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Le altre proposte per allentare il “circolo vizioso” tra banche e Stati

Dalla pubblicazione del report curato dall’ESRB, il dibattito sul tema è cresciuto notevolmente. Esponenti di Autorità, accademici e operatori del mercato si sono espressi e confrontati sulle possibili iniziative da adottare in futuro, non sempre con pareri concordanti.

Altre importanti proposte sulle quali ci si sta interrogando e che qui vengono prese in esame partono proprio dall’analisi fatta all’interno del report pubblicato dall’ESRB. Tuttavia, a differenza di quelle analizzate nel paragrafo precedente, queste proposte hanno come obiettivo quello di “allentare il circolo vizioso” tra banche ed emittenti sovrani senza implicare il cambiamento delle attuali regole per la detenzione di titoli di Stato all’interno dell’UE (par. 2.2).

In tale contesto, una proposta della quale si è tornati a discutere riguarda i Sovereign Bond- Backed Securities (SBBS) (Brunnermeier et al., 2011, 2016; Brunnermeier et al., 2017). Essa ha carattere completamente diverso da quelle già illustrate, non avendo a che fare con la riforma delle regole attuali per la detenzione di bond sovrani da parte delle banche. Si tratta dunque di una soluzione che mira a ridurre il rischio derivante dalle esposizioni verso emittenti sovrani. L’obiettivo è la creazione di asset a basso rischio attraverso il tranching e il pooling dei bond emessi dai Paesi membri. La tecnica, già proposta nel 2011, prevede la creazione di una debt

agency europea con l’incarico di acquistare sul mercato secondario titoli di Stato dei vari Paesi

membri finanziando l’acquisto attraverso l’emissione di un titolo di debito senior (European Safe Bonds, ESBies) e di uno junior (European Junior Bonds, EJBies)36. L’obiettivo è dunque la creazione

di titoli “sintetici” con rischio medio, ove il concetto di “medio” è ovviamente definito dai titoli sottostanti e della loro composizione relativa.

36 Le perdite derivanti dall’eventuale default degli asset sottostanti sarebbero assorbite inizialmente dal titolo junior e,

solo successivamente, dal titolo senior. Le eventuali perdite generate dagli SBBS graverebbero quindi solo sugli investitori che acquistano tali strumenti.

30 La proposta degli SBBS è stata presa in considerazione anche dalle Autorità europee: nel 2016 l’ESRB ha creato una apposita task force (“High-Level Task Force on Safe Assets”) con l’obiettivo di valutare l’utilità e la fattibilità della creazione di “titoli rappresentanti un pool diversificato di

obbligazioni sovrane provenienti da tutti gli Stati membri della zona euro in base al loro peso economico”. I risultati – pubblicati dall’ESRB nel gennaio 2018 all’interno del documento intitolato

“Sovereign bond-backed securities: a feasibility study” – affermano che gli SBBS sono in grado di “ridurre i rischi per la stabilità finanziaria” favorendo la “diversificazione dei portafogli di titoli

sovrani detenuti dalle banche e da altri istituti”. Successivamente, il 24 maggio 2018 la

Commissione Europea (CE) ha presentato una proposta37 finalizzata all’introduzione nel contesto

normativo europeo degli SBBS seguendo l’impostazione sopra richiamata38.

Una delle caratteristiche più importati della proposta della CE riguarda la possibilità di concedere agli SBBS lo stesso trattamento regolamentare dei bond sovrani emessi dai Paesi della zona euro denominate e finanziate in euro. La rimozione degli “attuali ostacoli regolamentari” rappresenta infatti un importante incentivo per l’investimento in questi asset. Attualmente, ai fini della determinazione dei requisiti patrimoniali, la detenzione degli SBBS non sarebbe comparabile a quella di titoli di Stato; gli SBBS sarebbero infatti trattati come cartolarizzazioni, determinando così maggiori requisiti di capitale rispetto ai bond sovrani39.

La domanda di questi titoli dipenderebbe molto, naturalmente, anche dalla possibilità di essere considerati, o meno, come collateral dalla BCE per accedere al credito di quest’ultima. Ciò incrementerebbe senz’altro la loro domanda, incentivando così le banche a diminuire la detenzione di titoli sovrani domestici in favore di asset (meno rischiosi) capaci di favorire la condivisione del rischio sovrano all’interno del mercato40. In quest’ottica, la tranche seniordegli

SBBS (ovvero gli ESBies)41 rappresenterebbero quei “safe” (o risk-free) asset di cui le banche

37 Proposta di regolamento COM 2018/339: “Proposal for a regulation of the European Parliament and of the Council

on SBBS” (https://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/PDF/?uri=CELEX:52018PC0339&from=EN).

38 La proposta della CE, a differenza di quella di fatta da Brunnermeier et al. (2011, 2016) stabilisce la natura privata

dei soggetti incaricati all’emissione degli SBBS. Questi soggetti, ovvero le Special Purpose Entity (SPE) dovranno: i) avere quale attività esclusiva l’emissione e la gestione degli SBBS e degli attivi sottostanti; ii) essere gli unici con responsabilità dell’attività di emissione e gestione; iii) avere la proprietà degli attivi sottostanti. Inoltre, per quanto riguarda il peso dei bond sovrani di ciascuno Stato membro all’interno del portafoglio sottostante gli SBBS, la CE suggerisce l’utilizzo di una ponderazione vicina a quella relativa alla “partecipazione del rispettivo Stato membro allo schema di capitale della BCE” (ECB capital key).

