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Servizio Civile e Volontariato, strumenti per la costruzione di una cittadinanza attiva

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FACOLTA' DI GIURISPRUDENZA

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE

SCIENZE PER LA PACE COOPERAZIONE INTERNAZIONALE E TRASFORMAZIONE DEI CONFLITTI

Volontariato e Servizio Civile:

strumenti per la costruzione di una cittadinanza globale

Candidata:

Relatrice:

Valentina Sparavelli Prof.ssa Maria Donata Rinaldi

Matricola 486844

Co-Relatrice:

Prof.ssa Caterina Murgo

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Indice

Introduzione 5

Capitolo 1 Volontariato e Servizio civile: le nuove frontiere europee. 11

1.1. Il Servizio Volontario Europeo 29

1.2. Il Servizio Civile Internazionale 44

1.3. Progetto Amicus 51

Capitolo 2 Servizio civile all'estero. Una comparazione internazionale 55

2.1. Lussemburgo 56 2.2. Grecia 61 2.3. Portogallo 73 2.4. Repubblica Ceca 79 2.5. Armenia 89 2.6. Svizzera 93

Capitolo 3 Dall’obiezione di coscienza al nuovo Servizio Civile Nazionale 100

3.1. La legge di riforma del Servizio civile(n.230/1998) 105

3.2. Il nuovo Servizio Civile Nazionale 110

3.3. Il Servizio civile dal 2005 ai giorni nostri. 116

Capitolo 4 Il questionario rivolto ai volontari 137

4.1. La fase preliminare: la scelta 141

4.2. Il grado di soddisfazione 146

4.3. Il valore della solidarietà 153

4.4. L'identikit del volontario 157

Capitolo 5 Progetto di Servizio civile 175

5.1. Come si accede al Servizio Civile Nazionale? 175

5.2. Realizzazione del progetto 184

5.3. Rumore Rosa 186

Conclusioni 200

Riferimenti bibliografici e sitografia 204

Allegati: Questionario e "Rumore Rosa" 218

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Introduzione

Quando il desiderio di sentirsi utili diventa un'aspirazione incontenibile e quando questa si condivide con altri, avviene che le risposte ai bisogni generino vere e proprie opere, associazioni, organizzazioni di volontariato, dei tipi più vari e nei luoghi più disparati del mondo, ma avendo all’origine una simile esperienza di gratuità.

E tuttavia, la gratuità non è solo al principio di un’opera ma è ciò che continuamente la genera.

Guardando i volontari, ciò che continua a sorprendere non è solo ciò che fanno – soccorrere i poveri, assistere i malati, rivendicare i diritti civili, valorizzare il patrimonio culturale e artistico di un territorio, ecc. – ma l’ideale che comunicano in ciò che fanno. Non si vuol dire che sono indifferenti le azioni che compiono, ma che da queste traspare la possibilità di un bene più grande di quelle stesse azioni, tanto per chi aiuta quanto per chi è aiutato, tanto per chi difende quanto per chi è difeso. Le risposte sono inevitabilmente limitate – è un’evidenza feroce nei tempi di crisi economica e nei paesi in via di sviluppo – eppure accade che, attraverso di esse, la comunicazione di quel bene permetta a uomini, donne, ragazzi, bambini in stato di bisogno di accorgersi di qualcosa di illimitato, vale a dire del loro valore, dato dal solo fatto che ci sono. Quando una persona si accorge di essere un tale valore, pur non eliminando la fatica della vita, non c’è crisi che tenga. È per questo che, vivendo pubblicamente la gratuità, i volontari incidono profondamente nella storia, nella cultura e nello sviluppo sociale ed economico di un paese. Eppure, l’evidenza di questo fatto, vale a dire di questa incidenza del volontariato, è oggi una grande novità. Non sono certo una novità le opere – la nostra civiltà sarebbe impensabile senza le opere di gratuità che l’hanno costruita – ma lo è il fatto che a queste bisogna guardare, che queste bisogna sostenere, se si vuole, innanzitutto, accettare la sfida di un

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nuovo welfare e in generale non restare bloccati nei meccanismi della crisi economica.

La decadenza del tradizionale sistema di welfare è irreversibile e non riguarda solo l’Italia ma tocca anche i paesi dell’Europa che vantano gli Stati assistenziali più avanzati.

Il Terzo settore è un cantiere di idee innovative. Indica uno spazio alternativo di risposta ai bisogni e di costruzione del bene comune che si colloca tra i due ambiti tradizionali, Stato e mercato, ed anzi segna più di ogni altra realtà la rottura di quella che si è creduta essere una simmetria esatta. Ci sono numerosi esempi di un miglioramento dei servizi pubblici in realtà che non appartengono ad una delle due alternative e che hanno al loro interno una forte, se non totale, componente volontaria. Nelle realtà come quelle del volontariato in cui è forte la motivazione ideale, il servizio prestato diviene più di una semplice risposta al bisogno. Diviene l’occasione dell’instaurarsi di relazioni attente e appassionate tra le persone. Si potrebbe dire, anzi, che in questo modo i servizi prestati cominciano ad adombrare la vera risposta di cui i “destinatari” hanno bisogno. In Italia vi è una gran quantità di casi in cui servizi pubblici offerti da associazioni del Terzo settore si sono qualificati al punto da raggiungere livelli che il pubblico non ha mai conosciuto.

Lavorando gratuitamente al servizio di una organizzazione ormai da tre anni ho maturato la consapevolezza che la capacità di proposta culturale, sociale e politica delle associazioni è tutta racchiusa nell’esperienza di gratuità che queste vivono, nelle relazioni che sono in grado di stabilire al loro interno e con altre associazioni ed inoltre nella capacità di interazione con enti pubblici, privati e la cittadinanza tutta. Una consapevolezza che è il frutto dell’osservazione attenta e disincantata del territorio e dal lavoro svolto dalla mia come da altre associazioni, a sostegno del volontariato. Un territorio (il mio preso ad esempio, ma che vale per tutta l'Italia) pieno di contraddizioni ma che porta i segni, dove

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c’è un’esperienza di gratuità vissuta, di un cambiamento, nel senso di una rinascita di persone e di pezzi di realtà che sembravano dimenticati o perduti. Ma, se il volontariato comincia e permane per un’esperienza di gratuità, esso comincia e permane con , e grazie, a delle persone.

La ricerca che presento nasce dal desiderio di scoprire l’identità del volontario, di tracciarne il profilo. Quali bisogni incontra sul territorio, a quali di essi preferisce rispondere, in che modo si organizza per farlo, quali opere realizza; ma anche quanti anni ha, se è uomo o donna, giovane, maturo o anziano, se lavora, e se il suo desiderio di vivere l’esperienza associativa dura nel tempo o decade. Il volontariato e in particolare il mondo del Servizio civile sta cambiando, perché sono cambiate le sfide che gli vengono poste. Si è già detto della sua capacità di rispondere ai bisogni, vecchi e nuovi, in maniera sempre più qualificata. La domanda che attraversa la ricerca è se si può cambiare senza perdere la propria identità; se il volontariato può cambiare senza perdere il suo principio culturale, cioè senza perdere la dimensione gratuita dell’esperienza che genera solidarietà e se il lavoro prestato può essere l'input giusto al cambiamento di una società in crisi, sia a livello nazionale che internazionale.

Da qui, è nata per me l’esigenza di legare la riflessione sul volontariato locale ad una più ampia riflessione sulle esperienze di volontariato sia nazionali che europee. La ricerca è diventata così un percorso di scoperta di tali esperienze, da un punto di vista storico, culturale, ma anche statistico.

