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La tromboaspirazione nell'infarto miocardico acuto ad elevato carico trombotico:risultati ad un anno di uno studio randomizzato.

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Università degli studi di Pisa

Facoltà di Medicina e Chirurgia

Scuola di Specializzazione in Cardiologia

Tesi di Specializzazione

Efficacia della Tromboaspirazione nell’Infarto

Miocardico Acuto ad Elevato Carico Trombotico:

Risultati ad un Anno di uno Studio Prospettico

Randomizzato

Relatore

Ch.mo Prof. Alberto Balbarini

Candidato

Dott.sa Elena Guerra

Anno Accademico 2009-2010

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Riassunto

Ad oggi il trattamento elettivo del infarto miocardico acuto con sopraslivellamento del tratto ST (STEMI) è rappresentato dalla PCI, tale procedura infatti si è dimostrata efficace nella riapertura dell’arteria responsabile e vantaggiosa in termini di riduzione del reinfarto e di out come clinico. Numerosi studi sperimentali hanno evidenziato come in realtà, in una elevata percentuale di casi (tra il 20 ed il 30%) di STEMI trattati con PCI, nonostante si ottenga una riapertura completa del vaso epicardico, sia presente una riperfusione sub ottimale del miocardio a valle della stenosi, a causa di una ostruzione del microcircolo. Fra i vari meccanismi fisiopatologici che contribuiscono al danno a livello del microcircolo è implicata l’embolizzazione distale di materiale atero-trombotico. La trombo aspirazione durante procedura di angioplastica primaria, può essere efficace nel prevenire l’embolizzazione distale e quindi l’occlusione del microcircolo, ma i principali trials clinici ad oggi condotti hanno avuto risultati non univoci. La nostra ipotesi è che la trombectomia eseguita durante angioplastica primaria, in pazienti con dimostrazione angiografica di elevato carico trombotico nella coronaria responsabile dell’infarto, produca una riduzione del danno miocardico attraverso la prevenzione dell’ embolizzazione distale, con conseguente riduzione dell’area infartuale e beneficio in termini di sopravvivenza libera da eventi avversi cardiaci maggiori (MACE). A questo scopo è stato eseguito uno

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studio prospettico multicentrico, in cui sono stati arruolati 208 pazienti con STEMI entro le 12 ore ed ad elevato carico trombotico. Dopo essere stati sottoposto a coronarografia per verificare la presenza di elevato carico trombotico, i pazienti sono stati randomizzati ad angioplastica convenzionale o angioplastica preceduta da tromboaspirazione eseguita con dispositivo manuale Export o con Angiojet, a seconda della disponibilità del laboratorio di emodinamica. A 3 mesi dall’evento è stata effettuato uno studio cardiaco con risonanza magnetica (RM) per la quantizzazione dell’infart size, la valutazione della transmuralità dell’infarto e della presenza dell’ostruzione del microcircolo. Tutti i pazienti sono stati inoltre seguiti con un follow up clinico per 12 mesi. Gli end point primari sono costituiti da: la valutazione dell’infart size con RM e la risoluzione dell’ST > del 70% a 60 minuti dalla procedura. Fra gli end point secondari abbiamo: il grado del flusso epicardio post procedurale valutato con TIMI; il miocardial blush grade (MBG), la transmuralità dell’nfarto e la presenza dell’ostruzione del microcircolo alla RM, ed in fine la sopravvivenza libera da eventi avversi cardiovascolari maggiori (MACE) a 12 mesi. I due gruppi si sono presentati uniformi dal punto di vista delle cliniche basali. Fra i risultati ottenuti non son state evidenziate differenze statisticamente significative fra i due gruppi per quanto riguarda l’infart size, il grado di transmuralità dell’infarto e la presenza di ostruzione del microcircolo. Il gruppo sottoposto ad aspirazione ha presentato una percentuale

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significativamente maggiore di risoluzione del tratto ST> del 70% a 60 minuti ed una minore incidenza di no reflow all’angiografia. In fine non sono state evidenziate differenze significative nell’incidenza di MACE a 12 mesi fra i due gruppi. Possiamo concludere che la trombo aspirazione, sia con sistema manuale che reolitico, si è dimostrata efficace nel trattamento dello STEMI ad elevato carico trombotico e ha determinato un vantaggio in termini di risultato angiografico e di migliore perfusione miocardica come evidenziato da una maggiore percentuale di MBG-3 e di risoluzione del sopraslivellamento del tratto ST, senza determinare una riduzione dell’infart size.

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Sommario

Riassunto ... 2

1 Introduzione ... 7

1.1 L’ischemia e la riperfusione ... 7

1.2 Il fenomeno del no-reflow ... 11

1.3 Il ruolo della trombo-aspirazione ad oggi ... 21

1.4 La Risonanza magnetica nello studio della cardiopatia ischemica. ... 34

2 Studio “Efficacia della tromboaspirazione durante Angioplastica Primaria ... 39

2.1 Scopo dello studio ... 39

2.2 Materiali e metodi ... 40

2.2.1 Disegno dello studio ... 40

2.2.2 Popolazione ... 41

2.2.3 Criteri di inclusione ed esclusione ... 42

2.2.4 Randomizzazione ... 43 2.2.5 Definizioni ... 44 2.2.6 Tromboaspirazione. ... 47 2.2.7 Regime farmacologico ... 48 2.2.8 Risonanza magnetica ... 49 2.2.9 Analisi statistica ... 52 3 Risultati ... 53

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3.1 Risultati procedurali ... 55

3.2 Risultati angiografici ... 56

3.3 Risultati clinici e di follow up ... 58

3.4 Risultati in Risonanza Magnetica ... 59

4 Discussione ... 62

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1 Introduzione

1.1 L’ischemia e la riperfusione

Nella maggior parte dei casi lo STEMI è causato dall’occlusione di una coronaria epicardica determinato dall’erosione di una placca aterosclerotica con conseguente formazione di un trombo occludente associato alla

concomitante vasocostrizione e microembolizzazione. Il rischio di erosione della placca aterosclerotica dipende dalla sua composizione, dalla sua vulnerabilità e dal grado di stenosi che determina, In particolare

sembrerebbero a rischio di rottura placche che presentano un sottile cappuccio fibroso ed un abbondante core lipidico. I fattori dell’infiammazione sembrano ricoprire un ruolo determinante nella vulnerabilità della placca e quindi nella patogenesi delle sindromi coronariche acute (SCA) 1. È stato evidenziato infatti che elevati livelli sierici di proteina C reattiva (PCR) e di interleuchina-6 si correlano con un out come sfavorevole nelle SCA 2. La circadianità osservata nello STEMI, con una maggiore incidenza nelle prime ore della mattina, potrebbe essere spiegata da un aumento del tono simpatico associato a vasocostrizione, ipercoagulabilità ed iper-reattività piastrinica. La risposta trombotica conseguente all’erosione della placca è un fenomeno dinamico: avvengono contemporaneamente fenomeni di trombosi e trombolisi associati a vasocostrizione, che determinano ostruzione intermittente di flusso ed

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Sia il sistema della coagulazione che delle piastrine sono implicati quindi nell’evoluzione del trombo coronarico: l’adesione e l’aggregazione piastrinica, attivata dall’esposizione della matrice sub endoteliale, è il primo processo responsabile della formazione del trombo piastrinico, che viene poi stabilizzato dalla fibrina 3.

La necrosi miocardica, causata da una occlusione coronarica, inizia a svilupparsi dopo 15-30 minuti di ischemia severa (in assenza di flussi collaterali) e progredisce dall’endocardio all’epicardio, con un fenomeno

tempo-dipendente (the “wave front phenomenon”); l’area di rischio ischemico può essere quindi definita, in assenza di rami collaterali, come l’area di

miocardio vascolarizzata dai rami della coronaria a valle dell’occlusione. La riperfusione, determinata dalla riapertura del vaso occluso o dal reclutamento di circoli collaterali, può salvare il miocardio a rischio, dallo sviluppo di danno ischemico irreversibile e dalla conseguente necrosi

Ad oggi il trattamento elettivo del infarto miocardico acuto con sopraslivellamento del tratto ST (STEMI) è rappresentato dalla PCI, tale procedura infatti si è dimostrata efficace nella riapertura dell’arteria

responsabile 4, ottenendo vantaggi sia in termini di riduzione del reinfarto, che di out come clinico e di mortalità 5 . Numerosi studi randomizzati hanno inoltre dimostrato la sua superiorità in termini di efficacia nel ripristino della pervietà

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del vaso, e miglior autcome clinico rispetto alla fibrinolisi 6. I vantaggi della PCI rispetto alla fibrinolisi si riducono però all’aumentare del “PCI-related delay time” definito come la differenza fra il ballon time” e il “door-to-needle time”, con un limite compreso fra 1 60 ed i 120 minuti, a seconda dell’età del paziente, dei sintomi e della sede dell’ infarto 7.

