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L'attaccamento perinatale in relazione al parto naturale e al parto medicalizzato

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Academic year: 2021

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Dipartimento di patologia chirurgica, medica, molecolare e dell’area critica

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN PSICOLOGIA CLINICA

Tesi di Laurea

L'attaccamento perinatale

in relazione

al parto naturale e al parto medicalizzato

Relatore: Candidato: Dott. Martina Smorti Floriana Craus

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Si può rappresentare una storia che non si conosce?

Per quanto possa sembrare impossibile, è una cosa che capita di continuo, e rimane spesso messa in atto non cosciente, che non risolve nulla. Affinché questa storia possa essere compresa ed elaborata, ci occorre lo strumento adatto. La nostra storia possiamo scoprirla poco a poco, vivendo i nostri sentimenti e bisogni, a patto di poterli accettare, rispettare e considerare legittimi.

Alice Miller (Il dramma del bambino dotato e la ricerca del vero sé)

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ABSTRACT

Questo lavoro vuole essere un approfondimento rispetto alle variabili coinvolte nella scelta del parto suddiviso in: spontaneo, spontaneo con analgesia e cesareo di un campione di donne reclutate in ambiente sanitario Pisano.

Molti studi hanno posto il loro interesse su come l'ansia e la paura del parto si associno maggiormente alla scelta materna di effettuare un parto cesareo e come il parto cesareo si associ a più difficili relazioni madre bambino (e a un legame di attaccamento peggiore) nel periodo post-natale; come invece l'attaccamento pre-natale possa incidere sulle scelte del parto è una tematica poco discussa e trattata.

L'obiettivo principale di questo lavoro è quello di considerare il ruolo che l'attaccamento prenatale riveste sulla scelta del parto e sul benessere della diade madre-bambino. Il background psicoaffettivo della donna e della diade risulta fondamentale per poter tener conto e poter comprendere e analizzare tutti gli aspetti concorrenti nella scelta del parto. Un altro punto di interesse di questo lavoro è quello di valutare in che modo l'ansia prenatale relativa alla gravidanza e al parto influenza la preferenza materna del parto; infine mettere a confronto la preferenza materna del parto con il parto previsto (approfondendo le relative motivazioni) al fine di valutare possibili difformità che possano chiarire e illustrare le motivazioni per cui i parti cesarei sono così diffusi.

Per rispondere alle domande di ricerca è stato selezionato un campione di donne incinta all’ultimo trimestre di gravidanza ed è stato loro richiesto di compilare un questionario self-report volto a misurare l'attaccamento prenatale, l'ansia relativa alla gravidanza e al parto, la preferenza del parto e il parto previsto.

I risultati hanno mostrato che esiste una discrepanza tra la preferenza materna del parto e il parto previsto, che l’ansia relativa al parto incide sulla modalità di parto preferita dalle donne e che l'attaccamento prenatale è una variabile indipendente rispetto al parto indicato come preferito dalle donne.

I risultati indicano che, le donne che preferiscono il parto spontaneo con analgesia riportano livelli più elevati di ansia relativa al parto sia rispetto a coloro che preferiscono il parto naturale ,sia rispetto a quelle che preferiscono il parto cesareo. Questo studio suggerisce come le donne che arrivano a scegliere un parto spontaneo o cesareo adoperano una scelta consapevole e attenta ai loro bisogni, mentre le donne che scelgono il parto spontaneo con analgesia potrebbero temere il parto nelle sue

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caratteristiche naturali e medicalizzate.

PAROLE CHIAVE: Gravidanza, Parto, Cesareo d’elezione, Benessere materno ed infantile, Ansia, Attaccamento.

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INDICE

INTRODUZIONE

1. PARTO NATURALE E PARTO MEDICALIZZATO 2.2 Parto vaginale e fisiologico

1.1.1 Rischi del parto vaginale per la madre e per il bambino 1.1.2 Benefici del parto vaginale per madre e bambino

3.2 Quando il parto vaginale non è possibile:il parto cesareo 1.2.1 Rischi per la madre e il bambino nel parto cesareo

1.2.2 Benefici per la madre e il bambino nel parto cesareo

3.3 Relazione madre-bambino nel parto cesareo e nel parto vaginale 3.4 Parto cesareo: fattori culturali

3.5 La scelta del parto cesareo: lo specifico contesto italiano 3.6 Ruolo del medico e del personale sanitario

2. ASPETTI PSICOLOGICI E RELAZIONALI NELLA GRAVIDANZA E NEL PARTO

2.1 Ansia in gravidanza ed effetti sul parto 1. Paura del parto o deficit di relazione?

2. Attaccamento perinatale e la relazione precoce con il bambino 3. Attaccamento perinatale in gravidanza

4. Attaccamento perinatale e parto

3. STUDIO SPERIMENTALE 3.5 Obiettivi 3.6 Metodo 3.2.1 Partecipanti 3.2.2 Strumenti 3.2.3 Procedura

3.7 Analisi dei dati 3.8 Risultati

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3.4.2 Parto previsto e preferenza del parto 3.9 Discussione

APPENDICE - Questionario per la raccolta dei dati BIBLIOGRAFIA

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INTRODUZIONE

Se domattina andassimo da un chirurgo chiedendogli una appendicectomia su appendice sana solo perché quel peduncolo non ci piace, non ci serve o ne abbiamo una fobia immotivata questi cosa ci risponderebbe?

Probabilmente ci indirizzerebbe a un consulto psichiatrico.

Perché allora quando si richiede un intervento chirurgico su gravidanza fisiologica, per recidere un organo sano ed estrarne un feto, altrettanto sano, nonostante le linee guida lo sconsiglino, non c’è altrettanto sgomento da parte del personale sanitario e la medesima indicazione a una consulenza di approfondimento?

Quanto conta il principio di autodeterminazione in un paese in cui la sanità pianifica in maniera massiva e direttiva gli interventi sanitari?

Anzi, assistiamo sempre più frequentemente a cesarei pianificati in serenità con il proprio medico di fiducia, per far sì che ‘i conti tornino’, che le giornate possano essere organizzate così come le strutture di accoglienza e spesso anche l’aspetto economico. E’ altresì incontrovertibile il massivo ricorso a questa pratica anche su indicazione, in una percentuale che incomprensibilmente nei paesi sviluppati supera anche dell’80% le indicazioni dell’OMS e le linee guida relative.

Cosa accade allora in queste donne?

E’ possibile che ci siano paesi in cui geneticamente si è più soggette a una gravidanza patologica? E i cesarei senza indicazioni perché vengono eseguiti di routine nonostante le evidenze scientifiche?