L'idea di questa tesi è nata quasi per caso, ADOC1 mi ha offerto

l'opportunità di seguire il corso da Progettista per il Servizio civile in collaborazione con AMESCI2 nell'aprile scorso, pochi giorni dopo aver

sostenuto gli esami del "Ciclo di Progetto" e "Legislazione del Terzo Settore". Un'esperienza che mi ha dato la possibilità di mettere in pratica

1 Associazione Difesa e Orientamento Consumatori di Massa Carrara. 2 Associazione di Promozione Sociale.

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quello che avevo appena studiato. Durante il corso, vedendo le persone e gli enti coinvolti, mi sono meravigliata di quanto lavoro ci fosse alle spalle di un bando come quello per l'accreditamento di un Ente per il Servizio civile. Così, unendo anche la mia esperienza da giornalista, maturata alla triennale nell'Ateneo parmense, ho voluto indagare sulle motivazioni che spingono i ragazzi al Servizio civile, attraverso un questionario che ho distribuito a diversi volontari partecipanti a progetti già avviati nel mio territorio e ad altri che hanno scelto di prestare Servizio civile in alternativa alla leva militare.

La tesi è dunque suddivisa in cinque capitoli secondo un'analisi che parte da una visione del volontariato a livello macro (Europa nel complesso) fino a giungere ad una visione micro (un caso personale).

Nel primo capitolo illustro il volontariato attivo a livello internazionale con particolare riferimento a quello organizzato in Europa, riportando come esempi l'esperienza dello SVE (Servizio Volontario Europeo) istituito dal Parlamento Europeo nel 2006 all'interno del Programma Gioventù in Azione; dello SCI (Servizio Civile Internazionale), un'organizzazione di volontariato fondata nel 1920 da Pierre Ceresole ed il progetto "EUROPEAN CIVIC SERVICE: A COMMON AMICUS" approvato dalla Commissione Europea e dall'Ufficio Nazionale per il Servizio civile italiano nel 2008 quale tentativo per la creazione di un unico modello di Servizio civile europeo.

Nel secondo capitolo, rimanendo sempre in ambito europeo, ho messo a confronto diverse tipologie di Servizio civile scegliendo a campione cinque nazioni quali: Armenia, Grecia, Lussemburgo,Repubblica Ceca e Svizzera. La scelta di questi Stati non è casuale: risponde all'esigenza di mostrare come le differenti storie politico-sociali di essi hanno dato origine anche a diversi approcci e metodi di interpretazione del volontariato, in particolare del concetto di Servizio civile. Ho dunque optato per analizzare stati di antica, media e nuova appartenenza europea

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ed altresì uno Stato neutrale come la Svizzera che viene comunemente considerata come modello da seguire.

Nel capitolo seguente ho proseguito con un'analisi storica degli aspetti sociali, politici e culturali che hanno portato all'istituzione, nel nostro Paese, del Servizio Civile Nazionale, soffermandomi soprattutto sulle questioni legislative degli ultimi decenni.

La tesi ha preso poi un risvolto "pratico", nel quarto capitolo racconto l'indagine svolta fra un campione di 93 candidati ai quali ho somministrato un questionario incentrato principalmente sull'attività in svolgimento e sulle reali motivazioni che hanno portato a tale scelta; un test che mi permesso, quindi, di capire il perché si vuole fare del volontariato e quali sono i limiti, ma anche i pregi, di tale attività.

Nell'ultimo capitolo infine, ho raccontato, attraverso un'esperienza personale, l'altra faccia del volontariato, dalla parte cioè di chi si adopera ( nel caso specifico del Servizio civile) per rendere possibile queste attività, ovvero i progettisti. Ho descritto pertanto passo passo come è avvenuta la realizzazione del progetto "Rumore Rosa" per l'attivazione di uno sportello presso la sede nazionale dell'ADOC (Associazione Difesa e Orientamento Consumatori) rivolto alle donne vittime di violenza nel quale inserire cinque volontari che si dovranno occupare: dell'accoglienza delle vittime ed essere per loro un punto di ascolto; dei rapporti con altre realtà associative che operano nel solito contesto; contatto con le Istituzioni e partecipazione ai tavoli rotondi per la redazione di materiale informativo e la programmazione di eventi specifici.

Traendo le conclusioni, nonostante l'estrema eterogeneità riscontrata non solo in un ampio spettro come quello europeo, ma anche a livello locale (all'interno magari della stessa realtà cittadina), il filo conduttore che unisce i differenti modi di interpretare il concetto di "fare volontariato" rimane l'opportunità di sentirsi utile verso gli altri, riscoprendo i valori di

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solidarietà sociale, i quali i più delle volte, emergono in fase di svolgimento dell'attività stessa. E' dunque un arricchimento del proprio bagaglio culturale, un passepartout verso nuovi orizzonti che non conoscono crisi ma anzi generano un vero e proprio arricchimento personale.

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Capitolo 1

Volontariato e Servizio civile: le nuove frontiere europee

La Commissione europea, nel 2009, in uno dei suoi documenti3,

affermava che la diffusione di un volontariato attivo a livello internazionale, in particolare nell’ambito della cooperazione allo sviluppo, accresce in chi è impegnato in esso, ma anche nella società più in generale, la consapevolezza della crescente interdipendenza globale, necessaria per affrontare le sfide economiche e sociali a cui i paesi europei si trovano oggi di fronte. In un mondo segnato dall’acuirsi della povertà, da conflitti sempre più devastanti, dal moltiplicarsi delle calamità, le attività di Servizio civile e volontariato assumono maggiore importanza, continuando a rappresentare una sfida da raccogliere.

Il volontariato organizzato è uno dei fenomeni sociali più dinamici che caratterizzano la società contemporanea sul quale, soprattutto a partire dagli ultimi venti anni, si è concentrata l'attenzione di molti attori, entrando così a pieno titolo nel dibattito politico e scientifico.

Nel corso del tempo, infatti, le motivazioni e le caratteristiche di una così rilevante presenza di impegno volontario sono state analizzate sotto molti punti di vista e con vari approcci interpretativi: da quello sociologico a quello economico e giuridico.

In particolare, la riflessione sociologica ha ampiamente messo a tema i processi associativi che conducono alla costituzione delle organizzazioni solidali, i servizi offerti e l’orientamento donativo sotteso all’azione nella e per la società.

Di fronte però ad una ormai acquisita consapevolezza circa il ruolo assunto dal volontariato, con particolare riferimento all’erogazione di prestazioni di assistenza che svolgono frequentemente una funzione di integrazione, quando non di supplenza, rispetto ai servizi pubblici di 3 Decisione n. 37/2010/CE del Consiglio, del 27 novembre 2009, relativa all'Anno europeo delle attività

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welfare4, non può dirsi paradossalmente soddisfacente il grado di

conoscenza di cui disponiamo circa le caratteristiche dell’intervento volontario in altri contesti in cui esso si manifesta, primo fra tutti l’ambito della solidarietà internazionale e nella possibilità della creazione di uno strumento unitario, come potrebbe essere l'istituzione di un Servizio

Civile Europeo. Nonostante una storia pluridecennale, quale è quella che

caratterizza le forme di Servizio civile e volontariato per le singole nazioni, scarseggiano proposte per una visione di un progetto globale. Se infatti sono numerose le ricognizioni condotte su scala locale che analizzano le trasformazioni del volontariato nel suo complesso, le analisi presenti nella letteratura specializzata relative alla solidarietà internazionale rimangono per lo più confinate ad esperienze e tentativi di progetti da parte delle organizzazioni internazionali (il più significativo SCI) e da parte della Comunità Europea attraverso il progetto di SVE

Servizio Volontario Europeo.

Le associazioni di solidarietà internazionale hanno avuto uno sviluppo particolarmente importante in tutti i paesi occidentali a partire dalla metà del secolo scorso5. Cercando di ritrovarne le origini e ripercorrerne le

principali tappe, è necessario però risalire alla metà dell’Ottocento e per la precisione all’epoca delle guerre di Indipendenza. È all’interno di tale scenario che è possibile individuare gli inizi di quella che sarà in seguito, una tra le principali realtà del volontariato internazionale impegnato nelle emergenze: la Croce Rossa6.

