1 RIASSUNTO 3 INTRODUZIONE 8 1. EPIDEMOLOGIA 8 1.1. FATTORI DI RISCHIO 9 2. ANATOMIA PATOLOGICA 12 2.1. CLASSIFICAZIONE ISTOLOGICA 12 2.1.1. CARCINOMA IN SITU 12 2.1.2. CARCINOMA INVASIVO 14 2.2. CLASSIFICAZIONE MOLECOLARE 15
2.3. FATTORI PROGNOSTICI E PREDITTIVI 18
2.3.1. GRADING ISTOLOGICO 18
2.3.2. STADIAZIONE 19
3. LA DIAGNOSTICA PER IMMAGINI DEL
CARCINOMA MAMMARIO 24
4. LA RM NELLA DIAGNOSTICA SENOLOGICA 25
4.1. METODOLOGIA 27
4.2. PROTOCOLLO RM 30
4.2.1. SEQUENZE T2-PESATE 31
4.2.2. SEQUENZE PESATE IN DIFFUSIONE (DWI) 31
4.2.3. SEQUENZE T1 3D-GRE 32
2
FISIOPATOLOGIA DELL’ENHANCEMENT 37
POST-PROCESSING 39
4.3. VANTAGGI E LIMITI DELL’USO DELLA RM
NELLO STUDIO DELLA MAMMELLA 43
4.4. BI-RADS-MRI 44
SCOPO 50
MATERIALI E METODI 51
1) PAZIENTI E STATO RECETTORIALE DEL TUMORE 51
2) TECNICHE DI RM 52 3) CARATTERISTICHE RM 56 4) ANALISI STATISTICA 62 RISULTATI 63 DISCUSSIONE 72 CONCLUSIONI 79 BIBLIOGRAFIA 81
3 RIASSUNTO
SCOPO E OBIETTIVI
Il carcinoma mammario triplo negativo (TNBC) è un sottogruppo eterogeneo di cancro al seno caratterizzato dall'assenza di espressione dei recettori dell'estrogeno (ER), del progesterone (PgR) e del fattore di crescita epidermico umano 2 / neu (HER-2). Il TNBC rappresenta circa il 15-20% di tutti i casi di cancro al seno ed è generalmente considerato tra le forme più aggressive. I pazienti con diagnosi di TNBC hanno un alto rischio di recidiva e un tasso di mortalità più elevato rispetto ad altri sottotipi di cancro al seno [1, 2]. Anche se il TNBC è stato ampiamente studiato in letteratura oncologica e patologica, ci sono pochi studi sulle caratteristiche di imaging. Tuttavia, i dati emergenti suggeriscono che le caratteristiche di imaging dei TNBC sono peculiari rispetto ad altri immunotipi di carcinomi mammari.
Lo scopo di questo lavoro è quello di analizzare le caratteristiche imaging in risonanza magnetica (RM) dei TNBC rispetto ai non-TNBC correlando con la diagnosi, la valutazione pre-trattamento e prognosi di questi tumori.
4 MATERIALI E METODI
1) Pazienti e stato recettoriale del tumore
Dal 01/01/2015 al 31/12/2015 abbiamo retrospettivamente arruolato 59 pazienti di età media di 50 anni (range tra 30-78 anni) con diagnosi istologica di tumore al seno. Tutti i pazienti sono stati sottoposti ad esame di RM utilizzando come mezzo di contrasto Dotarem®Guerbet. L’analisi istopatologica dei TNBC (24 pazienti) è stata confrontata con i non-TNBC (35 pazienti).
2) Tecniche RM
Tutti le pazienti sono state esaminate con RM ad intensità di campo 1,5 T (Symphony Siemens Healthcare). Il protocollo dell’esame di RM è stato il seguente:
- sequenze T2-pesate con saturazione del grasso (assiale); - sequenza pesata in diffusione (b=0 e b=1000);
- sequenze T1-pesate 3D assiali con alta risoluzione temporale e spaziale pre- e post-contrastografiche (5 serie dinamiche), prima e dopo l'iniezione di GdDOTA. (Dotarem®Guerbet);
- ricostruzioni 3D MIP, MPR; - curve time/intensity.
3) Caratteristiche RM
La classificazione BI-RADS[3] è stata utilizzata per l’inquadramento degli esami RM.
5 Si valutano:
• le dimensioni, secondo criteri RECIST [4];
• l’intensità del segnale tumorale nelle sequenze T2-pesate; • il mass e non-mass enhancement nelle immagini di sottrazione; • i margini valutati come regolari, irregolari o indefiniti;
• la presenza di rim enhancement • la uni o multifocalità.
4) Analisi statistica
Le differenze sono state considerate significative con p <0,05, mentre valori di p compresi tra 0,05 e 0,1 indicano una tendenza.
Le variabili qualitative in RM (l’intensità del segnale pesata in T2, i margini, il comportamento contrastografico, la presenza di rim enhancement, la uni o multifocalità) sono stati analizzati utilizzando il test χ2 o il test esatto di Fisher, mentre la variabile quantitativa continua quale la dimensione è stata analizzata dalla Mann Whitney (a due code). Tutte le analisi statistiche sono state effettuate con SPSS versione 22.
6 RISULTATI
Nelle 59 pazienti esaminate emergono:
24 TNBC avevano un'età media di 50,63 anni (deviazione standard di 12,597) mentre i 35 non-TNBC avevano un'età media di 49,80 anni (deviazione standard di 9,761).
Dall’analisi statistica delle caratteristiche BI-RADS, i TNBC presentano i seguenti segni:
- rim enhancement, evidenziato nel 62% dei TNBC (15/24) e nel 31% dei non-TNBC (11/35) con una correlazione statisticamente significativa (p=0,032);
- una correlazione statisticamente significativa (p=0,015) è stata rilevata per l’iperintensità nelle sequenze T2 perché una maggiore intensità di segnale in T2 è stata osservata nel 92% dei TNBC (22/24) e nel 63% di non-TNBC (22/35);
- inoltre, è stata trovata una tendenza (p=0,067) per l’unifocalità dei TNBC (17/24) rispetto ai non-TNBC (16/35);
Nessuna correlazione (p=0,48) è stata evidenziata con particolare tipo di ehnancement poiché un enhancement disomogeneo è stato riscontrato nel 83% dei TNBC (20/24) rispetto al 57% dei non-TNBC (20/35) Inoltre nessuna correlazione è stata trovata per le dimensioni (p=0,225); per il diametro medio dei TNBC (27,96 mm) rispetto al diametro medio dei non-TNBC (35,40 mm) con p=0,225; tra il mass o non-mass enhancement con un valore di p=0,414 (19/24 mass-enhancement nei TNBC contro i 26/35 non-TNBC) e con i margini con valore di p=0.898, margini regolari nel 12% nei TNBC (3/24) contro il 17% dei non-TNBC (6/35).
7
CONCLUSIONI
I TNBC costituiscono un sottogruppo piccolo tra i tumori della mammella, ma sono particolarmente aggressivi per la mancanza di terapie mirate efficaci. In accordo con studi precedenti [2, 5], i TNBC nel nostro studio sono stati associati con maggiore intensità di segnale in T2, rim enhancement e unifocalità.
La RM mammaria con mdc può essere la più accurata metodica di imaging per la diagnosi di TNBC dimostrando caratteristiche maligne che non possono essere identificate mediante mammografia o ecografia. Inoltre, sempre la RM mammaria, può essere una tecnica di imaging efficace nell’identificazione dei TNBC, la pianificazione pre-trattamento e la prognosi, nonché l'identificazione di un comportamento biologico peculiare dei TNBC possono essere sostenute e migliorate dalla RM mammaria.
8
INTRODUZIONE
1. EPIDEMIOLOGIA
Il carcinoma della mammella è la neoplasia più frequente nel sesso femminile, rappresentando approssimativamente il 26% di tutte le neoplasie riscontrate. Ogni anno in America circa 40.000 donne muoiono per questa patologia, rappresentando tra tutti i tumori maschili e femminili la seconda mortalità più elevata, dopo quello del polmone. L’incidenza internazionale è elevata negli Stati Uniti e nel Nord Europa, intermedia in Sud America e nel Sud e nell'Est Europa, bassa in Asia; in costante aumento dell'incidenza negli ultimi 10 anni .