Per anni la donna è stata da un lato depotenziata e deresponsabilizzata nella sua capacità di autodeterminarsi in relazione al proprio corpo e dell’altro lato è stata essa stessa oggetto di attribuzione di responsabilità nell’analisi decisionale del parto senza tener conto delle implicazioni relazionali con il sistema sanitario: rappresentazioni e aspettative investono anche e soprattutto le figure di riferimento su cui negli anni si è sempre maggiormente riposta fiducia delegante e assoluta e non si può non tener conto di questo aspetto quando si analizzano le implicazioni determinanti l’esito di un parto. E’ importante tener conto del background psicoaffettivo della donna e della diade per analizzare tutti gli aspetti concorrenti (attaccamento pre e postnatale, soddisfazione di coppia, supporto percepito, autoefficacia, rappresentazioni e aspettative), ma è importante leggerle in un’ottica sistemica in cui le aziende sanitarie e il personale di riferimento sono attori protagonisti determinanti.

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Questo lavoro si propone di indagare il rapporto fra le scelte materne e quelle sanitarie e di approfondire gli aspetti psicoaffettivi implicati nella scelta del parto, con particolare attenzione all’attaccamento perinatale e all’ansia relativa al parto.

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 PARTO NATURALE E PARTO MEDICALIZZATO

L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) individua fra i suoi obiettivi primari il miglioramento della qualità della vita materno-infantile e questa, insieme alla riduzione della mortalità infantile, è fra i primi degli otto Obiettivi del Millennio delle Nazioni Unite (Millenium Development Goals, MDG). L'obiettivo di migliorare la qualità della vita materno-infantile è da tempo stata uno degli obiettivi dell' OMS, tanto che nel 1985, nel trattato “Tecnologia appropriata alla nascita” si osservano questi punti:

- Per il benessere psicologico della neo-madre deve essere assicurata la presenza di una persona di sua scelta, familiare o non, e poter ricevere visite nel periodo postnatale.

- A tutte le donne che partoriscono in una struttura deve venir garantito il rispetto dei loro valori e della loro cultura.

- L’induzione del travaglio deve essere riservata solo per specifiche indicazioni mediche ed in nessuna regione geografica si dovrebbe avere un tasso superiore al 10%.

- Non c’è nessuna giustificazione in nessuna regione geografica per avere più del 10-15% di cesarei.

- Non c’è nessuna prova che dopo un precedente cesareo sia richiesto un ulteriore cesareo per la gravidanza successiva.

Parti vaginali, dopo cesareo, dovrebbero venire incoraggiati.

- Non c’è nessuna indicazione per la rasatura del pube e per il clistere prima del parto.

- La rottura artificiale delle membrane, fatta di routine, non ha nessuna giustificazione scientifica, e se richiesta, si raccomanda solo in uno stadio avanzato del travaglio.

- Durante il travaglio si dovrebbe evitare la somministrazione routinaria di farmaci se non per casi specifici.

- Il monitoraggio elettronico totale, fatto di routine, deve essere eseguito solo in situazioni mediche particolarmente selezionate e nel travaglio indotto.

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travaglio e il parto. Si deve incoraggiare la donna a camminare durante il travaglio e a scegliere liberamente la posizione per lei più adatta al parto.

- L’uso sistematico dell’episiotomia non è giustificato.

- Il neonato in salute deve restare con la madre ogni volta che le condizioni dei due lo permettano.

- Nessun processo di osservazione della salute del neonato giustifica la separazione dalla madre.

- Si deve promuovere immediatamente l’inizio dell’allattamento persino prima che sia lasciata la sala parto.

- L’allattamento costituisce l’alimentazione normale ed ideale del neonato e dà allo sviluppo del bambino basi biologiche ed effetti impareggiabili.

- In gravidanza si raccomanda un’educazione sistematica sull’allattamento al seno poiché attraverso un’educazione ed un sostegno adeguato tutte le donne sono in grado di allattare il loro bambino al seno.

Si deve incoraggiare la madre a tenere il bambino vicino a sé e offrirgli il seno ogni volta che il bimbo lo richiede.

Si raccomanda di prolungare il più possibile l’allattamento al seno e di evitare il complemento di aggiunte.

Una madre in buona salute non ha bisogno di alcun complemento fino a 4-6 mesi di vita del bambino. Diversi studi riportano che quasi il 90% desidera un parto naturale e circa l'80% lo sceglierebbe anche dopo cesareo.

Più recentemente nel 2005 nasce una Partnership per la Salute Materna, Neonatale e Infantile (PMNCH) che riunisce più di 280 organizzazioni in tutto il mondo che lavorano insieme per il raggiungimento di questi obiettivi.

Se l’accesso al taglio cesareo, dopo le risorse primarie, è un privilegio inaccessibile agli strati più poveri della popolazione sfiorando solo l’1% del totale in alcuni paesi in via di sviluppo e non arrivando allo 0,5% fuori delle città, condizione che si aggrava in donne che non hanno un titolo di studio, in altri paesi, in particolare quelli industrializzati, si sfiorano percentuali pari al 90-95%, che a loro volta indicano un utilizzo di questa pratica inappropriato (ISTAT, 2006).

Promossa dalla Partnership per la Salute Materna, Neonatale e Infantile (PMNCH) e dall’Osservatorio Nazionale sulla salute della Donna (O.N.Da), è stata approvata dal Senato italiano nel 2009 una mozione su un adeguato ricorso al taglio cesareo nel nostro Paese per promuoverne l'appropriatezza, adeguarsi alle linee guida, rimuovere le

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barriere di accesso all’assistenza per il percorso nascita, promuovere l'introduzione di strumenti di feedback su taratura regionale e iniziative legislative per limitare il fenomeno del condizionamento dei medici, dovuto ai rischi penali connessi allo svolgimento del proprio lavoro.

L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), il Ministero della Salute e Imagine Onlus hanno promosso la mostra Art For Health (A4H), un evento artistico del 2006 il cui scopo era quello di sensibilizzare il maggior numero di persone sulla salute come diritto per tutti. L'intento era quello di condurre con rinnovata efficienza campagne di advocacy nel settore della salute riproduttiva per generare, anche al di fuori della comunità scientifica e medica, le risorse necessarie al miglioramento della salute delle donne e dei bambini nel mondo. Il progetto A4H cerca di coinvolgere personalità che possano agire come portavoce per i problemi connessi alla salute riproduttiva. All’artista Elisabetta Farina è stata commissionata una mostra il cui ricavato dell’asta, pari a 34.400 euro, è stato interamente devoluto ad un progetto di clinica mobile per migliorare le condizioni sanitarie delle popolazioni disagiate della regione della Mosquitia in Honduras, con particolare attenzione alle donne in gravidanza ed ai bambini.

