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integrale di Riemann, cenni sull’integrale di Lebesgue e funzioni particolari

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(1)

INTEGRALI E FUNZIONI PARTICOLARI

Marco Monaci

1Liceo Scientifico G. Marconi (5F)

Introduzione

:

L’integrazione di una funzione di una variabile (in que-sta breve nota ci limiteremo infatti a funzioni in una sola variabile reale) rappresenta, se così possiamo dire, il Santo Graal del calcolo delle aree. Infatti il calcolo integrale fornisce uno strumento potentissimo per cal-colare qualunque area sottesa da una curva; conseguen-temente usando il calcolo integrale è possibile ricavare la lunghezza di qualunque linea curva e il volume di qualunque solido di rotazione.

Notiamo che con la parola qualunque indichiamo che sì, a livello teorico è sempre possibile calcolare un’area, ma questo non ci dice che sia facile, o che addirittu-ra ci sia sempre una soluzione analitica all’integaddirittu-rale considerato.

La definizione operativa di integrale non è poi così difficile, come vedremo nelle sezioni successive, tuttavia tale definizione non ci fornisce uno strumento per il cal-colo diretto di un integrale. Fortunatamente ci viene in aiuto un teorema importantissimo, non a caso chiama-to teorema fondamentale del calcolo integrale, detchiama-to anche teorema di Torricelli-Barrow: tale teorema asse-risce che l’integrale di una data funzione f (x) è una

sua primitiva, chiamata F (x), tale che la sua derivata sia proprio la funzione che vogliamo integrare, ovvero abbiamo che F0(x) = f (x). In altre parole tale cruciale

teorema ci dice che la nostra f (x) non è altro che la derivata di qualche altra funzione, chiamata per l’ap-punto primitiva. Questo limita enormemente l’insieme delle funzioni da ricercare e anzi ci dice proprio quale funzione considerare.

Definizione operativa di integrale (integrale

se-condo Riemann)

:

Consideriamo una qualunque funzione f (x) in una sin-gola variabile reale, ovvero x ∈ R. Tale funzione sottende-rà una certa area con l’asse delle x, come rappresentato nella Figura 1 parte (a).

Tranne qualche funzione triviale, il calcolo di quest’a-rea sottesa non è per niente semplice ed è necessario lavorarci un po’.

A tal proposito partiamo da quel che sappiamo: il calcolo dell’area di un rettangolo è cosa semplice, essen-do base per la sua altezza. Suddividiamo quindi l’area sottesa dalla funzione f (x) in tanti rettangoli sottili, co-me indicato in Figura 1, pannello (b). Per comodità i rettangoli di suddivisione hanno tutti la stessa base. Considerando un singolo rettangolo (per esempio quello ombreggiato di grigio nel secondo pannello) possiamo dire che la sua area sarà:

dA = dx · f (x)

Dove con dA abbiamo indicato l’elemento di area rap-presentato proprio da succitato rettangolo, mentre con f (x)abbiamo indicato proprio l’altezza del rettangolo: infatti il rettangolo tocca la funzione proprio nel punto f (x).

Un occhio attento noterà che stabilita la dimen-sione della base dei rettangoli sono possibili due

scomposizioni, che possiamo chiamare superiore ed

inferiore.

Tali scomposizioni sono riportate nella Figura 2, in cui per comodità grafica abbiamo considerato un solo

rettangolo. Però si vede che a parità di base, l’altez-za del rettangolo è leggermente diversa. In particolare una suddivisione inferiore ci fornirà un’approssimazione dell’area che sarà sempre in difetto, mentre una suddivi-sione superiore ci fornirà un’approssimazione dell’area che sarà in eccesso.

Una semplice verifica grafica inoltre ci porta ad un in-teressante risultato: più i rettangoli si infittiscono e più precisa è la nostra approssimazione dell’area. Inoltre, riducendo la base dx dei rettangoli, notiamo che l’ap-prossimazione superiore e l’apl’ap-prossimazione inferiore vanno ad avvicinarsi sempre di più, fino a coincidere, se prendiamo il limite di dx → 0.

