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Le proposte analizzate hanno caratteristiche profondamente diverse, anche se l’obiettivo comune è quello di contribuire a ridurre il circolo vizioso del rischio tra banche ed emittenti sovrani. Un obiettivo così ambizioso non sembra, però, poter essere raggiunto con la sola adozione di una o più di queste proposte. La loro applicazione potrebbe infatti far scaturire non soltanto elementi positivi di soluzione, ma anche nuovi problemi.

La Tab. 2.2 è stata elaborata per mettere in evidenza in sintesi, attraverso un confronto delle relative parti caratterizzanti e significative, gli aspetti essenziali delle singole proposte. L'attenzione è soprattutto per le implicazioni di ciascuna proposta. Sono perciò riportati sia i

44 Il nuovo principio contabile internazionale IFRS 9, che trova applicazione a partire dal 1° gennaio 2018, distingue le

attività finanziarie tra quelle valutate al fair value e quelle valutate al costo ammortizzato. Nelle prime sono ricomprese

tutte quelle attività detenute con l’obiettivo: i) sia di incassare i flussi di cassa che di venderle (hold to collect and sell), con impatto sulla redditività complessiva (quindi sul patrimonio); ii) di realizzare flussi finanziari mediante la vendita delle stesse (hold to sell), con impatto immediato a conto economico. Le seconde sono invece costituite dalle attività che la banca ha intenzione di detenere fino a scadenza (hold to collect), e che prevedono determinati flussi di cassa legati al rimborso del capitale ottenuto e alla liquidazione degli interessi.

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vantaggi attesi, sia quelle che possono costituire criticità emergenti. Tra queste, sono annotate

anche criticità segnalate da altri autori.

In generale, con riferimento alle proposte che attengono al “rischio di credito” derivante dall’esposizione in titoli di Stato, le riflessioni e le proposte del Comitato di Basilea – così come le riflessioni proposte dagli autori sopra richiamati e riportati nella Tab. 2.1 – meritano certamente di essere valutate con attenzione al fine di cogliere le linee portanti e gli eventuali loro limiti. Si ritiene opportuno, perciò, concentrare l’attenzione anzitutto su un aspetto di primaria – ed essenziale – importanza quando si analizza e si misura un rischio: ovvero la sua dimensione e la sua definizione. Il rischio sovrano non può essere considerato esclusivamente come rischio di credito nei confronti di una – anche se “particolare” – controparte, ovvero lo Stato. Considerato in un’accezione ampia, infatti, il rischio sovrano ha radici sistemiche tali che un eventuale abbassamento del merito creditizio dell’emittente sovrano non si traduce solamente in perdite sul valore nominale dell’esposizione assunta dalla banca (si veda il par. 1.1). Pertanto, un’eventuale – anche se completa – rivisitazione dell’approccio standard sarebbe, per sua natura, sia inadeguata, sia efficace in misura limitata poiché considera il rischio sovrano soltanto nella sua accezione immediata e più “elementare”. Ovvero, il rischio che lo Stato emittente non sia in grado di soddisfare in pieno le obbligazioni assunte nei confronti dei suoi creditori. Le misure proposte per far fronte al solo rischio di credito derivante dall’esposizione verso titoli di Stato comporterebbero, dunque, un ulteriore – e significativo – “costo” in termini patrimoniali che non sarebbe tuttavia in grado di mettere al riparo le banche da tutte le tensioni che hanno origini “sovrane”.

Con riferimento invece alle proposte che prevedono meccanismi di incentivo alla diversificazione che non tengono quindi conto del rischio45, si ravvisa una scelta politica di fondo. Infatti, ove, al

contrario, la rischiosità degli emittenti sovrani fosse uno dei criteri per stabilire la composizione del portafoglio sovereign, le banche tenderebbero – a parità di condizioni – ad investire maggiormente nei bond percepiti come più “sicuri” a scapito di quelli emessi dagli Stati membri più rischiosi. È opportuno soffermarsi perciò anche su un altro obiettivo implicito nelle proposte considerate, che va oltre quello della ricerca di meccanismi di limitazione ex ante del rischio: il raggiungimento della condivisione del rischio sovrano di tutti – e tra tutti – gli Stati membri, e non

45 Il riferimento è soprattutto ai SCC. Quest’ultimi, prevedono infatti – a differenza dell’Eurozone basket o

dell’approccio ibrido – un requisito patrimoniale aggiuntivo basato esclusivamente sulla “dimensione” dello scostamento rispetto ai limiti previsti. Per le altre proposte, invece, il maggiore assorbimento patrimoniale seguito al mancato rispetto dei limiti imposti (composizione del portafoglio per l’Eurozone basket e rapporto tra esposizioni sovrane e capitale per l’approccio ibrido) è determinato attraverso l’applicazione di coefficienti di ponderazione basati sul rischio.