Le opere dell'autrice rappresentano donne di diverse origini etniche, geografiche e sociali, che lottano insieme per affrontare positivamente le circostanze avverse della vita. L'intento dell’artista è quello di coinvolgere chiunque le osservi a guardarle, come persone libere, coraggiose e in grado di lottare per migliorare le proprie condizioni. L'artista promuove nelle sue tele la necessità di migliorare la salute riproduttiva e sessuale delle donne nel mondo.

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1.2 Parto vaginale e fisiologico

La nascita di un bambino è un evento straordinario nella vita di una donna, che incide profondamente nella sua vita concreta, emotiva, relazionale. Il periodo della gravidanza è il momento in cui la donna e il suo partner iniziano a fantasticare sulla nascita del piccolo ponendosi domande e iniziando a relazionarsi fantasticamente con il loro ruolo materno e paterno nonchè con il bambino ideale e fantastico che anima la loro mente. Si può parlare di un tempo psicologico di gestazione che è in relazione con le fantasie di una donna e di un uomo; questi ‘giocano’ a pensare insieme un figlio, a pensarlo in coppia, come prodotto della coppia. Non è ancora il bambino reale, è un bambino immaginato, fantasticato dal futuro padre e dalla futura madre. Le fantasie che si attivano li riportano a rivisitare la loro infanzia, i loro desideri di bambini (Kaes E., Faimberg H., Enriquez M., Baranes J.J., 1995).

Il travaglio e il parto sono momenti che segnano il passaggio tra la gravidanza con le sue fantasie e il post parto che è caratterizzato dall'incontro con il bambino reale e dall'assunzione del ruolo genitoriale.

Parto e travaglio possono essere per una donna esperienze dolorose e traumatiche. Il parto segna il processo di separazione di un altro individuo da sé; spesso questa esperienza, che verrà ricordata per tutta la vita dalla donna, è accompagnata dal dolore che ha una funzione protettiva, di marcare la differenziazione tra madre e bambino in quanto apertura alla nuova esperienza dell'incontro tra i due.

A livello personale l'esperienza del dolore, con la modalità con cui è vissuto, rappresenta un evento da integrare nella propria maturazione: la donna attraversa infatti uno sconvolgimento del proprio confine corporeo e sperimenta il senso del proprio limite.

Subito dopo la nascita è importante mettere i neonati in contatto pelle a pelle con la madre immediatamente dopo la nascita per almeno un’ora e incoraggiare le madri a comprendere quando il neonato è pronto per poppare, offrendo aiuto se necessario.

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mamma e bambino, finora limitata ai pensieri, alle emozioni e alla pancia che cresce (Yuksel B, et al., 2016). Il bambino, subito dopo la nascita, attraverso i cinque sensi, riconosce la mamma, percepisce il suo odore, la sua pelle e i suoi suoni (voce, cuore, intestino); il suo respiro si regolarizza, il suo corpo si riscalda, smette di piangere e inizia a scalare il ventre della mamma alla ricerca del seno (breast crawl), affidandosi al suo istinto; dopo un periodo di tempo che varia da bambino a bambino, il neonato si attacca spontaneamente al seno materno per la prima poppata. Per tutto questo periodo (cioè i primi 60-90 minuti dopo la nascita) il neonato si trova in uno stato di veglia tranquilla che gli permette di conoscere il nuovo mondo nel quale è arrivato. Questa condizione del tutto unica, nelle due ore successive al parto è chiamata “periodo sensibile”, che favorisce la creazione e il consolidamento del legame tra i genitori e il loro bambino (bonding).

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1.1.1 Rischi del parto vaginale per la madre e per il bambino

Nel parto vaginale, il travaglio non è privo di rischi. Approssimativamente il 10% delle donne che pianificano e raggiungono un parto vaginale fanno esperienza di qualche tipo di complicazione (Kimberly D, et coll 2011). Il parto vaginale contribuisce nella donna a rischi di disfunzione della parete pelvica, urinaria e fecale, è associato a rischi di lacerazioni di terzo o quarto grado. Il rischio di incontinenza urinaria è inquadrato intorno al terzo-sesto mese dopo il parto. Non è chiaro però se questo andamento persiste a lungo termine o se si estende in concomitanza con altri fattori quali l'età, l'obesità ecc...

I rischi neonatali ascrivibili al parto vaginale includono trauma alla nascita, distocia di spalla, asfissia causata da un ritardo nella nascita o più comunemente traumi causati da manipolazioni del feto, lesioni al plesso brachiale, al nervo frenico o fratture della clavicola o dell'omero.

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1.1.2 Benefici del parto vaginale per la madre e per il bambino

Durante un parto per via vaginale il bambino subisce una pressione e una privazione di ossigeno a intervalli regolari dovuta alla compressione della placenta e del cordone ombelicale da parte dell’utero.

In questa fase produrrà gli ormoni dello stress, in proporzioni tali che l’essere umano non eguaglierà più nelle fasi della crescita, ma come nell’adulto, la loro funzione è quella di un efficace sistema di protezione nelle situazioni di pericolo, fisico o psicologico che sia.

Questi ormoni, i cui valori torneranno normali 30 minuti circa dopo il parto, intervengono a contrastare una probabile asfissia, deviando il flusso sanguigno verso il cuore, il cervello, i surreni e la placenta, e sottraendolo agli organi che al momento non svolgono funzioni vitali.

Aumenta così la pressione sanguigna rallentando la frequenza cardiaca e il fabbisogno di ossigeno al cuore.

La produzione di catecolammine mette il bambino in condizione di respirare autonomamente favorendo l’assorbimento del liquido polmonare e una deformabilità elastica del polmone che manca ai nati per via chirurgica.

Inoltre si riscontra l’acceleramento dei processi metabolici affinché il nascituro possa sopperire ad un eventuale digiuno: l’energia delle sostanze nutritive, grazie al grasso bruno concentrate sotto la pelle delle spalle e vicino ai reni, si trasformerà rapidamente in calore. Questo tipo di parto quindi permette un naturale adattamento del bambino all'ambiente esterno relativamente alla respirazione e al sistema immunitario.

I benefici includono inoltre un tempo di ricovero minore per madre e bambino, l'allattamento al seno è agevolato e incrementato da un parto vaginale (Kimberly D, et coll 2011).

