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Biomarcatori di rimodellamento delle vie aeree nell’asma bronchiale grave

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Academic year: 2021

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(1)

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA

DIPARTIMENTO

DI

RICERCA

TRASLAZIONALE

E DELLE

NUOVE

TECNOLOGIE

IN

MEDICINA

E

CHIRURGIA

Corso di Laurea Specialistica in Medicina e Chirurgia

TESI DI LAUREA

Biomarcatori di rimodellamento delle vie aeree

nell’asma bronchiale grave

Candidato: Relatore:

Francesco Bastianelli Chiar.mo Prof. Pierluigi Paggiaro

(2)

SOMMARIO

1. RIASSUNTO………..4

2. INTRODUZIONE……….12

• Asma………...………...12

• Asma grave………....15

• Fenotipi dell’asma………...……..19

-Fenotipi clinici……….……….……….…...20

-Fenotipi correlati a fattori scatenanti………..……..22

-Fenotipi correlati al tipo di infiammazione………...28

-Fenotipi molecolari………...32

• Il rimodellamento delle vie aeree……….……….35

• Relazione tra cellule infiammatorie, citochine e

rimodellamento………..………...37

• Alterazioni istologiche, biomarcatori ed implicazioni cliniche nel

rimodellamento……….…………42

-Fibrosi subepiteliale e miofibroblasti………...42

-Incremento della muscolatura liscia bronchiale……...……….46

-Angiogenesi e rimodellamento……….48

-Corticosteroidi inalatori e rimodellamento………...51

(3)

• Studio del rimodellamento………55

-Metodi diretti………....55

-Metodi indiretti……….56

3. SCOPO………..57

4. PAZIENTI e METODI……….58

• Pazienti………..58

• Metodi..……….60

-Spirometria………....…...…….60

-Ossido Nitrico(NO) nell’espirato………..60

-Induzione ed analisi dell’Espettorato………60

-Emocromo ed analisi del siero………..60

-Analisi dei mediatori solubili………....61

-Analisi statistica………62

5. RISULTATI….……….63

6. DISCUSSIONE e CONCLUSIONI………...………...79

(4)

RIASSUNTO

L’asma bronchiale è una malattia cronica, solitamente su base infiammatoria, caratterizzata da ostruzione bronchiale di norma reversibile e da iperreattività bronchiale. Essa presenta un’alta prevalenza nel mondo con circa 300 milioni di individui affetti.

E’ caratterizzata da sintomi respiratori in genere variabili come intensità e frequenza di presentazione: sibili, tosse e senso di costrizione toracica, associata a ampia variabilità consensuale del calibro bronchiale.

Negli ultimi anni si è consolidata una nuova visione della malattia in cui si enfatizza il suo carattere eterogeneo potendo infatti configurarsi con pattern clinici, biologici e funzionali estremamente diversi. L’estrema eterogeneità dell’asma ha permesso quindi di individuare differenti fenotipi ed endotipi di malattia, in cui ad un determinato meccanismo patogenetico corrisponde un quadro biologico e conseguenti manifestazioni cliniche. La caratterizzazione dell’endotipo di malattia riconosce principalmente due meccanismi alla base del processo

infiammatorio: l’attivazione della cascata infiammatoria Th2, implicata nella patogenesi

allergica, la cui attivazione porterà alla liberazione di citochine pro-infiammatorie specifiche ed il cui mediatore finale del processo infiammatorio sarà il granulocita eosinofilo; ed il

meccanismo TH1 mediato, che riconosce in genere fattori inducenti differenti (inquinanti,

fumo, virus etc) e che si configura con una diversa attivazione del pattern citochinico; con il granulocita neutrofilo come effettore ultimo.

Nel tempo sono state formulate differenti definizioni di asma grave; attualmente, quella che meglio risponde alle esigenze di gestione del paziente asmatico è una definizione operativa in cui si definisce grave l’asma che per essere controllato abbia richiesto negli ultimi 12 mesi terapie inalatorie massimali (step 4 o 5 secondo le linee guida GINA: alte dosi di corticosteroidi inalatori associate a β2 agonisti a lunga durata o antileucotrienici o

teofillina), o terapie con corticosteroidi sistemici per più di sei mesi, oppure quadri asmatici che rimangono “non controllati” nonostante queste terapie.

RIMODELLAMENTO

Il rimodellamento delle vie aeree è ritenuto il meccanismo alla base della cronicizzazione e progressione dell’asma. Esso è caratterizzato da alterazioni strutturali sia a livello delle grandi che delle piccole vie aeree, e consiste nell’aberrante riparazione dell’epitelio e nell’accumulo di miofibroblasti che contribuiscono alla deposizione di proteine della matrice extra-cellulare ed in ultima analisi allo sviluppo di un’ostruzione bronchiale persistente.

(5)

Sono numerose le cellule ed i mediatori implicati in questi processi:L’IL-13 è implicata nell’aumentata secrezione di muco e di TGF-ß. Le chemochine eotassina, RANTES, MCP-3 e MCP-4 agiscono nel reclutamento degli eosinofili.I macrofagi sintetizzano e secernono l’attivatore del plasminogeno, metalloproteasi e fattori di crescita, come PDGF, FGF e TGF-ß. I neutrofili secernono l’Elastasi neutrofila che innesca la secrezione di TGF-β e Metalloproteinasi-9. Gli eosinofili sintetizzano la proteina cationica eosinofila, proteina basica maggiore, neurotossina, perossidasi, ROS, chemochine e leucotrieni agendo sia direttamente tramite danno tissutale, sia indirettamente stimolando i processi riparativi. I mastociti producono IL-4, IL-13, agiscono su fibroblasti, miofibroblasti, cellule muscolari lisce producendo e secernendo TGF-β, PDGF, Amfiregulina, chimasi e triptasi.

Le alterazioni strutturali principali nel rimodellamento sono rappresentate dalla fibrosi sub-epiteliale, aumento di massa del muscolo liscio bronchiale ed angiogenesi.La fibrosi subepiteliale interessa la lamina reticolare collocata profondamente alla membrana basale comportando un ispessimento di quest’ultima per deposizione di collagene di tipo I, III e V. Il processo sembra essere conseguenza, in parte, di uno squilibrio tra deposizione e degradazione di matrice extracellulare da parte dei fibroblasti, in favore della deposizione.Le principali cellule coinvolte nella fibrosi sub-epiteliale sono i miofibroblasti, cellule in grado sia di acquisire capacità contrattili migrando nello strato sub-epiteliale sia di rilasciare citochine pro-infiammatorie, chemochine e proteine della matrice extra-cellulare. Sono stati descritti numerosi mediatori presenti nelle vie aeree di soggetti asmatici che potrebbero essere implicati nella differenziazione dei fibroblasti in miofibroblasti.Il più studiato è il Trasforming Growth Factor Beta 1 o TGF-ß, una potente citochina prodotta sia da cellule infiammatorie sia da cellule epiteliali, endoteliali, muscolari lisce e fibroblasti. Esso regola la funzionalità fibroblastica e miofibroblastica e modula la produzione di numerose proteine della matrice extracellulare come collagene, proteoglicani e tenascina. L’azione di questo mediatore è direttamente implicata nel fenomeno del rimodellamento, il suo incremento infatti correla con il numero di fibroblasti e l’ispessimento della membrana basale. Assieme ad altri mediatori come EGF epidermal growth factor, FGF-2 fibroblast growth factor-2, IGF-1 insulin like growth factor-1, PDGF plateled-derived growth factor ed endotelina-1 possiede un ruolo cardine nel determinare la transizione epitelio-mesenchimale. Esso guida la differenziazione dei fibroblasti in miofibroblasti stimolando inoltre la produzione e la secrezione di metalloproteinasi-9, una proteasi con attività collagenolitica. Un’ulteriore metalloproteasi implicata nel fenomeno del rimodellamento è ADAM33, i cui meccanismi biologici sono ancora sconosciuti; è stato ipotizzato che partecipi attivamente al rimodellamento poiché risulta espressa su fibroblasti, miofibroblasti e cellule muscolari lisce

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delle vie aeree.

Tra i nuovi marker di fibrosi subepiteliale è presente la periostina, espressa in una notevole varità di tessuti sia embrionali che adulti e ad elevate concentrazioni in corso di carcinogenesi. Essa aumenta in corso di infiammazione eosinofilica, è implicata in condizioni di atopia come rinite e rino-sinusite, ed è coivolta direttamente nel rimodellamento delle vie aeree: stimolata dall’IL-4 e dall’IL-13 ma indipendentemente dall’azione di TGFß viene secreta dai fibroblasti bronchiali costituendo una struttura a forma di reticolo insieme a fibronectina, tenascina e collagene di tipo IV concorrendo alla fibrosi subepiteliale, promuove la differenziazione dei fibroblasti in miofibroblasti e la loro successiva migrazione ed inoltre, in sinergia con il TGF-Beta, stimola la produzione di proteine della matrice extracellulare e la differenziazione dei miofibroblasti.