Le attuali linee guida europee, al momento le più recenti (ultimo

aggiornamento del 2008) 8, raccomandano la riperfusione in tutti i pazienti con storia di dolore precordiale e sopraslivellamento del tratto ST o nuova

insorgenza di BBSx entro 12 ore dall’inizio dei sintomi (Classe Ia). La PCI è il trattamento di scelta rispetto alla fibrinolisi se è possibile effettuarlo con un “PCI related time” entro le 2 ore, o entro i 90 minuti in caso di un infarto esteso, con sintomi insorti da meno di 2 ore e in assenza di elevato rischio di sanguinamento. Anche in caso di fibrinolisi efficace si raccomanda di

sottoporre il paziente a coronarografia appena possibile (Classe IA). La PCI rappresenta sempre il trattamento di scelta, indipendentemente dal tempo necessario ad arrivare ad un centro AUB, in pazienti con condizioni cliniche instabili (Classe IB).

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Fig. 1 Strategie di riperfusione nello STEMI

Negli ultimi anni, con la progressione delle ricerche scientifiche soprattutto a livello cellulare e molecolare, sta cambiando il concetto di riperfusione ottimale, il quale non comprende più solo il ripristino della pervietà di flusso delle coronarie epicardi che, ma anche e soprattutto la riperfusione tissutale del miocardico a valle della coronaria interessata, prendendo in considerazione quindi anche il sistema micro-circolatorio. Sotto questo impulso sono stati effettuati numerosi studi sperimentali che hanno evidenziato come in realtà, in una elevata percentuale di casi (tra il 20 ed il 30%) di STEMI trattati con PCI, nonostante si ottenga una riapertura completa del vaso epicardio dimostrata

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da un TIMI 3, sia presente una riperfusione sub ottimale del miocardio a valle della stenosi 9.

1.2 Il fenomeno del no-reflow

Durante l’occlusione di una arteria, importanti alterazioni avvengono a livello delle arteriole e dei capillari a valle dell’occlusione. Una volta eliminata l’occlusione, il flusso ematico a livello del tessuto ischemico può persistere compromesso, questo fenomeno è conosciuto come “no reflow” ed è stato dimostrato in modelli animali e nell’uomo a livello di vari tessuti come quello cerebrale, renale, cutaneo ed in fine cardiaco. 10.

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Se valutata con microscopio elettronico, il microcircolo a livello della zona interessata dal fenomeno del no reflow, presenta una danno significativo a livello dei capillari, rappresentato da un rigonfiamento delle cellule endoteliali, che protrudono nel lume intravascolare e dalla presenza intraluminale di

trombi piastrinici e di fibrina (fig.2). A ciò si associa lo sviluppo di edema sia cellulare dei miocardiociti che interstiziale, responsabile di compressione

extravascolare, assieme a fenomeni di spasmo e di plugging piastrine-leucociti. È stato dimostrato che tale fenomeno è tempo dipendente, ovvero, maggiore è la durata dell’ischemia, più probabile sarà la presenza di no reflow alla

riapertura del vaso; compare primariamente a livello del sub endocardio, e si estende seguendo la direzione dell’ondata ischemica, verso l’epicardio 11.

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Alcuni studi hanno evidenziato come il fenomeno del no reflow sia un processo in evoluzione anche dopo la riperfusione, l’estensione dell’area interessata infatti, può estendersi anche dopo la riperfusione del vaso epicardico 12.

Negli ultimi anni sta emergendo l’importanza del ruolo dell’ ostruzione micro vascolare durante infarto acuto, in quanto è stato evidenziato da

numerosi studi sia sperimentali che clinici 13 14, che rappresenta un importante fattore predittivo di rimodellamento ventricolare, di compromissione della funzione ventricolare sinistra e soprattutto ci complicanze cardiovascolari post infartuali come morte cardiaca, reinfarto, scompenso cardiaco congestizio. La presenza di occlusione del microcircolatoria post PCI primaria sembrerebbe inoltre avere un ruolo predittivo sfavorevole maggiore dello stesso grado di flusso epicardio nella coronaria interessata, valutato con il TIMI 15.

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Ad oggi l’esatta causa del fenomeno del no reflow non è certa,

probabilmente vari meccanismi fisiopatologici contribuiscono al suo sviluppo (fig A). E stato dimostrato che tra questi sicuramente è implicata

l’embolizzazione distale di materiale atero-trombotico. In corso di infarto miocardico acuto infatti, vengono rilasciate in circolo citochine e fattori pro-coagulanti, sia da parte della placca aterosclerotica ulcerata ma anche dallo stesso endotelio che ha subito danno ischemico, che determinano la

formazione aggregati di globuli rossi e piastrine. Il materiale trombotico formatosi partecipa all’occlusione del vaso responsabile è può embolizzare distalmente sia spontaneamente che durante la procedura di

rivascolarizzazione percutanea. Da studi sperimentali è stato confermato infatti che il trattamento percutaneo si associa al rilascio in circolo di microemboli aterosclerotici e trombotici. Sotto questo principio, sono stati sviluppati una serie di terapie e device innovativi che permettessero di filtrare o di aspirare i microemboli atero-trombotici durante procedura primaria di

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Fig.5 Istologia del materiale aspirato

A livello clinico vi sono varie metodiche che permettono lo studio del no reflow. Inizialmente è stata l’angiografia coronarica che ha permesso di valutare in modo semiquantitativo il flusso epicardio anterogrado tramite il TIMI grade, definendo come TIMI 0 l’assenza di flusso anterogrado coronarico, TIMI 1 la presenza di minimo flusso anterogrado, TIMI 2 l’opacizzazione lenta distale del vaso, TIMI 3 la completa riperfusione. Da studi retrospettivi condotti da Piana et 16 al è stato definita la presenza del fenomeno di no reflow

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angiografico in caso di TIMI inferiore a 3, in assenza di ostruzione a livello della coronaria epicardica, tale fenomeno si presenta una incidenza di circa 11% dei casi di rivascolarizzazione primaria in corso di STEMI. L’ecocardiografia con contrasto ha permesso di effettuare progressi nella comprensione della perfusione miocardica dopo STEMI. Ito e colleghi 17 hanno infatti dimostrato che in tutti i pazienti che presentano un TIMI 0-2 dopo PCI primaria presentano no reflow, definito come la presenza di difetto di perfusione miocardica con contrasto ecocardiografico >25% dell’area di miocardio a rischio. Ma tale fenomeno è stato verificato anche ben nel 16% dei pazienti con rivascolarizzazione epicardica ottimale dopo PCI primaria dimostrato da un flusso TIMI di grado3 18. Solo le nelle aree di miocardio a rischio, che non presentavano no reflow, veniva osservato un recupero funzionale 19. Vi sono anche indici angiografici che sono espressione dell’intergrità micro vascolare tra cui il TIMI frame Count, definito come il numero di frames angiografici necessari affinchè il mezzo di contrasto arrivi ad opacizzare determinati rami distali della coronaria. Il Myocardial blush grade (MBG), che rappresenta un indice semiquantitativo della densità di mezzo di contrasto che perfonde il territorio miocardico a valle della coronaria interessata, dopo la procedura di rivascolarizzazione (Tab.1). Con tecniche immaging l’occlusione del microcircolo dopo rivascolarizzazione primaria efficace può essere visualizzata come deficit di captazione alla scintigrafia dopo iniezione intracoronarica di

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macroaggregati di albumina e tecnezio 20 21, o anche tramite l’eco-doppler con iniezione di mezzo di contrasto ecografico 22.

Tabella 1 . Gradi del Flusso Coronarico e del Myocardial blush

In risonanza magnetica, come verrà descritto dettagliatamente in seguito, le zone di no reflow possono essere visualizzate nelle immagini acquisite dopo 2-5 minuti dall’inniezione di mdc ed appaiono come zone sub endocardiche di ipo-enhancement circondate dall’ iper-enhancemente della necrosi ischemica

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( Fig. 6 L’infarto alla RM. (A)Iipoenhancement indica la presenza di ostruzione del microcircolo. (B)Hyperenhancement corrisponde all’area di necrosi ischemica

In fine, all’elettrocardiogramma, la persistenza del sopraelevazione del tratto ST a 30-60 minuti dalla rivascolarizzazione, si correla con il grado di ostruzione del microcircolo 25.

