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STUDIO DELL'INFLUENZA DEL FATTORE DI STRUTTURA NELLA PROGETTAZIONE DI EDIFICI INTELAIATI IN ACCIAIO

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(1)

UNIVERSITÀ DI PISA

T

ESI DI

L

AUREA

_______

STUDIO DELL’INFLUENZA DEL

FATTORE DI STRUTTURA NELLA

PROGETTAZIONE DI EDIFICI

INTELAIATI IN ACCIAIO

C

ANDIDATO

ADRIATIK

CULLHAJ

R

ELATORI

P

ROF

.

I

NG

.

WALTER SALVATORE

D

OTT

.

I

NG

.

FRANCESCO MORELLI

(2)
(3)
(4)
(5)

I

NDICE

CAPITOLO 1 INTRODUZIONE ... 1

1.1 INTRODUZIONE ... 1

1.2 DISPOSIZIONI DEGLIEUROCODICI E PROBLEMI APERTI ... 3

1.3 OBIETTIVO DELLA TESI ... 4

1.4 ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO ... 5

CAPITOLO 2 FILOSOFIE DI PROGETTAZIONE E METODI DI ANALISI ... 7

2.1 INTRODUZIONE ... 7

2.2 FORCE-BASEDDESIGN ... 8

2.2.1 Introduzione ... 8

2.2.2 Metodo di Analisi Statica Lineare ... 10

2.2.3 Metodo di Analisi Dinamica Lineare ... 12

2.2.4 Vantaggi e Limitazioni del Force-Based Design Method ... 14

2.3 PERFORMANCE-BASEDDESIGN ... 15

2.3.1 La necessità del Performance-Based Design ... 15

2.4 ANALISISTATICANONLINEARE(PUSHOVER) ... 18

2.4.1 Necessità di una migliore progettazione sismica e tecniche di valutazione 18 2.4.2 I fondamenti dell’Analisi Statica NonLineare ... 18

2.4.3 Valutazione del punto di prestazione ... 20

2.4.4 Capacity Spectrum Method (CSM) ... 21

2.5 DIRECTDISPLACMENT-BASEDSEISMICDESIGN ... 23

2.6 ANALISIDINAMICHENONLINERAI ... 27

2.7 ANALISIDINAMICHEINCREMENTALI(IDA) ... 28

CAPITOLO 3 CASI STUDIO PROGETTATI SECONDO EC8 ... 31

3.1 PRESENTAZIONE DEI CASI STUDIO ... 31

3.1.1 Analisi dei carichi ... 34

3.2 AZIONE SISMICA ... 35

3.2.1 Spettro di risposta elastico ... 35

3.2.2 Spettro di progetto ... 37

3.2.3 calcolo pesi sismici ... 38

3.3 MODELLO PER ANALISI MODALE ... 38

(6)

3.4 VERIFICHE STRUTTURALI... 44

3.4.1 Effetti del secondo ordine ... 44

3.4.2 Travi... 52

3.4.3 Colonne ... 57

3.5 GERARCHIA DELLE RESISTENZE ... 61

3.6 LIMITAZIONE DEL DANNEGGIAMENTO ... 61

3.7 CONSIDERAZIONI SUI RISULTATI OTTENUTI ... 63

CAPITOLO 4 VALUTAZIONE PRESTAZIONI MEDIANTE METODO N2 ... 68

4.1 INTRODUZIONE ... 68

4.2 OPENSEES:SCELTE DI MODELLAZIONE DEI CASI STUDIO ... 68

4.2.1 Introduzione ad OpenSees ... 68

4.2.2 Materiali ... 70

4.2.3 Sezioni ... 72

4.2.4 Definizione degli elementi e dei collegamenti ... 76

4.2.5 Applicazione delle masse ... 79

4.3 ANALISI STATICHE NON LINEARI (METODO N2) ... 79

4.3.1 Introduzione ... 79 4.3.2 Metodologia ... 81 4.4 CURVE DI CAPACITÀ ... 87 4.4.1 Teali a 4 piani ... 87 4.4.2 Telai a 8 piani ... 89 4.4.3 Telai a 12 piani ... 91

4.5 SEQUENZA DI FORMAZIONE DELLE CERNIERE PLASTICHE ... 93

4.5.1 Telai a 4 piani ... 95

4.5.2 Telai a 8 piani ... 96

4.5.3 Telai a 12 piani ... 98

4.6 DUTTILITÀ DELLE STRUTTURE ... 100

4.6.1 Valutazione del Fattore di struttura ... 100

4.6.2 Duttilità in spostamento e rotazione ultima richiesta ... 101

4.7 OSSERVAZIONI ... 105

4.7.1 coefficienti di sensibilità ... 105

4.7.2 valutazione del punto di prestazione ... 107

CAPITOLO 5 VALUTAZIONE PRESTAZIONI MEDIANTE IDA ... 109

5.1 INTRODUZIONE ... 109

(7)

5.2.1 verifiche strutturali ... 113

5.3 ANALISI DINAMICHE INCREMENTALI ... 116

5.3.1 INTRODUZIONE ... 116

5.3.2 Azione sismica: selezione degli accelerogrammi e dei fattori di scala .... 116

5.3.3 Applicazione dell’azione sismica ... 120

5.3.4 sequenza formazione cerniere plastiche ... 121

5.3.5 Curve IDA (Incremental Dynamic Analysis) ... 122

5.3.6 Curve taglio-spostamento ... 126

5.3.7 Empirical CDF ... 127

CONCLUSIONI ... 130

(8)

ELENCO DELLE FIGURE

Figura 1.1: Richiesta di rotazione nelle cerniere plastiche delle strutture a telaio ... 2

Figura 1.2 -a) completa plasticizzazione della strttura richiesta dall’ EC8; b) e c) schemi alternativi di plasticizzazione, caratterizzati, rispettivamente da media e bassa capacità dissipativa ... 5

Figura 2.1: Comportamento ideale Forza-Spostamento [ 9 ] ... 10

Figura 2.2: Prescrizioni sugli obiettivi prestazionali degli edifici [ 12 ]. ... 17

Figura 2.3; Curva Pushover tipica di una struttura intelaiata [ 9 ]... 19

Figura 2.4; Capacity Spectrum Method [ 9 ]. ... 22

Figura 2.5: Introduzione al metodo DDBD; da [ 15 ]. ... 24

Figura 2.6: Curve IDA del massimo drift di interpiano [ 17 ]. ... 30

Figura 3.1: Carpenteria Tipo ... 32

Figura 3.2: Prospetti dei vari telai MRF ... 33

Figura 3.3: Forma dello spettro di risposta elastico [ 1 ]. ... 36

Figura 3.4: Modelli dei Telai realizzati con SAP2000 ... 38

Figura 3.5: Proiezione della prima forma modale Telaio 4S q = 2 & 4 ... 40

Figura 3.6: Proiezione della prima forma modale Telaio 8S q = 2 ... 42

Figura 3.7: Proiezione della prima forma modale Telaio 12S q = 2 ... 43

Figura 3.8: Coefficiente di sensibilità 𝜃 Telai 4S ag = 0.1g ... 45

Figura 3.9: Coefficiente di sensibilità 𝜃 Telai 4S ag = 0.2g ... 45

Figura 3.10: Coefficiente di sensibilità 𝜃 Telai 4S ag = 0.3g ... 45

Figura 3.11: Coefficiente di sensibilità 𝜃 Telai 8S ag = 0.1g ... 47

Figura 3.12: Coefficiente di sensibilità 𝜃 Telai 8S ag = 0.2g ... 48

Figura 3.13: Coefficiente di sensibilità 𝜃 Telai 8S ag = 0.3g ... 48

Figura 3.14: Coefficiente di sensibilità 𝜃 Telai 12S ag = 0.1g ... 50

Figura 3.15: Coefficiente di sensibilità 𝜃 Telai 12S ag = 0.2g ... 50

Figura 3.16: Coefficiente di sensibilità 𝜃 Telai 12S ag = 0.3g ... 51

Figura 3.17: Coefficienti di sovraresitenza delle travi nei telai di 4 piani. ... 53

Figura 3.18: Coefficienti di sovraresisrenza delle travi nei telai di 8 piani. ... 55

Figura 3.19: Coefficienti di sovraresistenza travi, Telai 12 piani. ... 57

Figura 3.20: Variazione del peso Telai di 4 pinai ... 66

Figura 3.21: Variazione del peso Telai di 8 Piani ... 66

Figura 3.22: Variazione del peso Telai di 12 Piani. ... 67

Figura 4.1:Principali oggetti e gerarchia utilizzata in OpenSees [ 20 ]. ... 69

Figura 4.2: Struttura del Domani Object e classi di oggetto che è possibile creare nel Model Builder Object [ 20 ]. ... 70

(9)

