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Effetti periferici/metabolici della fluoxetina

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Academic year: 2021

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Università di Pisa

Facoltà di Biologia applicata alla biomedicina

curriculum fisiopatologico

“Effetti metabolici/periferici

della Fluoxetina”

CANDIDATA:

Serena Serafini

RELATORI:

Dott.ssa Margherita Maffei

Dott.ssa Gaia Scabia

Prof. Aldo Paolicchi

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2 1. Introduzione 3 1.1 Obesità 6 1.2 La Leptina 7 1.3 Arricchimento Ambientale 8 1.4 BDNF 10 1.5 Glucosio Tolleranza 11 1.6 Il tessuto adiposo 12

1.7 Tessuto adiposo bianco 13

1.8 Tessuto adiposo bruno 14

1.9 Fluoxetina 15

1.10 Scopo della tesi 16

2. Materiali e Metodi 17

2.1 Trattamento degli animali 18

2.1.1 Condizioni di allevamento 18

2.1.2 Trattamento con Fluoxetina 18

2.2 Glucosio tolleranza e Insulino sensibilità 19

2.3 Leptina Plasmatica 19

2.4 Espianto degli organi per l’istologia 19

2.5 Espianto degli organi per biologia molecolare 20

2.6 Istologia 20

2.6.1 Disidratazione 20

2.6.2 Inclusione in paraffina e taglio delle sezioni 21 2.6.3 Acquisizione delle immagini e ricostruzione al computer 21

2.6.4 Calcolo delle aree 22

2.7 Estrazione dell’RNA da tessuto adiposo 22

2.8 Sintesi del cDNA 23

2.9 Real-Time (PCR) 23

2.10 Analisi statistica 25

3.Risultati 26

3.1 Effetti della Fluoxetina sui parametri fisici 27 3.2 Effetti della Fluoxetina sui livelli di leptina e sul metabolismo del Glucosio 31 3.3 Effetti della Fluoxetina sull’espressione ipotalamica di BDNF 34 3.4 Effetti della Fluoxetina sul tessuto adiposo 34

4. Conclusioni 41

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4 Allo scopo di introdurre la parte metodologica e i risultati della mia tesi dovrò toccare vari argomenti, anche distanti tra loro, ad ognuno dei quali dedicherò uno specifico paragrafo. Ciò dipende dal fatto che il mio lavoro di tesi magistrale si inserisce in un progetto più ampio e complesso portato avanti dal laboratorio di Biologia Molecolare dell’Obesità diretto dalla dottoressa Maffei (Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale). Di seguito, in breve, alcune linee guida per capire lo svolgimento di questa introduzione. In neretto le parole chiave alle quali ho dedicato uno specifico approfondimento.

Il laboratorio che mi ha ospitato si occupa dei meccanismi molecolari che regolano l’omeostasi energetica. L’obesità costituisce una deviazione da questo stato di omeostasi, alla base del quale sta un dialogo tra periferia (rappresentata soprattutto dall’ormone leptina) e il sistema nervoso centrale (in particolare l’ipotalamo). La sensibilità alla leptina è un meccanismo di regolazione chiave dell’omeostasi energetica e tale sensibilità è ridotta negli individui obesi. Studi eseguiti dal gruppo di Maffei hanno dimostrato che è possibile interferire sulla sensibilità leptinica e sulla plasticità sinaptica ipotalamica modificando le condizioni di vita degli animali, ad esempio attraverso l’arricchimento ambientale (AA). Una potente spia del fatto che ci siano state modifiche a carico della plasticità sinaptica è rappresentata dall’aumento della neurotrofina BDNF. Maffei e collaboratori hanno anche osservato una modifica della glucosio tolleranza negli animali esposti ad AA. Successivamente, il gruppo di Cao ha dimostrato che l’AA ha anche un effetto nel modificare l’istologia del tessuto

adiposo bianco, che acquisisce una percentuale maggiore di zone in cui è possibile

trovare il tessuto adiposo bruno; si ha, quindi, un’induzione del fenomeno di

brownizzazione con il conseguente aumento delle capacità termogeniche del tessuto

adiposo.

Il progetto di cui ho fatto parte si è quindi posto la seguente domanda: è possibile trovare un farmaco che sia in grado di agire sulla sensibilità leptinica, mimando quindi gli effetti dell’AA?

In alcuni sistemi sensoriali la fluoxetina è nota per avere effetti simili a quelli dell’AA in termini di plasticità sinaptica. Tuttavia i suoi effetti sull’ipotalamo, sulla sensibilità leptinica e sulla plasticità sinaptica dei neuroni, che controllano il comportamento

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5 alimentare, non sono mai stati indagati. Inoltre gli effetti metabolici periferici sono poco descritti e in studi ormai datati.

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1.1 Obesità

La diffusione dell’obesità è molto aumentata negli ultimi 20 anni, soprattutto nelle società occidentali. Essa è il risultato di uno sbilanciamento energetico: si ha un input calorico superiore a quella che è la spesa energetica. Negli Stati Uniti il 30% della popolazione adulta è obesa e un altro 35% in sovrappeso.

L’obesità è definita in funzione dell’indice di massa corporea (BMI = peso in Kg/ altezza in m2). Un soggetto con un BMI al di sotto di 25 è considerato normale; un soggetto con BMI compreso tra 25 e 30 è in sovrappeso; un BMI superiore a 30 è invece indice di obesità (David L. Nelson, Michael M. Cox).

L’obesità viene definita come una patologia in cui l’eccessivo accumulo di grasso corporeo può avere un effetto negativo sulla salute, portando ad un aumento del rischio di sviluppare diabete di tipo 2, patologie coronariche dovute all’aumento della pressione arteriosa e all’iperlipidemia, ictus e cancro. L’insieme di queste patologie viene definito come “sindrome metabolica” ed è per questo motivo che c’è un grande interesse nel capire come vengono regolati massa corporea e immagazzinamento dei grassi nel tessuto adiposo.

I fattori che determinano l’insorgenza di tale patologia sono molteplici; in particolare si ritiene che l’obesità sia determinata dall’interazione tra fattori genetici, fisiologici e ambientali (David L. Nelson, Michael M. Cox). L’accumulo di grasso è il risultato dell’eccessiva assunzione di calorie, della mancanza di attività fisica, e anche della predisposizione genetica; infatti quando l’apporto di cibo è superiore al dispendio di energia, le calorie in eccesso vengono immagazzinate nel tessuto adiposo sotto forma di trigliceridi (Friedman, 1997).

In una piccola percentuale di casi l’obesità è dovuta a mutazioni genetiche, disturbi endocrini, assunzione di farmaci o malattie psichiatriche.

Nei Mammiferi esiste un complesso sistema di ormoni e segnali nervosi che agiscono insieme per mantenere in equilibrio il consumo di energia e l’introito di nutrienti (Spiegelman B.M. and Flier J.S).

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7 Infatti il corpo può far fronte all’eccesso di calorie in tre modi:

- Convertendo i combustibili metabolici in eccesso in trigliceridi e immagazzinandoli nel tessuto adiposo;

- Bruciando i nutrienti in eccesso attraverso un incremento dell’attività fisica; - “Consumando” l’eccesso energetico bruciando calore.

1.2 La Leptina

La leptina, dal greco “lepthos” che significa magro, è un ormone formato da 167 amminoacidi con massa molecolare di 16 KDa codificato dal gene ob localizzato sul cromosoma 6 nel topo e sul cromosoma 7 nell’ uomo.

Nell’uomo e nel topo la leptina è secreta prevalentemente dalle cellule adipose, in proporzione alla quantità di massa grassa presente nell’organismo, e svolge il ruolo di segnalare all'ipotalamo la quantità delle riserve energetiche (Friedman et al., 1998). Viene tuttavia prodotta in minima parte anche dalla placenta, dall’epitelio mammario, dalla mucosa gastrica, dal midollo osseo, dal muscolo scheletrico, dall’ipotalamo e dalle ossa.

