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DISFUNZIONE MITOCONDRIALE E SLA:BASI EZIOPATOGENETICHE E PROSPETTIVE FARMACOLOGICHE

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA

Dipartimento Di Farmacia

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN FARMACIA

TESI DI LAUREA

Disfunzione mitocondriale e SLA:

Basi eziopatogenetiche e prospettive

farmacologiche

Relatore: Prof. Vincenzo Calderone Relatore: Dott. Paolo Bongioanni

Candidata: Georgiana Miron

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Dedico questa “vittoria” ai miei genitori

e fidanzato Marco

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1.INTRODUZIONE ... 4

1.1.DEFINIZIONE DELLA MALATTIA ... 4

1.2.EPIDEMIOLOGIA ... 7

1.3.PATOGENESI... 9

1.4.DECORSO PATOLOGICO DELLA MALATTIA ... 18

1.5.CRITERI DIAGNOSTICI ... 20

1.6.COMUNICAZIONE DELLA DIAGNOSI ... 23

1.7TERAPIA ... 24

1.7.1TERAPIE SINTOMATICHE ... 25

1.8.FARMACI IN VIA DI SVILUPPO ... 29

1.9.PROGNOSI ... 31

2.MITOCONDRI E NEURODEGENERAZIONE ... 32

2.1.MITOCONDRI: STRUTTURA E FUNZIONE... 32

2.2.DISFUNZIONI MITOCONDRIALI NEI VARI DISTRETTI ... 37

2.3.ALTERAZIONI MITOCONDRIALI E PATOLOGIE PSICHIATRICHE ... 39

2.4.DISFUNZIONE MITOCONDRIALE NELLE MALATTIE NEURODEGENERATIVE ... 40

2.5.DISFUNZIONE MITOCONDRIALE NELLA SLA ... 45

2.5.1.RUOLO DEL DINAMISMO MITOCONDRIALE NELLA SLA ... 45

2.5.2.RUOLO DEL TRASPORTO MITOCONDRIALE NELLA SLA ... 49

2.5.3.RUOLO DEL MITOCONDRIO NELL’OMEOSTASI DEL CA2+ NELLA SLA ... 49

2.5.4.MITOCONDRIO E STRESS OSSIDATIVO NELLA SLA ... 54

3.FARMACOLOGIA MITOCONDRIALE... 56

3.1.MITOCONDRIO: POTENZIALE TARGET DI UNA FUTURA TERAPIA FARMACOLOGICA PER LA SLA. ... 56

3.1.1.FARMACI ANTI-ECCITOTOSSICI ... 56

3.1.2.FARMACI ANTI-OSSIDANTI ... 60

3.1.3.FARMACI ANTI-APOPTOTICI ... 67

3.1.4.FARMACI MODULATORI DEI PROCESSI DI FUSIONE E FISSIONE ... 68

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1.Introduzione

1.1. Definizione della malattia

La Sclerosi Laterale Amiotrofica(SLA) è una malattia neurodegenerativa fatale che interessa i motoneuroni, causando una progressiva paralisi muscolare, atrofia ed infine la morte (che avviene più comunemente per asfissia entro i 2-5 anni dalla diagnosi della malattia).1

Figura 1 .www.karmanhealtcare.com

La SLA è stata descritta per la prima volta dal neurologo francese Jean-Marie Charcot nel 1869, in onore del quale viene definita anche Malattia di Charcot.

Il termine “Sclerosi laterale” indica la consistenza dura al tatto della porzione laterale del midollo spinale dove sono presenti le fibre moto-neuronali: tale sclerosi, osservata all’autopsia, è dovuta ad una reazione “cicatriziale”(gliosi) secondaria alla degenerazione delle fibre nervose. 2

L’espressione “Amiotrofica” si riferisce alla perdita di massa muscolare (atrofia), debolezza muscolare e fascicolazioni, che rappresentano una conseguenza della degenerazione del secondo motoneurone.3

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Negli Stati Uniti la malattia è nota come Morbo di Lou Gehrig, dal nome di un famoso giocatore di baseball, che ne fu colpito nel 1939, all’età di 36 anni.

Un’ulteriore definizione è Malattia del motoneurone (MND), termine ge-nerico adottato da Lord Russel Brain nel 1962 per raggruppare le varie forme della malattia di cui la SLA rappresenta la forma più comune.4

Le MND, che si manifestano con prognosi ed aspetti clinici diversi, in-cludono le seguenti.

Paralisi bulbare progressiva (Progressive Bulbar Palsy, PBP)

Colpisce circa un quarto delle persone affette da MND. Coinvolge sia i motoneuroni superiori sia quelli inferiori, e si manifesta con progressiva paralisi dei muscoli della mandibola, della faringe e della lingua con con-seguente disfagia, disartria, disfonia e difficoltà della masticazione. È la forma con la prognosi più infausta. L’aspettativa di vita è da 6 mesi a 3 anni dalla comparsa dei sintomi.5

Atrofia muscolare progressiva (Progressive Muscolar Atrophy, PMS)

Riguarda pazienti con un’età media superiore ai 50 anni, ma può inte-ressare anche persone di giovane età. Questa particolare forma di MND causa danni ai motoneuroni inferiori, che si manifestano con debolezza degli arti superiori o inferiori; inizialmente può colpire una sola parte del corpo per poi estendersi con il passare degli anni ad altre regioni soma-tiche. La maggior parte delle persone vive per più di 5 anni.6

Sclerosi laterale primaria (Primary Lateral Sclerosis, PLS)

È caratterizzata dalla morte dei motoneuroni superiori, che conduce ad una progressiva debolezza muscolare, soprattutto a carico degli arti in-feriori, anche se alcune persone manifestano difficoltà nel linguaggio e

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nell’uso delle mani. La durata di vita è più di 10 anni dall’esordio della malattia.7

Sindrome” Flail arm”

Letteralmente nota come Sindrome delle braccia cadenti, ma anche come Sindrome di Vulpian-Bernhardt o Diplegia brachiale amiotrofica, si presenta con atrofia ed ipostenia simmetrica degli arti superiori. È una degenerazione del secondo motoneurone che risparmia a lungo gli arti inferiori, ma segni di spasticità ed atrofia possono svilupparsi nel decorso della malattia, mentre difficoltà nella deglutizione e debolezza diaframmatica risultano essere gli ultimi sintomi che racchiudono il qua-dro clinico di questa sinqua-drome.

Sindrome “Flail leg”

Conosciuta anche come Sindrome delle gambe cadenti o Forma pseu-dopolinevritica di SLA (Malattia di Patrikios), si presenta con atrofia e debolezza simmetrica degli arti inferiori e riflessi tendinei depressi. La degenerazione interessa il secondo motoneurone e la progressione è più lenta rispetto alle altre forme di MND.

Tra i personaggi celebri affetti da questa malattia si ricordano l’astrofi-sico inglese Stephen Hawking (autore del libro “A brief history of time”) ed il compositore russo Dmitrij Šostakovič. 8,9

SLA a coinvolgimento multisistemico (SLA-Demenza)

È stato riconosciuto che i pazienti con la SLA manifestano diversi deficit cognitivi, come la Demenza frontotemporale (Frontotemporal Dementia, FTD) che colpisce circa il 5 % dei pazienti e può presentarsi sia prima sia dopo l’insorgenza dei sintomi motori. 3

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1.2. Epidemiologia

Nel corso del 1990 i casi di SLA stimati avevano un’incidenza di 1,5-2,7 per 100.000 persone all’anno in Europa e Nord America, mentre la pre-valenza era compresa tra i 2,7 e i 7,4 per 100.000 nei Paesi occidentali. In alcune aree geografiche, come l’isola di Guam nel Pacifico, la peni-sola di Kii nel Giappone ed il Sud-ovest della Nuova Guinea, la preva-lenza di SLA risultava invece essere 50-100 volte superiore rispetto ad altri luoghi del mondo.

Si ipotizzava che la causa di tale valore fosse di tipo ambientale, corre-lata ad una neurotossina prodotta da cianobatteri simbionti presenti nelle radici delle cicadine, molto comuni in quelle zone; inoltre si rite-neva che i pazienti che sviluppavano SLA, associata al parkinsonismo ed alla demenza, in particolare nell’isola di Guam, non fossero in grado di prevenire l’accumulo di tale sostanza tossica.

La SLA viene diagnosticata in media tra i 50 ed i 60 anni, con età media di insorgenza di 64 anni; il rischio diventa maggiore nelle persone di 80 anni. Solo il 5% dei casi sono diagnosticati prima dei 30 anni, anche se è stato riconosciuto un incremento della SLA sporadica in età giovanile.