L’incremento della massa muscolare liscia delle vie aeree è stato ampiamente dimostrato nei soggetti asmatici ed è strettamente associato all’iperreattività bronchiale. Nei soggetti asmatici la distanza tra l’epitelio respiratorio e lo strato muscolare è ridotta e questo potrebbe determinare un più precoce raggiungimento delle cellule muscolari lisce da parte di stimoli broncocostrittori presenti nel lume rispetto ai soggetti sani. L’alterazione a livello della muscolatura liscia rappresenterebbe il cambiamento strutturale fondamentale che distingue le forme di asma grave dalle moderate potendo inoltre contribuire alla difficoltà di ottenere un livello di controllo di malattia adeguato in alcuni soggetti affetti. L’FGF-2 fibroblast growth factor-2 è il principale determinante dell’iperplasia delle cellule della muscolatura liscia.

Numerosi studi hanno dimostrato come l’angiogenesi ed il rimodellamento microvascolare delle vie aeree siano processi caratterizzanti l’asma cronico. L’aumento del numero e della dimensione dei vasi non si limita solamente a soggetti con asma grave ma interessa anche i pazienti con malattia lieve. L’ipotesi è che nell’asmasi determini uno squilibrio tra fattori pro-angiogenetici ed anti-angiogenetici: nell’espettorato di soggetti asmatici è stato riscontrato un aumentato rapporto tra VEGF vascular endothelial growth factor, uno dei principali fattori pro-angiogenetici ed endostatina, fattore anti-angiogenetico. Inoltre è stato dimostrata l’azione diretta di VEGF nella risposta allergica in soggetti asmatici: essa possiede un ruolo nella risposta infiammatoria antigene-indotta Th2 mediata da IL-13,

con incremento della produzione di muco, deposizione di collagene ed iperplasia delle cellule muscolare lisce assieme a prevedibili alterazioni a livello dell’angiogenesi come edema e rimodellamento vascolare. VEGF inoltre è in grado di determinare un’amplificazione della

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risposta Th2 mediata ed i suoi livelli sono correlati con quelli della metalloproteasi-9.

SCOPO DELLA TESI

Nell’ipotesi che la persistente ostruzione al flusso aereo si associ ad un maggior grado di rimodellamento, ci siamo posti come scopo quello di verificare se alcuni dei biomarker oggi disponibili siano in grado di identificare un pattern di rimodellamento in una popolazione di soggetti con asma grave. In particolare la nostra attenzione si è focalizzata sulla periostina, che è stata riconosciuta in tempi recenti non solo come un marker di infiammazione eosinofilica ma anche come co-reponsabile della fibrosi sub-epiteliale, e su TGF-ß, il cui ruolo cardine nello sviluppo del rimodellamento delle vie aeree è ampiamente riconosciuto in letteratura.

A tale scopo abbiamo condotto uno studio pilota, selezionando dalla nostra casistica di pazienti con asma grave un sottogruppo che ha sviluppato nel tempo ostruzione bronchiale non più completamente reversibile, ed un altro con normale funzione polmonare nei periodi di stabilità. In questi due sottogruppi di pazienti abbiamo analizzato vari mediatori correlati al processo di rimodellamento, oltre ad indicatori del tipo e grado di infiammazione bronchiale, utilizzando il materiale biologico dell’espettorato indotto come materiale indicativo del processo infiammatorio presente nelle vie aeree.

Questi dati, assieme alle usuali valutazioni cliniche e strumentali, potrebbero dare indicazione su quali potenziali fattori di rimodellamento incentrare la nostra attenzione per studi su casistiche più numerose.

PROTOCOLLO DI STUDIO

Hanno preso parte allo studio 45 soggetti con asma, con età media di 60.3 anni (range 25-80). 42 pazienti erano non fumatori, solo 3 pazienti ex fumatori con pack years<10. Il BMI (body mass index) presentava una media di 28.01 indicando come mediamente i pazienti reclutati fossero in sovrappeso. Il 66% di essi presentavano Atopia ed il 27% reazione di ipersensibilità ad ASA e/FANS. Per quanto riguarda l’insorgenza di malattia la media di età risultava essere 39 anni e ben il 60% presentava un’insorgenza tardiva (late onset). La durata media di malattia risultava essere di 21.3 anni. Nel momento in cui i pazienti sono stati reclutati per lo studio il 42% di essi riferiva buon controllo della patologia, quelli con parziale controllo di malattia erano il 49% mentre solo il 9% risultava non controllato. La valutazione del controllo è stata fatta tenendo in considerazione la presenza di sintomi diurni e necessità di broncodilatatore al bisogno più di due volte a settimana, risvegli notturni dovuti ad asma e limitazione delle attività causata dalla malattia nelle 4 settimane precedenti alla visita. Tutti i

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pazienti stavano effettuando una terapia regolare con combinazione di broncodilatatore e steroide inalatorio a dosaggio medio-alto, in particolare il 62% attuava una terapia GINA STEP 4 mentre il restante 38% GINA STEP 5. Il pattern infiammatorio prevalente è risultato essere quello eosinofilico presente nel 45% sei soggetti analizzati.

I biomarcatori studiati e misurati nei liquidi biologi sono stati: la periostina, transforming growth factor beta (TGF-ß), granulocyte-macrophage colony-stimulating factor (GM-CSF), fibroblast growth factor-2 (FGF-2), interleuchina-8 (IL-8) e RANTES.

RISULTATI

I pazienti sono stati suddivisi in due gruppi sulla base dei valori ottenuti all’esame spirometrico. In particolare:

- Gruppo dei pazienti con ostruzione bronchiale persistente: essi presentavano all’esame spirometrico un indice di Tiffenau ≤88 %pred nei soggetti di sesso maschile o ≤89 %pred nei

soggetti di sesso femminile (media: 71.9). In questi soggetti il valore medio di FEV1 in % del

teorico era 63.9%, raggiungendo una media di 70.5% dopo l’utilizzo di broncodilatatore, denotando pertanto una ostruzione di medio-lieve entità.

- Gruppo dei pazienti senza ostruzione bronchiale: gruppo di controllo con Indice di Tiffena ≥ 88 %pred nei soggetti di sesso maschile ed 89 %pred nei soggetti di sesso femminile e variabilità dei valori di FEV1 in % del predetto nella storia clinica, con normale funzione

polmonare nei periodi di stabilità.

Per quanto riguarda i dati clinico-demografici, i due gruppi non presentano differenze statisticamente significative, anche se è opportuno sottolineare come le femmine siano l’83% nel gruppo dei pazienti non ostruiti contro il 59% nel gruppo degli ostruiti.

Per quanto concerne i marcatori biologici, sono presenti alcune differenze statisticamente significative o ai limiti della significatiità. In particolare i valori di TGF-ß e periostina risultano essere più elevati nell’espettorato dei pazienti con ostruzione persistente, con una significatività rispettivamente inferiore a 0.01 e 0.05. Inoltre quest’ultima

nell’espettorato indotto si è dimostrata correlare in maniera inversa sia con i valori di FEV1

pre broncodilatore in % del teorico che con i valori di FVC post broncodilatatore in % del teorico.

(9)

senza ostruzione persistente con una significatività rispettivamente inferiore a 0.05 e 0.001. Per quanto riguarda la periostina nel siero, essa mostra valori ai limiti della significatività (p=0.06) sempre a favore del gruppo degli ostruiti.

Successivamente, dopo aver ottenuto queste indicazioni sui valori di periostina nell’espettorato e nel sangue abbiamo calcolato la mediana dei suoi valori in questi due liquidi biologici, dividendo i 45 pazienti dello studio in un gruppo che presentava valori maggiori rispetto alla mediana ed un altro con valori inferiori.

Per quanto riguarda la periostina nell’espettorato, nei due gruppi è presente una differenza ai limiti della significativa (p=0.05) nella % di eosinofili presenti nell’espettorato, con i soggetti con valori di periostina nell’espettorato superiori alla mediana che mostrano valori più elevati di eosinofili nell’espettorato. Inoltre il gruppo con valori di periostina nell’espettorato maggiore della mediana presenta una percentuale di pazienti con ostruzione persistente del 67% contro il 42% di quelli con Periostina minore della mediana. Questi ultimi risultano avere un miglior controllo di malattia, mentre i pazienti che alla visita riferivano assenza di controllo di malattia (22%) appartenevano solo al gruppo con periostina nell’espettorato maggiore della mediana.

