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LA RIEDUCAZIONE FUNZIONALE NELLE DISABILITA' VISIVE. Protocollo sperimentale per migliorare coordinazione, equilibrio e mobilita articolare

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DIPARTIMENTO DI MEDICINA CLINICA E SPERIMENTALE

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN

SCIENZE E TECNICHE DELLE ATTIVITÀ MOTORIE PREVENTIVE E

ADATTATE

“LA RIEDUCAZIONE FUNZIONALE NELLE DISABILITA' VISIVE”

Protocollo sperimentale per migliorare coordinazione, equilibrio e mobilità articolare

RELATORE

Ch.ma Prof.ssa Paola Incardona

CANDIDATO

Dott. Giuseppe Milazzo

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INDICE

ABSTRACT E MAPPA CONCETTUALE ... pag. 1

INTRODUZIONE ... pag. 3

CAPITOLO 1

Anatomia e fisiologia del sistema visivo... pag. 6

1.1 Lo sviluppo della funzione visiva: elenco delle principali patologie visive

e dei difetti del sistema oculare... pag. 9

1.2 Plasticità della corteccia cerebrale visiva ... pag. 16

CAPITOLO 2

Le leggi a tutela e garanzia del diversamente abile ... pag. 17

2.1 ICF: classificazione internazionale del funzionamento della disabilità e

della salute ... pag. 18

2.2 Le leggi italiane sulla disabilità ... pag. 33

CAPITOLO 3

Disabilità visive: difficoltà primarie legate all’handicap pag. 37

3.1 Implicazioni negli schemi motori e nella vita di relazione ... pag. 38

3.2 Non vedenti congeniti, non vedenti acquisiti e ipovedenti ... pag. 40

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CAPITOLO 4

Gli esercizi di Rieducazione Funzionale: gli strumenti utilizzati

e i parametri d'esecuzione ... pag. 41

CAPITOLO 5

I soggetti testati e i dati anamnestici raccolti ... pag. 55

5.1 Dati accelerometrici iniziali ... pag. 57

CAPITOLO 6

Protocollo esercizi di Rieducazione Funzionale ... pag. 64

6.1 Esercizi per il miglioramento di orientamento spazio-temporale, dinamica

del passo e impostazione della corsa ... pag. 65

6.2 Equilibrio, coordinazione e posture corrette : esercitazioni e circuiti

motori ... pag. 68

6.3 Mobilità articolare ed esercizi di respirazione ... pag. 72

CONCLUSIONI ... pag. 76

APPENDICI

Testimonianze ... pag. 78

Ringraziamenti ... pag. 79

Bibliografia ... pag. 80

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CLM in SCIENZE E TECNICHE DELLE ATTIVITA' MOTORIE

PREVENTIVE E ADATTATE

LA RIEDUCAZIONE FUNZIONALE NELLE DISABILITA' VISIVE

Protocollo sperimentale per migliorare coordinazione, equilibrio e mobilità articolare

Abstract

La tesi sperimentale in oggetto prevede l'analisi della stabilità posturale in appoggio monopodalico e bipodalico, eseguita ad un gruppo di disabili visivi con un software accelerometro, prima e dopo l'esecuzione di un protocollo di esercizi finalizzato al potenziamento della core stability e al miglioramento della coordinazione braccia-gambe e della mobilità articolare. Tali soggetti, reclutati grazie alla collaborazione del Gruppo Sportivo Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti di Pisa, hanno svolto otto sedute di allenamento comprendenti esercizi che seguono un percorso che va dal semplice al complesso, dall'esplorazione assistita a quella libera e che ricerca sempre di più l'autonomia del minorato della vista. L'applicazione pratica di tale studio vuole essere quella di dimostrare che gli atteggiamenti posturali viziati e i movimenti compensatori detti "ciechismi" possono essere ridotti e corretti. L'esecuzione di tali esercizi personalizzati permette di acquisire maggiore sicurezza e stabilità nell'appoggio podalico. In tal modo si pongono le condizioni iniziali affinché i disabili visivi possano ottimizzare gli strumenti sensoriali compensatori e allenare il proprio corpo, migliorando la coordinazione intramuscolare e intermuscolare e gestendo meglio la loro fisicità. La tesi ha l'obiettivo di porre delle basi scientifiche sugli effetti benefici di una adeguata rieducazione funzionale e ricerca un metodo col quale iniziare una sequenza di esercizi che seguano delle linee guida.

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LA RIEDUCAZIONE FUNZIONALE

NELLE DISABILITA' VISIVE

NON VEDENTI E

IPOVEDENTI

PROTOCOLLO ESERCIZI

RIEDUCAZIONE

FUNZIONALE

ANAMNESI

INIZIALE

DATI

ACCELEROMETRICI

INIZIALI

METODO INTERNAZIONALE DI MISURAZIONE ARTICOLARE S.F.T.R. QUESTIONARIO ANAMNESTICO E MINI BESTEST

IL SOFTWARE

ACCELEROMETER

ANALYZER

DATI

ACCELEROMETRICI

FINALI

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INTRODUZIONE

L'immagine di un mondo privo di colori e al buio e l'idea dello spazio circostante data da un insieme di sensazioni sommate fra loro. Così è stato il primo approccio con la disabilità visiva. L'iniziale stupore per l'incredibile capacità nel riconoscere oggetti, persone e luoghi, per l'autonomia posseduta negli spostamenti e infine il confronto coi vedenti nell'attività sportiva hanno contribuito a rendere viva l'idea di quanto abili possono essere coloro i quali sono definiti disabili.

Nella vita quotidiana la disabilità visiva spesso si scontra con un ambiente che favorisce l'accrescimento dell'handicap, negando di fatto la possibilità di "vedere attraverso i sensi vicarianti". E' proprio la difficoltà della società di pensare alle esigenze del disabile che pone dei limiti alle abilità che tutti possediamo.

Con il seguente studio vengono poste delle basi scientifiche sull'efficacia del protocollo di esercizi indicato. Il suo fine è quello di rafforzare la convinzione che l'esercizio fisico strutturato è in grado di conferire maggiore stabilità ai minorati della vista; il che torna utile in tutte le attività quotidianamente svolte, migliorandone così la qualità della vita. Secondo la definizione data nell'ICF (classificazione internazionale del funzionamento, della disabilità e della salute) : "La disabilità viene definita come la conseguenza o il risultato di una complessa relazione tra la condizione di salute di un individuo e i fattori personali, e i fattori ambientali che rappresentano le circostanze in cui vive l’individuo.

A causa di questa relazione, ambienti diversi possono avere un impatto molto diverso sullo stesso individuo con una certa condizione di salute. Un ambiente con barriere, o senza facilitatori, limiterà la performance dell’individuo; altri ambienti più facilitanti potranno invece favorirla. La società può ostacolare la performance di un individuo sia creando delle barriere (ad es. edifici inaccessibili), sia non fornendo facilitatori (ad es. mancata disponibilità di ausili)." 1

In questo contesto la pratica di attività fisica e sportiva può essere vista sia come un "facilitatore" sia come mezzo attraverso il quale ridurre le "barriere". Essa, proprio perché permette lo sviluppo del corpo, l'ottimizzazione e l'armonia dei gruppi muscolari, diventa un ottimo strumento per ridurre quel disagio dato dall'impossibilità di fare. Inoltre la correzione di atteggiamenti posturali errati consentono al diversamente abile di utilizzare meglio il proprio corpo sia nelle relazioni sociali che negli spostamenti nello spazio. Come si può evincere dalla disamina di Daniela Floriduz 2, componente della

Commissione Nazionale Istruzione UICI, quanto scritto nell' I.C.F. permette il superamento del concetto stesso di disabilità, poichè in esso è specificato che a seconda della tipologia di funzioni che un soggetto è chiamato a svolgere, ciascuno è, di volta in volta, abile o disabile. È dunque importante attivare una rete di supporto, un contesto operativo all’interno del quale il soggetto può “funzionare”, estrinsecando tutte le sue potenzialità. La considerazione della persona all'interno dell'I.C.F. è dinamica ed in tal senso mette in primo piano il ruolo che la persona stessa ha sulla sua condizione di abilità o disabilità. Un soggetto, pur essendo colpito da una disabilità permanente, può mutare il grado di accettazione, di convivenza, di superamento di detta disabilità nel corso della vita. Esiste un'interazione sinergica fra soggetto e contesto in cui vive tale da poter influenzare il suo grado di autonomia e la sua autoefficacia. Nella pratica sportiva continui rinforzi positivi legati al poter fare e al saper fare contribuiscono al rinforzo dell'autostima ed aumentano la fiducia in se stessi.

