione favorevole per i Paesi all’interno dell’UE, nonché l’introduzione di forme di disincentivo o limitazione all’investimento, avrebbero senza dubbio ripercussioni per tutti gli operatori del sistema finanziario, anche a livello sistemico. Le conseguenze sull’operatività in titoli di Stato da parte del sistema bancario sarebbero molteplici: i limiti all’esposizione e la quantità di capitale aggiuntivo richiesta per fronteggiare la rischiosità delle controparti sovrane si tradurrebbero inevitabilmente in modifiche nelle politiche dell’attivo, accompagnate da cambiamenti strutturali nelle strategie delle banche. In aggiunta, si assisterebbe a nuovi scenari nella relazione tra banche ed emittenti sovrani con conseguenze anche per il costo di finanziamento degli Stati, oltre che in termini di grado di finanziabilità delle esigenze di questi ultimi. Questo scenario impone almeno le seguenti riflessioni iniziali: •. quanto sia corretto considerare i titoli di Stato come privi di rischio ai fini dell’assorbimento patrimoniale;. •. e, soprattutto, quanto sia utile – o necessario – limitare l’esposizione delle banche verso gli emittenti sovrani, al fine di allentare il “circolo vizioso” posto in evidenza da più parti tra stabilità del sistema bancario e debito pubblico.. Nella prima parte (cap. 1) di questo lavoro sono introdotti i fattori alla base del legame tra banche e Stati attraverso la descrizione dei canali di trasmissione del rischio sovrano e il ruolo dei titoli di Stato nell’operatività bancaria. A ciò si aggiunge l’analisi della letteratura in materia che tenta di spiegare i fattori che hanno determinato la composizione e la dimensione dei portafogli di titoli di Stato detenuti dalle banche durante la crisi del debito europea. Nella seconda parte (cap. 2) viene invece proposta un’analisi critica degli approcci seguiti per la formulazione delle proposte di revisione delle attuali regole: il primo fa riferimento alla rimozione del trattamento “preferenziale” e quindi all’aumento dei requisiti patrimoniali a fronte del rischio sovrano (quindi di credito) sostenuto; il secondo riguarda invece le soluzioni finalizzate alla. 3.

(9) riduzione del rischio di concentrazione del portafoglio titoli attraverso meccanismi di limitazione o disincentivo all’investimento. Sono inoltre analizzate altre proposte che non implicano il cambiamento delle attuali regole per la detenzione di titoli di Stato all’interno dell’UE: tra queste, la creazione di asset a basso rischio attraverso il tranching e il pooling dei bond emessi dai Paesi membri (Sovereign Bond-Backed Securities, SBBS). Infine, nella terza parte del lavoro viene proposta un’analisi dei dati finalizzata alla stima del beneficio che le banche europee hanno tratto dal 2010 al 2016 dall’attuale framework regolamentare riservato alle esposizioni sovrane. Ciò è svolto attraverso un’analisi di impatto che calcola alla fine di ogni anno, l’eventuale maggiore requisito patrimoniale che le banche inserite nel campione avrebbero avuto nel caso in cui le banche europee non avessero potuto beneficiare del “trattamento favorevole” ma, al contrario, avessero dovuto applicare alcune delle proposte suggerite da Autorità e studiosi attualmente oggetto di dibattito. L’analisi proposta si serve dei dati resi disponibili dagli EU-wide Stress Test, Transparency Exercise e Capital Exercise condotti dall’EBA tra il 2011 e il 2017, permettendo così la costruzione di un database unico in grado di confrontare e osservare la composizione (nonché la dimensione) delle esposizioni sovrane nell’orizzonte temporale massimo disponibile. In realtà, sono essenziali anche altre riflessioni da condurre su un piano più ampio. In particolare, occorrerebbe chiedersi se abbia del tutto senso, specie in questi lunghi anni di crisi economica e finanziaria, imporre limiti quantitativi all’investimento in titoli sovrani da parte delle banche sulla base di analisi fondate quasi esclusivamente sul legame tra “rischio sovrano” e “rischio banche”. O imporre alle banche ulteriori aumenti di capitale. Occorre procedere, dunque, anche in altre direzioni. Per farlo è necessario allargare gli orizzonti concettuali dell’analisi, in modo da considerare anche aspetti che sembrano essere poco frequenti – o comunque poco attentamente considerati – nell’ampia letteratura tecnico-regolamentare sul tema. Quest’ultima, di norma, sembra essere non del tutto attenta agli impatti negativi sulle economie e sui sistemi finanziari dei singoli Paesi che scaturirebbero da una riduzione del sostegno delle banche alla sottoscrizione di titoli pubblici. È quanto verrebbe ad aversi, infatti, ove fossero imposti limiti quantitativi alle esposizioni sovrane nei portafogli delle banche. Oppure ove fossero imposti alle banche ulteriori aumenti di capitale. Considerazioni in tal senso sono perciò esposte nelle pagine finali di questo lavoro (cap. 4), dove temi di analisi metodologica e temi di sistema finanziario – e di sistema economico – sono affrontati brevemente e congiuntamente insieme a riflessioni che tengono conto anche degli equilibri di gestione delle banche. Affrontare il tema della rischiosità dei bilanci bancari al cui interno sono presenti titoli sovrani “in eccesso” non può voler dire muoversi unicamente sulla. 4.

(10) base di una eccessiva linearità concettuale che, trascurando fondamentali interrelazioni di sistema, può portare a far prevalere impostazioni “ideologiche” rispetto ad analisi più complete.. 5.

(11) Capitolo I IL LEGAME TRA RISCHIO SOVRANO E SISTEMA BANCARIO: IL RUOLO DEI TITOLI DI STATO. 1.1 Il “circolo vizioso” tra banche e Stati: concetti introduttivi Il legame tra banche ed emittenti sovrani ha radici storiche profonde spiegate dalla stretta e imprescindibile relazione esistente tra economia reale, debito pubblico e funzionamento del sistema bancario. Il rischio sovrano può colpire il sistema finanziario, e in particolare quello bancario, attraverso diversi canali. Una prima distinzione può essere fatta tra ciò che influenza l’attivo di bilancio e ciò che influenza le passività. Nel primo caso, un deterioramento nel merito creditizio dello Stato emittente, percepito dal mercato e riflesso sui prezzi di negoziazione, può causare delle perdite in portafoglio titoli con conseguenze anche sulla possibilità di nuove esposizioni delle banche stesse nei confronti dei titoli governativi. Da questo punto di vista, la valutazione circa la possibilità di esporsi nei confronti di un emittente sovrano non è molto differente da quella svolta per qualsiasi altro tipo di debitore. Dal punto di vista delle passività, l’impatto del cambiamento del merito creditizio di uno Stato è registrato sul fronte della raccolta: le ripercussioni sono sia sulle condizioni alle quali è accessibile il funding (in termini di costo), sia sulla disponibilità stessa delle risorse finanziarie (funding liquidity risk). È facile intuire, dunque, che la consistente presenza di titoli di Stato nei bilanci delle banche è uno dei fattori capaci di spiegare l’effetto contagio che si origina nel momento in cui un emittente sovrano manifesta difficoltà finanziare. Parte del rischio di credito sostenuto dalle banche di Francia, Germania, Italia e Spagna nell’ultima crisi è riconducibile, infatti, anche a fattori legati all’incertezza circa la solvibilità degli emittenti sovrani, e non solo a fattori di rischio specifici dei prenditori di fondi (Li e Zinna, 2014). A sostegno di tali argomentazioni, Correa et al. (2012) rilevano come gli investitori considerino le banche fortemente connesse con il proprio Stato sovrano. Ciò grazie anche al ruolo delle garanzie pubbliche che quest’ultimo può offrire: il salvataggio di alcuni intermediari bancari (bail out) da parte delle Autorità governative di un Paese. 6.