La distinzione sulla base dei valori di periostina nel sangue ha evidenziato una differenza significativa (p<0.05) nell’età media dei pazienti: in particolare l’età è risultata più elevata (65 anni) nei pazienti con valori più alti di periostina ematica rispetto a quelli con valori minori (55 anni). Inoltre i pazienti con valori di periostina nel sangue maggiore della mediana mostravano una tendenza (p=0.05) per quanto riguarda la percentuale di pazienti con ostruzione persistente; questi sono il 68%, a differenza del 37% nel gruppo di pazienti con valori di periostina nel sangue minore della mediana.

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI

Lo studio è risultato positivo per differenze statisticamente significative nei due gruppi (persistente ostruzione bronchiale vs assente ostruzione) per i mediatori pro-fibrogenici periostina, TGF-Beta, come pure per altri due mediatori (GM-CSF ed FGF-2) misurati nell’espettorato indotto.

Periostina e TGF-ß sono risultati più elevati nei soggetti ostruiti in concordanza con gli studi di letteratura che riconoscono il ruolo di entrambi i mediatori nello sviluppo del

(10)

processo di rimodellamento delle vie aeree: la periostina promuove la differenziazione dei fibroblasti in miofibroblati, la loro migrazione e stimola la produzione delle proteine della matrice extra-cellulare come co-fattore del TGF-ß. Quest’ultimo guida la differenziazione dei fibroblasti in miofibroblasti, modula la produzione di numerose proteine della matrice extracellulare e possiede un ruolo cardine nel determinare la transizione epitelio-mesenchimale.

Per quanto concerne GM-CSF ed FGF-2 essi sono risultati più elevati nei soggetti non ostruiti. I maggiori livelli di fattore di crescita stimolante le colonie granulocito-macrofagiche nell’espettorato di soggetti con asma grave che non hanno sviluppato rimodellamento, risulta in linea con la presenza di un maggior grado di infiammazione di tipo eosinofilico presente in questi soggetti, da momento che esso viene secreto dai linfociti T e dagli eosinofili stessi ed è fondamentale per il reclutamento e la sopravvivenza di questi granulociti nei tessuti periferici. I risultati ottenuti dal dosaggio del fattore di crescita fibroblastico-2 non sono chiaramente spiegabili e suggeriscono per questo mediatore un ruolo differente, da quello pro-fibrotico dimostrato in vitro, come ad esempio quello protettivo in seguito a lesioni epiteliali polmonari evidenziato in un recente studio effettuato sui topi.

Inoltre, i soggetti con livelli di periostina nell’espettorato più elevati hanno presentato anche valori percentuali di eosinofili nell’espettorato maggiori rispetto ai pazienti che presentavano valori di questo biomarcatore inferiori rispetto alla mediana ottenuta, confermando i dati presenti in letteratura che dimostrano come la produzione di questa proteina aumenti in corso di infiammazione eosinofilica.

In conclusione, questo studio pilota ha permesso di individuare alcuni biomarcatori (la periostina e il TGF-beta) che risultano più elevati nel supernatante dell’espettorato di soggetti con asma grave che avevano sviluppato ostruzione bronchiale non più completamente reversibile rispettto a quelli con normale funzione respiratoria. Considerando il ruolo che questi due mediatori hanno in modelli sperimentali di rimodellamento, questa osservazione ne conferma l’importanza come biomarcatori dello sviluppo di ostruzione bronchiale non più completamente reversibile nei pazienti con asma grave. Questo aspetto viene confermato dall’esame della periostina nel sangue, anche se in questo liquido biologico il segnale è meno evidente, suggerendo quindi che il materiale ricavato dall’espettorato indotto sia un campione più adeguato per lo studio dei processi che si svolgono nelle vie aeree.

(11)

Il maggior livello di GM-CSF nell’espettorato di soggetti con asma grave che non hanno sviluppato rimodellamento è in linea con un maggior grado di infiammazione di tipo eosinofilico presente in questi soggetti, mentre il maggior livello di FGF-2 sempre in questi soggetti non è chiaramente spiegabile e suggerisce ruoli diversi da quello pro-fibrotico di questo mediatore.

Infine, la presenza di un maggior livello di eosinofilia nell’espettorato dei soggetti con valori di periostina nell’espettorato superiore alla mediana suggeriscono che in effetti il processo infiammatorio e quello di rimodellamento (di cui la periostina può essere un indicatore) possano procedere in maniera parallela, secondo le più moderne vedute relative alla fisiopatologia del rimodellamento nell’asma.

(12)

INTRODUZIONE

ASMA

L’asma è una malattia cronica delle vie aeree caratterizzata da ostruzione bronchiale solitamente reversibile, da iperreattività bronchiale e da un

accelerato declino della funzionalità respiratoria che può evolvere in alcuni casi in una ostruzione irreversibile delle vie aeree (1)

.

E’ una malattia eterogenea, di norma legata ad una infiammazione cronica delle vie aeree. È definita da una storia di sintomi respiratori come sibili, dispnea ricorrente accessionale, costrizione toracica e tosse che variano nel tempo e nell’intensità, associati ad una limitazione variabile del flusso aereo. I sintomi sono reversibili spontaneamente o grazie alle terapie, e possono mancare per settimane o mesi. D’altronde, i pazienti possono soffrire episodi di riacutizzazione della malattia potenzialmente fatali o che comunque gravano pesantemente sulla qualità della vita degli stessi e sulla comunità. L’iperreattività bronchiale, cioè la capacità da parte della muscolatura liscia bronchiale di contrarsi in seguito al contatto con stimoli di norma innocui, e l’infiammazione cronica che interessa bronchi di grosso, medio ed anche piccolo calibro tendono invece a persistere anche quando i pazienti sono asintomatici e la funzione polmonare è normale, ma possono essere normalizzati dalla terapia.

L’asma colpisce circa 300 milioni di individui in tutto il mondo, è una patologia particolarmente frequente sia nella popolazione giovanile che in quella adulta con una prevalenza in aumento in molti paesi in via di sviluppo: la malattia impone un peso notevole sui sistemi sanitari e sulla società in termini di costi, perdita di produttività e compromissione della qualità della vita. Nel 2013, la malattia asmatica è stata classificata al 15° posto tra tutte le malattie a livello mondiale per quanto riguarda gli anni con disabilità (YLD) in tutte le fasce d'età (Global Burden of Disease Study 2013 Collaborators 2015). Lo studio 2013 ha riportato un tasso globale di morte standardizzato per età di 8.0 per 100.000 nel 2013, equivalente alla neoplasia mammaria (7.4) o alle lesioni stradali pedonali (8.0). Di conseguenza, l'asma rimane tra le prime 50 cause di anni globali di vita persi.

Con gli opportuni trattamenti la maggior parte dei pazienti è in grado di raggiungere un buon controllo della malattia che si traduce nell’assenza di sintomi diurni e notturni, riduzione o eliminazione della necessità di farmaci al bisogno, riacquisizione di una funzione respiratoria più o meno normale con la possibilità di avere una vita fisicamente attiva e produttiva con assenza di riacutizzazioni ovvero quelle condizioni nelle quali i sintomi

(13)

classici dell’asma diventano più consistenti e superano la normale fluttuazione periodica, potendo in alcuni casi esser causa di morte del paziente.

La correzione dei fattori di rischio modificabili e delle comorbidità (fumo, obesità, rinopatie, reflusso gastroesofageo, sindrome ansiosa, etc.) rappresenta il primo imprescindibile intervento da attuare nella gestione del paziente asmatico. Esso deve essere indirizzato al corretto inquadramento ed alla corretta gestione delle patologie concomitanti e consigliato su comportamenti e stili di vita adeguati come la perdita di peso, la sanificazione dell’ambiente domestico e la prevenzione del contatto con allergeni ambientali quando possibile.

Confermata la diagnosi e corretti i fattori di rischio, la terapia farmacologica dell’asma viene gestita attraverso un approccio graduale, che si articola in step: in base alla gravità clinica e funzionale della malattia verrà scelta la terapia di partenza, per poi effettuare gli adeguamenti

necessari valutando periodicamente il livello di controllo raggiunto(1)

.

Una terapia inalatoria regolare è prevista per quasi tutti i livelli di malattia. Solo per i pazienti con quadri di malattia lieve e intermittente ed assenza di fattori di rischio (meno di 1

sintomo a settimana, meno di 2 sintomi notturni al mese, FEV1> 80% predetto e/o variabilità

del PEF <20%) le linee-guida suggeriscono una terapia volta alla correzione dei sintomi con l’utilizzo di beta-2 agonisti a rapido meccanismo d’azione (evidenza di grado E), con la necessità di impostare una terapia regolare nel caso in cui questo tipo di approccio si riveli inefficace.