Sarà poi ancora una guerra a delineare un’ulteriore tappa fondamentale per lo sviluppo del volontariato internazionale, come mostra la costituzione nel 1919 ad opera del Fight the Famine Council (che contrastava il blocco alleato imposto alla Germania) di Save the Children , una tra le più antiche associazioni inglesi attive all’estero. Nel 1920 4 Ranci, C. Il volontariato. Il Mulino. 2006

5 Alberti A. - Giudici C. (a cura di), Un altro futuro per il mondo. Le ONG italiane per lo sviluppo e la

solidarietà internazionale, Città Aperta 2003.

6 Marelli S., ONG: una storia da raccontare - dal volontariato alle multinazionali della solidarietà, Carocci, 2011

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invece sotto la spinta emotiva ed organizzativa di Pierre Cérésole, giovane pacifista svizzero, un gruppo di volontari internazionali, portò aiuto alla ricostruzione di Esnes, un piccolo villaggio nel nord della Francia al confine con la Germania, danneggiato gravemente dai bombardamenti e scelto come luogo simbolico di riappacificazione. Con lo slogan Deeds, not words , giovani volontari francesi, tedeschi e di altre nazioni europee si dettero appuntamento per lavorare insieme e condividere una esperienza di pace e amicizia. In seguito a questa prima iniziativa, Cérésole dà vita ad una vera realtà formalmente organizzata, SCI7, ancora oggi presente e attiva in oltre 80 paesi del mondo.

Lo scoppio della seconda guerra mondiale, ha segnato poi l’ingresso sulla scena del volontariato internazionale di nuove realtà contando così un ulteriore sviluppo di tutto il movimento: è questo il caso di organizzazioni come la britannica Oxfam (Oxford Committee for Famine relief), nata in Inghilterra nel 1942 con l’obiettivo di far giungere i soccorsi alle popolazioni affamate della Grecia occupata dai nazisti) o la danese

Danish association for international cooperation - una delle prime

organizzazioni non confessionali, fondata nel 1944 con il nome di

Friends of peace relief work8 . Nel 1945 si costituì poi negli Stati Uniti,

l’associazione CARE (Cooperative for American Relief Everywhere) grazie all’iniziativa di 22 organizzazioni umanitarie private e sindacati. Già nel 1943 le principali organizzazioni statunitensi (tra le quali la CRS, Catholic Relief Service) avevano costituto l’American council of private

foreign relief , con l’obiettivo di collaborare attivamente agli aiuti per le

popolazioni europee, i profughi, i rifugiati politici fornendo loro, con l’utilizzo di donazioni privatamente raccolte, abbigliamento, medicinali, alimenti e partecipando altresì alla distribuzione degli aiuti offerti dal governo statunitense.

Con la conclusione del secondo conflitto, le numerose esperienze che si 7 Service Civil International

8 Borghese, E., Un ponte tra Nord e Sud. L'azione Volontaria per lo sviluppo. Quale Sviluppo,12. Asal Roma, 1989.

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susseguono trovano un decisivo rilancio con il primo congresso mondiale degli organismi privati di volontariato (così definite quelle realtà attive in particolar modo nella realizzazione di brevi campi di lavoro per la fornitura di servizi e materiali), organizzato a Parigi nel 1948, con il patrocinio dell’Unesco. A conclusione di questo incontro, le principali associazioni internazionali si riuniranno in quello che è il primo organo di collegamento internazionale, il Coordinating Committee for International

Voluntary Service. I decenni successivi, caratterizzati dalle lotte per la

decolonizzazione e dalle prime grandi emergenze umanitarie in Africa, vedono la nascita di nuove organizzazioni umanitarie. In tale contesto di grande fermento, il presidente americano Kennedy dà avvio, soprattutto in America latina, alle attività dei Corpi di Pace i quali, mantenendo un forte legame con il Congresso americano anche per quanto riguarda le risorse economiche e finanziarie fornite dall’amministrazione pubblica, diventano di giorno in giorno la più grande realtà di solidarietà e di volontariato internazionale9 (Alberti, Giudici 2003: 30).

Contemporaneamente si andava da tempo sviluppando l’attivismo di missionari e volontari grazie alla presenza delle chiese in Africa e nel continente latinoamericano. Attivisti che provenivano in gran parte dall’Europa e che una volta tornati nel proprio paese di origine si adoperavano per costituire comitati, gruppi e organizzazioni sociali con l’obiettivo di creare dei ponti solidali con i paesi di quello che allora veniva definito “Terzo mondo”10. Una parte quantitativamente importante

delle attuali organizzazioni impegnate nel Sud del mondo sono nate quindi tra gli anni Sessanta e Settanta. In questo periodo le lotte di liberazione contro l’occupazione e il neocolonialismo, le campagne contro la fame, la progressiva presa di coscienza del sottosviluppo e della povertà estrema, hanno stimolato sia nelle esperienze di derivazione cristiana. sia in quelle di origine marxista la nascita di gruppi fortemente

9 EAD, Un altro futuro per il mondo, cit.

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motivati e con un radicato rapporto all’interno della società civile il cui impegno era caratterizzato da significative attività di base e sensibilizzazione. Con il passare del tempo, matura poi la consapevolezza che la povertà è il risultato di problemi strutturali e che alcuni di questi sono provocati dal tipo di relazioni economiche tra i paesi. L’esperienza maturata nei progetti precedentemente attuati conduce questo vasto mondo ad un riesame critico sulla natura dell’assistenza tecnica fornita: ci si accorge che per lo sviluppo non è più sufficiente “insegnare alla gente come si fa a pescare” ma c’è molto da imparare anche dalla stessa popolazione locale, favorendo di conseguenza una sua diretta partecipazione ai lavori dei progetti.

Gli aiuti allo sviluppo iniziano così ad essere considerati nell’ambito di un più vasto contesto e, al tempo stesso la consapevolezza delle varie dimensioni della povertà conduce molte associazioni ad effettuare ricerche più appropriate in materia, studiando nuove forme di informazione e di coinvolgimento dell’opinione pubblica anche nel substrato della stessa società in cui le persone vivono. In conseguenza ai nuovi modi di agire, nel 1970 anche la campagna contro la fame della FAO11 aggiunge alla precedente denominazione, la specificazione Action

for development, portando avanti un duplice compito:

da un lato stimolare un atteggiamento critico sui problemi dello sviluppo, dall’altro favorire la partecipazione diretta di chi vive in situazioni di mancato sviluppo, agevolandone l’azione senza la pretesa di imporre soluzioni precostituite. Come ogni impegno spontaneo, basato su valori universali, anche la storia del volontariato internazionale si presenta così come una realtà dinamica, che si evolve, che muta nel tempo, che assume configurazioni ed identità diverse.

In particolar modo, l’insieme dei mutamenti che negli anni Novanta caratterizzano gli scenari nazionali e internazionali, oltre a porre gli attori e le politiche sociali di fronte alla sfida di operare un profondo 11 Food and Agriculture Organization

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riadattamento dei propri modelli teorici e strategici, ha condotto all’apertura di nuove possibilità, nuove opportunità di attivismo.

La crisi degli Stati nazionali, il moltiplicarsi delle situazioni di emergenza e l’attenzione posta ai problemi interni contribuiscono a conferire ai soggetti del volontariato in generale, e in primo luogo agli attori sociali, una maggiore pluralità e una nuova centralità12. Gli stessi processi legati

alla globalizzazione, grazie ai quali e all’interno dei quali si sono aperti come non mai, tanti nuovi spazi per l’impegno umanitario e civile, hanno rappresentato un’occasione di avanzamento dell’attività di cooperazione, stimolando la crescita e lo sviluppo di nuovi interstizi di soggettività politica e culturale aprendo così nuovi spazi al mondo dell’associazionismo umanitario e del non profit13.

