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L'economia circolare e i cambiamenti del supply chain management

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA

DIPARTIMENTO DI ECONOMIA E MANAGEMENT

Corso di laurea magistrale in Strategia Management e Controllo

TESI DI LAUREA

L’economia circolare e i cambiamenti del Supply Chain

Management

Relatore Candidato

Prof. Riccardo Giannetti Mattia Cavallo

(2)
(3)

3

ABSTRACT

Nel presente lavoro di tesi si conduce un’analisi della letteratura riguardante l’impatto del paradigma di economia circolare sulla gestione della supply chain con l’obiettivo di osservare l’esistenza di un beneficio economico che deriva dall’adozione di modelli di business sostenibili sotto il profilo ambientale. Ciò in ragione del fatto che lo scenario attuale, caratterizzato dal fenomeno della scarsità delle risorse, pone i ricercatori e le aziende in una situazione per la quale si rende necessario ridefinire la supply chain. Ciò è possibile sfruttando in maniera ottimale le risorse disponibili mediante il riciclo, il riutilizzo e la rigenerazione dei prodotti finiti una volta che questi giungono al termine della propria vita utile.

L’elaborato si articola in tre capitoli, il primo dei quali affronta il tema della sostenibilità individuando l’economia circolare come una possibile soluzione alla scarsità delle risorse. Il secondo si focalizza invece sulla supply chain tradizionale trattandone i principali tratti caratteristici. Infine, nel terzo capitolo si conduce un’analisi dell’impatto dell’economia circolare sulla gestione della supply chain, definendo il concetto di closed loop supply chain management come soluzione efficace sotto il profilo non solo economico finanziario, ma anche ambientale.

La metodologia di ricerca utilizzata al fine della redazione del presente elaborato è di carattere deduttivo, basata sull’utilizzo di dati secondari provenienti dalla letteratura assunta come riferimento.

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4

SOMMARIO

Abstract Introduzione

1 LA QUESTIONE DELLA SOSTENIBILITÀ: CRITICITÀ E OPPORTUNITÀ 10

1.1 I TRE PROFILI DI OSSERVAZIONE DELLA SOSTENIBILITÀ 10

1.2 IL PROBLEMA E L’OPPORTUNITÀ DELLA SCARSITÀ DELLE RISORSE 13

1.2.1 I trend di crescita dei consumatori 13 1.2.2 L’aumento dei prezzi delle risorse 14 1.2.3 Lo spreco di risorse 15 1.2.4 Il valore degli scarti 16

1.3 LA CIRCULAR ECONOMY: UNA POSSIBILE SOLUZIONE ALLA SCARSITÀ DELLE RISORSE 18

1.3.1 Nascita del concetto di economia circolare 18 1.3.2 IL principio delle 3 R 19 1.3.3 Gli ulteriori tre principi dell’economia circolare 20 1.3.4 Gli obiettivi della circular economy 22 1.3.5 I modelli di business circolari 23 1.3.6 La share-economy 26

1.4 GLI IMPATTI POSITIVI DELLA CIRCULAR ECONOMY SULLA SOSTENIBILITÀ 28

1.4.1 I vantaggi della nuova supply-chain 28 1.4.2 I vantaggi sociali 29

1.5 GLI ASPETTI CHE NE RALLENTANO LA DIFFUSIONE 30

1.5.1 La necessità di capitale e il bisogno di investimenti 30 1.5.2 L’asincronia tra i cash-flow 31 1.5.3 Le politiche governative 32 1.5.4 I costi della logistica 33 1.5.5 La posizione dei consumatori 33

2 LA SUPPLY CHAIN 35

2.1 DEFINIZIONE 35

2.2 GLI IMPATTI DELLA SUPPLY CHAIN SUI VARI ASPETTI AZIENDALI 37

2.2.1 Impatti della supply chain sulle voci di bilancio 38 2.2.2 L’impatto della gestione della supply chain sul valore creato dall’azienda 40

2.3 LA MISURAZIONE DELLE PERFORMANCE DELLA SUPPLY CHAIN 42

2.3.1 Le debolezze del sistema di valutazione della supply chain 43 2.3.2 Linee guida per lo sviluppo delle Supply Chain 45 2.3.3 La supply chain da snella ed efficiente ad agile e flessibile 47

2.4 IL SUPPLY CHAIN MANAGEMENT 50

2.4.1 Origine e diffusione 50 2.4.2 Definizione di Supply Chain Management (ho accorpato i paragrafi come da indicazione) 52

(5)

5

2.4.3 Differenza tra logistica e supply chain management 57

2.5 IL RISCHIO NELLA SUPPLY CHAIN TRADIZIONALE 58

2.5.1 I fattori di rischio nella supply chain 60 2.5.2 Le scelte sui fornitori per gestire il rischio di approvvigionamento 61 2.5.3 Supply chain e rischio finanziario 62

3 LA RIORGANIZZAZIONE DELLA SUPPLY CHAIN IN SEGUITO ALLA DIFFUSIONE DELL’ECONOMIA

CIRCOLARE 64

3.1 L’IMPATTO DELLA CIRCULAR ECONOMY SULLA GESTIONE DELLA SUPPLY CHAIN 64

3.1.1 Cause alla base dell’implementazione del Closed Loop Supply Chain Management 65 3.1.2 Soggetti coinvolti 67 3.1.3 Gli oggetti del Closed Loop Supply Chain Management 68 3.1.4 Metodologia di implementazione 69

3.2 IL CLOSED LOOP SUPPLY CHAIN MANAGEMENT 71

3.2.1 Closed Loop Supply Chain Management a confronto con la catena di approvvigionamento

tradizionale 71

3.2.2 Caratteristiche del Closed Loop Supply Chain Management 73 3.2.3 La gestione dei flussi nel Closed Loop Supply Chain Management 77 3.2.4 Key Performance Indicators per il Closed Loop Supply Chain Management 81 3.2.5 Il Modello Supply Chain Operations-Reference per la misurazione della supply chain circolare 83

3.3 IL RUOLO CHIAVE DEL FENOMENO INDUSTRIA 4.0 PER LO SVILUPPO DELLA CLOSED LOOP SUPPLY CHAIN 86

3.3.1 L’integrazione tra i membri della supply chain grazie all’industria 4.0 86 3.3.2 I benefici dell’implementazione delle tecnologie sulla supply chain circolare 87

3.4 IL RISCHIO NELLA CLOSED LOOP SUPPLY CHAIN 93

4 CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE 98

(6)

6

INTRODUZIONE

La crescente attenzione al pianeta, ai cambiamenti climatici e alla scarsità delle risorse ha portato ad una maggiore consapevolezza ambientale, riflettendosi sulle imprese anche grazie alla nuova legislazione, che mira a regolamentare l’utilizzo delle risorse, ottimizzandolo, e a tenere sotto controllo le emissioni, guardano con sempre maggiore interesse a nuove soluzioni che permettano loro di raggiungere la sostenibilità nel lungo periodo.

Nel 2019 l’Earth Overshoot Day1, data che rappresenta il giorno in cui vengono consumate

totalmente le risorse che la terra rigenera in un anno, è stato raggiunto il 29 luglio. Quest’ultima arriva ogni anno in anticipo rispetto all’anno precedente da quando negli anni ’70 ha avuto inizio il sovrasfruttamento delle risorse2. Da tali considerazioni appare chiaro

che non solo l’economia ma l’intero pianeta verte in una situazione per la quale risulta necessario mettere in atto azioni che mirino ad invertire il trend.

Il ruolo delle aziende in un’economia maggiormente sostenibile, motivato in parte dalle sempre più stringenti normative internazionali3, ed in parte dalla possibilità di trarre un

beneficio economico finanziario4, viene analizzato nel presente elaborato in riferimento

1 Per approfondimenti si rimanda a: https://www.overshootday.org/ 2 https://www.overshootday.org/

3Confindustria (2018) Il ruolo dell’industria italiana nell’economia circolare

4 Ellen MacHartur fondations (2013) Towards a circular economy: economic and business rationale for an

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7

all’impatto che l’adozione di pratiche volte a minimizzare il consumo di risorse ha sulla gestione della supply chain.