Il trattamento di scelta per tutti i pazienti è rappresentato dai corticosteroidi inalatori (ICS): le linee guida suggeriscono di partire con una dose medio-bassa per la maggior parte dei pazienti con asma sintomatico con rivalutazione a breve termine (dopo tre mesi) del livello di controllo raggiunto. Per un asma che persista non controllato nell’adolescente-adulto, il primo step di incremento di terapia consiste nell’aggiunta di un beta-2 agonista a lunga durata d’azione (LABA), preferibilmente sotto forma di preparato combinato ICS-LABA. In caso di mancato controllo verrà effettuato un incremento del livello di terapia tramite il raggiungimento di dosi medio alte di ICS-LABA. Livelli ulteriori di terapia, step 4-5 secondo linee guida GINA, richiedono utilizzo di corticosteroidi inalatori a dosi superiori rispetto a quelle raccomandate o corticosteroidi orali a basse dosi e terapie aggiuntive quali teofillina orale, anticolinergici a lunga azione (tiotroprio bromuro).

Il paziente che rimane non controllato nonostante elevati livelli di terapia viene considerato affetto da una forma morbosa grave e candidato a trattamenti di livello ulteriore con farmaci biologici prodotti tramite ingegneria genetica come anticorpi anti-IgE (Omalixumab) che mirano al blocco dell’attivazione mastocitaria o farmaci diretti contro le citochine

(14)

pro-infiammatorie della cascata infiammatoria della linea Th2: Mepolizumab, anti IL-5

attualmente approvato negli Stati Uniti e Lebrikizumab, anticorpo monoclonale umanizzato diretto contro l’IL-13. Questi trattamenti sono rivolti al momento a pazienti con marcata componente allergica od elevata infiammazione eosinofilia.

E’ molto importante prima di ogni step-up terapeutico rivalutare la diagnosi, controllare la tecnica inalatoria e l’aderenza terapeutica del paziente.

Figura 1: Approccio stepwise secondo GINA 2015. ICS: corticosteroidi inalatori; LABA: β2 agonisti a lunga azione; OCS: corticosteroidi orali.

(15)

ASMA GRAVE

La maggior parte dei pazienti asmatici riesce a raggiungere un buon controllo di malattia tramite la terapia farmacologica ed il trattamento farmacologico tradizionale. Esiste tuttavia un 5-10 % di pazienti che risulta non controllato e rientra nel quadro diagnostico di asma grave.

Nel 2010 la World Health Organization (WHO) ha definito questa condizione come “asma non controllato che può comportare frequenti gravi esacerbazioni (o il decesso) e/o reazioni avverse alle terapie e/o morbilità cronica (come perdita di funzione polmonare e nei bambini

la riduzione nello sviluppo polmonare)” (2)

.

Vengono riconosciuti tre gruppi differenti che, peraltro, evidenziano l’incapacità di garantire in tutto il mondo le cure adeguate previste, indipendentemente dalle condizioni socio-economiche del singolo caso:

• Asma grave non trattato

• Asma grave di difficile trattamento

• Asma grave resistente al trattamento. Qui si riconosce un ulteriore suddivisione: o Asma il cui controllo può essere mantenuto soltanto con il più alto livello di

trattamento raccomandato

o Asma il cui controllo non si raggiunge neanche con il più alto livello di

(16)

Nello stesso documento della WHO si è preso atto della differenza esistente tra i concetti di severità e livello di controllo della malattia, in passato utilizzati in modo interscambiabile e qui definiti in modo standardizzato, vista la loro fondamentale importanza per il corretto inquadramento dei pazienti, con risvolti sia clinici che di ricerca. La severità dell’asma rappresenta la gravità intrinseca del processo patologico, e viene stabilita in modo retrospettivo in base al livello di trattamento richiesto per controllare sintomi ed esacerbazioni.

Il controllo di malattia è il grado di successo al quale riesce a condurre la terapia in atto, successo valutato in base alla frequenza e l’intensità dei sintomi diurni e notturni, alla necessità di ricorrere al farmaco di emergenza, alla limitazione nelle attività quotidiane e alla funzione polmonare.

Un altro concetto importante e che rientra nella definizione di asma grave, è quello di rischio futuro, cioè il rischio per il paziente di avere una scarsa prognosi: come già detto, questo fa riferimento alla probabilità di sviluppare esacerbazioni, morbilità cronica e/o reazioni avverse ai farmaci specifici. Nell’ambito dei fattori di rischio per riacutizzazioni di malattia, se ne distinguono alcuni “potenzialmente modificabili” come ad esempio, terapie non adeguate o non adeguatamente seguite dai pazienti, obesità, esposizioni critiche sui quali perciò esiste margine di azione.

In questo modo gli obiettivi cardine nel trattamento dell’asma, e in particolare nella gestione del paziente con asma grave, diventano due: il raggiungimento del controllo clinico e

(17)

Nel 2014 le linee guida internazionali ERS/ATS hanno proposto una nuova definizione di asma grave identificandola come quella malattia che nell’ultimo anno ha richiesto un livello di trattamento 4 o 5 secondo gli step GINA (alte dosi di corticosteroidi inalatori, definite in base all’età del paziente, associate ad altri farmaci, quali β2 agonisti a

lunga durata o antileucotrienici o teofillina), oppure corticosteroidi sistemici per più degli ultimi sei mesi, per prevenire l’eventuale passaggio ad una forma “non controllata”, o che è rimasta “non controllata” nonostante questa terapia. In questa definizione rientrano anche quei pazienti che attualmente hanno interrotto per inefficacia uno schema terapeutico come quello visto (3)

.

Per asma non controllato si intende la presenza di almeno uno dei seguenti:

• Scarso controllo dei sintomi: punteggio al questionario ACQ >1,5 o al questionario ACT <20 oppure “sintomi non controllati” secondo la classificazione GINA (almeno tre tra: più di 2 sintomi/settimana, risvegli notturni a causa dell’asma, farmaci al bisogno necessari più di 2 volte/settimana, limitazione di attività)

• Riacutizzazioni frequenti: due o più cicli di corticosteroidi sistemici (>3 giorni) negli ultimi 12 mesi

• Riacutizzazioni gravi: almeno una ospedalizzazione, ricovero in terapia intensiva o ventilazione meccanica negli ultimi 12 mesi

• Limitazione del flusso aereo: dopo broncodilatatore, volume respiratorio forzato nel

primo secondo di espirazione (FEV1)<80% del predetto.

In sintesi la definizione di asma grave prodotta dalle due società ERS e ATS si focalizza sulla mancata risposta o insensibilità alle terapie attualmente disponibili. L’asma grave è responsabile di gran parte dei costi legati all’asma, sia diretti che indiretti: è stato stimato che questa minoranza di pazienti rende conto di oltre il 50% dell’intera spesa sanitaria per l’asma.

Il programma SARP (Severe Asthma Research Program) ha dimostrato una differenza statisticamente significativa nell’utilizzo delle risorse sanitarie tra pazienti con asma lieve e moderata e pazienti con asma grave: questi ultimi hanno un tasso di ospedalizzazione di circa il 30% l’anno e nel 23% dei casi una storia di intubazione; inoltre hanno un tasso di comorbidità maggiore, come ad esempio l’incidenza di polmoniti che

richiedono poi un trattamento antibiotico è stimata intorno al 63% (4)

.

Risulta evidente inoltre il pesante impegno emotivo e l’impatto psicologico che l’asma grave causa alle persone affette: quasi un terzo di esse afferma di aver avuto umore

(18)

“depresso” a causa della patologia nell’arco dell’ultimo mese ed il 40% ha menzionato una sensazione di ansia.

Anche la partecipazione ad attività sportive e ludiche è fortemente influenzata dall’asma grave: il 50% del campione ha dichiarato di non poter praticare sport o attività fisica a causa della propria malattia, e talvolta anche semplici faccende domestiche come il giardinaggio o le pulizie risultano ostacolate, se non impossibili, perché potrebbero provocare un attacco.

(19)

FENOTIPI DELL’ASMA

L’asma non è una singola malattia: esiste un’enorme variabilità nella presentazione clinica, nelle caratteristiche fisiopatologiche, biologiche e nella prognosi.

