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I CONFINI CRIMINOLOGICI E NORMATIVI DEL REATO DI STALKING.

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INTRODUZIONE

Il 2009 per il nostro ordinamento è un anno di svolta, in quanto viene introdotta una fattispecie di reato volta a contrastare un fenomeno che fino a quel momento non aveva trovato un’efficace risposta dal punto di vista normativo. Il reato di cui stiamo parlando è lo “Stalking”, termine anglosassone con il quale si indica una serie di condotte poste in essere allo scopo di ingenerare stati di paura, ansia verso l’altra persona, limitando di fatto la libertà individuale di un soggetto e incidendo pesantemente sulla sua privacy. I comportamenti adottati dall’autore di simili azioni, lo stalker, sono i più disparati, si passa dal semplice inoltro di e-mail, telefonate, appostamenti, visite a sorprese al recapito di fiori, cioccolatini, tutte azioni che nascondono il bieco tentativo di assoggettare al proprio controllo un individuo placandone le proprie difese. Alla natura del reato di stalking, si attribuisce la qualifica di matrice pluri-offensiva, posti i beni giuridici da tutelare che vengono coinvolti, in primis la libertà morale, e a seguire

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la libertà personale, la serenità individuale e la salute fisica e mentale.

In questo lavoro di tesi inizierò ad analizzare i passaggi che hanno portato all’introduzione del reato di atti persecutori, legge n. 38 del 2009, soffermandomi sui punti maggiormente salienti della normativa per poi fare una disamina sugli ultimi sviluppi in materia di stalking, prendendo in riferimento gli orientamenti giurisprudenziali più recenti.

Uno degli argomenti da affrontare nella tesi, sarà lo studio su aspetti maggiormente tecnici, la natura del reato, tema assai dibattuto in giurisprudenza e dottrina, reato di pericolo o reato di evento, con tutte le implicazioni che ne derivano dalla adozione di uno dei due modelli, guardando alle sentenze giurisprudenziali in merito.

Convinto sostenitore che per poter operare un buon lavoro si debba volgere lo sguardo oltre il nostro paese, un’attenzione verrà rivolta anche a valutare differenze e punti di incontro con le realtà europee ed extra-europee,

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una lettura di come operino gli altri legislatori su un tema così delicato;

Infine il lavoro si concluderà offrendo una panoramica su quali siano nel nostro paese le misure che vengono messe in campo per fronteggiare questa autonoma fattispecie di reato a tutela delle fasce deboli.

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PRIMO CAPITOLO

Excursus normativi verso tutele crescenti

1.1 Introduzione del fenomeno

Il nostro ordinamento all’art 612-bis vede delinearsi una fattispecie di reato nuova dal richiamo anglosassone, lo “stalking” che dal verbo inglese “to stalk”, significa “fare la posta”. L’autore di tale azione, lo stalker, è colui che pone in campo una serie di attività orientate a destabilizzare e turbare la serenità di un determinato individuo. La peculiarità di questa tipologia di reato è che, soprattutto nelle prime fasi, i comportamenti che vengono adottati non travalicano la sfera del giuridicamente lecito, e possono essere scambiati per attenzioni, anche piacevoli, es. i fiori lasciati davanti all’abitazione, o gli stessi cioccolatini recapitati. I problemi cominciano a insorgere quando si percepisce che determinate azioni assumono una ciclicità anomala, e non sono, così come s’era immaginato, segni di un semplice corteggiamento o di una “cotta”. I gesti fino a poc’anzi, saltuari e isolati, cominciano ad assumere

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preponderanza, divenendo sempre più pressanti e frequenti e, connotati da un’accezione di tipo maniacale-ossessiva, conducono la persona che li subisce in uno stato di profonda ansia e paura per la sua incolumità arrivando a minare e ad invadere la quotidianità stessa.

Lo stalker, man a mano che il tempo passa si affina, utilizza canali di controllo e comunicazioni sempre più intrusivi, da messaggi di cellulare, chiamate, ad inoltro di mail, fax, consegne di oggetti non richiesti, addebiti di carte di credito, tutto questo con il precipuo scopo di possedere un controllo sulla vittima prescelta, monopolizzare la sua vita della quale ormai è totalmente ossessionato. I primi studi volti a classificare gli stalker si devono agli statunitensi Zona,

Sharma e Lane1, psichiatri forensi che enuclearono tre tipologie di autori delinquenziali:

A) I soggetti così detti “mitomani deliranti”, attratti e intenzionati a molestare e intrattenere relazioni con soggetti,

1 .Cfr.Sharma K.K. e Lane J.C., A Comparative Study of Erotomanic and

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per lo più sconosciuti, sul presupposto di essere amati, desiderati dai molestati stessi. La generalità di questi individui presenta comportamenti compulsivi, conseguenza del loro stato di delirio.

B) Vi sono poi soggetti, che si accomunano con quelli della prima categoria per il delirio, ma questo, a differenza dei precedenti, è solo una parvenza, in quanto nasconde una patologia psichiatrica (schizofrenia o disturbo bipolare), e sono i così detti “amanti ossessivi”.

C) L’ultima categoria evidenzia una netta rottura al trade-union, dettata dalla presenza altresì di una precedente relazione con lo stalker, e questa rappresenta statisticamente la tipologia più frequente. Solitamente si parla di ex partner, ma possono essere anche vicini di casa, semplici conoscenti, colleghi di lavoro e persone conosciute in ambito professionale, e sono i così detti “semplici ossessivi”. Al di là delle considerazioni su patologie psichiatriche e deliri di cui sono affetti questi soggetti, bisogna rendersi conto di come il fenomeno sia ben più profondo e abbia radici ben più pregnanti, si parla di un problema sociologico, di un

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comportamento, il più delle volte razionale, dettato dalla non accettazione della fine di una relazione, dal rancore per una possibilità non avuta. Nonostante quindi i pregevoli tentativi che si sono fatti e che tutt’ora si stanno facendo, introducendo fattispecie di reato volte a punire aspramente condotte che incidono sulla persona, sull’integrità psico-fisica e sulla tranquillità stessa, si pensa che sia ancor più complicato debellare e fronteggiare queste situazioni, perché non è la presenza di una norma penale il deterrente per non commettere atti incriminanti bensì l’educazione affettiva, il sapere accettare la fine di un rapporto, questi sono gli elementi base di cui deve essere provvisto un individuo.

1.2 Stalking, necessità o finalità mediatica?

È questo l’interrogativo che si sono posti molti studiosi e operatori del diritto al momento dell’introduzione della fattispecie di reato. Il nodo da sciogliere è se effettivamente la meritorietà di questa implementazione nel nostro ordinamento sia stata dettata dal bisogno di dare una risposta

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a un vuoto normativo fino ad esso presente, ovvero andare a punire determinati comportamenti non diversamente aggredibili o se il nostro legislatore, mosso dal richiamo della maggioranza della popolazione che insorgeva chiedendo tutela, abbia voluto cavalcare l’onda dei mass-media introducendo una fattispecie, comune a tante altre già esistenti, per ottenere un mero appoggio elettorale. Su questo punto è concorde David Garland, professore di sociologia della New York University che sostiene come ormai la competitività elettorale sia arrivata a “giocare” un ruolo perfino sulla politica penale2; il legislatore, dal canto suo ha unito due esigenze, se, da un lato, l’effettivo bisogno di criminalizzare un comportamento non è più prorogabile, dall’altro, non può non vedere in ciò una sagace operazione di marketing volta alla ricerca di un consenso elettorale3. Ma facciamo qualche passo indietro e volgiamo uno sguardo a

2 . Cfr.D.Garland, La cultura del controllo, Ed. Il Saggiatore, Milano,2004,

pp.330-335

3 .Cfr.A.M. Maugeri (2010) Lo Stalking tra Necessità Politico-Criminale e

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ciò che vi era prima della legge 38-2009 dello Stalking; guardando all’art 660.cp ci accorgiamo dell’inserimento della fattispecie e di come l’ordinamento l’abbia introdotto come contravvenzione, reati minori, all’interno del Libro Terzo avente ad oggetto la tutela dell’ordine pubblico e della tranquillità pubblica, la contravvenzione in questione recita : “Chiunque in un luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo è punito con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda fino a 516 euro”4. Enucleando la disposizione e ponendola in confronto con quanto recita l’arte 612-bis atti persecutori “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque , con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura

4 Art.660 c.p. “Chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col

mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo è punito con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda fino a euro 516”.