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1. Quando il parto vaginale non è possibile: il parto cesareo

Alcuni decenni fa si effettuava un taglio cesareo (sectio caesarea) solo in presenza di fattori di rischio quali posizione podalica, orizzontale o trasversale del bambino, parto multiplo, placenta previa, diabete o ipertensione della madre. Oggi invece il parto cesareo è un’alternativa molto diffusa.

Nell'antichità il rischio di mortalità delle donne durante il travaglio di parto era molto alto. In queste occasioni, al fine di donare sepoltura separata a madre e bambino, si ricorreva alla rimozione chirurgica del feto dal corpo materno.

Questa pratica mostrò sempre più frequentemente la possibilità di sopravvivenza del feto e se inizialmente la mortalità del futuro nascituro era molto alta via via col perfezionamento della tecnica questa si è rivelata uno strumento medico prezioso. Da qui in avanti ha preso sempre più piede la pratica del cesareo che si è sempre più specializzata.

Negli anni, l'esigenza medica è stata affiancata da fattori sociali e legali che hanno visto aumentare esponenzialmente i tagli cesarei su richiesta delle pazienti che già nel 2004 rappresentavano il 4-18% di tutti i cesarei ed il 14-22% di quelli programmati. In Italia i cesarei sono circa il 37% del totale con punte davvero preoccupanti del 60, 70% in alcune realtà del Sud, come Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia e Calabria (ISTAT, 2006) e il cui 20% circa sono programmati.

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1.2.1 Rischi del parto cesareo per la madre e per il bambino

Diversi studi suggeriscono che le complicazioni alla nascita sia per la madre che per il bambino non sono rare anche nel parto cesareo. Queste possono essere minori o severe e avere implicazioni a breve o a lungo termine.

Se quindi in alcuni casi il taglio cesareo non raggiunge il suo scopo primario, quello di salvare vite in caso di parti a rischio e patologici, dall'altro l'eccessivo ricorso a questa pratica, laddove non necessaria, non risparmia da un altro tipo di problematiche: uno studio svolto sui topi alla Georgia State University presentato al recente convegno Neuroscience 2015 svoltosi a Chicago (Stati Uniti), in linea con gli altri studi precedenti sui neonati, ha dimostrato che i nati da cesareo hanno uno sviluppo cerebrale più lento e sono predisposti ad accumulare peso oltre a mostrare prestazioni cognitivo-comportamentali peggiori dei nati con parto spontaneo.

La causa principale risiederebbe nell’alterata flora batterica intestinale.

I microbi infatti colonizzano l'intestino del neonato grazie all'esposizione ai microrganismi della madre risiedenti in vagina durante il passaggio nel canale del parto: il microbiota materno risulta così assolutamente simile a quello del neonato. I nati da cesareo hanno un microbiota intestinale che non ha beneficiato di questa trasmissione e risulta profondamente diverso da quello dei nati per via vaginale suggerendo come questo influenzi l'assorbimento di nutrienti, l'omeostasi della mucosa e la barriera contro agenti patogeni, associandosi così a molteplici condizioni patologiche.

Il taglio cesareo raddoppia il rischio di mortalità e morbilità (isterectomia, trasfusione di sangue) e aumenta di 5 volte il rischio di infezione postnatale , rispetto alla nascita vaginale (Indagine globale OMS sulla salute materna e perinatale).

Inoltre una ricerca dell'università di Vienna, pubblicata su Proceedings of the National Academy of Sciences Pnas ipotizza che il ricorso massivo e indiscriminato a tale tecnica influisca sull'evoluzione della specie: si evidenzia che nei secoli le donne abbiano sviluppato un bacino sempre più stretto a fronte delle teste dei bambini sempre più grandi con conseguente sproporzione feto-pelvica. Negli anni '60 il numero di neonati soggetti a questa sproporzione che non riuscivano a passare il canale del parto erano circa il 3%, ad oggi quasi il 4 (+20%). . Secoli fa queste donne non sarebbero sopravvissute al parto ma oggi grazie al cesareo è possibile: quello che accade è che i geni predisponenti a questa costituzione vengono

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trasmessi di madre in figlia. Le donne hanno inoltre un rischio significativamente maggiore di arresto cardiaco, infezioni, complicazioni anestesiologiche, isterectomia anche da rischio di placenta previa per gravidanze future, infertilità, gravidanza ectopica ed aborto spontaneo, rottura d'utero.

Va inoltre considerata l'incidenza sui costi della spesa pubblica nell’ambito di un uso massimo del cesareo: “un ricovero ospedaliero per parto naturale, in regime ordinario con degenza superiore ad 1 giorno, ha una tariffa pari a 1318,64 euro, mentre la stessa tipologia di ricovero per parto cesareo ha una tariffa di 2457,72 euro. Ogni parto cesareo condotto in assenza di indicazione clinica, comporta quindi un impegno di spesa non necessario pari a 1139,08 euro (Ministero della Salute: Conferenza Stampa 18 gennaio 2013 ).

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1.2.2 Benefici di un parto cesareo per la madre e per il bambino

Programmare un cesareo consente di organizzare il parto della donna e gli impegni della famiglia, elimina i rischi di un parto post-termine e di emorragie, il danno del plesso brachiale in seguito a distocia di spalla, il trauma alla clavicola, al cranio o all’omero, l’ipossia intrapartum e la trasmissione perinatale di infezioni. Per il neonato vi saranno minori rischi di asfissia causati da un lungo travaglio, e minori traumi natali.

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3.5.Relazione madre-bambino nel parto cesareo e nel parto vaginale

Il parto naturale presenta dei riscontri positivi sul rapporto tra mamma e bambino. Per la madre, l’esperienza del parto come conclusione della gravidanza può avere una grande importanza. Circostanze precoci influenzano la nascita del bambino, gli ormoni periparto, la condotta e il funzionamento parentale e il benessere del piccolo. La modalità di nascita sembra quindi essere importante in quanto influenza la relazione madre bambino e quindi il comportamento materno in risposta ai bisogni del figlio. Uno studio (Swain JE et coll. 2008) condotto su 12 madri di cui 6 CSD (parto cesareo) e 6 VD (parto vaginale) ha mostrato come la responsività al pianto del proprio bambino varia a seconda della modalità del parto. Le madri VD risultano infatti più responsive al pianto del figlio nell'immediato periodo post-parto. La risposta cerebrale delle madri VD è risultata significativamente più responsiva nella circonvoluzione superiore e nella circonvoluzione media temporale, in quella frontale e in quella media fusiforme, nel lobo superiore parietale e in regioni quali talamo, ipotalamo amigdala e bulbo.