(12) può infatti incrementare sensibilmente gli squilibri nelle finanze pubbliche, aumentandone così la probabilità di default (Mody e Sandri, 2011; Acharya et al., 2013). Altro aspetto riguarda invece la possibilità da parte degli Stati di attivare schemi di garanzia in favore delle passività emesse dalle banche. Il ricorso a questa strategia si è diffuso in maniera particolare con lo scoppio della crisi nel 2008, permettendo così alle banche di ridurre il premio per il rischio connesso all’emissione di propri titoli di debito in proporzione al merito creditizio dello Stato. Non a caso, Reinhart e Rogoff (2011) mostrano la stretta relazione tra crisi sovrane e crisi bancarie: dalle analisi emerge infatti come le crisi bancarie e quelle sovrane si verifichino spesso simultaneamente, o una in prossimità dell’altra. Va considerato inoltre il legame esistente tra il rating assegnato agli emittenti sovrani e quello assegnato alle banche. Un downgrade dello Stato comporta infatti, da un punto di vista teorico, un downgrade del rating delle banche domestiche: il sovereign rating rappresenta di norma il “tetto” per i rating assegnati alle controparti private. Nello specifico, un downgrade riduce il valore delle passività della banca: i titoli emessi da quest’ultima, a fronte di una diminuzione del loro rating, potrebbero non essere più considerati investment grade e quindi non utilizzabili come collateral in operazioni di funding o, in alternativa, come asset idonei per l’investimento di fondi pensione o compagnie assicurative. Tutto ciò renderebbe meno conveniente e più difficile anche l’emissione di determinati strumenti, ad esempio il ricorso al prestito obbligazionario: questo strumento, per rivelarsi conveniente, non deve portare a condizioni proibitive in termini di costo. È quindi necessario che l’emissione sia sostenuta da una forte domanda sul mercato sia in fase di emissione (mercato primario) che di scambio successivo (mercato secondario). La relazione esistente tra sistema bancario e rischio sovrano è considerata anche in termini opposti: riguarda infatti i casi in cui le condizioni delle banche possono costituire un elemento di rischiosità per il sistema Paese. Una crisi bancaria può infatti generare un rischio di tipo sovrano: come osservato anche nell’esperienza della crisi europea, l’intervento dei governi in aiuto delle banche o di altri intermediari finanziari, può essere fonte di grandi investimenti finanziari e comportare sbilanci nei conti pubblici, aumentando così la precarietà delle condizioni finanziarie dello Stato1. Inoltre, meccanismi distorsivi dell’intermediazione bancaria possono avere ripercussioni sull’economia reale innescando recessione, bolle finanziarie, calo dei redditi e diminuzione della produttività. In questi casi, quindi, gli sforzi finanziari che può mettere in atto lo Stato per rimediare a tali situazioni, possono rivelarsi di grande impatto sui bilanci pubblici2. Le. 1. A dimostrazione di ciò, Spagna e Irlanda prima della crisi potevano contare su finanze pubbliche percepite come solide. Tuttavia entrambi i Paesi presentavano difficoltà nel proprio sistema bancario a causa del crollo dei prezzi del settore immobiliare. Al contrario, in Grecia erano le condizioni dei conti pubblici la fonte di maggiore rischio. 2 Si pensi, ad esempio, alle pressioni sulle risorse del welfare state e a come la diminuzione dei redditi dovuta ad una crisi di produttività possa avere impatto negativo sul gettito fiscale.. 7.

(13) esperienze di Paesi come Islanda, Irlanda e Cipro osservate dal 2008 mostrano come i problemi di un sistema bancario possano essere tali da mettere a rischio la salute finanziaria dello stesso Stato. In conclusione, risulta evidente che il legame tra rischio sovrano e sistema finanziario e bancario è molto stretto e comprende numerosi aspetti. Può essere spiegato da diversi punti di vista e creare un “circolo vizioso” (Fig. 1.1): tensioni nel mercato del debito sovrano influenzano il funding delle banche con effetti sull’offerta di credito a imprese e famiglie; la stretta creditizia rende difficile il finanziamento dell’attività produttiva con conseguente indebolimento dell’economia e successiva diminuzione del merito creditizio per i prenditori di fondi a causa dell’aumento della percezione del rischio da parte degli investitori. Tutto ciò si riflette sulla diminuzione dei consumi e sul gettito fiscale, con impatti diretti sulle finanze pubbliche. Uno scenario simile ha conseguenze anche sulla redditività delle stesse banche condizionandone ulteriormente l’operatività e le scelte strategiche (Angelini et al., 2014).. Figura 1.1. Il “circolo vizioso” tra rischio sovrano e sistema bancario. Fonte: elaborazione propria.. 1.2 I titoli di Stato nell’operatività bancaria I titoli di Stato rivestono da sempre un ruolo centrale nell’operatività bancaria: i) sono parte delle attività fruttifere, rappresentando un’opportunità di investimento alternativa alle altre attività finanziarie; ii) sono necessari nella gestione della liquidità e della tesoreria essendo ampiamente utilizzati sia come collateral nelle diverse operazioni di raccolta, sia come alternativa alla detenzione di riserve liquide.. 8.

(14) Quanto affermato è reso possibile dallo loro funzione di “risk-free asset”: i titoli di Stato sono infatti da sempre considerati come le attività finanziarie con il più basso rischio idiosincratico tra quelle presenti in uno stesso sistema economico nazionale. Tale caratteristica è alla base del loro elevato grado di liquidità e li pone, di conseguenza, come riferimento nella “prezzatura” degli altri strumenti finanziari all’interno del mercato: il rendimento dei bond sovrani è generalmente definito come il “risk-free rate”, ovvero il tasso di interesse legato ad un investimento caratterizzato dall’assenza di incertezza associata ai flussi di cassa prodotti che – con l’aggiunta del “premio per il rischio” – determina i rendimenti sui mercati. Cambiamenti nel valore dei bond sovrani (in particolare quelli domestici) hanno quindi diverse ripercussioni sulle banche detentrici: i) condizionano il valore dell’attivo fruttifero; ii) incidono sull’ammontare e la composizione del funding disponibile; iii) hanno ripercussioni sul profilo reddituale. Lo “status” di asset liquido (per definizione) spiega il loro utilizzo come collateral nelle operazioni di finanziamento. Ciò è vero per le operazioni nel mercato sia monetario che wholesale, oltre che per quelle relative al rifinanziamento presso la Banca Centrale. Per essere considerati idonei alla funzione di collateral, i titoli di Stato, in base all’operazione finanziaria considerata, devono avere determinate caratteristiche in termini di standing creditizio. Con riferimento alle operazioni condotte dalla BCE, l’art. 18.1 del Sistema Europeo delle Banche Centrali (SEBC) stabilisce infatti che tutte le operazioni di finanziamento dell’Eurosistema devono basarsi su “adeguate garanzie”: la finalità è quella di ammettere solo titoli di elevata qualità in termini di affidabilità creditizia3. Per comprendere meglio l’importanza dei titoli di Stato nelle operazioni di funding con la Banca Centrale, si possono osservare i dati forniti dalla BCE: a fine 2016 i “titoli delle amministrazioni centrali e regionali” rappresentano oltre il 50% delle attività negoziabili idonee e circa il 20% delle garanzie stanziate4. I titoli di Stato costituiscono da sempre la categoria di attività finanziarie tradizionalmente più rappresentata all’interno del sistema delle garanzie dell’Eurosistema. Ciò in ragione in ragione: i) dell’elevata disponibilità di bond sovrani dei vari Paesi membri scambiati sul mercato; ii) delle misure di controllo dei rischi relativamente semplici da applicare5. La quantità di risorse alla quale la banca può accedere è dunque influenzata anche dall’andamento del valore 3. Ai fini della determinazione dell’idoneità delle garanzie, sono elementi essenziali: il tipo di attività, il luogo di emissione, il tipo e il Paese di residenza di emittenti/debitori/garanti, la valuta di denominazione e il merito di credito dell’emissione/emittente/debitore/garante. In risposta alle disfunzioni del mercato monetario dell’area euro durante la crisi finanziaria, l’Eurosistema ha anche modificato e ampliato i criteri di idoneità applicabili alle garanzie, sia adottando misure temporanee sia introducendo modifiche al sistema convenzionale delle garanzie, per evitare restrizioni generalizzate alla disponibilità delle stesse (BCE, Bollettino mensile, Luglio 2013). 4 Si veda: Bindseil U., Corsi M., Sahel B., Visser A. (2017), The Eurosystem collateral framework explained, ECB Occasional Paper Series No. 189. 5 BCE (2013), Bollettino mensile, Luglio, pag.86-93.. 9.