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ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita"5; ci si rende conto, di fatto come un vuoto normativo effettivamente esistesse; utilizzavamo norme che erano state adottate con il fine non di tutelare individui da atti persecutori, non la libertà del singolo, ma bensì norme a metà, non prontamente idonee a tutelare quella incolumità individuale, quella necessità di sicurezza che la società richiedeva. L’art 612 bis- bensì fa da contrappasso andando a colpire quel nocciolo duro e non a caso il legislatore lo inserisce nel libro secondo dei delitti contro la persona, nello specifico sezione III a tutela della libertà morale. 6 Analizzando maggiormente in dettaglio le differenze con l’art 660cp si può notare come uno degli elementi richiesti

5 Art.612bis D.L. 23 febbraio 2009 n.11, convertito in l. 23 aprile 2009 n. 38. 6 Cfr. Commento di E. Venafro, testi sotto obiettivo, Disposizioni in materia di atti

persecutori, http://www.scalalibri.com/img_ sotto articoli/EUTE0006R.pdf

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dalla norma, “chiunque in un luogo pubblico o aperto al pubblico” , si ponga come limite alla punibilità di tale condotte, e riduca pertanto la portata offensiva di tal norma, limitandone l’estensione; la domanda è, visto i crescenti casi di stalking, e di violenza, è ragionevole ritenere che vi debba ancora essere questo limite spaziale? Non si dovrebbe superare questo limite, nell’ottica di fornire maggiore tutela all’integrità individuale, posto che non dovrebbe essere l’interesse e la quiete pubblica in primis da tutelare, ma l’interesse del privato? Spesso le condotte di colui che adotta comportamenti molesti, vanno oltre configurando altresì fattispecie di reato distinte, dando luogo al così detto concorso di reati, quali ad esempio il reato di lesioni personali (art 582 c.p.), ingiuria (art 594 c.p.), diffamazione (art 595 c.p.).

Tornando ad analizzare gli articoli 660 e 612bis si nota come la stessa molestia citata presenti dei connotati distinti, e questo fa sì che non si possa considerare il reato di Stalking, come una estensione all’art 660, una fattispecie aperta. Nell’art 660 si richiede per la punibilità della

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condotta che la molestia venga perpetrata per petulanza o altro biasimevole motivo ovvero che vi sia da parte dell’autore un’insistenza eccessiva, mentre nell’art 612bis la stessa molestia assume una portata ben differente, qui il legislatore richiede una condotta non solo molesta ma anche ripetuta nel tempo, un’azione reiterata che comporti quello stato di ansia e turbamento che affligge colui che ne è destinatario. Ammettere una portata estensiva del 612bis significherebbe far ricadere all’interno azioni sprovviste di valore giuridico, ovvero penalmente irrilevanti.

Altro punto di distinzione è palpabile nei beni giuridici tutelati dalle fattispecie incriminatrici, l’art 660 tutela genericamente l’ordine e la tranquillità pubblica, l’art 612bis invece si fa portatore di interessi sensibilmente più rilevanti quali la libertà morale e l’integrità psico-fisica dell’individuo.

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1.3 Legge n.38 23 aprile 2009 e modifiche

successive

Il reato di Stalking cominciò a destare subito “mal di pancia” dal suo inizio, l’introduzione tramite decreto legge mise subito al lavoro il legislatore che si impegnava a convertilo in legge nei sessanta giorni a venire, pena la decadenza stessa. Il decreto stesso fu presentato appena cinque giorni prima del termine perentorio al senato e questo fa tristemente pensare come la maggioranza parlamentare abbia voluto in questo modo mettere sotto scacco un ramo del parlamento, impedendogli di intervenire nella discussione in un tema di tale importanza7. L’art 612bis, come rubricato nel nostro paese, reato di atti persecutori, desta alcune difficoltà nella sua accezione, ma permane comunque un corposo consenso che individua nello Stalking una serie di comportamenti ripetuti e intrusivi orientati al controllo e al dominio della vittima che, non gradendo

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determinati atteggiamenti, ne risulta gravemente infastidita. In letteratura vi sono molteplici definizioni date allo stalking, una della più significative la si deve agli psichiatri forensi dell’università di Melbourne Pathè e Mullen che nel 1997 sostennero :” lo stalking è l’insieme di comportamenti con cui un soggetto impone ad un altro ripetute intrusioni e comunicazioni non volute”.8 Da questo assunto possiamo evincere come i comportamenti che vengono posti in essere da parte dell’ autore quali l’invio di lettere e e-mail, l’effettuare telefonate e il lasciare messaggi non configurino di per se alcuna fattispecie di reato, ma bensì è la peculiare ripetitività, l’assillo che ne determina l’offensività della condotta e la conseguente punibilità per tale azione. Ne consegue che non sia l’an, l’elemento cardine della fattispecie, ma bensì la “consecutio temporum”, che a lungo andare porta la vittima in stato di ansia e paura. L’allarme sociale causato dal propagarsi di eventi delittuosi a danno di

8 M.Pathè- P.Mullen, The impact of stalkers on their victims,The British Journal

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donne ha fatto scaturire l’esigenza di apportare modifiche all’art 612 bis e ai suoi corollari, inasprendo il trattamento sanzionatorio degli autori di tali condotte e apponendo, in specifici casi, misure preventive orientate a una tutela anticipata delle donne. È in questo solco che si colloca il decreto legge n.93 del 14 agosto 2013 che recita “Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province9”. Tale decreto vede la sua genesi, a seguito della ratifica da parte del governo italiano, con legge n.77 del 27 giugno 2013, della convenzione di Istanbul 10 in materia di prevenzione e lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica. Il decreto così emanato va a incidere principalmente su aspetti legati alle circostanze aggravanti, al regime di procedibilità e alle procedure di

9 D.L.14 agosto 2013 n.93, Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il

contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province.

10 In http://www.pariopportunita.gov.it/index.php/primo-piano/2211-violenza-sulle-donne-litalia-firma-la-convenzione-di-istanbul

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ammonimento. In merito al primo punto la locuzione all’art 612 bis recitava: “commesso dal coniuge legalmente separato o divorziato è stata sostituita dalla più estensiva “commesso anche dal coniuge separato o divorziato”; questa modifica dà adito a due riflessioni, l’aggravante verrà estesa anche tra persone ancora legate da un rapporto di natura matrimoniale, e riguarderà pure le separazioni di fatto che ancora non sono state statuite ex lege. Un’aggiunta al testo previgente del 612 bis è data dalle seguenti parole: “Se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici”, andando ovvero a colpire quelle fattispecie di molestie reiterate che si realizzano non solo mediante i canonici strumenti di comunicazioni a distanza ma bensì anche mediante l’uso di computer, nello specifico l’utilizzo sempre più frequente dei c.d. social network. Per l’utilizzo di questi mezzi tecnologici, che ormai stanno prendendo sempre più piede, le condotte in questione hanno assunto il nome di “cyberstalking”. In merito alla questione sulla procedibilità vi è un adeguamento del reato di atti persecutori ai reati di violenza sessuale (art 609 septies

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c.3.c.p); infatti si prevede anche in questa fattispecie di reato l’irrevocabilità della querela. Questa modifica si pone come baluardo a difesa della vittima che, in questo modo vede maggiormente tutelata la propria persona e la pone al riparo da rischi di coartazione volti a far ritrattare la querela presentata. Sul punto dell’ammonimento che fa da chiusa ai principali cambiamenti che sono andati a incidere sulla legge n. 38/2009 vi è da dire che il questore, ad ora, nell’emettere l’ammonimento orale, strumento di natura endo-processuale, adotta, e senza più come mera facoltà, i provvedimenti in materia di armi e munizioni.