1 tratto da http://apps.who.int/iris/bitstream/10665/42417/4/9788879466288_ita.pdf

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Anche l'organizzazione delle nazioni unite (ONU) nella Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità riconosce l'importanza di garantire lo sviluppo pieno della personalità del disabile permettendogli tra l'altro di migliorare le abilità fisiche. In essa si può leggere che:

"...allo scopo di realizzare tale diritto senza discriminazioni e su base di pari opportunità,

gli Stati Parti garantiscono un sistema di istruzione inclusivo a tutti i

livelli ed un apprendimento continuo lungo tutto l’arco della vita, finalizzati fra l'altro allo sviluppo, da parte delle persone con disabilità, della propria personalità,

dei talenti e della creatività, come pure delle proprie abilità fisiche e mentali, sino alle loro massime potenzialità...".

All'interno dello stesso documento si sostiene inoltre che gli stati che lo hanno sottoscritto devono impegnarsi a :

(a) incoraggiare e promuovere la partecipazione più estesa possibile delle persone con disabilità alle attività sportive ordinarie a tutti i livelli;

(b) garantire che le persone con disabilità abbiano la possibilità di organizzare, sviluppare e partecipare ad attività sportive e ricreative specifiche per le

persone con disabilità e, a tal fine, incoraggiare la messa a disposizione, su base di uguaglianza con gli altri, di adeguati mezzi di istruzione, formazione e risorse;

(c) garantire che le persone con disabilità abbiano accesso a luoghi che ospitano attività sportive, ricreative e turistiche;

(d) garantire che i minori con disabilità possano partecipare, su base di uguaglianza con gli altri minori, alle attività ludiche, ricreative, agli svaghi ed

allo sport, incluse le attività previste dal sistema scolastico;

(e) garantire che le persone con disabilità abbiano accesso ai servizi forniti da coloro che sono impegnati nell’organizzazione di attività ricreative, turistiche, di tempo libero e sportive. 3

Da quanto riportato nelle righe precedenti emerge la volontà di attribuire al movimento e all'esercizio fisico un ruolo di supporto per migliorare la qualità di vita della persona con disabilità. Nei disabili sensoriali, come i non vedenti, questo concetto trova la sua massima espressione in quanto ci si serve del corpo come mezzo di comunicazione e relazione con l'ambiente circostante.

Come sostenuto da studi del Centro di Ricerca e Documentazione sulla Disabilità (CRD) della regione Marche ed enunciato nel laboratorio educativo on line per insegnanti ed educatori : è stato riscontrato che l’individuo con deficit visivi procede attraverso le stesse

fasi di sviluppo cognitivo dei vedenti, nonostante possa mostrare ritardi di diversa entità.

3 Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, art. 24 Educazione e art. 30, 5,

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Con il tempo tali ritardi tendono a ridursi, grazie alle esperienze di esplorazione e all’acquisizione di maggiori abilità motorie. 4

Solitamente il non vedente tende a muoversi poco, assumendo atteggiamenti passivi per la paura legata al non conoscere lo spazio che lo circonda; in questo modo acquisisce difficoltà motorie che si ripercuotono nel suo vissuto quotidiano e che comportano difetti nella postura e nell'equilibrio.

Le informazioni date dai restanti sensi vanno rese proprie, integrate ed elaborate dal disabile visivo, per permettergli lo sviluppo di un orientamento spazio-temporale e di mappe motorie tali da rendergli consapevolezza dello spazio circostante. E' fondamentale l'esplorazione dello spazio che lo circonda sia attraverso il tatto che l'udito e l'olfatto. Si creano così delle strategie utili per l'instaurarsi di punti di riferimento che permettono di conoscere ed imparare ad identificare gli ambienti in cui vive. Tanto maggiori saranno le informazioni propriocettive ed esterocettive e le esperienze motorie a cui si sottopone il soggetto, quanto più grande sarà la capacità che lo stesso avrà di riconoscere i luoghi, gli oggetti e le persone che lo circondano. La creazione di uno schema corporeo diventa così il primo passo per il raggiungimento di una autonomia e di una consapevolezza delle capacità del proprio corpo sempre maggiore. Ovviamente parlando di disabilità visiva non si può non tener conto delle numerose variabili in cui il deficit visivo si presenta e delle implicazioni psicologiche e fisiche ad esse collegate. La rappresentazione dello spazio, la percezione del proprio corpo e gli schemi motori posseduti sono differenti tra ipovedenti, non vedenti acquisiti e non vedenti congeniti. Le difficoltà relazionali emergono in modo differenti e in contesti diversi in relazione alla tipologia di disabilità visiva. Se per i non vedenti sono legate allo scarso utilizzo di espressioni del viso e alla difficoltà di comunicare per mezzo di esse; per gli ipovedenti nascono dalla difficoltà di accettare da un lato la propria condizione e allo stesso tempo voler essere considerati come aventi diritto a speciali attenzioni. Le difficoltà visive inducono l'instaurarsi di "ciechismi" ovvero di un portamento con difficoltà nella deambulazione e con paramorfismi che altera la struttura fisica. Un intervento, quanto più precoce possibile, attraverso mirate azioni, movimenti ed esercizi fisici, dona la possibilità di esaltare la propriocezione muscolare permettendo il consolidamento degli schemi motori.

Notevole è quindi il contributo delle scienze motorie alla rieducazione funzionale dei soggetti con deficit visivo sia per la possibilità di esaltare l'utilizzo del corpo come mezzo di comunicazione e conoscenza, sia per il contributo diretto che danno alla riduzione di atteggiamenti posturali errati e all'acquisizione di posture più ergonomiche. Il consolidamento dell'io corporeo conferisce inoltre una maggiore sicurezza e autostima e con la pratica sportiva si creano le basi di un contesto sociale col quale poter interagire attivamente. In questo modo si affina la capacità di riconoscere lo spostamento dei vari segmenti corporei nello spazio e di utilizzare il proprio corpo secondo schemi funzionali ai movimenti da eseguire, aumentando le possibilità di movimento e l'escursione articolare.

4 tratto da

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CAPITOLO 1

Anatomia e fisiologia del sistema visivo

Il sistema visivo è costituito dagli occhi, organi in cui avvengono la focalizzazione delle immagini e la loro trasformazione in codice nervoso e dai centri sottocorticali in cui vengono integrate le altre informazioni provenienti dalla muscolatura, dai riflessi oculari e dai movimenti del capo. Ciascun occhio è un dispositivo capace di rilevare radiazioni elettromagnetiche di lunghezza d'onda compresa fra 400 e 700 nm, mediante una superficie costituita da un centinaio di milioni di fotorecettori. Questi hanno la funzione di frazionare, codificare e trasmettere l'informazione derivata dai raggi luminosi, dando origine, nell'insieme, al senso della vista.

L'occhio è un organo globoso, cavo all'interno, la cui parete è formata da uno strato fibroso esterno, chiamato sclera, da uno strato intermedio, ricco di vasi, detto coroide, e da uno strato interno costituito da tessuto epiteliale e da tessuto nervoso, detto retina. Nella parte anteriore del globo oculare, la sclera si trasforma in una struttura trasparente detta cornea. La coroide si differenzia in strutture di natura muscolare che formano l'iride e il corpo ciliare. L'iride ha forma anulare e delimita un foro di diametro variabile detto pupilla. Il corpo ciliare sospende il cristallino, una struttura trasparente interna all'occhio di forma biconvessa, consistenza elastica e spessore variabile. Davanti a questa struttura si trovano una camera anteriore dove è contenuto un liquido chiamato umor acqueo e una camera posteriore dove è contenuta una sostanza gelatinosa detta umor vitreo.

I fasci di luce, limitati dalla pupilla, passano i trasparenti strati interni della retina e convergono sui segmenti esterni dei recettori retinici. Nel fare ciò i raggi luminosi sono deviati più volte e la somma delle deviazioni dà la convergenza totale di tutto il sistema diottrico oculare. Esso è costituito fondamentalmente da due elementi: il sistema cornea-umor acqueo, che ha potere convergente maggiore, e il cristallino, che converge meno ma ha la capacità di variare la sua potenza mediante modificazioni della sua forma.