Le madri VD risultano quindi più sensibili al pianto del proprio figlio proprio grazie all'esperienza del parto vaginale.

La differenza nella risposta cerebrale tra madri VD e CSD sembra riflettere gli effetti del parto vaginale, associato alla stimolazione vagino-cervicale. Il parto cesareo può influenzare negativamente la funzione cerebrale materna alterando l'usuale evento neuro-ormonale, deprivando quindi la madre di tale stimolazione ed esperienza associata al parto naturale. Questa mancata sperimentazione sembra diminuire la responsività materna al pianto del bambino. Il parto cesareo è spesso correlato inoltre con depressione post-partum (Carter, Frampton, & Mulder, 2006)

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1.4 Parto cesareo: Fattori culturali

Nella maggior parte dei casi la decisione di realizzare un parto vaginale od un taglio cesareo è determinata dalle esigenze sanitarie legate alla salute della mamma o del bambino. Al di là delle condizioni mediche che richiedono parto cesareo, dobbiamo notare che ci sono differenze quantitative con cui il cesareo viene adottato nei paesi e questo fa pensare a una differenza culturale nell'utilizzo di tale pratica medica. Fra le popolazioni dei paesi più poveri dell’Africa e dell’Asia dove c’è uno scarso accesso ai servizi di salute materno infantile vi è un alta probabilità di mortalità. In Europa e Nord America molti paesi presentano tassi di tagli cesarei molto alti mentre in Africa il tasso di taglio cesareo è decisamente più basso. Questo dimostra che, mentre nei paesi ricchi la discussione verte sulle ragioni e sulle conseguenze dell’eccessivo uso del taglio cesareo includendo discussioni sull’opportunità di eseguire cesarei in assenza di indicazioni mediche, in Africa a molte donne viene ancora negata la possibilità di ricorrere al taglio cesareo in condizioni di rischio o emergenza, quando la chirurgia sarebbe l’unica possibilità di salvare la vita della madre e/o del nascituro (dato confermato dall'elevato rischio di mortalità al momento del parto). Il taglio cesareo nei paesi industrializzati è visto come pratica difensiva e come tendenza socio culturale che assimila il cesareo a una modalità elettiva di nascita. Le differenze tra i Paesi si collegano soprattutto ai diversi sistemi di finanziamento del Servizio Sanitario Nazionale, al sistema medico-legale e alle Linee Guida adottate dai professionisti oltre che a fattori culturali.

Esistono diversi fattori che possono influenzare la scelta di un parto cesareo: la presenza o meno di un supporto continuo durante il travaglio, l’assistenza ostetrica, medica e tecnologica durante il parto ed il tipo di struttura del punto nascita. Nonostante il taglio cesareo oggi sia più sicuro rispetto al passato, rappresenta un intervento chirurgico vero e proprio legato quindi a possibili rischi per la madre ed il bambino rispetto al parto vaginale. Oggigiorno, il parto tramite taglio cesareo viene praticato principalmente in tre situazioni:

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- Necessità clinica: Quando durante la gravidanza si evidenza clinicamente la necessità di praticare un taglio cesareo (medicalmente programmato).

- Situazione di emergenza: Quando le circostanze durante il travaglio del parto obbligano a far nascere il bambino (intervento d'urgenza).

- Scelta personale: Quando sulla base di una scelta fatta dalla donna o dal medico, si pratica il taglio cesareo, come un intervento elettivo, senza l’esistenza di una situazione di rischio clinico per la madre e/o il bambino.

Diversi studi riportano che quasi il 90% delle donne desidera un parto naturale e circa l'80% preferirebbe il parto naturale anche dopo cesareo (Mazzoni, 2011).

Ma l'elevata quantità di cesarei senza indicazione contraddice questo dato: uno studio del 2001 evidenzia come il rapporto col ginecologo e i condizionamenti sociali determinino queste percentuali. Tra i fattori significativamente associati ad un parere favorevole al parto cesareo rientrano il lavoro del professionista ginecologo presso strutture private, il timore di ripercussioni medico-legali e l’esperienza personale, mentre l’essere un medico donna e avere dei bambini riduce la tendenza ad assecondare una richiesta materna di taglio cesareo (Habiba e coll., 2001).

La FIGO, nelle sue linee guida del 2002, conclude che il taglio cesareo su richiesta non è attualmente eticamente accettabile (FIGO, 2002), così la Society of Obstetricians and Gynecologists of Canada (SOGC,2004).

Posizioni che si aprono a una valutazione caso per caso sono state assunte dalla ACOG, dal Centro Nazionale Collaborativo per la Salute Materno-infantile anglosassone (NCC-WHC) e dal National Istitute of Health statunitense (NIH) (NCC-WHC, 2006; NIH, 2006), anche se vi è consenso unanime sul fatto di non raccomandarlo alle donne che desiderino future gravidanze (ACOG, 2004; NCC-WHC, 2006; NIH, 2006; Vercoustre, 2006).

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1.5 La scelta del parto cesareo: lo specifico contesto italiano

La frequenza del taglio cesareo (TC) nei paesi industrializzati è da anni in costante aumento e l’Italia non fa eccezione. Le motivazioni si possono ricondurre non solo a fattori culturali e attitudinali legati alla pratica dell’intervento, ma anche a una aumentata richiesta di taglio cesareo da parte delle partorienti. La donna può richiedere di partorire con taglio cesareo per evitare di sopportare un travaglio lungo e doloroso che forse non si sente di affrontare.

Dal punto di vista giuridico il taglio cesareo su richiesta si configura come una linea di demarcazione sottilissima a cavallo fra il “Dispositivo dell'art. 5 Codice civile. Gli atti di disposizione del proprio corpo sono vietati quando cagionino una diminuzione permanente della integrità fisica o quando siano altrimenti contrari alla legge (579 c.p.), all'ordine pubblico o al buon costume'' e il diritto all'autodeterminazione sancito dalla Costituzione all' Articolo 32.

Al giorno d’oggi per motivi di lavoro o di età molte donne sembrano maggiormente decise a scegliere il taglio cesareo. In realtà l’opinione comune che siano le donne a scegliere il taglio cesareo non è concorde con i dati raccolti da autorevoli sondaggi. Lo studio Istat (2006) rivela che le donne preferiscono ancora partorire in modo spontaneo (87.7%).