1.4 Femminicidio, Legge di conversione n. 119 del 15 ottobre 2013

Il nome che è stato dato al provvedimento in questione è esemplificativo in quanto appalesa l’intento del legislatore sul merito. Con femminicidio si sottintende 11 “Qualsiasi

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forma di violenza esercitata sistematicamente sulle donne in nome di una sovrastruttura ideologica di matrice patriarcale, allo scopo di perpetuare la subordinazione e di annientare l’identità attraverso l’assoggettamento fisico o psicologico, fino alla schiavitù o alla morte”. Il significato che viene attribuito a tale neologismo, vuole rendere in modo nudo e crudo quali possano essere i rischi cui possono andare incontro le donne, se non vengono adottate le giuste contromisure; bisogna prevenire, combattere questi cd “atti preparatori” per scongiurare esiti nefasti. La direzione del provvedimento, il quale consta di 12 articoli, 5 dei quali si riferiscono alla violenza sulle donne, mira a questo. Se da un lato vi è l’intervento sicuramente incisivo che porta all’inasprimento della pena - il reato di stalking, come già precedentemente indicato nel decreto, portato da 4 a 5 anni, la previsione dell’arresto obbligatorio in flagranza, l’adozione del braccialetto elettronico e le nuove aggravanti - dall’altro siamo consapevoli che per un fenomeno criminologico, sic et sempliciter, ciò non possa bastare. È necessario che vi sia un intervento assistenziale nei confronti

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delle potenziali vittime, da ciò muove la premessa del legislatore di investire in una serie di azioni di prevenzione, educazione e formazione facenti parte del cosiddetto “Piano Anti-Violenza”. In adeguamento alla ratifica da parte dell’Italia della Convenzione di Instanbul, si è dato attuazione all’ammissione al gratuito patrocinio prescindendo da una regola ferrea che è quella del reddito; si è stabilito, infatti, che per i reati di maltrattamenti ai danni di familiari o conviventi e di stalking l’assistenza legale e tutte le spese concorrenti vengano prese a carico dello stato12. Analizzando in modo dettagliato ci si rende conto di come le novità apportate al codice siano sensibili, per la prima volta da adesso si introduce il concetto di “relazione affettiva”. Non rileva più in tema di aggravanti, come discriminante, la presenza di un vincolo matrimoniale e tanto meno il fatto che sia in atto o pregresso. Ciò che adesso conta è la semplice relazione instaurata tra due persone. Se

12 Femminicidio: conversione in legge, con modificazioni, del D.L.n.93/2013, in www.altalex.com

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un passo era già stato fatto con il decreto, eliminando la particella legale, e recitando “Se il fatto è commesso anche dal coniuge separato o divorziato”, ciò lasciava quanto meno degli spazi vuoti nella regolamentazione di quei rapporti matrimoniali tutt’ora in atto e in quelli di convivenza. L’introduzione del concetto di relazione affettiva ha spostato il baricentro della tematica sul vero nocciolo duro della questione, il legislatore ha ritenuto ragionevole, dando chiarezza al corpo della legge, tutelare il vero rapporto umano tra persone, da ciò la decisione di prevedere l’aggravante anche nel caso in cui il reato sia commesso in costanza di relazione affettiva. L’intervento, così effettuato, figlio di una mentalità che si scardina dalla concezione di un rapporto ufficializzato da una firma, quale quella di un matrimonio; è segno di una veduta che supera le discriminazioni nel nome della difesa di valori, ben più alti di un istituto matrimoniale, quali quelli della libertà morale, personale della persona e non da ultimo la propria serenità individuale. Altro aspetto rilevante del provvedimento è la questione sulla revocabilità/irrevocabilità della querela; per

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stabilire i criteri di utilizzo dell’una o dell’altra è stata prevista una soglia di rischio: se si è in presenza di gravi minacce ripetute, ad esempio con le armi, la querela diventa irrevocabile, in tali altri casi resta revocabile. Questa misura adottata prende il nome di querela a “doppio binario”. Il motivo principale per il quale il legislatore ha deciso di fare un passo indietro, reintroducendo il concetto di revocabilità della querela, è dettato dal fatto che serviva appunto un bilanciamento. Occorreva contemperare due esigenze, l’una quella di rispettare la libertà della vittima e quindi garantirle l’eventuale possibilità di ritirare la querela e l’altra allo stesso modo di garantirle un’effettiva tutela da indebite pressioni. Per quanto concerne la fase in cui possa essere fatta valere la remissione, la legge recita che possa essere effettuata solo nella fase processuale. Questa scelta che potrebbe dare adito a pensare che sia una limitazione, per non dire, compressione sulla libera determinazione e consapevolezza della vittima, in realtà serve proprio a garantire la stessa da indebiti pressioni e interferenze, tale azione deve essere presa in completa autonomia e serenità.

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In merito ciò, vi è da dire che di diverso avviso pare essere quanto disposto dall’art 152 c.p. in quanto recita che “la remissione idonea a estinguere il reato possa essere effettuata anche davanti a un ufficiale di polizia giudiziaria”13e quindi eccependo la possibilità di una sede extraprocessuale. Questo contrasto che sembra palesarsi tra quanto è disposto dall’art 612 c.p che riferisce la mera fase “processuale” e il 152 c.p. può essere risolto in chiave interpretativa; a prima lettura del 612c.p. sembra palese l’intenzione del legislatore di limitare, per fini garantistici, la remissione al giudice, e quindi lasciare ad esso il compito di rilevare la spontaneità della remissione processuale, ma quello che c’è da porsi di domanda è il perché si sia voluto dare questa impronta. Attribuire al termine remissione processuale la sola fase davanti al giudice non è forse un’indebita limitazione? Ciò che si enuclea dalla lettura del art 152 c.p. ha un tenore ben chiaro e non presta al fianco ad

13 Art 152 c.p:” Nei delitti punibili a querela della persona offesa, la remissione

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alcun dubbio di sorta. Interpretare il 612 c.p. in chiave limitante vorrebbe dire sconfessare quanto recitato dal 152 c.p. e quindi forzare oltre modo un riferimento testuale che di equivoco non ha niente. Per quanto concerne la fattispecie dell’irrevocabilità, addivenuta ormai a regola speciale con il rientro della revocabilità, la lettura della locuzione “mediante minacce reiterate nei modi di cui all’art 612, secondo comma” apre a una questione interpretativa. Se ci interroghiamo sul significato del 612, ci si rende conto che il tenore della norma può essere vista da due angolature distinte; da una parte ci si potrebbe riferire alla gravità delle suddette minacce ma nello stesso tempo anche, come indicato dalla norma, al modus operandi delle minacce, quindi alle modalità tipiche nelle quali si estrinsecano. In aiuto a questa interpretazione interviene l’art 339 c.p.,che richiamato dall’art 612 2 comma, ci fa propendere per una adesione alla teoria dei soli modi, da considerare per l’eventuale aggravante. La scelta sulla quale pende la questione non è irrilevante, in quanto sposare la teoria fondata su due aspetti, gravità delle minacce e modalità,

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estenderebbe indubbiamente la portata dell’aggravante ma al contempo graverebbe il giudice, investito di un’eventuale remissione della querela., dell’onere di doversi esprimere sulla natura della condotta contestata14.