A

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I potenziali vantaggi che possono derivare dalla prevenzione e/o dal trattamento del no reflow sono molteplici tra cui una può pronta guarigione dell’area necrotica, con riduzione del rischio di complicanze meccaniche come la rottura di cuore; la riduzione dell’ingrandimento dell’area infartuata e del suo remodeling successivo; può aiutare inoltre a promuovere la formazione di circoli collaterali e la neoangiogenesi; non ultimo, in caso di ostruzione del microcircolo, determinata principalmente da microemboli trombotici, la rimozione del carico trombotico può contribuire a ridurre l’area di necrosi 26.

La prima modalità per ridurre l’incidenza del no reflow phenomeno consiste essenzialmente nel ridurre i tempi alla rivascolarizzazione in quanto, come la necrosi, anche l’ostruzione del microcircolo è proporzionale al tempo di ischemia.

Sicuramente il sistema delle piastrine e dalla fibrina contribuiscono alla patogenesi del no reflow; è stato dimostrato che la somministrazione degli inibitori della Gp IIb/IIIa prima e durante procedura di PCI primaria ha un effetto protettivo sul microcircolo, riducendo l’incidenza del no reflow phenomeno come dimostra la maggiore percentuale di TIMI 3, di completa risoluzione del sopraslivellamento del tratto ST e del miglioramento della velocità del flusso coronarico post rivascolarizzazione misurata con catetere

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Doppler, nel gruppo sottoposto a trattamento, rispetto la gruppo di controllo

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1.3 Il ruolo della trombo-aspirazione ad oggi

Negli ultimi anni sta emergendo un interesse crescente riguardo il ruolo dell’embolizzazione distale come uno dei determinanti della compromissione della perfusione miocardica dopo angioplastica primaria. È stato osservato infatti come nel 16% dei pazienti sottoposti a PCI primaria, sia possibile evidenziare una macroscopica embolizzazione distale 928. Da qui è nato lo sviluppo di vari terapie e dispositivi atti a prevenire l’embolizzazione distale durante angioplastica primaria. Recenti meta analisi 29 hanno dimostrato che la somministrazione di abciximab in corso di STEMi, prima e dopo la procedura di rivascolarizzazione percutanea, in associazione ad ASA e Clopidogrel, si associa ad una riduzione significativa della mortalità.

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Con lo scopo di prevenire l’embolizzazione distale sono stati creati numerosi dispositivi meccanici; tra i primi ad essere stati sviluppati sono stati i filtri distali (PercuSurge, AngioGuard, EPI, GuardWire Plus etc, Figura 8). Ad oggi si contano ben 4 classi principali di dispositivi di protezione embolica, classificati in accordo con il loro meccanismo di azione: occlusione distale, filtro distale, occlusione prossimale, local plaque trapping. In breve, essi consistono in dispositivi in grado di attraversare la lesione culprit in posizione chiusa e di essere aperti distalmente ad essa; sono costituiti da filtri, in grado di intrappolare il materiale embolico di dimensioni maggiori dei pori del filtro stesso (100-150 µm) o da palloni che vengono gonfiati a valle della stenosi. La colonna di sangue a monte, contenente i microemboli, può venire quindi aspirata e/o lavata da sistemi di aspirazione e infusione di soluzione salina associati, come nel PercuSurge e nel Kensey Nashda. Dopo il trattamento della lesione d’interesse con PTCA e impianto dello stent, il dispositivo viene chiuso, rimuovendo dall’organismo il materiale embolico catturato.

Mentre la loro efficacia nel trattamento percutaneo di graft venosi e di placche carotidee è stata ampiamente provata da trial clinici randomizzati 30 31 e quindi il loro utilizzo in questi distretti è diventato routinario; per quanto riguarda il loro uso nell’abito del trattamento percutaneo su coronarie native, i risultati dei numerosi trial randomizzati ad oggi condotti sono abbastanza

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contrastanti e comunque non definitivi, come evidenziato da una metanalisi di De Luca apparsa nel 2007 32. Nello studio EMERALD 33, dove il dispositivo PercuSurge è stato confrontato con angioplastica semplice, si è avuta addirittura una differenza significativa a sfavore della protezione distale in termini di estensione dell’infarto nei pazienti con evidenza angiografica di trombo ed in quelli con TIMI basale 0/1.

Un limite intrinseco a questi tipi di dispositivi è rappresentato dalle loro dimensioni, che spesso rendono difficoltoso il superamento della stenosi da trattare, e dalle dimensioni dei pori, che possono consentire il passaggio del materiale embolico più fine. Dal nostro laboratorio è stato effettuato uno studio caso-controllo sugli effetti dell’utilizzo del filtro FilterWire-Ex (FW) nella riperfusione miocardica durante PCI primaria 34. 53 casi consecutivi di STEMI entro le 6 ore, sono stati trattati con posizionamento del filrto distalmente alla regione culprit, durante angioplastica primaria e sono stati confrontati con altri 53 pazienti sottoposti a PCI primaria convenzionale selezionati in base al tempo di ischemia, sede della lesione culprit, TIMI pre procedurale e per i principali fattori di rischio cardiovascolari. Il filtro è stato posizionato con successo nel 89% dei casi (47 su 53), nel 15% è stato necessario l’inserimento di una ulteriore filo guida per favorire il superamento delle toartuasità, in 4 pazienti su 53 è stata necessaria una predilatazione della lesione per

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permettere il passaggio del filtro. In nessun caso comunque sono state osservate complicanze come la dissezione del vaso, legate all’posizionamento del filtro. L’analisi istologica del materiale trattenuto dal filtro ha evidenziato la presenza di residui trombo-embolici costituiti da piastrine, aggregati di globuli rossi e fibrina e in alcuni casi da residui atero-embolici di placca aterosclerotica. Il gruppo trattato con il filtro ha presentato indici di riperfusione migliori con valori di Timi Frame Count minori, una maggiore percentuale di TIMI 3 e MBG 3 post rivascolarizzazione, una migliore risoluzione del sopraslivellamento del tratto ST associato a livelli di picco di CK -MB significativamente più basso rispetto al gruppo di controllo. Nel follow up a 30 giorni il gruppo trattato con FW ha presentato inoltre un miglior recupero della funzione ventricolare sinistra. In fine dall’analisi multivariata, l’utilizzo del FW è risultato l’unico predittore indipendente della precoce risoluzione del sopraslivellamento del tratto ST e del MBG-3.

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Fig. 8 Filtri Distali

Successivamente sono stati sviluppati i sistemi di trombo aspirazione, che sono costituiti essenzialmente da un micro-catetere che viene avanzato fino alla lesione, dove è in grado di aspirare direttamente il trombo, attraverso il lume. Questi dispositivi possono essere manuali (Diver, Export, Pronto, Rinspirator, Figura 9) o automatici (Catetere per Trombectomia Reolitica Possis AngioJet). Negli ultimi anni, l’esperienza fornita da vari studi clinici randomizzati, ha reso possibile lo sviluppo e l’ottimizzazione di questi devices, che hanno acquisito dimensioni sempre minori e maggiore flessibilità, in modo da poter raggiungere anche vasi più tortuosi e allo stesso tempo, avendo una facilità ed immediatezza di utilizzo, senza aumentare ulteriormente il tempo alla riperfusione.

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Fig. 9 Export Catheter.(A) Il catetere da aspirazione Export con siringa overlocked. (B)Materia aspirato con Export.

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Fig. 10 Aspirazione Reolitica

I principali trials clini condotti con i dispositivi di trombo aspirazione ad oggi hanno avuto risultati non univoci, probabilmente imputabili anche ai diversi criteri di inclusione utilizzati, ne citeremo in seguito i principali.

Tra gli studi randomizzati che hanno utilizzato sistemi di aspirazione automatici possiamo citare lo studio AiMI 35 in cui sono stati arruolati 480 pazienti con STEMI entro 12 ore dall’esordio, randomizzandoli, indipendentemente dalla presenza e dal grado di trombosi intracoronarica, a

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trombectomia reolitica (Angiojet catheter Possis Medical) o angioplastica semplice. La trombectomia è stata eseguita con successo nel 95% dei casi; inaspettatamente i risultati si sono dimostrati a sfavore della trombectomia sia in termini di flusso TIMI 3 al temine della procedura ( 98% vs 91 %; p=0.05) che in termini di estensione dell’infarto (12.5% vs 9.8%; p= 0.03) ed in fine di mortalità (4.6% vs 0.8%; p=0.01). I limiti di questo studio possono essere rappresentati dalla mancata considerazione della presenza di un elevato carico trombotico come criterio di inclusione, che è risultato essere assente in più della metà dei casi. Un altro importante bias è rappresentato inoltre dalla lunghezza procedurale, risultata significativamente maggiore nel gruppo trombectomia, a causa spesso della difficoltà di superamento della lesione colpevole, problematica attualmente superata con i cateteri di nuova generazione di calibro minore, e anche dalla elevata incidenza di asistolia, complicanza nota dell’utilizzo della trombectomia reolitica, che ha reso necessario il posizionamento di uno stimolatore cardiaco provvisorio.