Una forte componente della scelta sembra determinata dalla tipologia di struttura sanitaria a cui ci si rivolge, dato che la maggior parte dei tagli cesarei viene effettuato in strutture private. Molti cesarei inoltre sono determinati probabilmente da un’eccessiva cautela da parte dei medici, specialmente nei casi in cui la struttura sanitaria non è adeguata.

Il nostro Paese mostra una estrema variabilità per area geografica, con valori più elevati nel Meridione.

Nel 2006 si è registrato in Italia il valore più elevato, mentre dal 2007 i dati mettono in evidenza un trend in lieve, ma in continua, riduzione.

Gli indicatori relativi alla salute riproduttiva continuano a mostrare grandi differenze fra i paesi più industrializzati e quelli a basso indice di sviluppo.

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Nella letteratura medica, non sono disponibili dati dettagliati sulla frequenza di richiesta materna nelle varie nazioni. In generale gli studi condotti suggeriscono come nelle nazioni del Nord Europa tale frequenza sia inferiore al 10% delle donne, mentre in nazioni con disponibilità di organizzazione sanitaria, ma considerate in via di sviluppo, come il Brasile, tale preferenza raggiunga percentuali superiori al 50% (Kingdon C, Baker L, Lavender T.,2006; Mazzoni A, Althabe F, Liu NH, Bonotti AM, Gibbons L, Sanchez AJ, et al., 2011).

Considerando lo specifico della situazione italiana, in uno studio (Torloni et al.,2013) condotto su 1000 donne la percentuale di preferenze per il taglio cesareo era pari al 20%. Tale percentuale era maggiore nelle donne più giovani (quasi il 35% delle donne di età inferiore a 25anni ed il 16% di quelle di età > 35 anni) e meno istruite (20.5% versus 13.4%nelle più istruite). Inoltre il 40% delle donne che riportavano all’anamnesi un precedente taglio cesareo hanno dichiarato di preferire un nuovo taglio cesareo rispetto al 6 % delle donne che riportavano all’anamnesi un parto vaginale.

Tale ultimo dato sottolinea il ruolo della prima esperienza di parto nella scelta della modalità del parto nel corso della seconda gravidanza. (Torloni MA, Betrán AP, Montilla P, Scolaro E, Seuc A, et al., 2013).

Le ragioni riportate per preferire il cesareo erano paura del dolore alla nascita, possibilità di pianificare il momento del parto e sicurezza per la madre ed il bambino (65% delle riposte). Il 40% delle donne che preferivano un TC ha dichiarato che lo preferivano perché permetteva un ritorno più rapido della attività sessuale (Torloni MA, Betrán AP, Montilla P, Scolaro E, Seuc A, et al., 2013).

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1.6 Ruolo del medico e del personale sanitario nella scelta di effettuare un parto

cesareo

Fin oltre il Medio Evo, con la diffusione del Cristianesimo, la medicina ufficiale annovera la gravidanza fra le malattie della donna e l’immagine della levatrice additata di superstizione, sporcizia e ignoranza: il parto è esclusivamente appannaggio del mondo femminile e la medicina ufficiale è interdetta alle donne.

Il sapere antico si tramanda fra donne di mezza età della cui dottrina non si trova traccia se non in qualche trattato cinquecentesco basato sulle scoperte provenienti dal mondo arabo.

L’esperienza, la manualità ad esempio nel girare il feto, la conoscenza di tempi e rituali, l’uso delle erbe, oltre alle consulenze sulla fecondità della coppia e su tutti gli altri aspetti della gravidanza e del puerperio, si accompagnano all’uso sapiente degli strumenti necessari: il corredo è costituito dal grasso per ungere mani e vagina, forbici smussate per il cordone, acqua, fango agarico come emostatico, alcolici e aceto per la madre.

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Accusate di inviare al demonio anime non battezzate per le pratiche abortive e anticoncezionali di cui si facevano carico le mamme erano spesso inquisite e perseguitate.

Oltre alle polemiche religiose nel ‘700 si accendono quelle sulle competenze mediche dando vita alle scuole professionali: l’ostetricia così, da sapere autonomo relegato al mondo femminile, si sposta sotto il controllo medico, appannaggio del mondo maschile.

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La convinzione però che il parto vada affrontato in ambiente femminile permane, come conseguenza naturale della solidarietà e della comprensione che ne deriva, sancendo una frattura fra ginecologi e ostetriche che ostacolerà a lungo la messa in atto di una buona practice.

La parola anglosassone mid-wife pone l’accento sul processo spontaneo e fisiologico del parto e del concepimento in cui l’ostetrica è ‘con la donna’, la sostiene ma non è indispensabile, mette a disposizione il suo sapere ma non ne condiziona le scelte e le naturali competenze.

L'interesse sul ruolo degli operatori in relazione all’andamento dei parti, per comprendere quanto questi possano influenzare negativamente l’esperienza della nascita e quanto invece possano contribuire alla salute perinatale, è molto significativo in letteratura.

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Nel 2016, dopo 4 anni dall'inizio dello studio, vengono presentati i risultati di Optibirth, uno studio europeo per contrastare l’ aumento di tagli cesarei anche attraverso l’aumento di parti naturali dopo il cesareo (VBAC), realizzando un modello basato

sulla centralità del paziente, quindi della donna.

Lo studio ha coinvolto 8 paesi e in Italia hanno partecipato le Unità di Ostetricia e Ginecologia di cinque sedi universitarie: Genova, Torino, Bologna, Napoli e Bari. Sono stati condotti Focus Groups con donne con differenti percentuali di VBAC, partner, ginecologi e ostetriche che hanno permesso di evidenziare il loro parere sugli ostacoli al parto vaginale in particolare dopo il cesareo.

Le considerazioni emerse sono molteplici: l'abbandono dell’arte ostetrica causato dal tenace attaccamento alla concezione di considerare il parto appannaggio del ginecologo “medico specialista delle donne” che assume un ruolo preminente.

Questo ha infatti permesso a tali professionisti (con competenze mediche specifiche) di soppiantare in parte il ruolo dell'ostetrica inteso come curatrice totalitaria della donna partoriente; il simbolico smembramento del corpo della donna riguardante la società, colpevole ed assente dal punto di vista educativo e preventivo, e alla qualità dell’assistenza, oggi derubricata alla sola presenza degli standards di efficienza e sicurezza. La scelta di un ginecologo privato nel 90% dei casi in alcune realtà del sud porta la donna ad essere “proprietà “ del suo curante.

Inevitabilmente sorgono interessi economici delle cliniche private che hanno portato all'Italia il primato europeo del 38% deiTC.