Sono paralleli e pertanto cadono direttamente sulla retina i raggi luminosi che provengono da sorgenti distanti almeno sei metri dall'occhio. Pertanto raggi provenienti da punti più vicini tendono a convergere oltre la retina e per ovviare a ciò il cristallino aumenta la curvatura della sua superficie permettendo il processo di accomodazione. La pupilla contribuisce all'acuità visiva perché dal suo diametro dipende la profondità di campo, cioè la variazione di distanza entro la quale un oggetto può essere messo a fuoco. Più il diametro pupillare è piccolo maggiore sarà la profondità di campo, Per questo una illuminazione elevata, restringendo la pupilla, facilita la visione nitida. Quando i raggi luminosi per difetto di accomodazione convergono dietro la superficie retinica si ha l'ipermetropia; se invece convergono davanti alla retina si ha miopia e in entrambi i casi la visione è sfocata e le immagini possono essere riportate a fuoco solo con l'ausilio di lenti. Raggiunti i fotorecettori della retina le informazioni luminose vengono convertite in messaggi chimici. Il meccanismo di trasduzione dell'energia luminosa avviene attraverso una serie di reazioni che cominciano con la trasformazione sterica dei fotopigmenti (fotoisomerizzazione) e conducono all'attivazione di una fosfodiesterasi, un enzima che

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idrolizza il cGMP, determinando la chiusura dei canali del Na+ e quindi l'iperpolarizzazione della cellula. Gli elementi nervosi della retina sono suddivisi in cinque tipi principali, raggruppati in tre strati: strato nucleare esterno, che contiene i corpi cellulari dei fotorecettori; strato nucleare interno, che comprende le cellule bipolari, i corpi cellulari delle cellule orizzontali e delle cellule amacrine; strato delle cellule gangliari, che contiene i corpi cellulari di queste cellule e gli assoni che conducono le informazioni dalla retina al cervello. Fra i tre strati si trovano due strati di fibre e sinapsi, nei quali i vari neuroni si connettono l'uno con l'altro. I fotorecettori sono di due tipi, i coni e i bastoncelli, che si differiscono per forma, caratteristiche funzionali e distribuzione sulla superficie della retina. I coni sono addensati in una ristretta regione della retina, la fovea e sono circa 4 milioni. Hanno soglia di eccitazione alta, campi recettivi piccoli e sono responsabili della visione diurna e della massima acuità visiva. I bastoncelli si trovano distribuiti al di fuori della fovea e sono circa 100 milioni. Hanno soglia d'eccitazione bassa, campi recettivi grandi e sono responsabili della visione notturna. Al buio, a causa della depolarizzazione della membrana, la terminazione del recettore emette un continuo flusso di mediatore chimico, che, in presenza di luce, a causa dell'iperpolarizzazione, si riduce proporzionalmente alla quantità di radiazione assorbita dal segmento esterno. In tal modo il recettore, attraverso i fenomeni di depolarizzazione e ripolarizzazione guidati dal flusso luminoso, esegue la trasduzione dell'energia luminosa in segnale biologico, modulando il rilascio di neurotrasmettitore. Quando si passa rapidamente da un ambiente buio ad uno molto illuminato, i recettori subiscono una totale iperpolarizzazione e non sono più in grado di segnalare le variazioni di luce; avviene il fenomeno dell'abbagliamento. Se le condizioni di luce permangono i coni tornano lentamente a depolarizzarsi, riassumendo la capacità di rispondere alle variazioni di luce. L'opposto avviene col passaggio da un ambiente luminoso ad uno al buio. Le terminazioni sinaptiche dei fotorecettori contraggono sinapsi con due tipi morfologicamente distinti di cellule bipolari, ciascuno dei quali dà risposte diverse allo stesso neurotrasmettitore rilasciato dal recettore. L'iperpolarizzazione di ciascun recettore determina sulla cellula bipolare con cui esso è connesso eccitazione o inibizione secondo la risposta di quest'ultima al neurotrasmettitore. Dalle cellule bipolari in poi il flusso luminoso non è più analizzato solo in relazione alla sua quantità, come avviene nel recettore retinico, ma anche in rapporto alla sua distribuzione spaziale. Sembra dunque che la funzione principale della retina sia quella di suddividere il campo visivo in campi recettivi con parti antagoniste e di rilevare le differenze di intensità di luce o di colore tra tali parti.

Il campo visivo di ciascun occhio comprende una regione di spazio di circa 150 gradi in direzione naso - temporale per 130 gradi in direzione verticale, ma la regione corrispondente alla fovea copre solo 5 gradi. Per esplorare completamente lo spazio visivo circostante devono essere eseguiti movimenti degli occhi che facciano cambiare il campo visivo rappresentato su ciascuna retina e che spostino la fovea in una posizione tale che l'immagine degli oggetti di maggiore interesse percettivo si formi su di essa. Essi sono permessi dai muscoli estrinseci, tre paia per ogni occhio. 5

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La via ottica. Dai fotorecettori retinici nasce la via ottica deputata a condurre gli impulsi

luminosi, provenienti dalla retina, all'area ottica primaria del lobo occipitale dell'emisfero cerebrale. Coni e bastoncelli sono pertanto considerati i primi neuroni di questa via e contraggono sinapsi con le cellule bipolari che pertanto saranno i secondi neuroni della via ottica. A loro volta le cellule bipolari contraggono sinapsi con le cellule multipolari o gangliari, terzi neuroni della via ottica. Dalle cellule gangliari nascono le fibre ottiche che escono dall'occhio e costituiscono il nervo ottico. Quest'ultimo è costituito da tre gruppi di fibre ottiche: le fibre maculari, provenienti dalla zona della macula della retina deputata alla visione distinta ed alla esatta discriminazione cromatica; le fibre nasali, provenienti dalla parte nasale della retina; le fibre temporali, provenienti dalla parte laterale della retina. Il nervo ottico giunge al chiasma ottico dove metà delle fibre maculari si incrociano e l'altra metà prosegue diretta, le fibre nasali si incrociano totalmente e le fibre temporali proseguono tutte dirette. Dal chiasma ottico parte il tratto ottico che si dirige posteriormente e mette capo al corpo genicolato laterale del talamo. Da qui nascono le fibre talamo - corticali che costituiscono la radiazione ottica (del Gratiolet). Quest'ultima giunge alla corteccia cerebrale dei labbri e del fondo della scissura calcarina nel lobo occipitale dove ha sede l'area ottica primaria, o area 17. Su questa regione cerebrale le diverse parti di ambedue le retine si proiettano in questo modo: sulla parte posteriore sono rappresentate le zone retiniche maculari; andando verso l'avanti, si proiettano le parti retiniche via via periferiche rispetto alle zone maculari.

Una parte delle fibre ottiche decorrenti nel tratto ottico non si interrompe nel corpo genicolato laterale ma, seguendo il braccio quadrigemino superiore, raggiunge la lamina quadrigemina del mesencefalo e va a terminare nel tubercolo quadrigemino superiore e nel nucleo pretettale. Da tali due centri nervosi prosegue la via ottica riflessa, che è deputata a determinare movimenti riflessi in risposta a stimoli luminosi. Dal tubercolo quadrigemino superiore del mesencefalo nascono le fibre tetto - pontine, tetto - bulbari e tetto - spinali. Le prime sono dirette e mettono capo ai nuclei somatomotori dei nervi encefalici del ponte e del midollo allungato. Le fibre tetto - spinali si uniscono alle fibre della via acustica riflessa e raggiungono i cordoni laterali e anteriore del midollo spinale. Inoltre sempre dal tubercolo quadrigemino superiore originano fibre nervose che in parte salgono ai nuclei somatomotori dei muscoli dell'occhio e in parte raggiungono le corna anteriori dei primi segmenti del midollo spinale. Esse rappresentano la base anatomica dei movimenti oculocefalogiri, ossia dei movimenti riflessi coniugati degli occhi e della testa in risposta agli stimoli luminosi. Dal nucleo pretettale del mesencefalo partono le fibre nervose responsabili delle risposte riflesse dei tre muscoli involontari dell'occhio: il muscolo sfintere della pupilla, il muscolo dilatatore della pupilla ed il muscolo ciliare. Le fibre nervose nate dal nucleo pretettale in parte si portano al nucleo visceroeffettore del nervo oculomotore (nucleo di Edinger e Westphal), dal quale nascono le fibre pregangliari parasimpatiche per l'innervazione del muscolo sfintere della pupilla e ciliare, responsabili dei riflessi di costrizione pupillare e di accomodazione visiva. Altre fibre invece mettono capo, attraverso la formazione reticolare, al midollo spinale e sono responsabili del riflesso di dilatazione pupillare. La convergenza dei due occhi avviene perché l'area ottica primaria del lobo occipitale invia fibre intraemisferiche di associazione all'area 8 del lobo frontale,

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dove vi è il centro della convergenza; quest'ultimo manda fibre ai nuclei somatomotori del nervo oculomotore. 6

LO SVILUPPO DELLA FUNZIONE VISIVA: ELENCO DELLE PRINCIPALI PATOLOGIE VISIVE E DEI DIFETTI DEL SISTEMA OCULARE.