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Diversi studi dimostrano che ad essere più colpiti sono gli uomini ri-spetto alle donne, con un rapporto di circa 1,5 a 1: ciò potrebbe essere dovuto a fattori di protezione ormonali nelle donne, anche se dati recenti suggeriscono un incremento nell’incidenza tra le femmine, ipotizzando che ciò sia dovuto al cambiamento delle condizioni socioeconomiche negli ultimi decenni.2

Recenti studi condotti negli Stati Uniti stimano un’incidenza annuale mondiale di circa 1,9 casi per 100.000 persone con tassi uniformi nelle popolazioni caucasiche e maggiori rispetto alle popolazioni africane, asiatiche ed ispaniche, e dimostrano che il numero di casi di questa fatale malattia aumenterà del 69% nei prossimi 25 anni e che questo aumento sarà dovuto principalmente all’invecchiamento della popola-zione.11

La maggior parte dei casi di SLA sono sporadici; solo circa il 5% hanno una storia familiare. Le due forme sono clinicamente indistinguibili, fatta eccezione per alcuni casi di SLA familiare con caratteristiche ben di-stinte.3

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1.3. Patogenesi

L’ esatto processo molecolare responsabile della morte dei motoneuroni nella SLA rimane tutt’oggi sconosciuto ma, come nelle altre malattie neurodegenerative, è probabile che ci sia una complessa interazione tra meccanismi di tipo molecolari ed ambientali.

Figura 3. Meccanismi patogenetici alla base della SLA12

Fattori genetici

Si tratta delle diverse mutazioni geniche alla base di una malattia così complessa: una delle prime ad essere stata scoperta è la mutazione della superossidodismutasi (SOD1), che fa acquisire all’enzima un’atti-vità tossica, causando un’alterazione nella funzione anti-ossidante con formazione di specie reattive che causano la morte prematura dei mo-toneuroni.

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Alla base di questo meccanismo tossico ci sono varie ipotesi:

➢ incapacità della forma mutante a legare lo zinco con scarsa effi-cienza nell’attività di spazzino delle specie reattive;

➢ aumento dell’affinità per substrati anomali, come per esempio il perossinitrito, che conduce ad un incremento di nitrotirosina libera (marker di stress ossidativo);

processi di misfolding (mal ripiegamento) con formazione di ag-gregati intracellulari instabili che alterano l’attività del proteosoma, interrompono i sistemi di trasporto assonale e le funzioni cellulari vitali.

Altri geni mutati della SLA, in particolare quella familiare, sono: alsina (ALS2), senataxina(ALS4), la proteina di membrana associata alle ve-sciche (VAPB, ALS8), angiogenina e subunità p150 della dinactina (DCTN1).

Recentemente, mutazioni nel gene TARDBP (che codifica per la pro-teina TDP-43) che si trova sul cromosoma 1p36.22 sono state collegate alla SLA, sia familiare sia sporadica.

Sono state identificate in casi sporadici diverse altre mutazioni geniche che possono aumentare la suscettibilità alla SLA: nel gene delle catene pesanti dei neurofilamenti (NFH), in quello dell’apolipoproteina E (APOE), in quello del trasportatore degli amminoacidi eccitatori (EAAT2) ed in quello del fattore di crescita vascolare endoteliale (VEGF).13,14

Alterazione nel trasporto assonale

I motoneuroni sono cellule altamente polarizzate, caratterizzate da as-soni che possono raggiungere fino ad un metro di lunghezza e che sono dotati di un importante sistema di trasporto intrernocellulare.

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Sono responsabili della trasmissione degli impulsi nervosi e del tra-sporto di organelli, RNA, proteine, lipidi ed altre componenti cellulari nei vari compartimenti.

Il trasporto lungo gli assoni può avvenire in senso anterogrado, (cioè dal corpo cellulare verso le terminazioni assoniche) e viene realizzato gra-zie a motori molecolari della famiglia delle chinesine, mentre il trasporto retrogrado (in direzione opposta, diretto verso il soma cellulare) è con-dotto da motori cellulari citoplasmatici della famiglia delle dineine.15

Figura 4.Trasporto assonale (Nature Publishing Group)

Questo sistema tanto complesso quanto vulnerabile potrebbe essere il bersaglio della tossicità indotta da SOD1, ipotesi sostenuta da studi ef-fettuati su topi SOD1 mutati, che hanno rilevato sia una perdita del se-gnale neurotrofico sia un’alterazione del trasporto assonale in entrambi i sensi. 15-19

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Altro possibile target di questo meccanismo patogeno risultano essere i neurofilamenti proteici che determinano la forma delle cellule ed il ca-libro degli assoni.

Un’alterata espressione ed assemblaggio di questi ultimi causa la de-generazione dei motoneuroni, anche se la modalità con cui ciò avviene rimane ancora poco chiara. Questo tipo di anomalie con accumulo di neurofilamenti sono state riscontrate in pazienti con entrambe le forme di SLA, familiare e sporadica; mentre nel 1% dei casi sporadici è stata identificata una mutazione nel gene NFH. 3,13

Eccitotossicità

Questo meccanismo coinvolge i recettori del glutammato la cui attiva-zione causa un eccessivo aumento delle concentrazioni di Ca2+ nel

ci-tosol.20

Il glutammato è il principale neurotrasmettitore del Sistema nervoso centrale (SNC): una volta sintetizzato viene rilasciato nel vallo sinaptico dove attiva i recettori post-sinaptici NMDA ed AMPA presenti sulla su-perficie cellulare. Dopo essere stato rilasciato dalla vescicola viene ri-mosso dal vallo sinaptico dai trasportatori degli aminoacidi eccita-tori(EAAT).

Questo continuo rilascio e recupero del glutammato serve a mantenere un gradiente di concentrazione costante, evitando possibili danni neu-ronali.21

Un’alterazione dei neurotrasportatori del glutammato è stata notata sia nei pazienti con SLA (nella corteccia motoria e nel midollo spinale), sia nei topi transgenici con SOD1 umana mutata. In particolare, una ridu-zione del traportatore gliale EAAT2 comporta un incremento del glutam-mato extracellulare, provocando così danni nei neuroni cerebrali.22, 23 È

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probabile che un’eccessiva stimolazione dei recettori per gli amminoa-cidi eccitatori determini un incremento patologico della concentrazione intracellulare di Ca2+ che ,a sua volta, causa lesioni neurotossiche

atti-vando numerosi processi biochimici distruttivi all’interno della cellula, come le vie del nitrossido, che portano ad un accumulo dei radicali li-beri.12,24

Secondo Rothstein la riduzione del carrier EAAT2 è probabile sia dovuta a mutazioni nel processo di splicing, (ad es. ritenzione degli introni e salto degli esoni), che modificano la corretta maturazione del mRNA che codifica per EAAT2.

Alterazioni di questo tipo sono state trovate nel liquido cerebrospinale di pazienti affetti da SLA.22,25,26

Sembra essere coinvolto in questo meccanismo anche la forma SOD1 mutata che a sua volta causa l’inattivazione del neurotrasportatore, oltre ad alterare l’omeostasi del Ca2+ intracellulare mediante un effetto

tos-sico diretto sui mitocondri.23,27

Alterazione della struttura e della funzione del mitocondrio

La disfunzione mitocondriale gioca un ruolo importante nella degenera-zione dei motoneuroni, in quanto i mitocondri sono fondamentali nei pro-cessi cellulari di produzione di energia, di respirazione, di omeostasi del Ca2+ e di controllo dell'apoptosi.28

Diversi studi dimostrano alterazioni nella funzione e nella morfologia di questi organelli, come la frammentazione della rete interconnessa, il ri-gonfiamento osmotico (swelling) e l’aumento delle creste, sia nel soma, sia negli assoni prossimali dei motoneuroni spinali dei pazienti affetti da SLA.29-31

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Fumo di sigaretta

È stato dimostrato che il fumo di sigaretta aumenta la probabilità di svi-luppare la SLA, mediante la produzione di fattori infiammatori e l’indu-zione di stress ossidativo e di neurotossicità causata dai metalli pesanti contenuti nella sigaretta.

Il rischio è più elevato nei fumatori attivi che iniziano in età giovanile, anche se non risulta associato alla durata o all’intensità di tale abitu-dine.32,33

Nei pazienti fumatori con SLA il tasso di mortalità è molto alto a causa della formaldeide contenuta nel fumo di sigaretta (attivo e passivo). Si pensa che questo fattore di rischio non genetico abbia un ruolo im-portante nello sviluppo della malattia33,. Tuttavia, non ci studi che

dimo-strino come l’abbandono di tale vizio sia benefico per la salute dei pa-zienti con SLA.