34 necessariamente la diminuzione della rischiosità intrinseca dei portafogli sovereign di ciascuna banca.

Quest’ultimo aspetto pone quindi almeno una prima domanda di fondo sulla quale sarà bene sviluppare successive riflessioni: a parità di dimensioni di portafoglio, per una banca è più rischioso detenerne uno composto solo da bund tedeschi (con rating “AAA”), oppure un portafoglio diversificato che includa anche o esclusivamente esposizioni verso Paesi con rating “non investment grade”? Ovviamente, ove si guardi soltanto al rischio di credito, per la singola banca sembra preferibile la prima soluzione. Occorre considerare, tuttavia, che la finanziabilità e la sostenibilità del debito pubblico dei vari Paesi è alla base della complessiva stabilità economico- finanziaria degli stessi Paesi: si pone pertanto l’esigenza politica di evitare regole in grado di incentivare soltanto o soprattutto l’investimento prevalente in titoli di Stato percepiti come più “sicuri”.

Appare inoltre necessario ricordare ulteriori e importanti aspetti di cui una possibile rivisitazione delle attuali regole dovrebbe occuparsi. La detenzione di titoli sovrani ha carattere fondamentale all’interno dell’operatività e della gestione di una banca (par. 1.2): si tratta infatti di un’alternativa al mantenimento di risorse liquide in eccesso; disporne è essenziale nei rapporti di finanziamento con la Banca Centrale; indirizzarsi a essi costituisce una significativa possibilità di investimento. Sotto il profilo degli equilibri di gestione delle banche, ciò non dovrebbe comunque incentivare le banche a detenere titoli di Stato in misura “eccessiva”. A questo proposito, ampia è la letteratura che si propone di spiegare l’accumulo di bond sovrani nei bilanci bancari (par. 1.3): interventi di moral suasion (Ongena et al., 2016; De Marco e Macchiavelli, 2016) e opportunità di

carry trade favorite anche dal trattamento regolamentare (Acharya e Steffen, 2015).

Ciò che sembra comunque necessario (e privo di criticità) è il miglioramento della disclosure sulle esposizioni sovrane e sul rischio da queste derivante posto in evidenza da Enria et al. (2016). Attualmente, infatti, l’unica fonte di informazione rimane l’EBA, la quale pubblica in concomitanza con gli Stress Test e con i Transparency Exercise l’informativa relativa all’ammontare dei titoli di Stato detenuti. La disclosure fornita riguarda però solo le banche inserite nel campione oggetto di analisi da parte dell’Autorità.

Su questo punto, si ritiene che sia importante e condivisibile auspicare un accrescimento della

disclosure. Ad esempio, con riguardo a più banche di quelle inserite nei campioni definiti per gli Stress Test e i Transparency Exercise. Ciò contribuirebbe molto a creare condizioni di base

certamente utili – se non decisamente necessarie – a consentire analisi più fondate, in termini di qualità di risultati ottenibili, che siano in grado di indirizzare certamente in modo più corretto e sostanziale verso conclusioni volte a valutare gli impatti delle proposte considerate.

35 tenere conto di diversi fattori. Il contesto macroeconomico, gli impatti sull’economia reale, la stabilità del sistema bancario – e, più in generale, del sistema finanziario – costituiscono gli elementi chiave da prendere in considerazione nel momento in cui si valuta una modifica dell'attuale regolamentazione bancaria. Pertanto, nel momento in cui ci si interroga sulla validità di un’eventuale riforma regolamentare, non si può prescindere dalla necessità di dover considerare anche altri fattori e impatti in gioco, tra cui questi appena ricordati. Ciò che emerge dall’analisi delle proposte descritte, invece, è che ognuna di esse tende a focalizzarsi soltanto o soprattutto su uno dei tanti aspetti di un tema che è complesso e che non può essere ridotto ad una sola delle sue dimensioni.