I tumori della mammella rappresentano il tumore più frequentemente diagnosticato tra le donne sia nella fascia d’età 0-49 anni (41%), sia nella fascia d’età 50-69 anni (36%), sia in quella più anziana >70 anni (21%). Andando a valutare le differenze fra le varie regioni italiane si registra una maggiore incidenza al Nord (124,9 casi/100.000 abitanti) rispetto al Centro (100,3 casi/100.000 abitanti) e al Sud-Isole (95,6 casi/100.000 abitanti). Dagli anni Ottanta si è assistito ad una costante diminuzione della mortalità (-1,6%/anno), attribuibile alla diagnosi precoce unita ai progressi terapeutici, in particolar modo alle terapie multimodali [6] .
9 1.1 FATTORI DI RISCHIO
Il rischio di sviluppare il carcinoma della mammella è associato a fattori di ordine genetico e familiare, endocrino, dietetico, ambientale, ad abitudini di vita e pregresse malattie mammarie, anche se più della metà dei casi non è tuttavia riconducibile ad alcun fattore di rischio noto [7]. Tra i fattori di rischio ritroviamo:
-Età. L’età rappresenta un fattore di rischio in rapporto ai meccanismi che possono coinvolgere il prolungato stimolo endocrino alla proliferazione, l’accumulo di danni al DNA a livello di oncogeni e geni oncosoppressori, l’espressione patologica di geni correlati al ciclo cellulare e all’apoptosi. Circa l’80% dei carcinomi mammari sporadici insorge sopra i 50 anni con un’età media di 65 anni [8].
-Lunghezza periodo riproduttivo. Menarca anticipato e menopausa ritardata aumentano il rischio di carcinoma della mammella. Per tutto il periodo riproduttivo ogni mese, i lobuli scompaiono e ricompaiono, con un elevato ritmo proliferativo delle cellule delle unità terminali dotto-lobulo (TDLU). Qualsiasi agente cancerogeno esercita meglio la sua azione ai danni del DNA durante il processo di mitosi. Un’intensa proliferazione è inoltre indispensabile sia per la trasformazione neoplastica che per la progressione della malattia [9].
-Età della priva gravidanza a termine. Avere il primo figlio in giovane
età, ha un effetto protettivo; un parto prima dei venti anni di età, dimezza il rischio in rapporto a quello di un parto dopo i 35 anni o alla donna nullipara. Si ipotizza che la situazione ormonale determinata dalla gravidanza possa avere un effetto differenziativo sulle cellule epiteliali
10 della ghiandola mammaria, rendendole in questo modo più resistenti, come capacità metaboliche e di riparazione del DNA, ai cancerogeni [9].
-Precedenti biopsie mammarie con diagnosi di iperplasia epiteliale atipica e di carcinoma in situ. Una spiegazione plausibile si basa sul
concetto di “field cancerogenesis” o cancerogenesi a campo; l’intera popolazione cellulare di un tessuto o di un organo sarebbe esposta all’agente cancerogeno con possibilità di insorgenza della neoplasia in più zone dello stesso albero ghiandolare. Quindi sviluppare un’iperplasia tipica o un carcinoma in situ, rappresenta un allarme, per la possibilità di sviluppare neoplasie infiltranti. Infatti queste lesioni rappresentano le fasi iniziali del processo neoplastico [10] .
-Estrogeni endogeni ed esogeni. L’aumentata esposizione ad estrogeni
può aumentare il rischio di carcinoma della mammella. L’obesità è un fattore di rischio nelle donne in post-menopausa, in quanto nei depositi di grasso si ha produzione endogena di estrogeni [11]. Il rischio conferito dalla terapia ormonale sostitutiva sembra essere modesto [12]. Il rischio ambientale (fitoestrogeni, pesticidi) è ancora oggetto di studio [13].
-Esposizione a radiazioni. Il rischio esiste nelle donne giovani (non oltre
i 30 anni) sottoposte a terapia radiante sul torace per neoplasia tipo la malattia di Hodgkin [9].
-Allattamento al seno. Un prolungato allattamento riduce il rischio di carcinoma; durante questo periodo non si hanno cambiamenti nella struttura della mammella [9, 10].
-Dieta. Per quanto riguarda il ruolo della dieta non vi sono ancora studi
scientifici certi; un fattore di rischio su cui sembra esservi consenso è il consumo di alcool [14].
11 -Influenza geografica. L’incidenza di carcinoma della mammella negli Stati Uniti e in Europa è 4-7 volte maggiore rispetto ad altri paesi; questo potrebbe essere dovuto all’esposizione a cancerogeni ambientali e a diverse abitudini come l’allattamento e la dieta [9,15].
-Familiarità. La presenza di un parente di primo grado (madre o sorella)
con carcinoma mammario rende doppio il rischio di sviluppare un carcinoma della mammella rispetto alla popolazione generale. Solitamente nei soggetti con predisposizione familiare, il carcinoma compare in età giovanile (prima dei 40 anni) ed è più frequentemente bilaterale [9]. Lo studio genetico di una famiglia basato sulla ricostruzione dell’albero genealogico, corredato da tutti gli eventi patologici, permette di stabilire se una patologia è del tipo eredo-familiare. La presenza di una mutazione germinale può essere determinata attraverso un test genetico che consiste nell’esaminare il DNA di un individuo estratto da cellule di un campione di sangue o da altri liquidi o tessuti corporei, nella ricerca di alterazioni correlata alla malattia. Le alterazioni del DNA possono essere numerose, come aberrazioni cromosomiche rilevabili dall’esame del cariotipo, o alterazioni di singoli geni attraverso delezioni, mutazioni puntiformi, mutazioni frame-shift (inserimento o delezione di singole basi in un esone), amplificazione genica. I soggetti sani a rischio eredo-familiare possono essere avviati a specifici programmi di sorveglianza al fine di una diagnosi precoce [16].
-Predisposizione genetica. È stato dimostrato che pazienti affetti da
mutazioni a livello dei geni BRCA1 (17q) e BRCA2 (12q), hanno un aumentato rischio di sviluppare un carcinoma della mammella entro i 70 anni, di circa il 56% [17]. Le mutazioni a livello di questi geni, sono
12 responsabili di circa 1/3 dei casi familiari e complessivamente del 10% dei casi di carcinoma mammario [18]. Le mutazioni del gene BRCA1 sono inoltre coinvolte nella predisposizione allo sviluppo di carcinomi all’apparato riproduttivo femminile (ovaio e tube).
2. ANATOMIA PATOLOGICA
2.1 CLASSIFICAZIONE ISTOLOGICA
Il carcinoma mammario è suddiviso in non invasivo, o in situ, e invasivo. Nel primo gruppo, l’80% è rappresentato dal carcinoma duttale in situ (CDIS), compresa la malattia di Paget; la quota restante è coperta dal carcinoma lobulare in situ (CLIS).
Nella compagine dei carcinomi invasivi sono invece distinti sei istotipi differenti; in ordine di frequenza riconosceremo il carcinoma duttale, il carcinoma lobulare , il carcinoma midollare, il carcinoma colloide, il carcinoma tubulare e il carcinoma papillare [9].
2.1.1. CARCINOMA IN SITU
La forma in situ è classificata in duttale e lobulare in base alla somiglianza degli spazi coinvolti a dotti o tubuli, anche se si ritiene che tutti i carcinomi originino dall’unità dottu-lobulare terminale.
- Il CDIS si presenta come popolazione di cellule maligne, ancora contenute all’interno del dotto e circondato dalla membrana basale; esistono cinque sottotipi istologici diversi:
13 • il comedocarcinoma che presenta travate di cellule maligne ad alto grado nucleare e necrosi centrale, spesso calcificata. Macroscopicamente, l’aspetto molle e giallastro della necrosi spiega la denominazione. Comune è la fibrosi periduttale concentrica e l’infiltrato infiammatorio cronico.
• le forme non-comedo (solido, cribriforme, papillare, micropapillare) presentano grado nucleare dal basso all’alto, necrosi centrale e calcificazioni.
Un cenno a parte merita la malattia di Paget, che insorge nei dotti escretori principali ed interessa capezzolo e areola. La cute sovrastante è fissurata ed ulcerata, e circondata da edema ed iperemia infiammatoria. Le cellule di Paget, patognomoniche per la lesione, hanno abbondante citoplasma chiaro, nucleoli prominenti, e si colorano con le metodiche per la mucina.
Il carcinoma microinvasivo presenta focolai di 0,1 cm al massimo, che invadono lo stroma.
Non è rara la coesistenza di pattern diversi in un unico CDIS; il CDIS è classificato in base al grado.
- Il CLIS si presenta istologicamente come una proliferazione cellulare a livello del dotto terminale e dell’acino. Le cellule appaiono rotondeggianti, con nuclei regolari e piccoli nucleoli. Questa caratteristica è dovuta alla mancata espressione della E-caderina che condivide con il carcinoma lobulare infiltrante. Sono altresì presenti cellule ad anello con castone contenenti mucina.