Successivamente un programma antepartum informativo e preventivo della durata di almeno due incontri in cui ostetrica e ginecologo mettevano a disposizione della donna corrette informazioni scientifiche e della propria esperienza clinica per consentire alla donna di scegliere nella maniera più adeguata ai propri bisogni, alle proprie aspettative e necessità e con la giusta consapevolezza ed esperienza. Le donne, se messe in grado di godere di un sostegno culturale ed affettivo, sono riuscite ad arrivare in sala parto forti

della loro competenza

Con incontri di informazione, formazione e sostegno su base culturale e scientifica, tenendo conto delle varie realtà locali, e la compassionate care da parte di ostetriche presenti e rassicuranti, si è ottenuto un risultato di normalizzazione della nascita che ha riportato al centro la scelta della donna, la sua responsabilità personale aumentando i tassi di VBAC in almeno tre paesi partecipanti: Italia, Irlanda,Germania. (Morano et al, 2016).

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scelta e hanno indotto le strutture sanitarie a pianificare un programma antepartum.

Emerge quindi che una relazione rispettosa fra madri e operatori raggiunge risultati sorprendenti in materia di benessere materno-infantile.

Di contro i dati dell'OMS ci dicono che molte donne sperimentano durante il parto atti discriminanti e irrispettosi che ne minano l'integrità psicofisica .

Definita violenza ostetrica per la prima volta in America Latina negli anni 2000 non vi sono stai studi o ricerche su base nazionale in Italia fino al 2017 quando è stato formulato un questionario sulla base delle dichiarazioni OMS:

“Prevenzione ed eliminazione dell’abuso e della mancanza di rispetto durante l’assistenza al parto presso le strutture ospedaliere” .

Il questionario, sviluppato da Alessandra Battisti, Elena Skoko, Claudia Ravaldi e Michela Cericco, in collaborazione con Doxa Spa, è stato condotto dal Gruppo Doxa (azienda leader nazionale nel campo dei sondaggi demoscopici). Dal questionario è emerso che il 21,2% delle donne si considerava vittima di violenza ostetrica, il 33% si è sentita inadeguatamente assistita, il 34,5% ha segnalato gravi problemi di privacy o di fiducia, il 14,5% ha deciso di non tornare nella stessa struttura sanitaria e il 5,9% non ha voluto più bambini a causa del trattamento subito.

2. ASPETTI PSICOLOGICI E RELAZIONALI NELLA GRAVIDANZA E NEL PARTO

La gravidanza ed il parto sono dei momenti molto importanti per la donna, per la coppia e per le loro rispettive famiglie. Molti aspetti relazionali, psicologici, sociali sono destinati a cambiare per sempre dopo questo naturale evento. Durante la gravidanza la donna sperimenta molteplici vissuti psicologici e talvolta disturbi psicopatologici molto diversi.

La Benedek (1956) ha definito la gravidanza come un evento psicosomatico che genera modificazioni sia fisiologiche che psicologiche. La Bibring (1959), invece, utilizza l’espressione di “crisi maturativa” e concepisce la gravidanza come un processo in cui si riattivano conflitti legati al periodo infantile e si riattualizzano processi di

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identificazione inconsci con la figura materna.

I conflitti infantili trovano una risoluzione in questo periodo, che comporta una rielaborazione delle proprie esperienze e il raggiungimento di un maggiore livello di integrazione. Secondo la Pines (1982), le donne durante la gravidanza ridefiniscono la propria identità femminile, rivivono il processo di separazione-individuazione dalla propria madre e sperimentano una duplice identificazione con la madre e il feto: sono allo stesso tempo figlie delle loro madri e madri dei loro figli.

La gravidanza, tuttavia, non viene vissuta da tutte le donne nello stesso modo: infatti, essa può arrivare nel momento giusto, troppo presto o troppo tardi, dopo tanti tentativi, può essere desiderata o meno, può avvenire senza che si abbia un partner stabile o in difficoltà economiche.

Questi fattori influenzano il proprio modo di vivere la gravidanza e le emozioni conseguenti: ad esempio la donna potrebbe essere in ansia o esperire un umore deflesso se la gravidanza arriva troppo presto o se non si ha un partner stabile e supportivo o se si hanno difficoltà economiche.

A seconda del proprio vissuto, possono emergere emozioni positive di gioia e speranza o emozioni negative durature e intense di ansia o tristezza.

Diversi dunque sono i cambiamenti che si verificano durante questa delicata fase di vita di una donna: l'immagine corporea si modifica e dopo il parto è necessario rinunciare allo stato di gravidanza e separarsi dal bambino interno, per instaurare un rapporto affettivo con un bambino reale e non più ideale.

Oltre ai cambiamenti fisici, la maternità comporta anche delle conseguenze a livello sociale e psicologico in quanto la neo-mamma si assume le responsabilità del ruolo genitoriale e talvolta può essere costretta a lasciare il suo lavoro, può temere di perdere la sua libertà e la propria identità (Schaffer, 2005).

Nonostante la maternità generi questi cambiamenti, l’arrivo di un figlio può comportare anche un aumento della sicurezza personale, una maggiore realizzazione di sé e un miglioramento nelle relazioni con la propria famiglia d’origine (Schaffer, 2005).

La gravidanza comporta anche una ridefinizione del rapporto di coppia, in quanto sia a livello reale che immaginario, è necessario includere il terzo e questo può tende a turbare l’equilibrio familiare (Bastianoni, Taurino, 2009).

Anche il partner si trova ad affrontare un processo di adattamento che dipende dalla sua storia infantile.

Le primipare appaiono molto vulnerabili nel post-partum e necessitano di un adeguato supporto emotivo da parte del partner, della madre, di altri parenti e di esperti per

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l’accudimento del piccolo per quanto riguarda l’allattamento e il riconoscimento dei segnali di benessere e di malessere del bambino.

La neo-mamma può temere di fallire nel suo ruolo e questo può procurale ansia e talvolta uno stato depressivo (Della Vedova et al., 2008). Per questo, è possibile che insorgano disturbi psicopatologici ai quali si deve prestare sempre maggiore attenzione nell’ambito della prevenzione e del trattamento (Bellantuono e al., 2007).

2.1 Ansia in gravidanza ed effetti sul parto

Durante la gravidanza è facile andare incontro a sintomi ansiosi; la gamma dei disturbi d'ansia è tre volte più comune nelle donne gravide rispetto alla normale popolazione (Adewuya et al. 2006; Goodman et al. 2011).