La leptina prodotta viene liberata nel circolo sanguigno e può circolare come peptide libero o associato ad altre proteine plasmatiche.

Il recettore della leptina ObRb è espresso principalmente nell’ipotalamo, la regione del cervello volta al controllo del comportamento alimentare, e in particolare nei neuroni del nucleo arcuato (ARC). In particolare sono coinvolte due popolazioni di neuroni:

- I neuroni NPY, che stimolano l’appetito tramite il rilascio del neuro peptide Y. - I neuroni POMC, che reprimono l’appetito tramite il rilascio dell’ormone

stimolante gli α-melanociti (α-MSH), prodotto a partire dal precursore polipeptidico pro-opiomelanocortina (POMC).

L’azione della leptina si esplica inibendo i primi ed eccitando i secondi, in modo da spostare l’equilibrio verso un minor consumo di cibo. Quindi la leptina circolante, attraverso il legame con il suo recettore ObRb, segnala all’ipotalamo lo stato delle riserve energetiche dell’organismo; porta alla regolazione dell’assunzione di cibo e della spesa energetica sulla base della quantità della massa grassa presente.

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8 Le azioni della leptina non si limitano, tuttavia, al solo ipotalamo; infatti la leptina stimola anche il sistema nervoso simpatico aumentando la pressione del sangue, il ritmo cardiaco e la termogenesi (la produzione di calore a spese del metabolismo energetico).

La leptina è coinvolta anche in altri processi fisiologici quali: la regolazione del metabolismo, la crescita, lo sviluppo, la regolazione di processi endocrinologici ed immunologici, la riproduzione, la fisiopatologia cardiovascolare e il mantenimento della funzione respiratoria.

I soggetti obesi presentano una correlazione tra i livelli di leptina e il BMI, che si traduce in un’elevata leptinemia. Questi soggetti sono caratterizzati da una ridotta sensibilità all’ormone (leptino resistenza). Per questo motivo c’è un forte interesse nel cercare di trovare terapie che siano in grado di ridurre la leptino resistenza, facilitando così l’azione fisiologica dell’ormone.

1.3 Arricchimento Ambientale

L’arricchimento ambientale è un paradigma sperimentale caratterizzato dall’allevamento in gabbie di maggiori dimensioni rispetto a quelle standard, accessoriate con giochi e ruote per incrementare l’attività fisica spontanea e per fornire agli animali una maggiore stimolazione sensoriale e cognitiva. Inoltre gli animali vengono allevati in gruppi numerosi per fornire una migliore stimolazione sociale (Mainardi et al, 2010).

Studi condotti dal gruppo della Dott.ssa Maffei hanno dimostrato che l’esposizione degli animali all’AA ha un impatto sul comportamento alimentare, sulla produzione e sull’azione della leptina e sull’insulino-sensibilità (Mainardi et al., 2010).

I primi due risultati dipendono dall'età in cui il topo è stato sottoposto all’AA; infatti se l’AA viene effettuato in età adulta non sembrano esserci effetti sul sistema leptinico. Sono stati comunque osservati effetti a carico del sistema periferico come la riduzione della massa grassa con la conseguente riduzione di leptina plasmatica, una maggiore assunzione di cibo nonostante la mancata variazione del peso corporeo degli animali. In topi giovani, invece, arricchiti dalla nascita, l’AA porta a una ridotta concentrazione di leptina plasmatica mentre l'assunzione di cibo rimane invariata così come il peso

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9 corporeo. La sensibilità alla leptina invece aumenta, portando così alla conclusione che l’AA ha effetti positivi sulla regolazione e sull’azione della leptina. Ci sono due diversi modi per studiare la sensibilità leptinica; il primo è a livello comportamentale e consiste nell’effettuare una iniezione intraperitoneale di leptina (3mg/kg) e nel valutare il consumo di cibo nelle 24 ore successive (4 ore, 14 ore e 24 ore dopo l’iniezione). L’approccio biochimico, invece, consiste nel dare ai topi uno stimolo di leptina intraperitoneale (3mg/kg) 45 minuti prima del sacrificio, e nell’effettuare, poi, una immunofluorescenza per il principale effettore intracellulare della leptina, STAT3, e per la sua forma fosforilata, e quindi attiva, pSTAT3.

Nello stesso lavoro sono stati condotti altri esperimenti per studiare gli effetti dell’AA anche a livello centrale. Questi esperimenti dimostrano che a livello ipotalamico si ha un aumento della neurotrofina BDNF e un aumento della plasticità sinaptica.

Studi condotti da Sale e collaboratori nel 2007 hanno dimostrato che ratti ambliopi, posti in AA in età adulta, hanno un aumento di BDNF a livello della corteccia visiva. Ciò porta ad un aumento della plasticità neuronale in questa area cerebrale e conseguentemente, alla riapertura del periodo critico, fondamentale per la formazione di nuove sinapsi. Il risultato è il recupero dell’acuità visiva.

Nel 2011 Cao e collaboratori hanno studiato gli effetti dell’AA sulla morfologia, sull’istologia e sul profilo di espressione genica del tessuto adiposo bianco. I risultati ottenuti indicano che l’AA induce un aumento di brownizzazione nel tessuto adiposo bianco quindi un maggiore dispendio di energia e consumo di acidi grassi, grazie ad un aumento di BDNF indotto dall’AA. Il BDNF stimola l’attivazione del sistema nervoso simpatico il quale rilascia adrenalina a livello dei depositi adiposi. In questo modo, attraverso l’attivazione dei recettori β-adrenergici si ha un aumento nell’espressione dei geni marker del tessuto adiposo bruno che portano alla transdifferenziazione del tessuto adiposo bianco in bruno.

Tali marker genici sono:

- Prdm16 (PR-domain-containing 16);

- CIDEA (cell death-inducing DFFA-like effector A); - UCP-1 (uncoupling protein-1);

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10 - PGC1α (Peroxisome Proliferator - Activated Receptor Gamma Coactivator 1

alpha);

- Adrb3 (beta3-adrenergic receptor);

- PPARγ (Peroxisome proliferator-activated receptor γ).

1.4 BDNF

Il Brain-derived neurotrophic factor (BDNF) è una proteina secreta che fa parte della famiglia delle neurotrofine (Binder et al., 2004). E’ sintetizzato dal sistema nervoso centrale, a bassi livelli durante lo sviluppo e ad alti livelli nel periodo post-natale (Maisonpierre PC et al.,1990; Leibrock J et al., 1989). E’ una proteina la cui espressione e il cui rilascio sono regolati dall’attività neuronale (Zafra F et al., 1990) ed esplica la sua azione attraverso il legame con il recettore tyrosine kinase B (TrkB).

I topi omozigoti knock-out per BDNF hanno problemi nello sviluppo del cervello e del sistema nervoso sensoriale, e muoiono subito dopo la nascita, suggerendo che BDNF svolge un ruolo importante nel normale sviluppo neurale (Ernfors P et al., 1995). Si tratta di una molecola versatile dal punto di vista funzionale; infatti contribuisce a sostenere la sopravvivenza di neuroni esistenti e a favorire la crescita e il differenziamento di nuovi neuroni e sinapsi; inoltre favorisce la plasticità sinaptica nel cervello maturo (Rios M, 2013). La cascata di segnale che scaturisce dal legame BDNF-TrkB è coinvolta, infatti, nella trascrizione, nella traslazione e nel “trafficking” di proteine durante varie fasi di sviluppo delle sinapsi, ed è stata implicata in diverse forme di plasticità sinaptica. Queste funzioni sono il risultato di tre diverse cascate di segnale attivate dal legame BDNF/TrkB: la cascata delle Proteine Chinasi attivate da mitogeno (MAPK), della fosfolipasi Cγ (PLCγ) e della fosfatidilinositolo 3-chinasi (PI3K). Inoltre, BDNF aiuta a mantenere l'omeostasi energetica, sopprimendo l'assunzione di cibo e aumentando il dispendio energetico. Nei topi, l’eliminazione specifica di questa proteina dal cervello risulta in un consumo aumentato di cibo e in un incremento del peso corporeo accompagnato da altre caratteristiche associate alla sindrome metabolica, quali iperleptinemia, iperglicemia e iperinsulinemia (Kernie SG et al., 2000; Rios M et al., 2001). Coerentemente con il suo ruolo nel controllo del comportamento alimentare, BDNF e il suo recettore, TrkB, sono espressi in diversi centri di controllo

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11 per l’omeostasi energetica all’interno dell’ipotalamo e del tronco encefalico (Conner JM et al., 1997).