Benché gli occhi e il cervello siano già ben strutturati alla nascita, il loro sviluppo si completa solo dopo un certo periodo della vita extrauterina. Da questo sviluppo, unito alle prime esperienze visive fatte nell’ambiente, deriva la maturazione della funzione visiva già geneticamente programmata. Le tappe di tale maturazione consistono in:

 capacità di fissare un oggetto (generalmente entro il primo mese);

 capacità di inseguire con lo sguardo un oggetto in movimento (generalmente verso i 2-3 mesi); Attivazione delle aree della corteccia cerebrale deputate alla visione;

 capacità di afferrare con la mano un oggetto localizzato con la vista (generalmente attorno ai 4-5 mesi);

 capacità di manipolare un oggetto guardandolo (generalmente dopo i 6 mesi). In linea di massima, lo sviluppo della funzione visiva si completa intorno ai 18 mesi (un anno e mezzo). Questa fase, durante la quale avvengono i cambiamenti più significativi, viene definito “periodo critico”. Entro tale periodo gli interventi terapeutici e/o riabilitativi visivi sono particolarmente efficaci. Comunque anche in seguito – addirittura, in alcuni casi, fino ai 10 anni e oltre – le terapie e/o la riabilitazione possono ridurre un’eventuale alterazione della funzione visiva. Inoltre va ricordato che la visione, nel bambino piccolo, è essenziale anche per il corretto sviluppo di altre funzioni quali lo sviluppo del movimento, del linguaggio e del pensiero. Perciò, intervenire tempestivamente sui difetti visivi di una certa gravità consente anche di prevenire eventuali ritardi o disordini dello sviluppo globale che possono derivarne. Fra le varie forme di intervento, il recupero della corporeità attraverso lo sviluppo della percezione cinestesica e l'esaltazione dei sensi vicarianti permettono al cieco di costruirsi la percezione spaziale. Le propriocezioni tattili in tal senso risultano fondamentali nello sviluppo dell'immaginazione e della cognizione della realtà che circonda il non vedente. Le sensazioni uditive, bene integrate con le altre informazioni sensoriali, conferiscono informazioni sulle distanze e sulla grandezza dello spazio. "Le pareti di una stanza, un qualsiasi oggetto voluminoso che alteri l'acusticità di

un ambiente, vengono dal cieco intesi simultaneamente sotto forma di sensazioni tattili e acustiche." 7

Augusto Romagnoli a seguito di lunga esperienza è dell'opinione che si possa ottenere nei ciechi un raffinamento dell'udito e del tatto, ma solo per mezzo della educazione. "Anche

senza la vista i sensi che restano possono bastare al servizio dell'intelligenza e, fino a un

6 Via ottica e via ottica riflessa pagg. 166-171 Luigi Cattaneo ANATOMIA DEL SISTEMA NERVOSO CENTRALE

E PERIFERICO DELL'UOMO - Monduzzi editore

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certo punto, all'esercizio della vita pratica; ma ciò non servirebbe, se per insufficienza degli stimoli esteriori l'energia psichica non si destasse, oppure, destandosi, facesse difetto8.

Uno studio effettuato su un caso pilota, pubblicato su PubMed, condotto da uno staff del Departamento de Psiquiatría, Facultd de Medicina , Universidad Complutense , Madrid , Spain, mostra come l'attivazione della corteccia occipitale attraverso stimolazioni tattili ripetute nel tempo sia necessaria per il riconoscimento degli oggetti nei ciechi. Secondo tale studio, attraverso stimolazioni ripetitive tattili passive, il processo di percezione è trasferito dalle aree della regione temporo-parietale a quelle della regione occipitale della corteccia cerebrale deputate al riconoscimento degli oggetti. In particolare è stato riscontrato che dopo 15 settimane di stimolazione tattile passiva, il soggetto ha mostrato un incremento della attività delle aree occipitali associate allo sviluppo della visione, intesa come percezione visiva, che restò inmodificata fino a tre mesi senza il ripetersi della stimolazione tattile passiva. Quanto detto, dimostra la plasticità della corteccia nei non vedenti soggetti a stimolazione tattile passiva a lungo tempo. 9

La cecità congenita (o precoce) totale implica notevoli difficoltà nelle acquisizioni sensomotorie elementari, nelle rappresentazioni simboliche di più alto livello e praticamente in tutto ciò che concerne l’elaborazione cognitiva dello spazio. Queste difficoltà sono collegate alle caratteristiche dei due sistemi percettivi che prendono in carico la conoscenza dello spazio: l’udito e il tatto.

L’udito è un sistema telerecettore soprattutto adatto alla localizzazione delle sorgenti sonore nello spazio, ma che apporta assai poche informazioni sulle caratteristiche degli oggetti stessi. Inoltre, a differenza di ciò che avviene per la vista, non si può sempre “distogliere l’udito” da ciò che interessa o controllare le afferenze uditive (Coppa, 1997). In quanto al tatto, esso permette la conoscenza di quasi tutte le proprietà degli oggetti quali forma, grandezza, localizzazione spaziale, rigidità, texture, peso, temperatura e così via. Ma a differenza della vista, il sistema tattile è una modalità di contatto che ha un campo percettivo molto esiguo e che difficilmente potrà compensare completamente gli effetti della privazione sensoriale visiva: esso è poco adatto alla percezione di oggetti molto grandi o in movimento, del contesto ambientale nel quale questo movimento si svolge e più in generale delle conseguenze spaziali delle azioni motrici effettuate dal soggetto stesso (Galati, 1996; Revuelta, 1999). È comunque attraverso il tatto che il bambino scopre che il mondo esterno è popolato da oggetti afferrabili, manipolabili, che hanno un nome, un uso e una forma propri. La mano diventa così l’organo primario di percezione, senza perdere perciò la sua funzione esecutrice e il coordinamento visuo-motorio sarà sostituito dal coordinamento bimanuale e dal coordinamento udito-mano.

Le informazioni necessarie alla costruzione del mondo fenomenico devono quindi essere acquisite dal bambino non vedente oltre che attraverso il tatto, con l’udito e il comportamento motorio. Queste informazioni, unitamente a quelle fornite da descrizioni

8 Tratto da: Luce con luce. Rivista trimestrale della Scuola di Metodo “Augusto Romagnoli” per gli educatori

dei ciechi, a. 1 (1957), n. 4, pp. 5-18.

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verbali, concorrono alla formazione di rappresentazioni mnestiche di tipo spaziale (Revuelta, 1999).

Lo sviluppo motorio risente dell’influenza della cecità sia direttamente che indirettamente. Secondo Troster e Brambring (1993), gli effetti diretti riguarderebbero il ruolo che il feedback visivo gioca nel coordinare i movimenti verso uno scopo preciso e nel controllare la postura. Fra gli effetti indiretti Troster e Brambring rilevano: una minore elicitazione dell’attività motoria in mancanza di stimoli visivi, minori stimolazioni sociali, maggiore insicurezza nel comportamento esplorativo, ritardo nella costruzione del reale.