Con le attuali pratiche di sfruttamento delle risorse, unite all’incremento demografico e dalla continua domanda di beni e servizi, si arriverà presto al punto di non ritorno e per questo diventa necessario porre rimedio ai continui “sprechi” e alla sottoutilizzazione di risorse naturali, prodotti e materiali5. Ad oggi lo sviluppo e il passaggio da un modello di

economia “lineare” ad un’economia di tipo “circolare” sembra la soluzione più efficace per riuscire in questo intento, insieme con la consapevolezza che le risorse non sono illimitate.

Il principio delle 3R rappresenta il pilastro portante del concetto di circular economy: Riusa, Rigenera e Ricicla. Grazie a questi tre punti il modello si sviluppa in un’ottica di reimpiego dei prodotti una volta che questi sono giunti al termine della propria vita utile, cercando comunque di allungarla il più possibile effettuando manutenzioni ed aggiornamenti dei prodotti, e riutilizzando le parti riciclabili come materi prime seconde per la produzione di altri beni.

L'economia circolare ha il potenziale per spianare la strada all'eliminazione di rifiuti ambientali nella produzione e nel recupero dei materiali usati nel flusso di materiali, incoraggiando l'uso di fonti di energia rinnovabile e nuovi metodi di produzione per raggiungere la sostenibilità6.

Sebbene l’economia circolare presenti numerosi vantaggi è ancora presente un enorme divario tra la sua teoria e il processo di attuazione. Molte aziende hanno iniziato ad

5 Boumpan E., Brambilla I.N., (2016) Cosa è l’economia circolare, Edizione ambiente, Milano

6Ciani, A., Gambardella, A. and Pociovalisteanu, D.M. (2016), Circular economy and sustainable rural

development. Theory and best practice: a challenge for Romania, Annals-Economy Series,

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8

implementare pratiche di circular economy e a sviluppare modelli di business circolari ma si trovano a dover affrontare diversi ostacoli. Inoltre, non tutti sono ben consapevoli delle potenziali opportunità che l’economia circolare presenta7.

Dunque, nonostante il suo sviluppo piuttosto recente e le criticità connesse, l’economia circolare presenta grandi potenzialità, soprattutto in riferimento al fatto che gli stakeholder danno un peso sempre maggiore alla sostenibilità ambientale, la quale si può trasformare in un importante driver per la creazione di valore. Per le aziende il passaggio alla circular economy rappresenta quindi una potenziale fonte di vantaggio competitivo non trascurabile.

Una buona e attenta gestione di processi come l’approvvigionamento delle materie prime utilizzate, consente una diminuzione dei rifiuti e delle emissioni che possono fare la differenza sia sul piano economico impattando positivamente sui costi, sia sotto il profilo dell’immagine che l’azienda da all’esterno.

In particolare, una gestione efficiente della supply chain, e l’espansione di quest’ultima anche a dopo la vendita del prodotto, inserendo nella supply chain la fase di gestione dei prodotti giunti a fine vita, può impattare molto positivamente sulla creazione di valore8.

Allo scopo di fornire un quadro chiaro delle opportunità e delle criticità discendenti dalla questione della sostenibilità ambientale si sviluppa nel corso dell’elaborato un’analisi basata sulla relazione presente fra supply chain management e circular economy,

7 Ellen MacHartur fondations (2013) Towards a circular economy: economic and business rationale for an

accelerated transition

8Raj Kumar N.R., Satheesh Kumar R.M. (2013), Closed Loop Supply Chain Management and Reverse

Logistics, International Journal of Engineering Research and Technology. ISSN 0974-3154 Volume 6, Number 4 (2013), pp.455- 468

(9)

9

prendendo in particolare considerazione il modello di closed loop supply chain management come soluzione potenziale al problema.

Il Closed loop supply chain management è una filosofia di gestione della supply chain che espande i confini del supply chain management tradizionale fino ad inglobare anche la gestione del fine vita dei prodotti e il recupero delle risorse in essi presenti attraverso le pratiche di logistica inversa9.

9 Guide, V. D. R., Jayaraman, V., & Linton, J. D. (2003). Building contingency planning for

close-loop supply chains with product recovery, Journal of Operations Management, 21,

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10

1 LA

QUESTIONE

DELLA

SOSTENIBILITÀ:

CRITICITÀ

E

OPPORTUNITÀ

1.1 I

TRE PROFILI DI OSSERVAZIONE DELLA SOSTENIBILITÀ

A partire dagli anni '70 la progressiva presa di coscienza delle problematiche ambientali ha dato origine a un ampio dibattito sul futuro del pianeta.

Tale dibattito ha coinvolto organizzazioni internazionali, movimenti di opinione, governi e studiosi approdando alla definizione del concetto di sviluppo sostenibile: "lo sviluppo che è

in grado di soddisfare i bisogni delle generazioni attuali senza compromettere la possibilità che le generazioni future riescano a soddisfare i propri"10 .

Poiché dallo studio condotto, al fine della redazione del rapporto di Broudtland, è emerso un eccessivo consumo di risorse, si è prospettato il problema che queste non siano più disponibili per le generazioni future. Dunque, lo sviluppo sostenibile coniuga le esigenze di crescita economica con quelle di sviluppo umano e sociale, di qualità della vita e di salvaguardia del pianeta secondo un’ottica di benessere di lungo periodo11.

10 Definizione ufficiale del concetto di sostenibilità pubblicata nel Rapporto Brundtland (1987)

11 Per approfondimento di veda il sito ufficiale del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare https://www.minambiente.it/pagina/le-tappe-fondamentali-dello-sviluppo-sostenibile

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11

Il concetto di sostenibilità così definito si compone di tre aspetti12 :

• Economico: ovvero mediante una gestione lungimirante delle risorse si mira ad ottenere una maggiore creazione di valore da parte delle aziende che inseriscono fra i propri obiettivi manageriali il perseguimento di un maggiore livello di efficienza e minori sprechi legati agli scarti.

• Sociale: ovvero garantire condizioni di benessere salute e sicurezza, lavoro e buone condizioni di lavoro, formazione e valorizzazione delle competenze, pari opportunità, tutela dei diritti umani e dei soggetti vulnerabili per tutti gli individui. • Ambientale: ovvero, mediante una gestione oculata delle risorse, l’utilizzo di fonti

energetiche pulite e rinnovabili e la lotta agli sprechi si mira a non compromettere l’ambiente e a garantirne la rigenerazione in modo da non compromettere la disponibilità di risorse per le generazioni future.

A partire dal 1987 si sono susseguite una serie di iniziative volte al perseguimento di una economia sostenibile in quanto i governi nazionali hanno disposto una serie di normative volte a ridurre l’impatto ambientale, e le aziende hanno iniziato a vedere la sostenibilità non solo come un obbligo, ma anche come un’opportunità per aumentare i propri profitti. I vantaggi derivanti da un approccio sostenibile alla produzione impattano positivamente sull’immagine che l’azienda ha agli occhi dei propri stakeholder, ma rappresentano anche una leva a disposizione del cost management per il quale una gestione efficiente dello scarto assume notevole importanza13.

12 Tematica approfondita durante lo svolgimento del corso “SISTEMI DI GESTIONE E AUDIT DELLA QUALITÀ”, tenuto dalla professoressa Angela Tarabella, durante l’anno accademico 2017/2018, presso il Dipartimento di economia e management dell’Università di Pisa.

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12

Nella prefazione di “Towards the Circular Economy”, il primo rapporto redatto dalla Ellen MacHartur Fondation, il CEO di Unilever Paul Polman scrive: “è evidente che un’economia che estrae risorse a tassi crescenti senza considerare l’ambiente in cui opera, e senza considerare i limiti del nostro pianeta, non può proseguire all’infinito” 14. Johan Rockström

individua delle “soglie” di nove processi-chiave legate alla capacità della Terra di autoregolarsi: cambiamento climatico, perdita di biodiversità, variazione del ciclo biogeochimico dell’azoto e del fosforo, acidificazione degli oceani, consumo di suolo e di acqua, riduzione della fascia di ozono nella stratosfera, diffusione di aerosol in atmosfera e inquinamento chimico15.

Già nel 2009, quando lo studio è stato pubblicato tre di questi confini risultavano oltrepassati (il livello di anidride carbonica immesso nell’atmosfera, livello di azoto troppo elevato, e una grave perdita della biodiversità), nel 2015 un altro studio pubblicano sulla rivista Science16 sottolinea come a causa della deforestazione anche il limite riguardante il

cambiamento del suolo fosse stato superato. Tutto questo dimostra che il modello lineare di produzione e consumo non può funzionare. Da qui nasce la necessità di trovare un nuovo sistema in grado di garantire la sostenibilità.