1.5 Glucosio tolleranza

L’obesità e le malattie metaboliche correlate, quali il diabete di tipo 2, hanno effetti deleteri sul metabolismo del glucosio con conseguente insulino resistenza. Il glucosio è un carboidrato che viene assunto con la dieta e si può trovare anche sotto forma di polimero. È uno zucchero aldoesoso (è composto da sei atomi di carbonio e contiene un gruppo -CHO, tipico delle aldeidi). A livello intestinale il glucosio riesce a passare la membrana degli enterociti grazie al cotrasportatore SGLT1 (sodium-glucose linked transporter 1). I trasportatori Glut che si trovano sulla membrana apicale delle cellule intestinali, si occupano di trasportare il Glucosio dal citoplasma delle cellule enteriche al liquido interstiziale e in seguito nel circolo sanguigno.

I trasportatori Glut sono presenti in diverse isoforme tra cui le più importanti sono: Glut 1  trasportatore presente in qualsiasi cellula. Esso si attiva indipendentemente dalla concentrazione del Glucosio plasmatico;

Glut 2  è presente nel fegato e nel pancreas e si attiva con alte concentrazioni di glucosio plasmatico;

Glut 4  è presente in tutti gli organi che sono regolati dall’insulina.

Per regolare e mantenere stabili i livelli di glucosio plasmatico intervengono ormoni quali l’insulina e il glucagone, prodotti dal pancreas. L'insulina è un ormone proteico che viene secreto in risposta ad un innalzamento del livello glicemico (ad esempio dopo aver consumato un pasto ricco di carboidrati); ha un effetto ipoglicemizzante, è cioè in grado di abbassare il livello di glucosio nel sangue. L'insulina favorisce l'utilizzo del glucosio da parte del muscolo e del tessuto adiposo e la formazione di glicogeno epatico.

Il glucagone, detto anche ormone della fame, ha un effetto iperglicemizzante, è cioè in grado di aumentare i livelli plasmatici di glucosio. Durante i periodi di digiuno prolungato la sua secrezione raggiunge il picco massimo. Interviene anche dopo i pasti, per equilibrare l'azione dell'insulina evitando punte ipoglicemiche. Il glucagone

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12 aumenta anche la formazione di glucosio epatico, a partire dal glicogeno, mediante il processo chiamato glicogenolisi.

Normalmente i valori della glicemia, in un individuo a digiuno, variano da 70 a 120 mg/dl. Per monitorare i livelli di glucosio nel sangue si procede con il test OGTT (Oral Glucose Tolerance Test) dove viene fatto il primo prelievo, cioè il basale, a partire dal quale viene conteggiato il tempo per gli ulteriori prelievi.

Le persone obese con conseguente sviluppo di diabete di tipo 2 hanno livelli troppo alti di glucosio nel sangue. Il pancreas non produce abbastanza insulina o l’insulina che produce non agisce come dovrebbe. In entrambi i casi le cellule non possono ricevere il glucosio di cui hanno bisogno. Questo si accumula nel sangue e, mentre tale livello cresce, le cellule non ricevono energia e si indeboliscono. In risposta a un calo di energia nelle cellule, il cervello manda all’esterno segnali che portano la persona a mangiare di più. Contemporaneamente, le altre cellule nel corpo cercano di ottenere energia chiedendo al corpo di bruciare grassi e proteine muscolari. Il fegato può convertire le proteine muscolari in glucosio, ma si instaura un circolo vizioso: viene generato più glucosio ma non riesce comunque ad essere trasformato in energia perché il corpo non riesce più a utilizzare i trasportatori del glucosio insulino sensibili in modo ottimale, portando di conseguenza ad insulino resistenza (David L. Nelson, Michael M. Cox).

1.6 Il tessuto adiposo

Il tessuto adiposo è un tessuto connettivale che deriva dal mesenchima (2° foglietto embrionale), con funzione di riserva energetica e azione trofica.

Le cellule che compongono il tessuto adiposo, sono chiamate adipociti.

Le dimensioni e il peso dell’organo sono estremamente variabili in base all’età, al sesso e all’introito di cibo di un soggetto.

I geni chiave per il metabolismo adipocitario sono:

- Plin1 (lipid droplet-associated protein o perilipina): le perilipine sono una famiglia di proteine che si associano con la superficie delle gocce lipidiche all’interno degli adipociti. Agiscono rivestendo le gocce lipidiche, proteggendole così dall’azione di lipasi endogene. La perilipina viene

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13 fosforilata dalla PKA (Protein Kinase A) in seguito all’attivazione del recettore beta adrenergico; la fosforilazione consente un cambiamento conformazionale che espone i grassi di deposito all’azione lipolitica mediata da HSL (Hormone-sensitive Lipase).

- HSL (Hormone-sensitive Lipase): è un enzima che nell’uomo viene codificato dal gene LIPE. Idrolizza i trigliceridi liberando acidi grassi e digliceridi in risposta alle catecolamine e viene attivato quando l’organismo necessita di energia. Viene inibito dall’insulina.

- LPL (lipoprotein lipase): idrolizza i trigliceridi in acidi grassi e colesterolo per favorirne l’ingresso nelle cellule dove verranno ossidati tramite beta ossidazione (cellule del muscolo scheletrico e cardiache) oppure risintetizzati in trigliceridi (cellule del tessuto adiposo).

- FAS (Fatty Acid Synthase): è un enzima implicato nella sintesi degli acidi grassi; nell'uomo viene codificato dal gene FASN. La sua funzione principale è quella di catalizzare la sintesi di acidi grassi a catena lunga a partire da dacetil-CoA e malonil-CoA, in presenza di NADPH.

Nei Mammiferi esistono due varietà di tessuto adiposo:

- Il tessuto adiposo bianco (per semplicità Tessuto Adiposo, TA), uniloculare - Il tessuto adiposo e bruno (TAB), multiloculare

Questi due tipi di tessuto sono diversi sia per istologia che per funzione.

1.7 Tessuto adiposo bianco

Per molto tempo il TA è stato considerato un tessuto inattivo, con mere funzioni di riserva, ma negli ultimi anni gli è stata attribuita anche funzione endocrina. Infatti esso produce delle molecole chiamate adipochine (citochine prodotte dal TA), tra cui le interleuchine (IL-1, IL-6, IL-8, IL-10), il tumor necrosis factor-alpha (TNFalpha), l’interferone gamma (INFgamma), e ormoni, come la leptina, l’adiponectina e la resistina.

Il TA è formato da adipociti e da frazione vascolare stromale che include preadipociti, fibroblasti, cellule endoteliali e cellule del sistema immunitario (macrofagi). Gli

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14 adipociti costituiscono la maggior parte del TA; sono cellule di grandi dimensioni (dai 30 ai 70 μm), caratterizzate dalla presenza di una grossa goccia lipidica (contenente trigliceridi) che può occupare fino al 90% del volume cellulare, riducendo di conseguenza il citoplasma ad uno strato molto sottile e spostando il nucleo alla periferia. La loro funzione principale è quella di deposito energetico. Quando aumenta la richiesta del combustibile metabolico, le lipasi degli adipociti idrolizzano i trigliceridi immagazzinati; così vengono gli acidi grassi vengono liberati e trasportati con la corrente circolatoria al muscolo scheletrico e al cuore. Il rilascio di acidi grassi da parte degli adipociti è fortemente accelerato dell’adrenalina, che stimola la fosforilazione AMP ciclico dipendente dalla perilipina, permettendo alla lipasi sensibile all’ormone di avere accesso ai trigliceridi presenti nella goccia lipidica. L’insulina invece agisce controbilanciando l’effetto dell’adrenalina, diminuendo cioè l’attività della lipasi (Principi di biochimica Lehninger).