1.5 Orientamenti Giurisprudenziali

In materia di stalking molte sono state le interpretazioni e molte le sentenze che vi sono state dall’introduzione del reato ad oggi. In questa sede mi preme indicare quelle che hanno maggiormente dato un contributo sostanziale.

La Suprema Corte di Cassazione, con la decisione del 9 maggio 2012, n. 24135, 15 interrogata sul modus di dimostrare lo stato di ansia o di paura denunciato dalla vittima del reato ha sostenuto che esso stesso, possa essere desunto anche dalla natura dei comportamenti tenuti dall’agente. Ha precisato infatti, che questi per essere

14Cfr. Pistorelli Luca, Relazione n. III/03/2013, a cura dell’Ufficio del Massimario

e del Ruolo della Corte Suprema di Cassazione, in www.penalecontemporaneo.it

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ritenuti idonei debbano determinare un effetto che destabilizzi la serenità della persona. Questa decisione conferma quanto già sostenuto nel 2011 dalla corte di legittimità con la sentenza n.8832 del 7 marzo16. Nello specifico la Corte sosteneva che nella fattispecie in esame, benché si parlasse di ripetuti atti di danneggiamento posti in essere dall’ex fidanzato contro cose della compagna, fosse comunque provato l’effetto di ansia e di destabilizzazione dello stato emotivo, sebbene non provocato in via causale dall’ingerenza verso l’incolumità della persona. Un’estensione interpretativa da parte della corte, che si pone nell’ottica di allargare le maglie della fattispecie di reato. Si è infatti ravvisato che è ben possibile poter parlare di stato di turbamento emotivo, psicologico della vittima anche provocato da comportamenti che esulano da un impatto diretto-fisico contro la persona; anche le manifestazioni di aggressività materiale possono integrare quello stato di

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metus nella persona che li subisce. Con la sentenza del 15

maggio 2013 n. 20993 la corte torna sul reato di stalking, chiarendo che tale fattispecie non tenga conto e non preveda, ai fini dell’integrazione, una rappresentazione anticipata del risultato finale. Stabilisce infatti che occorre “la costante consapevolezza, nello sviluppo progressivo della situazione, degli attacchi, e che questi arrechino lesioni all’interesse protetto che viene minato con costanza dallo stalker. Per la Corte, trattandosi di reato abituale di evento, ai fini dell’integrazione dell’elemento soggettivo, si ritiene sufficiente il dolo generico. Vi deve essere la volontà di porre in essere condotte di minaccia o molestie che generino uno degli eventi alternativamente necessari per l’integrazione della fattispecie legale. Testualmente la Corte, riferendosi a dei precedenti sul tema, recita che “ è configurabile il reato di stalking quando il comportamento minaccioso o molesto di taluno, posto in essere con condotte reiterate, abbia cagionato nella vittima un grave e perdurante turbamento emotivo ovvero abbia ingenerato un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto

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o di una persona legata allo stesso da una relazione affettiva, ovvero ancora abbia costretto lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita bastando, inoltre, ad integrare la reiterazione, quale elemento costitutivo del reato, anche due sole condotte di minaccia o molestia17”. L’art 612 bis al comma 3 modificato con d.l del 14 agosto 2013, n.93, convertito in l. 15 ottobre 2013, n.119 prevede adesso l’aumento della pena anche se il fatto viene commesso tramite l’utilizzo di strumenti informatici o telematici. L’ordinamento, del resto, non poteva restare inerte di fronte all’avvento dei social network che possono rappresentare uno tra i tanti strumenti per perpetrare il reato di atti persecutori. In particolare il gip del tribunale di Napoli con provvedimento del 14 ottobre 2014 aveva previsto l’applicazione della misura coercitiva degli arresti domiciliari per il reato di 612 bis cod. pen. Nello specifico venivano riconosciute dal gip prima, e confermate dal

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tribunale del riesame successivamente, le prerogative per potersi integrare il reato di stalking. La parte offesa infatti si era vista inoltrare a se, al cognato e al nipote minorenne, una serie di foto che la ritraevano in momenti di intimità e in atto di compimento di atti di natura sessuale, con l’esplicita volontà di renderle pubbliche e farle vedere ai propri figli. Questa condotta susseguitisi per mesi e mesi aveva determinato nella vittima un grave stato d’ansia e un’incontrollabile paura che l’aveva inevitabilmente condotta a modificare le proprie abitudini quotidiane, da ciò la decisione dell’adozione di una misura cautelare ai fini di salvaguardare l’integrità fisica e psichica della parte lesa. L’autore della condotta ritenendo insussistenti le esigenze di natura cautelare, aveva contestato la configurabilità, sotto il profilo oggettivo, del reato di atti persecutori deducendo l’inesistenza di gravi indizi di colpevolezza nonché l’insufficienza per la mancanza, necessaria, di un istato di ansia e di paura per l’incolumità della parte lesa. Presentato il ricorso, la corte di cassazione penale, sez.V, con sentenza

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del 23 marzo 2015 n.12203 18, ha ritenuto il ricorso inammissibile per genericità, nonché, sottolinea la Corte, per la sussistenza - dal ricorrente taciuta e negata - di un vero e grave stato d’ansia e incontrollabile paura, comprovata dalla necessità della vittima di rivolgersi presso un centro di sostegno onlus di Portici. La Corte ha così statuito che condotte poste in essere tramite social network possano ben configurare il reato di specie e determinare altresì i gravi stati di turbamento che destabilizzano la vita quotidiana di una persona. Importante per me era sottolineare questo caso per rendere consapevoli, quand’anche non ve ne fosse bisogno, dell’utilizzo che deve essere fatto dei mezzi informatici, con diligenza e senza travalicare i confini del lecito.

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SECONDO CAPITOLO

Luci e ombre nella natura degli atti persecutori

2.1 Struttura del reato

L’art 612-bis c.p., che introduce il reato di atti persecutori, è stato inserito nel capo III del titolo XII, parte II del codice, nella sezione relativa ai delitti contro la libertà morale19. La tutela approntata dalla fattispecie di reato alla libertà morale è significativa in quanto non solo allude alla capacità del soggetto di autodeterminarsi e di essere libero di compiere le proprie scelte senza alcun condizionamento esteriore - ed è questo il precipuo obiettivo della norma cui è sottesa - ma anche perché tutela il bene giuridico dell’incolumità individuale e della integrità psichica. L’interrogativo che si pone è quando allora operi la tutela sull’incolumità individuale. La norma ci viene incontro in questo senso, sostenendo l’operatività quando le minacce e le molestie

19E.Lupo, G.Lattanzi, (2015), codice penale, rassegna di giurisprudenza e

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generino quel perdurante stato di ansia e paura che, se accertata come malattia patologica, può comportare una lesione del bene primario della salute. È possibile quindi asserire che il reato di atti di persecutori si prefigga come obiettivi una tutela della serenità psicologica e una cura della riservatezza dell’individuo20. Un’ analisi della struttura del reato non può non iniziare dall’esaminare la figura del soggetto attivo, l’agente. Dalla lettura del 612- bis si enuclea la frase, “il reato di atti persecutori può essere commesso da chiunque”, ciò fa chiaramente desumere che si parla di reato comune. È prevista infatti la sola configurabilità dell’aggravante al secondo comma dell’art 612-bis per la specifica qualità personale del soggetto attivo, in relazione ai fatti commessi “dal coniuge anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa”. In realtà questa specifica aggravante è estata estesa dal d.l. 14 agosto 2013, n. 93, convertito in l.