(15) del portafoglio di titoli che la banca intende utilizzare come collateral nelle diverse operazioni di rifinanziamento. Anche in questo caso, è facile intuire come il peggioramento del merito creditizio di un emittente sovrano possa influire negativamente sul profilo di liquidità di una banca. Quanto finora descritto può spiegare la ragione per cui nel corso degli ultimi decenni le banche hanno continuato a rappresentare un’essenziale fonte di finanziamento per il debito pubblico6. La Fig. 1.2 mostra la percentuale di debito pubblico detenuta dalle diverse categorie di sottoscrittori: le società finanziarie – che comprendono al loro interno le banche e gli altri intermediari finanziari – rappresentano i finanziatori principali in 12 diversi Paesi dell’UE. Sono invece 22 i Paesi in cui il sistema finanziario detiene almeno il 30% del debito pubblico.. Figura 1.2. I detentori del debito pubblico nei Paesi dell’UE 100% 80% 60% 40% 20%. Imprese non finanziarie. Famiglie e istituzioni no-profit al servizio delle famiglie. Non residenti (resto del mondo). Società finanziarie. GB*. SI. SK. SE. RO. PL. PT. NL. LV. MT. LU. IT. LT. IE. HR. HU. GR*. FI. FR. ES. EE. DK. CZ. DE. CY. BE. BG. AT. 0%. Note: (*) dati non disponibili; dati aggiornati al 22/06/2018. Fonte: Eurostat.. Un ulteriore aspetto che assume particolare importanza è l’impatto della perdita di valore dei titoli di Stato in portafoglio sui bilanci bancari. La portata degli effetti negativi può variare anche in base al criterio di valutazione utilizzato: per le categorie valutate al fair value c’è un collegamento diretto tra gli andamenti del mercato e la valutazione delle attività stesse in bilancio; per la valutazione al costo ammortizzato gli andamenti del mercato non hanno invece conseguenze dirette sulla valutazione in bilancio. In quest’ultimo caso le ripercussioni sul conto economico ci sono solo nel momento in cui l’impairment test rileva eventuali perdite in conto capitale e/o in conto interessi in grado di diminuire i futuri flussi di cassa attesi; circostanza che può verificarsi, ad esempio, nel caso di una elevata probabilità di ristrutturazione del debito o di default. Pertanto, una eventuale perdita di valore dei titoli di Stato detenuti ha ripercussioni diverse in base al tipo di valutazione utilizzata: se i titoli sono detenuti dalla banca con l’intenzione. 6. Si veda Popov (2017).. 10.

(16) di portarli fino a scadenza, un innalzamento dei rendimenti sul mercato non ha ripercussioni immediate sul conto economico (a meno che non ci sia una concreta possibilità di ristrutturazione del debito o default); al contrario, se i titoli sono detenuti per scopi di negoziazione l’impatto sarà diretto e immediato7. Le considerazioni riportate e i dati qui esposti riescono ad offrire una prima idea della dimensione dell’importanza dei titoli di Stato nell’operatività delle banche. Da ciò emerge come quest’ultima non possa prescindere dalla comprensione e dall’analisi del rischio sovrano: questo rischio – attraverso anche il ruolo di canale di trasmissione assunto dai titoli di Stato – impatta trasversalmente sia sull’attività di impiego che di raccolta, condizionando la gestione di tutti i rischi tipici dell’attività bancaria.. 1.3 La detenzione di titoli di Stato durante la crisi del debito sovrano in Europa: evidenze dalla letteratura La crisi del debito sovrano iniziata in Europa tra il 2009 e il 2010 ha mostrato come le difficoltà finanziarie di uno Stato possono trasmettersi rapidamente alle banche, tanto più queste sono esposte al debito pubblico dei Paesi più colpiti dalla crisi. Le tensioni sovrane possono inoltre trasmettersi, indirettamente, attraverso le esposizioni verso le banche più in difficoltà, determinando così un vero e proprio “effetto contagio”. In considerazione di ciò, è necessario chiedersi quali sono i fattori che hanno determinato la composizione e la dimensione dei portafogli di titoli di Stato detenuti dalle banche durante la crisi del debito europea. La letteratura ha individuato diversi fattori e determinanti in grado di spiegare i comportamenti adottati dalle banche nella detenzione di bond sovrani, ovvero: flight to safety, moral suasion, carry trade opportunities e risk-shifting. Garcia e Gimeno (2014) mostrano come, tra il 2009 e il 2013, le banche europee siano state interessate da fenomeni di flight to safety, ovvero dalla ricomposizione dei propri portafogli sovereign in favore di esposizioni verso Paesi percepiti come più “solidi” dal mercato. Tale comportamento non è stato determinato solamente dalla volontà di ridurre la rischiosità complessiva dei propri portafogli (flight to quality) ma, soprattutto, dalla necessità di disporre di un ammontare sufficiente di asset maggiormente liquidi (flight to liquidity). Quest’ultimo aspetto, secondo gli autori, ha ampliato le tensioni sul mercato dei titoli di Stato dell’eurozona: i. 7. Nell’analisi condotta da Tutino e Mosca (2017) emerge che quasi la metà (48,1%) dei titoli di Stato detenuti dalle banche di Austria, Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Irlanda, Italia, Paesi Bassi, Regno Unito, Spagna e Svezia – incluse nell’EU-wide Stress Test condotto nel 2016 (con dati al 31/12/2015) – è valutata al costo ammortizzato.. 11.