La leptina e l’adiponectina vengono considerati i marcatori del tessuto adiposo bianco. Nel topo il TA è localizzato in vari depositi; prenderemo in considerazione il tessuto adiposo sottocutaneo (SC), il perirenale (PERI) e l’epididimale (EPI).

1.8 Tessuto adiposo bruno

Il TAB invece è un tessuto presente prevalentemente nei roditori e in animali ibernanti; nell’uomo è poco presente a parte nel periodo fetale e nei primi mesi di vita del neonato, periodi in cui provvede alla termoregolazione. Le cellule che lo compongono sono molto piccole e contengono tante piccole gocce contenente trigliceridi, il citoplasma è abbondante e il nucleo risulta centrale. Gli adipociti possono raggiungere le dimensioni di 30/40 μm. La sua funzione principale è la risposta termogenica e il bilanciamento energetico. Nel topo esiste un deposito di tessuto adiposo bruno localizzato nella zona interscapolare.

La comparsa del TAB in altri depositi adiposi tipicamente bianchi, è un fenomeno definito brownizzazione. La responsabilità di questo processo è imputabile all’attivazione del sistema adrenergico o all’esposizione dell’individuo al freddo (Cinti

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15 et al., 2012). Questo fenomeno provoca una diretta trasformazione delle cellule adipose bianche in cellule adipose brune.

La scoperta del fenomeno della brownizzazione apre la strada alla possibilità di trovare terapie per l’obesità basate sull’aumento del processo di transdifferenziazione, così da ottenere un aumento del dispendio energetico, con conseguente diminuzione della massa adiposa bianca e dei fenomeni infiammatori ad essa dovuti.

1.9 Fluoxetina

La Fluoxetina è un farmaco antidepressivo introdotto alla fine degli anni ʿ80. Appartiene alla categoria dei farmaci di seconda generazione che, rispetto ai farmaci precedentemente utilizzati, è dotato di minori effetti collaterali. E’ un inibitore della ricaptazione della serotonina (SSRI, selective serotonin reuptake inhibitor). Questo permette l’aumento della sua concentrazione a livello della fessura sinaptica con il conseguente aumento dell’attivazione dei recettori.

Studi clinici hanno permesso di capire che la fluoxetina ed altri SSRI, come la sertralina, possono essere usati per aumentare la perdita di peso nei primi 6-12 mesi di una dieta ipocalorica (Lauzurica et al., 2012).

Nel ratto la fluoxetina favorisce l’ipofagia, e questo si accompagna ad un calo del peso corporeo e ad un abbassamento dei livelli di leptina plasmatica (Lauzurica et al., 2012). Nel 2008 Maya-Vetencourt ha pubblicato uno studio in cui ratti ambliopi vengono sottoposti ad un trattamento cronico con la fluoxetina. I risultati ottenuti da questo lavoro dimostrano che il trattamento con fluoxetina è in grado di ripristinare la plasticità sinaptica della corteccia visiva in ratti adulti, promuovendo il completo recupero delle funzioni visive. Questi effetti sono accompagnati da un aumento dell’espressione del BDNF in quest’area del cervello.

Gli effetti indotti dalla fluoxetina nella corteccia visiva sono simili a quelli riscontrati da Sale e colleghi nel 2007 che utilizzò l’arricchimento ambientale come trattamento per curare topi ambliopi. Sembra quindi che la fluoxetina sia capace di mimare gli effetti dell’AA almeno per quanto riguarda la corteccia visiva.

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1.10 Scopo della tesi

Lo scopo della mia tesi è quello di stabilire quali siano gli effetti della fluoxetina sui sistemi che regolano l’omeostasi energetica e di valutare se tali effetti siano o meno simili a quelli precedentemente ottenuti utilizzando il paradigma sperimentale dell’arricchimento ambientale.

I miei studi si concentrano sulla periferia, in particolare sul profilo metabolico di topi trattati con questo farmaco, e sull’istologia e sul profilo di espressione genica del loro tessuto adiposo.

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2.1 Trattamento degli animali

2.1.1 Condizione di allevamento

Tutti gli esperimenti sono stati eseguiti su topi maschi C57/BL6 (Wilde Tipe) secondo le direttive del Ministero Italiano della Salute per la cura e l’uso degli animali da laboratorio con un ciclo buio-luce di 12 ore, il cibo e l’acqua sono stati resi disponibili ad libitum

2.1.2 Trattamento con fluoxetina

Al 25 giorno di vita post natale (p25), età in cui gli animali si considerano svezzati, 10 maschi WT sono stati divisi in due gabbie corrispondenti ai due gruppi sperimentali:

1) GRUPPO SPERIMENTALE DEI TRATTATI: 5 animali a cui è stata somministrata la fluoxetina nell’acqua da bere (FLX).

2) GRUPPO SPERIMENTALE DEI CONTROLLI: 5 animali a cui non è stata aggiunta alcuna sostanza nell’acqua da bere (CNT).

Il trattamento con Fluoxetina prevede l’aggiunta di tale farmaco alla concentrazione di 0.166 g/L nell’acqua da bere. Il trattamento dura 4 settimane e durante tutto il periodo è stato monitorato il consumo di cibo per gabbia pesando ogni tre giorni il cibo residuo utilizzando una bilancia con precisione di 0.01g.

Una volta alla settimana è stato misurato il peso dei topi al fine di monitorare l’incremento o la perdita di peso.

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2.2 Glucosio tolleranza e insulino-sensibilità

Al termine della seconda settimana di trattamento ad entrambi i gruppi sono stati effettuati il test per verificare tolleranza al glucosio (intra peritoneal Glucose Tollerance Test, ipGTT) e la sensibilità all’insulina (intra peritoneal Insulin Tollerance Test, ipITT). I topi di entrambi i gruppi sperimentali sono stati messi a digiuno 3 ore prima dell’iniezione. Dopo aver effettuato un prelievo di sangue (basale) ed aver misurato la glicemia a digiuno con l’ausilio del glucometro (LifeScan, Inc.), è stato iniettato intraperitonealmente il bolo esogeno di glucosio (1 mg/gr di peso corporeo) o di insulina (0.7 U/Kg di perso corporeo). Le variazioni nei livelli di glucosio plasmatico sono state monitorate dopo 15’, 60’ e 120’ dall’iniezione, per quanto riguarda l’ipGTT, e dopo 15’, 30’, 45’, 60’ e 90’, per quanto riguarda l’ipITT.

Per i dati di indice glicemico di entrambi i gruppi sperimentali, è stata calcolata l'area sotto la curva (AUC). È stata eseguita una divisione geometrica dell’area, dividendola in poligoni regolari. Il calcolo delle aree dei poligoni, sommate, costituisce il parametro AUC.

2.3 Leptina plasmatica

Per determinare la concentrazione plasmatica della leptina nei due gruppi sperimentali è stato utilizzato un kit ELISA della R&D System (Quantikine Mouse Leptin ELISA).

2.4 Espianto degli organi per l’istologia

Due ore prima del sacrificio, gli animali sono stati messi a digiuno. Per prelevare gli organi di nostro interesse gli animali sono stati anestetizzati con Cloralio idrato e perfusi per via trans-cardiaca con paraformaldeide al 4% in tampone fosfato 0.1M (pH 7.4). Durante l’espianto vengono prelevati e pesati accuratamente: fegato, tessuto adiposo bruno presente tra le scapole, tessuto adiposo bianco perirenale, epididimale e sottocutaneo. Ogni organo viene post-fissato in tubi da 8 ml contenente paraformaldeide al 4% e conservato a 4 gradi.