20 Barbazza A. , Gazzetta E., Il nuovo reato di atti persecutori, in www.altalex.it,

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15 ottobre 2013, n.119, anche ai casi in cui tra coniugi non vi sia stata separazione o divorzio, o tra autore della condotta e persona offesa permanga ancora una relazione di natura affettiva21. Per quanto concerne la sintomatologia vera o presunta degli stalker, mi trovo in posizione di contrarietà per quanto si sostiene riguardo a disturbi psichiatrici degli stalker22. Ritengo che alla base dei comportamenti tenuti dagli stalker, non si debba parlare di problematica di natura psichiatrica da curare con trattamenti medici. Sono del parere che vi siano casi di persone patologicamente malate ma l’incidenza dei casi e la frequenza - la cronaca ce ne rende tristemente notizia - ci dice che per lo più sono individui irrisolti. Persone che non hanno avuto modo di maturare dal punto di vista affettivo e che non essendo state educate ad accettare la fine di un rapporto, l’accettazione di un No, rischiano con le loro condotte di turbare la serenità altrui. Si può, quindi , sostenere, come già autorevolmente

21 Lupo E, Lattanzi G, op.cit, p.931

22A. Cadoppi, Stalking : solo un approccio multidisciplinare assicura un’ efficace

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asserito dallo psichiatra statunitense Meloy J.R., che il persecutore pur non essendo concretamente malato è certamente una persona con problemi di natura psicologica seppur di carattere transitorio23. In questa ottica, si pone, in modo naturale, l’istituto dell’ammonimento, che vuole tramite un richiamo da parte del questore nei confronti dello stalker farlo desistere dalle molestie. Accolto favorevolmente, l’istituto dell’ammonimento si pone come anticamera all’intervento penale. Si tratta infatti di provvedimento di natura amministrativa che si muove nell’approccio graduale della lotta allo stalking. Esso rappresenta il punto di non ritorno che può essere raggiunto qualora la persona ammonita non desista dal molestare; è infatti prevista la procedibilità d’ufficio del reato in questi casi. Perplessità in merito alla procedibilità è avanzata dal Cadoppi, il quale sostiene che “sarebbe più opportuno riconoscere un ulteriore spazio all’effetto della querela della

23 Meloy J.R., The psychology of stalking, 1998, in Caldaroni A. Stalking e atti

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vittima che dovrebbe stimolare, in vista della possibile rimessione della stessa, l’interruzione delle molestie da parte dello stalker”24. Per quanto concerne il soggetto passivo della condotta persecutoria, esso così come l’autore della condotta può essere chiunque. Ai fini della configurabilità dell’aggravante prevista al terzo comma si richiede la specifica qualità personale del soggetto passivo, che deve essere minore, donna in istato di gravidanza o persona con disabilità.

L’intervento normativo è così mirato a garantire una più efficace protezione delle vittime dei fatti di stalking.

All’interno del d.l. 11 del 2009 sono previsti all’art 11 e 12 delle misure a sostegno delle vittime del reato di atti persecutori, nello specifico l’art 11 recita “ le forze dell’ordine, i presidi sanitari e le istituzioni pubbliche che ricevono dalle vittime notizia del reato di atti persecutori, di cui all’art.612 bis del codice penale, introdotto dall’art 7,

24 Cadoppi A. Con norme sul recupero del molestatore più completa la disciplina

anti-stalking- Il Sole24Ore in Caldaroni A. Stalking e atti persecutori (2009)Edizioni universitarie Romane, p.31

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hanno l’obbligo di fornire alla vittima stessa tutte le informazioni relative ai centri antiviolenza presenti sul territorio e, in particolare, nella zona di residenza della vittima. Le forze dell’ordine, i presidi sanitari e le istituzioni pubbliche provvedono a mettere in contatto la vittima con i centri anti-violenza, qualora ne facciano espressamente richiesta”. All’art 12 si dice, invece, che “presso la presidenza del consiglio dei ministri è istituito un numero verde nazionale a favore degli atti persecutori, attivo ventiquattrore su ventiquattro con finalità di offrire un servizio di prima assistenza psicologica e giuridica da parte di personale dotato delle adeguate competenze, nonché di comunicare prontamente, nei casi di urgenza e su richiesta della persona offesa, alle forze dell’ordine competenti gli atti persecutori segnalati25. In aggiunta a quanto enunciato, è importante sottolineare che nel 2014 la presidenza del consiglio ministro ha previsto un piano di azione

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straordinario contro la violenza sessuale e di genere della somma di 17 milioni di euro, denaro riconducibile al d.l. n.93 del 2013 (art.5bis) nella misura di 7 milioni di euro e alla legge di stabilità del 2014, l. n.147 del 2013, art 1. Comma 217 nella misura di 10 milioni di euro. All’interno di questo pacchetto sono previste misure di intervento per i centri antiviolenza e le case rifugio. Su questo argomento tornerò ampiamente in seguito nella trattazione 26 . Proseguendo nel lavoro, un’analisi deve essere indubbiamente approntata allo studio dell’elemento

oggettivo della fattispecie di reato e dei suoi connotati.

2.2 Elemento oggettivo

2.2.1 Abitualità della condotta

Il reato di stalking caratterizzatosi per la previsione di una necessaria reiterazione di condotte di minaccia o molestia;

26 In http://www.pariopportunita.gov.it/index.php/primo-piano/2562-piano-dazione-straordinario-contro-la-violenza-sessuale-e-di-genere consultato il 27 marzo 2016.

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è da considerarsi reato di natura abituale o a condotta plurima, ove è necessaria, per la consumazione del reato, la realizzazione di una pluralità di condotte. Gli ultimi orientamenti giurisprudenziali della Corte di cassazione attestano che il delitto rientra tra i reati di evento e che ad integrare la condotta siano sufficienti anche due sole condotte di minaccia o molestia. In particolare, la Corte sez.penale III con sentenza n.45648 del 14 novembre 2013, richiamando il concetto di reiterazione indicato dalla norma, sostiene che le due sole condotte sono idonee all’integrazione della fattispecie, pur se intervallate nel tempo.

Un ulteriore aspetto che viene preso in esame dalla Corte è il principio secondo il quale il reato sussiste anche se la vittima abbia ripetutamente cercato lo stalker. I giudici sostengono che, “la reciprocità dei comportamenti molesti non esclude, infatti, la configurabilità del delitto di atti persecutori, gravando, in tali ipotesi, sul giudice l’onere di motivazione in ordine alla sussistenza dell’evento di danno, ossia dello stato di ansia o di paura della presunta persona

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offesa”. Per la Corte il concetto di reciprocità non esclude, di per se, la rilevanza penale di condotte come persecutorie ex art 612 bis c.p., occorrendo altresì che si valuti lo stato di ansia o di paura della presunta persona offesa o la necessità di mutamento delle abitudini di vita. È importante, sottolinea la Corte, verificare se, “in caso di reciprocità di atti minacciosi, vi sia una posizione di ingiustificata predominanza di uno dei due contendenti tale da consentire di qualificarne le iniziative minacciose e moleste come atti di natura persecutoria e le reazioni della vittima come un’esplicazione di un meccanismo di difesa volto a sopraffare la paura”27.

Sul carattere abituale molte sono le interpretazioni date, le più sostengono che si debba parlare di reato a matrice “necessariamente” abituale posto che per la sua integrazione serve una pluralità di condotte. L’evento descritto all’art 612-bis - il grave e persistente stato di ansia o di paura - può

27 In www.giurisprudenzapenale.com/2013/11/18sulla-configurabilità-dello-stalking-cass-pen-456482013/ consultato il 1 aprile 2016.

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essere cagionato anche da una singola condotta, ove il caso di minaccia particolarmente seria, ma ciò non rileverà ai fini della fattispecie di atti persecutori. Il legislatore per fugare qualsiasi tipo di dubbio in merito all’interpretazione del reato, oltre a utilizzare l’accezione di reiterazione, non ha voluto introdurre una fattispecie di reato eventualmente abituale; così come confermato dalla Corte di cassazione sez.penale V con sentenza n. 48291 del 24 settembre 2014, il delitto di atti persecutori, in quanto reato necessariamente abituale, non può essere configurabile in presenza di un’unica- per quanto grave – condotta di minaccia e molestia. L’ipotesi, seppur residuale, di voler unificare la medesima condotta ad episodi pregressi oggetto di altri procedimenti penale è stata decisamente scongiurata posto il divieto di bis in idem.28

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2.2.2 Minaccia: Analogia con l’art 610 c.p.