Indicando con:

s(f, dx)

la somma inferiore ottenuta sommando tutti i rettangoli

inferiori e con:

S(f, dx)

la somma superiore ottenuta sommando tutti i rettan-goli superiori otteniamo la seguente disuguaglianza:

s(f, dx) ≤ S(f, dx)

Possiamo quindi immaginare un valore I che stia fra le due somme:

s(f, dx) ≤ I ≤ S(f, dx)

Tale valore I si ottiene aumentando infinitamente il numero di rettangoli della somma inferiore e superiore, ovvero prendendo il limite dx → 0, ed è proprio l’integrale, che indichiamo con la seguente notazione:

I = Z b

a

f (x)dx

Dove con a e b abbiamo indicato gli estremi di in-tegrazione, ovvero il "pezzo" di funzione considerata. Possiamo quindi scrivere:

s(f, dx) ≤ Z b

a

f (x)dx ≤ S(f, dx)

Ci siamo quasi. Immaginiamo ora di fare il limite per dx → 0, quindi la somma inferiore raggiungerà il suo più

grande valore, mentre la somma superiore raggiungerà il suo più piccolo valore. Tali valori li indichiamo nel seguente modo:

sup s(f, dx) inf S(f, dx)

E se otteniamo la seguente relazione: Z b

a

f (x)dx = sup s(f, dx) = inf S(f, dx)

Allora diciamo che la funzione è integrabile secondo Riemann. La definizione di integrazione non è quindi unica, tuttavia noi ci limiteremo al calcolo degli integrali secondo Riemann, che per l’appunto sono definiti opera-tivamente nella maniera indicata qui sopra. In definitiva

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Figura 1:(a): l’area A sottesa dalla funzione f (x) si può trovare con il calcolo integrale. (b): suddivisione dell’area sottesa dalla funzione f (x) in tanti rettangoli elementari di base dx e altezza f (x).

Figura 2:Scomposizione inferiore e superiore dell’area.

l’integrazione ci permette di calcolare esattamente l’area sottesa sotto la funzione:

A = Z b

a

f (x)dx

Effettivamente analizziamo la notazione che abbiamo appena scritto. Il simbolo usato per l’integrale, ovvero R , è in effetti una S allungata, che sta per l’appunto per somma. Ma somma di che cosa? Di quello che c’è all’interno, ovvero f (x)dx, ma questa moltiplicazione non è altro che la formula base per altezza che tutti conosciamo come l’area del rettangolo. Infatti l’integrale ci impone di fare la somma di tutte le aree dei rettangoli infinitesimi in cui abbiamo diviso la nostra funzione.

Teorema di Torricelli - Barrow

:

Tutti i bellissimi discorsi fatti prima ci hanno aiutato a definire l’operazione di integrale, che per l’appunto ci permette di trovare l’area sottesa da una funzione. Tutto molto bello, ma come facciamo a trovare fattivamente una espressione analitica dell’integrale? Infatti una scrittura del tipo:

Z b

a

1 − xdx

Ci dice semplicemente che l’integrale è uguale all’a-rea sottesa dalla funzione nell’intervallo [a, b], ma non ci dice come calcolarlo. L’espressione analitica che de-scrive l’area potrebbe essere qualsiasi, potrebbe essere un esponenziale, un logaritmo... insomma, qualunque cosa.

Ed ecco che quando tutto sembra perduto arriva il potentissimo Teorema di Torricelli-Barrow, non a caso chiamato in maniera (giustamente) poco umile

con il nome di teorema fondamentale del calcolo

integrale.

Tale teorema asserisce che l’integrale è uguale ad una primitiva F (x), tale per cui:

F0(x) = f (x)

Ovvero la funzione dentro il segno di integrale è la derivata di un’altra funzione, che con poca fantasia chiamiamo primitiva e la indichiamo con F (x). Quindi questo potentissimo teorema ci dice dove cercare la funzione, e addirittura ci dice quale: è semplicemente la primitiva.

Ecco quindi che il teorema fondamentale del calcolo in-tegrale asserisce un’altra cosa: l’integrazione possiamo vederla come l’operazione inversa della derivata:

F (x) = Z

f (x)dx integrazione; F0(x) = f (x) derivazione.

In maniera un po’ più formale possiamo scrivere il teorema nel seguente modo.

Teorema fondamentale del calcolo integrale. Sia una funzione f continua nell’intervallo [a, b]. Allora la sua funzione integrale F è derivabile in [a, b] e si ha che

F0(x) = f (x)per ∀x ∈ [a, b].

Nota. Il valore che fornisce l’integrale è un’area con

segno, ovvero la parte negativa della funzione restituirà un’area negativa.

Integrale definito e integrale indefinito

:

In questa sezione riprendiamo brevemente la nozione di integrale definito e integrale indefinito.

4.1 Integrale definito

Consideriamo la funzione f (x) in un intervallo di estremi ae b.

L’integrale definto in un intervallo [a, b] si indica per l’appunto con la notazione Rb

af (x)dx e nel caso della

Figura 3 è proprio uguale all’area ombreggiata. In altre parole si prendono come estremi due punti e si calcola l’integrale compreso fra questi due punti, l’asse x e la funzione stessa. E’ quindi chiaro che l’integrale definito fornisce un numero, un unico valore che è per l’appunto l’area sottesa.

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Figura 3:Rappresentazione grafica dell’integrale definito nell’inter-vallo [a, b].