Un risultato analogo è emerso nel registro Rinspiration 36, condotto su 109 pazienti con dispositivo manuale Rinspirator.

Al contrario, nello studio VAMPIRE 37 355 pazienti con STEMi entro 24 ore sono stati randomizzati ad angioplastica convenzionale o troboaspirazione con un nuovo aspiratore automatico con pompa dedicata, Nipro’s TransVascular

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Aspiration Catheter (Osaka, Japan). L’utilizzo del dispositivo è risultato efficace nel 86% delle procedure, con aspirazione di materiale trombotico macroscopicamente visibile nel 76% dei casi, senza differenze significative nella durata della procedura fra i due gruppi. Anche l’utilizzo di un pacemaker provvisorio è stato necessario in una percentuale trascurabile di soggetti sottoposti a tromboaspirazione. Differenze significative a favore dell’aspirazione si sono osservate sia per quanto riguarda l’incidenza di Blush Grade 3 finale (sia nel gruppo entro 12 ore che nel gruppo tardivo) che di TIMI 3 finale (p=0.07), con un beneficio apparentemente maggiore nel gruppo tardivo (time-to-baloon >6 ore) . Inoltre il follow-up a 8 mesi ha dimostrato minor incidenza di MACE (12.9% vs 20.9%; p<0.05), soprattutto per quanto riguarda la necessità di un nuovo intervento di rivascolarizzazione a livello della lesione culprit.

Per quanto riguarda i dispositivi manuali, lo studio randomizzato Dear-MI 38 condotto su 148 pazienti, ha evidenziato che l’utilizzo routinario del sistema di tromboaspirazione Pronto nell’infarto miocardico acuto, indipendentemente dall’evidenza di un elevato carico trombotico, si associa a migliori indici di riperfusione miocardica come il TIMI e TFC, con una incidenza inferiore del fenomeno di no reflow e di embolizzazione distale, come indicato da una più elevata percentuale di completa risoluzione del sopraslivellamento del tratto

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ST e dai migliori valori di Myocardial Perfusion Grade (rispettivamente p<0.05 e p<0.001). Anche i valori di CK-MB di picco, espressione dell’estensione del danno miocardico, sono risultati significativamente inferiori nel gruppo sottoposto a trombo aspirazione.

L’uscita all’inizio del 2008 dello studio TAPAS 39, un grande trial che ha randomizzato 1071 pazienti a tromboaspirazione manuale con catetere Export o angioplastica convenzionale, ha portato nuovamente alla ribalta questi dispositivi. La differenza sostanziale è rappresentata soprattutto dalla popolazione dello studio che si avvicina molto alle caratteristiche reali dei pazienti con infarto miocardico acuto, che afferiscono normalmente ad un centro di emodinamica, senza particolari criteri di selezione presenti invece in altri trial. La tromboaspirazione si è dimostrata superiore sia in termini di perfusione coronarica che miocardica, rappresentati da Myocardial Blush Grade-3 (p<0.001) e TIMI Frame Count (p<0.001), ma soprattuto i soggetti sono stati seguiti in follow-up clinico-strumentale per un anno evidenziando anche benefici in termini di mortalità cardiaca (3.6% vs 6.7%; p=0.02) e di end-point combinato (morte cardiaca, reinfarto non fatale; 5.6% vs 9.9%; p=0.009). Questo studio ha inoltre confermato ancora una volta che la tromboaspirazione può essere effettuata in un alta percentuale di pazienti con STEMI: solamente nel 10% dei pazienti infatti non è stato possibile effettuare la

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procedura per eccessiva tortuosità o inadeguato diametro del vaso. Infine è stata dimostrata la capacità del device (Catetere Export, Medtronic) nel rimuovere trombo o ateroma: l’analisi istologica del materiale aspirato ha dimostrato infatti la presenza di trombo piastrinico (68%), frammenti di placca ateromatosa (17%), globuli rossi (15%).

Tali risultati sono stati confermati da una metanalisi del 2008 di De Luca 40, che ha messo a confronto 9 importanti studi randomizzati con l’utilizzo di tromboaspirazione manuale usciti fina a quel momento, evidenziando la presenza di un vantaggio nella tromboaspirazione rispetto ad angioplastica primaria, soprattutto in termini di flusso TIMI-3 e Myocardial Blush Grade-3 al termine della procedura ed anche in termini di mortalità a 30 giorni.

Già da alcuni anni nel laboratorio di Emodinamica del nostro Dipartimento sono disponibili sistemi di tromboaspirazione.

Il primo di questi dispositivi introdotti è stato il Rinspirator che è stato utilizzato nello studio Rinspiration 41, uno registro multicentrico che ha arruolato pazienti con STEMI entro 12 h dall’esordio, cui il nostro centro ha partecipato.

L’end-point primario del Reinspiration è stata la risoluzione del sopraslivellamento del tratto ST > 50% a 60 minuti dal termine della procedura.

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L’end-point è stato raggiunto nel 97% dei casi, contro gli altri studi che si attestano invece poco al di sopra del 65%. Non sono emerse differenze statisticamente significative nel risultato angiografico al termine della procedura ma si è evidenziato un trend in favore dell’aspirazione per quanto riguarda il Myocardial Blush Grade 3 post-procedurale, indice di una migliore funzione microcircolatoria. Da segnalare che nel gruppo aspirati si è avuto un numero significativamente maggiore di stenting diretto, caratteristica che alcuni lavori hanno correlato con minor embolizzazione periferica di frammenti di placca.

Per quanto riguarda la risoluzione del sopraslivellamento ST si può vedere come il gruppo aspirati abbia avuto una risoluzione >50% in un numero significativamente maggiore di casi sia a 30 che a 60 minuti dal termine della procedura, mentre i risultati del gruppo di controllo si sono attestati sui valori riportati in letteratura. Da segnalare che non si sono registrate morti per causa cardiovascolare nel gruppo aspirati a 6 mesi di follow-up.

Sulla base dei risultati dei numerosi studi clinici condotti con dispositivi di trombo aspirazione, le attuali linee guida europee raccomandano l’utilizzo dei dispositivi di trombo aspirazione durante angioplastica primaria in corso di STEMi con classe di raccomandazione IIa, livello di evidenza B, senza che venga fatto riferimento al livello del carico trombotico.

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34

Tabella 2. Raccomandazione per la prevenzione ed il trattamento del no-reflow.

(a = Classe di raccomandazione; b = Livello di evidenza)

1.4 La Risonanza magnetica nello studio della cardiopatia ischemica.

Negli ultimi anni la risonanza magnetica (RM) ha acquisito un ruolo di primo piano nello studio morfologico e funzionale delle patologie cardiache e

vascolari. Il punto suo punto di forza è rappresentato dall’elevata risoluzione spaziale e temporale, dall’elevato contrasto sangue-tessuto soprattutto nelle sequenze SSFP (and steady-state free precession), nella possibilità di effettuare ricostruzioni tridimensionale delle strutture cardiache e vascolari. A differenza

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35

dell’ecografia , la MRI si è dimostrata una tecnica operatore indipendente e non è influenzata dalla presenza di una cattiva finestra acustica del paziente. Permette di effettuare piani di sezione in qualsiasi orientamento spaziale e, grazie alla sua natura tridimensionale, è possibile il calcolo diretto dei volumi e della massa, senza l’utilizzo di modelli geometrici come avviene

nell’ecocardiografia. Queste caratteristiche hanno fatto si che ad oggi sia

considerata la tecnica gold standard per la quantificazione dei volumi cardiaci e della massa e della funzione ventricolare. Con le sequenze SSFP ed in

particolare anche associando nuove tecniche come il tagging, è possibile lo studio accurato della contrattilità regionale ventricolare sia del ventricolo destro che sinistro, permettendo di individuare zone di ipo-acinesia e di bulging.