14Per approfondimenti si consulti la prefazione di Ellen MacHartur fondations (2013) Towards a circular economy: economic and business rationale for an accelerated transition.e Boumpan E., Brambilla I.N., (2016) Cosa è l’economia circolare, Edizione ambiente, Milano

15 Rockström J. et al.,(2009), A safe operating space for humanity, Naturevolume 461, pages472–475. 16 Steffen W., Richardson K., Rockström J., Cornell S.,Fetzer I., Bennett E.M., et al (2015), Planetary

boundaries: Guiding Human development on a changing planet, Science 13 Feb 2015:Vol. 347, Issue 6223,

(13)

13

1.2 I

L PROBLEMA E L

OPPORTUNITÀ DELLA SCARSITÀ DELLE

RISORSE

1.2.1

I trend di crescita dei consumatori

Secondo le stime riportate dal documento “Towards the Circular Economy”, elaborato nel 2013 dalla Ellen MacArthur Foundation, il modello di consumo lineare “take-make-dispose” non sarà a lungo sostenibile. Seguendo il trend di crescita demografica attuale, si è stimato che, entro il 2030 i consumatori della classe media arriveranno ad essere 4,9 miliardi (mentre nel 2009 erano solamente 1,9 miliardi) di cui il 90% proveniente dalla regione Asia-Pacifico. Questi nuovi consumatori investiranno la maggiore disponibilità finanziaria nell’acquisto di un maggior numero di beni. La domanda crescente di beni proveniente dalle economie emergenti potrebbe portare ad un conseguente aumento esponenziale dell’uso dei materiali.

È stato dimostrato anche che circa due terzi dei gas serra vengono prodotti dalle attività di estrazione delle materie prime e di produzione dei beni, ed il restante terzo è prodotto dalle attività di trasporto dei prodotti o dal loro utilizzo, dunque l’aumento delle temperature e il conseguente scioglimento dei ghiacciai e innalzamento del livello del mare può essere, almeno in parte, ricondotto all’attuale modello di economia lineare e alla crescita di domanda di nuovi prodotti da parte dei nuovi consumatori.17

(14)

14

1.2.2

L’aumento dei prezzi delle risorse

Dato il vincolo di risorse disponibili sul nostro pianeta, tutto ciò si tradurrebbe in un incremento del costo delle materie prime e quindi dei prezzi. Dai dati forniti dalla società di consulenza McKinsey18 emerge che l’indice dei prezzi di quattro principali commodities

(cibo, beni agricoli non alimentari, metalli ed energia) dopo un calo continuo durante tutto il Novecento, negli ultimi 15 anni è cresciuto esponenzialmente. In più esperti hanno stimato che i materiali preziosi che stanno alla base dell’industria, quali oro, argento, tungsteno, iridio, e altri, sono destinati ad esaurirsi in breve tempo, a meno di un cambiamento nelle loro modalità di utilizzo e di sfruttamento. Se si continua a mantenere il modello lineare di sfruttamento delle risorse si andrà in contro ad una sempre maggiore volatilità dei prezzi delle materie prime e delle risorse naturali.

Anche l’aumento del costo di estrazione delle materie prime inciderà considerevolmente sul business e sui costi dei prodotti19. Il tutto genera un clima di incertezza che potrebbe

scoraggiare le imprese ad investire. La combinazione di prezzi alti e volatilità elevata crea anche pressioni sulla redditività delle imprese, le quali, in un modello di economia come quello lineare si trovano a scegliere tra aumentare i prezzi, diminuire la qualità del prodotto o veder ridurre i propri profitti20.

18 McKinsey Global Institute, McKinsey sustainability &resource productivity practice, (2013), Resource

revolution: tracking global commodity markets

19 Iraldo F., Bruschi I. (2015) Economia circolare: principi guida e casi studio, Osservatorio sulla Green Economy, IEFE Bocconi, Milano

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15

1.2.3

Lo spreco di risorse

L’economia attuale genera grandi quantità di rifiuti, si stima che nell’UE, nel 2010, sono stati prodotti circa 2520 milioni di tonnellate di rifiuti di cui solamente il 36% è stato riciclato, mentre la parte restante è stata inviata in discarica o bruciata in termovalorizzatori. Il tutto causa spreco di risorse danni all’ambiente e alle persone21.

Infatti, i rifiuti influiscono sulla salute pubblica. Alcuni studi dimostrano una correlazione tra malattie respiratorie e l'inalazione di bioaerosol e sostanze organiche volatili presenti nell’atmosfera, ed anche il contatto con materiali pericolosi causa problemi dermatologici. Gli insetti presenti nelle discariche sono portatori di malattie, e mettono a rischio soprattutto gli esseri più deboli come i bambini. Con uno studio dell'Organizzazione Mondiale della Sanità nel 2007 è stato rilevato come questo tipo di ambiente è l'unico responsabile del 20% del carico totale di malattia22

Da questi dati risulta evidente come il modello di economie lineare non sia più sostenibile per lungo tempo, tuttavia, la situazione critica attuale, se ben sfruttata e gestita può, diventare una opportunità.

21 Kannan Govindan & Mia Hasanagic (2018) A systematic review on drivers, barriers, and practices towards circular economy: a supply chain perspective, International Journal of Production Research, 56:1-2, 278-311 22 Ilić, M., Nikolić M. (2016) Drivers for Development of Circular Economy – A Case Study of Serbia, Habitat International 56: 191–200

(16)

16

1.2.4

Il valore degli scarti

Riuscire a recuperare una porzione maggiore delle risorse termo-valorizzate, o inviate in discarica, oltre a diminuire i rischi per la salute pubblica porterebbe dei vantaggi a livello economico dato che in questa maniera, per esempio, l’unione europea diminuirebbe la propria dipendenza dall’importazione di materie prime. Inoltre, sebbene il riciclaggio dei materiali riduca il consumo di risorse, non è la soluzione più auspicabile, in quanto riduce la qualità delle materie, si deve quindi cercare un modo per aumentare sia la qualità delle risorse recuperate che l'efficienza di quelle che vengono introdotte nei processi produttivi.23

La relazione dell’AEA del 2016 stima che nell'UE circa il 6-12 per cento del consumo totale di materiali, compresi i combustibili fossili, è attualmente evitato attraverso le politiche di riciclaggio e la prevenzione dei rifiuti attraverso la progettazione ecocompatibile24, inoltre

l'attuazione degli approcci dell'economia circolare25 nella fabbricazione di beni durevoli

complessi con una durata di vita media è stimata in un risparmio netto sui costi dei materiali di 340-630 miliardi di dollari all'anno, circa il 12-23 per cento degli attuali costi dei materiali in questi settori26 e per beni di consumo come alimenti, bevande, tessuti e imballaggi si

23 Bartl, A. (2015) Withdrawal of the Circular Economy Package: A Wasted Opportunity or a New Challenge? Waste Management 44: 1–2.

24 Vikas Kumar, Ihsan Sezersan, Jose Arturo Garza-Reyes, Ernesto D.R.S. Gonzalez, Moh’d Anwer ALShboul, (2019) Circular economy in the manufacturing sector: benefits, opportunities and barriers, Management Decision, Vol. 57 Issue: 4, pp.1067-1086

25 Il concetto di economia circolare verrà illustrato nel paragrafo seguente

26 Ellen MacArthur Foundation (2012), Towards the Circular Economy: Economic and Business Rationale for

(17)

17

calcola un potenziale globale di 700 miliardi di dollari all'anno di risparmio di materiale, quindi all’incirca il 20% dei costi dei materiali in questi settori27.

Attraverso pratiche come il ripristino e la rigenerazione dei vecchi prodotti giunti alla fine della propria vita utile si può diminuire la fabbricazione di nuovi prodotti, e in questo modo, da un lato diminuisce il fabbisogno di materie prime dall’altra diminuiscono i prodotti che vengono raccolti in discarica. Tuttavia, queste pratiche, nella situazione attuale spesso non vengono svolte in quanto non sempre sono economicamente convenienti. Come dimostra uno studio fatto da B&Q, una società britannica che si occupa del miglioramento della casa, si è stimato che il 20% degli elettrodomestici dismessi potrebbe essere facilmente rigenerato, ma tenendo in considerazione il valore che può essere recuperato e gli attuali costi di trattamento, la rigenerazione della maggior parte degli elettrodomestici è economicamente conveniente per le aziende solo per i prodotti di fascia medio-alta28.