L’integrale definito si calcola nel seguente modo: [F (x)]ba= F (b) − F (a)

In altre parole sostituiamo una volta l’estremo b e un’altra volta l’estremo a nella primitiva, calcoliamo i valori numerici e sottraiamo. Il risultato è il valore dell’area con segno sottesa dalla funzione.

4.2 Integrale indefinito

Consideriamo la funzione f (x) e il suo integrale indefinito:

Z

f (x)dx

In questo caso non abbiamo definito nessun estremo di integrazione, quindi il risultato dell’integrazione sarà una funzione e non un numero. In particolare sarà l’insieme delle primitive della funzione f (x), infatti una derivata ha infinite funzioni primitive. Vediamo a tal proposito subito un esempio.

Consideriamo la funzione f (x) = 3x2. Si può notare

direttamente che una sua primitiva è F (x) = x3, infatti

se deriviamo F (x):

F0(x) = 3x2

Tuttavia non è l’unica, infatti anche G(x) = x3+ 4è

una sua primitiva:

G0(x) = 3x2

Quindi l’integrale indefinito ci fornisce tutte le infinite

primitive della funzione considerata: Z

f (x) = F (x) + c

Questo perché la derivata elimina le costanti, ren-dendole di fatto irrecuperabili senza altre condizioni. Vedremo quando tratteremo le equazioni differenziali che il problema di trovare una primitiva con una condi-zione iniziale che vincoli il termine noto prende il nome di problema di Cauchy.

In definitiva nel caso del nostro esempio possiamo scrivere l’integrale indefinito:

Z

3x2dx = x3+ c

Per esempio la costante c può essere trovata tramite una condizione di passaggio.

Altre definizioni di integrale

:

Fin quando viviamo nel mondo delle funzioni continue e "semplici" (quelle che possiamo definire funzioni da

pae-se dei balocchi) l’integrazione secondo Riemann è più che sufficiente, infatti la stragrande maggioranza delle funzioni con cui avremo a che fare saranno integrabili tranquillamente con le tecniche standard che si impa-rano nell’ultimo anno delle scuole superiori. Tuttavia possiamo immaginarci una serie di funzioni particolar-mente cattive che mettano a dura prova l’integrabilità descritta in queste dispense. Consideriamo per esempio la cosiddetta funzione di Dirichlet:

χ(x) = (

1 x ∈ Q 0 x ∈ R/Q

In altre parole questa funzione restituisce valore 1 se xè un numero razionale, mentre restituisce 0 se x è un numero irrazionale. Citiamo qualche proprietà di questa funzione:

• Innanzitutto questa funzione non è disegnabile, in quanto la cosa che più si avvicina ad un grafico sen-sato sono due rette orizzontali, una di "equazione" y = 0 e una di "equazione" y = 1 però con infiniti spazi vuoti al loro interno. In altre parole è come se queste rette fossero sbiadite;

• Può sembrare strano, ma questa è una funzione a tutti gli effetti, infatti associa ad ogni x un solo valore y;

• E’ una funzione che non è continua in nessun punto

del dominio, ovvero ogni punto è isolato da tutti gli altri, infatti per ciascun punto è sempre possibile trovare un intorno di quel punto che contiene sia un numero razionale che un numero irrazionale; • Non è derivabile in nessun punto.

Questa funzione mette in crisi l’integrale di Riemann, che prevede come ipotesi una funzione continua. Infatti tale funzione non è integrabile secondo Riemann.

5.1 Integrale di Lebesgue

Tuttavia ci piacerebbe poter integrare anche la funzione di Dirichlet, che comunque non rappresenta l’unica fun-zione critica per l’integrale di Riemann. A tal proposito si definiscono altre tipologie di integrale, che chiaramen-te non approfondiremo qui. Per i nostri umili scopi ci basti sapere che esistono altre definizioni di integrale, e che tali definizioni hanno un utilizzo più ampio rispetto all’integrale di Riemann.

In particolare accenniamo all’ integrale di Lebesgue, che si rivela essere molto più flessibile e potente del-l’integrale di Riemann. Le funzioni integrabili secondo Lebesgue sono numerosissime e sono molte di più del-le funzioni integrabili secondo Riemann. In generadel-le le funzioni integrabili secondo Riemann sono anche integrabili per Lebesgue, mentre non è vero il viceversa.

Prendiamo come esempio la funzione di Dirichlet intro-dotta precedentemente. Come abbiamo detto tale

(4)

funzio-ne non è integrabile secondo Riemann, ma è integrabile secondo Lebesgue, e tale integrale vale 01.

Funzioni particolari

:

Abbiamo parlato della funzione di Dirichlet come una funzione integrabile per Lebesgue ma non integrabile per Riemann. In questa sezione vedremo altre funzio-ni molto curiose e particolari. Partiamo discutendo un’altra funzione integrabile per Lebesgue ma non per Riemann.