Attività fisica

Diversi scienziati avanzano l’ipotesi che un’attività fisica intensa in età giovanile ed una costituzione fisica snella aumentino il rischio di svilup-pare la SLA a causa delle specie reattive dell’ossigeno ( Reactive Oxygen Species, ROS) e dell’azoto ( Reactive Nitrogen Species, RNS), che si producono nell’organismo in seguito ad un importante lavoro mu-scolare e cardiovamu-scolare.

Tra le ipotesi più dibattute c’è l’utilizzo di farmaci dopanti, tesi sostenuta dall’indagine effettuata dal procuratore Raffaello Guariniello su un cam-pione di calciatori di serie A, B e C dalla quale emerse un’incidenza di malattia 7-8 volte maggiore rispetto alla popolazione generale. Tra i cal-ciatori più esposti a questo rischio furono trovati i centrocampisti, in par-ticolare quelli che esordiscono precocemente e quelli che praticano l’at-tività agonistica per più di 5 anni. Furono compresi nell’indagine anche

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i giocatori di basket, di rugby ed i ciclisti, tra i quali però non furono rile-vati casi di SLA.

Tuttavia, la natura del legame tra Ca2+ e SLA rimane ancora non

chia-rita; inoltre, l’ipotesi del doping è in parte contraddetta dal fatto che in altri sport dove c’è un abuso di sostante illegali, segnalato dalla cronaca -come nel caso del ciclismo, l’incidenza della malattia è paragonabile a quella della popolazione generale.

Altri possibili fattori potrebbero essere:

➢ la continua esposizione a traumi cranici e gli infortuni sul campo da gioco, dove il colpo di testa risulta essere un potenziale stimolo lesivo a causa di un impatto sulle strutture del SNC;

➢ l’utilizzo di integratori a base di amminoacidi ramificati e creatina, nonché di farmaci anti-infiammatori non steroidei (FANS), potenzia lo stress ossidativo, anche se questo non spiega come altre cate-gorie di atleti professionisti (ad esempio body builder) non manife-stino un incremento di tale malattia;

➢ l’esposizione a sostanze tossiche presenti nell’ambiente, derivate dalle vernici e dai diserbanti utilizzati per i campi da Ca2+34.

Esposizione a metalli pesanti

Una prolungata esposizione a prodotti chimici agricoli, come pesticidi, fertilizzanti, erbicidi, insetticidi e formaldeide, per più di 4 anni, potrebbe aumentare il rischio di ammalarsi di SLA, ma non è stato ancora provato se questo sia dose-dipendente. Sembra inoltre che tra gli individui con una lunga esposizione alla formaldeide, il tasso di mortalità sia 2 volte superiore rispetto a quelli non esposti.35

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Numerosi studi si sono focalizzati sulla neurotossicità dei metalli pe-santi, ed a suscitare un forte interesse sin dal passato è stato il Pb2+.

Queste ricerche hanno permesso, durante gli anni, di ipotizzare i mec-canismi che sottendono alla degenerazione neuronale.

L’assorbimento del Pb2+ avviene principalmente attraverso il cibo, ma

un’assunzione eccessiva deriva da fonti occupazionali ed ambientali, presumibilmente controllabili.

Gli effetti sono deleteri a livello del sistema nervoso, poiché il Pb2+ altera

il bilanciamento ionico; interferisce con i neurotrasmettitori chimici o con i loro recettori; causa anossia a livello cellulare.36

In particolare, Kamel et al hanno dimostrato che un incremento del Pb2+

mobilitato dal tessuto osseo al compartimento ematico, potrebbe gio-care un ruolo importante nell’insorgenza acuta della malattia.37 Tale

ipo-tesi è stata contrastata dalla teoria avanzata da Barbeito et al, che sot-tolinea il ruolo protettivo dell’esposizione al Pb2,+ in quanto quest’ultimo

porterebbe alla crescita degli astrociti con conseguente incremento nella produzione di antiossidanti che proteggerebbero le cellule neuro-nali.38Vari studi hanno riscontrato che un’esposizione persistente al Pb2+

causa un rallentamento nella conduzione nervosa ed un’alterazione del metabolismo del Ca2+.41 Il Pb2+, “imitando” e spiazzando il Ca2+, si lega

ai siti allosterici delle proteine, comportando in tal modo numerose alte-razioni nei meccanismi di trasduzione dei segnali intracellulari. Tra le proteine che nel corso degli anni hanno destato particolare attenzione, si ritrovano la Calmodulina e la ProteinChinasi C(PKC). La Calmodulina svolge un ruolo rilevante nei processi di segnalazione intracellulare: in presenza di Ca2+(o Pb2+) subisce una variazione conformazionale che

la rende in grado di legare e, quindi, attivare diverse proteine bersaglio coinvolte in numerosi processi biologici.39

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Tra le risposte mediate dalla PKC, anche essa attivata dalla presenza di Ca2+ e Pb2+ quale il suo surrogato, sono incluse la divisione e la

pro-liferazione cellulare, la comunicazione cellulare e l’organizzazione del citoscheletro.40

Markovac e Goldstein hanno riportato che il Pb2+,attivando le PKC nei

capillari, può contribuire significativamente ad alterare la barriera ema-toencefalica attraverso la citotossicità mediata dalla perossidazione lipi-dica delle membrane delle cellule astrocitarie con conseguente altera-zione funzionale delle stesse, morte cellulare e perdita della peculiare funzione di barriera; inoltre è stato rilevato che il Pb2+riduce l’attività

do-paminergica interagendo con il sistema della dopamina.41,42

Radiazioni ed esposizione a campi elettromagnetici

Studi in vitro ed in vivo hanno dimostrato che l’esposizione ad onde elet-tromagnetiche a bassissima frequenza incrementa la produzione di spe-cie reattive, esponendo le cellule ad un maggiore stress ossidativo ridu-cendone la funzione protettiva antiossidante.

Le ricerche ipotizzano che i campi elettromagnetici siano responsabili della rottura dei filamenti del DNA nelle cellule cerebrali, causandone la morte per apoptosi e necrosi.43, 44

Dieta

Un eccessivo consumo di macromolecole come carboidrati, glutammato e grassi potrebbe avere effetti negativi sui malati di SLA, incrementan-done il rischio di manifestare la malattia. Diverse ricerche ipotizzano che un accumulo di glutammato provochi una sovrastimolazione dei recet-tori glutammatergici con conseguente aumento del Ca2+ intracellulare

che induce una morte selettiva dei motoneuroni, meccanismo simile a quello che si attiva nella SLA.45,46 ,47

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Il glutammato si trova in cibi ricchi di proteine, pomodori, funghi, latte e formaggi. Normalmente il glutammato non attraversa la barriera emato-encefalica, di conseguenza non è ancora ben chiaro se la dieta a base di glutammato influenzi il processo di neurotrasmissione.

1.4. Decorso patologico della malattia

Il SNC, responsabile dell’interazione, elaborazione e coordinamento delle funzioni sensitive e degli stimoli motori è costituito da due principali gruppi di neuroni:

sensitivi (afferenti) che raccolgono informazioni provenienti dall’ambiente esterno ed interno e le trasmettono al SNC;

motori (motoneuroni) che innervano la muscolatura scheletrica e sono responsabili del movimento volontario.

Quest’ultimi vengono divisi in due gruppi:

primo motoneurone o motoneurone superiore o corticale, localiz-zato, appunto, nella corteccia cerebrale, che invia il segnale ner-voso dal cervello al tronco encefalico o al midollo spinale;

secondo motoneurone o motoneurone inferiore o bulbare/spinale, che invia il segnale nervoso dal tronco encefalico o dal midollo spinale ai muscoli.

Nella SLA entrambi i motoneuroni vanno incontro ad un processo di de-generazione che progredisce gradualmente per mesi o anni e si con-clude con la morte cellulare.

I primi segni della malattia compaiono quando la perdita progressiva dei motoneuroni supera la capacità di compenso dei motoneuroni superstiti:

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si manifestano con fascicolazioni o crampi, atrofia ed ipostenia musco-lare agli arti superiori e inferiori, mentre alcuni pazienti possono presen-tare paraparesi spastica. Tali sintomi indicano un esordio di tipo spinale che interessa circa due terzi dei casi di SLA.

La debolezza muscolare, un sintomo insidioso, può essere percepito dal paziente con maggior intensità in presenza di un clima più freddo. Inizialmente si manifesta in modo asimmetrico colpendo un solo arto, per poi estendersi con il passare del tempo anche agli altri, rendendo difficile anche i piccoli gesti della vita quotidiana.

I pazienti con esordio bulbare presentano invece difficoltà ad articolare le parole e le frasi (disartria), che inizialmente si manifestano solo dopo l’ingestione di piccole quantità di alcool. Talvolta può essere presente un problema di motilità delle corde vocali, che causa disfonia.