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2.5 Espianto degli organi per la biologia molecolare

Allo scadere delle quattro settimane di trattamento gli animali di entrambi i gruppi sono stati anestetizzati con isofluorano e sacrificati per dislocazione cervicale. I tessuti già elencati una volta espiantati sono stati rapidamente congelati mediante l’ausilio di azoto liquido e in seguito conservati a -80°C.

2.6 Istologia

Per eliminare il fissativo in eccesso, il tessuto sottocutaneo, perirenale e epididimale di ogni animale perfuso sono stati accuratamente lavati con tampone fosfato 1M (pH7.4).

Successivamente i tessuti sono stati sottoposti ad un processo di disidratazione e in seguito di inclusione.

2.6.1 Disidratazione

Data la particolare natura del tessuto adiposo è stata fatta una disidratazione lenta. La disidratazione consiste nell’immersione dei tessuti in una scala a concentrazione ascendente di alcoli per eliminare la componente acquosa. Infatti l’acqua bloccherebbe l’ingresso della paraffina (miscela di idrocarburi non polari) nel tessuto.

Il tessuto adiposo sottocutaneo, quello perirenale e quello epididimale sono stati posti in piccoli sostegni forati (scafette) che permettono al tessuto di imbibirsi delle soluzioni in cui viene immerso e anche di mantenere lo specifico orientamento che gli viene dato.

Il protocollo sperimentale prevede:

- 2 passaggi di 30 minuti in PBS 1X (phosphate buffered saline – sigma – preparato sciogliendo una capsula in 200 ml di acqua distillata);

(22)

21 - 1 passaggio di 30 minuti in etanolo (ETOH) al 25% diluito con PBS al 75%;

- 1 passaggio di 30 minuti in ETOH al 50% diluito con PBS al 50%; - 1 passaggio di 30 minuti in ETOH al 75% diluito con PBS al 25%; - 1 passaggio di almeno 2 ore in ETOH al 95% diluito con PBS al 5%;

- passaggio finale in ETOH al 99%, che terminerà il processo di disidratazione.

2.6.2 Inclusione in paraffina e taglio della sezione

Terminato il processo di disidratazione, le scafette sono state aperte e il tessuto è stato posto in uno stampo in metallo per la successiva inclusione in paraffina. Il blocchetto contenente il tessuto e la paraffina solidificata è stato poi tagliato al microtomo.

Il taglio del tessuto adiposo comincia con una sgrossatura allo scopo di raggiungere una zona dove sia possibile ottenere la sezione completa dell’organo. Sono stati fatti tagli seriali di 3 μm ciascuno e le sezioni ottenute sono state poste su vetrino (thermo scientific, menzel-glaser 76 x 26mm). Tra un vetrino e l’altro sono state scartate sezioni per un totale di 30 μm in modo da avere un’ampia campionatura dell’organo.

Dopo una breve re-idratazione dei tessuti, è stata effettuata la colorazione con ematossilina-eosina: i vetrini sono stati immersi in ematossilina per un totale di 6 minuti; poi sono stati risciacquati con acqua corrente per 3 minuti allo scopo di rimuovere il reagente in eccesso. Dopo un passaggio veloce (10 secondi) in acido alcolico e un successivo risciacquo, i vetrini sono stati immersi in eosina per 1 minuto.

Dopo la colorazione i vetrini sono stati nuovamente disidratati (disidratazione rapida) per poter procedere alla loro chiusura con copri-oggetto utilizzando una soluzione montante specifica.

2.6.3 Acquisizione delle immagini e ricostruzione al computer

Un obbiettivo 10X, zoom 1, è stato utilizzato per acquisire i differenti campi dell’intera sezione. Sono state acquisite 3 sezioni di tessuto adiposo sottocutaneo per animale.

(23)

22 La ricostruzione dell’intera sezione del tessuto è stata effettuata utilizzando il programma di grafica GIMP 2.0.

2.6.4 Calcolo delle aree

Il calcolo dell’area totale della sezione e delle aree interessate dal fenomeno della brownizzazione sono state calcolate utilizzando il programma ImageJ. Dal calcolo dell’area totale della sezione sono state escluse tutte quelle aree non chiaramente classificabili come tessuto adiposo.

Dopo aver ottenuto la somma di entrambe le aree (area totale e area tessuto brownizzato), è stata calcolata la percentuale di quest’ultimo nell’intera sezione:

Ʃ aree brown Ʃ aree totale

2.7 Estrazione dell’RNA da tessuto adiposo

L’RNA totale è stato estratto da circa 100 mg di tessuto adiposo sottocutaneo, epididimale e perirenale congelati di entrambi i gruppi sperimentali.

Il procedimento utilizzato prevede l’uso del TriPure Isolation Reagent (ROCHE – 1 ml ogni 100 mg di tessuto).

Il tessuto è stato omogenato e l’omogenato è stato incubato per 5 min a temperatura ambiente (RT) per permettere la dissociazione dei complessi nucleoproteici.

E’ stato poi aggiunto cloroformio (0,2 ml per ogni ml di TriPure utilizzato), e centrifugato a 12000 x g per 15 min a 4°C, per estrarre l’RNA. Si ottengono così tre fasi:

- fase acquosa superiore, incolore, che contiene L’RNA - fase intermedia, bianca, contenente il DNA

- fase inferiore (organica), rossa,. Che contiene le proteine

Percentuale di tessuto” brown” nella sezione X 100

(24)

23 La fase acquosa è stata trasferita in una nuova provetta.

Poi l’RNA è stato precipitato aggiungendo isopropanolo (0,5 ml per ogni ml di TriPure utilizzato); dopo un passaggio in centrifuga (10000 x g per 10 min a 4°C) il precipitato è stato lavato con etanolo al 70% (1 ml per ogni ml di TriPure utilizzato) in acqua DEPC (trattata con dietilpirocarbonato) e centrifugato per 10 min a 10000 x g e 4°C. Il pellet ottenuto è stato infine risospeso in 20 µl di acqua DEPC.

Per determinare la purezza dell’RNA ottenuto è stata effettuata una corsa su gel di agarosio all’ 1% contenente formaldeide (denaturante) e una lettura allo spettrofotometro (BioRad).

2.8 Sintesi del cDNA

La retrotrascrizione da RNA a DNA complementare (cDNA) è basata sull’attività dell’enzima retrotrascrittasi, una DNA polimerasi RNA-dipendente, che genera un filamento di cDNA utilizzando l’mRNA come stampo. L’RNA totale estratto è stato utilizzato come stampo e la reazione è stata eseguita con primer oligo-dT, in grado di appaiarsi alla coda di poli-A localizzata al 3’, tipica dell’RNA eucariotico. Ciò consente la sintesi di cDNA a partire dalle molecole di mRNA presenti nella reazione. La reazione ha un’attività polimerasica 5’ 3’ (con RNA o DNA come stampo) e un’attività 3’ 5’ di RNasi H, che degrada il filamento di RNA della doppia elica RNA-DNA prodotta durante la sintesi del cDNA. Il cDNA così ottenuto è stato conservato a -80°C o utilizzato subito per allestire la reazione di amplificazione mediante PCR del filamento di DNA (Real Time).

2.9 Real Time (PCR)

La Real Time PCR è una tecnica che permette di monitorare in tempo reale la reazione di amplificazione del DNA ed è basata sulla diretta correlazione tra l’emissione di fluorescenza e la quantità di DNA amplificato. Questa metodica presenta una fase iniziale, una fase esponenziale, e una fase finale di plateau.

(25)

24 Nella fase esponenziale esiste una relazione tra la quantità di DNA e il numero di cicli di amplificazione:

Quantità di DNA al ciclo n = Quantità iniziale di DNA x 2n

Questa tecnica permette di visualizzare, attraverso il grafico generato da software, i numeri di cicli in relazione all’aumento di fluorescenza. Il punto in cui la fluorescenza emessa da ciascun campione incontra la linea di threshold (la linea che separa la fluorescenza effettiva dal rumore di fondo posta dall’operatore) è detto Ct, cioè ciclo soglia. Il Ct correla fortemente con il numero di copie iniziali di templato; così, per esempio, due campioni con uno il doppio del templato dell’altro, raggiunge la threshold con un ciclo soglia di differenza.