Dunque la circular economy sembra essere il modello di economia che è più orientata alla sostenibilità, con benefici dal lato economico, dati dal risparmio sulle materie prime, dal punto di vista ambientale con la diminuzione dei rifiuti e dal punto di vista sociale, in quanto si stima che con il passaggio all’economia circolare ci potranno creare nuove opportunità di lavoro, addirittura la Commissione europea stima che le attività di circular economy daranno luogo a 178.000 nuovi posti di lavoro diretti entro il 203029.

27 Ellen MacHartur Fonation (2013), Towards the Circular Economy: Opportunities for the Consumer Goods

Sector

28 Ellen MacArthur Foundation (2012), Towards the Circular Economy: Economic and Business Rationale for

an Accelerated Transition

(18)

18

1.3

L

A CIRCULAR ECONOMY

:

UNA POSSIBILE SOLUZIONE ALLA

SCARSITÀ DELLE RISORSE

1.3.1

Nascita del concetto di economia circolare

Sebbene l’economia circolare sia un concetto nuovo di sviluppo economico, le sue radici sono presenti già negli anni ‘60. Nel 1965, Kenneth Boulding ha suggerito che la terra è un sistema chiuso che può essere paragonato allo spazio e dunque per avere una rigenerazione costante delle risorse occorre un sistema ecologico ciclico.

L’obiettivo principale dell’economia circolare è garantire la sostenibilità senza però tralasciare lo sviluppo continuo dell'economia.30

Da ciò il concetto di economia sostenibile si è dunque evoluto negli ultimi anni in un modello economico, la circular economy. Tale modello ha assunto propri e definiti connotati quando la Ellen MacHartur Foudation ne ha dato una definizione che ad oggi è ancora considerata come la più efficace, definendola come: “rigenerativa per intenzione e design. Sostituisce il concetto di "end-of-life" con quello di ripristino, si sposta verso l'utilizzo di energia rinnovabile, riduce al minimo l'uso di sostanze chimiche tossiche che compromettono il riutilizzo e mira a limitare gli sprechi attraverso il design superiore dei materiali, prodotti, sistemi e, con essi dei modelli di business”31.

30 Vikas Kumar, Ihsan Sezersan, Jose Arturo Garza-Reyes, Ernesto D.R.S. Gonzalez, Moh’d Anwer ALShboul,2019) Circular economy in the manufacturing sector: benefits, opportunities and barriers, Management Decision, Vol. 57 Issue: 4, pp.1067-1086

31 Ellen MacArthur Foundation (2012), Towards the Circular Economy: Economic and Business Rationale for

an Accelerated Transition e Ellen MacArthur Foundation (2013), Towards the Circular Economy: Opportunities for the Consumer Goods Sector

(19)

19

1.3.2

IL principio delle 3 R

La letteratura individua le basi teoriche del nuovo modello di economia circolare nel cosiddetto principio delle 3 r32: riduzione, riutilizzo e riciclo.

Con il primo principio, la riduzione, ci si riferisce alla riduzione nell’utilizzo di materie, di energia e alla generazione di rifiuti, in altre parole si parla del miglioramento dell’eco-efficienza del prodotto. Un tale cambiamento, dal lato economico del prodotto genera una diminuzione dei costi di produzione, mentre dal lato ambientale diminuisce l’impatto che il prodotto ha. Per riuscire a migliorare l’eco-efficienza, dunque, si punta al miglioramento dell’efficienza produttiva e del consumo, al miglioramento delle tecnologie utilizzate e alla qualità delle materie utilizzate.

Il secondo principio, il riutilizzo, invece incentiva a continuare ad utilizzare quei prodotti che non sono ancora arrivati al termine della loro vita utile, e che quindi non sono ancora classificabili come rifiuti.33 In altre parole, questo secondo principio incentiva i consumatori

a non gettare i loro oggetti ancora funzionanti solo per passare ad un modello successivo, ma a cercare di cederli ad altre persone che li continuino ad utilizzare34, o cercare di

rigenerarli e migliorarli in modo da poter continuare ad utilizzarli.

Infine, il terzo principio, il riciclaggio, si riferisce al recupero di materie e risorse attraverso la rilavorazione dei rifiuti35. È importante sottolineare come, nonostante l’economia

32 Feng,Z.,Yan,N. (2007). Putting a circular economy into practice in China. Sustain. Sci. 2, 95e101.

33 Il concetto di rifiuto può essere trovato nel l’art. 183 del D.lgs. n.152/06 e ss.mm.ii. che definisce il rifiuto come: “qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi” 34 Con il termine riutilizzo si intende quando un prodotto continua ad essere utilizzato per lo scopo e con la funzione per cui è stato progettato.

35Ghisellini P., Cialani C., Ulgiati S. (2014) A review on circular economy: the expected transition to a balanced

(20)

20

circolare venga spesso identificata con il principio del riciclaggio, questo è solo uno dei principi su cui il modello della circular economy si basa, ed è addirittura la soluzione meno preferibile, e meno sostenibile in confronto agli altri principi, poiché comporta, ad ogni passaggio una perdita di qualità e di porzioni delle risorse36. Infatti, la “gerarchia dei rifiuti”

auspica in primo luogo la prevenzione dei rifiuti, in secondo luogo la preparazione degli oggetti al riutilizzo, e solo in terzo luogo il riciclaggio, che è comunque preferibile allo smaltimento in discarica e alla termovalorizzazione37.

A dimostrazione di questo, per esempio, il rapporto dell'Istituto Internazionale del Ferro e dell'Acciaio dei Paesi Bassi redatto nel 2015 evidenzia come i costi del ciclo di vita e i requisiti energetici per il riutilizzo sono inferiori a quelli per il riciclaggio. In particolare, mentre il riciclaggio riduce i costi del 10% e il consumo energetico del 50%, il riutilizzo riduce i costi di circa il 40% e l'energia di circa l'80%.38

1.3.3

Gli ulteriori tre principi dell’economia circolare

Oltre a questi tre principi individuati dalla letteratura, La Ellen MacArthur Foundation individua anche altri tre principi che possono essere considerati i mezzi che l’economia circolare ha per raggiungere il proprio intento39:

36 Stahel,W., (2013). The performance Economy, second ed. Palgrave- Mac-Millan, Londra

37 Il concetto di gerarchia dei rifiuti si ritrova nella Decisione 1386/2013/UEsu un programma generale di azione dell’Unione in materia di ambiente fino al 2020Vivere bene entro i limiti del nostro pianeta, al

considerando n. 17

38Nederland Circulair (2015), The Potential for High Value Reuse in a Circular Economy

39 Ellen MacHartur fondations (2013) Towards a circular economy: economic and business rationale for an

(21)

21

Principio 1: preservare e accrescere il capitale naturale, controllando gli stock limitati e

bilanciando il flusso delle risorse rinnovabili;

Principio 2: ottimizzare la resa delle risorse mediante la circolazione di prodotti, attraverso

per esempio la creazione di mercati per i prodotti usati, componenti e materiali, per esempio attraverso lo sviluppo di pratiche come la rigenerazione e il riutilizzo sia dei prodotti che delle materie prime contenute al loro interno.

Principio 3: incoraggiare l'efficacia del sistema rivelando ed eliminando le esternalità

negative.

In base al primo principio, nel momento in cui è necessario utilizzare delle risorse come input per processi produttivi occorre selezionare e preferire quei processi e quelle tecnologie che fanno uso di risorse rinnovabili e più efficienti.

Il secondo principio si rifà alla distinzione tra cicli biologici e tecnici40. I cicli biologici si

occupano della gestione di elementi biologici, e quindi quegli elementi che possono essere reintegrati nella biosfera. I cicli tecnici, invece, riguardano materiali non rinnovabili, inadatti al rientro nella biosfera. Il secondo principio prevede quindi la gestione separata dei due cicli: i nutrienti biologici, alla fine del ciclo devono essere reinseriti in maniera sicura nella biosfera, affinché possano nuovamente diventare materia prima per i cicli successivi, mentre i materiali tecnici vanno progettati per circolare il più possibile, non solo tramite il riciclo. Dunque, è necessario progettare prodotti non solo al fine di riciclarli, ma anche in vista di una possibile rigenerazione, o ristrutturazione.