Lo storico modello dell’asma come malattia allergica associata ad un’infiammazione promossa da linfociti T helper-2 che determina iperreattività e ostruzione reversibile delle vie aeree è stato superato di fronte al frequente fallimento nel controllo dei sintomi asmatici da parte di terapie basate proprio su questo presupposto fisiopatologico. Esso infatti non è in grado di spiegare la percentuale di pazienti refrattari al trattamento standard, le frequenti riacutizzazioni, la persistente iperreattività bronchiale ed il rimodellamento delle vie aeree che si manifesta clinicamente con la persistente limitazione al flusso aereo nonostante livelli massimi di terapia inalatoria (5)

.

Per indagare meglio l’eterogeneità dell’asma è stato introdotto il concetto di “fenotipo”: l’insieme delle caratteristiche osservabili di un individuo, che risultano dall’interazione tra il patrimonio genetico dello stesso ed i fattori ambientali, che sono relativamente stabili nel tempo, anche se non immutabili.

I primi studi relativi al processo di fenotipizzazione dell’asma si sono basati fortemente sugli aspetti clinici della malattia, come l’età di presentazione, lo spettro e l’intensità dei sintomi, la risposta ai trattamenti, i fattori eziologici e scatenanti, il grado e il tipo di infiammazione.

Sono stati così definiti diversi fenotipi asmatici, ma queste valutazioni inziali risentivano di un errore intrinseco rappresentato dal fatto che sono fortemente basate sull’esperienza del clinico. Attualmente invece vengono integrati agli aspetti clinici quelli biologici e strumentali, che comprendono le caratteristiche molecolari, cellulari, morfologiche e funzionali del singolo paziente, con l’obiettivo di orientare l’approccio terapeutico e migliorarne i risultati.

I risultati finora ottenuti hanno portato alla definizione di alcune ampie categorie, parzialmente sovrapposte, nelle quali si distinguono fenotipi:

• clinici o fisiologici

• correlati ai fattori scatenanti • morrelati al tipo di infiammazione • molecolari

(20)

Fenotipi clinici

Nell’ambito dei fenotipi clinici si possono individuare fenotipi che si differenziano per: • Gravità: come già accennato precedentemente, il concetto di gravità definisce la

severità intrinseca del processo patologico, e può essere definita in base al grado di controllo attuale, al numero e alla gravità delle riacutizzazioni, alla funzione polmonare, al tipo di trattamento e risposta ad esso, al livello di rischio del paziente. Il rapporto GINA 2015, come in passato, continua a distinguere tre livelli di gravità dell’asma, in base allo step terapeutico necessario per ottenere il controllo dei sintomi: asma lieve con step 1 o 2, asma moderato con 3, asma grave con step 4 o 5. • Elevato rischio di riacutizzazioni: esse affliggono più frequentemente i pazienti con

asma grave: 50% dei casi rispetto al 30% di pazienti con asma moderato. Lo scarso controllo di malattia è sicuramente uno dei fattori favorenti più importanti, ma assieme ad esso sono stati identificati diversi fattori di rischio indipendenti, presenti anche di fronte all’assenza di sintomi: una storia di recenti riacutizzazioni (almeno una negli ultimi 12 mesi), inadeguata aderenza alla terapia, basso livello socio-economico, esposizione al fumo di sigaretta, infezioni virali e molte delle comorbidità legate alla patologia di base (reflusso gastro-esofageo, patologia nasale, aumento del peso corporeo). Inoltre, un altro fattore di rischio è rappresentato da bassi valori di FEV1 in rapporto al predetto, e in particolar modo FEV1<60%

(1, 6)

. Oltre che per la frequenza, le riacutizzazioni dell’asma lieve/moderato e dell’asma grave si differenziano anche per la gravità e l’impegno terapeutico richiesto. Circa il 66% dei pazienti con asma moderato ha avuto un accesso al pronto soccorso nel corso della vita, ma queste riacutizzazioni nella maggior parte dei casi sono state controllate efficacemente con la terapia del caso, senza richiedere ricovero. Al contrario più del 40% dei pazienti con riacutizzazioni di asma grave ha avuto

bisogno di un trattamento in terapia intensiva, di cui il 12% nell’ultimo anno(7)

. • Presenza di limitazione cronica del flusso aereo: un soggetto adulto sano non

fumatore perde mediamente 15-20 ml di FEV1 ogni anno. Alcuni pazienti asmatici

possono andare incontro ad un declino accelerato della funzione polmonare e sviluppano limitazione del flusso aereo non completamente reversibile dopo broncodilatatore. Fattori di rischio indipendenti per questo fenotipo sono l’insorgenza tardiva di malattia (>12 anni), l’esposizione al fumo di sigaretta o altri agenti nocivi anche di origine occupazionale, l’ipersecrezione mucosa cronica,

(21)

l’elevata incidenza di riacutizzazioni, un basso FEV1 iniziale, l’iperreattività

bronchiale e l’ipereosinofilia ematica o su espettorato (8)

.

Si tratta quindi soprattutto di pazienti con asma grave, nei quali si suppone l’instaurarsi di uno sproporzionato interessamento delle piccole vie aeree con quadri

di air trapping (riduzione di FVC rispetto al rapporto FEV1/FVC).

Per quanto riguarda i meccanismi biologici che sono alla base della persistenza di ostruzione del flusso aereo, si ritiene che entrino in gioco fenomeni di rimodellamento delle vie aeree.

• Asma resistente al trattamento: si tratta cioè di forme corticoresistenti, definite da un miglioramento del FEV1 inferiore al 15% dopo un ciclo di prednisone (40mg/die)

per 14 giorni, in soggetti che presentano un incremento del FEV1 di oltre il 15%

dopo somministrazione di salbutamolo (a dimostrazione che non si tratta di ostruzione cronica del flusso aereo) (9)

. Tutto questo comporta notevoli difficoltà nella gestione clinica. La resistenza farmacologica è completa solo in rari casi, perciò i pazienti vengono trattati con ICS/LABA a dosi superiori rispetto a quelle utilizzate nella terapia abituale oppure con corticosteroidi orali, con il conseguente aumento dei possibili effetti collaterali. Il meccanismo d’azione dei corticosteroidi prevede il legame ad un recettore citosolico (GR) con conseguente attivazione e traslocazione di esso nel nucleo cellulare dove a sua volta lega il DNA inducendo l’espressione di geni che codificano per proteine antinfiammatorie o che agiscono indirettamente attraverso co-repressori inibendo vie molecolari come quella di NFkB o AP-1.

La resistenza ai corticosteroidi può essere causata dall’ostacolato legame ai recettori citosolici, dalla ridotta espressione degli stessi, l’attivazione di vie pro-infiammatorie o l’inattività dei co-repressori. Lo studio SARP ha dimostrato nelle cellule mononucleate del sangue periferico un’eccessiva attivazione di proteine chinasi attivate da mitogeni e una ridotta attività di istone-deacetilasi nucleari e istone acetil-transferasi. Sono stati riconosciuti diversi meccanismi che possono determinare questi eventi, come lo stress ossidativo legato al fumo di sigaretta, oppure un’infiammazione dominata da un pattern di citochine T-helper 2.

Altri studi hanno individuato corrispondenza statistica tra lo stato di corticoresistenza e la predisposizione genetica a produrre alti livelli di IL-4 (per es. a causa della mutazione C-589T sul gene promotore che agisce attraverso meccanismi

(22)

ancora non chiari, l’esposizione ad alcuni allergeni paziente-specifici e a vari superantigeni microbici, ed infine a un’infiammazione di tipo neutrofilico (è noto che i neutrofili, a differenza degli eosinofili, sono costitutivamente resistenti ai corticosteroidi) (10)

.

• In base all’età di insorgenza: utilizzando come limite l’età di 12 anni è possibile distinguere un’asma “early-onset” da una “late-onset”

Diversi studi hanno messo in evidenza che i soggetti con asma ad insorgenza tardiva costituiscono un gruppo più eterogeno rispetto a quelli ad insorgenza precoce ed hanno una minore probabilità di essere atopici, di avere una storia familiare di asma e di mantenere una funzione respiratoria normale nel tempo(9, 11, 12)

. Inoltre essi tendono ad avere una funzione polmonare inferiore nonostante una durata di malattia relativamente breve. In un sottogruppo di questi pazienti con caratteristiche di asma grave si è trovata più frequentemente una infiammazione eosinofilica persistente delle vie aeree, questo a suggerire l’esistenza di meccanismi patogenetici diversi rispetto a quelli causa di asma moderato (9,13)

.

 

Fenotipi correlati ai fattori scatenanti

E’ possibile identificare un’altra categoria fenotipica di pazienti asmatici prendendo in considerazione gli stimoli scatenanti gli episodi acuti ed individuando l’esistenza di precisi rapporti causa-effetto tra l’esposizione a determinati stimoli e l’insorgenza della sintomatologia.