A differenza della classica PCR, che è solo semi-quantitativa, la Real Time PCR è quantitativa ed è stata sviluppata per eseguire un’analisi di espressione genica anche su quantità esigue di materiale genetico.

Per valutare l’espressione genica dei tessuti adiposi sono state utilizzate sonde TaqMan. Queste sonde sono oligonucleotidi disegnati appositamente per essere complementare alla sequenza bersaglio, cioè quella da amplificare (come i primers della PCR classica). A differenza dei primers della PCR classica, però, questi sono legati covalentemente con un fluoroforo all’estremità 5’ (Reporter –R–) ed con una molecola all’estremità 3’, il cui compito è quello di spegnere la fluorescenza del Reporter (Quencher –Q–). Nel momento in cui il fluoroforo Reporter è vicino al Quencher, il Quencher spegne l’effetto del Reporter.

Le sonde TaqMan sono disegnate in modo che si leghino all’interno di una regione di DNA che viene amplificata da una specifica coppia di primers. Quando l’enzima Taq polimerasi sintetizza il filamento nascente (in direzione 3’5’), l’attività esonucleasica (in direzione 5’3’) della polimerasi degrada la sonda che si è nel frattempo legata al templato. La degradazione della sonda fa sì che il Reporter venga rilasciato allontanandosi, così, dal Quencher e provocando l’emissione di fluorescenza.

Quindi la fluorescenza emessa è direttamente proporzionale alla quantità di templato presente nella reazione.

La metodica prevede che per ogni campione si esegua l’amplificazione del gene di interesse (Prdm16, UCP1, CIDEA, PGC1α, PPARγ, Plin1, HSL, LPL, FAS, Leptina e

(26)

25 tessuto trattato, detto gene housekeeping (nel nostro caso è stato utilizzato il TBP-TATA Binding Protein).

L’analisi dei dati è stata effettuata applicando un metodo di quantificazione relativa che si basa sull’applicazione della formula “2DDCt”.

2.10 Analisi statistica

Tutti i valori sono stati espressi come medie±errore standard (SEM). Per i confronti tra due gruppi di dati è stato utilizzato il test di student a due code non appaiato. L’ANOVA a due vie, seguita dal post hoc test di Bonferroni, è stata invece utilizzata per i

confronti tra più di due gruppi di dati. L’analisi statistica è stata effettuata utilizzando il programma GraphPad Prism 3.0 (GraphPad Software).

(27)

26

(28)

27

3.1 Effetti della fluoxetina sui parametri fisici

Topi giovani maschi appena svezzati (25 giorni dalla nascita) e topi adulti (50 giorni) sono stati esposti ad un trattamento con fluoxetina (FLX) per un periodo di 4 settimane. Il farmaco veniva somministrato nell’acqua da bere ad una concentrazione di 0.166 g/L e si calcola che in media ciascun topo beva al giorno circa 8 ml, assumendo così una dose giornaliera di fluoxetina di 18 mg/kg. Abbiamo scelto questo metodo di somministrazione perché è ampiamente accettato in letteratura e perché, a differenza di altri metodi (per esempio iniezioni intraperitoneali quotidiane), non procura stress agli animali. Nei topi trattati (sia giovani che adulti) non si è osservato alcun segno evidente di malessere o grossolana alterazione comportamentale.

Nei topi giovani durante le 4 settimane di trattamento si evidenziava un progressivo rallentamento nel guadagno di peso come evidenziato in figura 1A. Nei topi adulti (Figura 1C) si ha un fenomeno simile con un effetto più pronunciato rispetto al minore peso raggiunto dai topi trattati con FLX rispetto ai controlli. Il cibo consumato dai topi giovani FLX risulta significativamente minore (Figura 1B) rispetto a quello consumato dai relativi controlli non trattati e questo spiega, almeno in parte, il minore guadagno di peso. Nei topi adulti non si osserva nessuna sostanziale variazione nella quantità di cibo ingerito dai topi FLX rispetto ai controlli durante il periodo di trattamento (Figura 1D).

(29)

28

Figura 1. Peso corporeo e introito di cibo in topi trattati con Fluoxetina (0.166 g/L, in verde) e in topi di controllo (in bianco). Curva che mostra il peso corporeo in topi giovani (A), in verde chiaro, trattati da P25 per 4 settimane (n=9), e in topi adulti (C), in verde scuro, trattati da P50 per 4 settimane (n=9). Istogramma che mostra l’introito di cibo in topi giovani (B) e in topi adulti (D). I dati sono espressi come media errore standard, * t-test P<0.05; ** t-test P<0.01; *** t-test P< 0.001.

Alla fine del trattamento, quando gli animali sono stati sacrificati, abbiamo dissezionato i loro depositi adiposi sia bianchi che bruni secondo quanto descritto da Cinti (The adipose organ, 1999). Questo ci è servito sia a ottenere tessuto su cui effettuare analisi biochimiche e molecolari, sia a quantificare le masse adipose tramite valutazione del peso su bilancia con precisione 0.01 g. Questo metodo è accettato dalla letteratura in assenza di tecnologie più sofisticate come la analisi DEXA o la risonanza magnetica. I depositi che abbiamo preso in considerazione sono quelli considerati più rappresentativi da un punto di vista del totale delle masse adipose e sono: 2 depositi viscerali quali l’epididimale che si trova in continuità con i testicoli e il perirenale. È stato inoltre dissezionato il deposito sottocutaneo dissezionato dalla base dell’inguine fino all’innesto della gamba posteriore. Negli animali giovani trattati con FLX nessuno dei depositi analizzati risulta significativamente più pesante rispetto a quelli dei controlli (Figura 2A).

GIOVANI ADULTI

A)

C)

(30)

29 Tuttavia per ognuno di loro si osserva una tendenza verso l’incremento. Per quanto riguarda i topi adulti si evidenzia un significativo maggior peso solo per quanto riguarda i depositi sottocutanei dei topi trattati con FLX (Figura 2B).

Figura 2. Peso dei tessuti adiposi viscerali, epididimale e perirenale, e del tessuto sottocutaneo in topi con Fluoxetina (0.166 g/L, in verde) e in topi di controllo (in bianco). Istogramma che mostra il peso dei depositi adiposi in topi giovani (A), in verde chiaro, trattati da P25 per 4 settimane (n=9) e in topi adulti (B), in verde scuro, trattati da P50 per 4 settimane (n=9). I dati sono espressi come media errore standard, * t-test P<0.05.

GIOVANI

ADULTI

A)

(31)

30 ll TAB non risulta alterato dal trattamento con FLX sia nei topi giovani che in quelli adulti (Figura 3).

Figura 3. Peso del tessuto adiposo bruno (TAB) in topi trattati con Fluoxetina (0.166 g/L, in verde) e in topi di controllo (in bianco). Istogramma che mostra il peso dei depositi adiposi TAB in topi giovani (A), in verde chiaro, trattati da P25 per 4 settimane (n=9), e in topi adulti (B), in verde scuro, trattati da P50 per 4 settimane (n=9). I dati sono espressi come media errore standard.

GIOVANI ADULTI

(32)

31 Un altro organo importante per capire gli effetti metabolici periferici è il fegato. Il suo peso non risulta diverso negli animali trattati con FLX ad alcuna delle età esaminate (Figura 4).

Figura 4. Peso del fegato in topi trattati con Fluoxetina (0.166 g/L, in verde) e in topi di controllo (in bianco). Istogramma che mostra il peso del fegato in topi giovani (A), in verde chiaro, trattati da P25 per 4 settimane (n=9) e in topi adulti (B), in verde scuro, trattati da P50 per 4 settimane (n=9). I dati sono espressi come media errore standard.