40Per approfondimenti si veda: Mcdonought W., Braungarte M., (2002), Cradle to Cradle: Remaking the Way

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22

Il terzo principio infine pone l’accento sull’importanza di ridurre e di evitare le esternalità negative come l’inquinamento dell’aria e dell’acqua, e il rilascio di sostanze tossiche41.

1.3.4

Gli obiettivi della circular economy

Dai tre principi di base derivano alcuni fondamenti indispensabili per giungere alla realizzazione di un modello di economia circolare42:

La scomparsa del rifiuto: per massimizzare la circolazione di prodotti, delle componenti e dei materiali è indispensabile partire già in fase di progettazione, in modo tale che il prodotto possa essere pensato per essere recuperato, aggiornato senza particolari difficoltà e sprechi, minimizzando l’input di energia richiesto e massimizzando la conservazione del valore.

Costruire la resilienza attraverso la diversità: essendo la resilienza la capacità di un sistema di affrontare uno shock, nel sistema economico, la resilienza delle aziende si costruisce attraverso la flessibilità e la diversità. Un sistema di economia circolare per essere resiliente richiede modularità, versatilità e capacità di lavorare con molti input diversi. Per farlo diventano fondamentali anche le collaborazioni con aziende del proprio settore e di settori diversi.

Pensiero sistemico: questo modo di pensare è necessario per analizzare processi e prodotti, al fine di capire come all’interno di un insieme le diverse parti si influenzano

41 Boumpan E., Brambilla I.N.(2016) Cosa è l’economia circolare, Edizione ambiente, Milano

42 Ellen MacHartur fondations (2013) Towards a circular economy: economic and business rationale for an

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23

reciprocamente. Solo agendo in questo modo si ha la possibilità di analizzare e progettare sistemi non lineari, evolutivi e ricchi di feedback, e che permettano di dare la priorità all’efficacia dell’intero sistema e non alla sua efficienza, studiando l’impatto di ogni singola parte su tutto il sistema.

Azioni a cascata: nel modello di economia circolare gli scarti diventano input per un qualcosa di nuovo, trasferendo “a cascata” il valore da prodotti scartati a prodotti nuovi. A questo scopo sono fondamentali le intersezioni tra cicli e settori apparentemente distanti, in modo da poter sfruttare al massimo il potenziale fornito dalla materia rinnovabile.

1.3.5

I modelli di business circolari

Con l’affermarsi del concetto di economia circolare, si sono sviluppati anche nuovi modelli di business che hanno permesso alle aziende di poter seguire i principi alla base della circular economy.

I modelli di business circolari si reggono sul cambiamento del concetto di proprietà. Mentre nel paradigma lineare il consumatore acquistando un prodotto ne acquisisce la proprietà ed anche la responsabilità, nei circular business model spesso i produttori tendono a mantenere la proprietà dei propri prodotti e con essa anche la responsabilità di smaltirli nella maniera più appropriata una volta che sono giunti alla fine della loro vita utile. In questo modo, inoltre, viene semplificato il rientro in fabbrica dei prodotti al fine di poter recuperare più risorse possibili e riutilizzarli nei cicli produttivi successivi.

Molte aziende che guardando alla sostenibilità stanno cambiando il proprio modello di business, passando dalla vendita di prodotti alla vendita di servizi. Esempi possono essere

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ritrovati in diversi mercati. Per esempio la Philips, oltre ad essere riuscita a creare una rete che gli permette di rintracciare e riciclare il 40% delle vecchie lampadine a mercurio con un tasso di riciclabilità del 95% ha anche avviato il programma di vendita di prodotti di illuminazione come servizio che offre ai clienti il vantaggio di non dover affrontare un alto costo di acquisto iniziale e che li esime dalla responsabilità di smaltimento del prodotto una volta giunto alla fine della vita utile che rimane in capo all’azienda.43

Altro esempio di cambiamento del modo di fare impresa è la Xerox, famosa azienda produttrice di stampanti che negli ultimi anni permette di sottoscrivere abbonamenti legati al numero di stampe. L’azienda istalla gratuitamente le stampanti negli uffici in cambio di contratti per la vendita dei toner e per la manutenzione44.

Se esaminiamo un oggetto di uso comune presente in tutte le case, la lavatrice, è facile dimostrare come un modello di business di tipo circolare garantisce vantaggi a tutte le parti interessate: i produttori, i consumatori e l’ambiente. Sul mercato sono presenti lavatrici che hanno caratteristiche e qualità di componenti diverse tra di loro, e che sono caratterizzate da prezzi diversi, nonostante la quantità dei materiali usati e le caratteristiche esterne del prodotto siano molto simili tra tutti i modelli. Partendo dal presupposto che la vita utile di una lavatrice viene misurata in numero di cicli di lavaggio. Le macchine di fascia bassa in media funzionano per 2.000 cicli, mentre le lavatrici di fascia alta arrivano a 10.000. Prendendo come segmento di riferimento le famiglie, che in media effettuano circa 250 cicli all’anno e dato che il periodo di garanzia è di circa due anni, spesso i consumatori scelgono di risparmiare al momento dell’acquisto

43Iraldo F., Bruschi I. (2015) Economia circolare: principi guida e casi studio, Osservatorio sulla Green Economy, IEFE Bocconi, Milano

44 Linder M. et al (2015) Circular Business Model Innovation: Inherent Uncertainties, Wiley Online Library (wileyonlinelibrary.com) DOI: 10.1002/bse.1906, Göteborg, Sweden

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comprando una macchina di un livello più basso, e preferiscono sostituirla più spesso. Questo è un ragionamento comune tra i clienti, nonostante ci siano studi che dimostrano che l’acquisto di una lavatrice di fascia alta abbia un costo di lavaggio unitario più basso e soprattutto, grazie alla migliore qualità dei componenti, abbia anche costi molto inferiori in termini di emissioni ambientali, con un significativo risparmio di risorse consumate, energia utilizzata e Co2 prodotta. Se si prende come riferimento un periodo di utilizzo abbastanza lungo, come per esempio 20 anni, queste considerazioni sui risparmi valgono nonostante i miglioramenti in termini di efficienza e di software che vengo apportati nei modelli più nuovi anche dei prodotti di fascia più bassa. Partendo da queste premesse si potrebbero migliorare ancora di più questi risultati se le macchine fossero progettate in modo da poter inserire al loro interno periodicamente sensori più evoluti e software migliorati. Se venisse, per esempio, implementato un modello di business circolare in cui le lavatrici vengono offerte in leasing per brevi periodi di tempo, probabilmente i clienti sceglierebbero una macchina di qualità alta, dato che non dovrebbero sostenere i costi iniziali che spesso sono il motivo per cui i consumatori si orientano verso prodotti di qualità inferiore. Alla fine di ogni periodo di leasing le lavatrici rientrerebbero in azienda per essere sottoposte ad un update del software e alle sostituzioni dei sensori e di alcune componenti con quelli di ultima generazione, e infine riproposte per leasing successivi. Con un tale modello di business l’azienda sostenendo dei costi relativamente bassi potrebbe riproporre la stessa macchine sul mercato più volte, e questa sarebbe sempre all’avanguardia dal punto di vista tecnico. I costi per il leasing di un prodotto di fascia alta per il consumatore sarebbero compensati dal risparmio accumulato ad ogni ciclo di lavaggio. Un modello di

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26

business strutturato in questa maniera, dunque, porterebbe dei vantaggi, oltre che in termini economici anche in termini di materiali ed energia.45

1.3.6

La share-economy

Grazie alla digitalizzazione e al fatto che i consumatori sono sempre connessi ed hanno una grande quantità di informazioni in loro possesso si stanno sviluppando sempre più modelli di business che si basano sulla condivisione degli oggetti e dei servizi46.

Alcuni casi di modelli circolari di successo sono presenti nel settore automobilistico, come per esempio Enjoy o Car2go che offrono la possibilità ai loro utenti di noleggiare, tramite smartphone, dei veicoli sparsi in varie città per tempi brevi e parcheggiarli una volta arrivati a destinazione. Così facendo queste aziende eliminano quello che è lo spreco maggiore di risorse in questo settore cioè il tempo di inutilizzo dei veicoli. È facile notare, infatti, come le auto di proprietà trascorrano gran parte della loro vita parcheggiate, ciò nonostante vanno incontro al deterioramento e ad obsolescenza. Tramite il servizio offerto da queste aziende gran parte del tempo di inutilizzo dei veicoli viene eliminato dato che questi passano continuamente ed agevolmente da un utente all’altro, ed inoltre grazie al numero sempre maggiore di utilizzatori si riduce il numero di veicoli di proprietà in città con dei miglioramenti sull’inquinamento atmosferico e con una maggiore disponibilità di spazi per parcheggiare47.