L’acquisizione e la differenziazione della motricità relativa a posture ed equilibrio si sviluppano attraverso l’integrazione di informazioni visive, vestibolari e propriocettive. Le informazioni vestibolari (del senso dell’equilibrio) forniscono informazioni relativamente al trovarsi o meno in verticale. Le informazioni propriocettive (delle articolazioni e delle fibre muscolari), danno indicazioni relative alla posizione delle singole parti del corpo e del rapporto tra loro (Kandel, Schwartz, Jessel, 1994).

Le persone non vedenti ricevono attraverso le informazioni vestibolari e propriocettive con il passare del tempo, sufficienti possibilità di compensazione, in modo che l’adulto non vedente, normalmente, dimostra minimi problemi nella motricità relativamente alle posture e all’equilibrio.

Nel bambino, il senso della vista è molto importante nell’acquisizione della stabilità del capo e del collo. Attraverso la vista, la verticalità è immediatamente percepibile e piccole deviazioni recepite possono essere tempestivamente e precisamente corrette. Il sistema visivo gioca un grande ruolo nell’integrazione delle informazioni vestibolari e propriocettive ed è di grande supporto negli “aggiustamenti” fini. Inoltre la visione stimola l’uomo a modificare la propria postura in maniera controllata. Le informazioni vestibolari e propriocettive sono invece maggiormente centrate sul proprio corpo. L’assenza delle informazioni visive porta inevitabilmente a problemi nella motricità per quanto riguarda postura ed equilibrio. 10

La privazione della vista può essere legata a fattori congeniti o acquisiti. Fra questi sono da menzionare malattie o traumi che colpiscono la struttura dell'occhio o che impediscono la ricezione corretta delle informazioni acquisite dal sistema visivo.

Brevemente di seguito una analisi delle principali cause di cecità o ipovisione.

10 www.bibciechi.it/pubblicazioni/tiflologia/200604/Celani.rtf - SVILUPPO COGNITIVO E SENSO-MOTORIO

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Aniridia

Assenza congenita, completa o quasi, da entrambi gli occhi dell'iride. La malattia è di tipo autosomico dominante o recessiva, ovvero a carattere ereditario. A volte può essere associata a cataratta, glaucoma o ipoplasia foveale ma anche a opacità della cornea e cheratopatia, sviluppo ridotto della macula e del nervo ottico. L'aniridia è considerata una malattia rara ed è causata da una mutazione del gene PAX6, situato sul cromosoma 11, che determina un mancato completamento dello sviluppo dell'occhio.

Anoftalmo e microftalmo congeniti

Per anoftalmo congenito si intende la totale assenza del bulbo oculare in presenza degli annessi oculari (palpebre, congiuntiva e apparato lacrimale), dovuto ad una mancanza di formazione della vescicola ottica all'inizio della gestazione. Il microftalmo è dovuto, invece, ad un arresto della crescita dell'occhio nelle prime settimane di vita intrauterina. Il termine microftalmo identifica la presenza alla nascita di un occhio con una lunghezza assiale inferiore a 17 mm (la misura di riferimento alla nascita). Bisogna distinguere il microftalmo dal nanoftalmo, che è un occhio di dimensioni ridotte per la presenza di una ipermetropia elevata.

Amaurosi congenita di Leber

E' una malattia della retina che si trasmette geneticamente (è ereditaria in una modalità detta "autosomica recessiva" perchè non viene trasmessa in presenza di un gene analogo ma con caratteri dominanti). I bambini affetti da questa malattia in genere presentano sintomi sin dalla nascita. Sono state individuate almeno 19 mutazioni genetiche associate all'amaurosi congenita di Leber. Il loro effetto è una progressiva degenerazione dei fotorecettori della retina (coni e bastoncelli) e l'alterazione di altre strutture retiniche (tra cui l'epitelio pigmentato). La differenza, rispetto ad altre malattie ereditarie della retina, è che in questo caso la riduzione grave della vista è presente già al momento della nascita, probabilmente perchè la degenerazione ha già inizio nell'utero a livello dei mitocondri. La malattia causa una grave riduzione della vista associata a fastidio alla luce (fotofobia). Il cheratocono e la cataratta possono essere associate.

Atrofia girata

L'atrofia girata è una distrofia corioretinica ereditaria (colpisce la coroide e la retina danneggiando irreparabilmente questi tessuti). Viene trasmessa in forma autosomica recessiva (entrambi i genitori presentano il difetto genetico). In genere i sintomi si avvertono attorno ai 20 - 30 anni. La causa è attribuibile ad una mutazione di un gene responsabile della produzione dell'enzima ornitina aminotransferasi coinvolto nel metabolismo dell'ornitina (proteina che viene sintetizzata anche attraverso la dieta). Il danno oculare si manifesta con aree di atrofia retinica: si perde progressivamente la funzionalità della retina. I sintomi consistono soprattutto in disturbi della visione notturna e riduzione periferica del campo visivo. La visione centrale viene, invece, conservata anche in età molto avanzata. La progressione della malattia è comunque molto lenta.

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Cataratta

E' un'opacizzazione del cristallino collocata tra iride e corpo vitreo. Ci sono diversi tipi di cataratta ma tutti sono dovuti a modificazioni nella composizione chimica della lente (principalmente per ossidazione delle sue proteine), le quali comportano una riduzione della trasparenza del cristallino stesso. Le cause possono essere molteplici: di solito è l'invecchiamento, ma possono essere anche traumi oculari, malattie oftalmiche o sistemiche (come il diabete), difetti ereditari o congeniti. Anche lo stile di vita influisce sull'opacità del cristallino. I sintomi che più comunemente vengono riferiti sono visione offuscata, visione doppia, ipersensibilità alla luce (fotofobia), abbagliamento, percezione dei colori meno vivida. La pupilla, che normalmente è nera, può alla lunga apparire di un colore giallastro o addirittura bianca.

Cheratocono

E' una malattia progressiva non infiammatoria della cornea, che si assottiglia e si deforma, assumendo una caratteristica forma conica. Di profilo la superficie oculare diventa quindi più sporgente. Le cause non sono note con certezza. Tuttavia ci potrebbe essere una predisposizione genetica. Possono essere considerati fattori di rischio piccoli traumi oculari ripetuti nel tempo e problemi al nervo trigemino. Nel cheratocono la cornea si indebolisce e, quindi, inizia a cedere (nei casi più gravi si arriva alla perforazione). Lo strato oculare esterno e trasparente, che si trova in corrispondenza dell'iride, si assottiglia a causa di un processo degenerativo delle fibre collagene. Semplificando si può dire che la cornea in un punto perde la capacità di resistenza meccanica e, a causa della pressione interna dell'occhio, avviene lo sfiancamento. Il cheratocono è caratterizzato da un astigmatismo più o meno irregolare e normalmente non da dolore a meno che non avvenga un rapido sfiancamento della cornea e la sua perforazione. Spesso è associato ad una congiuntivite allergica.

Distacco di retina

In condizioni normali la retina è aderente alla superficie interna dell'occhio. Se presenta una rottura o un foro può distaccarsi e accartocciarsi. In tal caso la retina non è più in grado di offrire al cervello un'immagine adeguata e la visione diviene offuscata e ridotta. Il quadro visivo dipende dall'entità del distacco di retina e dalla sua durata. L'ombra causata dal distacco scomparirà in tutti i casi in cui la retina è stata riposizionata. Nei casi in cui il distacco interessi la regione maculare il recupero visivo sarà incompleto. Tanto maggiore è la durata del distacco, tanto minore è la possibilità di recupero visivo. Può comunque, anche in questo caso, rimanere un certo grado di visione periferica. Persone che non si sottopongo ad intervento, o se quest'ultimo risulta inefficace, tuttavia, possono perdere la vista del tutto o in parte.

Distrofie corneali

Per distrofie corneali si intendono un gruppo eterogeneo di malattie genetiche non infiammatorie che colpiscono la cornea. Possono essere monolaterali o bilaterali e colpire

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la cornea in tutti i suoi strati. La loro manifestazione consiste nella formazione di opacità di varia forma in una cornea chiara o opaca. Tali opacizzazioni causano un deficit visivo che varia a seconda della loro entità. La presenza di opacità provoca la perdita della trasparenza corneale quindi, a seconda della loro localizzazione e della loro profondità, si possono manifestare delle riduzioni dell’acuità visiva di varia entità.