14 2.1.2. CARCINOMA INVASIVO
- Il carcinoma duttale invasivo NAS è la lesione più comune (70-80%). Macroscopicamente si mostra come un nodulo di consistenza fibrosa, stridente al taglio, sulla cui superficie si notano aree di necrosi e focolai calcifici. L’architettura è distorta e disordinata, con cellule neoplastiche raggruppate in tubuli, cordoni, nidi e strutture pseudoghiandolari. Estrema la variabilità nei diametri e la colorabilità del nucleo. Può essere visibile l’invasione vascolare, perineurale, e dei vasi linfatici.
- Il carcinoma lobulare infiltrante è costituito da cellule disposte in filiere, fino al caratteristico aspetto a “fila indiana”; le caratteristiche citologiche sono analoghe a quelle del CLIS, poiché le cellule appaiono piccole, monomorfe e scarsamente coese: risultano essere negative alla E-caderina, molecola di adesione intercellulare.
- Il carcinoma midollare copre fino al 5% del totale, ma arriva al 13% nelle donne portatrici del gene BRCA-1 mutato. I noduli appaiono ben circoscritti e di consistenza carnosa in virtù dell’assenza di reazione desmoplastica. Istologicamente presenta travate di cellule grandi, dai nuclei vescicolosi e pleomorfi, con nucleoli prominenti, in attiva proliferazione; la lesione è a margini netti, circondata da un infiltrato infiammatorio.
- Il carcinoma mucinoso (colloide) è una variante poco comune, di aspetto grigio- bluastro, simil-gelatinoso, soffice. Le cellule neoplastiche sono solitarie o in piccoli nidi, immerse in laghi di mucina amorfa, che muove lungo i piani di clivaggio.
- Il carcinoma tubulare ha tubuli ben formati in rapporto diretto con lo stroma. Possono essere presenti spazi cribriformi, secrezioni apocrine e calcificazioni endoluminali.
15 - I carcinomi papillari infiltranti sono rari [9].
2.2 CLASSIFICAZIONE MOLECOLARE
I carcinomi mammari rappresentano un gruppo molto eterogeneo di neoplasie dal punto di vista morfologico, prognostico e di risposta alla terapia. Recentemente la spiccata eterogeneità del carcinoma mammario è stata confermata dallo studio del profilo dell’espressione genica che ha rivelato come ogni singolo carcinoma mammario abbia un suo preciso ed unico assetto molecolare [19,20]. Nonostante questa grande variabilità, le neoplasie della mammella si possono ricondurre a cinque principali categorie: luminal A, luminal B, normale, simil-basale e Her-2+ (Fig. 1).
16 Figura 1 classificazione molecolare del carcinoma della mammella
:
- I carcinomi luminal A (40-55%) presentano alti livelli di espressione dei recettori estrogenici e assenza di espressione di HER-2 e basso indice di proliferazione cellulare. La maggior parte è ben differenziata o moderatamente differenziata e si presenta perlopiù nelle donne dopo la menopausa. In genere questi tumori crescono lentamente e rispondono bene ai trattamenti ormonali; sono pochi quelli che invece rispondono alla chemioterapia standard.
- I luminal B (15-20%) mostrano invece iperespressione di HER-2, alti livelli di espressione dei recettori estrogenici e alti livelli di espressione
17 di geni coinvolti nella proliferazione cellulare. Talvolta vengono chiamati tripli positivi e rispondono alla terapia ormonale, mentre la risposta alla chemioterapia è variabile, con il fenotipo B che risponde meglio rispetto a quello A. La prognosi risulta migliore per il fenotipo A. - I tumori HER-2 comprendono circa il 7-12% dei carcinomi invasivi; sono rappresentati da neoplasie di alto grado e comprendono carcinomi ER-negativi che iperesprimono la proteina HER-2. Queste neoplasie sono solitamente scarsamente differenziate, hanno un tasso di proliferazione elevato e sono associate a un’alta frequenza di metastasi cerebrali. Rispondono alla terapia con trastuzumab e alla chemioterapia con antracicline; tuttavia hanno una cattiva prognosi.
- I carcinomi basali detti anche basaloidi, basal-like, o carcinomi a fenotipo basale, costituiscono il 13-25% dei carcinomi invasivi della mammella e sono caratterizzati dall’assenza di ER, PR e HER-2. Frequentemente i carcinomi basali hanno un assetto sovrapponibile ai carcinomi cosiddetti “tripli negativi” per la perdita di espressione dei recettori estrogenici e progestinici e assenza di iper-espressione di HER-2. Il fenotipo a cellule basali, triplo negativo è caratterizzato da un’alta probabilità di recidive (metastasi polmonari e cerebrali) e da una sopravvivenza totale e libera da malattia significativamente bassa. Inoltre il fenotipo a cellule basali si può associare alla presenza di mutazioni in BRCA1 [21,22]. Il riconoscimento di questo sottogruppo di neoplasie è importante sia per le implicazioni prognostiche che per la loro associazione con i carcinomi eredo-familiari.
- I “normal-breast” rappresentano un altro sottotipo di carcinoma della mammella, sulla cui reale esistenza ci sono tuttavia ancora dei dubbi. Comprenderebbero il 5-10% di tutti i carcinomi della mammella;
18 esprimono geni caratteristici del tessuto adiposo e presentano una prognosi intermedia fra i luminali ed i basali, non rispondendo alla chemioterapia neo-adiuvante. Sono solitamente ben differenziati, ER-positivi e HER-2 negativi.
La caratterizzazione del fenotipo molecolare comincia ad essere utilizzata per selezionare terapie mirate contro bersagli molecolari (target therapy) come ad esempio per quanto riguarda le indicazioni all’ormonoterapia e alla terapia anti-HER2 [20].
Per valutare lo stato recettoriale di ER, PgR e HER-2, i tumori vengono considerati positivi per ER e PgR quando oltre il 10% delle cellule tumorali mostra una colorazione positiva per l’immunoistochimica (IHC). I campioni vengono testati per l’espressione genica di HER-2 utilizzando la metodica di ibridazione in situ fluorescente (FISH) con doppia sonda. Il gene HER-2 viene considerato amplificato con la metodica FISH se il rapporto del gene sul cromosoma 17 è >2 o se si evidenzia iperespressione della proteina in base alla colorazione IHC.
2.3 FATTORI PROGNOSTICI E PREDITTIVI
I criteri prognostici di maggiore importanza sono il grado istologico e lo stadio della neoplasia.
2.3.1. GRADING ISTOLOGICO
Il sistema di attribuzione del grado più usato, il Nottingham Histologic Score considera il pleomorfismo nucleare, la formazione di tubuli e
19 l’indice mitotico per classificare i carcinomi invasivi in tre gruppi che sono strettamente correlati alla sopravvivenza. La sopravvivenza a 10 anni dall’85% del grado I scende al 60% nel grado II e al 15% nel grado III [9].
2.3.2. STADIAZIONE
La determinazione dello stadio raggiunto dalla neoplasia alla presentazione è importante per pianificare i programmi terapeutici sia chirurgici che radio e/o chemioterapici. La stadiazione viene eseguita seguendo protocolli che tengono conto delle più recenti acquisizioni scientifiche. Attualmente si fa riferimento al sistema TNM adottato dall’American Joint Committe on Cancer (AJCC 7th edition) nel 2010 e tale sistema si basa su:
-dimensioni della neoplasia (T)
-presenza ed estensione di metastasi ai linfonodi regionali (N) -presenza di eventuali metastasi a distanza (M)
Dimensioni della neoplasia. Le dimensioni del tumore costituiscono un
fattore prognostico indipendente molto importante. Il vantaggio dello screening mammografico consiste nella possibilità di riconoscere ed identificare lesioni di dimensioni inferiori a quelli diagnosticati con la sola clinica.
Metastasi linfonodali. Lo stato dei linfonodi ascellari rappresenta il più
importante fattore prognostico per il carcinoma invasivo della mammella in assenza di metastasi a distanza. La valutazione clinica del coinvolgimento linfonodale è inaccurata sia per i falsi positivi che per i
20 falsi negativi, pertanto la biopsia si rende necessaria per una valutazione accurata. In assenza di interessamento dei linfonodi, la sopravvivenza libera da malattia a 10 anni è vicina al 70-80%, con un numero di linfonodi interessati da 1 a 3 la percentuale scende al 35-40%, mentre in presenza di più di 10 linfonodi positivi, la percentuale di sopravvivenza è del 10-15%. Nella stadiazione e terapia chirurgica del tumore mammario la tecnica del “linfonodo sentinella” sta acquisendo un ruolo sempre più importante.