Figura 4.3: Definizione del materiale Steel02, unità N, mm. ... 71

Figura 4.4: Steel02 Material [ 20 ]. ... 71

Figura 4.5: Comportamento ciclico del materiale Steel 02 [ 20 ]... 72

Figura 4.6: Definizione della sezione a fibre. ... 73

Figura 4.7: Definizione comando uniaxialMaterial Elsatic [ 20 ]. ... 74

Figura 4.8: Definizione delle rigidezze assiali, unità N, mm. ... 74

Figura 4.9: Definizione delle reigidezze a taglio, unità N, mm. ... 74

Figura 4.10: Definizione relazione momento-curvatura, unità N, mm... 75

Figura 4.11: Definizione di alcune sezioni per le colonne. ... 75

Figura 4.12: Definizione di alcune sezioni per le travi. ... 76

Figura 4.13: Elemento a plasticità concentrata [ 19 ]. ... 76

Figura 4.14: Bilineare equivalente secondo EC8 [ 1 ]. ... 83

Figura 4.15: Sistema e diagramma bilineare equivalente [ 24 ]. ... 83

Figura 4.16: Spettri elastici accelerazione spostamento in formato tradizionale (a) e ADRS (b) [ 23 ]. ... 84

Figura 4.17: Spettro di domanda nel formato ADRS al variare del fattore di duttilità [ 23 ]. . 85

Figura 4.18: Stima del target displacement di un sistema SDOF equivalente in un’analisi pushover. 𝑎) 𝑇 ∗≥ 𝑇𝐶; 𝑏) 𝑇 ∗< 𝑇𝐶 [ 1 ]. ... 86

Figura 4.19: Curve di Capacità Telai a 4 Piani ... 88

Figura 4.20: Distribuzione 1 dei carichi-Tealio 8S q = 2 ... 89

Figura 4.21: Distribuzione 2 dei carichi-Tealio 8S q = 2 ... 89

Figura 4.22: Distribuzione 1 dei carichi-Tealio 8S q = 4 ... 89

Figura 4.23: Distribuzione 2 dei carichi-Tealio 8S q = 4 ... 90

Figura 4.24: Distribuzione 1 dei carichi-Tealio 8S q = 6 ... 90

Figura 4.25: Curve di Capacità Telai 8 Piani ... 90

Figura 4.26: Distribuzione 1 dei carichi-Tealio 12S q = 2 ... 91

Figura 4.27: Distribuzione 3 dei carichi-Tealio 12S q = 2 ... 91

Figura 4.28: Distribuzione 1 dei carichi-Tealio 12S q = 4 ... 92

Figura 4.29: Distribuzione 3 dei carichi-Tealio 12S q = 4 ... 92

Figura 4.30: Curve di Capacità Telai 12 Piani ... 93

Figura 4.31: Definizione di rotazione alla corda [ 13 ]. ... 94

Figura 4.32: Sequenza di formazione cerniere plastiche Telaio 4 S (q = 2&4). ... 95

Figura 4.33: Sequenza di formazione cerniere plastiche Telaio 4 S (q = 6). ... 96 Figura 4.34: Sequenza di formazione cerniere plastiche Telaio 8 S (q = 2) – Distribuzione 1 96 Figura 4.35: Sequenza di formazione cerniere plastiche Telaio 8 S (q = 2) – Distribuzione 2 97

(10)

Figura 4.38: Sequenza di formazione cerniere plastiche Telaio 8 S (q = 6) – Distribuzione 1 98 Figura 4.39: Sequenza di formazione cerniere plastiche Telaio 8 S (q = 6) – Distribuzione 2 98 Figura 4.40: Sequenza di formazione cerniere plastiche Telaio 12 S (q = 2) – Distribuzione 1

... 98

Figura 4.41: Sequenza di formazione cerniere plastiche Telaio 12 S (q = 2) – Distribuzione 3 ... 99

Figura 4.42: Sequenza di formazione cerniere plastiche Telaio 12 S (q = 4) – Distribuzione 1 ... 99

Figura 4.43: Sequenza di formazione cerniere plastiche Telaio 12 S (q = 4) – Distribuzione 3 ... 99

Figura 4.44: Differenze di inclinazione della relazione tra la duttilità in spostamento e richiesta di rotazione Telai 4S. ... 104

Figura 4.45: Differenze di inclinazione della relazione tra la duttilità in spostamento e richiesta di rotazione Telai 8S. ... 105

Figura 4.46: Differenze di inclinazione della relazione tra la duttilità in spostamento e richiesta di rotazione Telai 12S. ... 105

Figura 4.47: Coefficienti di sensibilità 𝜃 dei telai a 4 piani, derivanti dalle pushover. ... 106

Figura 4.48: Coefficienti di sensibilità 𝜃 dei telai a 8 piani, derivanti dalle pushover. ... 106

Figura 4.49: Coefficienti di sensibilità 𝜃 dei telai a 12 piani, derivanti dalle pushover. ... 107

Figura 5.1: Schema di dissipazione alternativo della struttura B. ... 111

Figura 5.2: Fattori di sovraresistenza delle travi e coefficienti di sensibilità 𝜃; a) Telaio progettato con 𝑞 = 2; b) Telaio progettato con due diversi valori di q. ... 111

Tabella 5Figura 5.3.5.6: Eventi sismici per le analisi dinamiche non lineari. ... 116

Figura 5.4: Accelerogrammi utilizzati... 117

Figura 5.5: Confronto tra spettri di risposta degli accelerogrammi selezionati con quello calcolato per Reggio Calabria. ... 118

Figura 5.6: Valori dell’accelerazione di picco e dei fattori di scala per i diversi valori della probabilità di superamento. ... 118

Figura 5.7: Confronto tra lo spettro di elastico di Reggio Calabria e quello di Tipo 1 impiegato pel la valutazione dell’azione sismica dei nostri casi studio definito secondo EC8. ... 119

Figura 5.8: definizione del ciclo di analisi e degli accelerogrammi ... 120

Figura 5.9: Formazione cerniere plastiche struttura A. ... 121

Figura 5.10: Formazione cerniere plastiche struttura B. ... 121

Figura 5.11: Valori e relative curve IDA del drift di piano per la struttura A ... 122

(11)

Figura 5.13: Valori e relative curve IDA dello spostamento massimo dell’ultimo livello per la struttura A ... 124 Figura 5.14: Valori e relative curve IDA dello spostamento massimo dell’ultimo livello per la struttura B ... 124 Figura 5.15: Valori e relative curve IDA del taglio alla base massimo per la struttura A ... 125 Figura 5.16: Valori e relative curve IDA del taglio alla base massimo per la struttura B ... 125 Figura 5.17: Andamento dello spostamento massimo all’ultimo livello in funzione del taglio alla base massimo per la struttura A ... 126 Figura 5.18: Andamento dello spostamento massimo all’ultimo livello in funzione del taglio alla base massimo per la struttura B ... 127 Figura 5.19: Empirical CDF del drift di piano massimo relativo al Livello 1 per le due struttture, per S.F. 8 e 4. ... 128 Figura 5.20: Empirical CDF del drift di piano massimo relativo al Livello 6 per le due struttture, per S.F. 8 e 4. ... 129 Figura 5.21: Empirical CDF del drift di piano massimo relativo al Livello 12 per le due struttture, per S.F. 8 e 4. ... 129

(12)
(13)

Capitolo 1

INTRODUZIONE

1.1

INTRODUZIONE

Negli ultimi decenni, significativi progressi raggiunti nel campo dell’ingegneria sismica hanno permesso di sviluppare diversi metodi di progettazione con differenti livelli di complessità (vedi Capitolo 2). Tuttavia, la necessità di avere un metodo di progettazione pratico e non sofisticato ha orientato tutti i codici di calcolo sismici su un processo di design basato sulle forze,

Force-Based Design (FBD). Nell’approccio alle forze, la progettazione di strutture dissipative

viene eseguita assumendo un fattore di riduzione delle forze, chiamato anche fattore di

comportamento, dipendente dalla capacità di dissipazione di energia della struttura secondo un

meccanismo di plasticità prefissato. Il fattore di comportamento nasce dall’idea di ridurre le forze risultanti da spettri di risposta elastici definiti dai vari codici in modo da poter comunque adottare l’analisi elastica lineare (statica o dinamica) per progettare la resistenza strutturale.