Tradizionalmente quindi, la dimensione più consolidata, attraverso cui si configurava e veniva identificato l’impegno del volontariato internazionale era quello di una persona, di un giovane, di un cittadino che parte per un paese in via di sviluppo nell’intento di portare un contributo a livello di attività umanitaria, di assistenza tecnica o di affiancamento a progetti o processi di sviluppo14. Tale concezione, che

conteneva gli elementi caratterizzanti della scelta di partire, della gratuità del servire, della messa a disposizione di valori solidaristici per un tempo quantificato, si è evoluta e modificata nel tempo. Risalendo, quindi, alle origini di questa modalità, non è difficile scoprire che il volontariato internazionale nasce e si sviluppa con una manifestazione di solidarietà e di impegno, a valenza internazionalista, basata su valori umanitari di condivisione per l’affermazione della pace e della giustizia, prima ancora di legarsi al concetto di cooperazione internazionale, di assistenza tecnica o a quello di gestire progetti di solidarietà e di sviluppo.

Con il passare degli anni, però, i cambiamenti nelle dinamiche e nelle visioni del rapporto tra crescita e sviluppo, conducono a evoluzioni non 12 Ianni, V., Guida alla cooperazione decentrata, Movimondo, 1995

13 Marcon G., op. cit. 14 Lembo R., op. cit.

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solo concettuali ma anche operative. Dagli anni Novanta in poi, lo sviluppo si presenta infatti come un processo multidimensionale, in cui le dimensioni economiche, politiche e culturali si intrecciano in modo globale15, dando vita così ad un nuovo approccio declinato e articolato in

una varietà di concetti differenti ma interconnessi: umano, sostenibile, partecipativo, diventano quindi aggettivi che arricchiscono di significato lo sviluppo, delineando nuove prospettive di interazione.

Il nuovo scenario che si va configurando, concorre così a conferire slancio e vigore a quel processo, avviato soprattutto dallo sviluppo della società civile, di pluralizzazione e differenziazione. In particolar modo, iniziano ad ottenere un significativo riconoscimento tutti quei soggetti storicamente impegnati in attività di solidarietà ( come le ONG-Organizzazioni Non Governative), che hanno costruito sulla partecipazione, sulla partnership, sulla valorizzazione delle risorse locali, la propria vision e mission.

Tale riconoscimento però non si esaurisce esclusivamente nell’ambito delle ONG ma investe, in generale, tutto il Terzo settore.

Nel corso degli anni Novanta in Italia infatti, vari interventi legislativi (dalla legge 142/90 sull’ordinamento delle associazioni locali alla legge 266/91 sul volontariato e tutte le leggi del Servizio civile) affermano e sottolineano il nuovo ruolo e la strategica importanza acquisita dal mondo dell'associazionismo, all'interno del quale, uno spazio non secondario viene acquisito da quel tipo di volontariato che si rivolge, con un impegno sempre più crescente, verso le attività internazionali.

La pluralità di soggetti oggi in campo sia in Italia che in tutti i paesi europei, ci dovrebbe proiettare verso una politica di cooperazione partecipata dove tutti i soggetti, pubblici e privati, sono chiamati a valorizzare ed armonizzare i propri specifici ruoli, superando ogni forma di individualità e competitività, per cooperare insieme verso l’unico obiettivo di benessere comune, attraverso una nuova cultura e politica 15 Ianni V., op. cit.

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sociale di convivenza ‘glocale16’.

L’esperienza maturata dalle Organizzazioni di Volontariato, dai diversi Servizi Civili e dalle ONG nei decenni di evoluzione di questo processo è oggi l’enzima attorno al quale meglio si possono costruire queste relazioni e questa partecipazione dei vari soggetti presenti sullo scenario della cooperazione e coordinazione europea.

Ogni paese dispone di concetti, definizioni e tradizioni differenti in materia di volontariato; nell'ottobre del 2001 Micheal Sherraden ha tentato di unificare le diverse esperienze per creare un'unica definizione globale di volontariato e nello specifico di Servizio civile inteso come:

"an organized period of substantial engagement and contribution to the local, national, or world community, recognized and valued by society, with minimal monetary compensation to the participant"17 .

Analizzando le parole di tale definizione, elementi indispensabili e caratterizzanti del volontariato e del Servizio civile sono quindi:

• "periodo organizzato" definito in un tempo determinato che può consistere nella durata di pochi mesi ad esperienze di anni, ed organizzato poiché non svolto su iniziativa spontanea ed individualistica ma supportato da un'organizzazione, un ente o da un'Istituzione;

• "di notevole impegno" poiché il Servizio civile o il volontariato non è un'attività sporadica da sottovalutare, come un semplice passatempo; chi decide di intraprendere questo percorso deve essere consapevole che si tratta quasi di un "lavoro";

• "un contributo" (al di là della ricompensa monetaria) ovvero il volontario spende le proprie energie, le proprie risorse e capacità a favore di un organismo

• "per la località, la nazione o la comunità internazionale" sottolinea 16 Zygmunt B., Globalizzazione e glocalizzazione, Armando editore, 2005

17 Brav J., Moore A., Sherraden M., Limitations of Civic Service: Critical Perspectives, Global Service Institute Center for Social Development, 2002

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quanto il servizio ha la solita funzione e il solito valore sia se svolto per soddisfare esigenze locali che nazionali che internazionali;

• "riconosciuto ed apprezzato dalla società" qui entrano in gioco la comunicazione e l'informazione che riconoscono il valore del lavoro svolto dal volontario;

Valori, questi, riconosciuti anche dalla Commissione Europea che ha proclamato il 2011 "Anno europeo delle attività di volontariato che promuovono la cittadinanza attiva". Il volontariato è uno strumento di integrazione ed occupazione ed un fattore chiave per migliorare la coesione sociale. Ma, soprattutto, il volontariato traduce concretamente i valori fondamentali su cui si fonda l'Europa, che sono la giustizia, la solidarietà, l'inclusione e la cittadinanza. I volontari contribuiscono a plasmare la società europea e quelli che operano al di fuori dei loro paesi d'origine aiutano attivamente a costruire un' Europa dei cittadini. Le attività di volontariato sono infatti implicitamente legate a molti settori della politica dell'Unione europea, dall'assistenza sociale, al welfare, alla salute, ma riguardano anche ambiti come la giustizia, la cultura, l'istruzione, la gioventù, l'ambiente e le iniziative per il clima, la protezione dei consumatori, gli aiuti umanitari, la politica di sviluppo e le pari opportunità.

L'impegno dell'Unione europea nelle questioni relative al volontariato comporta quindi vantaggi concreti, che risultano maggiormente evidenti per quanto riguarda la promozione del volontariato transfrontaliero e la mobilità dei volontari nell'Unione europea. Più in generale, l'Unione europea può fungere da catalizzatore per l'elaborazione di politiche in materia di volontariato, elaborazione che, conformemente al principio di sussidiarietà, dovrebbe realizzarsi a livello di Stati membri alla luce della priorità nazionali e degli obiettivi strategici complessivi dell'Unione europea per il futuro.

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Il volontariato contribuisce alla strategia di crescita Europa 2020 e, segnatamente, all'obiettivo UE di un tasso di occupazione del 75% entro il 2020, in quanto aiuta le persone ad acquisire nuove competenze e ad adattarsi ai cambiamenti del mercato del lavoro. Lo

studio della Johns Hopkins University18 ha rilevato che il settore del

volontariato può contribuire fino al 5% del prodotto interno lordo. Questo contributo può risultare assai importante nei periodi di difficoltà economica e di austerità come quello odierno. Anche la solidarietà si rafforza grazie al volontariato, in quanto le persone imparano ad adattarsi ai cambiamenti tecnologici, alla globalizzazione e all'invecchiamento della popolazione.