(17) rendimenti dei bond dei Paesi GIIPS hanno registrato un sensibile aumento; mentre, specularmente, quelli dei Paesi “core” (Germania, Paesi Bassi, Francia, Austria, Belgio, Finlandia) sono diminuiti. Ciò è confermato anche da Pagano (2016) che evidenzia come nel caso in cui un Paese fornisca la maggior parte dei “safe asset” sul mercato (l’autore sottolinea che i bund tedeschi costituiscono circa l’83% del debito sovrano denominato in euro con rating “AAA”), una eventuale crisi in anche uno dei Paesi dell’eurozona può determinare comportamenti di flight to safety e incrementare, di conseguenza, i differenziali di rendimento dei titoli di Stato. Con riferimento ai fenomeni di moral suasion, Ongena et al. (2016) affermano che le banche dei Paesi più colpiti dalla crisi hanno aumentato gli acquisti di bond sovrani “spinti” dalla pressione esercitata dai rispettivi governi finalizzata a sostenere la domanda di titoli di Stato. Ciò spiegherebbe la crescita dei portafogli sovereign durante la crisi del debito sovrano per alcune banche: gli autori osservano infatti che, nel periodo che va dal 2010 al 2012, le banche dei Paesi GIIPS hanno aumentato gli acquisti di titoli di Stato domestici proprio nei momenti di maggiore fabbisogno finanziario dei propri governi, contrariamente rispetto a quanto fatto dalle banche non domestiche. Coerentemente, De Marco e Macchiavelli (2016) affermano che le banche con una proprietà statale o con politici nella loro governance (banche “politically connected”), tra il 2010 e il 2013, hanno aumentato maggiormente l’ammontare di titoli di Stato domestici detenuti. Ciò è risultato particolarmente vero per quelle appartenenti ai Paesi GIIPS. Becker e Ivashina (2017) mostrano inoltre che, per un campione di banche europee osservate tra il 2010 e il 2015, l’incremento dei bond sovrani detenuti, determinato da fenomeni di moral suasion, ha influito negativamente sull’offerta di credito alle imprese. In alcuni casi, il sostegno offerto al debito pubblico dei Paesi più in difficoltà da parte del sistema bancario ha rappresentato anche un elemento di supporto alla propria redditività. La necessità di sostenere il margine di interesse è stato infatti, in alcuni momenti, uno dei fattori capaci di spiegare il maggiore investimento in titoli di Stato: quest’ultimi durante la crisi del debito sovrano sono diventati più rischiosi ma, allo stesso tempo, hanno offerto rendimenti relativamente più elevati portando così un contributo maggiore (rispetto al credito) alla redditività. Rispetto quest’ultimo punto, Acharya e Steffen (2015) mostrano come le banche abbiano sfruttato le opportunità di carry trade finanziandosi a tassi più bassi sul mercato wholesale e aumentando contestualmente gli investimenti in sovereign bond più rischiosi (quindi con rendimenti più elevati). Ad approfittarne in misura maggiore, secondo gli autori, sono state le banche più grandi, meno capitalizzate e con RWA più elevate. Ciò ha senza dubbio consentito alle banche di ottenere rendimenti “sicuri” a sostegno della redditività messa in crisi negli ultimi anni. Nel dettaglio, le banche europee (sia quelle appartenenti ai Paesi GIIPS che le altre) hanno aumentato le esposizioni verso Italia, Spagna e Portogallo nel periodo compreso tra marzo e dicembre 2010. 12.

(18) Diversamente, tra gennaio e giugno 2012 – a seguito delle operazioni di finanziamento LTRO condotte dalla BCE (dicembre 2011 e febbraio 2012) – solo le banche dei Paesi più colpiti dalla crisi hanno aumentato gli acquisti di bond sovrani8, mentre le altre hanno addirittura ridotto la loro esposizione. Ciò ha determinato il “risk-shifting” dalle banche appartenenti ai Paesi “core” a quelle dei Paesi GIIPS. Coerentemente, Battistini et al. (2014) affermano che le banche dei Paesi GIIPS, tra il 2008 e il 2012, hanno aumentato la loro esposizione verso il proprio emittente sovrano al crescere della sua rischiosità: sia per effetto dei fenomeni di moral suasion, sia come conseguenza delle opportunità di carry trade. Gli stessi autori spiegano invece il generalizzato incremento delle esposizioni domestiche (home bias) di tutte le banche (sia dei Paesi GIIPS che non) in risposta all’aumentato rischio sistemico percepito, attraverso la volontà di sostituire le esposizioni cross-border con asset domestici (renationalization/fragmentation hypothesis)9. Ulteriori comportamenti di “risk-shifting” sono stati descritti da Andreeva e Vlassopoulos (2016). Gli autori osservano che, tra la fine del 2011 e l’inizio del 2012 (quando sono state condotte le operazioni LTRO), gli acquisti di titoli di Stato domestici sono stati maggiori per le banche il cui merito creditizio era già fortemente correlato con quello del loro Paese (misurato attraverso i rispettivi CDS spread). Tale dinamica è, inoltre, risultata più evidente al crescere del rendimento dei bond sovrani domestici (quindi all’aumentare della probabilità di default del Paese emittente). Con riferimento a quest’ultimo punto, gli autori sottolineano che le banche hanno maggiori incentivi ad aumentare l’esposizione verso i titoli di Stato domestici al crescere sia del loro “legame” con il Paese, sia della rischiosità del Paese stesso. Le banche caratterizzate da una forte interconnessione con il proprio emittente sovrano non avrebbero dunque incentivo a ridurre la loro esposizione: in caso di default sovrano, le banche sarebbero comunque immediatamente (ed inevitabilmente) esposte al rischio fallimento; in caso contrario, potrebbero invece continuare a beneficiare dei maggiori rendimenti derivanti dalla detenzione di titoli di Stato con un premio per il rischio più elevato (gambling for resurrection). Ancora, Altavilla et al. (2016) dimostrano che, nei Paesi più colpiti dalla crisi, le banche a controllo statale e quelle meno patrimonializzate hanno aumentato la detenzione di titoli di Stato domestici al crescere delle tensioni sovrane più di altre banche. Gli autori aggiungono che tale dinamica riflette sia i fattori di moral suasion, che la ricerca di maggiori profitti (search for yield). Secondo Crosignani (2016), invece, il risk-shifting operato. 8. Nella seconda metà del 2011, l’aumento delle turbolenze all’interno del sistema finanziario ha determinato una forte contrazione degli scambi sul mercato wholesale. Le banche europee, in particolare quelle dei Paesi più colpiti dalla crisi, hanno avuto difficoltà nel rinnovare i loro debiti in scadenza. Tale circostanza ha spinto le banche a ricorrere in maniera significativa alle operazioni LTRO: ciò ha consentito loro di sostenere il proprio profilo di liquidità e, al tempo stesso, ha incentivato le banche ad aumentare l’investimento in titoli di Stato potendo così contare su attività facilmente liquidabili da utilizzare in futuro per rinnovare il proprio funding qualora le condizioni sul mercato fossero rimaste proibitive (Angelini et al., 2014). 9 Si veda, inoltre, Farhi e Tirole (2017).. 13.

(19) dalle banche è riconduce al livello di patrimonializzazione: le banche con ratio patrimoniali inferiori tendono ad aumentare l’esposizione verso i propri Paesi. Altri autori si sono invece concentrati sugli impatti sull’offerta di credito derivanti dalla preferenza delle banche verso i bond sovrani domestici. Gennaioli et al. (2014b) affermano che in caso di difficoltà finanziarie di un Paese, la riduzione dell’offerta di credito al settore privato è tanto più marcata quanto più è elevato l’ammontare di bond sovrani domestici detenuti dalle banche. Coerentemente, Broner et al. (2014) mostrano che, a partire dal 2010, le banche europee hanno spostato i loro impieghi dal settore privato a quello pubblico. I maggiori acquisti di titoli di Stato hanno quindi determinato una riduzione degli investimenti nell’attività produttiva del settore privato. Ciò è confermato anche da Popov e van Horen (2013) che evidenziano come le banche maggiormente esposte al debito pubblico dei Paesi GIIPS, a partire dalla fine del 2010, abbiano aumentato i finanziamenti in pool in misura minore rispetto alle altre banche, suggerendo così un impatto negativo sull’offerta di credito. I comportamenti e i fattori descritti finora sono stati resi possibili anche dai vincoli prudenziali e dall’attuale trattamento regolamentare previsto per le esposizioni sovrane. L’assorbimento patrimoniale sostanzialmente nullo sui titoli di Stato all’interno dell’UE (si veda par. 2.2), rimasto invece “elevato” per gli altri impieghi – soprattutto per quelli alle imprese (diventate più rischiose a causa dello scenario economico avverso) – ha, di fatto, fortemente incentivato tutti i comportamenti descritti10.. 10. Si veda Bonner (2016) e Kirschenmann et al. (2018).. 14.