I moderni codici antisismici promuovono la progettazione di strutture duttili in grado di dissipare l’energia trasmessa dai terremoti mediante deformazioni plastiche cicliche. Secondo questo approccio, la plasticizzazione dovrebbe verificarsi in quelle regioni, note come “zone dissipative” o “zone critiche”, le quali devono essere distribuite all’interno della struttura in modo tale da consentire un comportamento post-elastico globale efficiente, tale cioè da massimizzare la dissipazione di energia preservando la capacità di sostenere i carichi verticali (vedi Figura 1.1). Questo risultato può essere raggiunto da un dimensionamento accurato delle componenti fragili della struttura, a partire dalla capacità di deformazione di elementi duttili (capacity design), combinato con appropriati dettagli strutturali delle zone dissipative. La scelta delle zone dissipative dipende dalla tipologia strutturale. Valori specifici del fattore di comportamento vengono assunti a seconda del sistema strutturale analizzato (moment resisting

frame MRF, concentrically braced frame CBF o eccentrically braced frame EBF), in relazione

al numero di piani e al livello di duttilità da adottare nel progetto (High Ductility Class HDC o

Low Ductility Class LDC). I valori del fattore di struttura sono compresi tra 2 e 4 per le strutture

progettate in LDC e sono più grandi per le strutture progettate in HDC. Una valutazione accurata del comportamento post-elastico delle strutture dissipative richiede l’applicazione di un’analisi non lineare che è un approccio piuttosto complesso per la pratica di progettazione quotidiana.

(14)

Figura 1.1: Richiesta di rotazione nelle cerniere plastiche delle strutture a telaio

Sulla base delle considerazioni precedenti, assegnato un certo livello di duttilità, i moderni codici di calcolo permettono di progettare strutture mediante un’analisi lineare basata su uno spettro di progetto (spettro di risposta anelastico) che fornisce il valore delle azioni sismiche da utilizzare per la valutazione degli stati limite ultimi (force-based design). Lo spettro di progetto è ottenuto dividendo lo spettro di risposta elastico tramite un coefficiente di riduzione, proporzionale al livello di duttilità previsto. Tale fattore, indicato con q (fattore di comportamento) nell’Eurocodice 8 [ 1 ], o R (fattore di modifica della risposta) nei principali Codici Americani (Uniform Building Code [ 7 ]), consente di mettere in relazione il comportamento sismico globale della struttura con la capacità duttile locale, il meccanismo dissipativo e la regolarità della costruzione. Al fine di ottenere l’atteso quadro di zone plastiche, devono essere soddisfatti i criteri imposti dal capacity design e specifici requisiti sui materiali impiegati.

Il controllo di sicurezza contro lo stato limite ultimo è effettuato mediante valutazioni di resistenza per tutti gli elementi strutturali (compresi i collegamenti) e, in alcuni casi, attraverso controlli di duttilità. L’elemento si dice verificato se le forze interne di progetto, dovute alle sollecitazioni sismiche, sono inferiori rispetto alle resistenze di progetto dell’elemento stesso. Il controllo di duttilità locale non è necessario nella maggior parte dei casi, esso si ritiene soddisfatto se vengono seguite le regole di dettaglio e dimensionamento specifiche per le zone dissipative. Oltre al controllo degli stati limite ultimi, devono essere fatte una serie di verifiche aggiuntive (per esempio il controllo del drift di interpiano), principalmente legate alla rigidezza strutturale, per soddisfare i requisiti degli stati limite di esercizio. Tale approccio è sicuramente il più diffuso e consente ai progettisti di eseguire semplici e spedite analisi lineari (statiche o dinamiche modali).

Nella sezione seguente saranno brevemente evidenziati i problemi che si riscontrano effettuando la progettazione secondo le disposizioni dell’Eurocodice 8 [ 1 ].

θplastic,1 ∆plastic plastic hinge ∆plastic plastic hinge θplastic,2

θ

plastic,2 >>

θ

plastic,1

(15)

1.2

DISPOSIZIONI DEGLI EUROCODICI E PROBLEMI

APERTI

Come accennato nel paragrafo precedente, le disposizioni di progettazione Europee [ 1 ] seguono un approccio basato sulle forze e forniscono i valori del fattore di struttura q per differenti sistemi strutturali. Per quanto riguarda le strutture in acciaio, il fattore di comportamento q è definito a seconda della tipologia strutturale, della ridondanza strutturale, della regolarità nella distribuzione di massa e geometria, e della classe di duttilità della struttura (ad esempio, media o alta). I valori suggeriti sono da intendersi come i massimi che possono essere assunti nella progettazione e sono associati ad un meccanismo omogeneamente distribuito che coinvolge tutti gli elementi strutturali potenzialmente dissipativi.

In linea di principio, strutture con zone dissipative devono essere progettate in modo tale che la plasticizzazione o instabilità locale o altri fenomeni dovuti al comportamento isteretico non influenzino la stabilità complessiva delle strutture. A tal fine, dettagli locali e sezioni delle membrature sono tenuti a rispettare le restrizioni imposte per assicurare un’adeguata capacità delle zone dissipative in termini di duttilità locale. Ad esempio, nel caso delle strutture intelaiate e quelle a controventi eccentrici, vengono fornite restrizioni sul rapporto tra la larghezza e spessore della sezione trasversale in accordo con la definizione della classe delle sezioni trasversali definite in EC3 [ 3 ]. Nel caso di controventi eccentrici, l’EC8 [ 1 ] fornisce prescrizioni circa gli irrigidimenti intermedi delle anime nelle zone dissipative per garantire valori adeguati di duttilità locale e uno specifico controllo in termini di angolo di rotazione del

link. Invece nelle strutture con controventi concentrici (con zone dissipative solo nelle diagonali

tese), le limitazioni non sono sulla classe della sezione trasversale dei diagonali ma sulla snellezza di questi, al fine di garantire un comportamento dissipativo adeguato senza grandi deformazioni residue.

Infine, due ulteriori requisiti che coinvolgono la rigidezza sono specificati dall’EC8, indipendentemente dalle proprietà di duttilità e dalla tipologia strutturale. Il primo riguarda la limitazione degli “effetti del secondo ordine” ed è associato allo stato limite ultimo, mentre il secondo riguarda i “drift di piano” e permette di controllare il danno dell’edificio nello stato limite di esercizio. Queste due limitazioni, come vedremo nel presente lavoro, influenzano fortemente la progettazione di strutture intelaiate in acciaio a causa della loro intrinseca flessibilità.

Alla luce dei recenti risultati di ricerca, le regole e i concetti di progettazione delle disposizioni Europee [ 1 ] devono essere rivisti e migliorati. In primo luogo, i requisiti sulla regolarità in sovraresistenza non garantiscono la formazione di un meccanismo plastico in grado di coinvolgere tutte le componenti duttili. Ad esempio, prendendo in considerazione i due tipi di

(16)

il fenomeno della concentrazione del danno su alcuni piani anche quando il coefficiente di sovraresistenza dei diagonali era limitato ed uniforme.

Per quanto riguarda le strutture intelaiate, va rilevato che nella pratica progettuale vengono scelti valori di q uguali ai limiti superiori proposti dall’EC8, anche se questo può portare a strutture troppo flessibili che non soddisfano i limiti del drift di piano. Di conseguenza, le dimensioni delle membrature vengono normalmente modificate con la conseguenza di un notevole sovradimensionamento di esse. Una procedura più razionale dovrebbe essere basata su valori adeguati (generalmente inferiori) di q scelti in modo coerente con i requisiti di rigidezza.

La procedura di progettazione ha infatti il limite di assegnare a priori il fattore di duttilità da utilizzare nei calcoli. La verifica circa l’effettiva capacità in duttilità degli elementi può essere condotta solo alla fine del processo di progettazione, spesso richiedendo modifiche ed aggiustamenti iterativi nei dettagli strutturali. Inoltre, l’uso di un 𝑞 alto non porta sempre ad ottimizzare l’effettivo comportamento strutturale, poiché nonostante la preselezione della classe delle sezioni (Classe 1 o 2) e la progettazione di dettagli complicati e costosi, la verifica più condizionante per le strutture in acciaio rimane il rispetto del drift di interpiano (cioè la limitazione in campo elastico) o la limitazione degli effetti del secondo ordine (effetti 𝑃 − Δ).

Un altro limite nel processo di progettazione adottato dall’Eurocodice è quello di controllare la capacità di duttilità locale sulla base della snellezza della sezione trasversale. Tale metodo è troppo approssimato e non tiene conto del comportamento ciclico delle zone dissipative.

Tutti i suddetti inconvenienti provocano il sovradimensionamento degli elementi e l’impiego di dettagli strutturali molto costosi. In conclusione, nonostante l’esistenza di una vasta letteratura sull’argomento, gli studi e la conoscenza sviluppata negli ultimi decenni non hanno ancora trovato una sintesi efficace di regole di progettazione sismica più semplice ed economiche per la progettazione di costruzioni in acciaio.