39 L’ESBR nel documento “Sovereign bond-backed securities: a feasibility study” (pagg. 42 e seguenti) stima che, per le

105 banche coinvolte nel Transparency Exercise 2015 dell’EBA, l’integrale sostituzione del proprio portafoglio di titoli di Stato con tranche senior degli SBBS – mantenendo inalterato l’attuale trattamento regolamentare delle esposizioni sovrane – avrebbe comportato ulteriori requisiti di capitale per 70,7 miliardi di euro (essendo le tranche senior degli SBBS ponderate con un coefficiente del 20%).

40 A tal proposito, il Vice-Presidente della CE ha affermato che la proposta “rafforzerà l'assorbimento del rischio da

parte del settore privato attraverso mercati finanziari integrati e ridurrà i rischi nel settore bancario, senza dover introdurre una loro mutualizzazione”.

31 hanno bisogno per la loro operatività, essendo i titoli di Stato emessi da molti Paesi dell’eurozona non più percepiti come tali42.

La soluzione, proposta in origine da Brunnermeier et al. (2011, 2016), ha quindi caratteristiche lontane da quelle previste per gli Euro Bond. Rispetto a quest’ultimi gli SBBS sono “politically

feasible”, ovvero non necessitano della condivisione del debito pubblico tra i Paesi membri o

dell’emissione di nuovo debito garantito congiuntamente da quest’ultimi. La tecnica prevede esclusivamente la cartolarizzazione del debito già esistente. Tuttavia, anche in questo caso la soluzione proposta potrebbe presentare delle criticità. Se da una parte verrebbe meno il problema relativo alle eventuali difficoltà di finanziamento per i Paesi percepiti più rischiosi – come nel caso delle proposte già analizzate (par. 2.4) – l’adozione degli SBBS non disincentiverebbe le banche a ridurre la loro esposizione nei confronti del debito pubblico degli emettenti sovrani. Gli Stati potrebbero essere invece incentivati ad aumentare il proprio debito, potendo contare sulla possibilità di includere i propri titoli negli SBBS.

Altro tema riguarda invece un aspetto diverso, ma significativamente connesso a ciò di cui si sta parlando: la valutazione dei titoli di Stato iscritti a bilancio. Come evidenziato da Enria et al. (2016), attualmente gran parte dei titoli di Stato è iscritta tra le categorie finanziarie che non prevedono la valutazione al valore di mercato43. Ciò fa sì che le fluttuazioni del mercato dei bond

sovrani non influenzino i valori di bilancio (si veda il par. 1.2).

Gli autori proseguono rilevando che questa modalità di classificazione e valutazione di gran parte dei titoli pubblici risulta poco coerente in considerazione del ruolo dei bond sovrani nel soddisfacimento del requisito LCR, ovvero dell’indicatore di liquidità definito in rapporto agli equilibri finanziari delle banche nel breve periodo. Questi titoli – considerati liquidi – costituiscono gran parte delle HQLA: ovvero della categoria di asset di “alta qualità” che comprende tutti quei titoli che la banca dovrebbe essere in grado di smobilizzare facilmente in caso di shock di liquidità. La dismissione avverrebbe ovviamente ai valori di mercato: gran parte dei titoli sovrani che costituiscono tale categoria, invece, è valutata al costo ammortizzato. Ovvero, secondo un criterio che esclude il riferimento agli andamenti di mercato e presuppone sia che i titoli siano detenuti in portafoglio fino alla loro scadenza naturale, sia che, sopraggiunta quest’ultima, essi siano pienamente rimborsati dal debitore sovrano.

42 Si veda Gros (2018).

43 La raccomandazione fatta dall’EBA nel 2011 ha voluto proprio affrontare questo problema. In quell’occasione

l’Autorità ha chiesto alle banche di portare il proprio CET1 al 9%, prevedendo così un sovereign buffer in grado di compensare la forte diminuzione del valore dei titoli di Stato osservata in quel periodo sui mercati. L’obiettivo era quello di incrementare il capitale coerentemente con quanto i mercati stavano evidenziando. In quel momento la rischiosità percepita sui mercati non era infatti “catturata” né dagli assorbimenti patrimoniali (pari a zero) né dai criteri di valutazione dei titoli di Stato iscritti in bilancio (la maggior parte era valutata al costo ammortizzato).

32 Da qui la proposta di includere all’interno delle attività finanziarie iscritte nei comparti HFT (held

for trading) o AFS (available for sale) almeno tutti i bond sovrani compliant con il requisito LCR44.

In questo caso, la valutazione dovrebbe essere al fair value. Sarebbe perciò più coerente con la funzione dei titoli di Stato all’interno delle HQLA considerate ai fini del rispetto dell’indicatore di liquidità di breve periodo. Ciò incentiverebbe le banche a gestire in maniera più efficiente le proprie esposizioni sovrane. Le criticità sarebbero invece legate all’aumento della volatilità dei bilanci bancari, che sarebbero così molto più esposti alle fluttuazioni dei prezzi dei titoli di Stato. Sarebbe dunque opportuno, in ogni caso, riflettere su una possibile, ulteriore specificazione della proposta enunciata qui di seguito. Al fine di rendere effettivamente efficace il presidio del rischio di liquidità offerto dalle HQLA per il rispetto dell’LCR, si potrebbe inserire un vincolo di utilizzabilità dei titoli di Stato impiegati allo scopo. Ad esempio, soltanto l’80% (o una percentuale diversa) del loro valore nominale, in una logica prudenziale che presupponga che il valore di mercato possa essere soggetto a variazioni anche negative nel tempo. Ciò consentirebbe di non dover iscrivere i titoli in altri comparti del portafoglio attività finanziarie, evitando così impatti immediati sulla redditività registrata in bilancio legata alla volatilità dei prezzi (Tutino e Mosca, 2017).