Questi sintomi possono essere preceduti o seguiti da disfagia per liquidi e solidi, che porta a malnutrizione e dimagrimento.

Un'altra manifestazione molto comune in questi pazienti è la scialorrea, ovvero un’eccessiva salivazione dovuta alla difficoltà nel deglutire la sa-liva e ad una lieve debolezza facciale bilaterale che colpisce la parte inferiore del viso.

L’effetto pseudobulbare, conosciuto anche come labilità emotiva, carat-terizzato da riso incontrollabile oppure pianto, è stato riscontrato in un significativo numero di casi.

Solitamente i malati di SLA non lamentano sintomi sfinterici o sensitivi. Recenti studi dimostrano che in una piccola percentuale di casi, circa il 15%, i pazienti con SLA sviluppano un deterioramento cognitivo del tipo FTD, caratterizzata da profondi cambiamenti della personalità, e questo è più comune tra i pazienti con una storia familiare di demenza.

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Con il progredire della malattia i pazienti manifestano una tipica combi-nazione di sintomi/segni a carico del primo e secondo motoneurone che confluiscono verso una totale paralisi dei movimenti volontari.

Nei pazienti tenuti in vita da tracheotomia si sviluppa la cosiddetta “loc-ked-in syndrome”, ovvero l’impossibilità totale di movimento e comuni-cazione con l’ambiente: la mente resta vigile ma prigioniera in un corpo che diventa via via completamente immobile. Tale condizione è comun-que rara, rappresentando circa il 5% dei malati di SLA tracheotomiz-zati.2,3,48

1.5. Criteri diagnostici

La natura complessa ed eterogenea della SLA può rendere molto diffi-cile la diagnosi. La mancanza di un biomarcatore specifico, la sintoma-tologia clinica variabile e la sovrapposizione con diverse malattie neu-rodegenerative spesso comportano un ritardo nell’accertamento della malattia, in media di circa 13-18 mesi a partire dalla comparsa dei primi sintomi.49, 50

Alcune condizioni cliniche che entrano in diagnosi differenziale con la SLA sono:

neuropatia motoria multifocale caratterizzata da blocco /blocchi di conduzione;

➢ mielopatia cervicale spondilosica; ➢ Malattia di Kennedy;

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Riuscire a differenziare le varie forme patologiche è fondamentale affin-ché il paziente abbia la corretta terapia.51,52 ,53

Per diagnosticare la SLA e valutare in modo adeguato la patologia fu-rono sviluppati nel 1994 dei criteri diagnostici chiamati “El Escorial Cri-teria”, che poi furono revisionati successivamente nel 1998 e rinominati “Airlie House Criteria”. Quest’ ultimi richiedono una combinazione di se-gni e sintomi del primo e del secondo motoneurone in una o più delle quattro regioni del corpo: cranio-bulbare, cervicale (estremità superiori), toraco-addominale e lombo-sacrale (estremità inferiori).

I segni del primo motoneurone includono aumento dei riflessi muscolari e spasticità, mentre i segni del secondo motoneurone includono iposte-nia, atrofia muscolare e fascicolazioni.

Secondo questi criteri, è possibile distinguere la malattia in:

SLA clinicamente definita: sintomi clinici a carico del primo e del secondo motoneurone in almeno tre regioni somatiche;

SLA clinicamente probabile: sintomi clinici di danno del primo e secondo motoneurone in due regioni;

SLA clinicamente possibile: segni clinici di danno del primo e del secondo motoneurone in una regione somatica;

SLA clinicamente sospetta: quando sono presenti segni di coin-volgimento solo del primo o solo del secondo motoneurone in una o più regioni.52,54

Gli esami che aiutano il neurologo a confermare o smentire il sospetto clinico sono i seguenti.

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L’elettromiografia

È un esame strumentale neurofisiologico utilizzato per evidenziare se-gni di sofferenza del secondo motoneurone nei muscoli di braccia e gambe. Lo scopo è quello di localizzare la lesione, fornire informazioni sul processo patologico sottostante, valutare la gravità e l’andamento temporale della malattia.

Risonanza magnetica nucleare

Questo studio neuroradiologico viene impiegato allo scopo di escludere altre malattie dell’encefalo e del midollo spinale.13

Test di laboratorio

Includono la misurazione della sedimentazione degli eritrociti(VES), l’elettroforesi delle proteine nelle urine e nel siero, la misurazione del Ca2+ e del PO

43- sierici, l’emocromo completo, la misurazione della

crea-tina, del glucosio, della vitamina B e dei folati plasmatici, utili per esclu-dere altre malattie infiammatorie, infettive (HIV), del sangue, tumorali, tiroidee ed autoimmuni.52

Biopsia muscolare e biopsia del nervo

Non sono esami di routine, ma vanno effettuati in casi selezionati, in cui vi è il sospetto di malattie neuromuscolari differenti.

Puntura lombare o rachicentesi

Permette di esaminare il liquor per poter escludere altre malattie neuro-logiche. Non sempre è necessaria. Altri test possono essere richiesti dal neurologo qualora lo ritenga opportuno.

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1.6. Comunicazione della diagnosi

La comunicazione della diagnosi rappresenta un momento cruciale nella definizione del rapporto medico-paziente. Deve essere veritiera, comprensibile, graduale, empatica, e soprattutto sufficiente per consen-tire scelte consapevoli.

La diagnosi va comunicata di persona in un ambiente tranquillo ed in presenza dei familiari, se il paziente lo desidera. Il linguaggio deve es-sere semplice ma diretto, evitando il gergo medico; bisogna trasmettere empatia e rispetto, permettere al paziente di esprimere le proprie emo-zioni ed i propri dubbi, di porre domande riguardo le possibilità terapeu-tiche, sui protocolli sperimentali, preservando la speranza senza dare false rassicurazioni.55

La prima visita dopo la comunicazione della diagnosi dovrebbe essere effettuata entro 2-4 settimane. I successivi controlli vanno generalmente effettuati ogni 2-3 mesi, ma tale intervallo di tempo può essere ridotto o aumentato a seconda dello stadio della malattia e della sua velocità di progressione.50

Il paziente dovrebbe avere a disposizione un team multidisciplinare co-stituito da un insieme di specialisti che rispondono alle diverse esigenze del paziente e della sua famiglia nelle varie fasi della malattia, come: neurologo, pneumologo, nutrizionista, gastroenterologo, chirurgo, otori-nolaringoiatra, foniatra, logopedista, anestesista/rianimatore, psicologo, fisiatra, fisioterapista, personale infermieristico, operatori socio-sanitari, assistenti sociali, genetista.

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1.7. Terapia

Attualmente non esistono farmaci in grado di curare o bloccare la pro-gressione della malattia, nonostante gli incessanti studi farmacologici condotti negli anni.

L’unico farmaco approvato dalla Food and Drug administration(FDA) è

il RILUZOLO (2- amino- 6-trifluoro- metossi-benzotiazolo),

commercializ-zato nel 1966 come il primo farmaco anti-eccitotossico in grado di au-mentare la sopravvivenza dei pazienti affetti da SLA.

Sino ad oggi il trattamento della malattia è solo sintomatico, ed il far-maco sovracitato ha dimostrato in vari trial clinici un’efficacia nel ridurre la progressione della malattia determinando un ritardo nell’attuazione di interventi, come la tracheotomia e la ventilazione meccanica. Gli effetti benefici del farmaco risultano visibili dopo 12 mesi.56-59

Il RILUZOLO, generalmente definito come antagonista glutammatergico,

agisce con diversi meccanismi:

inibisce il rilascio presinaptico degli amminoacidi eccitatori; 60,61

esplica attività antagonistica non competitiva sui recettori postsi-naptici glutammatergici;62,63

interagisce con i canali del Na+, del K+ e del Ca2+ voltaggio

dipen-denti;64-66

interferisce con i trasportatori di neurotrasmettitori come il GABA, dopamina, acetilcolina, serotonina e D-aspartato.61

La dose giornaliera raccomandata negli adulti o negli anziani è di 100mg (50mg ogni 12 ore).

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Per evitare un danno epatico, prima e durante la terapia con RILUZOLO,

devono essere controllati gli indici di funzionalità epatica, in particolare le transaminasi sieriche che generalmente tendono ad aumentare entro 3 mesi dall’inizio della terapia: il trattamento con RILUZOLO va sospeso

se i livelli di alanina-aminotransferasi (ALT) diventano 5 volte superiori alla norma. Altri effetti collaterali diffusi sono nausea ed affaticamento.67

Il farmaco è attualmente dispensato dalle farmacie territoriali dietro pre-sentazione di un piano terapeutico personalizzato.