1.3

OBIETTIVO DELLA TESI

L’obiettivo della presente tesi è quello di condurre uno studio sull’influenza del fattore di struttura nella progettazione degli edifici intelaiati in acciaio. Per fare questo, si progetteranno diverse strutture intelaiate ad altezza variabile seguendo le disposizioni antisismiche previste dall’Eurocodice 8. Si concentrerà l’attenzione su telai piani di 4, 8 e 12 piani, andando ad adoperare tre diversi fattori di struttura (2, 4 e 6) e tre diversi valori dell’azione sismica (𝑎𝑔=

(17)

Eseguita la prima fase di progettazione, sulle strutture progettate per un’accelerazione sismica di picco al suolo, pari ad 𝑎𝑔= 0.2𝑔, si eseguiranno analisi statiche non lineari secondo il metodo N2 (consigliato dall’EC8). In questa fase, particolare attenzione verrà posta nell’individuazione dell’ordine di formazione delle cerniere plastiche in modo da individuare le zone dissipative e verificare se la progettazione adottata permette di sviluppare il meccanismo di collasso globale previsto dal capacity design. Nella fase finale, si indagherà la relazione tra duttilità strutturale in spostamento, 𝜇𝑑 , e la variazione di richiesta di duttilità ultima a livello sezionale, andando a controllare la rotazione ultima delle sezioni 𝜃𝑢.

Per quanto riguarda le zone dissipative, le correnti strategie di progettazione sono orientate a prevedere dissipazione in ogni potenziale zona dissipativa. In questa ricerca verranno previsti schemi alternativi di dissipazione, richiedendo solo ad alcune parti della struttura di dissipare, vedi Figura 1.2, con l’obiettivo di semplificare le regole di progettazione in capacità.

a) b) c)

Figura 1.2 -a) completa plasticizzazione della strttura richiesta dall’ EC8; b) e c) schemi alternativi di plasticizzazione, caratterizzati, rispettivamente da media e bassa capacità dissipativa

Per quanto riguarda la regolarità delle zone plastiche coinvolte negli schemi dissipativi, si investigherà la relazione che c’è tra la variabilità di sovraresistenza nelle zone plastiche e la riduzione di duttilità globale. Inoltre si indagherà la relazione che c’è tra duttilità globale ed una ridotta duttilità locale delle zone dissipative, al fine di proporre norme più razionali e coerenti per il controllo della duttilità locale e poi prescrizioni meno restrittive per i dettagli strutturali.

1.4

ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO

Il presente lavoro di tesi si articolerà come segue:

I Progettazione sismica secondo l’EC8 di una serie di strutture intelaiate in acciaio, con diversi fattori di struttura q, in bassa, media ed elevata intensità sismica. La progettazione riguarderà solo telai piani, di 4, 8 e 12 piani. I telai di 4 ed 8 piani saranno progettati per i fattori di struttura 2, 4 e 6, mentre, i telai da

(18)

valutazioni sulla variazione del peso strutturale, al variare del fattore di struttura. Inoltre, saranno fatte valutazioni sugli effetti del secondo ordine (𝑃 − Δ) e del

drift di interpiano, in corrispondenza rispettivamente dello stato limite di

salvaguardia della vita e dello stato limite di danno.

II Valutazione delle prestazioni delle strutture tramite analisi pushover adoperando il metodo N2. In particolare, si valuterà la sequenza di formazione delle cerniere plastiche per vedere dove si concentrano per prima le cerniere plastiche e si verificherà l’effettivo sviluppo di una plasticità diffusa come prevista dal

capacity design. Si indagherà la relazione che c’è tra la duttilità in spostamento

della struttura 𝜇𝑑 ed una ridotta richiesta di duttilità a livello sezionale, definita in termini di rotazione ultima 𝜃𝑢. Seguirà una stima dell’effettivo fattore di struttura 𝑞 offerto dalla struttura, in funzione del fattore di struttura impiegato in fase di progetto. Anche in questa fase, particolare attenzione sarà posta agli effetti del second’ordine. Infine, si calcolerà il “performance point” delle varie strutture per l’azione sismica di progetto.

III Progettazione di un telaio da 12 piani secondo due diversi fattori di struttura, adoperando un 𝑞 unitario nella parte inferiore ed un 𝑞 = 2 nella parte superiore, cercando di prevedere la dissipazione della struttura soltanto ai piani alti. Andremo poi a fare un confronto prestazione, mediante analisi dinamiche incrementali (IDA), tra la struttura così progettata e quella progettata con un singolo fattore di struttura 𝑞 = 2. Mediante le curve IDA verranno fatte delle considerazioni relative allo spostamento dell’ultimo livello e del taglio alla base. Particolare attenzione verrà posta nella valutazione del drift di interpiano, andando a trattare il problema dal punto di vista statistico mediante le funzioni di distribuzioni cumulative.

(19)

Capitolo 2

FILOSOFIE DI PROGETTAZIONE E METODI DI ANALISI

Sommario Questo capitolo prevede una breve rivista delle correnti filosofie di progettazione e degli attuali metodi di analisi. Per fare luce sulle disposizioni delle correnti filosofie di progettazione e sulle problematiche delle correnti metodologie di progettazione antisismica si fa principalmente riferimento al libro “Principles of Passive Supplemental

Damping and Seismic Isolation” di C. Christopoulos ed A. Filiantrault [ 9 ]. La discussione si

focusserà per prima sul “force-based design” che è la base della maggior parte dei moderni codici di calcolo. Dopo una discussione sulle limitazioni del metodo delle forze, verranno introdotti i concetti del “performance-based design” e del “direct diplacement-based design

method”.

2.1

INTRODUZIONE

L’inizio della progettazione sismica moderna può essere considerata nel 1950, quando per la prima volta venne considerata la dissipazione di energia sismica attraverso le deformazioni plastiche da Housner. Il suo metodo, sviluppò un tipo di analisi limite in grado di assicurare una capacità di assorbimento di energia, sufficiente a garantire un adeguato fattore di sicurezza contro il collasso in caso di scuotimenti del terreno estremamente forti. Il primo studio sullo spettro di risposta inelastico è stato fatto da Velestos e Newmark nel 1960. Da questa loro prima applicazione nella progettazione sismica, lo spettro di risposta è divenuto una misura standard della domanda sismica. L’utilità dello spettro di risposta risiede nel fatto che esso fornisce un’indicazione semplice e diretta della domanda in spostamento ed accelerazione del movimento del suolo per strutture aventi diversi periodi e diverse caratteristiche di smorzamento, senza avere la necessità di eseguire un’analisi numerica dettagliata. Un nuovo concetto è stato proposto nel 1969 da Newmark e Hall, con la costruzione di spettri basati su accelerazioni, velocità e spostamenti, rispettivamente per periodi brevi, medi e lunghi [ 10 ].

Sulla base di questi sviluppi, la prima filosofia pratica di progettazione sismica dette i requisiti di un livello minimo di sicurezza della costruzione. In particolare ci si aspetta che le strutture progettate siano in grado [ 11 ]:

Prevenire il danneggiamento non strutturale in occasione di eventi sismici di minore intensità;

(20)

Scongiurare il pericolo di collasso strutturale in occasione di terremoti di elevata intensità, ovvero di eventi rari ma comunque possibili.

In relazione a tali principi fondamentali occorre sottolineare che, mentre le normative tecniche di vecchia concezione si basano su un concetto di progettazione antisismica di unico livello, mostrando attenzione solo al terzo obbiettivo, e cioè considerando la salvaguardia della vita umana come se fosse il fine principale della progettazione, gli ultimi importanti terremoti (tra cui Loma Prieta, Northridge e il terremoto del Kobe, che può essere considerato catastrofico dal punto di vista della grandezza), hanno mostrato che preservare la funzionalità di una costruzione rappresenta invece una questione di basilare importanza, che deve essere presa in considerazione insieme alle altre richieste prestazionali durante la fase di progettazione. Quindi il controllo e la limitazione del danno costituiscono, un fattore chiave, specialmente per alcune classi di strutture. Queste considerazioni, insieme ad altre, hanno condotto nel corso degli anni ad un criterio «multi-livello» nella progettazione strutturale per azioni sismiche, metodo che rappresenta oggigiorno una tecnica ormai riconosciuta ed adottata a livello mondiale dalle più importanti normative.