Una ulteriore qualità della RM è rappresentata dalla caratterizzazione tissutale, in particolare per quanto riguarda il miocardio ha la capacità di

evidenziare aree di edema, caratterizzate da una iperintensità di segnale nelle sequenze T2 pesate e soprattutto, tramite acquisizioni tardive dopo l’iniezione di mezzo di contrasto paramagnetico, permette di individuare zone di fibrosi e di necrosi miocardica, evidenziate da un’iperintensità di segnale (delayed-enhancement).

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36

Per questi motivi la RM ha ultimamente acquisito un ruolo di fondamentale importanza nello studio della cardiopatia ischemica, tutto ciò in assenza di rischi radiologici per il paziente.

Numerosi studi sperimentali su animali 42 e quindi clinici hanno evidenziato come la risonanza magnetica con immagini effettate con sequenza T1, dopo iniezione di mdc paramagnetico, abbia la capacità di evidenziare l’estensione ed il grado di danno tissutale dopo infarto miocardico. La zona di miocardio colpita da danno ischemico è caratterizzata, in immagini con sequenza T1, a 5-10 minuti dall’ iniezione di mezzo di contrasto paramagnetico, da una elevata intensità di segnale, rispetto al resto del miocardio, tale fenomeno è chiamato appunto delayed-enhancement. È stato dimostrato che l’estensione delle regioni con delayed-enhancement corrispondono alle aree di difetti di

captazione del tracciante scintigrafico Tallio ed a regioni con alterazioni della cinesi ed, a livello istologico, ad aree di necrosi miocardica 43.

Il mezzo di contrasto usato in risonanza magnetica è costituito da una sostanza paramagnetica il gadolinio (Gd) usato in soluzione, complessato da leganti ciclici poliamminopolicarbossilici (Gd-DTPA). Tale mezzo di contrasto arriva nei tessuti attraverso i capillari e lì, attraverso la parete vasali, entra negli spazzi interstiziali fino a raggiungere un equilibri di concentrazione fra lo spazio vascolare ed extravascolare.

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37

Nelle aree di miocardio vitale normoperfuse, vi è il rapido raggiungimento dell’equilibrio fra la concentrazione del mezzo di contrasto intravascolare

rispetto al comparto extravascolare, la concentrazione del mezzo di contrasto a livello del tessuto avrà quindi la stessa cinetica del comparto extravascolare. In zone di miocardio necrotico con importante danno micro vascolare, la

concentrazione di Gd extravascolare aumenterà lentamente nei primi 2 minuti, caratterizzando quindi le aree di ipoenhancement, e successivamente

aumenterà progressivamente nei successivi 10-15 minuti, in modo dissociato rispetto alla cinetica nel sangue ed alle aree vitali. Dopo 10 minuti

dall’iniezione, le aree di miocardio infartuato presenteranno quindi

concentrazioni interstiziali di mdc superiore rispetto al miocardio sano ed al distretto vascolare, determinando quindi l’effetto di hyper-enhancemenet 44. È stato inoltre osservato che il delay enhancement caratterizza sia zone di

miocardio infartuato che aree con sostituzione fibrotica. In tali zone infatti, all’interno di ciascun voxel, sarà presente una maggiore quota di spazio interstiziale dove si accumula mdc, quindi saranno caratterizzate da una maggiore concentrazione di mdc (per unità di volume miocardico) rispetto al miocardio sano, tale aumento della concentrazione di mdc è responsabile di una quota del delayed enhancement delle immagini T1 pesate a 10 minuti dall’iniezione di mdc paramagnetico.

(38)

38

È stato dimostrato che l’infart size, determinato dall’estensione dell’area di delayed-enhancemente, si correla direttamente con la prognosi dei pazienti con infarto miocardico. 45

Negli ultimi anni ha guadagnato interesse lo studio con risonanza magnetica del danno micro vascolare nell’infarto miocardico acuto. È stato evidenziato che, nei primi due minuti dall’inizione di mdc, la presenza di ostruzione micro vascolare determina una ridotta concentrazione del mezzo di contrasto

tissutale, responsabile di una ipointensità, che caratterizza queste aree. Tali zone di ostruzione del microcircolo appaiono localizzate soprattutto a livello del sub endocardio e circondate dalla restante regioni di necrosi miocardica, che appaiono al contrario iper-intense. Sperimentalmente è stato dimostrato che tali regioni di ipo-enhancement corrispondono a aree colpite dal fenomeno di no reflow e sembrano avere un valore predittivo indipendente di

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39

2 Studio “Efficacia della tromboaspirazione

durante Angioplastica Primaria

2.1 Scopo dello studio

La nostra ipotesi è che la trombectomia eseguita durante angioplastica primaria, in pazienti con dimostrazione angiografica di elevato carico trombotico nella coronaria responsabile dell’infarto, produca una riduzione del danno miocardico attraverso la prevenzione della embolizzazione trombotica distale, con conseguente riduzione dell’ostruzione del microcircolo, dell’area infartuale e beneficio in termini di rimodellamento ventricolare e sopravvivenza libera da eventi avversi cardiaci maggiori (MACE).

Ad oggi la maggior parte degli gli studi effettuati sulla trombo aspirazione si basano soprattutto sulla valutazione di dati angiografici post procedurali e su follow up clinici, questo ci ha spinto a disegnare un trial randomizzato che avesse come end point primario lo studio quantitativo dell’area di necrosi e la valutazione della presenza di ostruzione del microcircolo, entrambi eseguiti con una metodica complessa ad elevata risoluzione spaziale e non operatore dipendente come la Risonanza Magnetica.

Come accennato in precedenza, gli end-point primari dello studio sono rappresentati da:

(40)

40  “infarct size” (estensione dell’infarto) valutato con risonanza magnetica

cardiaca (RM) a 3 mesi dall’infarto

 La risoluzione del sopraslivellamento ST > del 70% a 60 minuti dal termine della procedura

Gli end-point secondari sono rappresentati da:

 Il grado di transmuralità dell’infarto valutato con risonanza magnetica a 3 mesi.

 Presenza di ostruzione del microcircolo (MVO) valutato con RM a 3 mesi.

 grado di flusso TIMI nel vaso culprit a fine procedura

 la presenza del fenomeno di no reflow nel vaso responsabile dell’infarto

 TIMI myocardial perfusion grade (TMPG) nel territorio dell’infarto, a fine procedura

 La sopravvivenza libera da eventi cardiaci maggiori (MACE) ad un anno

2.2 Materiali e metodi

2.2.1 Disegno dello studio

Si tratta di uno studio prospettico, randomizzato, multicentrico, approvato dal comitato etico all’inizio del 2008 e condotto presso i due Laboratori di Emodinamica dell’Azienda Ospedaliera-Universitaria Pisana e quello

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41

dell’Ospedale Pediatrico Apuano (OPA) di Massa (CNR-Fondazione Monasterio).

2.2.2 Popolazione

In base alla potenza statistica è stato stimato un target iniziale di popolazione all’arruolamento di 180 pazienti consecutivi, che giungessero al laboratorio di emodinamica con STEMI entro 12 ore dall’esordio dei sintomi e che presentassero alla coronarografia un carico trombotico elevato.

In particolare, riguardo al primo end-point primario, la risoluzione completa del sopraslivellamento ST, sulla base dello studio REMEDIA 46 sulla tromboaspirazione con catetere Diver, ci aspettiamo una prevalenza di risoluzione del sopraslivellamento ST >70% pari al 58% nel gruppo sottoposto a trombectomia e del 37% nel gruppo sottoposto a PTCA standard. Per raggiungere un livello di significatività alpha di 0.05 e di potenza 0.80, sarà necessario arruolare 85 pazienti per gruppo. Considerando una possibil e perdita del 5% dei pazienti per indisponibilità dei dati relativi all’end point primario, prevediamo di arruolare 90 pazienti per gruppo (per un totale di 180 pazienti).

Una ulteriore analisi di potenza basata sul secondo end point primario, l’infarct size misurato con MRI, conferma la necessità di un campione delle dimensioni sopra stimate. Infatti, alla luce di recenti studi, ci possiamo

(42)

42

attendere un’infarct size di 15±9% nel gruppo della PTCA semplice 35; ipotizzando una riduzione del danno del 20% con la trombectomia, l’infarct size atteso dovrebbe essere di 11±9%. Con questi valori, occorrono 80 pazienti per gruppo per ottenere un livello di significatività alpha di 0.05 e di potenza 0.80, che andrebbero aumentati del 10% (88 pazienti per gruppo) per coprire la possibile perdita di pazienti per la MRI a 3 mesi.