(20) Capitolo II LE PROPOSTE DI RIFORMA DELLE ATTUALI REGOLE: UN’ANALISI CRITICA. 2.1 Introduzione Le regole previste per la detenzione di titoli di Stato sono attualmente al centro di un importante e acceso dibattito finalizzato alla ricerca di proposte valide per una loro revisione. L’obiettivo di “allentamento del circolo vizioso” tra banche ed emittenti sovrani attraverso la modifica dell’attuale framework pone così diversi interrogativi circa le strade e gli obiettivi da perseguire. In questa parte del lavoro viene quindi proposta un’analisi critica degli approcci seguiti per la formulazione delle proposte attualmente oggetto di dibattito. Nel dettaglio, il percorso intrapreso finalizzato alla ricerca di proposte di riforma efficaci ha visto porre l’attenzione, in prima battuta, sulla rimozione della ponderazione zero – sia attraverso l’applicazione dei coefficienti previsti dall’art.114(2) della CRR, che con l’introduzione di un riskweight floor nell’approccio standard – e sull’applicazione della regola (in varie forme) delle large exposures per le esposizioni sovrane. Queste sono infatti le principali proposte analizzate e descritte nel “Report on the regulatory treatment of sovereign exposures” pubblicato nel marzo 2015 dall’ESRB. Il dibattito aperto è proseguito attraverso la definizione di altre proposte volte al superamento di alcune delle criticità evidenziate nel lavoro dell’ESRB. Tra queste, si segnalano: •. l’approccio “ibrido”, ovvero l’introduzione di requisiti patrimoniali in proporzione al rischio di concentrazione (Presidency note, Ecofin, 2016; Andritzky et al., 2016)11;. •. i Sovereign Concentration Charges (SCC) (Véron, 2017);. •. l’Eurozone basket (Metthes e Rocholl, 2017).. La tematica è poi stata affrontata in via ufficiale anche dal Comitato di Basilea attraverso la pubblicazione nel dicembre 2017 di un discussion paper12 all’interno del quale vengono analizzate 11. Una ulteriore definizione della proposta è discussa anche da Tutino e Mosca (2017). Il discussion paper, intitolato “The regulatory treatment of sovereign exposures”, rappresenta la conclusione del lavoro della Task Force on Sovereign Exposures appositamente creata dal Comitato di Basilea nel 2015 con l’obiettivo di avviare il processo di revisione delle attuali regole riguardati il trattamento regolamentare delle esposizioni sovrane. L’iniziativa si inserisce nel Work Programme 2018-2019 del Comitato di Basilea 12. 15.

(21) le seguenti proposte: la revisione dell’approccio standard previsto per le esposizioni sovrane (al netto del “trattamento preferenziale” disposto dall’art.114 della CRR); l’eliminazione dell’utilizzo dell’approccio IRB per le esposizioni sovrane con utilizzo esclusivo dell’approccio standard; l’introduzione dei marginal risk weight add-ons. Alle proposte appena richiamate se ne aggiungono altre che, a differenza di quest’ultime, non implicano il cambiamento delle attuali regole per la detenzione di titoli di Stato all’interno dell’UE (par. 2.5). L’obiettivo rimane quello di “allentare il circolo vizioso” tra banche ed emittenti sovrani, ma con strumenti diversi: i) la creazione di asset a basso rischio attraverso il tranching e il pooling dei bond emessi dai Paesi membri (Sovereign Bond-Backed Securities, SBBS); ii) l’inclusione di parte delle esposizioni sovrane tra le attività finanziarie che prevedono la valutazione al valore di mercato (Enria et al., 2016). Dopo aver descritto l’origine e le motivazioni alla base delle attuali regole sul trattamento regolamentare delle esposizioni sovrane in banca (par. 2.2), vengono esposte le strade percorribili per un nuovo framework (par. 2.4). La valutazione degli obiettivi degli approcci seguiti finora, unita all’analisi delle caratteristiche tecniche delle nuove proposte, consente di arrivare a importanti conclusioni che le Autorità dovrebbero tenere presenti nel definire gli orientamenti e le caratteristiche di un possibile nuovo framework. L’effettiva efficacia e la sostenibilità delle nuove regole non possono infatti prescindere da una più ampia considerazione del profondo legame tra rischio sovrano, sistema bancario e sistema finanziario, economia.. 2.2 Il rischio sovrano negli Accordi di Basilea: all’origine di regole non adeguate ai rischi Il primo accordo sui requisiti patrimoniali (Basilea 1, 1988) prevedeva, a fronte del rischio di credito, la determinazione del patrimonio di vigilanza attraverso l’utilizzo di ponderazioni standard in relazione alla tipologia di controparte. Per ciascuna di esse era previsto lo stesso coefficiente di ponderazione, impedendo così una differenziazione rispetto al reale rischio della controparte verso cui si era esposti. In sostanza, letto anche con gli occhi di oggi, ciò tendeva a tradursi in una inadeguata differenziazione dei rischi di credito assunti. In particolare, per le esposizioni verso emittenti sovrani era prevista una ponderazione pari allo 0% per tutti i titoli di Stato emessi da governi dei Paesi OCSE. È facile intuire come questa (https://www.bis.org/bcbs/bcbs_work.htm#workprogramme) e rappresenta l’apertura ufficiale della discussione tra i diversi stakeholder. La discussione e l’analisi dei feedback raccolti dal discussion paper è attesa, insieme ai risultati di un quantitative impact study dedicato, entro la fine del 2018.. 16.

(22) circostanza potesse essere causa di fenomeni di azzardo morale o selezione avversa: le banche potevano infatti associare, a parità di (non) accantonamento patrimoniale, livelli di rischiosità più elevati. La regolamentazione prevedeva, di fatto, che le banche fossero esentate dall’accantonare capitale a fronte dei titoli di Stato emessi da Paesi appartenenti all’OCSE. Per le esposizioni verso Paesi non appartenenti all’OCSE, invece, la ponderazione era pari al 100%13. L’architettura del primo accordo sui requisiti patrimoniali non prevedeva dunque una proporzionalità tra l’effettivo grado di rischiosità delle singole controparti e l’ammontare di capitale minimo da detenere a fronte delle relative posizioni. Ciò era vero per tutte le esposizioni, comprese quelle sovrane. L’approccio appena descritto cambia radicalmente con Basilea 2 (2006): i requisiti patrimoniali minimi sono determinati in base alla misurazione della rischiosità dell’esposizione, prevedendo così accantonamenti crescenti all’aumentare della rischiosità della controparte. Nel caso del rischio di credito, si hanno quindi requisiti patrimoniali che aumentano con il peggioramento del merito creditizio della controparte. Il principio è alla base sia dell’utilizzo dell’approccio standard che di quello dei rating interni. Ciò è confermato anche in Basilea 3 (2010). È necessario, a questo punto, evidenziare che l’architettura degli accordi di Basilea 2 e di Basilea 3 sul fronte rischio di credito non prevede nella sua formulazione una ponderazione indistinta pari a zero per le esposizioni verso emittenti sovrani. Quest’ultime infatti hanno, di base, una ponderazione che varia al variare del rating esterno assegnato dalle ECAI – nel caso di utilizzo dell’approccio standard14; oppure del rating stimato attraverso i modelli interni – nel caso dell’approccio IRB. È dunque chiaro che la natura degli accordi di Basilea (2 e 3) prevede una differenziazione del rischio anche per le esposizioni sovrane. Nonostante ciò, nel documento che descrive i termini dell’accordo di Basilea 2 è specificato (par.54) che “a discrezione nazionale, un peso inferiore di rischio può essere applicato alle esposizioni delle banche verso il proprio Stato (o banca centrale), purché denominate in valuta nazionale e finanziate in quella stessa valuta”15. È quindi questa la prescrizione che lascia spazio all’introduzione di coefficienti di ponderazione nulli per le esposizioni in titoli di Stato domestici. Le motivazioni all’origine di tale scelta sono diverse. Anzitutto, come dimostrato da Reinhart e Rogoff (2011), prima dell’avvento della crisi del debito europea i default sovrani erano circoscritti solamente a Paesi in via di sviluppo: ciò rende chiara la ragione per cui le varie Autorità nazionali. 13. Considerazioni simili erano valide anche per le esposizioni verso controparti private. Per le imprese era prevista una ponderazione indistinta pari al 100%; mentre per le banche appartenenti a Paesi OCSE la ponderazione era pari al 20%. 14 L’approccio standard prevede per le esposizioni sovrane una ponderazione pari a zero solo per i titoli con rating (assegnato da una ECAI) da “AAA” a “AA-”. La ponderazione cresce infatti al peggiorare del rating esterno: 20% da “A+” a “A-”; 50% da “BBB+” a “BBB-”; 100% da “BB+” a “B-”; 150% per le esposizioni con rating inferiore a “B-”; 100% se prive di rating. 15 BCBS (2006), International convergence of capital measurement and capital standards.. 17.