Questo capitolo prevede una breve rivista delle correnti filosofiche di progettazione e i vari metodi di analisi. La discussione si focusserà per prima sul “force-based design” che è la base della maggior parte dei moderni codici di calcolo. Dopo una discussione sulle limitazioni del metodo delle forze, verranno introdotti i concetti del “performance-based design” e del

“direct diplacement-based design method”. Verranno poi brevemente introdotti tutti i metodi di

analisi che sono ammessi nelle attuali norme, i quali sono:

a) Analisi statica lineare (punto 2.2.2)

b) Analisi dinamica modale (punto 2.2.3)

c) Analisi statica non lineare (punto 2.4)

d) Analisi dinamica non lineare (punto 2.6)

2.2

FORCE-BASED DESIGN

2.2.1

INTRODUZIONE

Le disposizioni della progettazione sismica incluse negli attuali codici di calcolo in Nord America e Europa usano l’approccio del force-based design (FBD). L’aspetto fondamentale di una corretta progettazione sismica consiste nel fornire al sistema un’adeguata combinazione di rigidezza, resistenza e duttilità in rapporto alla domanda simica. Questo approccio usa lo spettro

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elastico in accelerazione per determinare la forza elastica laterale, alla quale deve resistere la struttura per rimanere in campo elastico. La forza laterale di progetto della struttura è quindi ottenuta dividendo la forza elastica, attraverso, un fattore riduttivo delle forze R che rappresenta la capacità intrinseca di sovraresistenza e duttilità globale della struttura.

Le strutture progettate secondo questi requisiti, dovrebbero avere un certo livello di rigidezza, resistenza e duttilità ai carichi laterali. Per eventi sismici di bassa intensità una sufficiente rigidezza laterale consente la protezione dai danni degli elementi architettonici e non strutturali. Per eventi sismici di moderata intensità, una sufficiente resistenza laterale, limita importanti danni alla struttura principale. Nei terremoti di intensità maggiore invece è richiesta un’adeguata duttilità della struttura in modo da consentire ampi spostamenti anelastici ma senza che si abbia il collasso di essa ai carichi verticali. In questo contesto si dice che la struttura abbia raggiunto il collasso.

In particolare, considerando una struttura a più gradi di libertà, il Force Based Design individua quale sia la distribuzione delle forze su ogni grado di libertà a partire dalla stima della rigidezza dei singoli elementi resistenti. Tale distribuzione è valutata con Analisi Statiche lineari (punto 2.2.2) o con Analisi Dinamica Modale (punto 2.2.3). Dove la prima si basa sulla rappresentazione dell’azione sismica tramite un sistema di forze statiche orizzontali e sul calcolo delle sollecitazioni da esse indotte su un sistema elastico lineare. La seconda prevede di calcolare, tramite l’utilizzo dello spettro di risposta della pseudo-accelerazione, i valori massimi di sollecitazione e di spostamento associato a ciascun modo di vibrare della struttura supposta elastica lineare, e quindi di combinarli in modo opportuno.

Il concetto di duttilità è l’elemento chiave nella procedura del Force-Based Design, tale concetto viene illustrato in Figura 2.1.

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Figura 2.1: Comportamento ideale Forza-Spostamento [ 9 ]

La lunghezza del platue plastico relativo allo spostamento in Figura 2.1 viene definita come duttilità in spostamento 𝜇Δ attraverso la seguente relazione [ 9 ]:

𝜇Δ=𝛿𝑚𝑎𝑥𝛿𝑦 =𝑉𝐸𝑉𝑦 ≈ 𝑅 ≥ 1 ( 2.1)

dove 𝛿𝑚𝑎𝑥 è il massimo spostamento inelastico raggiunto dalla struttura, 𝛿𝑦 è lo spostamento laterale della struttura di primo snervamento, 𝑉𝐸 è il taglio alla base massimo richiesto dalla struttura e 𝑉𝑦 è il taglio alla base allo snervamento della struttura. Dalla Figura 2.1 si nota che se

𝜇Δ= 1 la struttura rimane in campo elastico, se invece 𝜇Δ> 1 la struttura sperimenta, attraverso

i suoi elementi deformazioni plastiche. Le disposizioni di progettazione sismica nei moderni codici di calcolo non sono basati sui carichi laterali reali che una struttura deve sostenere per rimanere elastica, ma si basano piuttosto sullo spostamento laterale che può sopportare la struttura senza collassare.

2.2.2

METODO DI ANALISI STATICA LINEARE

Il Metodo di Analisi Statica Lineare viene applicato alle strutture regolari. Esso è basato sulla rappresentazione sismica tramite un sistema di forze statiche orizzontali e sul calcolo delle sollecitazioni indotte da tali forze su un sistema elastico lineare. Una struttura viene definita regolare sulla base di diversi criteri che mirano a garantire che il comportamento dinamico della struttura sia dominato dal modo fondamentale di vibrazione senza significativi effetti torsionali.

Il metodo prevede di prendere in considerazione, in entrambe le direzioni principali, solo il primo modo di vibrare (chiamata modo fondamentale). Calcolati i periodi propri fondamentali della struttura (𝑇1) nelle due direzioni è possibile ricavare le massime forze di taglio alla base

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dell’edificio nelle due direzioni, ricavare i loro contributi lungo l’altezza dell’edificio e quindi, con questi carichi svolgere un’analisi statica. Un’analisi di questo genere è in grado di dare risultati soddisfacenti nel caso di strutture la cui risposta non è significativamente influenzata da modi elevati di vibrare. Ciò avviene certamente quando sono verificate le condizioni di regolarità in altezza della struttura e ciascun periodo fondamentale nelle due direzioni risulta minore di

2,5 ⋅ 𝑇𝐶, essendo 𝑇𝐶 uno dei parametri dello spettro di risposta elastico. Quando la struttura

rispetta anche i requisiti di regolarità in pianta è consentito utilizzare due modelli piani separati, ai quali però vanno applicati gli effetti torsionali accidentali, che risultano gli unici presenti. Tali effetti possono essere tenuti in conto, incrementando le forze sismiche da applicare ad ogni elemento verticale, parallelo alla direzione di azione sismica tramite un fattore di amplificazione:

𝛿 = 1 + 0.6 ⋅ 𝑥𝐿

𝑒 ( 2.2)

Dove 𝑥 corrisponde alla distanza del genico elemento resistente, dal baricentro geometrico dell’edificio, perpendicolare alla direzione del sisma ed 𝐿𝑒 alla distanza tra i due elementi resistenti più lontani nella stessa direzione.

Questo metodo di analisi è coerente con un singolo livello di prestazione sismica (di solito quello di salvaguardia della vita) e si basa sull’equazione ( 2.3):

𝑉𝑦=𝑉𝐸𝜇 Δ≈

𝑉𝐸

𝑅 ( 2.3)

La procedura consiste per prima nel calcolare un taglio alla base elastico calcolato considerando la struttura dovesse rimanere in campo elastico. Questo taglio alla base elastico viene poi diviso da un fattore di riduzione della forza 𝑅 che riflette la duttilità della struttura. Nella maggior parte dei codici di costruzione moderni, l’Equazione ( 2.3) è espressa in termini di un taglio di progetto 𝑉 come [ 9 ]:

𝑉 =𝐶𝑠⋅ 𝑆(𝑇 ) ⋅ 𝐼𝑅 ⋅ 𝑊 ( 2.4 ) dove i fattori 𝐶𝑠, 𝑆(𝑇 ), 𝐼, 𝑅 e 𝑊 sono descritti di seguito:

Coefficiente sismico, 𝐶𝑠 , che dipende principalmente dal livello di pericolosità sismica di progettazione, dall’attività sismica e dalla tipologia del suolo nel sito di interesse.

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Fattore di risposta sismica, 𝑆(𝑇 ) , rappresenta una forma elastica normalizzata dello spettro di risposta. Esso è funzione del periodo fondamentale di vibrazione della struttura 𝑇 .

Fattore di importanza 𝐼 , il quale per gli edifici ordinari è di solito preso unitario, mentre per costruzioni che devono essere operative immediatamente dopo un terremoto (ospedali, stazioni di polizia, caserme dei pompieri, centrali elettriche, ecc.) e per le scuole è maggiore dell’unità.

Fattore di riduzione delle forze 𝑅, il quale tenta di prendere in considerazione, duttilità, ridondanza e rigidezza della struttura. Sistemi rigidi tendono ad attrarre forze superiori.

Peso sismico 𝑊 , generalmente definito come il carico totale permanete compiutamente definito e non, più un’aliquota del carico di esercizio. Il peso sismico tenta di rappresentare il peso permanente e applicato, che contribuisce alle forze d’inerzia laterali durante l’azione sismica di progetto.

Il taglio alla base di progetto dato dall’Equazione ( 2.4 ) è la somma algebrica delle forze d’inerzia simiche che sono la reazione delle masse della struttura a seguito di un movimento alla base orizzontale. Esso poi viene distribuito lungo i piani proporzionalmente alle forze d’inerzia corrispondenti al modo fondamentale.

Le norme consentono di introdurre nell’equazione ( 2.4 ) un coefficiente correttivo 𝜆 pari a 0.85 quando 𝑇1≤ 2 ⋅ 𝑇𝐶 e l’edificio ha più di due piani: esso serve per tenere in conto il fatto che edifici con almeno tre piani e gradi di libertà traslazionali in ogni direzione orizzontale hanno generalmente una massa modale partecipante del modo fondamentale inferiore rispetto alla massa totale dell’edificio.