Studi clinici dimostrano che la maggior parte degli effetti avversi del far-maco sono reversibili e dose-dipendenti, evidenziando un buon profilo di tollerabilità.

1.7.1 Terapie sintomatiche

Il processo neurodegenerativo che caratterizza la SLA non può essere contrastato, ma esistono terapie finalizzate ad alleviare i sintomi, miglio-rando la qualità della vita del malato.

Scialorrea

Il paziente può affrontare questo problema con l’aiuto del logopedista che spiega al malato come comportarsi in caso di soffocamento, mentre il dietista indica le varie alternative di alimentazione, come ad esempio la gastrostomia (Percutaneous Endoscopic Gastrostomy, PEG).

La terapia farmacologica prevede l’utilizzo di anticolinergici come AMI-TRIPTILLINA o ATROPINA per via orale. In alternativa si può procedere con

l’iniezione di tossina botulinica nelle ghiandole salivari sottomandibolari oppure con la radioterapia a basse dosi delle giandole.

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Secrezioni bronchiali

Si raccomanda l’utilizzo di beta-bloccanti come METOPROLOLO o PROPA-NOLOLO, mentre i broncodilatatori anticolinergici e mucolitici vanno

uti-lizzati solo se il meccanismo della tosse è conservato; in caso contrario risulta molto utile l’apparecchio per la tosse assistita, che libera le vie aeree dalle secrezioni, soprattutto in corso di infezioni respiratorie acute.

Inoltre può risultare utile affinché il paziente rimanga idratato mantenere un ambiente umidificato ed una dieta equilibrata ricca di fluidi.

Al paziente va sempre prescritto anche un aspiratore domiciliare porta-tile.

Disturbi dell’umore ed ansia

Molti pazienti con la SLA, dopo aver ricevuto la diagnosi, vanno incontro a depressione reattiva, ed il supporto psicologico oltre alla terapia far-macologica diventa di fondamentale importanza, poiché influenza favo-revolmente la prognosi della malattia. Sono molto rari i casi con una depressione maggiore che colpisce circa il 10% dei malati, mentre nel 44-75% dei pazienti il calo dell’umore si manifesta con sintomi di lieve entità.

La scelta dell’antidepressivo viene eseguita tenendo conto anche dell’impatto che l’alterazione timica può avere sugli altri sintomi quali scialorrea, insonnia, apatia, perdita di appetito.

I farmaci più utilizzati sono AMITRIPTILLINA (appartenente alla classe dei

triciclici) ed ESCITALOPRAM (inibitore selettivo della ricaptazione della

se-rotonina). Nelle fasi più avanzate della malattia è consigliata la MIRTAZA-PINA,in quanto meglio tollerata.

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Per il trattamento dell’ansia possono essere utilizzati anche il BUPRO-PIONE e le benzodiazepine ad azione rapida.

Labilità emotiva

Definita anche labilità pseudobulbare, si manifesta con attacchi di riso o pianto incontrollato. Oltre ai farmaci sopraindicati per la depressione risultano efficaci anche FLUVOXAMINA, DOPAMINA e LITIO, oppure una

com-binazione di DESTROMORFANO e CHINIDINA.

Disturbi del movimento

La degenerazione dei motoneuroni induce una progressiva perdita della forza muscolare e la comparsa di crampi, fascicolazioni e spasticità, de-bilitando notevolmente il paziente. Per moderare i crampi muscolari può essere assunto il CHININO, mentre nel caso di fascicolazioni risultano utili

farmaci come MAGNESIO CLORURO o SOLFATO, CHININO SOLFATO, CARBA-MAZEPINA e la FENITOINA o GABAPENTIN.

Programmi di fisioterapia sia attiva sia passiva apportano ulteriori bene-fici al malato. La terapia fisica rappresenta il trattamento di prima scelta per la spasticità, mentre sul piano farmacologico gli antispastici più effi-cienti sono BACLOFENE e TIZANIDINA, ma possono essere utili anche GA-BAPENTIN, DANTROLONE SODICO e DIAZEPAM.

Dolore

Nonostante la malattia non alteri la funzionalità dei motoneuroni sensi-tivi, il dolore risulta un sintomo molto frequente, soprattutto nelle fasi avanzate della malattia, e può incidere fortemente sulla qualità di vita. Esso è causato principalmente da processi infiammatori articolari dovuti alla scarsa mobilità.

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La fisioterapia e l’impiego di FANS rappresentano un’eccellente terapia, e se non dovessero essere sufficienti allora si raccomanda l’uso di op-pioidi, tenendo conto degli effetti collaterali che possono gravare ulte-riormente sui sintomi della SLA, come stipsi e difficoltà respiratoria.

Respirazione

L’insufficienza respiratoria, sintomo molto temuto dai pazienti, si mani-festa nella fase terminale della malattia, conducendo il paziente a morte. È molto importante riconoscere i disturbi respiratori come dispnea, or-topnea, frequenti risvegli notturni ed eccessiva sonnolenza diurna, per poter intervenire prontamente. In genere, viene proposta la ventilazione meccanica non invasiva (Non Invasive Ventilation, NIV), che permette di ridurre lo sforzo necessario per respirare; migliora il sonno ed au-menta l’ossigenazione. In alcuni casi più gravi si rende necessario pro-cedere con la tracheostomia, pratica invasiva.

Gestione aspetti nutrizionali

Oltre alla funzionalità respiratoria bisogna controllare che la persona af-fetta da SLA riesca a mantenere un adeguato regime di nutrizione e di idratazione. Per superare il problema della disfagia viene modificata la consistenza degli alimenti, rendendoli semisolidi, e spesso si prescri-vono integratori ad alto contenuto calorico per sopperire alla diminuita alimentazione. Se il paziente non riesce più a nutrirsi è possibile inter-venire con una gastrostomia, un intervento chirurgico finalizzato a creare un collegamento con lo stomaco dall’esterno, confezionando la cosiddetta PEG o la RIG (Radiological Inserted Gastrostomy). Altra mo-dalità di nutrizione è quella mediante sondino naso-gastrico (SNG) che spesso precede PEG o RIG. La tempistica di posizionamento di queste

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ultime è individualizzata e si basa sui sintomi bulbari, sullo stato di even-tuale malnutrizione (perdita di peso >10%), sulla funzione respiratoria e sulle condizioni generali del paziente.50,68,69

1.8. Farmaci in via di sviluppo

Sono diversi gli agenti terapeutici che hanno mostrato risultati promet-tenti nella valutazione preclinica, ed alcuni di loro sono già stati impie-gati in trial clinici. Questi composti, raggruppati in base al modello pato-genetico della malattia, si suddividono in:

1)Farmaci anti-apoptotici • Dexpramipexolo • Minociclina • Pentossifilina

Agiscono sulla cascata apoptotica la quale risulta essere principalmente attivata da un’alterazione sia nella funzione mitocondriale, sia nella re-golazione del Ca2+. 70,71

2)Farmaci anti-infiammatori • Celecoxib

• Talidomide • Pioglitazone

Hanno come bersaglio astrociti e microglia reattivi, cosi come linfociti T e macrofagi, che svolgono un ruolo principale nel processo neurodege-nerativo e infiammatorio nella SLA.72,73

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3)Farmaci anti-eccitotossici/anti-glutammatergici • Ceftriaxone

• Gabapentin

• Glatiramer acetato

L’attività di queste molecole ha come target il glutammato, principale modulatore del meccanismo eccitotossico. Nei pazienti con la SLA si ha un incremento del neurotrasmettitore dovuto ad una riduzione dei tra-sportatori EAAT2.22,23

4)Farmaci ad azione anti-ossidante • Tamoxifene

• Coenzima Q

• Ammonio tetraidromolibdato

Proteggono i motoneuroni dalle specie reattive che derivano da una mu-tazione del gene SOD1. 74,75

5)Farmaci ad attività neuroprotettiva • Eritropoietina

• Xaliproden • Rasagilina

Stimolano la neurogenesi, ovvero la crescita di nuovi neuroni, e riparano quelli danneggiati.76,77

6)Farmaci anti-aggreganti: • Valproato

• Celastrol • Ariclomol

Inibiscono la formazione di aggregati proteici, incrementando la soprav-vivenza dei motoneuroni.28

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1.9. Prognosi

La SLA ha un decorso inesorabilmente progressivo tale per cui più della metà dei pazienti muore entro i 30 mesi dall’insorgenza dei sintomi. La durata di malattia (o sopravvivenza) è il tempo che intercorre tra l’esordio dei sintomi e la morte o l’inizio della ventilazione meccanica invasiva. Solo il 20% dei pazienti sopravvive tra i 5 ed i 10 anni dopo l’esordio dei sintomi.78 Una riduzione della sopravvivenza sembra

es-sere correlata con l’età avanzata, con la precoce comparsa dei sintomi respiratorie e con l’esordio bulbare. Le forme ad esordio giovanile, al di sotto dei 40 anni, hanno solitamente una sopravvivenza significativa-mente maggiore rispetto alle forme con esordio al di sopra dei 40 anni.