2.2.3 Criteri di inclusione ed esclusione

I pazienti arruolati soddisfano tutti i seguenti criteri:

1. sintomi e segni di infarto miocardico acuto da non più di 12 ore con sopraslivellamento del tratto ST ≥ 2 mm in almeno due derivazioni contigue o un blocco di branca sinistro di nuova insorgenza;

2. presenza di “elevato carico trombotico” alla coronarografia; 3. assenza di controindicazioni all’ abciximab;

4. consenso informato scritto.

Rappresentano motivo di esclusione dallo studio:

1. IMA a basso rischio (ST elevation in ≤ 2 derivazioni); 2. Pregresso infarto omosede;

3. PCI nelle 2 settimane precedenti; 4. ipersensibilità nota all’abciximab; 5. emorragia interna attiva;

(43)

43

6. ictus cerebri nei due anni precedenti o con significativo deficit neurologico residuo;

7. Intervento chirurgico/trauma cranico o spinale nei 2 mesi precedenti; 8. recente (<6 settimane) emorragia clinicamente rilevante del tratto

gastrointestinale o genitourinario;

9. diatesi emorragica o severa ipertensione non controllata; 10. trombocitopenia (<100.000 PLT/ml);

11. recente (<6 settimane) intervento di chirurgia maggiore o trauma; 12. neoplasia/malformazione A-V/aneurisma intracranici;

13. severa insufficienza renale/epatica; 14. allergia all’aspirina;

2.2.4 Randomizzazione

Una volta eseguita la coronarografia ed aver identificato la lesione

colpevole, se erano presenti i criteri di elevato carico trombotico, i pazienti erano eleggibili e sono stati randomizzati a uno dei due trattamenti

(Randomizzazione 1:1):

1. sola PTCA della lesione colpevole seconda tecnica standard

2. trombectomia seguita da PTCA della lesione colpevole secondo tecnica standard.

(44)

44

La randomizzazione è stata stratificata in base al vaso responsabile

dell’infarto, allo scopo di evitare uno sbilanciamento tra i due gruppi in termini di prevalenza di infarto anteriore. A tal fine, la randomizzazione è stata

eseguita in ciascun centro seguendo una sequenza casuale prefissata, distinta per infarto anteriore e infarto non anteriore. I due bracci di trattamento sono stati chiamati rispettivamente: 1. sola PTCA e 2. trombectomia+PTCA.

All’interno del gruppo randomizzato nel braccio della trombo aspirazione, questa è stata effettuata con sistema di trombo aspirazione reolitica Angiojet o con trombo aspirazione manuale con Export in base alla disponibilità del

sistema di aspirazione in ciascun laboratorio.

2.2.5 Definizioni

Per la classificazione del carico trombotico è stato utilizzato lo score di Sianos 47 che identifica angiograficamente e classifica il carico trombotico coronarico in 5 gradi. In accordo con questa classificazione il thrombus grade 0 (G0) viene identificato come l’assenza di elementi caratteristici del trombo all’angiografia; il grado 1 (G1), definito come possibile presenza di trombo, sono presenti elementi anagiografici caratteristici del trombo come riduzione della densità del contrasto, nebulosità, contorno irregolare della lesione,

occlusione totale del vaso con aspetto a menisco liscio convesso. Nel grado 2 è presente l’immagine definita di un trombo con dimensioni ≤ ½ del diametro del

(45)

45

vaso; nel thrombus grade 3 (G3) è presente un trombo definito con dimensioni > ½ ma < 2 volte il diamtero del vaso; thrombus grade 4 (G4) è presente

l’immagine definita del trombo con dimensioni ≥ 2 volte il diametro del vaso; ed in fine nel grado 5 (G5) è caratterizzato dall’occlusione totale della

coronaria. I pazienti con vaso occluso alla coronarografia iniziale con aspetto “a ramo mozzato” vengono classificati dopo il ripristino di un flusso

anterogrado anche minimo ma tale da consentire la stima visiva del carico trombotico. Se il ripristino del flusso non avviene dopo il passaggio del solo filo guida, si esegue una predilatazione con pallone 1.5 mm.

Per “elevato carico trombotico” si intende quindi la presenza di un trombus burden >3° grado, quindi con un trombo visibile con dimensioni > 2 volte le dimensioni del diametro del vaso secondo una stima visiva, fino all’occlusione completa.

Il TIMI flow grade e il Myocardila blush grade (MBG) sono stati entrambi valutati, in accordo con il sistema descritto e validato da van’t Hof 48, su un angiogramma effettuato immediatamente dopo la procedura di

rivascolarizzazione coronarica, e dopo infusione standardizzata di 400µg di nitroglicerina intracoronarica. Il TIMI è stato classificato in 4 stadi (0-3) come precedentemente descritto. Il MBG è stato classificato nel modo seguente: M0, assenza di contrasto all’interno del mocardio; 1, minima presenza di densità di

(46)

46

contrasto o MBG; 2, moderata MBG o densità di contrasto ma minore rispetto a quella ottenuta durante l’angiografia di una coronaria non correlata con l’infarto; 3, presenza di MBG o densità di contrasto comparabile a quella ottenuta dall’angiografia di un vaso non correlato con l’infarto. Quando il mezzo di contrasto persiste all’interno del miocardio (“staining”), suggerisce l’accumulo di mdc nello spazio extravascolare, e viene quindi classificato come MBG-0.

Il sopraslivellamento del tratto ST nell’elettrocardiogramma viene misurato a 60 msec dal punto J49. Per “risoluzione completa del sopraslivellamento ST” a 60 minuti si intende una riduzione >70% del sopraslivellamento del tratto ST a 60 minuti dal termine dell’angioplastica rispetto all’ECG di arruolamento pre-procedurale 5, 50.

Per “eventi avversi cardiaci maggiori” (MACE) si intendono la morte per ogni causa, il reinfarto, la nuova rivascolarizzazione della lesione target (TLR) o del vaso target (TVR). Tutti i decessi sono considerati cardiaci a meno che non possa essere stabilita una causa non cardiaca certa. Il reinfarto viene definito come incremento della creatinchinasi-MB (CK-MB) oltre 3 volte il limite superiore della norma non correlato ad una nuova procedura di

rivascolarizzazione. La TLR viene definita come procedura di rivascolarizzazione eseguita sia con intervento di bypass aorto-coronarico (BPAC) o di PTCA con

(47)

47

documentazione angiografica di ristenosi >50% del segmento coronarico trattato durante l’angioplastica primaria.

Fig. 11 Trombus Grade 5. (A) vaso occluso. (B) Immagine di trombo endoluminale dopo il passaggio del filo guida.

2.2.6 Tromboaspirazione.

La trombo aspirazione è stata eseguita o con metodo automatico mediante dispositivo Angiojet o con sistema manuale con catetere da aspirazione Export. Descriverò per primo il dispositivo Angiojet: questo è costituito da un catetere a doppio lume, specifico per la rimozione del trombo dal distretto vascolare coronarico e/o periferico. Il catetere è attaccato ad una console esterna in cui

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48

una pompa a pistone genera un flusso pulsato di soluzione salina ad alta pressione (10.000 psi) attraverso un ipotubo. Quest’ultimo emette la soluzione salina ad alta velocità diretta verso un lume di scarico, generando una zona a bassa pressione alla punta del catetere con la formazione di un vortice (effetto Venturi) che frammenta ed aspira il trombo. Tale sistema è già deliberato nel contesto dell’Area Vasta Nord-Ovest Toscana ed è di uso routinario da alcuni anni presso i due laboratori di emodinamica che partecipano allo studio.

Per quanto riguarda la trombectomia manuale, il catetere da aspirazione Export (Medtronic Corporation) utilizzato è costituito da un catetere da trombo aspirazione di 6F, dotato di una punta di aspirazione obliqua con un lume di 0.041in ed un profilo esterno di 0.068in. Un markers radio-opaco è situato a 2 mm dalla punta distale. La capacità di aspirazione e fornita manualmente da una siringa “lockable” da 20 ml, collegata all’estremità prossimale del catetere che determina una capacità di suzione di 1 ml/s.

2.2.7 Regime farmacologico

Il regime farmacologico è stato standardizzato fra i due centri, seguendo le attuali linee guida, ed è costituito da:

Pre-procedura: aspirina 300 mg e.v. o masticabile e clopidogrel 600 mg per os. Bolo di abciximab (0,25 mg/Kg) eseguito subito intraprocedurale (dopo la coronarografia, prima del passaggio del filo-guida .