2.2.3

METODO DI ANALISI DINAMICA LINEARE

Per le strutture alte e/o irregolari per le quali i modi superiori al primo e gli effetti torsionali sono importanti, la progettazione secondo il force-based design viene applicato attraverso il cosiddetto metodo di analisi dinamica lineare. Esso è un metodo di valutazione convenzionale delle sollecitazioni di progetto mediante la determinazione dei modi di vibrazione della struttura considerata in campo elastico, ad ognuno dei quali è associato un coefficiente di partecipazione che, attraverso l’uso dello spettro di progetto, consente di calcolare i valori massimi delle sollecitazioni e degli spostamenti dovute ad ognuno di essi e combinarli in modo opportuno. Lo scopo principale del metodo di analisi dinamica lineare è quello di ottenere una migliore distribuzione delle forze laterali di progetto sulla struttura che include gli effetti dei modi superiori al primo e/o gli effetti torsionali.

(25)

Per poter svolgere questo tipo d’analisi è possibile definire le masse dei piani della struttura, attraverso tre approcci diversi:

1. Calcolo dell’inerzia traslazionale, pari alla somma di tutte le masse assunta uguale in tutte le direzioni e dell’inerzia rotazionale (momento d’inerzia delle masse) del piano concentrata nel baricentro;

2. Calcolo delle inerzie traslazionali dei diversi elementi strutturali concentrate nei rispettivi nodi. La distribuzione delle masse concentrate nel piano tiene implicitamente conto dell’inerzia rotazionale. Inoltre, generalmente si assume, che l’inerzia traslazionale sia uguale in tutte le direzioni del moto;

3. Attribuzione ad ogni elemento della massa per unità di lunghezza che gli compete, tenendo conto implicitamente sia l’inerzia traslazionale sia quella rotazionale.

Nel passare dal primo al terzo modo si riduce l’onere dell’operatore ma aumenta quello computazionale. L’utilizzo di masse distribuite, oltre a rendere necessario l’impiego di codici di calcolo, permette di cogliere meglio eventuali presenze di eccentricità.

L’analisi modale permette di calcolare, utilizzando lo spettro di progetto in accelerazione

𝑆𝐴𝑑 (espresso in termini di g) i massimi vettori delle forze statiche equivalenti dei vari modi:

𝐹𝑠𝑗𝑚𝑎𝑥= 𝑀Φ𝑗𝛾𝑗𝑔𝑆𝐴𝑑(𝑇𝑗, 𝜉𝑗) ( 2.5)

e da questi, i massimi valori dei parametri di risposta (momenti, tagli, spostamento...).

Le norme suggeriscono di considerare nelle analisi tutti i modi con massa partecipante superiore al 5%, oppure un numero di modi tali per cui la massa partecipante risulti superiore all’85%. In questo secondo caso sarebbe comunque necessario verificare anche, che non ci siano modi esclusi aventi massa partecipante superiore al 5%. La garanzia che ciò si verifichi si ha soltanto se vengono tenuta in conto il 95% della massa modale.

Poiché tutti i modi non raggiungono il massimo simultaneamente e poiché se risulta 𝑇𝑗≤ 0.9 ⋅

𝑇𝑖 per 𝑇𝑗< 𝑇𝑖, le risposte dei modi di vibrare si possono considerare indipendenti le une dalle

altre, le norme consentono una combinazione SRSS (radice quadrata della somma dei quadrati delle quantità considerate); il generico parametro di risposta risulta allora definito tramite la relazione:

(26)

Dove 𝐸1, 𝐸2 ecc. sono i valori del parametro dovuti rispettivamente al massimo vettore delle forze statiche equivalenti del primo modo 𝐹𝑠1𝑚𝑎𝑥, del secondo modo 𝐹𝑠2𝑚𝑎𝑥 ecc...

Se i modi di vibrare non possono essere considerati indipendenti l’uno dall’altro, le norme suggeriscono di utilizzare una combinazione quadrati completa (CQC) data dalla relazione:

𝐸 = √∑ ∑𝑖 𝑗 𝜌𝑖𝑗⋅ 𝐸𝑖⋅ 𝐸𝑗 ( 2.7) dove: 𝜌𝑖𝑗 = 8 ⋅ 𝜉 2⋅ (1 + 𝛽 𝑖𝑗) ⋅ 𝛽𝑖𝑗3/2 (1 − 𝛽𝑖𝑗2)2+ 4 ⋅ 𝜉2⋅ 𝛽𝑖𝑗⋅ (1 + 𝛽𝑖𝑗)2 ( 2.8)

è il coefficiente di correlazione tra il modo 𝑖 ed il modo 𝑗, che ha valore sempre compreso tra 0 e 1 ed è una funzione simmetrica; 𝛽𝑖𝑗 è il rapporto tra le frequenze 𝜔𝑖 e 𝜔𝑗 dei due modi considerati; 𝜉 è il coefficiente di smorzamento che generalmente si può assumere uguale per i vari modi.

Gli effetti dell’eccentricità accidentale nel caso di modello piano, vengono tenuti in conto nello stesso modo descritto per l’analisi statica lineare (2.2.2), mediante l’equazione ( 2.2). Nel caso invece di analisi modale su modelli spaziali bisogna tenere in conto l’eccentricità tra centro di massa e centro di rigidezza.

2.2.4

VANTAGGI E LIMITAZIONI DEL FORCE-BASED DESIGN METHOD

L’approccio progettuale sismico sopra descritto è semplice da applicare ad un singolo livello di prestazione ed è economicamente conveniente in quanto il taglio alla base di progetto è inferiore al taglio resistente che sarebbe necessario se la struttura fosse progettata per rimanere in campo elastico durante un evento sismico. È di fondamentale importanza, tuttavia, che tale riduzione di forza sia associato con una adeguata capacità di duttilità della struttura ai carichi orizzontali. Le deformazioni anelastiche sono tollerate durante l’evento sismico di progetto, a condizione che sia evitato il collasso della struttura. Tuttavia questo metodo, anche se ampiamente utilizzato nel corso dell’ultimo mezzo secolo, ha diversi difetti [ 9 ]:

Il processo di progettazione viene avviato con la stima del periodo fondamentale elastico della struttura, il quale non è rappresentativo delle caratteristiche vibrazionali della struttura in campo anelastico. Il periodo elastico non può essere considerato rappresentativo della vera risposta sismica della struttura in quanto durante l’evento

(27)

sismico la struttura entra in campo anelastico con conseguente modifica della sua rigidezza iniziale;

Difficile giustificazione razionale del fattore di riduzione delle forze 𝑅 senza conoscere la risposta globale della struttura. Il fattore di riduzione delle forze non tiene conto del fatto che strutture con periodi naturali bassi dovrebbero subire deformazioni anelastiche più elevate di quelle con periodi più alti.

La riduzione del taglio alla base elastico implica che lo spostamento che la struttura subirebbe se rimanesse in campo elastico dovrebbe essere uguale al massimo spostamento anelastico reale della struttura. Questa approssimazione di uguale spostamento non è particolarmente adatta per le strutture con bassi periodi.

Gli stati limite di esercizio della struttura non vengono direttamente affrontati dalla procedura di progettazione. La limitazione della deformazione è fondamentale poiché gran parte dei danni strutturali e non strutturali che risultano dai recenti terremoti sono stati associati spostamenti laterali eccessivi.

2.3

PERFORMANCE-BASED DESIGN

2.3.1

LA NECESSITÀ DEL PERFORMANCE-BASED DESIGN

A seguito dei recenti grandi terremoti, soprattutto quelli di Northridge in California nel 1994 e del Kobe, in Giappone nel 1995, la comunità dell’ingegneria sismica ha riconosciuto che la progettazione sismica su un singolo livello prestazionale presentava gravi limitazioni dal momento che non ha permesso a progettisti e proprietari di considerare razionalmente il rischio sismico come strumento di progettazione e anche di decisione, né ha rappresentato la natura progressiva del danno sismico e dei costi reali legati ad esso. Un esempio di queste limitazioni è il terremoto di Northridge (20$ miliardi di danni), dove, molti proprietari di edifici si aspettavano livelli di prestazione degli edifici ben più alti di quelli verificatosi. Questo era particolarmente vero considerando che il costo della struttura rappresenta solo una piccola frazione del costo di ricostruzione e delle attrezzature o materiali perduti.