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2.Mitocondri e neurodegenerazione

2.1. Mitocondri: struttura e funzione

I mitocondri sono organelli citoplasmatici, generalmente a forma di ba-stoncello, con un diametro variabile tra circa 1 e 4 µm di lunghezza.

Figura 5. Mitocondrio

In altri casi possono presentarsi come reticoli tubulari fortemente rami-ficati ed interconnessi.

Questi organelli sono meglio conosciuti come le “centrali energetiche” della cellula, in quanto forniscono l’energia necessaria per il manteni-mento delle funzioni cellulari vitali.

I mitocondri sono in grado di muoversi nel citoplasma, e spesso si tro-vano associati ai microtubuli che ne determinano la distribuzione e la localizzazione nei diversi tipi cellulari, dove occupano una porzione va-riabile del volume citoplasmatico che cresce con l’aumentare della di-pendenza dal metabolismo ossidativo: risultano essere estremamente numerosi nelle cellule che richiedono un continuo consumo di energia;

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sono invece meno abbondanti in quelle cellule che lavorano in condi-zioni anaerobiche.

Questo organello è diviso in due compartimenti, matrice e spazio inter-membrana, da due membrane altamente specializzate con due diffe-renti funzioni.

La membrana mitocondriale esterna contiene proteine trasportatrici (po-rine) che permettono il passaggio e l’accumulo di ioni e piccole molecole nello spazio intermembrana. Tuttavia, solo una parte di queste molecole riescono ad attraversare la membrana mitocondriale interna la quale è costituta da un doppio strato fosfolipidico, ricco di cardiolipina, ed una gran quantità di proteine essenziali per la conversione energetica, la sintesi di adenosintrifosfato (ATP) e lo scambio di metaboliti attraverso la membrana mitocondriale interna. Tale membrana, ripiegandosi, forma numerose invaginazioni, denominate creste che ne aumentano notevolmente la superficie e rendono più efficiente la produzione di ATP. Il numero di creste aumenta a seconda del tipo cellulare e delle condi-zioni fisiologiche in cui si trova la cellula.

La matrice mitocondriale è costituita da un’alta concentrazione di pro-teine idrosolubili, diversi enzimi, ribosomi e parecchie molecole di DNA circolari. La presenza del DNA implica l’esistenza di un genoma mito-condriale che consente di replicare, codificare e sintetizzare alcune pro-teine costitutive.

Il mitocondrio, organello essenziale per la sopravvivenza cellulare, re-gola diversi processi come:

➢ Metabolismo energetico

Il mitocondrio rappresenta il centro del metabolismo ossidativo della cel-lula, che converte il prodotto del catabolismo dei carboidrati, grassi e

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proteine in energia chimica, immagazzinata sotto forma di ATP. La mag-gior parte dell’ATP intracellulare deriva dalla glicolisi citosolica e dalla fosforilazione ossidativa mitocondriale. Quest’ ultima utilizza la catena respiratoria e produce ATP con l’aiuto del complesso multiproteico ATP sintasi.

➢ Omeostasi del Ca2+

I mitocondri sono stati riconosciuti non essere organelli distinti, ma una grande rete continua che deriva dai singoli mitocondri e permette un’am-pia diffusione del Ca2+ nel loro lume. All’interno di questi organelli lo ione

Ca2+ difende dall’adiposità e sostiene il funzionamento dei tessuti

nell’in-vecchiamento; inoltre regola l’attività di una proteina specifica (OPA1) che controlla, attraverso il sistema energetico, il funzionamento di tes-suti ed organi, come il tessuto adiposo, il muscolo, il cuore.

Il segnale intracellulare, impiegato per il controllo dei processi fisiologici, è generato da un innalzamento transitorio del Ca2+ citosolico. Per

que-sto le cellule regolano rigorosamente la concentrazione citoplasmatica del Ca2+, mantenendo un livello fisiologico del Ca2+ di ~100nM,

deri-vante dall’estrusione dello ione in eccesso mediante pompe di mem-brana plasmatica e scambiatori, nonché dalla distribuzione del Ca2+ nel

reticolo endoplasmatico e nei mitocondri.

In condizioni fisiologiche di riposo, i mitocondri hanno una ridotta con-centrazione del Ca2+ libero (~100nM) ed i livelli di base del Ca2+

citoso-lico sono al di sotto dei valori per l'assorbimento mitocondriale. Tuttavia, i mitocondri possono accumulare nella matrice alti livelli del Ca2+ (fino a

concentrazioni millimolari) mediante l'attività di canali uniporto e scam-biatori Na+/Ca2+, quando il Ca2+ citosolico aumenta significativamente a

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L’assorbimento del Ca2+ da parte del mitocondrio aumenta la

fosforila-zione ossidativa in condizioni fisiologiche attraverso l'attivafosforila-zione delle deidrogenasi Ca2+-sensibili del ciclo di Krebs e la piruvato-deidrogenasi.

Si è ipotizzato che il trasferimento del Ca2+ dal citoplasma ai mitocondri

funzioni come un segnale per la richiesta di ATP. Il Ca2+ inoltre è

fonda-mentale per la regolazione del movimento mitocondriale lungo gli as-soni. La transizione mitocondriale neuronale dallo stato mobile a quello fisso avviene in risposta al Ca2+ intracellulare, oppure attivando i canali

voltaggio-dipendenti dello ione nei terminali pre-sinaptici o al livello dei recettori NMDA post-sinaptici. Si ritiene che questo meccanismo aiuti a trattenere i mitocondri nei terminali pre-sinaptici e post-sinaptici delle spine dendritiche, dove l’afflusso del Ca2+ è dinamico ed è fortemente

richiesto il mantenimento dell’omeostasi: in queste regioni i mitocondri regolano direttamente i livelli dello ione e forniscono ATP per gli scam-biatori del Ca2+ della membrana plasmatica.

Recentemente è stato stabilito che la proteina adattatrice Miro1, mem-bro della sottofamiglia mitocondriale Rho GTPasica, funga da sensore del Ca2+ per la regolazione della motilità mitocondriale allo scopo di

lo-calizzare i mitocondri nei siti dove è richiesta la loro presenza. Tale pro-teina è costituita da due domini che rispondono in maniera diversa alle concentrazioni del Ca2+ mitocondriale.82-84

A livelli di riposo, le proteine motrici KIF5 vengono caricate sui mitocon-dri mediante il complesso Miro-TRAK1,2 (nei mammiferi), mentre il do-minio N-terminale rimane legato ai microtubuli per guidare il trasporto anterogrado; quando la concentrazione del Ca2+ aumenta, lo ione lega

la proteina Miro1 inducendo un cambiamento conformazionale che inat-tiva e scompone il sistema di trasporto KIF5-Miro-TRAK1,2 immobiliz-zando i mitocondri. 85

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36

Il Ca2+ gioca un ruolo critico anche nel processo di fissione

mitocon-driale, durante il quale il recettore FIS1, situato nella membrana mito-condriale esterna, recluta la proteina DRP1 che si polimerizza per for-mare una struttura ad anello attorno ai mitocondri, responsabile della frammentazione mitocondriale. L’attivazione della proteina DRP1 av-viene ad opera delle fosfatasi Ca2+- sensibili, come la calcineurina A, la

quale promuove il reclutamento della proteina e quindi la fissione. Di conseguenza ne deriva che un aumento della concentrazione citopla-smatica di Ca2+ induce la frammentazione mitocondriale.86

➢ Apoptosi cellulare

Il mitocondrio funziona da centrale d’integrazione degli stimoli apopto-tici, a livello del quale nasce il segnale definitivo che innesca la fase di esecuzione.

➢ Stato ossido-riduttivo della cellula

La formazione di specie reattive, quali ROS, RNS e radicali liberi come anione superossido (O2-), perossido di idrogeno (H2O2), radicali

idrossi-lici, idroperossidi organici, acido ipocloroso (HClO), perossinitrito (ONOO-), risulta strettamente regolata nelle cellule. Tuttavia, quando la

produzione raggiunge livelli elevati, questi composti possono reagire con le membrane lipidiche, con le proteine e con i nucleotidi, accele-rando l’invecchiamento cellulare fino a causarne la morte.