Metastasi a distanza. Le sedi preferenziali di metastasi a distanza sono i
segmenti ossei (70-80%), soprattutto vertebrali, costali, pelvici e della volta cranica. Le metastasi polmonari rappresentano il 60-65%; una volta raggiunto il polmone, attraverso la circolazione arteriosa produce metastasi epatiche (60%) e cerebrali (25%).
I fattori prognostici indicati nel TNM sono utili per prevedere la prognosi delle singole neoplasie.
21
22 STADIO I STADIO II STADIO III STADIO IV
23 Accanto a questi vengono utilizzati altri fattori prognostici e di predittività minori, alcuni dei quali forniscono l’indicazione per l’impiego di terapie con particolari target molecolari. Tra questi:
- Sottotipo istologico. La sopravvivenza a 30 anni nelle donne con
carcinomi invasivi di tipo speciale (tubulare, mucinoso, lobulare, papillare) è maggiore del 60%, rispetto a meno del 20% in pazienti con carcinomi invasivi di tipo non speciale.
- Recettori per estrogeni e progesterone. La presenza dei recettori ormonali correla con una prognosi migliore ed è un importante fattore predittivo della risposta alla terapia ormonale.
- HER-2. L’iperespressione di HER-2 è associato ad una bassa sopravvivenza ma è importante soprattutto in quanto fattore predittivo di risposta agli agenti che hanno come bersaglio questa proteina transmembrana, ad esempio il trastuzumab.
- Invasione vascolare. Le cellule tumorali si trovano all’interno degli spazi vascolari in circa metà dei carcinomi invasivi; tale reperto è fortemente associato con la presenza di metastasi linfonodali ed è quindi indice di prognosi sfavorevole.
- Indice proliferativo. La proliferazione cellulare può essere misurata sia mediante conta mitotica sia mediante la rilevazione immunoistochimica di proteine cellulari prodotte durante il ciclo (Ki67) o mediante citometria a flusso (frazione di cellule in fase S). Ki67 avrebbe anche un ruolo predittivo; carcinomi con alto indice di proliferazione cellulare possono rispondere meglio alla chemioterapia.
- Ploidia. La quantità di DNA per cellula tumorale può essere
24 aneuploidi, con contenuto anomalo di DNA, è indicativa di precoce ripresa di malattia.
- Risposta alla terapia neoadiuvante. Dopo intervento chirurgico, la
maggior parte delle pazienti riceve un trattamento sistemico o “terapia adiuvante”. La terapia neoadiuvante è un approccio alternativo in cui il paziente è trattato prima dell’intervento. Tale approccio non aumenta la sopravvivenza ma il grado di risposta alla chemioterapia rappresentando un forte fattore prognostico. Le neoplasie con maggiore probabilità di rispondere meglio sono quelle poco differenziate, ER- negative ed associate ad aree di necrosi [9].
3. LA DIAGNOSTICA PER IMMAGINI DEL CARCINOMA MAMMARIO
Lo studio della patologia mammaria si avvale di un approccio che parte dalla semeiotica classica, mediante la raccolta di un’anamnesi mirata e l’esecuzione di un esame obiettivo volto alla valutazione della ghiandola mammaria e delle stazioni linfonodali a cui segue l’utilizzo di metodiche di imaging.
Le indagini strumentali sfruttate in questo campo sono rappresentate dalla mammografia, dall’ecografia interventistica e dalla RM [23].
25 4. LA RM NELLA DIAGNOSTICA SENOLOGICA
La Risonanza Magnetica mammaria (mammo-RM– MRM) costituisce un’indagine ad elevata sensibilità e discreta specificità, fornendo informazioni di tipo morfologico e funzionale sul tessuto mammario normale e patologico.
Allo stato attuale, la RM è da considerarsi tecnica da impiegare solo ad integrazione di mammografia e dell’ecografia. Il mancato rispetto delle indicazioni riportate dalla letteratura oltre ad ostacolare il corretto iter diagnostico, rischia di creare false aspettative da parte delle donne ed inutili e costose richieste di controlli a distanza di tempo o biopsie. Le indicazioni principali sono :
– studio di donne a rischio genetico o elevato rischio familiare per carcinoma mammario: l’associazione della RM agli esami tradizionali permette di identificare un discreto numero di tumori non altrimenti riconoscibili. Non deve essere trascurato l’ausilio che la RM offre nello screening [24] delle donne con mutazione del gene BRCA 1 e 2, preservandole dalla esposizione a radiazioni ionizzanti. Infatti, in questo gruppo di pazienti, la mutazione genetica condiziona un’ alterazione dei geni riparatori con conseguente maggior radiosensibilità. Inoltre, la giovane età di queste donne inficia le possibilità diagnostiche della mammografia per la particolare densità radiologica delle mammelle, per cui le informazioni così ottenute possono spesso risultare inadeguate; – ricerca di carcinoma primitivo occulto metastatico, di sospetta origine mammaria, quando gli esami tradizionali siano negativi (CUP syndrome);
26 – ricerca di multicentricità, multifocalità, bilateralità, in caso di lesioni maligne già diagnosticate con tecniche tradizionali e candidate ad intervento chirurgico conservativo;
– monitoraggio delle lesioni mammarie trattate con chemioterapia neoadiuvante pre-chirurgica (definizione più precisa delle dimensioni della lesione residua, differenziandola dalle componenti necrotica e fibrotica);
– follow-up della mammella sottoposta a chirurgia conservativa e/o a radioterapia, qualora gli esami tradizionali pongano dubbi nella diagnosi differenziale tra recidiva e cicatrice non risolvibili con il prelievo cito/istologico;
– valutazione di donne con sospetto ecografico di rottura di protesi. La RM è la tecnica più efficace per studiare lo stato delle protesi (integrità, contrattura capsula fibrosa, dislocazione, migrazione di silicone); in letteratura sono riportati valori di sensibilità e di specificità superiori al 75% nel riconoscimento di rottura protesica. La RM permette inoltre di valutare la mammella ed in particolare quelle regioni “nascoste” dalla protesi in mammografia ed in ecografia (parete toracica);
– valutazione di mammelle di difficile interpretazione alle tecniche tradizionali e discrepanza tra differenti approcci diagnostici, in particolare in casi di difficile (o rifiutato) approccio bioptico;
- guida per prelievi cito/istologici di lesioni evidenziabili solo con RM: avendo disponibilità dei nuovi apparati di guida dedicati, associati all’uso di bobine di superficie e di aghi e/o guide amagnetici è possibile l’esecuzione di biopsie cito-microistologiche e di centrature pre-operatorie.
27 A tale proposito, nell’impossibilità alla guida RM e in caso di second-look US negativo in lesioni evidenziabili solo alla risonanza, si suggerisce un controllo RM dopo 3 mesi. Controindicazioni sono eventi flogistici, non differenziabili dalle alterazioni a carattere maligno e tutte le controindicazioni alla RM (pace maker, placche metalliche ecc.) [25,26].
4.1 METODOLOGIA
I requisiti fondamentali per una corretta RM della mammella sono il breve tempo d'esame, imaging simultaneo di entrambe le mammelle ed elevata risoluzione spaziale, di contrasto e temporale. Per ottenere tale risultato, è necessario un apparecchio RM performante, che consenta sia acquisizioni dinamiche veloci, sia un elevato rapporto segnale/rumore con tempi di esecuzione relativamente contenuti.
La RM deve essere eseguita:
- nella donna in età fertile tra il 7° e il 14° giorno del ciclo mestruale. Questo accorgimento consente di ridurre al minimo l’influenza della secrezione ormonale endogena che, agendo sull’enhancement della ghiandola mammaria, può determinare modificazioni che riducono sensibilmente l’accuratezza diagnostica della RM;
- nelle donne in menopausa che assumono terapia ormonale sostitutiva è preferibile la sospensione della terapia il mese prima dell’esecuzione dell’esame;
28 L’esame è eseguito posizionando nel magnete la paziente, prona e con le mammelle adagiate in bobine dedicate. L’uso di bobina dedicata permette di aumentare la risoluzione spaziale, fornendo ulteriori informazioni riguardo morfologia, dimensioni e margini della lesione. L’apparecchiatura consiste in un magnete superconduttivo di 1,5 Tesla, con intensità di gradiente di 30 mT/m e velocità di raggiungimento del picco di gradiente di 150 mT/m.
La tecnica d’esame è eseguita prendendo in considerazione i seguenti aspetti:
● scelta del volume da studiare; ● riduzione del movimento;
● scelta della risoluzione spaziale e temporale;
● riduzione degli artefatti legati al movimento cardiaco; ● scelta del piano di scansione;
● scelta delle sequenze; ● dose del mdc.