Emianopsia

E' un deficit caratterizzato dalla perdita di metà del campo visivo. Può colpire o la metà destra/sinistra di quest'ultimo (emianopsia laterale o verticale) oppure la metà alto/basso del campo visivo stesso (emianopsia altitudinale ossia orizzontale). La maggior parte delle cause sono imputabili a una compressione delle vie ottiche spesso dovute a tumori cerebrali o aneurismi che aumentano di dimensioni.

Glaucoma

Malattia oculare dovuta generalmente ad un aumento della pressione all'interno dell'occhio. La cecità o l'ipovisione provocate dal glaucoma si possono prevenire se diagnosticato e curato tempestivamente. Quando la pressione oculare diventa troppo elevata a lungo andare il bulbo oculare si rovina (e in particolare la testa del nervo ottico). Noi percepiamo un oggetto che fissiamo insieme a tutto ciò che lo circonda: l’area di spazio complessivamente percepita costituisce il campo visivo. L’immagine viene trasmessa dalla retina al cervello tramite il nervo ottico, che si può paragonare a un cavo elettrico contenente milioni di “fili”. Ciascuno di essi trasporta le immagini relative a una parte del campo visivo: le traduzioni di questi segnali bioelettrici vanno a costituire l’immagine nella sua interezza. Tuttavia, l’aumento della pressione danneggia irreparabilmente i neuroni che trasportano il segnale elettrico; dunque è come se i fili si logorassero. Inizialmente il danno interessa i fili che trasportano le immagini relative alla periferia del campo visivo: chi è malato continua a vedere l’oggetto che fissa, ma non si accorge che l’area visiva periferica si sta riducendo progressivamente. Da ultimo vengono lesi anche i fili che provengono da quella zona della retina con cui si fissano gli oggetti (macula) e, se il glaucoma non viene trattato, si riduce l’acuità visiva fino alla cecità completa (danno del fascio di fibre nervose papillo-maculari).

Melanoma della coroide

E' il tumore maligno primitivo intraoculare più frequente nell'adulto. L'origine della neoplasia è dovuta all'interazione di fattori genetici ed ambientali. Si sviluppa generalmente senza sintomi specifici; tuttavia, qualora sia localizzato nella fovea può determinare una riduzione dell'acuità visiva.

Nistagmo

È un’oscillazione ritmica e involontaria degli occhi. Il nistagmo fisiologico (normale) è quello per esempio dell’occhio di una persona seduta su un treno in corsa che guarda fuori dal finestrino e osserva, uno alla volta, i pali che si susseguono (a una fase di movimento

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più lento ne segue una di movimento rapido o di scossa). Il nistagmo diventa patologico quando si verifica per cause non legate al movimento della persona. In questo caso la capacità visiva può variare durante il giorno ed essere influenzata da fattori emozionali e fisici (come lo stress o la stanchezza). Molte persone affette da questa condizione sono considerate ipovedenti.

Occlusione vascolare retinica (trombosi)

Interruzione del flusso sanguigno, arterioso o venoso, della retina. Il sintomo principale è la riduzione brusca ed improvvisa della vista e generalmente la perdita del visus non è associata a dolore; inoltre l'affezione colpisce generalmente un solo occhio. Con l’interruzione dell’apporto di sangue (ischemia) non viene più nutrita e ossigenata la retina, per cui si possono verificare gravi danni in alcune aree. Inoltre si presentano emorragie e si formano nuovi vasi dannosi (ad esempio nel caso di un’occlusione venosa), il che contribuisce a peggiorare il quadro clinico.

Retinite pigmentosa

Si tratta di una patologia che appartiene a un gruppo di malattie ereditarie caratterizzate da una degenerazione progressiva della retina in entrambi gli occhi. Provoca la perdita graduale della visione notturna e del campo visivo periferico, ma agli ultimi stadi si può verificare anche una perdita della visione centrale. A causa della retinite pigmentosa (nota anche come ’retinosi pigmentaria’ o ’retinopatia pigmentosa’) si verifica una perdita dell’acutezza visiva, con un progressivo restringimento del campo visivo che può progredire fino all’ipovisione e, nei casi più gravi, alla cecità. Il decorso della malattia ha una durata estremamente variabile, ma comunque è sempre progressivo ed invalidante. Nella maggioranza dei casi i sintomi si aggravano e purtroppo il campo visivo si restringe sempre più fino a chiudersi completamente. Compaiono inoltre anche altri disturbi, come l’abbagliamento, l’incapacità di distinguere i colori e una particolare forma di cataratta. Malauguratamente l’esito finale è, in molti casi, la cecità assoluta.

Uveiti

Sono patologie oculari dovute a un processo infiammatorio che interessa l’ùvea ovvero lo strato intermedio del bulbo oculare (situato tra la retina e la sclera), costituito da iride, corpo ciliare e coroide. Le uveiti sono patologie che vanno trattate con tempestività: ci sono forme che, nei casi peggiori, possono portare alla cecità. È indispensabile, quindi, intervenire subito con una terapia medica: l’obiettivo è scongiurare le complicanze per evitare il calo visivo, ridurre il dolore e trattare la patologia di base. 11

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PLASTICITA' DELLA CORTECCIA CEREBRALE VISIVA

Nonostante i problemi visivi, recenti studi dimostrano come la capacità compensatoria, legata alla plasticità del sistema nervoso centrale, sia in grado di rafforzare le funzioni visive residue, evitare la progressiva degenerazione o permettere lo sviluppo di vie nervose accessorie. In particolare uno studio condotto all' Experimental and Biological Psychology, Philipps-University di Marburg in Germania, evidenzia come la percezione dello spazio e i movimenti volontari sono basati non solo sulla vista ma anche su altre modalità sensoriali come l'esterocezione e la propriocezione. In tal modo viene confermata l'esistenza di un network multisensoriale per il controllo dei movimenti che si sviluppa sulla base di feedback sensoriali e motori e che quindi non è sotto l'esclusivo controllo della vista. 12 Un

lavoro svolto da un gruppo di studiosi italiani del 2005, pubblicato su Neurological Sciences, denominato "oltre le immagini sensoriali: la rappresentazione degli oggetti nella via visiva ventrale", supporta l'esistenza di un'organizzazione sopramodale della corteccia extrastriata umana che permette di elaborare le informazioni indipendentemente dalla modalità percettiva. Per tale motivo, la divisione in un'area visiva ventrale deputata all'identificazione del "cosa" e di un'area visiva dorsale per identificare il "dove", risulta meramente descrittiva.13

Inoltre, da un esperimento condotto su topi del Department of Systems Neuroscience, Johann-Friedrich-Blumenbach Institut für Zoologie und Anthropologie, and Bernstein Fokus Neurotechnologie, Georg-August-Universität,Göttingen in Germania, sembra che il solo esercizio fisico sia sufficiente a promuovere la plasticità dell'area visiva primaria (V1) della corteccia cerebrale. 14

Una ricerca condotta da studiosi della Human Cortical Physiology Section, National Institute of Neurological Disorders and Stroke, National Institutes of Health, Bethesda USA, dimostra come la compensazione sensoriale contribuisce maggiormente alla plasticità della corteccia occipitale nei nati ciechi o in chi ha perso la vista precocemente piuttosto che in coloro che hanno perso la vista tardivamente da adulti. 15

12 https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/20404408 13 https://arpi.unipi.it/handle/11568/97572#.V--xQ_CLTIU 14 https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/25392514 15 https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/10211469

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CAPITOLO 2

Le leggi a tutela e garanzia del diversamente abile

La disabilità porta con se un insieme di diritti di cui un disabile può usufruire e una serie di doveri a cui la società deve adempiere legati al senso civico delle pari opportunità. Tali sono tutti quei provvedimenti presi dal singolo cittadino o dalle istituzioni al fine di abbattere le barriere fisiche e mentali attraverso interventi sull'ambiente e sull'educazione al rispetto della diversità.

Tutto ciò è reso possibile solo da una cultura della disabilità intensa non come problema sociale dovuto all'assenza di salute da parte di alcuni soggetti, ma come risoluzione delle barriere sociali e garanzia di condizioni di salute migliori per tutti. In questo contesto anche chi si ritrova ad esser svantaggiato per delle limitazioni legate alla condizione di handicap risulta essere una risorsa per tutta la società. Quando si realizzano i presupposti per cui a tutti viene data la possibilità di crescere e migliorare la propria vita in relazione alle possibilità individuali di ogni soggetto, chi ne beneficia non sarà il singolo individuo ma tutta la collettività. Il concetto di salute, intesa non solo come assenza di malattia ma come benessere psico-fisico e sociale, si interseca col concetto di disabilità, determinato non solo dalla presenza di handicap ma da contesti che possono limitarne l'espressione e la funzionalità. A livello internazionale il documento che sostiene i principi enunciati precedentemente è l'ICF.