Fisiologicamente, la normale attività della catena respiratoria produce ROS che vengono, però, prontamente neutralizzati dai sistemi antiossi-danti presenti nel mitocondrio: SOD1, SOD2 e glutatione perossidasi. Un’eccessiva produzione di ROS, rispetto alle capacità antiossidanti è in grado di produrre danni irreparabili alle strutture mitocondriali, alte-randone la morfologia ed attivando le vie pro-apoptotiche.87

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37 ➢ Sintesi del gruppo eme

All’interno del mitocondrio avvengono la maggior parte delle reazioni che portano alla sintesi del gruppo eme, un costituente dell’emoglobina, essenziale nel trasporto dell’ossigeno.

➢ Biosintesi del colesterolo

Il colesterolo è una componente importante delle membrane cellulari; inoltre rappresenta il precursore degli ormoni steroidei e sali biliari. La sintesi avviene nel citoplasma cellulare a partire dall’acetil-coenzima A prodotto nel mitocondrio durante il ciclo di Krebs.

➢ Produzione di calore

Il tessuto adiposo è ricco di termogenina, una proteina disaccoppiante che ha la capacità di trasportare i protoni attraverso la membrana mito-condriale determinando un aumento della temperatura corporea.

2.2. Disfunzioni mitocondriali nei vari distretti

I mitocondri sono organelli molto dinamici in grado di modificare morfo-logia, numero e funzione per adattarsi alle esigenze della cellula. Rego-lano sia la morte sia la sopravvivenza cellulare e svolgono un ruolo fon-damentale nell’ invecchiamento cellulare che sembra essere uno dei fattori chiave nel processo neurodegenerativo. Pertanto, l’attività mito-condriale è una “spada a doppio taglio” che può risultare essenziale ma allo stesso tempo potenzialmente pericolosa.88

Questi organelli sono maggiormente presenti nei tessuti ad alta richiesta energetica come muscolo scheletrico, muscolo cardiaco, SNC e retina: di conseguenza questi tipi di tessuti/organi risultano più vulnerabili ad eventuali disfunzioni mitocondriali.

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La disfunzione mitocondriale interessa diversi organi ed apparati tanto che si parla di medicina mitocondriale, termine utilizzato per la prima volta da Rolf Luft dell'Università Karolinska di Stoccolma, che descrisse il primo caso di malattia mitocondriale nel 1962.89

Le malattie a carico di tale organello si manifestano con segni/sintomi clinici diversi per quanto riguarda l’età d’insorgenza, il tipo di evoluzione ed i tessuti coinvolti.

Le principali manifestazioni nei diversi distretti delle malattie mitocon-driali sono le seguenti.

SNC: epilessia, atassia, mioclono, demenza, ritardo/regressione psicomotoria, parkinsonismo, disturbi del movimento, cecità corti-cale, emicrania.

Sistema nervoso periferico: neuropatia periferica.

Sistema muscolare: debolezza, intolleranza all’esercizio fisico, rabdomiolisi, oftalmoplegia.

Apparato visivo: retinopatia pigmentosa, cataratta, atrofia ottica. Apparato acustico: sordità/ipoacusia neurosensoriale.

Apparato gastroenterico: pseudostruzione intestinale, disfunzione del pancreas esocrino.

Reni: Sindrome di Fanconi. Fegato: epatopatia.

Sistema endocrino: diabete mellito, bassa statura, ipoparatiroidi-smo.

Sistema cardiocircolatorio: cardiomiopatia, blocchi di conduzione. Sistema ematopoietico: Anemia siderobalstica.90

Più di 50 malattie sono causate da un’alterata funzionalità mitocon-driale. Le anomalie mitocondriali riguardano danni a carico del DNA con

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conseguente alterazione della sintesi proteica. Sia nelle neoplasie sia nel diabete di tipo II sono stati evidenziati danni da stress ossidativo con accumulo di ROS ed alterazioni nel processo di fosforilazione ossida-tiva.88

2.3. Alterazioni mitocondriali e patologie

psi-chiatriche

Gli studi effettuati negli ultimi 20 anni hanno sottolineato l’esistenza di un rapporto tra disfunzioni mitocondriali, soprattutto a livello del DNA presente in questi organuli, e alcuni sintomi psichiatrici. Questa teoria si basa sull’analisi di porzioni del genoma mitocondriale e nucleare o dell’RNAm, valutazione di proteine, produzione di ATP e descrizione delle caratteristiche ultrastrutturali dei mitocondri al microscopio elettro-nico, nel tessuto cerebrale postmortem, muscolare o in cellule emati-che. Particolarmente interessanti appaiono i dati relativi al disturbo bi-polare, alla depressione maggiore, alla schizofrenia e all’autismo, che suggeriscono come un’alterazione del metabolismo energetico a livello cerebrale potrebbe giocare un ruolo importante nella fisiopatologia di varie condizioni morbose.

L’alterato metabolismo mitocondriale potrebbe infatti determinare una riduzione di ATP con ripercussioni sulle pompe di trasporto ioniche e un conseguente aumento dei livelli intracellulari di Na+, Ca2+e H

2O,

rigon-fiamento cellulare, attivazione di fosfolipasi, endonucleasi, stress ossi-dativo fino alla morte cellulare. Alcuni aspetti relativi a tale cascata di eventi risultano tuttora non chiari, soprattutto il motivo per cui alterazioni

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40

del metabolismo energetico mitocondriale si verificano a livello cere-brale in pazienti affetti da disturbi psichiatrici.

Secondo alcuni autori, i disturbi dell’umore o psicotici, i disturbi d’ansia e quelli di personalità potrebbero rappresentare una delle tante manife-stazioni cliniche di alterazioni mitocondriali, mentre, secondo altri, i di-sturbi psichiatrici rappresenterebbero una complicanza della malattia di base.91 92

2.4. Disfunzione mitocondriale nelle malattie

neurodegenerative

Le malattie neurodegenerative sono caratterizzate da una degenera-zione lenta e selettiva delle funzioni e delle strutture del SNC per cause che risultano tutt’oggi ancora largamente incomprese.

I mitocondri sono i principali organelli neuronali con un ruolo critico nella produzione di ATP, essenziale per la sopravvivenza e l’eccitabilità cel-lulare. Queste piccole centrali energetiche, distribuite in siti specifici, for-mano una rete interconnessa che permette lo scambio di informazioni biochimiche tra i neuroni, regolano l’omeostasi del Ca2+ ed il

metaboli-smo cellulare; pertanto il cervello risulta molto vulnerabile ai danni mito-condriali.

Diversi studi evidenziano come alcune disfunzioni mitocondriali risultino predominanti nel Morbo di Parkinson, nella SLA, nella Demenza di Alz-heimer e nella Corea di Huntington, tutte malattie accomunate da una morte progressiva delle cellule nervose con perdita di tessuto cerebrale.

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Si ritrovano le seguenti alterazioni mitocondriali.

➢ Stress ossidativo

Quando i complessi della catena respiratoria risultano danneggiati si ha un incremento della perdita di elettroni dalla catena respiratoria stessa, che a sua volta comporta un accumulo di specie reattive ed una ridu-zione della produridu-zione di ATP. Nei pazienti con Demenza di Alzheimer lo stress ossidativo si verifica nelle primissime fasi della malattia, prima ancora della formazione delle placche di β-amiloide. L’ accumulo di tali aggregati proteici a livello mitocondriale si correla col deterioramento cognitivo, ma anche con la gravità del danno che il mitocondrio ha subito nelle diverse regioni del cervello. Un eccessivo stress ossidativo è stato riscontrato anche nei neuroni dopaminergici delle persone affette da Morbo di Parkinson.

Bisogna però ricordare che l’enorme stress ossidativo in queste malattie è dovuto sia all’accumulo di ROS e RNS sia all’incapacità del mitocon-drio di eliminarli: pertanto il sistema di difesa anti-ossidante risulta fon-damentale.

Mutazioni del mtDNA

In molte malattie neurodegenerative, come la Demenza di Alzheimer, il Morbo di Parkinson, la SLA e l’Atassia di Friedreich, si è riscontrato un eccessivo carico di mutazioni nel DNA dei mitocondri, che comporte-rebbe una riduzione degli enzimi coinvolti nella respirazione mitocon-driale, eccesiva produzione di ROS, RNS ed attivazione della morte cel-lulare programmata. Nonostante le lesioni del DNA siano una prova evi-dente, rimane ancora da chiarire quale sia il suo ruolo nel processo neu-rodegenerativo di tipo sporadico.