Il concetto di minaccia è altresì previsto nella fattispecie di reato di violenza privata all’art 610 c.p. dove ha un bacino di applicazione molto ampio; si prescinde sia dal tipo di mezzo utilizzato o dal grado della minaccia stessa. Nel reato di atti persecutori invece la minaccia è ben canalizzata e dettagliata, se ne definiscono i confini e la portata della stessa. La minaccia può ben essere esercitata anche nei confronti della terza parte che intenda instaurare una relazione con la vittima; minaccia che deve intendersi indirizzata a mantenere l’ex partner in uno stato di isolamento e debolezza. Lo stalker cerca, sebbene non entrando in contatto diretto con la vittima, di insidiarsi nella sua vita privata. In questo specifico caso, il reato di atti persecutori è da ritenersi integrato solo in caso di minacce – percepite e conosciute della vittima- tali da causare stato di ansia o paura. All’art 612-bis, a differenza dell’art 610, non è prevista esplicitamente la nozione di violenza come mezzo per coartare la libertà psichica del soggetto passivo. Premesso ciò, non si può escludere che vi siano delle

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condotte di violenza a cose –lievi ma ripetuti danneggiamenti- che possano assurgere a rilevanza, ai fini dell’integrazione del reato di persecutori, in quanto riferibili al concetto di minaccia.

2.2.3 Molestia

Il concetto di molestia ha sempre prestato problemi dal punto di vista interpretativo, in particolare sotto gli aspetti della determinatezza e tassatività. L’art 660 è soggetto alla difficoltà di esteriorizzare degli stati psicologici che sono tipicamente interiori della persona. Non tutti gli individui reagiscono o percepiscono gli atti molesti nella medesima maniera; una definizione poco chiara del concetto di molestia- visti gli amplissimi casi di variabili situazionali e individuali- rappresenta un grosso problema. Un intervento volto a delineare il concetto di molestie e molestie sessuali ci viene dalla direttiva del Parlamento europeo n. 2006/54/CE che pone l’attenzione sulla violazione della dignità della persona offesa, attraverso l’instillazione di un

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clima intimidatorio, ostile, degradante e umiliante.29 Le più citate molestie con cui può integrarsi il delitto di atti persecutori consistono in appostamenti e pedinamenti – in adesione al termine inglese stalking, fare la posta- ma anche invio di lettere sms, doni non graditi, telefonate. Azioni moleste configurabili sono quelle perpetrate anche per mezzo della rete, tramite social network, ove si intende palesare informazioni che la vittima ha il legittimo diritto di mantenerle riservate.30

2.3 Reato di evento o pericolo?

L’annosa questione su quale sia la tesi da seguire sembra ormai essersi radicata nella concezione di un reato di evento, ma vediamone le differenze. Ipotizzare di associare al reato di atti persecutori la matrice di reato di pericolo comporta diverse considerazioni. Subordinare l’integrazione del reato al sufficiente accertamento della mera idoneità della

29 In

http://www.pariopportunita.gov.it/images/stories/nuova_norm_comunitaria/dir_2 006_54_ce.pdf consultato il 7 aprile 2016.

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condotta-prescindendo dalla causazione dell’evento-comporta una tutela anticipatoria delle vittime. È Questo l’intento della norma? Il suo precipuo scopo? Questo è l’interrogativo che bisogna porsi. Indubbiamente anticipare il giudizio su una determinata condotta può altresì comportare un freno ad azioni che costituiscono preludio ad aggressioni ben più gravi ma, si pone in un’ottica di tutela oltre che verso la vittima verso l’agente stesso? La teoria del pericolo concreto richiederebbe –ai fini della sua integrazione- che le condotte poste in essere, da valutare sia astrattamente che in relazione alla personalità della vittima, siano tali da turbare la serenità e tranquillità dell’individuo. Il rischio che comporta l’adozione di questa teoria è quello di ancorare la tipicità del delitto su soggettive percezioni del soggetto passivo con le ovvie conseguenze; un’esposizione eccessiva dell’agente a rischio di incriminazione per una fattispecie di reato grave, un mancato bilanciamento che rischia di farci rientrare condotte, in re ipsa, non connotate da accezione di offensività. Proprio per distaccarsi da questa teoria, sarebbe stato più indicato per il legislatore utilizzare

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nella stesura della fattispecie di reato la locuzione “cagiona” anziché “in modo da cagionare”. Secondo la Cassazione, sez III, 7 marzo 2014, n.23485,” il delitto di atti persecutori è da considerarsi reato abituale, a struttura causale e non di mera condotta , che si caratterizza per la produzione di un evento di danno consistente nell’alterazione delle proprie abitudini di vita o in un perdurante e grave stato di ansia o di paura, ovvero, alternativamente, di un evento di pericolo, consistente nel fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva”. 31 Parlando di un reato a struttura causale, occorre dimostrare il nesso causale tra la condotta molesta e l’insorgenza degli eventi di danno alternativamente contemplati dall’art 612-bis. Verificare la mera attestazione dell’evento e l’astratta idoneità della condotta a cagionarlo non può essere sufficiente; la prova dell’azione dell’agente deve essere concreta e specifica ed è

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necessario tenere conto della condotta messa in campo dalla vittima e dei mutamenti che hanno inciso nelle sue abitudini e stili di vita. Un’ ingerenza nella sfera privata di una donna che ha deciso di interrompere una relazione non necessariamente integra il delitto di atti persecutori, se non cagiona uno degli eventi alternativamente previsti dalla norma; la cassazione in una recente sentenza ha confermato tale orientamento sostenendo che la condotta intrusiva dell’agente potesse destare indubbiamente un senso di sofferenza e irritazione, ma non lo stato di ansia e paura che la norma richiede. Ai fini della sussistenza del reato è sufficiente la determinazione di uno dei tre eventi, rilevando la contemporaneità dei medesimi ai fini della determinazione della gravità del reato e della commisurazione della pena32.

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2.3.1 Perdurante e grave stato di ansia o paura

In merito a tale evento descritto dalla norma diverse sono le interpretazioni. In dottrina si ritiene che tale stato ansiogeno abbia una connotazione di tipo patologico e ciò sarebbe affrancato dalle locuzioni indicate nella norma come perduranti e gravi. Proprio tali connotazioni evocano quello squilibrio psicologico-covato a lungo e riconoscibile come conseguenza dei comportamenti incriminati-che scivolerebbe in una sintomatologia medica; una lesione che attiene alla sfera della salute. Per quanto attiene alla visione della giurisprudenza di legittimità il discorso si capovolge. La sussistenza dello stato di ansia e paura prescinderebbe dall’accertamento di un mero stato patologico. Ciò che rileva non è l’accertamento dell’evento psicologico in se quanto la manifestazione oggettiva di tale stato di ansia. È necessario che l’istato di destabilizzazione e turbamento sia percepito all’esterno e non resti confinato nella percezione soggettiva del soggetto passivo. Ad avviso della giurisprudenza un comportamento sarà considerato rilevante se la sua peculiarità susciterà quello stesso stato di

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turbamento-indicato nella norma- nell’uomo comune; a quel punto vorrà dirsi finalmente soddisfatta l’esigenza di obiettivazione33.