Nel 1993 l'organizzazione mondiale della sanità (OMS) inizia un processo di revisione del documento che fino ad allora definiva i concetti di disabilità ed handicap, l'ICDH del 1980, che si conclude nel maggio del 2001 con l'approvazione, da parte dell'assemblea mondiale della sanità, dell'ICF, documento considerato come lo standard internazionale per misurare e classificare salute e disabilità.

Come sostenuto dalla Dr. Matilde Leonardi, curatore dell'edizione italiana della WHO International Classification of Functioning, Disability and Health (ICF), "milioni di

persone soffrono a causa di una condizione di salute che, in un ambiente sfavorevole, diventa disabilità. Usare un linguaggio comune e cercare di affrontare i problemi della salute e della disabilità in maniera multidisciplinare può essere un primo passo per cercare di diminuire gli anni di vita persi a causa della disabilità." 16

E' proprio nella visione multidisciplinare della risoluzione di problematiche inerenti la sfera psico-fisico-sociale dell'uomo che la pratica di una adeguata ed adattata attività fisica diventa un mezzo utile per il superamento dell'handicap. I benefici indotti dalla sua pratica sulla salute sono provati da innumerevoli studi che sostengono l'idea che una corretta attività motoria migliora la qualità della vita. E' dunque anche compito delle istituzioni permettere ai diversamente abili il diritto alla pratica di attività fisica. Essa è sempre più utilizzata come pretesto per una più ampia rieducazione funzionale che, partendo dalla fisicità, migliori non solo le capacità motorie ma anche l'interazione con l'ambiente circostante.

16 ICF classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute - versione breve Ed.

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All'interno dell'ICF le varie classificazioni si intersecano fra loro; fra le tante nel dettaglio vengono analizzate le funzioni neuro-muscoloscheletriche e correlate al movimento e la vita sociale, civile e di comunità. A livello internazionale l’Italia è stato il primo Paese che ha adottato l’ICF in un progetto ministeriale.

ICF: CLASSIFICAZIONE INTERNAZIONALE DEL FUNZIONAMENTO, DELLA DISABILITA' E DELLA SALUTE17

Lo scopo generale della classificazione ICF è quello di fornire un linguaggio standard e unificato che serva da modello di riferimento per la descrizione della salute e degli stati ad essa correlati. Essa definisce le componenti della salute e alcune componenti ad essa correlate (come l’istruzione e il lavoro). I domini contenuti nell’ICF possono, perciò, essere visti come domini della salute e domini ad essa correlati. Questi domini sono descritti dal punto di vista corporeo, individuale e sociale in due elenchi principali:

(1) Funzioni e Strutture Corporee e (2) Attività e Partecipazione.

Adottando l’ICF infatti si sottoscrive una visione inclusiva, umanistica, equa di salute. Si accetta il diritto delle persone con disabilità ad essere parte naturale della società stessa. L’ICF è stato accettato da 191 Paesi come lo standard internazionale per misurare e classificare salute e disabilità. Esso è una classificazione che ha diversi scopi e può essere utilizzata in discipline e settori diversi. I suoi scopi principali possono essere così sintetizzati:

• fornire una base scientifica per la comprensione e lo studio della salute, delle condizioni, conseguenze e cause determinanti ad essa correlate;

• stabilire un linguaggio comune per la descrizione della salute e delle condizioni ad essa correlate allo scopo di migliorare la comunicazione fra i diversi utilizzatori, tra cui gli operatori sanitari, i ricercatori, gli esponenti politici e la popolazione, incluse le persone con disabilità;

• rendere possibile il confronto fra dati raccolti in Paesi, discipline sanitarie, servizi e in periodi diversi;

• fornire uno schema di codifica sistematico per i sistemi informativi sanitari.

17 tratto da ICF classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute - versione

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Visione d’insieme dell’ICF

Parte 1 : Funzionamento e disabilità Parte 2 : Fattori contestuali

Qui di seguito vengono elencate le caratteristiche strutturali della classificazione che hanno un rapporto con il suo impiego:

1. L’ICF offre delle definizioni operative dei domini della salute e di quelli ad essa correlati contrapposte alle definizioni «correnti» di salute. Queste definizioni descrivono gli attributi essenziali di ciascun dominio (ad es. qualità, proprietà e rapporti) e contengono informazioni su ciò che viene incluso o escluso da ciascun dominio. Le definizioni contengono dei punti di collegamento comunemente usati nelle valutazioni così che possano essere tradotti in questionari. Viceversa, i risultati di strumenti di valutazione esistenti possono essere codificati con l’ICF. Ad esempio le «funzioni visive» vengono definite nei termini di funzioni della percezione della forma e del contorno, a distanza variabile, usando uno o entrambi gli occhi, in modo che la gravità delle difficoltà visive possano essere codificate come lievi, medie, gravi o complete in relazione a questi parametri.

2. L’ICF adopera un sistema alfanumerico nel quale le lettere b (body), s (structure), d

(domain) ed e (environment) denotano: b le Funzioni Corporee, s le Strutture Corporee, d

le Attività e la Partecipazione e i Fattori Ambientali. Queste lettere sono seguite da un codice numerico che inizia con il numero del capitolo (una cifra), seguito dal secondo livello (due cifre) e dal terzo e quarto livello (una cifra ciascuno).

3. Le categorie dell’ICF sono inserite l’una nell’altra in modo che le categorie più ampie includano sottocategorie più dettagliate (ad esempio, il Capitolo 4 sulla Mobilità, nella

Componenti Funzioni e strutture corporee Attività e partecipazione Fattori ambientali Fattori personali (non classificati nell'ICF) Domini Funzioni corporee Strutture corporee

Aree di vita (compiti, azioni) Influenze esterne su funzionamento e disabilità Influenze interne su funzionamento e disabilità Costrutti Cambiamento nelle funzioni corporee (fisiologico) Cambiamento nelle strutture corporee (anatomico) Capacità : eseguire compiti in un ambiente standard Performance : eseguire compiti nell'ambiente attuale Impatto facilitante o ostacolante delle caratteristiche del mondo fisico, sociale e degli atteggiamenti Impatto delle caratteristiche della persona Aspetto positivo (Funzionamento) Integrità funzionale e strutturale Attività

Partecipazione Facilitatori Non applicabile

Aspetto negativo (Disabilità)

Menomazione Limitazione dell'attività Restrizione della

partecipazione

Barriere / ostacoli

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componente Attività e Partecipazione include categorie separate per lo stare in posizione eretta (d4104), sedersi (d4103), camminare (d450), sollevare e trasportare oggetti (d430), e così via). La versione breve (concisa) comprende due livelli, mentre la versione completa (dettagliata) si estende su quattro livelli. I codici delle due versioni sono corrispondenti, e la versione breve può essere integrata con la versione completa.

4.Ogni individuo può avere una serie di codici a ciascun livello. Questi possono essere indipendenti o correlati.

5. I codici dell’ICF sono completi esclusivamente in presenza di un qualificatore, che indica l’estensione di un livello di salute (ad es. gravità del problema). I qualificatori sono codificati come uno, due o più numeri dopo il punto (o separatore). L’uso di un codice deve essere accompagnato da almeno un qualificatore. Senza qualificatori i codici non hanno alcun significato intrinseco.

6. Il primo qualificatore per le Funzioni e le Strutture Corporee, i qualificatori performance e capacità per Attività e Partecipazione, e il primo qualificatore per i Fattori Ambientali descrivono tutti l’estensione dei problemi nella specifica componente.