Questi dati dimostrano sia in età giovane che in età adulta la FLX ha effetti di riduzione rispetto al guadagno di peso. Tali effetti sono in parte spiegati da un ridotto apporto di cibo negli animali giovani, ma non negli adulti. Inoltre tali effetti non sono riflessi sulle masse adipose.

3.2 Effetti della Fluoxetina sui livelli di leptina e sul metabolismo del

Glucosio

Le successive analisi hanno preso in considerazione parametri metabolici sistemici. Si è quindi presa in considerazione la concentrazione di leptina circolante misurata attraverso un saggio ELISA sul plasma prelevato dai 4 gruppi di animali in esame. Questa è significativamente più alta negli animali giovani trattati con FLX rispetto ai

GIOVANI ADULTI

(33)

32 controlli (Figura 5A), rispecchiando così le maggiore adiposità descritta sopra. Negli animali adulti osserviamo una tendenza verso l’incremento che tuttavia non è significativa (Figura 5B).

Figura 5. Leptina plasmatica. In verde sono rappresentati i topi trattati con Fluoxetina (0.166 g/L, in verde) e in topi di controllo (in bianco). L’istogramma mostra la leptina plasmatica in topi giovani (A), in verde chiaro, trattati da P25 per 4 settimane (n=9) e in topi adulti (B), in verde scuro, trattati da P50 per 4 settimane (n=9). I dati sono stati ottenuti tramite un’analisi immunologica ELISA. I dati sono espressi come media errore standard, * t-test P<0.05.

La glicemia basale degli animali trattati con FLX non risultava significativamente diversa da quella dei controlli a nessuna delle due età considerate. Per quanto riguarda la risposta al carico di glucosio, i giovani trattati con FLX risultano più glucosio intolleranti rispetto ai controlli (Figura 6A). Questo è in linea con quanto osservato per la sensibilità insulinica che appare ridotta (Figura 6C). Gli animali adulti trattati, invece, non differiscono dai loro controlli sia per quanto riguarda la curva da carico di glucosio che per quanto riguarda il test di insulino-sensibilità (Figure 6D e 6F).

Tuttavia, analizzando l’area sotto la curva della curva da carico di glucosio (AUC), indice di glucosio intolleranza, si può notare un aumento significativo in entrambi i gruppi sperimentali, giovani adulti, nei topi trattati con FLX (Figura 6B e 6E). Si può così affermare che i topi trattati, sia giovani che adulti, hanno una peggior tolleranza al glucosio rispetto ai rispettivi controlli.

GIOVANI ADULTI

(34)

33

Figura 6. Glucosio tolleranza, con rispettivo AUC, e Insulino-sensibilità. In verde sono rappresentati i topi trattati con Fluoxetina (0.166 g/L, in verde) e in topi di controllo (in bianco). Le curve mostrano la concentrazione di glucosio dopo un’iniezione intraperitoneale di glucosio in topi giovani (A), in verde chiaro, trattati da P25 per 4 settimane (n=9), e in topi adulti(D), in verde scuro, trattati da P50 per 4 settimane (n=9). Sotto, gli istogrammi mostrano il parametro AUC in topi giovani (B) e in topi adulti (E). Le curve, invece, mostrano la concentrazione di glucosio plasmatico dopo un’iniezione intraperitoneale di insulina in topi giovani (C) e in topi adulti (F). I dati sono espressi come media errore standard, * t-test P<0.05, ** t-test P<0.01.

Questi dati dimostrano che, se somministrata in età precoce, la FLX può comportare una ridotta glucosio tolleranza e sensibilità insulinica.

GIOVANI ADULTI A) F) C) E) B) D)

(35)

34

3.3 Effetti della fluoxetina sull’espressione ipotalamica di BDNF

Come descritto nell’introduzione tra gli scopi di questa tesi vi è quello di capire se la FLX, come l’arricchimento ambientale ha effetti sulla “brownizzazione” del tessuto adiposo bianco. Data la stretta relazione ipotizzata da Cao e colleghi tra questo fenomeno e il segnale del BDNF, abbiamo eseguito analisi di espressione tramite Real-Time PCR sull’ipotalamo di topi sia giovani che adulti trattati con FLX. I nostri risultati indicano che per entrambe le età la FLX induce significativamente l’espressione di questa neurotrofina (Figura 7A, B).

Figura 7. Espressione ipotalamica di BDNF in topi trattati con Fluoxetina (0.166 g/L, in verde) e in topi di controllo (in bianco). L’istogramma mostra l’espressione di BDNF nei topi giovani (A), in verde chiaro, trattati da P25 per 4 settimane (n=9), e in topi adulti (B), in verde scuro, trattati da P50 per 4 settimane (n=9). La quantificazione dell’espressione è stata ottenuta tramite Real time PCR (Metodo taqman). L’abbondanza di mRNA è stata ottenuta con il metodo del delta CT utilizzando come controllo di caricamento l’espressione di TBP (Tata Binding Protein). I dati sono espressi come media errore standard, * t-test P<0.05.

3.4 Effetti della fluoxetina sul tessuto adiposo bianco

Data questa premessa siamo quindi passati all’analisi del tessuto adiposo bianco considerando soltanto il gruppo degli adulti, perchè per il gruppo dei giovani non c’è, al momento, un numero statisticamente significativo di animali per poter procedere all’analisi dei dati. L’analisi dell’espressione genica ha riguardato: leptina e adiponectina (Figura 8), i geni implicati nella sintesi e mobilità dei trigliceridi (Figura 9)

ADULTI GIOVANI

(36)

35 e infine i geni noti per il loro coinvolgimento nel fenomeno di transdifferenziazione Bianco-Bruno (Figura 10). In tutti i casi sono stati esaminati sia i depositi adiposi viscerali (epididimale, EPI e perirenale, PERI) che il sottocutaneo (SC).

L’espressione genica di leptina e adiponectina non risulta significativamente diversa in alcuno dei casi esaminati (Figura 8 A, B, C) con l’eccezione del caso del tessuto SC in cui si osserva un aumento di adiponectina nei topi trattati con FLX (Figura 8C).

Figura 8. Espressione dei geni della Leptina e Adiponectina nel tessuto adiposo di topi trattati con Fluoxetina (0.166 g/L, in verde scuro) e di topi di controllo (in bianco). I topi adulti (n=9) sono stati trattati da P50 per 4 settimane. Gli Istogrammi mostrano l’espressione genica di Leptina e Adiponectina nel tessuto adiposo epididimale (A), nel tessuto adiposo perirenale (B) e nel tessuto adiposo sottocutaneo (C). La quantificazione dell’espressione è stata ottenuta tramite Real time PCR (Metodo taqman). I dati sono espressi come media errore standard * t-test P<0.05.

Per quanto riguarda i geni implicati nel turnover dei trigliceridi abbiamo preso in considerazione sia l’espressione di enzimi importanti per la sintesi e l’immagazzinamento degli acidi grassi nel TA: fatty acid synthase (FAS) e la lipoprotein

lipase (LPL), che l’espressione di fattori chiave per la mobilità dei TG: Hormone

A)

B)

(37)

36

Sensitive Lipase (HSL) e perilipina (Plin1). In EPI e SC non si osserva alcuna differenza

statisticamente significativa tra trattati FLX e controlli (Figura 9A e C). Tuttavia una tendenza verso una maggiore espressione è presente per molti dei geni analizzati nei topi FLX. Nel tessuto perirenale FAS, LPL e HSL risultano significativamente indotti dalla FLX (Figura 9 B).

Figura 9. Espressione di geni implicati nel turnover degli acidi grassi (FAS, LPL, PLin1 e HSL) nel tessuto adiposo di topi trattati con Fluoxetina (0.166 g/L, in verde scuro) e di topi di controllo (in bianco). I topi adulti (n=9) sono stati trattati da P50 per 4 settimane. Gli istogrammi mostrano l’espressione di geni implicati nel turnover degli acidi

A)

B)

(38)

37

grassi nel tessuto adiposo epididimale (A), nel tessuto adiposo perirenale (B) e nel tessuto adiposo sottocutaneo (C). I dati sono espressi come media errore standard * t-test P<0.05.