45 Ellen MacArthur Foundation (2013), Towards the Circular Economy: Opportunities for the Consumer Goods

Sectore circular economy

46 Ellen MacHarthur Foundation (2016), Intelligent assets: unlocking the circular economy potential 47 Lacy P., Rutqvist J. (2015) waste to wealth: The Circular Economy Advantage, Palgrave Macmillan

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27

I modelli di business circolari sono in crescita ed anche le piattaforme on line in cui si possono prendere in prestito per periodi di tempo breve oggetti ed utensili comuni che vengono utilizzati sporadicamente e si ritiene non valga la pena acquistare sono in aumento. Queste piattaforme danno la possibilità a chi ha degli oggetti che non usa a tempo pieno di metterli a disposizione degli altri utenti in modo da generare dei flussi di denaro e poter recuperare in parte i costi sostenuti per acquistarli.

Nonostante i modelli di business di tipo circolare siano in rapida espansione non hanno ancora avuto la diffusione che ci si potrebbe aspettare guardando ai vari benefici che offrono a tutte le parti chiamate in causa: le aziende, i clienti, e l’ambiente.

(28)

28

1.4 G

LI IMPATTI POSITIVI DELLA CIRCULAR ECONOMY SULLA

SOSTENIBILITÀ

L'economia circolare dunque ha dei riflessi positivi su tutti e tre i fronti della sostenibilità. Una gestione corretta dei rifiuti e l’utilizzo di corrette pratiche di smaltimento e di recupero fa aumentare la produttività delle materie e diminuire gli sprechi, consente la protezione delle risorse naturali, dell'acqua, dell'energia e dei minerali, riduce la necessità di discariche e l’utilizzo di energia, e dunque, di conseguenza riduce il consumo di combustibili fossili e l'emissione di gas serra e sostanze tossiche.48

1.4.1

I vantaggi della nuova supply-chain

L’implementazione di una catena di approvvigionamento circolare trasforma quelli che fino ad oggi erano considerati scarti di produzione di alcuni processi produttivi e di alcune aziende, in sottoprodotti utili per essere utilizzati per alimentare altri processi produttivi. Dunque, una migliore organizzazione e una maggiore coscienza ambientale e delle imprese circostanti danno alle aziende la possibilità di rispettare i requisiti ambientali, diminuire la pressione sociale, oltre che risparmiare denaro e aumentare la loro redditività. Infatti, una gestione sostenibile della supply chain e della fine del ciclo di vita consente di ridurre i costi

48 Vikas Kumar, Ihsan Sezersan, Jose Arturo Garza-Reyes, Ernesto D.R.S. Gonzalez, Moh’d Anwer ALShboul (2019), Circular economy in the manufacturing sector: benefits, opportunities and barriers, Management Decision, Vol. 57 Issue: 4, pp.1067-1086

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e diminuire il rischio aziendale legato all’approvvigionamento e alla volatilità dei prezzi delle materie prime.49

1.4.2

I vantaggi sociali

Dal punto di vista della sostenibilità sociale, l’implementazione della circular economy, come già detto porta a miglioramenti per la salute pubblica e aumenta la consapevolezza ambientale in quanto rende le persone più consapevoli dei materiali pericolosi spingendoli verso la scelta di prodotti più ecologici e sicuri50, in più crea molte opportunità di lavoro

grazie alla necessità di investimenti in imprese di recupero. Infatti, un modello di economia circolare per potersi sviluppare ha un alto fabbisogno di manodopera da impiegare in attività come il riutilizzo, la rigenerazione e la riparazione; questi processi sono spesso meno automatizzati rispetto alla produzione e dunque richiedono un maggior impiego di personale molto qualificato.51

49 Geng, Y., J. Fu, J. Sarkis, and B. Xue. (2012) Towards a National Circular Economy Indicator System in China:

An Evaluation and Critical Analysis, Journal of Cleaner Production 23 (1): 216–224.

50 Vikas Kumar, Ihsan Sezersan, Jose Arturo Garza-Reyes, Ernesto D.R.S. Gonzalez, Moh’d Anwer ALShboul (2019), Circular economy in the manufacturing sector: benefits, opportunities and barriers, Management Decision, Vol. 57 Issue: 4, pp.1067-1086

51 van Loon, P., and L. N. Van Wassenhove (2017), Assessing the Economic and Environmental Impact of

Remanufacturing: A Deci- sion Support Tool for OEM Suppliers. International Journal of Production Research

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30

1.5 G

LI ASPETTI CHE NE RALLENTANO LA DIFFUSIONE

Sebbene il concetto di economia circolare esista da tempo non ha ancora avuto la diffusione che ci si potrebbe aspettare, visti anche i vantaggi che presenta. A differenza degli altri modelli di economia basati sulla sostenibilità e che si preoccupano in modo particolare della salvaguardia dell’ambiente, a volte a scapito anche della crescita economica, la circular economy considera lo sviluppo sostenibile sotto tutti e tre i profili: ambientale, sociale ed economico. Ci sono però degli aspetti critici che hanno rallentato, almeno parzialmente, il passaggio da un modello di economia lineare ad uno circolare. Nonostante gli studi sulle barriere manca ancora una letteratura ben strutturata sull’argomento che possa aiutare le imprese.52

1.5.1

La necessità di capitale e il bisogno di investimenti

La difficoltà maggiore sicuramente è legata al fatto che questo tipo di modelli di business richiedono un ammontare di capitale maggiore e che sono caratterizzati da livelli di incertezza più alti rispetto ai business model lineari. Già dal momento della progettazione, un prodotto circolare richiede più tempo e più risorse per essere progettato in quanto devono essere previsti dei modi e degli accorgimenti che rendano possibile e conveniente la manutenzione la rigenerazione e gli aggiornamenti o la modularità. Tutti questi aspetti inevitabilmente vanno ad incidere, nei costi di ricerca e sviluppo che l’azienda deve

52 Vikas Kumar, Ihsan Sezersan, Jose Arturo Garza-Reyes, Ernesto D.R.S. Gonzalez, Moh’d Anwer ALShboul, (2019) Circular economy in the manufacturing sector: benefits, opportunities and barriers, Management Decision, Vol. 57 Issue: 4, pp.1067-1086

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31

sostenere. Inoltre, sono richiesti anche degli investimenti in macchinari tecnologicamente più avanzati che rendano possibile il recupero delle risorse dai prodotti che son rientrati in fabbrica e che utilizzino forme di energia pulita riducendo al massimo le emissioni inquinanti.

In settori come quello manifatturiero, spesso, le aziende utilizzano dei macchinari vecchi e poco efficienti e quindi per il passaggio al modello di economia circolare diventa indispensabile dotarsi nuovi macchinari e nuove tecnologie, ma spesso le aziende non hanno la possibilità economica di sostenere questo tipo di investimenti. Per favorire lo sviluppo della circular economy è dunque necessario che lo stato intervenga concedendo sostegno finanziario e incentivi fiscali le imprese che intendono intraprendere questa strada.53

1.5.2

L’asincronia tra i cash-flow

Una maggiore disponibilità di capitale è necessaria anche per il finanziamento dei costi di produzione anticipati, e il rischio legato ad esso. In un programma di leasing, per esempio, il produttore deve affrontare un disallineamento maggiore tra i costi di produzione iniziali e i cash flow generati dai ricavi di vendita, il che fa aumentare il rischio finanziario legato all’azienda54.

53 Vikas Kumar, Ihsan Sezersan, Jose Arturo Garza-Reyes, Ernesto D.R.S. Gonzalez, Moh’d Anwer ALShboul, (2019) Circular economy in the manufacturing sector: benefits, opportunities and barriers, Management Decision, Vol. 57 Issue: 4, pp.1067-1086

54 Ellen MacArthur Foundation (2013), Towards the Circular Economy: Economic and Business Rationale for

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32

Infatti, se in un modello lineare i ricavi aziendali si concretizzano al momento della vendita del prodotto, in un modello di business circolare i ricavi sono molto più dilazionati nel tempo e si verificano durante tutta la durata dell’abbonamento.