In questa categoria rientrano:

• Asma allergico: viene anche definito asma estrinseco e rappresenta probabilmente il fenotipo più frequente di asma.

Risulta critica per il suo sviluppo l’interazione tra predisposizione genetica individuale ed ambiente: da essa scaturisce il processo di sensibilizzazione allergica con una preponderante produzione di IL-4 che determina attivazione dei fattori nucleari STAT-6 e GATA-3 ed in ultima analisi lo sviluppo di una risposta

immunitaria di tipo Th2, reazioni immunologiche IgE-mediate, reclutamento di

cellule eosinofile con conseguente flogosi ed iperreattività bronchiale. Il meccanismo alla base delle malattie atopiche in generale, e quindi anche dell’asma allergico, si basa sull’attivazione delle cellule Th2 che stimolano l’infiammazione

(23)

attraverso la produzione di citochine come IL-4, IL-5 e IL-13. IL-4 e IL-13 inducono la differenziazione dei linfociti B in plasmacellule secernenti IgE, immunoglobuline citofile che poi andranno a determinare l’attivazione di mastociti con la liberazione di mediatori quali istamina, eparina, leucotrieni e PAF, mentre IL-5 ha effetto chemiotattico e proliferativo sugli eosinofili che rilasceranno potenti mediatori come la proteina basica maggiore (MBP) e la proteina cationica degli eosinofili (ECP).

Tutto questo si manifesta clinicamente nell’attacco acuto di asma determinato dalla stimolazione su mucosa e parete bronchiale, con aumentata produzione di secrezioni mucose e sviluppo di edema e broncocostrizione.

Successivamente, a causa del mantenimento di alcuni di questi meccanismi anche indipendentemente dall’esposizione all’allergene (ad esempio gli eosinofili sono in grado di produrre in maniera autocrina IL-5), si determina uno stato di iperreattività bronchiale e si possono avviare processi di cronicizzazione e rimodellamento delle vie aeree (14)

.

Alcuni studi hanno indagato i fattori genetici che possono essere chiamati in causa nello sviluppo dell’asma allergico: complessivamente si sono trovate associazioni con SNPs (single nucleotide polymorphisms) di geni codificanti per fattori sia dell’immunità innata che acquisita come ad esempio: IL-13 Arg130Gln;

IL4 589C/T, +33C/T; polimorfismi di GATA3 (necessario per lo switch Th2)

(15, 16)

. Gli allergeni più comunemente chiamati in causa comprendono acari, animali (cane, gatto, coniglio), miceti (alternaria), piante erbacee (graminacee, urticacee, composite, etc.) ed arboree (oleacee, betulacee, etc.). È importante sottolineare che la poli-sensibilizzazione aumenta il rischio e la gravità dell’asma.

Per quanto riguarda le caratteristiche cliniche prevalenti, si tratta solitamente di pazienti giovani o comunque con un esordio precoce di malattia, più frequentemente di sesso maschile, con familiarità per malattie allergiche. Può risultare importante l’allontanamento dell’agente causale, generalmente rispondono in maniera ottimale alle terapie steroidee, inoltre è possibile avvalersi di strategie particolari come l’immunoterapia specifica e nei casi più particolari terapie monoclonali anti-IgE (Omalizumab).

Studi epidemiologici sull’asma grave stanno evidenziando che meno frequentemente

rispetto all’asma moderato si associa ad atopia(5)

(24)

• Asma indotto da aspirina: si stima che il 5-10% dei pazienti adulti asmatici appartenga a questo fenotipo, caratterizzato principalmente da infiammazione cronica eosinofilica delle alte e basse vie aeree e presenza di riesacerbazioni legate all’assunzione di aspirina o altri FANS. Clinicamente troviamo nella gran parte dei casi l’associazione di un asma moderato/grave con perdita di funzione polmonare, rinosinusite cronica e poliposi nasale recidivante (AERD, aspirin-exacerbated respiratory disease). Il tutto insorge preferenzialmente in età adulta (generalmente entro i 40 anni) e con maggior interessamento di pazienti di sesso femminile. Alla base di questo fenotipo sono presenti meccanismi ancora non chiari che conducono ad un’intensa infiltrazione della mucosa respiratoria da parte di eosinofili e mastociti, i quali sintetizzano leucotrieni, istamina, triptasi e PGD-2 che ha azione vasodilatante e broncocostrittrice. In questi pazienti è stata rilevata una ridotta produzione di lipoxine che antagonizzano l’azione proinfiammatoria dei leucotrieni e un’aumentata espressione di determinati recettori per i leucotrieni (cysLTR), altamente responsivi ai LTE2. Questo stato infiammatorio è parzialmente modulato dalla sintesi di PGE-2 da parte di COX-1. Infatti PGE-2 inibisce parzialmente la conversione da parte delle 5-lipossigenasi dell’acido arachidonico in LTA-2 e blocca il rilascio di istamina e triptasi dai mastociti. Il blocco di COX-1 da parte di ASA o altri FANS determina di conseguenza un massivo rilascio di istamina, triptasi e leucotrieni. In letteratura sono presenti molti studi che hanno indagato i meccanismi genetici responsabili di questi eventi, senza che si sia arrivati a conclusioni definitive: i risultati sembrano cambiare nelle differenti popolazioni, il che sembra suggerire l’importanza dei fattori ambientali. Inoltre dato che l’ipersensibilità all’aspirina viene acquisita nella maggior parte dei casi in età adulta, l’ipotesi è che alla base siano presenti modificazioni epigenetiche: ad esempio è stato dimostrato che il gene PGE-2 nei polipi nasali dei pazienti AERD risulta ipermetilato rispetto ai controlli (17)

. I pazienti con diagnosi di AERD dovrebbero evitare di assumere aspirina o FANS inibitori di COX-1, scegliendo in caso di necessità inibitori COX-2 o paracetamolo e prestando comunque attenzione alla comparsa eventuali effetti avversi.

La terapia dell’asma da aspirina rimane legata essenzialmente ai corticosteroidi inalatori, anche se talvolta diventa necessario ricorrere ad una terapia sistemica. Inoltre la gestione del paziente necessita anche dell’intervento dello

(25)

specialista otorinolaringoiatra e frequentemente vengono eseguiti interventi chirurgici per il trattamento della poliposi nasale.

Una valida alternativa sembra essere la desensibilizzazione, che viene effettuata in centri specialistici tramite somministrazione quotidiana di piccole dosi di aspirina, secondo protocolli in via di definizione. Attualmente ci sono pochi studi che dimostrano l’efficacia di questo approccio in pazienti non responsivi alla terapia

medica e chirurgica, e risultano necessari ulteriori studi di conferma (18)

.

• Asma occupazionale: si stima che il 5-20% delle nuove diagnosi di asma poste in età adulta sia legato all’esposizione occupazionale ad allergeni o altre sostanze sensibilizzanti. Avvenuta la sensibilizzazione ad una sostanza occupazionale, il livello di esposizione necessario per indurre la comparsa dei sintomi si riduce in maniera progressiva: di conseguenza le riesacerbazioni diventano più frequenti e gravi, ed un’esposizione persistente può causare l’instaurazione di una limitazione

cronica del flusso aereo, con uno scarso outcome complessivo (19)

.

Sono stati identificati tre sottofenotipi: l'asma occupazionale indotta da un meccanismo IgE mediato che si manifesta con un periodo di latenza dall'esposizione a sostanze di alto peso molecolare (ad esempio farine e proteine animali) e basso peso molecolare (come l’anidride trimellitica, utilizzata per la produzione di smalti isolanti, vernici in polvere e plastificanti); asma occupazionale con meccanismo immunologico senza presenza di IgE, più frequentemente causato dall'esposizione a sostanze a basso peso molecolare (es. isocianati che compongono tra le varie cose isolanti termici e pesticidi; acido plicatico presente in alcune polveri di legno); infine abbiamo una forma di asma occupazionale non immunomediata, legata a sostanze irritanti (es. gas quali anidride solforosa, ozono, biossido di azoto)che agiscono stimolando direttamente le terminazioni nervose vagali oppure i recettori della muscolatura liscia bronchiale.