(23) hanno deciso di usufruire di tale deroga, evitando così di seguire la regola generale (Lanotte et al., 2016). Inoltre, la regolamentazione ha voluto tenere conto anche del ruolo assunto dai titoli di Stato nelle operazioni di politica monetaria e, di conseguenza, all’interno del mercato monetario (Enria et al., 2016). Attualmente, all’interno dell’Unione Europea (UE), il Regolamento UE 575/2013 (“CRR”) e la Direttiva 2013/36/UE (“CRD IV”), che recepiscono ed attuano le disposizioni previste da Basilea 3, confermano l’approccio seguito con il precedente accordo: la UE consente alle Autorità nazionali di vigilanza di fissare in maniera discrezionale una minore ponderazione di rischio per le esposizioni sovrane denominate e finanziate nella moneta dello Stato emittente. In particolare, ai fini dell'applicazione del metodo standardizzato, le Autorità della UE hanno posto pari a zero la ponderazione di rischio, a prescindere dal rating esterno. Ponderazione da applicare non soltanto alle esposizioni verso soggetti sovrani denominate e finanziate nella moneta dello Stato membro corrispondente (CRR, art.114 comma 4), ma anche alle esposizioni di questo tipo denominate e finanziate nella moneta di qualunque altro Stato membro. L’idea è stata quindi quella di mettere un coefficiente pari a zero per tutti i bond sovrani della UE, non solo per quelli della zona euro. Nel caso in cui non fosse stato previsto un coefficiente pari zero per tutti i bond sovrani dell’UE, le banche sarebbero state incoraggiate, infatti, a finanziare solo il debito più “sicuro”. Questa scelta, quindi, ha – sotto il profilo regolamentare prudenziale – azzerato il rischio per qualunque titolo di Stato dell’Unione Europea (BIS, 2013). Nel dettaglio, l’articolo 114 della CRR prevede la conferma di un coefficiente di ponderazione pari a zero per le esposizioni verso la BCE (comma 3) e verso le banche centrali e i bond delle amministrazioni centrali emessi in valuta nazionale (comma 4). Il comma 5, però, segnala dei cambiamenti affermando che a partire dal 2018, per i titoli di un altro Stato europeo che siano emessi in valuta diversa da quella nazionale, le banche acquirenti devono iniziare a ponderare i rischi. Pertanto, se una banca di un Paese europeo, ma non dell’eurozona, investe in un titolo di un Paese appartenente a quest’ultima – quindi emesso in valuta diversa – dal 2018 in poi deve aumentare il capitale di vigilanza. I cambiamenti appena descritti avranno la conseguenza di rendere più oneroso anche per le banche dell’eurozona detenere titoli di Paesi al di fuori dell’eurozona. I bond sovrani denominati in euro, dunque, rimangono a rischio zero, mentre quelli denominati in altre valute vengono di fatto assimilati a bond sovrani esteri. Altra novità relativa al recepimento di Basilea 3 all’interno dell’UE riguarda le banche che utilizzano l’approccio IRB: quest’ultime possono continuare ad applicare l’approccio standard per le esposizioni verso emittenti sovrani (CRR, artt. 148 e 150). Si tratta del “permanent partial use”, ovvero della possibilità prevista per le banche che utilizzano i modelli IRB di applicare in via permanente il metodo standard per le esposizioni verso Stati membri della UE, a condizione che 18.

(24) a questi sia assegnato un coefficiente di ponderazione pari a zero in base al metodo standard. È evidente che la motivazione all’origine della scelta è di consentire anche alle banche che utilizzano i modelli interni per il rischio di credito di beneficiare della ponderazione nulla al pari delle banche che utilizzano l’approccio standard. Ciò non era previsto invece nel secondo accordo, in quanto per le banche che utilizzavano l’approccio IRB era permesso solo di utilizzare l’approccio standard nel caso di esposizioni “irrilevanti in termini di dimensione e profilo di rischio percepito”16. Infine, le attuali diposizioni regolamentari impongono alle banche dei limiti alle esposizioni verso singole controparti o gruppi di soggetti connessi. Nello specifico, le esposizioni verso singole controparti hanno un limite pari al 25% del patrimonio di vigilanza. La logica sottostante è quella di prevenire, o limitare, il rischio di concentrazione per gli intermediari. La regola delle large exposures17 non si applica però alle esposizioni sovrane (CRR, art. 400), consentendo di fatto alle banche di detenere quantità molto rilevanti di titoli di Stato in rapporto alle dimensioni del proprio capitale. È importante ricordarlo poiché la rimozione di questa eccezione costituisce una delle ipotesi considerate nelle proposte per ridurre il legame tra rischio sovrano assunto e grado di solidità del sistema bancario.. 2.3 Il dibattito aperto sui possibili cambiamenti della normativa: prime riflessioni Le argomentazioni a favore della rimozione del trattamento preferenziale muovono dall’assunto secondo cui la condizione di sostanziale risk free, attribuita per anni agli emittenti sovrani, sia ora venuta meno a causa degli avvenimenti osservati durante la crisi europea del debito iniziata nel 2010. Pertanto, l’assenza (o il forte contenimento) di un accantonamento patrimoniale per le banche europee a fronte di esposizioni sovrane sembra scontrarsi con l’analisi teorica e con l’evidenza secondo cui ogni controparte è caratterizzata da un determinato profilo di rischio. Il dibattito attualmente aperto è alimentato, perciò, soprattutto da considerazioni che vedono nell’attuale trattamento regolamentare favorevole per i titoli di Stato la principale causa dell’accumulo di elevate quantità di quest’ultimi all’interno dei bilanci bancari europei. Le banche si sarebbero così esposte in misura elevata alle tensioni relative alla sostenibilità del debito pubblico di alcuni Paesi europei. È evidente, tuttavia, che il forte investimento in titoli pubblici da parte delle banche non dipende soltanto da questi fattori regolamentari “preferenziali”. È sufficiente osservare che anche altre 16 17. BCBS (2006), International convergence of capital measurement and capital standards, par.260. Per ulteriori dettagli si veda https://www.eba.europa.eu/regulation-and-policy/large-exposures.. 19.