La risoluzione spaziale dipende dalla intensità ed omogeneità del campo magnetico, dalla bobina, dal campo di vista, dalla matrice e dall’intervallo tra le sezioni; la risoluzione temporale, invece, è dipendente dalla intensità di gradienti, dalla sequenza e nuovamente dalla intensità ed omogeneità del campo magnetico.
Una bobina di superficie apposita e bilaterale è essenziale perché permette l'acquisizione di immagini di alta qualità e risoluzione, nonché simultanea di uno od entrambi i seni. Le bobine di superficie devono essere dedicate, con geometria specifica, in modo da ottimizzare il rapporto S/N e ottenere uno spessore di strato sottile; se possibile i voxel
29 isotropici sono multicanale phased array e possono avere da 2 a 32 canali.
Queste caratteristiche permettono, mediante l'utilizzo di tecniche di imaging parallelo, di ridurre il tempo di acquisizione, acquisendo il segnale contemporaneamente da ogni canale con elevata risoluzione spaziale, riducendo, inoltre, gli artefatti da ribaltamento, a scapito di una modesta riduzione del rapporto segnale/rumore. Alcune bobine utilizzano sistemi di leggera compressione latero-mediale delle mammelle per ridurre lo spessore del tessuto da visualizzare, diminuendo il tempo di acquisizione e gli artefatti da movimento in seni di piccole dimensioni, sia durante ogni sequenza sia tra le fasi successive dello studio dinamico; tuttavia è necessario prestare attenzione a una compressione eccessiva poiché aumenterebbe la pressione sui tessuti, con modificazione della vascolarizzazione locale e degli scambi di liquido tra spazio intravascolare e compartimento interstiziale con conseguente alterazione del comportamento contrastografico dinamico delle lesioni eventualmente presenti. Esistono in commercio bobine aperte ai lati per consentire la biopsia RM guidata.
La scelta del piano di scansione è dettata dalle caratteristiche di ogni singolo piano, poiché sia il piano assiale che quello sagittale garantiscono una buona anatomia ma sono alterati da artefatti da movimento; il sagittale comporta inoltre un maggior volume da studiare. Il piano coronale ha risoluzione spaziale elevata, assicura una visualizzazione ottimale dell’enhancement duttale e non è gravato da artefatti da movimento cardiaco. Solitamente si preferisce il piano assiale perché permette una visualizzazione panoramica contestuale ai cavi ascellari e bilaterale e consente un'agevole valutazione delle aree
30 lineari di contrast enhancement con evidenza immediata di una loro eventuale morfologia duttale; inoltre permette di distinguere facilmente strutture vascolari da elementi duttali dilatati (nelle sequenze T2 pesate) impregnati di mdc paramagnetico (nelle sequenze dinamiche T1).
Nel piano sagittale, per quanto le immagini siano più facilmente correlabili alle immagini mammografiche, sono necessarie un numero di sezioni sensibilmente maggiore pertanto non viene utilizzato.
Per ridurre gli artefatti legati al movimento cardiaco si preferisce il piano coronale e la direzione cranio-caudale della codifica di fase.
Sul piano coronale, il movimento respiratorio e le escursioni respiratorie possono produrre variazioni imprevedibili del segnale e sono difficilmente valutabili lesioni situate in corrispondenza del capezzolo o della parete toracica, con individuazione non sempre agevole di aree di infiltrazione a carico della fascia e del muscolo pettorale.
4.2 PROTOCOLLO DI RM
Il protocollo di RM prevede l’utilizzo delle seguenti sequenze: ● T2 Fast Spin Echo (FSE);
● Sequenze in diffusione (DWI);
31 4.2.1. SEQUENZE T2-PESATE
La prima sequenza di impulsi ad essere eseguita è comunemente una Turbo Spin Echo (TSE) T2 pesata con o senza soppressione del grasso nel piano assiale.
In alternativa si può utilizzare una sequenza T2 pesata FSE oppure una sequenza IR (STIR o TIRM).
Le sequenze T2 pesate vengono acquisite prima della somministrazione del mdc. In queste sequenze l’edema e le strutture che contengono acqua presentano un elevato segnale. Ad esempio, spesso si riconoscono cisti anche di pochi millimetri. Nelle sequenze T2 pesate i carcinomi hanno un’intensità di segnale variabile, per lo più simile a quella del parenchima ghiandolare normale.
4.2.2. SEQUENZE PESATE IN DIFFUSIONE (DWI)
Le DWI esaminano il movimento casuale delle molecole d’acqua all’interno dei tessuti biologici, dovuto all’agitazione termica (moto browniano).
Il movimento dell’acqua è più vincolato nei tessuti con elevata densità cellulare e con presenza di membrane cellulari impermeabili (per esempio, tessuti neoplastici). Si parla di diffusione ristretta. La sensibilità della sequenza DWI al movimento dell’acqua può essere variata modulando ampiezza e durata di ciascun gradiente, nonché l’intervallo tra i due gradienti che, nelle apparecchiature RM commerciali si traduce in un unico parametro chiamato factor o b-value. All’aumentare del valore di b aumenta la pesatura delle immagini in diffusione.
32 Le immagini forniscono informazioni di tipo quantitativo e qualitativo sul grado di diffusività delle molecole d’acqua in un dato tessuto.
La valutazione qualitativa della diffusione delle molecole d’acqua è basata sulla evidenza di aree di iperintensità nelle regioni con diffusione ristretta.
La valutazione quantitativa è basata sulla misura del coefficiente di diffusione apparente (ADC) espresso in mm2/sec.
La DWI viene acquisita utilizzando sequenze SE o GRE acquisite con tecnica echo-planare (EPI) in cui è introdotta la pesatura in diffusione tramite l’applicazione di gradienti bipolari (gradienti di diffusione); l’intensità e la temporizzazione dei gradienti di diffusione sono modificate variando il fattore di b (tra 500-1500 s/mm2).
Sviluppando una sequenza di impulsi RM sensibile al fenomeno diffusione (cioè “a pesatura in diffusione”), si possono ottenere immagini in cui i tessuti con alta diffusività dell’acqua (per esempio cisti o neoplasie solide benigne) presentano significativo abbattimento del segnale dovuto alla diffusione (ipointensità), mentre quelli con diffusività ristretta (es. tumori solidi maligni) manifestano nessuna o solo una minima riduzione dell’intensità del segnale (iperintensità)[27].
4.2.3. SEQUENZE T1 3D-GRE
Dopo la sequenza T2, viene eseguito lo studio dinamico, costituito da una sequenza pre-contrasto T1 pesata seguita da un numero definito (minimo 5) di sequenze post-contrasto, con i medesimi parametri tecnici della sequenza iniziale. Con l’utilizzo di sequenze GRE, soprattutto se
33 spoiled (eliminazione dell’influenza T2 nella generazione del segnale) e con acquisizione volumetrica (TR più brevi e flip angle più piccoli) si producono immagini fortemente pesate in T1 che permettono elevata sensibilità nel rilevare le aree in cui si distribuisce il mezzo di contrasto paramagnetico.
La sequenza GRE T1 3D (T1-FFE, GRASS, SPGR, FLASH) è utilizzata per lo studio dinamico con mdc e garantisce una buona risoluzione spaziale e temporale. Il TR e il TE devono essere quanto più brevi possibile, evitando l’opposizione di fase acqua/ grasso (meno di 1,2 o 3-6 ms a 1,5 T).
La prima acquisizione è effettuata senza mezzo di contrasto; successivamente, dopo la rapida iniezione di gadolinio DTPA, sono ottenute cinque ulteriori acquisizioni (Fig.2).
.
34 MEZZI DI CONTRASTO
I mezzi di contrasto usati in RM sono sostanze chimiche che, introdotte nell'organismo, alterano i tempi di rilassamento dei tessuti, permettendo in questo modo di differenziarli e di distinguere un tessuto normale da uno patologico. Esistono due tipi di mezzi di contrasto: negativi e positivi.
I mezzi di contrasto negativi non sono utilizzati per l'imaging delle mammelle, sono tipicamente ipointensi all'imaging e sono aggregati di piccole particelle, denominate SPIO (Superparamagnetic Iran Oxide). I mezzi di contrasto positivi agiscono riducendo il tempo di rilassamento T1 e determinano un incremento dell'intensità di segnale nelle immagini T1-pesate o immagini GRE, sono tipicamente iperintensi all'imaging; sono costituiti da composti a basso peso molecolare e contengono come elemento attivo gadolinio, manganese o ferro. Questi elementi hanno un elettrone spaiato nell'orbita più esterna e lunga relassività. I mezzi di contrasto più utilizzati in risonanza magnetica body, compresa la RM mammaria, sono a base di gadolinio (per esempio, acido gadopentetico, acido gadodenico, gadobutrolo, acido gadoxetico, eccetera).