La volontà di sopperire alle mancanze del metodo force based design ha portato studiosi e ricercatori all’ideazione di un nuovo approccio progettuale: Il Performance Based Seismic

Design (PBD). Introdotto dal PEER (Pacific Earthquake Engineering Research) attraverso il

documento Vision 2000 del 1995, sotto forma di linee guida su come raggiungere differenti livelli prestazionali che aiutassero progettisti e proprietari nelle scelte progettuali. In Vision 2000

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50% in 30 anni, occasionale (50% di eccedenza in 50 anni), raro (10% in 50 anni) e molto raro (10% in 100 anni). in base ai danni strutturali e non strutturali, alle conseguenze per gli utenti e tenendo conto dell’eventuale interruzione d’uso vengono poi definiti quattro livelli prestazionali per la struttura:

Pienamente operativa, dove a seguito del terremoto la costruzione nel suo

complesso, non deve subire danni ed interruzioni d’uso significativi;

Operativa, dove a seguito del terremoto la costruzione nel suo complesso,

subisce danni tali, da non mettere a rischio gli utenti e da non compromettere significativamente la capacità di resistenza e di rigidezza nei confronti delle azioni verticali e orizzontali, mantenendosi immediatamente utilizzabile;

Salvaguardia della vita, dove a seguito del terremoto, la costruzione subisce

rotture e crolli di componenti non strutturali ed impiantistici e significativi danni dei componenti strutturali, cui si associa una perdita significativa di rigidezza nei confronti delle azioni orizzontali; la costruzione conserva invece una parte della resistenza e rigidezza per azioni verticali e un margine di sicurezza nei confronti del collasso per azioni sismiche orizzontali;

Collasso imminente, dove, a seguito del terremoto la costruzione subisce gravi

rotture e crolli dei componenti non strutturali ed impiantistici e danni molto gravi dei componenti strutturali; la costruzione conserva ancora un margine di sicurezza per azioni verticali ed un esiguo margine di sicurezza nei confronti del collasso per azioni orizzontali.

queste relazioni sono riassunte in Figura 2.2, dove la linea diagonale rappresenta gli obbiettivi prestazionali che devono essere raggiunti in funzione della tipologia dell’edificio.

Il PBD ha intento di fornire ai progettisti un metodo che consenta loro di progettare, costruire e conservare edifici, in modo tale che questi ultimi possano essere in grado di esplicare determinate prestazioni, se sottoposti a precisi livelli di intensità sismica. La prestazione della struttura viene misurata in termini di perdita di funzionalità e di danni che la struttura subisce a seguito di un evento sismico. Esso si pone, dunque, come un approccio nuovo e diretto alla progettazione sismica in quanto consente al progettista di dare informazioni al cliente sul prodotto e su tutte le prestazioni che tale prodotto potrà avere.

(29)

Figura 2.2: Prescrizioni sugli obiettivi prestazionali degli edifici [ 12 ].

Queste linee guida furono poi migliorate e sviluppate in dettaglio dalla FEMA (Federal

Emergency Management Agency), che nel 1997 pubblicò due documenti: FEMA 273, NEHRP Guideliness for the Seismic Rehabilition of Buildings, e relative istruzioni (FEMA 274).

Recentemente il PBD è stato esteso al Prestandard and Commentary for the Seismic Rehabilition

of Buildings (FEMA-365, 2000). Nelle FEMA-356 [ 13 ], i livelli prestazionali sono definiti con

riferimento allo stato di danno della parte strutturale e di quella non strutturale, descritti in maniera qualitativa.

Tabella 2.1: Livelli prestazionali per gli edifici [ 13 ].

Analoghi livelli prestazionali si ritrovano in Italia nella descrizione degli stati limite nei confronti delle azioni sismiche, come riportati nelle vigenti Norme Tecniche per le Costruzioni

(30)

2.4

ANALISI STATICA NON LINEARE (PUSHOVER)

2.4.1

NECESSITÀ DI UNA MIGLIORE PROGETTAZIONE SISMICA E TECNICHE DI

VALUTAZIONE

Le filosofie del Performance-Based Design hanno innescato un importante sforzo di ricerca finalizzato ad una migliore caratterizzazione dei livelli di performance strutturale, sia a livello dell’elemento che dell’intera struttura. Questo aspetto della metodologia basata sulle prestazioni è infatti il più impegnativo, in quanto devono essere effettuate delle decisioni complesse e razionali su ciò che scaturisce il danno in una struttura. Le attuali procedure di progettazione non catturano esplicitamente la risposta non lineare dei sistemi sismoresistenti, ma semplicemente tentano di limitare i danni imponendo un limite sul massimo drift di piano.

Analisi non lineari statiche (Pushover) sono state utilizzate nella pratica per diversi decenni nel settore delle piattaforme marine. L’idea principale che sta dietro questa metodologia è quella di investigare le deformazioni non lineari progressive di una struttura mentre i carichi laterali applicati vengono aumentati monotonicamente. Questa procedura è utile ad un certo numero di scopi:

• Tenta di rivelare eventuali meccanismi non lineari indesiderati, che derivano da una cattiva distribuzione di rigidezza e resistenza che può compromettere notevolmente la risposta della struttura;

• Permette di valutare la massima capacità di deformazione della struttura;

• Consente il monitoraggio continuo del danno indotto alla struttura con il crescere delle deformazioni;

• Permette una migliore stima delle deformazioni massime con un determinato livello di carico simico.

2.4.2

I FONDAMENTI DELL’ANALISI STATICA NONLINEARE

Il metodo di analisi statica non lineare consiste innanzitutto nel sviluppare un modello non lineare in grado di catturare tutte le non linearità locali rilevanti, per la risposta globale della struttura e sottoponendo questo modello a livelli di carichi laterali crescenti. I carichi laterali vengono aumentati fino a che non viene raggiunto il collasso per i carichi laterali ed effetti 𝑃 −

Δ. In Figura 2.3 viene mostrata una tipica curva pushover per una struttura intelaiata a più gradi

di libertà. Man mano che il carico laterale viene incrementato, la struttura per prima subisce deformazioni elastiche fino a che si raggiunge lo snervamento del primo elemento strutturale, poi, all’aumentare del carico, altri elementi raggiungono lo snervamento progressivamente fino

(31)

a che si forma un intero meccanismo. Una volta che il meccanismo si è completamente formato, la struttura subisce deformazioni anelastiche fino a che progressivamente gli elementi non raggiungono il collasso. La curva pushover termina quando viene raggiunto il collasso completo della struttura. Si noti che la resistenza del sistema in corrispondenza del primo snervamento non coincide con la resistenza del sistema quando si è formato il meccanismo di collasso. La differenza tra questi due livelli di resistenze è definita sovraresistenza del sistema. Come illustrato in Figura 2.3, la rigidezza iniziale e la tangente alla rigidezza post-snervamento vengono estese e la loro intersezione definisce l’effettivo punto di snervamento [ 9 ].

Figura 2.3; Curva Pushover tipica di una struttura intelaiata [ 9 ].

L’analisi non lineare statica non cattura il comportamento ciclico che è previsto sotto carico sismico, ma si basa su una stima dell’inviluppo delle resistenze del sistema. Considerando che i modelli in grado di riprodurre adeguatamente il comportamento non lineare di una struttura sotto carichi monotonicamente crescenti, possono essere estese con sforzo supplementare per catturare la risposta ciclica di una struttura, preziose informazioni si possono ottenere attraverso l’applicazione di carichi ciclici alla struttura. Informazioni sulla degradazione della rigidezza come sulla dissipazione di energia, entrambi sono parametri chiave nella risposta non lineare di una struttura, possono essere derivate semplicemente invertendo il carico dopo lo spostamento obiettivo è stato raggiunto e ripetendo l’analisi al passo nella direzione opposta [ 9 ].

Nelle FEMA-450 (BSSC 2003), la procedura di analisi statica non lineare (NSP) viene avviata con un progetto iniziale della struttura con i metodi di analisi statica lineare. In questo progetto iniziale, le membrature sono dimensionate e viene stabilito la massima deformazione di un punto di controllo, generalmente identificato dal centro di massa del ultimo livello della struttura. Dopo questa prima fase, il procedimento statico non lineare è svolto da:

(32)

• L’applicazione di una distribuzione di carico laterale alla struttura con ampiezza crescente e registrando l’evoluzione degli sforzi e delle deformazioni nelle membrature;

• Confronto delle deformazioni raggiunte degli elementi strutturali con le capacità deformative predette da analisi o dai test di laboratorio;

• Confronto del drift di piano ottenuto dall’analisi con il drift limite.

Le deformazioni anelastiche attese di un sistema, quando sottoposto ad uno specifico scuotimento del terreno o ad un livello di rischio sismico rappresentato da uno spettro di risposta elastico sono ottenuti da equivalenti tecniche di “linearizzazione”. Tali tecniche, derivate dal metodo della rigidezza secante equivalente, sono state originariamente proposte da Jennings (1968). Il metodo di analisi dello spettro di capacità sviluppato da Freeman ed altri (1975, 1998) è la base dei metodi per stimare le deformazioni anelastiche dei sistemi non lineari nei metodi

NSP.