Perché allora non è stato ancora possibile creare un sistema a livello istituzionale di Volontariato comunitario o un Servizio civile Europeo? Nel report "Volunteering in the European Union19" sono stati identificati i

seguenti potenziali ostacoli al volontariato: prima di tutto la mancanza di un quadro giuridico chiaro, quasi uno su cinque Stati membri non dispone di norme precise per i volontari e il volontariato né tanto meno per l'istituzione di un Servizio civile Nazionale come invece è accaduto nel caso italiano (e che sta diventando di esempio anche per gli altri Paesi); il volontariato è generalmente affidato alle ONG, dunque mancano delle strategie internazionali comuni destinate a promuovere e a coordinare l'organizzazione delle attività di volontariato: dalla formazione, alla sicurezza sociale, alla gestione delle risorse; c'è poi il vincolo finanziario per cui, pur essendo attività prestate parzialmente in maniera gratuita, il volontariato (o ancora meglio il Servizio civile) non è privo di costi. La gestione dei fondi messi a disposizione dovrebbe essere unitaria e facilmente accessibile a tutti, mentre molto spesso gli Enti devono far fronte ad una carenza di finanziamenti sostenibili e ad una concorrenza 18

http://ccss.jhu.edu/wpcontent/uploads/downloads/2012/08/EVMP_Institutionalizing-Measurement-of-Volunteering_ISTR_Italian_2012.pdf

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accanita di richieste per i finanziamenti che sono invece disponibili. Legato al problema finanziario vi è quello fiscale, in quanto gli Stati membri applicano un trattamento diverso ai redditi e alle indennità dei volontari, come pure al rimborso delle spese sostenute durante il servizio per cui gli stessi volontari possono incontrare ostacoli di natura fiscale quando svolgono attività transfrontaliere.

Vi è poi una sorta di divario tra offerta e domanda: la crescente tendenza a rendere più professionale il settore del volontariato causa un certo squilibrio tra le necessità delle organizzazioni di volontariato e le aspirazioni dei nuovi volontari. I volontari sono disponibili per progetti a breve termine, mentre le organizzazioni hanno bisogno di personale impegnato a lungo termine. La scelta del breve termine, sopratutto per i giovani, è dovuta anche alla mancanza di riconoscimento, per cui le competenze acquisite mediante attività di volontariato non sono sempre sufficientemente valorizzate.

Scarsi sono anche i dati sull'intero settore, indispensabili invece per elaborare un processo di politiche unitarie anche se un primo tentativo è stato fatto attraverso il progetto European Volunteer Measurement

Project (Progetto Europeo per la Misurazione del Volontariato) promosso

dal Centro per gli studi sulla società civile della John Hopkins University

20. Il progetto intende promuovere in tutti i paesi europei l’adozione del

Manuale dell’ Organizzazione Internazionale del Lavoro sulla misurazione del volontariato: il manuale «è da intendersi come una guida per generare dati sistematici e paragonabili sulle attività di volontariato integrando le rilevazioni che vengono già utilizzate su scala nazionale per l’analisi delle forze di lavoro. L’obiettivo che si pone è quello di mettere a disposizione informazioni statistiche su una tipologia di attività lavorativa di crescente rilievo ma troppo spesso esclusa dalle tradizionali rilevazioni statistiche sull’economia»21. Come ha affermato lo stesso Lester M.

20 op. cit.

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Salamon, direttore del Center for Civil Society presso la John Hopkins

Univertity che ha sviluppato in cooperazione il progetto, il manuale

rappresenta «le fondamenta del volontariato che permetterà finalmente di capire chi sono i volontari, cosa fanno, per quanto tempo, attraverso quali organismi, in quali campi di attività». L’edizione originale è stata pubblicata dall’Ufficio Internazionale del Lavoro, Ginevra, con il titolo

Manual on the Measurement of Volunteer Work: è uscita in traduzione

italiana nel 2012 a cura del Centro di servizio per il volontariato SPES del Lazio. Il manuale è stato presentato il 19 aprile 2012 durante la Conferenza internazionale che si è svolta presso il CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro) a Roma.

Questi i problemi generali per il mondo del volontariato; nello specifico, per la creazione di un Servizio Civile Europeo, sono state riscontrate altre cause da una ricerca condotta dal Coordinatore dell'ufficio del Servizio civile, Raffaele Michele De Cicco.

Innanzitutto evidenzia la confusione terminologica per le diverse forme di servizio associato al volontariato, per cui, in alcuni Stati europei (come l'Armenia ad esempio) viene escluso da tale categoria quello svolto dagli obiettori di coscienza perché sostituisce un obbligo (dunque un dovere) e non è dunque una scelta spontanea. Condizione indispensabile quindi per la nascita di un servizio "moderno" è la presenza di uno Stato e di istituzioni democratiche dove: « vi sia l'introduzione nei singoli ordinamenti giuridici del beneficio/diritto all'obiezione di coscienza, la trasformazione dello strumento militare da coscrizionale a professionale su base volontaria e all'associazione dell'idea di difesa della patria come la difesa dei diritti umani, al rispetto dei diritti civili ,alla salvaguardia dell'ambiente, dei patrimoni della nazione, all'educazione della cittadinanza»22.

Inoltre, solo in Italia il contratto di Servizio civile viene stipulato tra il

22 De Cicco R.M., Le vie del Servizio civile, Giovani e virtù civiche tra Europa Unita e processo di

(23)

volontario e lo Stato e non con l'organizzazione ospitante, come se fosse un rapporto lavorativo e questo è un vanto poiché l'assegno percepito non è un semplice rimborso spese ma è commisurato all'attività svolta creando quel rapporto sinallagmatico tipico del contratto in cui ad una prestazione corrisponde un compenso che riconosce il valore della stessa.

Il Servizio civile, o meglio, i Servizi civili, sono i risultati delle vicende storiche e politiche di ogni nazione, per cui essi sono stati creati per precise finalità che si adattavano al contesto in cui sono nati. Un Servizio Civile Europeo non può quindi sostituire quelli nazionali, che rispondono a diverse esigenze funzionali alla realtà politica, storica e culturale del proprio Paese.

Non si può ancora parlare di Servizio Civile Europeo se non si è ancora in grado di parlare di Unità Europea.

Nel '62, il teologo italo tedesco Romano Guardini disse in un discorso:

“Europa” è un fatto politico, economico, tecnico – ma soprattutto una “disposizione di spirito”, un sentimento. Al formarsi di questo sentimento si oppongono forti impedimenti. Nella mentalità primitiva – che però influisce fin nel nostro attuale presente – vale la formula: ciò che è altro, forestiero è la realtà perversa, minacciosa, anzi nemica. Questa formula di psicologia della cultura ha trovato anche un’applicazione politica teoretica: secondo essa, lo Stato è la formazione che può avere nemici. Anche amici: ma soprattutto nemici. La formula ci ricorda quanto forti siano le resistenze contro un avvenimento quale la formazione di un sincero sentimento europeo, e quante ancora saranno [...] formarsi dell’Europa presuppone che ciascuna delle sue nazioni ripensi la sua storia e che intenda il suo passato in relazione al costituirsi di questa grande forma vitale. Ma quale misura di auto-superamento e di auto-approfondimento significa ciò! Noi portiamo in noi, come elemento della nostra formazione l’idea dell’antica cultura

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greca, e non ho bisogno di spendere molte parole sul suo valore formativo. Pure non bisogna dimenticare una cosa che i grecofili volentieri trascurano: cioè che i greci hanno fallito di fronte al più alto compito loro proposto, cioè la creazione di uno Stato che abbracciasse insieme la ricchezza vitale di tutte le razze. L’impulso fondamentale dei greci così creativo, cioè il senso agonistico, non ha permesso che giungessero a questo; così essi hanno perso il momento storico e sono stati degli stranieri, i romani, che hanno creato una specie di unità, una unità nella assenza di libertà. Anche l’Europa può mancare la sua ora. Ciò significherebbe che un’unità sarebbe realizzata non come passo verso il vivere libero, ma come un cadere nella comune servitù”23.