7. Tutte e tre le componenti classificate nell’ICF (Funzioni e Strutture Corporee, Attività e Partecipazione, e Fattori Ambientali) sono quantificate usando la stessa scala. Avere un problema può significare una menomazione, una limitazione, una restrizione o una barriera a seconda del costrutto. I termini qualificatori appropriati, come indicati tra parentesi qui sotto, dovrebbero essere scelti secondo il relativo dominio di classificazione (xxx sta per il numero del secondo livello). Perché questa quantificazione possa essere usata in maniera universale, le procedure di codificazione devono essere sviluppate attraverso la ricerca. Vengono forniti ampi margini percentuali per quei casi per cui siano disponibili strumenti di valutazione calibrati o altri standard per quantificare la menomazione, la limitazione di capacità, il problema di performance o la barriera. Ad esempio, quando viene specificato «nessun problema» o «problema completo» la codifica ha un margine di errore del 5%. «Problema medio» viene definito come metà del tempo o metà della scala di difficoltà totale. Le percentuali devono essere calibrate nei diversi domini rispetto alla norma espressa in valore percentile.

xxx.0 NESSUN problema (assente, trascurabile...) 0-4% xxx.1 problema LIEVE (leggero, piccolo...) 5-24% xxx.2 problema MEDIO (moderato, discreto...) 25-49% xxx.3 problema GRAVE (notevole, estremo...) 50-95% xxx.4 problema COMPLETO (totale...) 96-100% xxx.8 non specificato

xxx.9 non applicabile

8.Nel caso dei fattori ambientali, il primo qualificatore può essere utilizzato anche per indicare sia l’influenza positiva nell’ambiente, ovvero di facilitatori, sia l’influenza negativa, ovvero barriere. Sia i facilitatori che le barriere utilizzano la stessa scala 0-4, ma nei facilitatori il punto decimale viene sostituito dal segno +: ad esempio e110+2 (Prodotti

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o sostanze per il consumo personale +2). I Fattori Ambientali possono essere codificati (a) individualmente in relazione ad ogni costrutto o (b) in generale, senza riferimento ad alcun costrutto particolare. La prima opzione è preferibile, dato che identifica più chiaramente l’impatto.

9. Per alcuni utilizzatori potrebbe rivelarsi appropriato e utile aggiungere altri tipi di informazioni alla codifica di ciascuna voce. Vi sono vari qualificatori aggiuntivi che si potrebbero utilizzare.

10. La descrizione dei domini della salute e di quelli ad essa correlati si riferisce al loro uso in un dato momento (come in un’istantanea). È possibile tuttavia descrivere una traiettoria nel tempo e nel corso dei processi registrando i punteggi in momenti diversi.

11.Nell’ICF la salute di una persona e gli stati di salute ad essa correlati hanno una serie di codici che comprendono entrambe le parti della classificazione, quindi il numero massimo di codici per persona può essere 34 al primo livello (8 codici per le funzioni corporee, 8 per le strutture corporee, 9 per la performance e 9 per la capacità). Per gli item del secondo livello il numero totale di codici è 362. Per il terzo e il quarto livello sono disponibili 1424 codici. Applicando l’ICF alla vita reale, un numero da 3 a 18 codici può essere adeguato per descrivere un caso al secondo livello di dettaglio (tre cifre). In genere la versione più dettagliata del quarto livello viene usata per servizi specialistici (ad esempio risultati della riabilitazione, ambito geriatrico), mentre la classificazione a due livelli può essere usata per studi di popolazione e per la valutazione di outcome clinici.

ICF: classificazione a due livelli

Elenco dei titoli dei capitoli e il primo livello di ramificazione all'interno della classificazione

FUNZIONI CORPOREE

Capitolo 1 – Funzioni mentali

Funzioni mentali globali (b110-b139)

b110 Funzioni della coscienza b114 Funzioni dell’orientamento b117 Funzioni intellettive

b122 Funzioni psicosociali globali

b126 Funzioni del temperamento e della personalità b130 Funzioni dell’energia e delle pulsioni

b134 Funzioni del sonno

b139 Funzioni mentali globali, altro specificato e non specificato

Funzioni mentali specifiche (b140-b189)

b140 Funzioni dell’attenzione b144 Funzioni della memoria b147 Funzioni psicomotorie b152 Funzioni emozionali b156 Funzioni percettive

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b160 Funzioni del pensiero

b164 Funzioni cognitive di livello superiore b167 Funzioni mentali del linguaggio b172 Funzioni di calcolo

b176 Funzione mentale di sequenza dei movimenti complessi b180 Funzioni dell’esperienza del sé e del tempo

b189 Funzioni mentali specifiche, altro specificato e non specificato b198 Funzioni mentali, altro specificato

b199 Funzioni mentali, non specificato

Capitolo 2 – Funzioni sensoriali e dolore

Funzioni visive e correlate (b210-b229)

b210 Funzioni della vista

b215 Funzioni delle strutture adiacenti all’occhio

b220 Sensazioni associate all’occhio e alle strutture adiacenti

b229 Funzioni della vista e correlate, altro specificato e non specificato

Funzioni uditive e vestibolari (b230-b249)

b230 Funzioni uditive b235 Funzioni vestibolari

b240 Sensazioni associate alla funzione uditiva e vestibolare

b249 Funzioni uditive e vestibolari, altro specificato e non specificato

Ulteriori funzioni sensoriali (b250-b279)

b250 Funzione del gusto b255 Funzione dell’olfatto b260 Funzione propriocettiva b265 Funzione del tatto

b270 Funzioni sensoriali correlate alla temperatura e ad altri stimoli b279 Ulteriori funzioni sensoriali, altro specificato e non specificato

Dolore (b280-b289)

b280 Sensazione di dolore

b289 Sensazione di dolore, altro specificato e non specificato b298 Funzioni sensoriali e dolore, altro specificato

b299 Funzioni sensoriali e dolore, non specificato

Capitolo 3 – Funzioni della voce e dell’eloquio

b310 Funzioni della voce

b320 Funzioni dell’articolazione della voce

b330 Funzioni della fluidità e del ritmo dell’eloquio b340 Funzioni di vocalizzazione alternativa

b398 Funzioni della voce e dell’eloquio, altro specificato b399 Funzioni della voce e dell’eloquio, non specificato

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26 Capitolo 4 – Funzioni dei sistemi cardiovascolare, ematologico, immunologico e

dell’apparato respiratorio

Funzioni del sistema cardiovascolare (b410-b429)

b410 Funzioni del cuore

b415 Funzioni dei vasi sanguigni

b420 Funzioni della pressione sanguigna

b429 Funzioni del sistema cardiovascolare, altro specificato e non specificato

Funzioni dei sistemi ematologico e immunologico (b430-b439)

b430 Funzioni del sistema ematologico b435 Funzioni del sistema immunologico

b439 Funzioni dei sistemi ematologico e immunologico, altro specificato e non specificato

Funzioni dell’apparato respiratorio (b440-b449)

b440 Funzioni respiratorie

b445 Funzioni del muscolo respiratorio

b449 Funzioni dell’apparato respiratorio, altro specificato e non specificato

Ulteriori funzioni e sensazioni del sistema cardiovascolare e dell’apparato respiratorio (b450-b469)

b450 Ulteriori funzioni respiratorie

b455 Funzioni di tolleranza dell’esercizio fisico

b460 Sensazioni associate alle funzioni cardiovascolare e respiratoria

b469 Ulteriori funzioni e sensazioni del sistema cardiovascolare e dell’apparato respiratorio, altro specificato e non specificato

b498 Funzioni dei sistemi cardiovascolare, ematologico, immunologico e dell’apparato respiratorio, altro specificato

b499 Funzioni dei sistemi cardiovascolare, ematologico, immunologico e dell’apparato respiratorio, non specificato

Capitolo 5 – Funzioni dell’apparato digerente e dei sistemi metabolico ed endocrino

Funzioni correlate all’apparato digerente (b510-b539)

b510 Funzioni di ingestione b515 Funzioni di digestione b520 Funzioni di assimilazione b525 Funzioni di defecazione

b530 Funzioni di mantenimento del peso

b535 Sensazioni associate all’apparato digerente

b539 Funzioni correlate all’apparato digerente, altro specificato e non specificato

Funzioni correlate al metabolismo e al sistema endocrino (b540-b559)

b540 Funzioni metaboliche generali

b545 Funzioni del bilancio idrico, minerale ed elettrolitico b550 Funzioni di termoregolazione

b555 Funzioni delle ghiandole endocrine

b559 Funzioni correlate al metabolismo e al sistema endocrino, altro specificato e non specificato

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