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49

Intra-procedura: eparina bolo iniziale (70 UI/kg) + eventuali boli aggiuntivi (in dose tale da mantenere l’ACT tra 200 e 250 secondi durante la procedura). Infusione di abciximab post procedurale per 12 ore (0,125mcg/Kg/min).

Alla dimissione: aspirina 100-160 mg/die a vita, clopidogrel 75 mg/die per almeno 1 mese (solo in caso di stent non medicato), possibilmente per 12 mesi (minimo 6 mesi in caso di stent medicato).

2.2.8 Risonanza magnetica

Gli esami di RM Cardiaca sono eseguiti utilizzando uno scanner 1,5 Tesla con bobina phased-array dedicata per il cuore. Le immagini vengono acquisite in apnea tele-espiratoria e con gating elettrocardiografico.

Gli esami sono stati effettuati a 3 mesi dalla procedura di rivascolarizzazione primaria.

Il protocollo RM prevede lo studio quantitativo della funzione e della volumetria ventricolare, l’identificazione e la quantificazione della necrosi miocardica, l’identificazione della presenza dell’ostruzione del microcircolo coronarico.

- Valutazione della funzione ventricolare

Le immagini di cinetica sono acquisite con sequenze SSFP in asse corto ventricolare dal piano valvolare mitralico all’apice perpendicolarmente all’asse

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50

maggiore del ventricolo sinistro ( 30 fasi del ciclo cardiaco con spessore di scansione di 8 mm).

Dallo studio di funzione verranno valutati il volume telediastolico, il volume telesistolico, lo stroke volume, la frazione di eiezione e la massa ventricolare.

- Identificazione e quantificazione della necrosi miocardica

Per l’identificazione e la quantificazione della necrosi miocardica verrà utilizzata la tecnica del Delayed Enhancement che prevede l’acquisizione delle immagini con sequenze fast gradient Echo, dopo 10 min dalla somministrazione del mezzo di contrasto (Gadovist alla dose di 0,2 mmol/kg) utilizzando le stesse proiezioni in asse corto ventricolare utilizzate per le immagini di cinetica e un asse lungo verticale e orizzontale per la valutazione dell’apice vero.

Per la misurazione dell’estensione della necrosi miocardica è stato utilizzato un programma softwar di misurazione semi-automatico, già validato da studi precedenti 51, che utilizza una immagine in long axis e tutte le immagini in short axis del ventricolo sinistro, nelle quali viene tracciato manualmente il contorno endocardico, epicardio e i confini dell’area di necrosi, evidenziata dal delayed-enhancement; viene cosi ricostruita la volumetria della massa miocardica e calcolata l’estensione dell’infart size (IS), espresso in percentuale di massa del

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51

miocardio. Tramite il medesimo programma, dopo aver tracciato i confini dell’area di necrosi, la massa miocardica viene suddivisa in 17 segmenti,in accordo con il modello decodificato dall’European Society of Echocardiography. Ciascun segmento viene suddiviso in 100 corde, dirette perpendicolarmente dal bordo endocardico verso l’epicardio, la transmuralità della necrosi, definita come una estensione >75% dello spessore del miocardio, viene così calcolata per ciascuna corda del segmento e viene espressa come media del livello di necrosi delle corde all’interno del segmento stesso.

Nelle immagini tardive dopo somministrazione di mezzo di contrasto paramagnetico è stata effettuata la valutazione della presenza di ostruzione del microcircolo, identificabile come la presenza di aree di ipo-enhancement all’interno dell’area necrotica caratterizzata da hyper-enhancement, in almeno un segmento52.

Tutte le immagini sono state analizzate da cardiologi esperti in risonanza magnetica cardiovascolare, che non erano a conoscenza delle condizioni cliniche e del tipo di trattamento effettuato sul paziente analizzato.

(52)

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Fig. 12 Analisi dell’Infarct size e della Transmuralità. (A) Area di enhancemente viene delineata manualmente in immagini asse corto ed asse lungo. (B) Valutazione della transmuralità in ciascun segmento. (C) Media della transmuralità nel modello a 17 segmenti.

2.2.9 Analisi statistica

Le variabili continue sono state confrontate con il test t di Student o con il test di Mann-Whitney in caso di distribuzione non-normale all’analisi con il test Kolmogorov-Smirnov. Le variabili discrete sono state confrontate mediante il test di Pearson chi-quadro o con il test di Fisher in caso di presenza di almeno

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una cella con valore <5. L’analisi di variabili ripetute nel tempo è stata effettuata con test ANOVA per misure ripetute.

Abbiamo inoltre deciso che in caso di cross-over dal Gruppo Controllo al Gruppo Aspirato, l’analisi dei risultati sarebbe stata condotta in base al trattamento effettivamente applicato al paziente (aspirazione o non aspirazione), indipendentemente dalla assegnazione effettuata al momento della randomizzazione (analisi “as treated” e non “intention-to-treat”).

3 Risultati

Dal marzo 2008 all’giugno 2011 sono stati arruolati 208 pazienti con STEMI entro le 12 ore, che presentavano all’angiografia basale un elavato carico trombotico. Fra questi, 104 pazienti sono stati sottopoti a trattamento convenzionale (Gruppo Controllo) e 104 sono stati sottoposti ad angioplastica primaria preceduta da tromboaspirazione (Gruppo Aspirazione). All’interno del Gruppo Aspirazione 54 pazienti sono stati sottoposti ad aspirazione reolitica con Angiojet e 50 pazienti sono stati invece trattati con tromboaspirazione manuale tramite Export.

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54

La popolazione appare omogenea dal punto di vista della caratteristiche cliniche.

Variabili Control Group Aspiration Group P

Età 61.5±14.9 63.0±11.2 0.7 Sesso (M) 79 (76%) 88 (88.4%) 0.83 BMI 26.6±2.9 26.1±3.4 0.65 Diabete 21(20.4%) 20 (19.2%) 0.83 Ipertensione 49 (47.6%) 54 (51.9%) 0.53 Dislipidemia 45 (43.7%) 54 (51.9%) 0.23 Fumo 51 (49.5%) 50 (48.1%) 0.81 Familiarità 46 (44.7%) 47 (45.2%) 0.93 IRC 5 (4.9%) 3 (2.9%) 0.46 Pregresso IMA 2 (1.9%) 4 (3.8%) 0.68 Pregresso ICTUS 2 (1.9%) 3 (2.9%) 0.66 Heart Faillure 1 (1%) 0 (0%) 0.49 Comorbilità 11 (10.7%) 17 (16.3%) 0.23

Tabella 3. Dati Basali

Le caratteristiche pre-procedurali (Tabella 4), mostrano un pain-to-balloon time maggiore nel gruppo sottoposto ad Aspirazione, anche se in modo non statisticamente significativo (p=0.07), sempre il Gruppo-Aspirazione presenta

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55

inoltre una percentuale significativamente maggiore di vasi occlusi, con TIMI 0-1 (90-1.3%vs77.9%, p=0.007).

3.1 Risultati procedurali

La trombo aspirazione sia reolitica che manuale si è dimostrata fattibile nel 98% dei casi, in solo 1 caso non è stato possibile avanzare nessun device da aspirazione per incapacità del filo guida di oltrepassare la lesione colpevole. In solo 2 casi, entrambi con Export, la trombo aspirazione è risultata solo parzialmente efficace in quanto, dopo il passaggio del catetere da aspirazione, è residuato del materiale trombotico intraluminale angiograficamente visibile, che non è stato possibile aspirare con ulteriori passaggi. In solo 2 casi su 104 inoltre, è stato necessario effettuare una predilatazione con pallone, per permettere il successivo passaggio del catetere da aspirazione. Non si sono verificate complicanze maggiori dovute alla procedura di trombo aspirazione, né è stato necessario in nessun caso posizionare un catetere da stimolazione ventricolare provvisorio, per la comparsa di bradi aritmie, come è stato evidenziato da studi condotti con trombo-aspirazione reolitica. In alcuni casi si è assistito a brevissimi periodi di arresto sinusale o comparsa di bradicardia spiccata con risoluzione spontanea o dopo somministrazione endovenosa di un bolo di 1 gr di atropina.