Negli ultimi vent’anni l’Unione europea ha riconosciuto progressivamente l’importanza del volontariato, tracciando un percorso che dimostra la volontà, forse non troppo tenace ma certamente crescente, del Parlamento europeo di guardare al volontariato come a una risorsa per lo sviluppo della comunità europea.

Un percorso che ha una tappa fondamentale nella decisione già precedentemente ricordata del 27 novembre 2009 del Consiglio dell’Unione di proclamare il 2011 “Anno europeo delle attività di volontariato che promuovono la cittadinanza attiva”.

Bisogna però non disfarsi subito del titolo completo dell’Anno europeo per non perdere di vista i motivi ispiratori e il fine dell’UE:

L’Anno europeo delle attività di volontariato che promuovono la cittadinanza attiva ed ha contribuito a mettere in evidenza che il volontariato è una delle dimensioni fondamentali della cittadinanza attiva e della democrazia, nella quale assumono forma concreta valori europei quali la solidarietà e la non discriminazione.

23 R. Guardini, Europa, Wirklichkeit und Aufgabe. Discorso tenuto in occasione del conferimento del

xxxxPraemium Erasmianum a Bruxelles il 28 aprile 1962, poi pubblicato in Sorge um den Menschen, vol. I,

xxxxpp. 238-252; tr. it. di A. Babolin, Europa – Realtà e compito, in Ansia per l’uomo (fa parte di Opere, a

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È il legame che il volontariato intrattiene con cittadinanza attiva e democrazia a sollevare l’interesse dell’Unione. Promuovere la cittadinanza attiva, infatti, serve a promuovere e potenziare il processo di integrazione europea. Tuttavia, che l’Unione europea consideri il volontariato, o meglio i 100 milioni di volontari che contribuiscono a migliorare la sua società come i portatori privilegiati dei valori di cui essa stessa si fa interprete è un grande riconoscimento dell’importanza culturale del servizio volontario.

Negli intenti dell’UE, l’Anno europeo ha offerto la possibilità alla Commissione europea di fotografare e comprendere la situazione delle attività di volontariato e il contributo che esse apportano alla comunità; ha permesso, inoltre, di individuare le azioni da intraprendere, sia da parte dell’Unione europea che di ciascuno degli Stati membri, per promuovere e sostenere il volontariato.

La Commissione ha messo in campo alcune iniziative a sostegno del volontariato: la proposta di creazione di un corpo volontario europeo di aiuto umanitario; la definizione di un quadro per i contributi dei volontari europei agli interventi di aiuto umanitario dell’UE; il riconoscimento delle esperienze di lavoro volontario e delle competenze acquisite con il volontariato tramite un “passaporto europeo delle competenze”, sul modello Europass. Vi sono, poi, già in atto vari meccanismi di finanziamento del volontariato a livello dell’Unione europea come il Servizio Volontario Europeo facente parte del programma “Gioventù in azione”. Inoltre, la Commissione ha esposto alcune raccomandazioni strategiche per gli Stati membri, che vale la pena riportare:

La Commissione, conformemente al principio di sussidiarietà, non intende promuovere un modello unico di volontariato né armonizzare le culture del volontariato a livello locale e regionale. Raccomanda tuttavia agli Stati membri di utilizzare meglio il potenziale del volontariato nei seguenti modi:

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scarsa tradizione o cultura in materia di volontariato, la definizione di quadri normativi potrebbe fornire incentivi a sostegno dello sviluppo del volontariato.

– La ricerca e la raccolta di dati sul volontariato dovrebbero essere incoraggiate a livello nazionale. In tale contesto, si raccomanda il ricorso al Manuale sulla misurazione

del lavoro volontario dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) e al manuale sulla misurazione del lavoro di volontariato e al manuale sulle organizzazioni senza scopo di lucro delle Nazioni Unite.

– È fondamentale riconoscere come esperienze di apprendimento non formale le competenze e le capacità acquisite con il volontariato per motivare i volontari e creare un collegamento tra volontariato e istruzione.

– Gli Stati membri devono eliminare gli ostacoli ancora presenti che impediscono, direttamente o indirettamente, le attività di volontariato in generale e soprattutto quelle transfrontaliere.

– Gli Stati membri sono invitati ad avviare programmi nazionali di volontariato per il volontariato transfrontaliero intesi a contribuire allo sviluppo del volontariato nell’Unione europea24.

Tuttavia, nonostante l’Anno europeo sia stato per molti versi un’occasione mancata, nonostante si sia celebrato più di quanto si sia in realtà ottenuto in termini di risposte alle esigenze concrete del Terzo settore, non si deve perdere di vista la sempre più matura consapevolezza dell’apporto del volontariato alla costruzione di una società sana e stabile, perché regolata da rapporti virtuosi di solidarietà. E non si devono perdere di vista le sfide a cui deve far fronte il volontariato e le raccomandazioni strategiche per gli Stati membri, entrambe contenute nel documento della Commissione del settembre 2010 a cui si è fatto 24 http://europa.eu/youth/evs_database

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riferimento. È sempre più evidente l’intreccio degli aspetti sociali, economici e politici e del ruolo delle associazioni di volontariato nelle società a livello nazionale ed europeo. Se l’Anno europeo è servito a rendere più evidente questo intreccio, tale aspetto non deve perdersi. Con ciò è assegnato un compito, come si diceva, non solo alle istituzioni ma anche alle associazioni. A questo proposito, vi è una considerazione di particolare rilevanza, contenuta nella Proposta di risoluzione del Parlamento europeo sul contributo del volontariato alla coesione sociale del 10 marzo 200825. Dopo aver riconosciuto l’inestimabile valore che il

volontariato porta nella società a ragione del suo legame con la democrazia e la cittadinanza attiva, viene riconosciuto il valore aggiunto di un reale partenariato: a livello locale/regionale le attività di volontariato facilitano il coinvolgimento degli attori locali che vengono responsabilizzati attraverso la partecipazione, l’impegno e l’intervento. Tale responsabilizzazione accresce la fiducia in sé stessi e la motivazione e in un contesto regionale può contribuire significativamente allo sviluppo di un’identità regionale. A livello nazionale tale responsabilizzazione sposta il rapporto tra cittadino e Stato dal contesto di un rapporto assistito-benefattore ad uno in cui il cittadino, attraverso l’azione collettiva, svolge un ruolo significativo nel dare un contributo positivo alla vita della comunità. È opportuno notare che tali esiti, benché generalmente considerati positivi, non sono sempre ben accetti dall’ “autorità”.

"Si richiama al valore dell’iniziativa del cittadino in un’ottica che potremmo dire sussidiaria, proficua, laddove si realizza, non solo in termini di servizi ma anche di coscienza dei cittadini, ma che spesso non è ben vista dall’autorità. Quest’ultima osservazione è particolarmente significativa: responsabilizzare i cittadini significa innanzitutto concedere più libertà alla loro iniziativa e alla loro opera, riconoscerla e sostenerla. Le istituzioni hanno ancora gravi 25

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difficoltà a cedere a una vera logica sussidiaria. Come si diceva, è l’ambito della libertà e della creatività che bisogna rivendicare e che si fa fatica a riconoscere"26.

Nello stesso documento, si riporta, inoltre, che secondo uno studio dell’ECAS (European Citizen Action Service, l’organizzazione per la tutela dei diritti e degli interessi dei cittadini nei confronti delle istituzioni europee) sull’impegno delle organizzazioni della società civile, in otto Stati membri vi è una situazione insoddisfacente in termini di partenariato.