Il gadolinio è un metallo delle cosiddette terre rare e fa parte della famiglia dei lantanidi. Lo ione Gd+++ è paramagnetico (dove per paramagnetismo s'intende una forma di magnetismo che alcune sostanze mostrano solo in presenza di campi magnetici e si manifesta
con magnetizzazione avente stessa direzione e verso di quella associata al campo esterno applicato al materiale diamagnetico stesso), perché ha
35 7e- spaiati nell'orbitale 4f (ciò rende conto della sensazionale stabilità dello ione).
La somministrazione di mezzo di contrasto deve essere per mezzo di un'iniezione rapida in bolo. Abitualmente si utilizza un iniettore risonanza-compatibile ad una velocità di 2 ml/s, seguito da 20 ml di soluzione isotonica di sodio cloruro con un sistema di iniezione a due vie.
Il tempo di iniezione è importante per la risonanza, a causa della variazione intrinseca e imprevedibilità della portata e intensità di enhancement delle lesioni. La maggior parte dei radiologi mirano ad acquisire un completo set di dati post-contrasto in 1-2 minuti, preferibilmente entro 30-60 secondi. Si calcola che l'iniezione parta circa 15 secondi prima di iniziare la prima sequenza di imaging dinamico in modo tale che il bolo di mezzo di contrasto arrivi in fase arteriosa nel tempo in cui le linee centrali di k-spazio vengono acquisite. Tuttavia, questo intervallo di tempo può variare per altri fattori, quali l'età del paziente e lo stato cardiovascolare, ma in generale questi problemi non sono particolarmente critici se almeno 1 set di dati viene acquisito entro 1-2 minuti dopo l'iniezione.
I mezzi di contrasto a base di gadolinio (gadopentetato dimeglumina, gadobenato dimeglumina, gadodiamide, gadoversetamide, gadoteridolo) possono dare reazioni allergiche con prurito, gonfiore e bruciore e inoltre causare nei pazienti con funzionalità renale severamente compromessa (GFR < 30 ml/min/l,73 m2) casi di fibrosi sistemica nefrogenica
(Nephrogenic Systemic Fibrosis, NSF) che si sviluppa in un arco di
36 5 per cento dei pazienti la malattia ha sviluppo molto rapido e progressivo, qualche volta con esito fatale [13].
Per ridurne la tossicità e permetterne l'eliminazione renale, il gadolinio viene chelato a molecole particolari, che vanno a formare intorno al gadolinio stesso un complesso stabile.
I mezzi di contrasto a base di gadolinio hanno buon profilo di sicurezza: le reazioni avverse sono infrequenti e in generale aumentano con l'incremento della dose (la dose usualmente utilizzata è di 0,1-0,2 mmol/kg) e dell'osmolarità del composto. Le reazioni avverse acute più frequenti sono sensazione di calore, nausea e vomito, ipotensione dovuta a vasodilatazione, che può progredire in shock e reazione anafilattica (molto rara).
Il loro utilizzo si basa sulla capacità della metodica di rilevare e quantificare il fenomeno della neoangiogenesi che si accompagna alla crescita di una lesione maligna che diventa quindi iperintensa rispetto al parenchima circostante.
37 FISIOPATOLOGIA DELL’ENHANCEMENT
L'aumento della perfusione locale e della diffusione capillare, tipiche delle lesioni maligne, è alla base dell'enhancement delle lesioni in RM, dove per enhancement s'intende l'aumento dell'intensità di segnale osservabile dopo l'iniezione di mdc. La stretta correlazione esistente tra la crescita tumorale invasiva e l’attività angiogenetica spiega l'elevata sensibilità della RM nella diagnosi di carcinoma duttale invasivo. Al contrario, la minima attività angiogenetica riscontrabile nella variante lobulare invasiva e nel carcinoma in situ spiega le difficoltà diagnostiche della RM nell'identificare queste due condizioni.
L'enhancement, tuttavia, non è patognomonico di lesione neoplastica maligna: infatti, un aumento dell'intensità di segnale non si verifica solo quando c'è aumento della densità dei vasi, ma anche in altre situazioni parafisiologiche e benigne, quali stimolazione ormonaIe in un tessuto fibroghiandolare normale o flogosi. La lesione maligna s'identifica grazie all'effetto massa, determinato dalla lesione maligna occupante spazio e dalla dinamica di enhancement caratterizzata da rapido wash-in e altrettanto rapido wash-out di mdc, mentre il tessuto fibroghiandolare normale presenta enhancement progressivo. La maggiore discriminazione tra tessuto maligno e background ghiandolare normale si verifica nelle prime fasi post-contrasto e tende progressivamente a ridursi nelle fasi successive.
L'esame con mdc consente un'analisi di aree o lesioni occupanti spazio rispetto ai tessuti normali circostanti sia dal punto di vista qualitativo (architettura di contrast enhancement e sue variazioni tra i successivi frame dinamici) sia quantitativo (valutazione della cinetica di
38 enhancement, selezionando una regione di interesse -ROI- all'interno della lesione e tramite un software dedicato che calcola le curve di intensità segnale/tempo utili per la caratterizzazione della lesione). La dettagliata analisi dei reperti richiede una risoluzione spaziale adeguata e comparabile con la durata delle singole acquisizioni, la quale dipende dalla scelta della matrice di pixel e dalle dimensioni di FOV che determinano il numero di pixel/mm.
E' necessario ricordare che essa è indirettamente proporzionale al rapporto segnale/rumore (SNR) e che varia sulla base del piano di scansione impiegato.
L'analisi dei vari frame dinamici comprende le fasi cinetiche di aumento del segnale secondario all'impregnazione di contrasto (wash-in), di mantenimento (plateau) e dismissione del contrasto (wash-out). La cinetica contrastografica tipica delle lesioni maligne, caratterizzata da rapida impregnazione di contrasto con elevata intensità di segnale rispetto al tessuto mammario normale contiguo e raggiungimento del plateau nella fase post-contrastografica precoce (entro 2 min) con eventuale successivo wash-out, richiede l'utilizzo di sequenze dinamiche con una risoluzione temporale dell'ordine di 60-120 secondi. Nei successivi frame dinamici la differenza di contrasto esistente tra lesioni maligne e lesioni benigne/tessuto normale si riduce rapidamente e quindi sono sufficienti 4-5 scansioni; le successive porterebbero a evidenziare wash-out tardivi del tutto aspecifici. Oltre alla risoluzione temporale anche la risoluzione spaziale deve essere corretta perché se troppo elevata ridurrebbe la possibilità di ottenere frame dinamici di breve durata, con il pericolo di non individuare lesioni maligne a rapido wash-out con la sola soglia di enhancement.
39 POST-PROCESSING
Fase di elaborazione delle immagini (post-processing) consiste nell'elaborazione delle immagini acquisite ed è fondamentale nella tipizzazione delle lesioni.
I programmi di post-processing più utilizzati sono:
● sottrazione: dalle immagini ottenute dopo l’iniezione del mezzo di contrasto si sottrae la prima acquisizione, per evidenziare in maniera ottimale la lesione impregnata di mezzo di contrasto;
● Multiplanar reconstruction (MPR): la ricostruzione multiplanare permette di orientare la lesione nei diversi piani dello spazio;
● Maximum intensity Projection (MIP): sommatoria di tutte le immagini sottratte in un’unica immagine tridimensionale;
● analisi funzionale: permette la selezione di ROI e la successiva elaborazione di una curva intensità del segnale/ tempo;
● soppressione del grasso.
Una volta ottenute le immagini dinamiche, per ottenere immagini diagnostiche , si esaspera il contrasto, cancellando le componenti che sono rimaste invariate, rappresentando in questo modo solo le strutture che sono impregnate di mdc; ciò si ottiene sottraendo pixel per pixel le immagini ottenute nella sequenza di base precontrasto, allo scopo di annullare il segnale proveniente dal tessuto adiposo e dalla ghiandola e di evidenziare unicamente i tessuti che si sono impregnati di mdc e i vasi. La sottrazione d'immagine, rispetto all'acquisizione di sequenze per la soppressione del grasso, non richiede impulsi aggiuntivi e non è
40 influenzata da disomogeneità di campo magnetico; tuttavia, non è scevra da potenziali artefatti: lo svantaggio principale della sottrazione è che risente molto dei movimenti del paziente.