2.4 Elemento soggettivo

Il delitto di atti persecutori inteso come reato abituale di evento richiede per la sua integrazione il solo dolo generico. Non è, infatti, richiesto all’agente una configurazione ex ante di una serie di episodi delittuosi da porre in atto ma bensì la consapevolezza dello scopo che si intende ottenere. Ciò che si chiede all’agente è che in sé sia ferma e costante la coscienza delle singole azioni e della portata offensiva che le medesime arrecano all’interesse da tutelare; proprio per questo siamo soliti parlare di un dolo in itinere, in continua costruzione che si evolve nel dipanarsi della fattispecie delittuosa. Per quanto riguarda la sussistenza di un dolo specifico, è da scongiurarsi tale ipotesi in quanto l’adozione a tale tesi restringerebbe la portata estensiva della norma

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lasciando scoperte un ampio raggio di condotte. Dubbi si sono sollevati per quanto concerne la possibilità di configurare gli atti persecutori in presenza di un dolo eventuale, nel quale l’agente non matura in se il proposito di causare l’evento delittuoso ma semplicemente si rappresenta la possibilità che questo possa verificarsi e ne accetta il rischio. Il dolo eventuale si discosta dal dolo diretto (non intenzionale) ove la previsione dell’evento è per l’agente, un fatto altamente probabile, prossimo a un reale accadimento come conseguenza della sua azione. Se si opera un’analisi più accurata ci si può rendere conto della giustezza dei dubbi espressi dalla dottrina sul dolo eventuale; se,da un lato, infatti, è ragionevole che l’agente si rappresenti e accetti la concreta possibilità di realizzare la condotta incriminata, dall’altro, non è però altrettanto plausible che si possa configurare il rischio di verificazione di uno degli eventi espressi dalla norma incriminatrice. Il motivo di ciò è evidente, non è possibile toccare con mano qualcosa che non

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è agevolmente percepibile all’esterno se non dalla persona offesa.34

2.4.1 Tentativo

Una menzione deve essere fatta in merito alla configurabilità del tentativo nei reati abituali, e, in questo caso, sembra che se ne possa parlare più in termini di astrazione che di concretezza di fattispecie. Ciò di cui si tratta è l’ipotesi di un compimento di condotte reiterate idonee e dirette in modo univoco alla commissione del delitto senza che ciò si realizzi. Secondo tale linea di ragionamento, l’agente per il solo fatto di avere posto in essere una condotta idonea a turbare gravemente la vittima- anche se tale turbamento non sopravvenga- dovrebbe essere chiamato a rispondere della fattispecie di reato sotto forma di tentativo. Se si considera che gli eventi descritti, ad esclusione della alterazioni delle abitudini di vita, sono principalmente riferibili alla sfera psicologica del soggetto passivo e quindi non determinano

34 http://www.altalex.com/documents/news/2009/05/08/stalking-il-nuovo-reato-di-atti-persecutori consultato il 8 aprile.

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in modo evidente delle modifiche alla realtà esteriore, si capisce che è difficile accertarne la verificazione. Da ciò si può ragionevolmente sostenere che l’ipotesi di accertare un tentativo di atti persecutori sia da considerarsi caso di scuola, specie se si pensa all’ipotesi base che prevede la perseguibilità del fatto a querela. Questa tesi, sostenuta dalla dottrina, principalmente si pone in posizione contraria a un’interpretazione positiva in merito al tentativo, di altro avviso è la Cassazione penale che con sentenza 6384 del 2014 sostiene che altresì non vi debbano essere dubbi sulla configurabilità del tentativo. È certamente concepibile il caso dello stalker che, dopo una o più condotte persecutorie, viene bloccato mentre si prepara, con atti idonei e diretti in modo non equivoco, a compiere la condotta finale risponda dell’art 612 bis come tentativo (incompiuto) ovvero, se pure la condotta è stata commessa, e l’evento non si è verificato di tentativo compiuto.35

35www.giurisprudenzapenale.com/download/cass-pen-63842014/ consultato il 8

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2.5 Stalking e rapporto con altre fattispecie

Il rapporto dell’art 612-bis con le altre fattispecie desta non pochi problemi per la presenza della clausola di sussidiarietà espressa “salvo che il fatto costituisca più grave reato”. Inizialmente, sebbene inserita nel d.d.l. 1440, la clausola era stata soppressa dalla commissione giustizia della camera dei deputati per il timore che in tal modo venisse inficiato l’intento di introdurre una decisiva repressione dello stalking. Nello specifico, si voleva scongiurare l’assorbimento della nuova fattispecie di reato in quelle più gravi eventualmente poste in essere attraverso il modus operandi dell’art 612-bis ed evitare quindi un “mare-magnum” normativo. Successivamente tale clausola fu reintrodotta, sulla necessità di evitare potenziali concorsi di reati che avrebbero comportato pene sproporzionate. Ad avviso di un’opinione della dottrina36, per poter valutare la portata della clausola occorre tenere conto del rapporto di

36 Valsecchi Alfio, il delitto di “atti persecutori” (il cd stalking) in il “pacchetto

sicurezza 2009”, in Mazza O. e Viganò F. (a cura di), Giappichelli Editore,2009, p.258.

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sussidiarietà tra norme, da ciò la distinzione tra un concorso reale di reati o un concorso apparente. Questo rapporto comporta che vi sia una fattispecie principale che assorbe una fattispecie secondaria, prevedendo pena più severa e che tuteli il medesimo bene giuridico tutelato dalla norma sussidiaria. Sostanzialmente il criterio di sussidiarietà si estrinseca in tal modo, la fattispecie principale tenderà ad assorbire quella sussidiaria perché punirà lesioni più gravi del medesimo bene giuridico oppure perché punisce delle lesioni a beni giuridici tra i quali vi è anche quello tutelato dalla norma sussidiaria. Dunque se viene a mancare comunanza tra le fattispecie per quanta riguarda il bene giuridico, non si potrà parlare di assorbimento ma bensì solo di un concorso di norme, ove ciascuna fattispecie concorrerà nel punire un diverso disvalore meritevole di autonoma punizione37. Sulla base di questo avviso, si può ben sostenere come la normativa in materia di atti persecutori

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tutela bene giuridici come la tranquillità dell’individuo e la serenità psicologica, diversi da quelli sottesi in fattispecie ben più gravi come lesioni gravi, violenza sessuale e omicidio. Da questo assunto si può quindi asserire che ove l’agente nella sua condotta travalichi l’attività persecutoria finendo in una delle fattispecie più violente appena citate, dovrà rispondere di concorso tra il reato di atti persecutori ex art 612-bis e la fattispecie più grave prevista.

2.5.1 Stalking e maltrattamenti in famiglia

Il rapporto tra queste due fattispecie si presenta complesso sin dalla prima analisi; secondo la Cassazione, sez VI, con sentenza 13 novembre 2012, n.7369 il delitto di maltrattamenti in famiglia in danno del coniuge assorbirebbe i reati di ingiuria, molestia e atti persecutori anche in caso di separazione e di conseguente cessazione della convivenza, pur facendo salvi i doveri del rapporti di coniugio. Questo orientamento è decisamente interessante perché ci manifesta come la Cassazione sia voluta andare nella sua interpretazione oltre l’allora attuale assetto normativo. Asserendo infatti l’assorbimento del reato di atti

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persecutori anche in caso di separazione e di conseguente cessazione della convivenza, lascia ragionevolmente supporre che ciò valga pure per i rapporti di coniugio e affettivi tutt’ora in corso, anticipando gli effetti di una modifica al reato di atti persecutori non ancora pervenuta. La giurisprudenza dando una lettura diversa, ritiene configurabile l’ipotesi aggravata del reato di atti persecutori in presenza di comportamenti che, seppur sorti nell’ambito di una comunità familiare, esulino dalla fattispecie di maltrattamenti per la sopravvenuta cessazione del vincolo familiare ed affettivo, come nel caso di divorzio o di relazione affettiva definitivamente cessata con la persona offesa. Come si può notare quindi, le due fattispecie divergono in un punto ben preciso che coincide con la fine di un vincolo familiare, la cessazione di una convivenza. Se un rapporto di armonia sembrava essersi trovato tra queste due fattispecie di reato, ciò era destinato a durare poco. Alla luce delle modifiche intervenute ad opera del d.l. 14 agosto 2013, n.93 il rapporto tra le fattispecie era destinato a tornare in auge continuando a destare non pochi problemi