Se è vero, da un lato, che non ci si sente cittadini europei e che le istituzioni europee sono percepite come lontanissime da noi, dall’altro tali considerazioni ci permettono di intuire la necessità che le associazioni prendano sempre più coscienza del valore universale della loro opera e quindi del ruolo che possono svolgere nella comunità di appartenenza in termini di una reale esperienza di democrazia partecipata. In questo senso, l’Europa può svolgere una provocazione alla mentalità individualista assai diffusa nel mondo del volontariato. Solo mettendosi insieme è possibile dialogare con le istituzioni.

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1.1. Il Servizio Volontario Europeo

Il Programma Gioventù in Azione, istituito con decisione n. 1719/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 novembre 2006 ed operativo dal 2007 fino alla fine del 2013, è uno strumento di sostegno e finanziamento ai progetti che favoriscono l'educazione non formale, l'apprendimento interculturale, la solidarietà e la mobilità internazionale dei giovani. Per educazione o apprendimento non formale si intende: "L'Apprendimento Non Formale è quello che ha luogo al di fuori del curriculum previsto dall’istruzione formale. Le attività di apprendimento non formale si svolgono su base volontaria e sono accuratamente progettate per favorire lo sviluppo personale e sociale dei partecipanti".

E' promosso dalla Commissione Europea27 (Direzione Generale

Istruzione e Cultura) e in Italia è coordinato dall'Agenzia Nazionale per i Giovani28 . Il Programma GIOVENTÙ IN AZIONE offre ai giovani

occasioni di mobilità e di partecipazione

attiva alla costruzione dell’Europa. Attraverso attività educative non formali, il programma mira a sviluppare la cooperazione nel settore della gioventù. Promuove inoltre il concetto di apprendimento lungo tutto l’arco della vita e lo sviluppo di competenze volte a favorire la cittadinanza attiva dei giovani. Inoltre, una delle priorità chiave per la Commissione Europea è permettere ai giovani con minori opportunità (ad esempio, i giovani disabili o quelli provenienti da un ambiente svantaggiato sotto l’aspetto culturale, geografico o socioeconomico) di usufruire delle iniziative per la mobilità e l’educazione non formale promosse dal Programma. A questa si affiancano altre priorità quali la

27 http://ec.europa.eu/policies/culture_education_youth_it.htm 28 http://.gioventuinazione.it

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sensibilizzazione dei giovani riguardo la loro cittadinanza europea, il rafforzamento della loro partecipazione alla vita democratica e lo sviluppo dell’apprendimento interculturale.

Gli obiettivi generali del programma sono:

• promuovere tra i giovani la cittadinanza attiva in generale e in particolare la loro cittadinanza europea;

• sviluppare la solidarietà e promuovere la tolleranza fra i giovani, in particolare per rafforzare la coesione sociale dell’UE; • favorire la comprensione reciproca tra i giovani di paesi diversi; • contribuire ad accrescere la qualità dei sistemi di sostegno per le attività giovanili e le competenze delle organizzazioni della società civile nel settore giovanile;

•promuovere la cooperazione europea nel settore della gioventù.

Il programma gioventù in azione è suddiviso in cinque azioni:

AZIONE 1: GIOVENTÙ PER L'EUROPA.

Questa azione punta a rafforzare la cittadinanza attiva dei giovani e la comprensione reciproca tra di essi offrendo un'opportunità di incontro tra gruppi di giovani (dai 15 ai 25 anni) provenienti da due o più Stati membri dell’Unione europea. L’azione 1 sostiene le seguenti misure: 1.1 Scambi di giovani. Tali scambi offrono a gruppi di giovani provenienti da paesi diversi, di età compresa in linea di principio tra i 13 e i 25 anni, l’opportunità di incontrarsi e di conoscere le rispettive culture. Essi progettano insieme il proprio scambio sulla base di un tema di interesse comune, ad esempio la musica, i film, il patrimonio locale, l'ambiente, la tecnologia dell'informazione, il razzismo, la xenofobia, ecc. Non sono considerati scambi fra giovani, e quindi non possono essere finanziati dal programma, viaggi ricreativi, corsi di lingue, scambi di classi o di scuole, concorsi, attività di scambio a scopo di lucro, campi di lavoro, attività culturali fini a se stesse, ecc.

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1.2. Iniziative Giovani. Questa misura sostiene progetti nei quali giovani partecipano attivamente e direttamente ad attività da essi stessi concepite a livello locale, ragionale e nazionale e di cui sono i principali protagonisti per svilupparne lo spirito di iniziativa e imprenditoriale nonché la loro creatività. Le iniziative giovani si rivolgono soprattutto ai giovani di età compresa fra i 18 e i 30 anni, ma possono essere ammessi a partecipare anche giovani dall’età di 15 anni se accompagnati da un animatore giovanile.

1.3. Progetti Giovani e Democrazia. Questa misura sostiene progetti o attività che mirano a favorire la partecipazione dei giovani alla vita democratica della loro comunità locale, regionale o nazionale nonché a livelli internazionale. Tale misura si applica ai giovani compresi fra i 13 e i 30 anni.

AZIONE 2: SERVIZIO VOLONTARIO EUROPEO.

Il volontariato transnazionale europeo offre ai giovani un’esperienza di apprendimento interculturale in un contesto informale, promuove la loro integrazione sociale e la partecipazione attiva. I giovani possono svolgere, individualmente o in gruppo, un’attività di volontariato all'estero, ossia un’attività senza fini di lucro e non retribuita, per un periodo limitato che va da 2 a 12 mesi, diventando dei "volontari europei".

AZIONE 3: GIOVENTÙ NEL MONDO.

Questa azione sostiene progetti organizzati da Paesi Partner, in particolare scambi di giovani.

L’azione 3 sostiene le seguenti misure.

3.1. Cooperazione con i paesi vicini dell’Unione europea inerente a progetti con i paesi partner confinanti, soprattutto scambi di giovani, progetti di formazione e il networking nel settore giovanile.

3.2. Cooperazione con altri paesi nel mondo inerente la cooperazione nel settore giovanile, in particolare lo scambio di buone pratiche con i paesi

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partner di altre parti del mondo. Incoraggia gli scambi e la formazione dei giovani e degli animatori giovanili, i partenariati e le reti di organizzazioni giovanili.

AZIONE 4: STRUTTURE DI SOSTEGNO GIOVANILE.

L’obiettivo di questa azione è di sostenere organismi attivi a livello europeo nel settore giovanile, in particolare l’operato delle ONG giovanili e la loro capacità di networking, offrire consulenza per coloro che desiderano sviluppare un progetto, garantire la qualità tramite lo scambio, la formazione e la creazione di reti degli operatori giovanili e le organizzazioni giovanili, promuovere l’innovazione e la qualità, offrire informazione ai giovani, sviluppare strutture e attività necessarie alla realizzazione degli obiettivi del Programma, nonché incoraggiare partenariati con autorità locali e regionali.

AZIONE 5: SOSTEGNO PER LA COOPERAZIONE EUROPEA NEL SETTORE GIOVANILE.

Questa azione ha lo scopo di:

• Organizzare un dialogo strutturato tra i vari attori nel mondo della gioventù, in particolare tra i giovani stessi, gli animatori giovanili, le organizzazioni e i responsabili delle politiche giovanili;

• sostenere seminari giovanili e seminari giovanili a livello nazionale e transnazionale;

• contribuire allo sviluppo delle cooperazione politica nel campo della gioventù;

• facilitare lo sviluppo di reti al fine di migliorare la comprensione nel mondo giovanile;

• sostenere la cooperazione con le organizzazioni internazionali. L’azione 5 sostiene le misure seguenti:

5.1 incontri di giovani e responsabili delle politiche giovanili.