La durata dell’abbonamento o del leasing è dunque, anche essa un elemento di incertezza poiché ogni azienda in base al tipo di prodotto o servizio che offre deve scegliere se è più conveniente offrire degli abbonamenti più brevi a quote più alte, o se invece è più conveniente puntare a quote più basse, ma a contratti di abbonamento più lunghi che legano il cliente all’azienda per più tempo per puntare ad una fidelizzazione maggiore. La scelta della strategia migliore da adottare deve tenere in considerazione il valore che rimane nei prodotti una volta giunti a fine vita. Puntando su abbonamenti troppo lunghi ci si potrebbe ritrovare nella situazione in cui giunti alla fine del contratto non è più economicamente conveniente ritirare il prodotto oppure il prodotto potrebbe non essere più attraente agli occhi dei consumatori, il che renderebbe inutile rigenerare il prodotto e reimmetterlo sul mercato. In questo modo non tutti i costi sostenuti in più per rendere il prodotto circolare vorrebbero coperti.55

1.5.3

Le politiche governative

Le politiche governative, nonostante i passi avanti degli ultimi anni, non stimolano il passaggio all’economia circolare. Il sistema normativo è assai frammentato, le posizioni dei vari governi e delle autorità locali non sono chiare riguardo all’attuazione di pratiche circolari. Di conseguenza, le imprese preferiscono le strategie esistenti, più semplici da applicare, piuttosto che assumersi dei rischi, limitando la diffusione della circular economy.

55Linder M. et al (2015) Circular Business Model Innovation: Inherent Uncertainties, Wiley Online Library (wileyonlinelibrary.com) DOI: 10.1002/bse.1906, Göteborg, Sweden

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33

Sarebbe dunque necessario e auspicabile l’omogeneizzazione delle varie leggi in tema di economia circolare.56

1.5.4

I costi della logistica

Il sostenimento di costi elevati per la realizzazione del sistema di logistica inversa è un altro elemento che caratterizza i nuovi modelli di business circolari e che quindi influenza l’affermarsi del paradigma della circular economy. In un mercato globale, come quello attuale, recuperare i prodotti giunti alla fine del ciclo di vita può essere molto costoso e potrebbe non essere conveniente dal punto di vista economico.57 Dunque la creazione di

un modello di logistica inversa efficiente è un punto cruciale nel passaggio all’economia circolare, se ben strutturato può essere un valore aggiunto per le aziende, al contrario se creato in maniera non idonea potrebbe portare le aziende solamente a sostenere dei costi che potrebbero essere inutili. Per esempio, la recuperabilità delle componenti elettroniche interne ai prodotti risente molto dell’umidità e quindi se i prodotti nelle fasi di stoccaggio e di gestione del rientro in azienda non vengono trattati in maniera appropriata diventano non più utilizzabili.58

1.5.5

La posizione dei consumatori

Altro aspetto che incide in maniera significativa sulla diffusione di modelli di business circolari è l’atteggiamento di consumatori, che spesso sono riluttanti all’acquisto di

56 Benton, D., Hazell, J. and Hill, J. (2015), The guide to the circular economy: capturing value and

managing material risk, Do Sustainability, Routledge, London, pp. 15-86

57Linder M. et al (2015) Circular Business Model Innovation: Inherent Uncertainties, Wiley Online Library (wileyonlinelibrary.com) DOI: 10.1002/bse.1906, Göteborg, Sweden

58 Ellen MacArthur Foundation (2012), Towards the Circular Economy: Economic and Business Rationale for

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34

prodotti rigenerati, o a rinunciare alla piena proprietà dei loro prodotti in favore di soluzioni alternative come per esempio il leasing.59 Le ricerche indicano come un gran numero di

persone ponga un’attenzione particolare all’aspetto esteriore del prodotto che stanno per acquistare, e questo porta i consumatori a preferire un prodotto nuovo e con un aspetto migliore rispetto ad uno ricondizionato che può presentare qualche segno di usura, pur essendone garantite le piene funzionalità. Inoltre, i consumatori che hanno deciso di utilizzare modalità di acquisto che prevedono la restituzione del prodotto alla fine del periodo di utilizzo, sono spesso riluttanti a sostituire i loro prodotti con dei nuovi e quindi tendono a prolungarne il possesso. Questo riduce la domanda di prodotti rigenerati e crea dei malfunzionamenti delle strategie circolari, che per poter funzionare in maniera appropriata hanno invece bisogno di un flusso regolare di materiali in modo che i vecchi prodotti e componenti possano essere utilizzati nelle operazioni di rigenerazione.60

Dunque, perché il modello di economia circolare possa svilupparsi è necessario che i governi si impegnino a sensibilizzare i consumatori guidandoli verso scelte più consapevoli e più sostenibili, aiutando le imprese a intraprendere strategie più circolari e incentivandole a investire in tecnologie migliori e nella creazione di catene di approvvigionamento che permettano di sfruttare al massimo i vantaggi offerti dalla circular economy.61

59 Kannan Govindan & Mia Hasanagic (2018) A systematic review on drivers, barriers, and practices towards

circular economy: a supply chain perspective, International Journal of Production Research, 56:1-2, 278-311

60 Park, J., Sarkis, J. and Wu, Z. (2010), Creating integrated business and environmental value within the

context of China’s circular economy and ecological modernization, Journal of Cleaner Production, Vol. 18 No.

15, pp. 1494-1501.

61 Kannan Govindan & Mia Hasanagic (2018) A systematic review on drivers, barriers, and practices towards

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35

2 LA

SUPPLY

CHAIN

2.1

DEFINIZIONE

Una supply chain è una rete di imprese e strutture coinvolte nel processo di trasformazione dalle materie prime in prodotto e nella distribuzione di tale prodotto ai clienti. In una catena di approvvigionamento, ci sono flussi fisici, finanziari e di informazioni tra le diverse aziende che la compongono. L'analisi della catena di approvvigionamento si concentra sull'uso delle informazioni e degli strumenti analitici per prendere decisioni migliori per quanto riguarda i flussi di materiale nella catena di approvvigionamento.62

Dunque, la supply chain può essere definita come l’insieme delle relazioni a monte e a valle, e quindi con i fornitori e i clienti, e la gestione della catena degli approvvigionamenti che permette di distribuire al cliente un valore superiore a un costo un costo inferiore.63

Tutte le supply chain sono strutturate su quattro livelli: fornitura, produzione, distribuzione e consumatori. Ciascun livello della catena può contenere numerose strutture e la complessità della supply chain è determinata dal numero di strutture presenti in ciascun livello.64

62 Aitken j., (1998), Supply chain integration within the context of a Supplier Association, Cranfield university. 63Gilvan C. Souza, (2014) Supply chain analytics, Kelley School of Business, Indiana University, Bloomington,

IN 47405, U.S.A.

64 Benita M. Beamon, Measuring supply chain performance, International Journal of Operations & Production Management, Vol. 19 No. 3, 1999, pp. 275-292, MCB University Press, 0144-3577

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36

Una logistica e una supply chain ben organizzate sono necessarie alle aziende per raggiungere un vantaggio competitivo. La base del vantaggio competitivo si trova nella capacità dell’azienda di distinguersi agli occhi del cliente e di offrire un qualcosa in più rispetto agli altri competitor presenti nel mercato. Dato che il raggiungimento di un vantaggio competitivo si basa sul raggiungimento di un vantaggio di costo o di valore, per la riuscita della supply chain è necessario che le aziende che ne fanno parte non si limitino semplicemente cercare di ridurre i loro costi spostandoli in capo a un’altra azienda fornitrice o cliente, perché in ogni caso quei costi andranno a incidere sul prezzo del prodotto finale, e quindi verranno sostenuti dal cliente, ma è necessario gestirli e ridurli globalmente a livello di supply chain. Dunque, è possibili affermare che ad oggi il piano competitivo ha assunto connotati differenti. La competizione non è più a livello aziendale, ma è sempre più una competizione a livello di supply chain.65

Il vantaggio competitivo si crea attraverso le attività che ciascuna azienda svolge. È necessario dunque esaminare tutte le attività che vengono svolte all’interno di ciascuna azienda al fine di individuare e migliorare quelle che creano valore ed eliminare o modificare quelle che non lo creano. Nel caso in cui vengono riscontrate della attività non a valore aggiunto, è opportuno prendere in considerazione la possibilità di esternalizzarle. Attraverso l’outsourcing la catena del valore viene estesa oltre i confini dell’azienda, in questo modo la supply chain si trasforma in value chain e tutte le aziende che fanno parte della supply chain concorrono alla creazione del vantaggio competitivo.66

65 Christopher, Martin (2005) Supply chain management: [creare valore con la logistica] Milano, Pearson education Italia

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37

Con l’affermarsi di sistemi produttivi come il flexible manufacturing systems e nuovi approcci come il just-in-time e il total quality management la logistica e la realizzazione di una buona supply chain sono diventati fondamentali per la riuscita e la sopravvivenza delle aziende. In questi modelli produttivi riuscire a creare una supply chain efficiente è indispensabile per garantire la sopravvivenza dell’azienda.