In figura 10 si può osservare l’espressione dei cosiddetti geni della brownizzazione: - Prdm16 (PR-domain-containing 16): è un coregolatore trascrizionale che

controlla lo sviluppo degli adipociti bruni (Seale et al., 2011). L’aumento di espressione di questo gene in tutti i depositi adiposi bianchi del topo, ottenuta grazie alla creazione di topi transgenici (topi ap2-prdm16), provoca la trasformazione selettiva del grasso sottocutaneo in grasso con fenotipo simile a quello del bruno (Seale et al., 2011).

- CIDEA (cell death-inducing DFFA-like effector A): questa proteina gioca un ruolo fondamentale nell’apoptosi. Inoltre promuove la formazione di gocce di lipidi negli adipociti e può mediare l’apoptosi degli adipociti stessi. Topi che non hanno la forma funzionale della proteina hanno un più elevato indice metabolico e un aumento di lipolisi nel tessuto adiposo bruno;

- UCP-1 (uncoupling protein-1): conosciuta anche come termogenina. È una proteina disaccoppiante che permette di dissipare l’energia sotto forma di calore e non sotto forma di ATP;

- PGC1α (Peroxisome Proliferator - Activated Receptor Gamma Coactivator 1

alpha): coattivatore trascrizionale che induce la biogenesi mitocondriale

nelle cellule. Un recente lavoro ha evidenziato che PGC1A può anche modulare la composizione e le funzioni dei mitocondri. È considerato il centro del metabolismo ossidativo;

- Adrb3 (beta3-adrenergic receptor): media l’attivazione dell’adenilato ciclasi indotta da catecolamine attraverso l’attivazione di proteine G. E’ localizzato principalmente nel tessuto adiposo ed è coinvolto nella regolazione della lipolisi e della termogenesi (Ferrer-Lorente et al., 2005).

- PPARγ (Peroxisome proliferator-activated receptor γ): è un recettore nucleare di tipo II che nell’uomo è codificato dal gene PPARG. Forma eterodimeri con RXRs (retinoid X receptors) per regolare la trascrizione di vari geni. E’ indispensabile per il differenziamento e la sopravvivenza degli

(39)

38 adipociti sia bianchi che bruni (Lo et al., 2013). Ha inoltre un ruolo cruciale nel metabolismo del glucosio (Jones et al., 2005).

Nel TA EPI risultano significativamente indotti da FLX sia Prdm16 che CIDEA (Figura 10A). Nel TA PERI risulta significativamente aumentata l’espressione di PGC1α e vi è una tendenza spiccata verso l’incremento di PPARgamma (Figura 10B): per gli altri geni non ci sono variazioni. Infine nel TA SC risulta una espressione significativamente più elevata per Prdm16, CIDEA e PPARgamma (Figura 10C).

Figura 10. Espressione di geni della “brownizzazione” (UCP-1. Prdm16, CIDEA, PPARgamma e PGC1α) nel tessuto adiposo di topi adulti trattati con Fluoxetina (0.166 g/L, in verde scuro) e di topi di controllo (in bianco). I topi adulti (n=9) sono stati trattati da P50 per 4 settimane. Gli istogrammi mostrano l’espressione di geni della “brownizzazione” nel tessuto adiposo epididimale (A), nel tessuto adiposo perirenale (B) e nel tessuto adiposo sottocutaneo (C). I dati sono espressi come media errore standard * t-test P<0.05, ** t-test P<0.01.

A)

B)

(40)

39 Questi dati suggeriscono che l’espressione genica del TA subisce modifiche in seguito al trattamento con FLX. Queste modifiche vanno nel senso di un maggior turnover dei lipidi e di una tendenza alla brownizzazione.

Ci siamo quindi chiesti se anche a livello istologico si potessero osservare dei cambiamenti. A questo scopo abbiamo utilizzato il TA SC dove le modifiche di espressione erano più numerose e apprezzabili. Sezioni di TA SC sono state quindi colorate con ematossilina-eosina, osservate al microscopio e analizzate a livello morfometrico allo scopo di quantificare le aree di tessuto “TAB-like”. Sono stati analizzati e acquisiti vari campi ottici, è stata quindi ricostruita in maniera digitale l’intera sezione e infine cerchiate e quantificate le aree di interesse. In figura 11A è mostrata un esempio di questo procedimento: al centro la sezione ricostruita e ai lati gli ingrandimenti di due aree, che contengono o prive di adipociti bruni.

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40

Figura 11. (A) Immagine che mostra una sezione di tessuto adiposo bianco sottocutaneo ricostruita tramite l’utilizzo del programma Gimp 2.0. Ogni foto che compone la sezione è stata acquisita al microscopio, ad ingrandimento 10X. Nei due ingrandimenti viene mostrato il tessuto adiposo bianco (a sinistra)e il tessuto adiposo bruno (a destra). Le due immagini sono state acquisite ad ingrandimento 20X. (B) In verde scuro sono rappresentati i topi adulti, trattati da P50 per 4 settimane (n=9). l’istogramma mostra la percentuale di area interessata dal fenomeno della brownizzazione rispetto all’area totale. I dati sono espressi come media errore standard.

Il confronto statistico, eseguito su un totale di 9 animali (4 controlli e 5 FLX) non ha mostrato differenze significative nella presenza di TAB: si osserva tuttavia una tendenza verso l’incremento nei topi FLX.

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41

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42

1. I nostri dati indicano che la somministrazione del SSRI (Serotonin Reuptake inhibitor) Fluoxetina (FLX) ha effetti sul peso sia su topi giovani che su topi adulti. Nei topi giovani il minor guadagno di peso osservato a seguito della somministrazione di FLX è accompagnato da una significativa riduzione nell’introito di cibo che non si osserva invece nei topi adulti, dove si può pensare che il bilancio energetico negativo (rispetto ai controlli non trattati) possa essere dovuto ad un incremento della spesa energetica, che al momento non abbiamo per ora potuto adeguatamente valutare. Inoltre e sorprendente come il minor peso guadagnato dai topi in trattamento non si riflette in un minore accumulo di tessuto adiposo ne’ in un minor peso del fegato. Si può quindi ipotizzare che ci possa essere una deplezione a livello di massa magra. 2. Nei topi giovani la glucosio tolleranza e l’insulino sensibilità risulta peggiorata

dal trattamento con FLX. A questo proposito, nonostante gli effetti periferico-metabolici di questo farmaco siano argomento di dibattito in letteratura, vi sono studi che riportano effetti negativi sul metabolismo del glucosio (R. Gomez et al., 2001)

3. La FLX, come l’AA, induce l’espressione della neurotrofina BDNF nell’ipotalamo. 4. Il TA dei topi adulti trattati con FLX presenta un’espressione genica modificata nel senso di un maggiore dinamismo nel deposito e mobilità dei lipidi. C’è inoltre una generale tendenza verso la brownizzazione, ovvero verso l’acquisizione di un fenotipo TAB. Tale dato è in linea l’ipotesi suggerita da Cao (Cao et al.,2011) secondo la quale BDNF è in grado di mediare questo tipo di trasformazione attraverso il sistema nervoso simpatico.

In conclusione, nonostante il trattamento con FLX provochi un peggioramento del metabolismo del glucosio, la facilità di utilizzo e di reperibilità di questo farmaco, unita agli effetti sulla diminuzione del peso corporeo e sul maggiore dinamismo metabolico e termogenico del TA, aprono la strada a ulteriori studi circa il suo utilizzo per la cura/prevenzione di una patologia multifattoriale quale l’obesità.

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43

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44 Binder DK, Scharfman HE (September 2004).

"Brain-derived Neurotrophic Factor". Growth Factors 22 (3): 123-31.

Cao L, Choi EY, Liu X, Martin A, Wang C, Xu X, During MJ.

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