5.2 Sostegno ed attività per una migliore conoscenza del settore giovanile.

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5.3 Cooperazione con organizzazioni internazionali

In particolare nell'ambito del Programma si inserisce il Servizio

Volontario Europeo (SVE) che aspira a sviluppare la solidarietà e a

promuovere la tolleranza fra i giovani, in primo luogo per

rafforzare la coesione sociale dell’Unione europea. Promuove la cittadinanza attiva e migliora la comprensione reciproca fra i giovani. Nel programma infatti è specificato:

"Lo SVE offre ai giovani un’esperienza di apprendimento interculturale in contesti non formali, promuovendone l’integrazione sociale e la partecipazione attiva alla società, migliorandone l’occupabilità e dando loro modo di esprimere solidarietà verso altre persone, nonché dare sostegno allo sviluppo delle comunità locali."29

Questi obiettivi generali si articolano in diversi obiettivi specifici, ossia:

• sostenere la partecipazione dei giovani a diverse forme di attività volontarie, sia all’interno che all’esterno dell’ Unione europea; • offrire ai giovani l’opportunità di esprimere il loro impegno

personale con attività di volontariato a livello europeo ed internazionale;

• interessare i giovani alle azioni che stimolano la solidarietà tra i cittadini dell’Unione europea;

• coinvolgere i giovani volontari, in un paese diverso da quello dove risiedono, in attività non lucrative e non remunerata a beneficio della collettività.

Lo SVE è un’occasione di istruzione e di formazione supplementare, ossia servizio di “apprendimento non-formale”, attraverso cui i giovani volontari possono acquisire competenze per il loro sviluppo personale e professionale scoprendo nuovi orizzonti e integrandosi in altri contesti sociali e culturali diversi dai propri. Un progetto SVE consente ai giovani 29 http://serviziovolontarioeuropeo.it/

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volontari di mettere a frutto la propria volontà di azione per dare impulso a progetti di sviluppo locale. Per la sua stessa natura, un progetto SVE richiede la piena integrazione del volontario nella comunità che lo riceve. Questo contribuisce molto al valore formativo dell'esperienza per i giovani. La qualità di questa integrazione, a sua volta, deve far sì che le attività volontarie abbiano effetti tangibili sul piano locale.

Un progetto SVE permette, inoltre ai ragazzi di coniugare l'entusiasmo e la responsabilità assunta verso la comunità che li accoglie,sviluppa la creatività e migliora la partecipazione a incarichi concreti.

Dal sito internet poi si può capire che cosa non è lo SVE:

• Lo SVE non è volontariato occasionale, non strutturato, a tempo parziale.

• Lo SVE non è un tirocinio in un'impresa, in un'ONG, ecc.. • Lo SVE non è un lavoro retribuito e non deve sostituire i lavori retribuiti.

• Lo SVE non è un’attività ricreativa o turistica. • Lo SVE non è un corso di lingua.

• Lo SVE non è sfruttamento di mano d'opera economica.

• Lo SVE non è un periodo di studio o di formazione professionale all'estero.

• Lo SVE non è un semplice meccanismo di finanziamento, ma un modello di qualità per un servizio volontario transnazionale.

Lo SVE viene realizzato tramite attività organizzate nell’ambito di una partnership tra organizzazioni di volontariato legalmente riconosciute, che inviano o ospitano volontari. Un progetto SVE rappresenta il quadro di riferimento per una o più attività SVE alle quali possono partecipare uno o più volontari.

Un progetto SVE è composto da tre fasi: A. la preparazione

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B. l’attività di volontariato vera e propria C. il follow-up e valutazione

Con il termine “progetto” si intende l’intero periodo compreso tra la preparazione iniziale e la valutazione finale, mentre il temine “attività” si riferisce al periodo di svolgimento dell’attività vera e propria del volontario.

Un’attività di Servizio Volontario Europeo consente ad un giovane, di età compresa tra i 18 e i 30 anni, di svolgere, per un periodo di tempo prestabilito, un’esperienza di volontariato non retribuita e senza fini lucro ad unico vantaggio della comunità locale. Tale attività può svolgersi in diversi settori: ambiente, arti, cultura, assistenza sociale rivolta a determinate categorie di persone quali bambini o anziani, protezione civile, patrimonio culturale, cooperazione allo sviluppo.

Deve, comunque, trattarsi di un’attività che risponde ai principi generali elencati di seguito:

• svolgersi in un paese diverso da quello in cui risiede il volontario; • non avere scopo di lucro e non essere retribuita;

• essere programmata, attuata ed avere un seguito in uno spirito di collaborazione fra

volontari e organizzazioni di invio e d’accoglienza;

• rappresentare un chiaro valore aggiunto europeo o internazionale;

• apportare un valore aggiunto all'organizzazione di accoglienza e alla comunità locale;

• non essere sostitutiva di un'attività lavorativa, del servizio militare o di formule alternative;

• avere una durata limitata nel tempo (fino a dodici mesi);

• prevedere la partecipazione di almeno uno Stato membro dell'UE. Un’attività SVE può essere svolta individualmente o in gruppo:

• Un’attività SVE individuale coinvolge solo un volontario, un’organizzazione d’invio e un’organizzazione di accoglienza.

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Questo genere di attività comporta un’esperienza di apprendimento intensivo, un sostegno individualizzato, un forte sviluppo personale e notevoli opportunità di integrazione con la comunità locale.

• Un’attività SVE di gruppo permette ai volontari di partecipare collettivamente all’attività volontaria a livello locale, regionale, nazionale, europeo o internazionale e di trarre beneficio dalle esperienza di apprendimento individuali e di gruppo. Fino a 100volontari possono essere ospitati dalla stessa organizzazione o - divisi in sottogruppi – da diverse organizzazioni.

Ogni progetto di Servizio Volontario Europeo è un accordo fra i seguenti attori:

• uno o più giovani volontari; • una o più organizzazioni di invio; • una o più organizzazioni di accoglienza;

• un’organizzazione di coordinamento che può anche essere l’organizzazione di invio o l’organizzazione di accoglienza.

Le organizzazioni partner di un progetto SVE devono essere autorità locali, regionali o nazionali, organizzazioni o associazioni senza scopo di lucro, organizzazioni governative internazionali istituite legalmente in un paese partecipante al programma o in un paese partner. Può trattarsi di una organizzazione lucrativa nel caso organizzi un evento in tema con la gioventù, lo sport o la cultura.

L’organizzazione di invio ha i seguenti compiti:

• assiste il volontario nel trovare e contattare un’organizzazione di accoglienza;

• mantiene i contatti con il volontario e l’organizzazione di accoglienza durante la realizzazione del progetto;

• si preoccupa dell’ottenimento del visto da parte del volontario (nel caso di progetti in Paesi fuori dall’Unione

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Europea);

• assiste il volontario per il reinserimento nella comunità di origine fornendo ad esso l’opportunità di scambiare e condividere la proprie esperienze.

L’organizzazione di accoglienza dovrà far sì che il servizio volontario sia un'autentica esperienza di apprendimento e fornirà al giovane volontario tutti gli appoggi necessari nel corso di questa. Infatti, essa ha il compito di:

• dare sostegno nelle mansioni affidate al volontario;

• dare sostegno personale al volontario per la sua integrazione nella comunità locale attraverso un’attività di formazione al momento dell’arrivo e a metà percorso;

• definire opportunità di apprendimento della lingua del paese ospitante;

• fornire al volontario un alloggio adeguato; • provvedere al vitto del volontario;

• fornire al volontario mezzi di trasporto locale;

• versare al volontario un’indennità settimanale o mensile (l’importo corrispondente è indicativamente previsto nella tabella in allegato);

• provvedere all’ottenimento del visto del volontario congiuntamente con l’organizzazione d’invio (nel caso di progetti con Paesi non europei);

• aiutare il volontario nella compilazione, al termine delle attività, dello Youth Pass, un certificato riconosciuto dalla Commissione Europea che attesti le competenze e l'esperienza

acquisita nell'ambito del progetto locale svolto.

L’organizzazione di coordinamento è leader del progetto ed è responsabile della gestione dei fondi che saranno assegnati al progetto. Questa può essere un’organizzazione che affianca quelle che inviano od

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