6.1 Insieme di Cantor (polvere di Cantor)

Figura 4:Costruzione dell’insieme di Cantor dopo sette iterazioni

L’insieme di Cantor (conosciuto anche con il nome di

polvere di Cantor) è un particolare insieme che non è integrabile secondo Riemann ma è integrabile se-condo Lebesgue, e il suo integrale vale 0. Può essere operativamente costruito in questo modo:

• Si prende l’intervallo dei numeri reali [0, 1];

• Si divide tale intervallo in tre pezzi, ciascuno lungo chiaramente 1/3;

• Si elimina la parte centrale, quindi resteranno solo due pezzi nell’insieme, ovvero l’intervallo [0, 1/3] e [2/3, 1];

• Si continua tale procedura per ciascun pezzo rimasto e si prosegue infinite volte.

In Figura 4 è rappresentata la costruzione dell’insieme di Cantor con le prime sette iterazioni. Elenchiamo ora brevemente le proprietà della polvere di Cantor.

• Una domanda che sorge spontanea è se l’insieme di Cantor contenga effettivamente qualcosa, oppure se sia un insieme vuoto. Questo però non è vero, in quanto i punti 1/3 e 2/3 sono sicuramente contenuti. Quindi l’insieme non è vuoto;

• Si dimostra che la polvere di Cantor ha la potenza del continuo, ovvero non solo contiene infiniti punti, ma ha lo stesso numero di punti 2 di R;

• E’ chiaramente una funzione discontinua;

• Per ciascun punto, preso un intorno di tale punto, esso contiene sia punti appartenenti all’insieme di Cantor che punti non appartenenti all’insieme di Cantor.

1L’integrale di Lebesgue può essere compreso meglio pensando ad

un concetto di probabilità. Infatti immaginiamo di prelevare un valore dalla funzione di Dirichlet, preso totalmente a caso. La probabilità di prendere un numero razionale è praticamente nulla, in quanto i numeri irrazionali sono enormemente di più. Quindi estraendo a caso otterremo 0, in quanto abbiamo estratto un numero irrazionale. Quindi l’integrale di Lebesgue è nullo.

2questa è una affermazione un po’ naive, ma prendiamola così come

è per i nostri umili scopi.

Forse la proprietà più incredibile è data dalla potenza del continuo. E’ mozzafiato pensare che togliendo infi-niti settori ad un insieme comunque rimangano in tale insieme infiniti punti!3

6.2 La scala del diavolo

Questa funzione, conosciuta anche come funzione di Cantor - Vitali, è una funzione continua crescente, no-nostante abbia derivata nulla praticamente in tutti i punti. Percorrendo la scala del diavolo saliremmo, tut-tavia senza accorgerci che stiamo salendo. E’ definita a partire dai punti non appartenenti all’insieme di Cantor, dove in tali punti ha derivata nulla. Nei punti che invece appartengono all’insieme di Cantor, tale funzione non è derivabile. Quindi in definitiva prendendo un punto a caso nella scala del diavolo ottengo o derivata nulla oppure non ottengo alcuna derivata. Globalmente però la funzione rimane crescente!

Un rappresentazione approssimata (dato che tale fun-zione non può essere disegnata) è data dalla Figura 5. Si vede chiaramente che ciascun gradino ha derivata nulla (è infatti piatto!) tuttavia la funzione è globalmen-te crescenglobalmen-te e riesce a raggiungere il punto (1, 1), senza che la derivata si scosti da 0.

Figura 5:Rappresentazione grafica della funzione di Cantor-Vitali, altrimenti nota come scala del diavolo.

3Queste sono le meraviglie quando si gioca con numeri infiniti. Una

interessante applicazione di questo argomento è dato dal

para-dosso del Grand Hotel di Hilbert. Consideriamo un hotel con

infinite stanze, tutte occupate. Siamo in presenza di un hotel al completo. Arriva un ospite, come lo sistemiamo? L’albergatore dice a tutti gli ospiti di spostarsi nella camera con numero successivo al loro attuale numero di stanza, quindi gli ospiti nella camera 1 andranno nella 2 e così via. In questo modo si libera la camera 1, pronta per il nuovo ospite. E se arrivano infiniti ospiti? Anche in questo caso è possibile stiparli tutti. L’albergatore comunica a tutti i suoi ospiti di spostarsi nella camera con numero doppio rispetto alla loro, quindi chi è nella 1 andrà nella 2, chi è nella 3 andrà nella 6 e così via. In questo modo si liberano tutte le stante

disparidel Grand Hotel, e siccome i numeri dispari sono infiniti, ci saranno infinite camere pronte per accogliere gli infiniti ospiti sopraggiunti.

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