Una buona gestione della logistica ed una coordinazione dei flussi di materie e di informazioni sono indispensabili per riuscire a pianificare e a coordinare tutte le attività all’interno della singola azienda, ma anche a livello di supply chain e per riuscire ad offrire al cliente finale un prodotto migliore o un valore migliore. L’approvvigionamento e la gestione delle strategie di approvvigionamento giocano un ruolo sempre più fondamentale per la creazione di un vantaggio competitivo, infatti negli ultimi anni, durante lo sviluppo dei piani strategici aziendali, le politiche di approvvigionamento sono tenute sempre più in considerazione, e viste la scarsità delle risorse e i trend di aumento dei prezzi delle materie prime, stanno diventando una leva strategica molto importante67.

2.2

GLI IMPATTI DELLA SUPPLY CHAIN SUI VARI ASPETTI AZIENDALI

Per realizzare la soddisfazione del cliente da cui dipendono le vendite e di conseguenza la sopravvivenza aziendale, la logistica e la supply chain sono fondamentali. La realizzazione di una supply chain adeguata impiega risorse sotto forma di capitale fisso e di capitale circolante e di conseguenza può anche incidere sul finanziamento dell’azienda e sul rischio percepito all’esterno. La gestione della supply chain, dunque, impatta in maniera

67 Christopher, Martin (2005) Supply chain management: [creare valore con la logistica] Milano, Pearson education Italia

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38

significativa su vari aspetti della vita aziendale, particolarmente rilevanti sono gli impatti che la supply chain ha su alcune voci del bilancio patrimoniale, sulla redditività aziendale e sulla creazione di valore68.

2.2.1

Impatti della supply chain sulle voci di bilancio

Liquidità: la gestione della logistica e della supply chain impatta direttamente sulla nascita

dei crediti e sulla liquidità aziendale. un credito non sorge nel momento in cui un cliente effettua un ordine, ma solamene quando l’ordine è stato realizzato ed evaso. Attraverso la gestione della logistica, sia in entrata che in uscita, si è in grado di migliorare la coordinazione con i fornitori e i clienti e di conseguenza di diminuire i tempi di realizzazione dell’ordine e di emissione della fattura. Questa diminuzione si riflette sulla lunghezza del ciclo del capitale circolante che in questa maniera si accorcia69.

Rimanenze: sono forse la voce di bilancio che più è influenzata dalla logistica. In azienda

infatti abbiamo diversi tipi di giacenze - materie prime, semilavorati o prodotti finiti – che impiegano una parte importante del capitale investito.

Una buona organizzazione e collaborazione tra tutti gli elementi che fanno parte della supply chain permette alle aziende di diminuire le giacenze da tenere e dunque riduce la quantità di capitale immobilizzato.

68 Christopher Martin, (2005), Supply chain management: [creare valore con la logistica], Milano, Pearson education Italia

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Immobilizzazioni materiali: attraverso la gestione della supply chain e le collaborazioni con

gli altri elementi che la compongono le aziende possono essere in grado di diminuire la necessità di capitale immobilizzato. Per esempio, una diminuzione delle scorte, oltre ai benefici sul capitale circolante permette alle aziende di ridurre la necessità dei magazzini per lo stoccaggio delle giacenze. Inoltre, l’esternalizzazione di alcune fasi produttive, o di alcuni servizi, come per esempio le consegne, eliminano la necessità di investimenti in nuovi impianti o in veicoli e in questo modo l’azienda riesce a ridurre la porzione di capitale aziendale impiegato in immobilizzazioni materiali.

Debito e capitale netto: come analizzato in precedenza attraverso la gestione della logistica

e la gestione delle relazioni con gli altri elementi che fanno parte della supply chain le aziende sono in grado di diminuire la necessitò di capitale immobilizzato. Inoltre, negli ultimi anni è sempre crescente la tendenza al ricorso all’esternalizzazione di attività, trasformando in questo modo una attività fissa in una spesa continua. Questa scelta ha dei riflessi sulle possibilità di finanziamento delle aziende in quando in questa maniera si modifica il rapporto tra il debito e il capitale netto, detto rapporto di indebitamento. La variazione di questo indice porta ad una variazione degli interessi pagati sui capitali presi in prestito e ad una variazione del rischio aziendale percepito dagli stakeholder.70

70 Christopher Martin, (2005), Supply chain management: [creare valore con la logistica], Milano, Pearson education Italia

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40

2.2.2

L’impatto della gestione della supply chain sul

valore creato dall’azienda

La supply chain e la gestione della logistica influenzano anche gli elementi che creano valore per gli azionisti infatti portano vantaggi in termini di 71:

Aumento degli utili: una buona gestione della supply chain influenza i volumi di vendita e

le relazioni con i clienti. In particolare, riuscire ad offrire un servizio che sia affidabile e reattivo porta il cliente a fidelizzarsi e dunque, poiché clienti fidelizzati si traducono spesso in vendite maggiori di conseguenza un servizio affidabile si può tradurre in un aumento dei ricavi e degli utili.

Riduzione dei costi di gestione: la creazione e la gestione di una supply chain è la base per

il contenimento dei costi aziendali. Le decisioni tra esternalizzazione o realizzazione di attività internamente possono incidere anche significativamente sui costi aziendali. Non si parla solamente di decisioni su attività secondarie come il trasporto, l’immagazzinamento o attività di gestione degli ordini, ma anche di attività più rilevanti che vanno a influenzare tutto l’iter totale di formazione dei costi aziendali.

Efficacia del capitale fisso: negli ultimi anni è aumentata la tendenza a ricorrere alla

logistica dei terzi. Servizi come trasporto, immagazzinamento ecc. vengono affidate a società esterne in modo da ridurre le immobilizzazioni di capitale in attività fisse. La realizzazione di reti di distribuzione e la realizzazione di supply chain sempre più complesse e con una maggiore integrazione tra le aziende che ne fanno parte è dovuto al fatto che ci

71Per approfondire si veda: Srivastava R. et al., Market-based Assets and Shareholder Value: A Framework for

Analysis, Journal of marketing, Volume 62, N.1, gennaio 1998, pp.2-18 e Christopher Martin, (2005), Supply chain management: [creare valore con la logistica], Milano, Pearson education Italia

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41

si è resi conto che spesso il costo effettivo del finanziamento dell’investimento per la realizzazione di questi servizi internamente è maggiore del ritorno dei capitali investiti ed è dunque più conveniente fare ricorso all’esterno.

Efficacia del capitale di esercizio: la durata dei cicli "cash-to-cash", ossia il tempo trascorso

dall'approvvigionamento dei materiali fino alla vendita del prodotto finito, in molte aziende va oltre i sei mesi, questo richiede grandi quantità di capitali immobilizzati. Dunque, focalizzandosi sull’eliminazione di attività che richiedono tempo ma che non aggiunge valore nella supply chain, si può ottenere una drastica riduzione della durata dei cicli di utilizzo del capitale netto.

Una buona gestione della supply chain e della logistica permette di migliorare anche la redditività aziendale, in particolare se si esamina la formazione del ROI aziendale si nota come questo indicatore sia dato dal prodotto tra il margine che si ottiene sulle vendite e il turnover del capitale investito.

Assumendo di considerare il ROI come dato dal rapporto fra il risultato netto72 e il capitale

investito in azienda, è possibile incrementare il ritorno sugli investimenti non solo mediante la realizzazione di margini più ampi, quindi attraverso l’incremento del risultato operativo, ma anche prendendo come riferimento la produttività del capitale. Si può ottenere un incremento di quest’ultima attraverso la supply chain incrementando il turnover del capitale investito73.

72 In linea con l’autore del testo Christopher Martin, (2005), Supply chain management: [creare valore con la

logistica], Milano, Pearson education Italia si assume un’accezione di ROI ampia.

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