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Pre-Proced Control Group Aspiration Group p Pain–to-ball 241.4±160.6 259.53±132.6 0.07 MaxST-elevation 4.06±2.06 4.18±1.71 0.21 TotST-elevation 11.71±7.25 12.70±7.84 0.18 N° Deriv 4.3±1.5 4.6±1.7 0.34 Anterior IMA 48 (46.2%) 49 (47.1%) 0.89 CAD 3 9 (8.7%) 14 (13.5%) 0.27 Killip Class > II 9 (8.7%) 4 (3.8%) 0.1 Admission EF% 45.9±9.7 45.8±8.4 0.9

Tabella 4. Dati clinici e angiografici procedurali

3.2 Risultati angiografici

Per quanto riguarda le caratteristiche angiografiche finali (Tab. 5), la percentuale di successo procedurale espressa da un TIMI-3 post PCI, presenta una tendenza a favore del gruppo aspirazione, anche se non statisticamente significativa (81.7% vs 90.4%, p=0.07), l’incidenza del fenomeno angiografico dello slow flow, espresso da un valore di TIMI 2 si verificato in una percentuale significativamente inferiore nel gruppo sottoposto ad aspirazione (10.7% vs 21.2%, p=0.039). Anche il Blush Grade-3 dopo rivascolarizzazione (MBG-3), indice di una ottimale perfusione tissutale e quindi di assenza dei ostruzione microcircolatoria, è stato ottenuto in una percentuale significativamente

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maggiore di pazienti nel Gruppo-Aspirazione (92.26% vs 60.6%, p=0.02) (Tab. 5).

Variabili Control Group Aspiration Group P Thrombus

Grade

3 15 (14.4%) 7 (6.7%) 0.07

4 15 (14.4%) 12 (11.5%) 0.5

5 74 (71.2%) 85 (81.7%) 0.07

Initial TIMI flow grade

0-1 81 (77.9%) 95 (91.3%) 0.007

2 6 (5.8%) 5 (4.8%) 0.7

3 17 (16.3%) 4 (3.8%) 0.002

Final TIMI flow grade 0-1 2 (1.9%) 1 (1%) 1 0-2 (slow flow) 19 (18.3%) 10 (9.6%) 0.071 2 16 (15.4%) 7 (6.7%) 0.046 3 85 (81.7%) 94 (90.4%) 0.071 Initial-TFC 85.69±27.82 94.92±17.12 0.004 Final-TFC 27.72±20.69 23.92±17.45 0.17 Finale-MBG 0-1 41 (39.4%) 25 (24%) 0.02 2 25 (24%) 14 (13.5%) 0.05 3 63 (60.6%) 79 (76.0%) 0.02 ST resolution >70% 38 (37.3%) 58 (57.4%) 0.004

(58)

58

3.3 Risultati clinici e di follow up

I dati clinici indicatori di efficacia della rivascolarizzazione come la risoluzione del sopraslivellamento del tratto ST a 60 minuti dalla rivascolarizzazione, sono in linea con i risultati angiografici. Il Gruppo-Aspirazione ha presentato infatti una percentuale significativamente maggiore di risoluzione del sopraslivellamento del tratto ST >70% a 60 minuti dalla procedura (57.4% vs 37.3%, p = 0.004) (Tab. 5).

Tutti i 208 pazienti (104 non aspirati e 104 aspirati) sono stati sottoposti ad un follow-up clinico o telefonico a 12 mesi; gli end-point considerati sono stati la morte per ogni causa, la morte cardiovascolare, il reinfarto e TLR. L’incidenza di MACE ad un anno è risultata estremamente bassa ed in linea con i risultati di precedenti trials. Fra i due gruppi non è stata osservata una differenza statisticamente significativa in termini di sopravvivenza libera da eventi cardivascolari maggiori ad un anno (92,29% ± 3,2% vs 94,6% ± 3,2% rispettivamente per il Gruppo A e C, p = 0,35) (Tab. 6) .

Variabili Controll Group Aspiration

Gorup P

MACE 94.6%±2.3% 92.26%±3.2% 0.35

TLR 97.8%±1.5% 97.8%±1.4% 0.69

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3.4 Risultati in Risonanza Magnetica

Dei 208 pazienti arruolati, 186 (86 Gruppo A e 80 Gruppo C) sono stati sottoposti ad esame di risonanaza magnetica cardiaca a 3 mesi. Il follow out di 22 pazienti è dovuto a varie cause, principalmente al rifiuto degli stessi pazienti di sottoporsi a RM per claustrofobia. Non sono state evidenziate differenze fra due gruppi in termini di EDV, EF e stroke volume. Nonostante che dai risultati di successo angiografico procedurale emerga un trend a favore della tromboaspirazione, dallo studio in risonanza magnetica non emerge un vantaggio in termini di riduzione dell’infart-size, né del grado di transmuralità o di riduzione dell’occorrenza di occlusione del microcircolo (Tab. 7).

Variabili Controll Group Aspiration Gorup P Infarct size(%) 20.20±11.7 21.66±13.24 0.55 Infarct size >35% 28 (38.9%) 32 (41%) 0.79 Transmuralità(%) 11.64±12.66 11.87±11.96 0.93 MVO 28 (38.9%) 32 (41%) 0.79 EDV/m2 79.58±20.13 82.09±23.63 0.8 Stroke/m2 45.22±11.68 44.65±11.02 0.8 EF 58.7±11.4 55.7±12.4 0.1

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Grafico. 1 Percentuale di STR>70%

Grafico 2. Percentuale di MBG-3

P = 0.004

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Fig. 13 Immagini angiografiche della trombo aspirazione

.

(A)Occlusione prossimale della discendente anteriore. (B) Iimmagine di trombo endoluminale dopo il passaggio del filo guida. (C) Risultato dopo la trombo aspirazione. (D) Risultato finale dopo stenting diretto.

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4 Discussione

L’obiettivo finale della PCI nel trattamento dell’infarto miocardico acuto è rappresentato non soltanto daI ripristino del flusso coronarico epicardio, ma anche dal raggiungimento di una riperfusione miocardica ottimale, che sembrerebbe avere un maggior valore predittivo di out-come a lungo termine 48. L’embolizzazione atero-trombotica si è dimostrata uno dei principali meccanismi di compromissione della perfusione miocardica durante PCI primaria, attraverso l’ostruzione dei capillari, il danno endoteliale e l’attivazione del sistema di infiammazione 53. Tra i vari meccanismi studiati per ridurre il fenomeno del no-reflow, la riduzione dell’embolizzazione distale attraverso la trombo aspirazione sembrerebbe una scelta promettente. Il nostro studio comprende 208 pazienti con STEMI nelle prime 12 ore e con elevato carico trombotico, che sono stati randomizzati a PCI convenzionale o PCI preceduta da trombo aspirazione. Tutti i pazienti sono stati trattati con abciximab. Come è stato evidenziato da alcune meta analisi e dallo studio ATTEMPT 54, i pazienti che sono stati trattati con l’associazione dell’inibitore della GpIIb/IIIa con la trombo aspirazione hanno presentato risultati migliori ed un livello di mortalità più basso rispetto al resto dei trattamenti del no-reflow, ipotizzando che il trattamento farmacologico e la trombo aspirazione meccanica potessero avere un effetto sinergico sulla riperfusione miocardica e quindi sull’out-come clinico. Anche le conclusioni delle ultime Linee Guida Europee sul trattamento dello STEMI sembrerebbero essere in

(63)

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accordo a questa osservazione, in quanto per la prevenzione del no reflow, raccomandano l’uso sia degli inibitori della GpIIb/IIIa che della trombo aspirazione.

Nel nostro studio la tromboaspirazione, sia con sistema manuale che reolitico, si è dimostrata fattibile, sicura ed efficace nella maggior parte dei casi, con un rischio di complicanze sovrapponibile alla PCI tradizionale. Non vi sono stati casi in cui è stato necessario posizionare un catetere tra stimolazione provvisoria per l’insorgenza di asistolia o bradicardia marcata, come era stato osservato in trials condotti con la trombectomia reolitica.

Per quanto riguarda i risultati angiografici essi appaiono a favore della trombo aspirazione ed in linea con gli ultimi trials clinici. In particolare il gruppo sottoposto a tromboaspirazione ha presentato valori più elevati di risoluzione del sopraslivellamento del tratto ST, di TIMI e di myocardial blush post procedurale, con valori in assoluto sostanzialmente migliori rispetto a trials randomizzati condotti sempre sullo STEMI ad elevato carico trombotico come lo studio EXPIRA55. Da questi dati angiografici e clinici possiamo quindi dedurre che la rimozione del trombo sia manuale che reolitica, in caso di STEMI ad elevato carico trombotico, migliora la perfusione miocardica attraverso la riduzione dell’embolizzazione atero-trombotica che avviene durante angioplastica primaria.

Figura

Fig. 1  Strategie di riperfusione nello STEMI
Fig. 3  Patogenesi del no-reflow
Fig. 4 Fattori del no-reflow
Fig. 7 Embolizzazione distale durante PCI
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