36 Tabella 2.2. Un confronto tra le soluzioni proposte

Implicazioni

Proposte Obiettivi / finalità Vantaggi attesi Criticità emergenti

Introduzione di ponderazioni positive per tutto il portafoglio titoli costituito da

esposizioni sovrane (ESRB, 2015)

- Detenere capitale anche a fronte delle esposizioni verso emittenti sovrani.

- Rimozione della

ponderazione favorevole per le esposizioni sovrane.

- I titoli di Stato non sono più

considerati risk free

(coerentemente con quanto emerso durante la crisi del debito). - Il rischio sovrano deve essere

considerato ai fini

dell’assorbimento patrimoniale.

- Sensibile incremento dei requisiti patrimoniali che verrebbero ad essere richiesti alle banche. - Difficoltà insite nel calcolo della

misura del rischio:

- dipendenza dall’attività delle agenzie di rating (approccio standard);

- model risk (dovuto all’utilizzo dei rating interni).

- Difficoltà nel finanziamento del debito da parte di molti Stati: le banche sarebbero incentivate a finanziare solo il debito con un rating elevato (Barba Navaretti et al., 2016).

Introduzione di un risk-weight floor

(ESRB, 2015)

- Detenere una dotazione di capitale minima anche a fronte delle esposizioni verso emittenti sovrani.

- Rimozione della

ponderazione favorevole per le esposizioni sovrane.

- I titoli di Stato non sono più

considerati risk free

(coerentemente con quanto emerso durante la crisi del debito). - Accantonamento patrimoniale minimo a fronte di ogni esposizione, anche nelle fasi di ciclo economico positivo in cui rating eccessivamente “ottimisti” potrebbero sottostimare la rischiosità delle controparti e portare, di conseguenza, ad accantonamenti nulli o irrisori.

- Mancata considerazione della rischiosità intrinseca delle esposizioni sovrane. Limiti alle esposizioni sovrane definiti entro determinate soglie del patrimonio di vigilanza (ESRB, 2015) Limitare le esposizioni verso emittenti sovrani introducendo anche per quest’ultime la regola delle large exposures (limite delle esposizioni al 25% del patrimonio di vigilanza, o possibili varianti).

- Riduzione del rischio di concentrazione.

- Le banche sarebbero costrette ad investire le proprie risorse anche in altre tipologie di attività (es. credito al settore privato).

- Le banche avrebbero minori strumenti finanziari a disposizione da utilizzare come collateral specie nei rapporti con la BCE e per soddisfare i requisiti per il rischio di liquidità introdotti da Basilea 3 (LCR).

- In caso di turbolenze sul mercato dei titoli di Stato e di conseguente ampiamento del livello degli spread, le banche non sarebbero più in grado di sostenere “senza limiti” il debito pubblico del proprio sovrano (Lanotte et al., 2016).

- Maggiore difficoltà degli Stati nel finanziare il proprio debito oltre determinati limiti.

- La dismissione di elevate quantità titoli di Stato potrebbe avere ripercussioni in termini di rischio sistemico (Barba Navaretti et al., 2016). Approccio ibrido: requisiti patrimoniali in proporzione al rischio di concentrazione (Presidency note, ECOFIN, 2016) Rimozione della ponderazione favorevole e contestuale aumento proporzionale dei requisiti

patrimoniali oltre

determinati livelli di esposizione verso i singoli emittenti sovrani.

- Riduzione del rischio di concentrazione.

- Minore impatto a livello patrimoniale (rispetto alla sola ipotesi di “risk weights”): solo le banche più esposte (oltre un certo limite) dovrebbero aumentare i requisiti patrimoniali.

- Difficoltà nel definire in maniera oggettiva il livello minimo di rischio di concentrazione a partire dal quale sarebbero richiesti requisiti patrimoniali.

- Possibili significativi effetti di prociclicità.