• Asma associato a ormoni: l’esistenza di un possibile ruolo degli ormoni sessuali nell’eziopatogenesi dell’asma è suggerita dai dati epidemiologici che mostrano una maggior incidenza di malattia nel sesso maschile prima della pubertà e, successivamente, una netta prevalenza nel sesso femminile che si mantiene in tutta

l’età adulta, associata spesso ad una maggiore severità (20)

(26)

Secondo una studio condotto congiuntamente dai ricercatori del Melbourne's Walter and Eliza Hall Institute (Australia) e del Physiopathology Center of Toulouse-Purpan (Francia) il testosterone sarebbe un potente inibitore di una classe di linfociti di recente scoperta, chiamati ILC2. Queste cellule immunitarie, presenti in diversi organi tra cui polmoni e cute, in risposta ad allergeni come pollini, polvere o sostanze irritanti come il fumo di sigaretta, producono proteine che stimolano la risposta infiammatoria. Il testosterone inibisce la proliferazione dei linfociti ILC2, che risultano pertanto maggiormente attivi nei soggetti di sesso femminile. La scoperta potrebbe portare allo sviluppo di nuovi trattamenti contro l'asma allergico, che imitino questo stesso meccanismo di soppressione ormonale.

Inoltre il ruolo degli ormoni è dimostrato dalla presenza di un possibile aggravamento dei sintomi in determinate fasi del ciclo mestruale, soprattutto in fase luteinica, a cui corrispondono chiare modificazioni funzionali: circa il 30% delle

pazienti ha una riduzione del PD20FEV1, vi è una riduzione media del picco di flusso

del 20% ed infine è stato riscontrato un decremento della diffusione alveolo-capillare(21)

.

Un altro dato interessante riguarda il cambiamento del grado di controllo dell’asma durante la gravidanza: circa un terzo delle pazienti ha un peggioramento di malattia, un terzo al contrario migliora e un terzo rimane stabile. L’incremento delle riacutizzazioni e la perdita di controllo possono essere dovuti a cambiamenti ormonali, ma anche a fattori meccanici e alla sospensione o riduzione delle terapie idonee spesso causata dalla paura di assumere farmaci durante la gravidanza. Il peggioramento dell’asma è associato a complicanze materne e fetali (parto pretermine, basso peso alla nascita, etc.), per questo è fondamentale gestire correttamente queste pazienti senza interrompere la terapia per il controllo della patologia asmatica eventualmente vertendo su farmaci che hanno avuto un periodo di osservazione più lungo.

• Asma correlato ad esercizio fisico: lo sforzo fisico rappresenta per molti pazienti uno stimolo scatenante la sintomatologia asmatica. L’attività fisica induce fisiologicamente una transitoria broncodilatazione, probabilmente mediata dal rilascio di catecolamine, seguita da una normalizzazione a fine esercizio ed è in questo momento che nei pazienti che fanno parte di questa categoria si sviluppano la

(27)

bronchoconstriction). Senza trattamento, l’attacco può durare da 30 a 90 minuti. In questo meccanismo patogenetico un ruolo cruciale sembra essere quello dei leucotrieni: nell’espettorato si trovano alti livelli di cysLTs e un aumentato rapporto cysLTs/PGE-2. La contrazione delle cellule muscolari lisce e l’aumento delle secrezioni è inoltre legata a trasmissione assonale retrograda da parte di fibre

nervose sensitive che rilasciano neurokinina A (22)

.

Figura 2: Modello patogenetico della EIB. (T.S. Hallstrand - Curr Opin Allergy Clin Immunol; 2012 )

• Asma associato a tabagismo: circa il 20% dei pazienti asmatici è fumatore abituale. In questo gruppo si registrano mediamente quadri più severi di malattia, un declino più rapido della funzione polmonare e un maggior tasso di ospedalizzazione a causa di riacutizzazioni “quasi fatali”.

Inoltre i pazienti appartenenti a questo fenotipo presentano altre caratteristiche ricorrenti come l’infiammazione non eosinofilica delle vie aeree e la scarsa risposta ai corticosteroidi inalatori: in confronto ad asmatici non fumatori, i pazienti fumatori non hanno cambiamenti significativi del picco espiratorio di flusso

(PEF), del FEV1 e della PD20FEV1 dopo assunzione di una dose standard di

fluticasone per via inalatoria (23)

.

I meccanismi responsabili della relativa corticoresistenza di questa categoria di pazienti non sono perfettamente noti. Il fumo danneggia le vie aeree tramite svariati meccanismi, tra cui tossicità diretta e attività pro infiammatoria legata anche

(28)

all’alterata produzione di citochine regolatorie: in questo modo può ostacolare l’azione anti-infiammatoria degli steroidi. Esso inoltre induce un’aumentata produzione di secrezioni, con disfunzione dei sistemi di clearance potendo compromettere l’azione topica dei farmaci inalatori. Infine sembra che possa interferire direttamente a livello molecolare con i meccanismi d’azione dei corticosteroidi (24)

.

Fenotipi correlati al tipo di infiammazione

La terza categoria fenotipica si basa sulla tipologia di cellula infiammatoria presente prevalentemente nell’espettorato dei pazienti asmatici.

Figura 3: Classificazione basata sul pattern infiammatorio riscontrato nell'espettorato. (Haldar e Pavord - J Allergy Clin Immunol; 2007)

• Asma eosinofilico: storicamente si è sempre ipotizzato un ruolo centrale degli eosinofili nell’infiammazione delle vie aeree del paziente asmatico.

E’ stata infatti dimostrata la loro presenza in campioni di biopsie bronchiali di pazienti asmatici e di elevati livelli dei loro prodotti di degranulazione (come la proteina cationica degli eosinofili, ECP) nel liquido di lavaggio bronco-alveolare. Rilevante è l’osservazione del miglioramento dell’infiammazione eosinofilica delle vie aeree secondario all’utilizzo di corticosteroidi inalatori, così come il peggioramento della stessa dopo esposizione a fattori che scatenano le

(29)

riacutizzazioni di malattia ( 25 )

. Sono presenti elevati livelli di eosinofilia nell’espettorato in oltre il 70% dei pazienti con asma non trattato e nel 50% dei pazienti in trattamento con corticosteroidi (non c’è un cut-off univocamente riconosciuto, secondo Haldar e coll. è 1.9% (26)

). Si tratta di pazienti atopici, con variabile gravità di malattia, ma in media maggiormente sintomatici e a maggior rischio di riacutizzazioni rispetto a coloro che hanno normali livelli di eosinofili.Inoltre si registra notevole comorbilità con la patologia rinosinusale.

La sovrapposizione tra fenotipo eosinofilico ed allergico è frequentemente presente: come descritto nel paragrafo corrispondente, l’infiammazione eosinofilica è conseguenza dell’attivazione di mastociti e cellule T con il rilascio di citochine del pattern Th2. Tra le varie citochine in gioco troviamol’IL-13 che è responsabile, tra

l’altro, dell’induzione dell’enzima NO sintetasi (iNOS): la misura non invasiva dell’ossido nitrico nell’aria espirata (FeNO) può essere considerata marker surrogato di infiammazione eosinofilica delle vie aeree. Tuttavia questa valutazione non è attendibile nel paziente fumatore, dove troviamo valori più bassi, e può essere alterato da concomitanti infezioni respiratorie. Per questo motivo e per la mancanza di studi a riguardo, allo stato attuale non è raccomandato basare le scelte terapeutiche sui livelli di FeNO, anche se comunemente si osserva una buona risposta ai corticosteroidi inalatori in pazienti non fumatori con alti valori di FeNO (> 50 ppb, cut off: >25ppb).

• Asma neutrofilico: si tratta di un fenotipo stabile caratterizzato da elevati livelli di neutrofili nell’espettorato (cut-off > 40%), che si riscontra più frequentemente in pazienti non atopici, con obesità ed esordio tardivo di malattia. Inoltre è stata osservata una stretta associazione fra l’infiammazione neutrofila delle vie aeree e l’asma grave, le riacutizzazioni asmatiche, l’asma notturno, fatale e l’asma resistente ai corticosteroidi. Associazioni meno strette ma comunque presenti sono con il fumo di sigaretta e l’esposizione occupazionale a sensibilizzanti di basso peso molecolare. I neutrofili possono inoltre sostituire gradualmente gli eosinofili in proporzione alla gravità e/o alla durata della malattia. Uno studio di Hauber del 2003 ha messo in evidenza come, in seguito a trattamento con un corticosteroide (flunisolide) per via inalatoria, sia stata osservata una notevole riduzione di IL-5, eotassina ed eosinofili nelle vie aeree centrali e periferiche associata ad un corrispondente aumento del numero di neutrofili a tale livello, mentre il numero di linfociti è rimasto invariato. Nguyen e coll.(27)

(30)

contribuire alla neutrofilia: è stato riscontrato nei pazienti con asma moderato un aumento della concentrazione di neutrofili secondariamente all’assunzione di corticosteroidi orali, ma non inalatori. Questo potrebbe spiegare gli elevati livelli di neutrofili nelle vie aeree osservati in pazienti con asma grave trattati con cortisonici sistemici.