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applicativi. Nello specifico la modifica ha interessato il comma 2 dell’art 612-bis prevendo che il reato è aggravato nel caso di rapporto di coniugio, anche in caso di separazione o divorzio, e, quindi anche se tale condizione non operi, varrà l’aggravante; parimenti, in caso di relazione affettiva, attuale o pregressa, con la persona offesa. Fatta questa premessa sono chiare le implicazioni che, adesso, si presentano tra l’art 612bis e l’art 572. La divergenza tra le medesime adesso non si potrà più basare sul profilo della permanenza o cessazione del legame coniugale od affettivo, traslando altresì sul riscontro dei rispettivi elementi costitutivi, sotto il profilo oggettivo e soggettivo. I fatti commessi in costanza di rapporto coniugale od affettivo potranno ben rientrare nel delitto di atti persecutori, in aderenza della espressa clausola di sussidiarietà, solo quando non si possano configurare maltrattamenti in famiglia. La difficoltà starà proprio nel valutare quando le reiterazioni di semplici molestie restino nell’ambito degli atti persecutori e quando altresì travalichino questo frontiera

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andando a configurare la fattispecie più grave di maltrattamenti in famiglia.38

2.6 Determinatezza e Stalking

L’entrata nel nostro ordinamento del reato di stalking, come precedentemente sottolineato, destò molte perplessità in ordine all’ossequio da parte della norma incriminatrice dei principi costituzionali e un dubbio di conformità venne sollevato in riferimento al principio di determinatezza delle fattispecie penali. Secondo il giudice a quo del tribunale ordinario di Trapani, la norma si pone in palese violazione dell’art 25 comma 2 non definendo in modo sufficientemente determinato quale debba essere il minimo della condotta molesta, temporalmente necessaria e sufficiente, per integrare la fattispecie di reato, mancando altresì definizione adeguata in merito a uno degli eventi richiesti della norma. Non risulta sufficientemente determinato cosa si intenda per perdurante e grave stato di

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ansia e paura, ne pare si ravvisino criteri che stabiliscano quando tale istato di ansia debba ritenersi fondato. Tali doglianze furono rimesse alla Corte Costituzionale che con sentenza n.172 del 2014 era chiamata a valutare se l’art 612-bis soddisfacesse il principio di determinatezza delle fattispecie penali. Ad avviso della Consulta, il fatto che il legislatore, nella tessitura della norma non abbia fatto ricorso a una enunciazione dettagliata della norma incriminatrice e non abbia provveduto altresì ad un’elencazione di comportamenti sanzionabili non comporta di per sé un vizio di determinatezza. È importante che si possa, attraverso un’interpretazione letterale della norma, pervenire a un significato chiaro, univoco e intellegibile e questo, ad avviso dalla Consulta, viene pienamente raggiunto dalla norma in esame. Prosegue la Consulta, ritenendo che, associare il principio di determinatezza della fattispecie al carattere più o meno descrittivo della stessa, sia fallace in quanto tale principio non si esaurisce in un mero carattere descrittivo. La norma incriminatrice può ben far uso di tecniche esemplificative o

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rimandare a dati di esperienza comune o tecnica per ottemperare alla determinatezza. In merito alla presunta mancanza di necessità della norma ex art 612-bis, ritenuta essere una mera specificazione di condotte di minaccia o molestia, già contemplate dal codice penale, occorre fare un’analisi. La condotta di minaccia è, elemento costitutivo di diversi reati-come violenza privata, rapina ed estorsione- ma è pure oggetto di una specifica incriminazione ex art 612, ed è ben noto che il significato che essa ha, nel comune e nella consolidata giurisprudenza, non può essere che quello di prospettare un male futuro. Molestare invece significa alterare in modo fastidioso o importuno l’equilibrio psichico di una persona normale. Alla luce di ciò, si può fare due considerazioni: Sotto il primo aspetto si può asserire che la norma incriminatrice non ha disatteso il principio di determinatezza, e la Consulta ha dato conferma di ciò ritenendo manifestamente infondata la doglianza rimessa dal giudice a quo, le critiche invece alla norma incriminatrice non trovano riscontro sotto il profilo della necessarietà , ben potendo la norma colmare quel vuoto di

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tutela verso comportamenti persecutori, assillanti e invasivi della vita altrui.39

39 http://www.giurisprudenzapenale.com/2014/06/13/lart-612-bis-c-p-stalking-non-viola-il-principio-di-determinatezza/ consultato il 28 aprile.

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TERZO CAPITOLO

Dissonanze e punti di incontro nelle realtà

europee ed extra

3.1 Origini del fenomeno: Stati Uniti

Se il fenomeno di stalking nel nostro ordinamento è stato recepito solo recentemente con la legge n.38 del 2009, la sua origine è ben più lontana. Si cominciò a parlare e discutere di tale fenomeno sin dai primi anni ’80 oltreoceano dove le attenzioni erano principalmente indirizzate verso personaggi dello star system, personalità dello spettacolo e sport. Questa grande diffusione di manifestazioni- spesso realizzate in modo da cagionare una violazione della vita privata e intaccare la serenità della stessa- richiamarono l’attenzione del legislatore californiano a provvedere in merito. Sin dal 1991 nella California lo stalking è contemplato sia come reato penale che illecito civile, la normativa- nello specifico- chiarisce e definisce lo stalking come “l’intenzionale, malevole e persistente comportamento di seguire o molestare un’altra persona”; sotto il profilo risarcitorio del

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danno si richiede altresì che insieme alla molestia segua una minaccia credibile, verbale o scritta che sia fonte di pericolo per la sicurezza dei familiari e della persona stessa. L’importanza del problema da affrontare ha fatto si che il congresso degli Stati Uniti si operasse -nel senso di uniformare le definizioni di stalking nei vari stati- a deliberare la redazione di un modello di codice anti-stalking costituzionalmente valido e applicabile nella legislazione dei vari stati. Il N.I.J: project to develop a model antistalking code for states fu inizialmente adottato nello stato di Washington nel 1993. Le linee salienti di tale codice sono: 1) una condotta continua volta a seguire o minacciare, 2) la reiterazione per almeno due volte, 3) l’azione può essere diretta verso la persona o membri della famiglia, 4) il dolo specifico non è richiesto, ma quanto meno la idoneità dell’azione a incutere timore. La pena prevista è la reclusione di un anno nel carcere della contea, alternativamente o contestualmente all’imposizione di una pena pecuniaria nella misura di 1000 dollari. Sebbene la parvente mitezza della pena prevista, sono previste pene

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accessorie ove si prevede per il reo l’ordine- da parte della contea- di registrarsi come “reo sessuale e misure volte a infliggere – se vi è gravità del fatto e possibile rischio di recidiva- il divieto di avvicinamento alla vittima fino a un tempo massimo di 10 anni. In seguito altri stati hanno provveduto a legiferare in materia di stalking intensificando la normativa se pur con distinzioni in ordine a caratteri concernenti l’aspetto vittimologico e il modus operandi dell’autore. Tra i paesi extraeuropei che hanno provveduto a normazione in materia di stalking vi è lo stato del Canada40.

3.2 Canada e Criminal Harassment

Il 1993 è l’anno che vede il legislatore canadese inserire all’interno del Criminal Code il reato di molestia criminale (criminal harassment) atto a contrastare in principal modo i fenomeni di violenza contro le donne. L’art 264 all’interno del codice sancisce il divieto ad agire nei confronti di una persona in modo da farla temere per la sua incolumità o per

40 Elena Morano Cinque, Una ricostruzione del fenomeno alla luce delle categorie

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