(25) motivazioni incidono sulle banche. Basta pensare ad esempio che, sul piano delle scelte gestionali, sono rilevanti anche fattori quali: la redditività complessiva della banca, le fonti da cui trae origine e i suoi andamenti; la redditività delle altre attività fruttifere – principalmente i crediti alla clientela –, gli impatti reddituali negativi che scaturiscono da perdite su crediti. In generale, è possibile sostenere che la volontà di riforma appare mossa soprattutto dall’asserito convincimento secondo cui la rimozione della ponderazione favorevole o l’introduzione di un limite alle esposizioni ridurrebbero gli impatti di potenziali nuove forte crisi del debito sovrano: interventi regolamentari di questa natura, infatti, sarebbero in grado di ridurre l’esposizione ai rischi sovrani, accrescere la diversificazione dei portafogli, migliorare la capacità delle banche di assorbire le perdite provenienti dalla stessa tipologia di rischi, aumentare la risk transparency e ridurre il rischio sistemico18. Gli effetti della crisi del debito sovrano europea, nonché il completamento dell’Unione Bancaria19, hanno dunque sollevato dubbi circa la sostenibilità dell’attuale framework. A tal proposito, l’ESRB all’interno del “Report on the regulatory treatment of sovereign exposures” del marzo 2015 afferma che “le regole previste per le esposizioni sovrane sono incoerenti con l’approccio concettuale che sottende l’attuale sistema di regolamentazione”20. Inoltre, secondo la stessa Autorità, è giusto evidenziare che un sistema di regolamentazione basato sull’approccio prudenziale non può prescindere dal considerare anche il rischio legato alle esposizioni sovrane. In conclusione, le pressioni da parte dei rappresentanti di alcuni Paesi membri hanno di fatto portato Autorità21, accademici e operatori del mercato ad interrogarsi se, e in che modo, possa cambiare la normativa attualmente vigente in materia. Di seguito vengono prese in esame le proposte più significative, ossia le proposte sulle quali si è aperto un dibattito a distanza tra Autorità, studiosi, esponenti di istituzioni finanziarie.. 18. Si veda, tra gli altri, Lenarčič et al. (2016). Di particolare importanza è la presa di posizione di alcuni Paesi europei (Germania in particolare) che hanno messo come condizione per il completamento del terzo pilastro dell’Unione bancaria (armonizzazione degli schemi di garanzia dei depositi), l’introduzione di una forma di limitazione delle esposizioni in titoli di Stato di ogni banca. Il principio si basa sulla convinzione che un sistema di garanzia unico dei depositi non possa essere realizzato se prima non viene ridotta la rischiosità dei sistemi bancari, alimentata in parte anche dalla rilevante esposizione ai debiti sovrani. 20 L’Autorità precisa, comunque, che eventuali proposte di riforma delle attuali regole devono essere pensate ed elaborate tenendo presente un contesto “stabile e stazionario”, e non facendo riferimento alla crisi del debito europea. Inoltre, le proposte discusse nel documento non vengono considerate, nel contesto attuale, come attuabili in tempi immediati. L’obiettivo è esclusivamente quello di stimare l’impatto di possibili cambiamenti regolamentari. 21 Tra questi, Danièle Nouy (2015), Presidente del Consiglio di Vigilanza della BCE ha affermato che “il debito pubblico non è privo di rischio” e, di conseguenza, “ci dovrebbe essere un tetto massimo per i titoli di Stato detenuti dalle banche in bilancio”; Jens Weidmann (2015), Presidente della Bundesbank, ha posto l’accento, invece, su un altro aspetto affermando che “il trattamento preferenziale ha fatto investire le banche in titoli di Stato del loro Paese piuttosto che fornire credito al settore privato”. 19. 20.

(26) 2.4 Le soluzioni proposte tra rischio di credito e rischio di concentrazione Le proposte finalizzate al cambiamento delle attuali regole per la detenzione di bond sovrani possono essere ricondotte a due possibili strade (Tab. 2.1): la prima fa riferimento alla rimozione del trattamento “preferenziale” e quindi all’aumento dei requisiti patrimoniali a fronte del rischio sovrano (quindi di credito) sostenuto (par. 2.4.1); la seconda riguarda invece le soluzioni finalizzate alla riduzione del rischio di concentrazione del portafoglio titoli attraverso meccanismi di limitazione o disincentivo all’investimento (par. 2.4.2). Il tentativo di classificazione discende dalla considerazione delle finalità delle proposte qui esaminate. A questo proposito, l’aspetto che assume carattere centrale nella classificazione delle varie proposte è la scelta tra l’aumento delle misure patrimoniali minime per far fronte ex post al rischio assunto, contro una limitazione ex ante del rischio sovrano. L’analisi di questi due approcci, unita alla considerazione delle caratteristiche delle proposte stesse a queste ricollegate, ci permette di ricavare un giudizio critico sulle possibili iniziative da intraprendere.. Tabella 2.1. Le soluzioni proposte Rischio di credito •. •. •. •. 2.4.1. Rimozione della ponderazione favorevole e applicazione dei coefficienti previsti dall’art.114(2) della CRR (ESRB, 2015). L’introduzione di un risk-weight floor per le esposizioni sovrane nell’approccio standard (ESRB, 2015). Revisione dell’approccio standard previsto per le esposizioni sovrane (al netto del “trattamento preferenziale” disposto dall’art.114 della CRR) (BCBS, 2017). Eliminazione dell’utilizzo dell’approccio IRB per le esposizioni sovrane con utilizzo esclusivo dell’approccio standard (BCBS, 2017).. Rischio di concentrazione • • • • •. Applicazione della regola delle large exposures (ESRB, 2015). Sovereign Concentration Charges (Véron, 2017). Eurozone basket (Metthes e Rocholl, 2017). Marginal risk weight add-ons (BCBS, 2017). Approccio “ibrido” (introduzione di requisiti patrimoniali in proporzione al rischio di concentrazione) (Presidency note, Ecofin, 2016; Andritzky et al., 2016).. L’aumento dei requisiti minimi patrimoniali per il rischio sovrano. La rimozione del trattamento preferenziale muove dalla seguente logica: ogni esposizione è caratterizzata da uno specifico profilo di rischio. È dunque necessario aumentare i requisiti patrimoniali per far fronte al rischio sostenuto nel momento in cui si è esposti anche verso emittenti sovrani. Ciò attraverso l’utilizzo di coefficienti di ponderazione (nel caso dell’approccio standard) sensibili alla rischiosità della controparte.. 21.