2.4.3

VALUTAZIONE DEL PUNTO DI PRESTAZIONE

Al fine di verificare la capacità di una struttura di sopportare un terremoto mediante un confronto tra la sua capacità deformativa e gli spostamenti richiesti, senza però incorrere nelle difficoltà operative connesse all’uso dell’analisi dinamica non lineare, sono state proposte in letteratura varie metodologie di analisi basate sugli spostamenti: quelli che hanno acquisito maggior consenso nel mondo scientifico sono il metodo dello spettro in capacità (CSM

Capacity-Spectrum-Method) ed il Metodo N2.

Tali metodi, nonostante le differenze concettuali che li distinguono, si articolano entrambi in due fasi fondamentali. La prima consiste nella determinazione della curva di prestazione, che descrive l’evoluzione della risposta strutturale all’aumentare dell’intensità dell’evento sismico. Ciò viene fatto attraverso un’analisi statica incrementale durante la quale l’intensità delle forze orizzontali viene incrementata monotonicamente fino al raggiungimento del collasso. La seconda consiste nell’individuare sulla curva di prestazione il punto di prestazione, corrispondente alla risposta inelastica del telaio conseguente alla 𝑃𝐺𝐴 (Peak Ground

Acceleration) assegnata. Ciò viene fatto attraverso lo studio di un sistema ad un solo grado di

libertà equivalente alla struttura reale a più gradi di libertà. Tale sistema, se si impiega il Metodo

CSM, è elastico e caratterizzato da uno smorzamento fittizio, superiore a quello effettivo della

struttura per tener conto dell’energia dissipata per isteresi; si tratta invece di un sistema inelastico quando si impiega il Metodo N2.

(33)

L’obiettivo finale dell’analisi consiste nella ricerca del punto di performance (PP), il quale rappresenta la condizione per la quale la capacità sismica dell’edificio è uguale alla richiesta imposta alla struttura da un particolare evento sismico. Il PP deve soddisfare le seguenti due condizioni:

Deve appartenere alla curva dello spettro di capacità, allo scopo di rappresentare per qualunque spostamento la corrispondente risposta della struttura;

Deve appartenere alla curva dello spettro anelastico di domanda, valutato per uno smorzamento equivalente alla dissipazione di energia per un ciclo di ampiezza pari al suo valore.

Di seguito esponiamo il metodo dello spettro di capacità CSM e rimandiamo l’esposizione, dettagliata, del Metodo N2 al capitolo 4, in quanto è il metodo impiegato nella seguente tesi.

2.4.4

CAPACITY SPECTRUM METHOD (CSM)

Il metodo di analisi dello spettro in capacità (CSM), per prima proposto e gradualmente sviluppato da Freeman ed altri (1975, 1998), è un metodo grafico per la determinazione del punto di prestazione PP. Spettri di domanda sismica vengono riportati in un formato accelerazione spettrale - spostamento (piano ADRS Acceleration Displacement Response Spectra) per diversi valori dello smorzamento viscoso e confrontati, sulla stessa figura, con la curva di capacità della struttura. L’intersezione della curva di capacità con gli spettri di domanda sismica rappresentano la possibile risposta massima del sistema rispetto a spostamenti ed accelerazioni. È necessaria la conoscenza a priori dello smorzamento viscoso equivalente del sistema ad ogni livello dello spostamento inelastico. Il metodo consente di individuare il punto di intersezione tra queste due curve per cui lo smorzamento viscoso equivalente è coerente con lo spostamento di target e lo spettro. Nella Figura 2.4, gli spettri di domanda raccolti per il terremoto di Chi Chi (1999) in Taiwan (stazione TCU065) in formato accelerazione-spostamento vengono visualizzati per tre diversi valori dello smorzamento viscoso equivalente.

(34)

Figura 2.4; Capacity Spectrum Method [ 9 ].

Inoltre viene mostrato in figura la curva di capacità di una struttura dove il taglio alla base è stato trasformato in una corrispondente accelerazione assoluta spettrale. Linee radiali uscenti dall’origine del diagramma sono direttamente connesse all’effettivo periodo secante in corrispondenza del massimo spostamento obiettivo.

Limitazioni associate al metodo di analisi pushover sono stati riportati in letteratura. Le due fonti primarie di discrepanze tra la risposta reale sismica delle strutture ottenuta attraverso un’analisi non lineare di tipo time-history e le previsioni ricavate da un’analisi non lineare statica sono il sistema di carico applicato per spiegare la progressiva distribuzione di non linearità della struttura e gli effetti dei modi superiori. Uno studio condotto da Krawinkler e Seneviratna (1998) ha identificato un certo numero di queste limitazioni. Anche uno studio condotto da Kunnath e Gupta (2000) ha riscontrato incongruenze nelle diverse procedure di analisi pushover attualmente in uso nelle FEMA-356. Per far fronte a queste carenze, un certo numero di più sofisticate procedure di analisi pushover sono state proposte, come le pushover modali (Sasaki ed altri 1998, Chopra e Goel 2002, Antoniou ed altri 2002), così come le pushover di tipo adattivo (Carr 1998, Gupta e Kunnath 2000). I metodi pushover di tipo avanzato forniscono una migliore stima delle richieste di deformazione sugli elementi strutturali a costo, tuttavia, di un maggiore onere computazionale. Nel valutare l’utilità di queste tecniche, deve essere fatto un confronto con il costo computazionale dell’intera analisi non lineare di tipo time-history [ 9 ].

(35)

2.5

DIRECT DISPLACMENT-BASED SEISMIC DESIGN

Il Direct Displacement-Based Design (DDBD), è stato introdotto originariamente da Nigel Priestley e successivamente è stato sviluppato in collaborazione con G. M. Calvi con il proposito di superare le manchevolezze insite nel convenzionale FBD. La differenza fondamentale rispetto al FBD riguarda il fatto che il DDBD caratterizza le strutture in modo tale che possano essere progettate facendo ricorso al modello ad un singolo grado di libertà (SDOF), il quale consente di rappresentare la presentazione della struttura sulla base della massima risposta in termini di spostamento, al contrario l’approccio tradizionale che invece ricorre alle caratteristiche elastiche iniziali della struttura stessa.

Tale metodo prevede di sostituire la struttura reale, che in generale può essere un sistema a più gradi di libertà (MDOF), con un sistema equivalente ad un singolo grado di libertà (SDOF) con una rigidezza equivalente elastica laterale e uno smorzamento totale equivalente rappresentante del comportamento globale della struttura in corrispondenza dello spostamento di progetto. La filosofia fondamentale alla base di tale approccio è quella di progettare una struttura in grado di raggiungere una data performance (individuata da un certo stato limite per la struttura stessa) sotto un sisma di una definita intensità (caratterizzato da una precisa probabilità di occorrenza). Tutto ciò rientra nell’ottica di voler realizzare strutture a “rischio uniforme” e già recepiti dai vari codici.

Il concetto è quello di progettare l’edificio in modo tale che, sotto il sisma di progetto, raggiunga e non superi il profilo in spostamento di progetto. La forma di tale profilo dipende dal sistema strutturale e dai suoi elementi. L’ampiezza del profilo invece dipende dallo stato limite considerato. Ad esempio, per ognuno dei suoi stati limite, (Priestley) propone un limite massimo al drift dell’edificio e un limite massimo alla deformazione del materiale. Il drift è un parametro proprio dell’edificio nel suo insieme perché tiene conto del comportamento anche di parti non strutturali. Il limite alla deformazione del materiale, invece, è più propriamente un parametro di quel sottoinsieme di edificio che abbiamo chiamato sistema strutturale e, ancora più in particolare, degli elementi che lo compongono.

(36)

Figura 2.5: Introduzione al metodo DDBD; da [ 15 ].

Con riferimento alla Figura 2.5, di seguito verranno descritti i principali passi da affrontare nella progettazione di un edificio secondo il metodo DDBD [ 9 ]:

1) Scelta del profilo di progetto in spostamento del sistema rappresentato dalla figura a) di carpenteria nota.

Il primo step nella procedura è la definizione dello spostamento di progetto Δ𝑑 che l’edificio non dovrebbe superare sotto un dato livello di pericolosità sismica. Modellazione del sistema tramite struttura sostitutiva SDOF elasto-plastica (sempre in figura a)): in particolare, calcolo dello spostamento di progetto Δ𝑑 della struttura sostitutiva, che condensa in sé l’intero profilo in spostamento del sistema. Lo spostamento di progetto della struttura è lo spostamento che essa deve raggiungere e non superare quando sottoposta all’azione sismica di progetto. Esso viene scelto in base a criteri di natura prestazionale, in sostanza in base alle limitazioni degli spostamenti che lo stato limite scelto per il progetto prevede per la struttura.

Basato sulla forma del primo modo, lo spostamento di progetto può essere ottenuto attraverso la seguente relazione:

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