37 Tabella 2.2. (segue)

Implicazioni

Proposte Obiettivi / finalità Vantaggi attesi Criticità emergenti

Sovereign Concentration

Charges (SCC) (Véron 2017)

Riduzione del rischio di

concentrazione del portafoglio attraverso meccanismi di “disincentivo” all’investimento che prevedono l’applicazione di coefficienti di ponderazioni che crescono progressivamente al crescere del rapporto tra esposizioni verso singoli Paesi e Tier 1.

- Riduzione del rischio di concentrazione.

- Non viene “incoraggiato” l’investimento soltanto o soprattutto nei titoli di Stato percepiti come più “sicuri”.

- Mancata considerazione della rischiosità intrinseca delle esposizioni sovrane eccedenti le soglie scelte.

- Mancata limitazione del portafoglio sovereign nel suo complesso.

Eurozone basket (Metthes e Rocholl,

2017).

Riduzione del rischio di contrazione attraverso la definizione di un vincolo di

composizione del

portafoglio di titoli di Stato basata su parametri quali PIL e popolazione dei Paesi dell’eurozona (“ECB capital key”).

- Riduzione del rischio di concentrazione.

- Il debito pubblico dei Paesi considerati più “rischiosi” continuerebbe ad essere comunque finanziato.

- Mancata considerazione della rischiosità intrinseca delle singole esposizioni in portafoglio. - Mancata limitazione del

portafoglio sovereign nel suo complesso.

- I maggiori “costi” legati alla modifica della composizione del proprio portafoglio di titoli di Stato implicherebbero forti limiti alle scelte strategiche delle banche, soprattutto in situazioni di crisi.

Sovereign Bond- Backed Securities

(SBBS) (CE, 2018)

Creazione di asset a basso rischio attraverso il tranching e il pooling dei bond emessi dai Paesi membri.

Una Special Purpose Entity

(SPE), dedicata

esclusivamente

all’emissione e alla gestione degli SBBS, comprerebbe sul mercato secondario titoli di Stato dei vari Paesi

membri finanziando

l’acquisto attraverso l’emissione di un titolo di debito senior (l’ESBies) e di uno junior.

- Riduzione delle esposizioni sovrane domestiche da parte delle banche. Queste ultime sarebbero incentivate a comprare gli SBBS soprattutto nel caso in questi vengano accettati come collateral sul mercato interbancario o dalla BCE, e nel caso in cui sia concesso per questi asset lo stesso trattamento regolamentare dei bond sovrani emessi dai Paesi della zona euro. - Gli SBBS non richiedono

l’emissione di nuovo debito e non necessitano dell’aggregazione del debito dei vari Stati membri. Si tratta di cartolarizzare debito già esistente.

- Il debito pubblico di tutti i Paesi, compresi quelli più rischiosi, potrebbe continuare ad essere finanziato direttamente in fase di emissione.

- Maggiore condivisione del rischio sovrano all’interno del mercato.

- Gli Stati potrebbero essere incentivati ad aumentare il proprio debito, potendo contare sulla possibilità di includere i propri titoli negli SBBS. - Le singole banche potrebbero

decidere se mantenere in portafoglio titoli più rischiosi e con maggiore redditività nominale o cederli per acquisire in cambio SBBS caratterizzati da minore rischiosità e redditività. A parità di patrimonio di vigilanza, verrebbero ad aprirsi spazi utilizzabili per investimenti in altre attività fruttifere, tipicamente crediti alla clientela. - Rischio di cartolarizzazione.

Includere parte delle esposizioni sovrane tra le attività finanziarie che prevedono la valutazione al valore di mercato (Ernia et al., 2016)

Includere all’interno delle attività finanziarie HFT o AFS almeno tutti i bond sovrani compliant con il requisito LCR.

Una maggiore dipendenza delle

valutazioni di mercato

incentiverebbe le banche a gestire in maniera più efficiente le proprie esposizioni sovrane.

- Aumento della volatilità dei bilanci bancari, che sarebbero così molto più esposti alle fluttuazioni dei prezzi dei titoli di Stato.

- L’aumento della quantità di titoli valutati al fair value sarebbe in grado di amplificare le turbolenze all’interno del mercato nel caso di aumento del rischio sovrano.

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Capitolo III

QUANTO VALE IL TRATTAMENTO REGOLAMENTARE FAVOREVOLE?

LA STIMA PER UN CAMPIONE DI BANCHE EUROPEE