La MPR consente la ricostruzione delle immagini acquisite nei vari piani dello spazio con spessore variabile, utile per la valutazione multiplanare dei reperti garantendo una più precisa definizione topografica dell'estensione del processo di malattia e delle strutture circostanti coinvolte.
La MIP effettua la somma delle immagini delle sezioni ottenute, solitamente di quelle sottratte. Questo permette di creare un'unica immagine in cui sono rappresentate tutte le strutture anatomiche con incremento dell'intensità di segnale . La ricostruzione delle immagini può essere biplanare secondo piani ortogonali o volumetrica con possibilità di rotazione graduale dell'immagine su un asse prescelto; si realizza così la possibilità di osservare l'immagine in più proiezioni, secondo varie angolazioni. Questa tecnica è utile per distinguere le strutture vascolari dalle lesioni nodulari e consente migliore analisi di estensione della lesione e dei rapporti con i tessuti circostanti.
Lo scopo contrastografico dinamico è fondamentale per individuare aree o lesioni occupanti spazio che si impregnano di mdc e valutarne la dinamica di potenziamento del segnale (contrast enhancement) rispetto ai tessuti normali circostanti. L’elevato segnale del tessuto adiposo deve essere eliminato per aumentare la cospicuità delle lesioni vascolarizzate e seguirne il comportamento contrastografico nei frame dinamici successivi. Questo si può ottenere utilizzando l’algoritmo di sottrazione d’immagine.
41 Si estrapolano quindi dati riguardanti sia la morfologia della lesione, in particolare forma, margini, dimensioni e multiplanarità (che possono essere sfruttati per ottenere le coordinate chirurgiche), che l’enhancement, che correla con la neoangiogenesi, l’aumento di permeabilità capillare e l’ingrandimento del comparto interstiziale. L'analisi semiquantitativa dell'immagine consiste nella misurazione numerica dell'intensità del segnale nel tempo, in determinate regioni di interesse (ROI) appositamente selezionate dall'operatore o dal CAD. I valori numerici derivanti dall'analisi in sequenza di una ROI di piccole dimensioni (consigliata di 3 x 3 pixel pari a 9 pixel), centrata nell'area di maggiore impregnazione di contrasto della lesione, costituiscono una curva d'intensità del segnale in funzione del tempo . Per quantificare l'enhancement, viene misurato l'incremento dell'intensità di segnale nell'immagine dopo infusione di mdc rispetto all'intensità di segnale nelle immagini precontrasto, secondo la seguente formula:
ER = (IS post - IS pre)/ IS pre x 100
dove ER rappresenta l'enhancement relativo, IS post e IS pre i valori, rispettivamente, di intensità di segnale post- e precontrasto.
Sono descritti tre tipi di curve IS/T (Fig.3):
- Curva tipo I : raramente associato a tumori maligni, è caratterizzata da
un aumento di intensità di segnale continuo, di oltre il 10% rispetto al picco dei primi tre minuti;
42
- Curva tipo II : presenta un iniziale aumento di intensità, seguito da un
plateau (deviazione dell’ intensità di segnale a tre–otto minuti di +/ - 10% rispetto al picco di intensità iniziale);
- Curva tipo III: peculiare il wash-out, con un decremento del segnale di
intensità maggiore del 10% rispetto al picco iniziale a tre-otto minuti. Questa curva è altamente predittiva di malignità se associata ad un wash-in precoce (entro i primi tre mwash-inuti).
Figura 3
I processi neoplastici sono accompagnati da un’intensa attività neoangiogenetica, che si caratterizza per l’aumento della vascolarizzazione, per la maggiore permeabilità capillare e per l’ampliamento degli spazi interstiziali. Per questa ragione, in corso di studio dinamico, le lesioni infiltranti sono caratterizzate da intenso e
43 precoce wash-in, espressione dei processi di neoangiogenesi tumorale. Gli shunt artero-venosi e l’incremento della permeabilità endoteliale sono responsabili del successivo rapido wash-out. Mentre la crescita invasiva si associa costantemente alla presenza del contrasto, poiché l’attività neoangiogenetica sembra essere un prerequisito della invasione tissutale, questo non è necessariamente vero nel caso del carcinoma in situ, considerato uno stato pre-invasivo, o dei carcinomi lobulari, caratterizzati da crescita cellulare.
Il pattern di wash-out si associa ad una probabilità di lesione maligna nell’87% dei casi, mentre un pattern di tipo plateau è visibile sia nelle lesioni maligne che nelle benigne, con un rapporto 3:2. Il pattern di continuo incremento della SI si associa ad una probabilità di lesione maligna del 6%. E’ necessario ricordare che la mammella può presentare enhancement di grado variabile per densità e differente fase mestruale. L’enhancement benigno (fibroadenomi, malattia fibrocistica, mastiti) e quello delle lesioni ad alto rischio (CLIS, papillomi, radial scar) può presentare caratteristiche sovrapponibili alle lesioni maligne sia morfologicamente che dal punto di vista della cinetica.
4.3 VANTAGGI E LIMITI DELL’USO DELLA RM NELLO STUDIO DELLA MAMMELLA
I principali vantaggi della RM consistono nel mancato utilizzo di radiazioni ionizzanti, nella maggiore corrispondenza delle dimensioni
44 reali e di imaging, la multiplanarietà di acquisizione delle immagini e l’elevata sensibilità nella detezione del carcinoma mammario invasivo [22].
Il costo deve essere giustificato in una rigorosa selezione delle casistiche secondo linee guida.
4.4 BI-RADS-MRI
Con lo sviluppo della RM mammaria, c’è stato un crescente bisogno di stabilire una terminologia comune per permettere una comprensione reciproca che ha portato all’instaurarsi di una sezione di RM all’interno dell’American College of Radiology (ACR) nel 2003 [23,25].
A seguito di un’analisi completa, le lesioni sono inserite in determinate categorie BI-RADS. Come per la mammografia e l’ecografia, il livello di sospetto di malignità viene classificato da 1 a 5 gradi, oltre a ulteriori due categorie quali 0 e 6 indicando rispettivamente l'imaging incompleto e per il cancro noto. Pertanto, le categorie BI-RADS si suddividono in: - 0 = indica uno studio che è tecnicamente insoddisfacente, in cui sono necessari ulteriori indagini come l’ecografia o la mammografia;
- 1 = negativo, assenza di massa, asimmetria, distorsione architetturale o enhancement sospetto;
- 2 = benigno;
- 3= indica una lesione probabilmente benigna, in cui il follow-up è consigliato, implica un basso rischio di malignità (<2%) e la biopsia di solito non è giustificata;
45 - 5 = altamente suggestivo di malignità (95%), azioni appropriate necessarie;
- 6 = diagnosi bioptica di carcinoma.
Secondo la classificazione BI-RADS, lo studio morfologico prevede la valutazione del Fibroglandular Breast Tissue (FGT) e del Background Parenchimal Enhancement (BPE).
Il FGT valuta la densità di tessuto mammario e viene suddiviso 4 categorie:
1) Minimo (<25%, pressoché interamente grasso) 2) Lieve (25-50%, parenchima mammario sparso)
3) Moderato (50-75%, parenchima mammario eterogeneo) 4) Marcato (>75%, prevalentemente tessuto ghiandolare)
in base alla quantità di ghiandola presente rispetto al grasso nella prima sequenza T1-pesata.
Il BPE definisce la captazione contrastografica del parenchima mammario normale.
Si valuta alla prima immagine post-contrastografica (90sec) sottratta e normalmente mostra una captazione progressiva.
Dipende da:
- anatomia vascolarizzazione parenchima mammario - influenze ormonali
Non è necessariamente correlato con la quantità del parenchima ghiandolare (FGT).
46 In generale BPE è più prominente nella fase luteale del ciclo mestruale nelle donne in età fertile. Pertanto in esami in elezione (es. screening alto rischio) RM dovrebbe essere eseguita dal 7°-14°gg.
Si distinguono 4 livelli:
1) Minimo (enhancement <25% del parenchima ghiandolare) 2) Lieve ( enhancement 25-50% del parenchima ghiandolare) 3) Moderato ( enhancement 50-75% del parenchima ghiandolare) 4) Marcato (enhancement >75% del parenchima ghiandolare)
Il BPE, inoltre, può essere definito come simmetrico o asimmetrico.
Le lesioni che mostrano un enhancement contrastografico alla RM mammaria, vengono classificate secondo il lessico BI-RADS dell’ACR in 3 categorie:
1) FOCUS: spot di impregnazione del diametro inferiore a 5 mm , troppo piccolo per essere caratterizzato ulteriormente. Non dovrebbe essere visibile nelle sequenze T1 senza mezzo di contrasto o nelle immagini T2, e se presente, la lesione allora entra a far parte del gruppo successivo.