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➢ Alterazione dell’omeostasi del Ca2+ e della permeabilità

mitocon-driale

La deregolazione del Ca2+ rappresenta un tratto caratteristico di queste

malattie e, sebbene finora non ci siano abbastanza prove per dimostrare che una perturbazione del flusso di Ca2+ sia un fattore scatenante, sono

diversi gli studi che sottolineano invece un nesso tra le disfunzioni mito-condriali, come la produzione di ROS e RNS, difetti nella catena respi-ratoria, attivazione del processo apoptotico, ed il dismetabolismo del Ca2+. Mentre la funzionalità del poro di permeabilità mitocondriale

ri-mane ancora poco chiara.

➢ Alterazione nei processi di fusione e fissione

La dinamica mitocondriale è una funzione fondamentale, necessaria a mantenere la vitalità cellulare, la cui regolazione richiede un delicato equilibrio tra le proteine di fissione e quelle fusione. Una perturbazione di questi processi dinamici induce un cambiamento nel comportamento mitocondriale che porta all’attivazione dell’apoptosi.

Studi autoptici hanno dimostrato che nell’ippocampo dei pazienti con Demenza di Alzheimer si verifica una riduzione delle proteine di fusione, incluse MFN-1, MFN-2 ed OPA-1, ed un incremento invece nell’espres-sione delle proteine di fisnell’espres-sione FIS1.

La proteina mutante PINK1 sembra essere responsabile delle forme ereditarie di Morbo di Parkinson, ed è nota per interagire geneticamente con la fusione mitocondriale ed i macchinari di fissione. Uno studio su cellule di tipo Hela ha riscontrato un’alterazione nel movimento mitocon-driale con una riduzione di tale attività ed una maggior frammentazione: questo evidenzia il ruolo cruciale del dinamismo mitocondriale nelle ma-lattie neurodegenerative.88,93-95

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43 ➢ Alterazione nel trasporto assonale

Diversamente dagli altri organelli trasportati, i mitocondri non hanno una destinazione definita, ma si distribuiscono in maniera dinamica, mo-mento per momo-mento, nel soma e lungo gli assoni per soddisfare le ri-chieste energetiche e metaboliche dei vari compartimenti neuronali. Ad esempio, questi organelli tendono di solito a concentrarsi vicino ai ter-minali sinaptici, dove la trasmissione sinaptica e l’attività dei canali ionici richiedono molta più energia rispetto ad altre regioni cellulari.

Negli assoni i mitocondri si muovono in senso bidirezionale, sfruttando i microtubuli per un movimento veloce ed i filamenti di actina per un movimento più lento. Il trasporto lungo gli assoni è essenziale per la corretta distribuzione di questi organelli: i mitocondri appena generati vengono trasportati dal corpo cellulare ai segmenti distali, mentre i mi-tocondri danneggiati vengono allontanati dagli assoni e traslocati al corpo cellulare per la degradazione. L’apparato di trasporto assonale permette inoltre la distribuzione delle vescicole sinaptiche, prodotti della sintesi proteica, nonché il trasporto di fattori di segnalazione dell’endo-citosi dalla membrana cellulare al corpo cellulare. 102,103

Il trasporto mitocondriale avviene ad opera dei motori molecolari: quelli della famiglia delle chinesine si spostano per lo più unidirezionalmente verso l’estremità plus (senso anterogrado), mentre quelli della famiglia delle dineine si muovono in direzione opposta (senso retrogrado) verso l’estremità minus. Entrambe le proteine motrici regolano il trasporto mi-tocondriale a lungo raggio ovvero, tra il soma, gli assoni distali e le ter-minazioni dendritiche.

La famiglia delle chinesine di tipo 1, meglio conosciute come KIF5 nei mammiferi, è composta dalle tre isoforme KIF5A, KIF5B (espresse solo nei neuroni) e KIF5C (sintetizzata invece in modo ubiquitario).

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È stato notato che un’alterazione nel processo di accoppiamento tra KIF5 e mitocondri nei neuroni dell’ippocampo altera il meccanismo di trasporto, riducendo in tal modo la densità mitocondriale negli assoni distali. Lo stesso accade nei modelli animali, dove mutazioni a carico dell’isoforma KIF5A o KIF5B inducono un accumulo perinucleare di mi-tocondri. In aggiunta, anche la famiglia di chinesine di tipo 3, composta da KIFBα e KPL6, risulta coinvolta nella regolazione del trasporto mito-condriale, suggerendo come le forme mutate di queste proteine dimi-nuiscano la velocità media di trasporto e la concentrazione mitocon-driale lungo l’assone.

Le dineine sono complessi proteici costituiti da molte subunità che con-tengono due catene (subunità) pesanti, a loro volta associate a catene intermedie, leggere-intermedie e leggere. La dinactina, un grande com-plesso proteico, lega direttamente la dineina ed il mitocondrio attraverso la subunità p150. La formazione del complesso dineina-dinactina-mito-condrio è essenziale nel processo di trasporto mitocondriale nel modello della Drosophila melanogaster. Dalle ricerche è emerso che la muta-zione della dineina riduce la lunghezza e la durata del traporto mitocon-driale nei motoneuroni; inoltre è interessante notare come l’alterazione della dinactina non inibisca il legame delle proteine motrici alle mem-brane, ma interrompa sia il trasporto anterogrado sia quello retrogrado, suggerendo il coinvolgimento della dinactina nella regolazione del tra-sporto bidirezionale mediato dalle chinesine e dalle dinactina.

Entrambe le proteine motrici sono indirettamente legate ai mitocondri mediante un complesso adattatore Miro1- Milton. Questi complessi mo-tore / adattamo-tore / recettori regolano il traffico mitocondriale mirato ad assicurare una precisa distribuzione in risposta ai cambiamenti nell'atti-vità neuronale.

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Molte altre proteine risultano coinvolte nel trasporto mitocondriale, quali sintabulina, FEZ-1 e proteina legante l’RNA di tipo 2 (RNA-binding pro-tein 2, RanBP2), le quali fungono da adattatori facilitando i legami delle proteine motrici al mitocondrio.

La complessità del processo di motilità mitocondriale evidenzia l’impor-tanza del mitocondrio nelle cellule nervose ed allo stesso tempo la faci-lità con cui può incorrere in lesioni inducendo una lenta degenerazione dei motoneuroni. 80,85,86

2.5. Disfunzione mitocondriale nella SLA

Sulla base di studi effettuati sia su modelli animali sia su pazienti, si ritiene che le alterazioni neuropatologiche osservate nella SLA siano strettamente associate a cambiamenti pronunciati e progressivi nella morfologia , nella bioenergetica e nell’omeostasi del Ca2+ a livello

mito-condriale.

Evidenze convergenti suggeriscono che un’alterata funzionalità mito-condriale potrebbe essere fondamentale nella rapida neurodegenera-zione riscontrata in questa condineurodegenera-zione morbosa.96

2.5.1. Ruolo del dinamismo mitocondriale nella

SLA

Tutte le possibili funzioni svolte dal mitocondrio dipendono dalla capa-cità di quest’ultimo di modificare dinamicamente la sua morfologia in relazione alle richieste funzionali cellulari. 97

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I mitocondri sono organelli dotati di motilità, i quali sfruttando tracce di microtubuli si distribuiscono uniformemente lungo gli assoni per rag-giungere compartimenti con una maggior richiesta metabolica, come per esempio, i nodi di Ranvier e le terminazioni sinaptiche.98 Ciò viene

reso possibile grazie ad una grande rete interconnessa, costituita me-diante due processi antagonisti: fissione e fusione. 99

Attraverso il sistema reticolare i mitocondri non solo trasportano ATP alle cellule ma regolano i livelli del Ca2+, facilitano lo scambio di lipidi di

membrana e permettono la complementazione del DNA mitocondriale (mtDNA).100,101

Il processo di fissione genera piccoli organelli, necessari non solo per il trasporto ma anche per selezionare i mitocondri indesiderati che sono destinati ad essere rimossi mediante il processo mitofagico.

La fissione mitocondriale, nelle cellule del mammifero, è regolata dalla proteina GTPasica Dynamin-related protein 1 (DRP1) ed il suo recettore FIS1.

DRP1 è localizzata maggiormente a livello citoplasmatico, ma anche nei mitocondri. La rimozione di tale proteina comporta una marcata altera-zione della morfologia mitocondriale, portando alla formaaltera-zione di mito-condri dalla forma estremamente allungata; invece una sua mutazione inibisce la divisone mitocondriale.102

FIS1 è una piccola proteina situata nella membrana esterna, la cui so-vraespressione conduce alla frammentazione mitocondriale, al rilascio del citocromo C e, per ultimo, all’attivazione del processo apoptotico.103

La fusione mitocondriale è un processo mediato dalla membrana esterna attraverso le proteine mitofusine 1 e 2 e dalla membrana interna mediante la proteina OPA1.

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