(27) La rimozione del carve-out domestico implicherebbe che le esposizioni nei confronti di uno Stato membro denominate e finanziate nella valuta di quest’ultimo non siano più ponderate necessariamente allo 0%, ma siano “trattate” sulla base di quanto previsto attualmente dagli accordi di Basilea per l’approccio standard. Ciò porterebbe a ponderare le esposizioni sulla base dei rating delle ECAI. Allo stato attuale, questa circostanza renderebbe più “oneroso”, in termini di capitale assorbito, detenere titoli di Paesi europei con rating non elevati. Naturalmente, in un eventuale futuro scenario economico particolarmente positivo, il miglioramento dei rating sovrani renderebbe minimo l’impatto della rimozione del carve-out: il metodo standard potrebbe portare ugualmente, infatti, a ponderare a zero un numero consistente di bond sovrani. Altro aspetto da tenere in considerazione riguarda l’utilizzo dei rating prodotti dalle ECAI: la stretta dipendenza tra questi rating e la determinazione dell’accantonamento patrimoniale a fronte delle esposizioni sovrane complica la possibilità di avere valutazioni corrette e uniformi a causa della prociclicità insita nelle procedure utilizzate dalle agenzie di rating22. Il problema riguarda in particolare l’utilizzo del metodo standard nel suo complesso. Questo approccio, per esposizioni verso ogni tipologia di controparte, implica una dipendenza molto stretta tra la determinazione dell’accantonamento patrimoniale a fronte dei rischi e l’attività svolta dalle ECAI. Una soluzione che consentirebbe di superare tale criticità sarebbe quella di introdurre un riskweight floor per tutte le esposizioni sovrane (altra ipotesi considerata dall’ESRB23). Una ponderazione minima garantirebbe sempre una quantità di patrimonio accantonato a fronte di ogni esposizione, anche nelle fasi di ciclo economico positivo in cui rating eccessivamente “ottimisti” potrebbero sottostimare la rischiosità delle controparti e portare, di conseguenza, ad accantonamenti nulli o irrisori. Specularmente, l’adozione di un coefficiente di ponderazione indistinto comporterebbe una mancata considerazione della rischiosità intrinseca delle diverse esposizioni sovrane detenute. L’attuale approccio standard ha inoltre manifestato ulteriori criticità legate ai seguenti aspetti: la scarsa granularità dei coefficienti di ponderazione da assegnare, una definizione di “esposizione sovrana” troppo generica24.. 22. Diversi autori (Ferri et al., 1999; Amato e Furfine, 2003) hanno evidenziato nel tempo come i giudizi espressi dalle agenzie di rating non siano sempre in grado di assolvere alla funzione di “early warning indicators” per il rischio sovrano. Ciò è dovuto anche al loro impatto prociclico, come anche sottolineato dall’ESRB (ESRB, 2015 pag. 121). 23 ESRB (2015), pagg. 120 e seguenti. 24 L’art. 114 della CRR parla infatti di “esposizioni verso autorità centrali o banche centrali”. Inoltre l’art. 115 specifica che “le esposizioni verso amministrazioni regionali o autorità locali sono trattate come le esposizioni verso le amministrazioni centrali di rispettiva appartenenza, a condizione che non vi sia nessuna differenza di rischio tra tali esposizioni in quanto le amministrazioni regionali e le autorità locali hanno specifici poteri di imposizione fiscale e un assetto istituzionale tale da ridurre il loro rischio di default”.. 22.

(28) Il discussion paper, pubblicato dal BCBS nel dicembre 2017 e sopra richiamato, tenta di rimediare parzialmente alle criticità appena ricordate proponendo il mantenimento dell’approccio standard, rivisitato tuttavia con alcune specificazioni e integrazioni25. La proposta prevede infatti: •. anzitutto l’applicazione di ponderazioni differenziate sulla base di una tabella costruita allo scopo di tenere conto della diversa natura delle controparti. In essa sono rappresentate le seguenti categorie di esposizioni sovrane (dalla meno rischiosa alla più rischiosa): verso banche centrali, verso governi centrali denominate in valuta domestica, verso governi centrali denominate in valuta estera, altre esposizioni. Per ognuna di queste categorie il coefficiente di ponderazione cresce al diminuire del rating assegnato dalle ECAI26;. •. la possibilità che, in sede di valutazione dei rischi connessi al merito creditizio delle controparti sovrane, possano essere utilizzati indicatori macroeconomici e variabili fiscali in aggiunta o come alternativa al rating delle ECAI;. •. infine, allo scopo di consentire alle banche di ridurre la stretta dipendenza dall’attività di valutazione svolta dalle agenzie di rating e di utilizzare quindi soluzioni alternative/complementari, la proposta prevede che le stesse banche siano chiamate a svolgere al proprio interno una “due diligence” del proprio portafoglio sovrano che consenta ad esse di dimostrare che vi è coerenza tra il profilo di rischio effettivo stimato da ciascuna banca e il rating assegnato alle proprie esposizioni. Rating che pertanto può essere diverso da quello delle ECAI.. Altro tema preso in esame nello stesso documento riguarda invece l’utilizzo dei modelli interni IRB27, rispetto al quale vanno segnalate anzitutto alcune differenze attualmente in essere per gli emittenti sovrani ai fini della stima dell’accantonamento patrimoniale per il rischio di credito. In primo luogo, è bene evidenziare le disposizioni della vigilanza in merito alla stima della PD ai fini della validazione del proprio sistema di rating interno: il suo valore minimo deve essere pari allo 0,03% e deve essere espresso come media di lungo periodo (deve basarsi quindi sull’esperienza storica). L’obiettivo è fare in modo che la stima non sia esclusivamente espressione di valutazioni discrezionali. Per le esposizioni sovrane è presente però un’eccezione: sono esonerate dal rispetto del floor minimo (0,03%) previsto per la PD. Questa circostanza, unita al fatto che le stime devono basarsi necessariamente sui dati storici e, quindi, sull’esperienza di default delle controparti (molto più rari per gli Stati rispetto a controparti private), rende molto bassi (o di fatto. 25. BCBS (2017), pagg. 25 e seguenti.. 26 Nelle giurisdizioni dove non è consentito l’uso dei rating prodotti dalle ECAI, la proposta prevede l’utilizzo del. Country. Risk Classification (CRC) score elaborato dall’OCSE. 27 BCBS (2017), pag.25.. 23.

(29) nulli) gli accantonamenti previsti per le esposizioni sovrane. A proposito di quest’ultimo punto, il Comitato di Basilea puntualizza che per le esposizioni sovrane si hanno spesso dati e informazioni insufficienti per una stima robusta di tutte le variabili di input necessarie a determinare i requisiti minimi patrimoniali (PD e LGD in primis). Pertanto, lo stesso Comitato avanza dubbi sulla capacità – e dunque anche sull’adeguatezza – dei modelli interni di catturare l’effettiva rischiosità delle esposizioni sovrane: da qui la proposta di eliminare completamente il loro utilizzo per il portafoglio sovereign. La proposta esaminata ha, fra gli altri meriti, quello di puntare l’attenzione su disfunzioni, limiti e incongruenze del metodo standard e del metodo dei rating interni applicati alle esposizioni sovrane. Arrivando così a due conclusioni: i) che vadano apportati significativi miglioramenti all’applicazione del metodo standard; ii) che i rating interni siano in effetti applicabili pochissimo o per nulla, tanto da poter essere eliminati.. 2.4.2. Verso limiti all’assunzione del rischio di concentrazione. Un limite al rischio di concentrazione può configurarsi attraverso diverse soluzioni il cui fine ultimo, come già richiamato, è quello di limitare l’assunzione di rischio derivante dalle esposizioni in titoli di Stato: dunque, ponendo ex ante un vincolo all’investimento. Questo obiettivo può essere perseguito in modi diversi. Tra gli altri, in particolare: •. attraverso l’imposizione di una soglia quantitativa oltre la quale non sia possibile detenere questo tipo di asset (ad esempio, in percentuale del patrimonio di vigilanza come previsto per la regola delle large exposures);. •. oppure, in alternativa, attraverso un sistema di incentivi alla diversificazione del proprio portafoglio di titoli sovrani (senza quindi definire necessariamente un limite-soglia complessivo oltre il quale non sia possibile l’investimento).. 2.4.2.1 L’introduzione di un limite massimo alle esposizioni sovrane Le motivazioni che potrebbero giustificare l’introduzione della regola delle large exposures per le esposizioni sovrane troverebbero spiegazione – secondo l’ESRB – nell’assunto secondo cui un limite complessivo alle esposizioni sovrane diminuirebbe gli effetti negativi derivanti da possibili riduzioni dei prezzi di mercato dei titoli di Stato in possesso delle banche: eventuali necessità di ricapitalizzazione o perdite derivanti da processi di deleveraging potrebbero essere limitate riducendo la quantità di titoli detenuti. Inoltre, nel caso dell’UE, un limite alle esposizioni sovrane. 24.

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