2) MASS ENHANCEMENT: è chiaramente visibile come lesione 3D occupante spazio e una corrispondente lesione è presente nelle sequenze T1 senza contrasto e immagini T2. La massa può essere ulteriormente caratterizzata in termini di forma, margini e comportamento contrastografico.
47 - rotonda;
- ovale;
- lobulata (con un profilo ondulato);
-irregolare (hanno una forma irregolare che non può essere caratterizzato come tonda, ovale, o lobulata).
Per quanto riguarda i margini possono essere descritti come: - regolari;
- irregolare
- sfumati (caratteristici di lesioni mammarie maligne e cicatrici radiali). Il comportamento contrastografico delle masse è stato suddiviso in sei tipi:
- enhancement omogeneo, è uniforme e confluente nella massa;
- enhancement eterogeneo, non è uniforme e mostra variazioni all'interno della massa;
-rim enhancement è localizzato principalmente alla periferia della massa. Lo spessore del bordo non è ben definito. Questo tipo di comportamento è più frequentemente una caratteristica del carcinoma duttale invasivo di alto grado;
- setti interni non captanti all’interno di una lesione sono tipici di fibroadenomi, soprattutto quando la lesione ha bordi lisci o lobulati; - setti interni captanti il mdc sono di solito una caratteristica di lesioni maligne;
- enhancement centrale, visibile come un nidus all'interno di una massa che di solito è più evidente rispetto al resto della massa, è stato associato con il carcinoma duttale di alto grado e tumori al seno vascolarizzati. 3) NON-MASS ENHANCEMENT: area di impregnazione senza le caratteristiche della massa. Non è visibile nelle sequenze T1 senza
48 mezzo di contrasto o immagini T2, con l’enhancement contrastografico che si presenta su uno sfondo di tessuto mammario normale[27].
E’ importante valutare anche la distribuzione (focalità) delle lesioni per un corretto trattamento, che può essere definita come:
- unifocale (unica lesione a livello della ghiandola mammaria); - multifocale (più lesioni all’interno dello stesso quadrante); - multicentrico (più lesioni all’interno di più quadranti);
50 SCOPO DELLA TESI
Lo scopo del nostro studio è stato quello di valutare alcune caratteristiche di imaging in RM dei TNBC rispetto ai non-TNBC, stabilendo una correlazione statisticamente significativa tra queste e i due diversi istotipi, per arrivare ad una corretta ipotesi diagnostica per una migliore valutazione pre-trattamento e prognosi di questi tumori.
51 MATERIALI E METODI
1) PAZIENTE E STATO RECETTORIALE DEL TUMORE
Dal 01/01/2015 al 31/12/2015 abbiamo retrospettivamente arruolato 59 pazienti di età media di 50.14 anni (range compreso tra 30 e 78 anni e con DS di 10.906) con diagnosi istopatologica di TNBC (24 pazienti) e di non TNBC (35 pazienti).
I criteri di inclusione sono stati:
- esecuzione di RM mammaria stadiativa eseguita con mdc
- intervento chirurgico di quadrantectomia o mastectomia nel nostro centro
I criteri di esclusione sono stati:
- pazienti già sottoposte a quadrantectomia e con recidiva - pazienti sottoposte a pregressa RT a livello toracico
- pazienti sottoposte a chemioterapia neoadiuvante e mancanza di rilievo di carcinoma al pezzo operatorio definitivo
52 2) TECNICA DI RM
La preparazione della paziente ha previsto la compilazione di un questionario per il consenso informato, con spiegazioni riguardanti l’esecuzione dell’indagine e la gestione delle pazienti da parte del personale infermieristico.
Tutte le pazienti sono state esaminate con RM ad intensità di campo 1,5 Tesla (Symphony Siemens Healthcare) utilizzando una bobina dedicata con 18 canali indipendenti progettati per fornire un alto SNR.
Le pazienti, a torace scoperto, sono state disposte in decubito prono con le mammelle collocate all’interno degli appositi alloggiamenti della bobina, in modo da garantire una posizione comoda, stabile e ridurre gli artefatti da movimento.
E’ stata effettuata una lieve compressione in senso latero-mediale al fine di ridurre la quantità di tessuto da studiare e diminuendo quindi il tempo di acquisizione. Tale compressione limita inoltre i movimenti della paziente, con beneficio per le tecniche di sottrazione.
Dopo aver inserito nel computer i dati anagrafici della paziente e selezionato il protocollo di acquisizione, che comprende le sequenze preimpostate, l'inizio dell’esame ha previsto l’acquisizione di un'immagine guida, T1-pesata (LOCALIZER) che permette la valutazione preliminare dei confini della regione mammaria e l'opportuno posizionamento del campo di vista (FOV) nei vari piani visualizzati.
Il FOV è stato modificato in dimensione e angolazione, così come altri parametri, quali il numero di strati. E' utile inoltre contenere nel FOV
53 entrambi i cavi ascellari nelle acquisizioni assiali e sagittali per l'identificazione e la valutazione delle caratteristiche linfonodali.
La prima sequenza di impulsi ad essere eseguita è stata una turbo spin echo (TSE) T2-pesata senza (tempo di ripetizione sec/tempo di eco msec, 5056/90; lunghezza treno di echi, 15; matrice, 158x320) e con soppressione del grasso (saturazione spettrale, inversion recovery) in almeno un piano di scansione, talvolta in due.
Sono state eseguite anche sequenze di diffusione che consentono l'elaborazione di mappe in base al gradiente di diffusione dell'acqua libera (ADC=apparent diffusion coefficient), il quale correla bene con la cellularità lesionale.
Successivamente è stato eseguito lo studio dinamico, costituito da una sequenza pre-contrasto (maschera) seguita da cinque acquisizioni post-contrastografiche. Tra la “maschera” e la prima sequenza post- contrasto è stato iniettato il mdc.
La sequenza 3D T1 – GRE è stata effettuata con FOV di piccole dimensioni (360x160), spessore di strato di 2,5 mm, intervallo tra gli strati uguale a 0, flip angle di 25°, matrice elevata ( 512 x 512), TR pari a 8,7 msec e TE di 4,3 msec; il tempo di scansione è di 1,24 sec, ripetuto per sei volte.
Nel nostro studio sono stati rispettati i seguenti parametri per la somministrazione del mezzo di contrasto: risoluzione temporale in meno di 30 secondi, acquisizione volumetrica con almeno 28 sezioni e senza pause di intersezione, risoluzione spaziale isotropica di meno di 1 mm, alta sensibilità per l'agente di contrasto , rimozione perfetta del segnale del grasso e capacità di comprendere nell'immagine entrambi i seni interamente.
54 Il mezzo di contrasto somministrato per via endovenosa, tramite un'agocannula posizionata in una vena periferica dell'avambraccio o della mano, è stato il Dotarem®Guerbet , alla dose standard di 0,1-0,2 mmol/kg ad una concentrazione di 0,5 mmol / ml, ad una velocità di iniezione di 2-3 ml/sec, seguito da un flush di soluzione isotonica di sodio cloruro (20- 30 ml a 2 ml/sec) utilizzando un iniettore automatico. Ha seguito quindi una fase di elaborazione digitale che ha previsto l'utilizzo di un software di sottrazione delle immagini e di protocolli di elaborazione delle immagini ottenute (Fig. 4): questi possono operare automaticamente sulle immagini archiviate durante l'esecuzione dell'esame, come la sottrazione d'immagine e la maximum intensity projection (MIP). Altre sono state eseguite direttamente dall'operatore come la multiplanar reconstruction (MPR). Inoltre sono state costruite delle curve cinetiche intensità di segnale/tempo (IS/T) mediante il posizionamento di ROI di dimensioni adeguate, non superiori ai 9 pixel, all'interno della lesione. Il posizionamento è stato effettuato nel punto di maggiore impregnazione nel primo frame dinamico post-contrasto, campionando più volte l'area con piccoli spostamenti della ROI per assicurare la riproducibilità e quindi la massima specificità.
55 Figura 4 Fase di elaborazione delle immagini (post-processing) di una pz TNBC, con tumore in sede equatoriale dx. A. Immagine MIP distingue le strutture vascolari della lesione e consente una migliore analisi dei rapporti con i tessuti circostanti. B. Immagine MPR secondo un piano sagittale, che evidenzia il rapporto della lesione con il m. pettorale. C. Posizionamento della ROI nel punto di maggiore impregnazione contrastografica. D. Costruzione della relativa curva IS/T.