L’asma neutrofilico porta con sé notevoli implicazioni terapeutiche, in quanto è uno dei fattori più importanti nel predire una scarsa risposta ai corticosteroidi inalatori(28)

.

In definitiva, numerosi studi sull’asma non eosinofilo hanno evidenziato i neutrofili quali cellule predominanti, associati ad aumentati livelli di IL-8 nonché profilo infiammatorio e cellulare simile all’asma occupazionale. Pertanto l’asma di qualsiasi grado di gravità può avere una predominanza di neutrofili nelle vie aeree, che configurano così una variante di asma e non un marker di gravità.

L’asma eosinofilo è invece caratterizzato da un aumento dei linfociti Th2

CD4+ che orchestrano la degranulazione delle mastcellule coinvolte nel broncospasmo acuto e l’infiammazione eosinofila che caratterizza le vie aeree dei pazienti asmatici. L’asma con eosinofilia rappresenta un evento guidato da CD4/interleuchina-5, mentre l’asma con neutrofilia è generalmente mediato dall’interleuchina-8 ed è innescato da infezioni virali, inquinanti ambientali o endotossine batteriche. E’ importante, pertanto, differenziare i due gruppi, soprattutto per quanto riguarda le implicazioni terapeutiche. I corticosteroidi, altamente efficaci nel risolvere l’infiammazione eosinofila, non sono altrettanto validi nell’infiammazione neutrofila. In quest’ultimo caso caso, contrariamente all’apoptosi indotta nell’infiammazione eosinofila, possono facilitare l’arrivo e la sopravvivenza dei neutrofili nelle vie aeree. Per quanto concerne la patologia asmatica e la funzione polmonare, come accennato precedentemente più spesso il fenotipo neutrofilico corrisponde a pazienti con asma grave e con limitazione cronica del flusso aereo, anche se è possibile riscontrare questo fenotipo in pazienti con asma di minore gravità.

Sono presenti differenze tra asma eosinofilico e neutrofilico riguardo lo spessore della parete delle vie aeree: studi TC hanno mostrato spessori normali nei pazienti neutrofilici con dilatazione dei bronchi prossimali, al contrario dei pazienti eosinofilici (27)

.

Dal punto di vista eziopatogenetico si ritiene che questo fenotipo sia sostenuto dall’attivazione del sistema immunitario innato, secondaria all’esposizione ad

(31)

endotossine batteriche, infezioni virali, costituenti del fumo di sigaretta o a diversi agenti occupazionali. Tra i fattori molecolari coinvolti troviamo l’IL-8 che ha effetto chemiotattico sui neutrofili e ne promuove l’attivazione, i Tool-like-Receptors 2 e 4

responsabili del legame alle endotossine, ed altre citochine tra cui TNF-α e IL1-β(29)

.

• Asma con pattern infiammatorio misto: sono soggetti che presentano contemporaneamente un’infiammazione eosinofilica e neutrofilica. Precedentemente classificati nel contesto dei due fenotipi corrispondenti, oggi questi pazienti sono considerati come fenotipo indipendente, caratterizzato da una spiccata sintomaticità, dal peggior grado di controllo dell’asma, la più bassa funzione polmonare e le maggiori richieste di risorse sanitarie (30)

.

• Asma con scarsa componente infiammatoria: rientrano in questo gruppo quei pazienti con bassi livelli di cellule infiammatorie nelle vie aeree (neutrofili, eosinofili e linfociti). Il meccanismo patogenetico alla base di questo fenotipo risulta poco chiaro: non è accertata l’effettiva assenza di infiammazione, o la sua presenza ma a bassi livelli, oppure se essa abbia un ruolo secondario rispetto al rimodellamento delle vie aeree.Si ritiene che possa essere implicata l’attivazione di elementi cellulari residenti come cellule muscolari lisce e fibroblasti, che diventano responsabili della disfunzione delle vie aeree.

(32)

Figura 4: Principali fenotipi infiammatori di asma e loro relazione con i sintomi (Haldar et al., Am.J.Respir.Crit.Care Med, 2008)

Fenotipi molecolari

Un campo in cui la ricerca si è concentrata in tempi più recenti è quello riguardante la definizione dei fenotipi molecolari dell’asma. Lo scopo è quello di caratterizzare a livello molecolare quali sono i processi genetici e biologici responsabili nelle varie forme di malattia.

Attualmente, si distinguono due fenotipi molecolari: asma Th2 mediato e asma non Th2, che

si dividono in modo quasi omogeneo la popolazione asmatica (50:50), di questi soltanto il primo è stato studiato in maniera approfondita.

Il fenotipo Th2 si sovrappone ampiamente al fenotipo eosinofilico presentando

eosinofilia nell’espettorato, elevati livelli di IgE circolanti ed IL-5 e -13 tissutali, fibrosi sottoepiteliale e spiccata iperreattività bronchiale. Esso è stato dapprima identificato in vitro, su colture di cellule epiteliali, e poi verificato su campioni di cellule epiteliali ottenute con brushing in pazienti con asma lieve e moderato che non avevano mai effettuato terapie corticosteroidee. In questo fenotipo di pazienti l’IL-13 induce l’upregolazione di tre geni: periostina (POSTN), regolatore del canale del cloro (CLCA1) e inibitore della serpina (SERPINEB2). Nella pratica clinica esiste la necessità di utilizzare biomarcatori valutabili attraverso metodiche meno invasive, e in questo caso è dimostrata una forte correlazione tra l’espressione dei suddetti geni e il dosaggio nell’espettorato delle citochine Th2 correlate,

(33)

quali IL-4, -5 e -13. Esiste anche la possibilità di misurare la periostina nel sovranatante dell’espettorato (31)

.

Recentemente al concetto di fenotipo è stato affiancato quello di “endotipo” che rappresenta il meccanismo determinante definito funzionalmente e patologicamente da vie molecolari o dalla risposta al trattamento (32)

. Come analizzato precedentemente un fenotipo descrive l’insieme dei "caratteri osservabili" che nel contesto dell'asma sono rappresentati dalle caratteristiche cliniche, fisiologiche, morfologiche e biochimiche, nonché dalla risposta ai differenti trattamenti. Anche se i fenotipi sono di solito clinicamente rilevanti non forniscono alcuna comprensione dei processi molecolari sottostanti che hanno causato l’estrinsecarsi della patologia. Il termine endotipo indica «un sottotipo di una condizione definita da un meccanismo funzionale o fisiopatologico distinto». Gli endotipi rappresentano quindi una diversa forma di classificazione rispetto ai fenotipi e descrivono entità distinte di malattia con una definizione etiologica e/o un meccanismo fisiopatologico costante.

Quindi, insieme al patrimonio genetico ed alle influenze ambientali, l'endotipo è in grado di spiegare la presentazione clinica, l'epidemiologia e la risposta a diversi trattamenti. È stato suggerito che l'asma sia costituito da 6 endotipi, sebbene attualmente i meccanismi sottostanti di molti di essi siano poco compresi, si pensa che la loro definizione consentirà di individuare nuovi target terapeutici e biomarcatori importanti per modificare la storia naturale della patologia. Inoltre, la definizione dello specifico endotipo può aiutare a predire la risposta al trattamento e quindi facilitare le migliori decisioni di gestione con i trattamenti attualmente disponibili.

Ogni endotipo può comprendere diversi fenotipi proprio come alcuni fenotipi possono essere presenti in più di un endotipo. Ciascun endotipo rappresenta il risultato di un determinato meccanismo patogenetico molecolare ed è distintamente diverso dagli altri

(33,34)

. Attualmente l’unico endotipo di asma chiaramente definito è quello T helper type 2 (35)

. Sono stati intrapresi degli sforzi per identificare nuovi biomarcatori che possano aiutare nella distinzione e caratterizzazione di ulteriori endotipi (36)

(34)

Figura 5: Principali endotipi di asma e loro relazione con i fenotipi

L’obiettivo è quello di indagare i meccanismi patogenetici che si trovano alla base dei diversi sottogruppi clinici. Solo in questo modo si può pensare di riuscire a incidere sulla prognosi dei pazienti con asma grave, elaborando terapie specifiche “ritagliate” sul singolo caso.

Il rimodellamento delle vie aeree è considerato il meccanismo cardine nella cronicizzazione e progressione della patologia asmatica risultando la conoscenza e comprensione dei suoi meccanismi essenziale per l’instaurazione di nuovi piani terapeutici che possano modificare la storia naturale delle malattia.

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