I rischi correlati ad ansia prenatale non possono essere ignorati: una periodo di gestazione minore, conseguenze per lo sviluppo neuronale fetale e il futuro sviluppo del bambino sono associati a disturbi d'ansia durante la gravidanza (Dunkel & Tanner 2012).

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Gli effetti dell'ansia durante la gravidanza sono stati visti a lungo termine in menomazioni cognitive e problemi emotivi nei bambini (Shahhosseini et al. 2015). L'ansia è un fenomeno universale che agisce protettivamente in risposta a certi rischi. Un basso livello di ansia può essere benefico, ma un alto e cronico livello di ansia può danneggiare le funzioni fisiologiche e psicologiche.

I disturbi d'ansia durante la gravidanza sono stati inoltre associati al fumo, consumo di alcool, uso di sostanze, peso corporeo inadeguato e nutrizione impropria (Marcus, 2009). Le donne che soffrono di ansia in gravidanza, non usufruiscono realmente delle visite e delle cure prenatali di cui dispongono (Kim et al., 2006; Redshaw & Henderson, 2013). La paura del parto durante la gravidanza è un latro fattore associato all’ansia prenatale (Räisänen et al. 2014; Rubertsson et al. 2014).

Uno studio di Bayrampour et al. (2015) ha mostrato come l'ansia prenatale sia associata a storie di infertilità; l'ansia è inoltre associata a complicazioni ostetriche e a esiti di gravidanza complicati e avversi come la nascita pre-termine (Alder et al. 2007; Loomans et al. 2013).

Contrazioni premature, cesarei pianificati e lunghi periodi di travaglio sono altre variabili che vanno ad incidere sui disturbi d'ansia (Andersson et al. 2004). Lo stress materno durante la gravidanza influenza lo sviluppo del bambino e la salute del neonato a lungo termine.

Bambini nati da madre ansiose hanno rivelato complicazioni biologiche, mentali, comportamentali e mediche.

Questi bambini possono inoltre mostrare uno sviluppo cognitivo alterato, problemi emozionali e difficoltà di concentrazione, irritabilità, una fragile interazione tra madre e bambino e paura rispetto a eventi di vita quotidiana.

Inoltre, rispetto ai figli delle madri non ansiose, i bambini delle donne con elevati livelli di ansia in gravidanza, hanno 1.39 volte in più il rischio di sviluppare comorbidità ansiose all'età di 18 anni. (Capron et al. 2015)

I bambini nati da madri ansiose mostrano durante differenti fasi della vita gravi malattie fisiche come respiro corto, asma e malattie coronariche (Shahhosseini et al. 2015).

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2.2 Paura del parto o deficit di relazione?

Se dai dati emerge che la maggior parte delle donne sceglierebbe un parto naturale allora cosa influenza tanto la richiesta di un cesareo?

(Ricordiamo comunque che la maggior parte dei cesarei si verificano su indicazione nonostante le raccomandazioni dell’OMS e le linee guida).

Il fattore che incide in prevalenza sulla scelta del parto sono le aspettative che ne ha la donna: ansia e paura sono fisiologiche, aiutano a fronteggiare le trasformazioni, a restare ancorati e focalizzati sui cambiamenti del corpo al contrario di un atteggiamento di distacco e negazione.

Ma talvolta possono diventare disfunzionali arrivando, in caso di tocofobia, a temere il parto vaginale: questo riassume sia la paura del dolore che potrebbe comunque essere gestito con la scelta di un parto analgesia ma anche il timore di complicanze e di

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danneggiamenti di sé e del bambino, ed è molto più frequente nelle nullipare (Hofberg, Brockington, 2000) e nelle pluripare con lutti perinatali o parti difficili pregressi.

Una associazione importante è stata riscontrata fra la paura del parto e la relazione col partner e col personale sanitario (Saisto et al., 2001) e questo lascia propendere per una marcata natura relazionale del problema, con un risvolto sociale e sistemico di largo impatto che va analizzato in tutte le sue componenti. Tuttavia non è da escludere che anche la relazione col bambino sviluppata durante la gravidanza abbia un ruolo nel favorire la paura del parto e la conseguente preferenza del parto cesareo.

In linea generale gli studi hanno evidenziato che elevati livelli di tocofobia si associano a peggiori esperienze di parto (Waldenstrom et al., 2004) e a maggior richiesta di cesarei (Ryding et al, 2015). Tuttavia, scarsi sono gli studi che hanno analizzato il legame tra tocofobia e scelta del parto in donne primipare e multipare. La distinzione tra questi tipi di donne non sembra secondaria dato l’aspetto del tutto particolare che riveste l’esperienza della prima gravidanza.

La prima gravidanza reca con sé una serie di cambiamenti fisiologici e psicologici oltre che affettivi e relazionali che mutano profondamente lo status di donna e comportano un riassetto identitario profondo dei ruoli di filiazione e affiliazione e ciò può generare nella donna senso di inadeguatezza e ansia ma ciò non basta a spiegare le conseguenze sulla scelta del parto: infatti la maggior parte delle donne con tocofobia non presenta ansia e depressione (Storksen et al., 2012).

Ci si può allora domandare se la paura del parto mostrata dalle donne alla prima gravidanza possa essere legata anche al profondo significato che riveste il parto per queste donne dato che esso si configura come il momento in cui si conoscerà il bambino, si assumerà il ruolo di madre. E’ ragionevole supporre che in queste donne la paura del parto sia legata anche a fattori relazionali.

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2.3 L'attaccamento perinatale e la relazione precoce con il bambino

La gravidanza e il parto sono momenti che possono confermare il rispetto di una donna per sé stessa e il legame con il resto del nucleo familiare se ansia, rabbia e depressione non intervengono a generare paure che rendono difficile l'instaurarsi di relazioni amorevoli e serene.

I professionisti che ruotano intorno all'evento nascita hanno un ruolo importante nel determinare questi fattori: una cura perinatale adeguata dovrà sostenere comportamenti che favoriscono una buona relazione materno-infantile e canalizzare quelli non associati ad un legame significativo.

Il disagio materno, un disturbo post-traumatico da stress (Soderquist et al., 2006; Davies et al., 2008; Zaers et al., 2008; Elmir et al., 2010; McDonald et al., 2011), complicazioni prenatali e ospedalizzazione (White et al., 2008), precedenti aborti (Gaudet, 2010; Blackmore et al., 2011) e paura dei parti successivi (Pang et al., 2008; Nilsson et al.,

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2010), uno scarso sostegno percepito del partner (Stapleton et al., 2012), l'ansia generata da fattori ambientali, la depressione (Mikulincer, Florian, 1999;., McFarland J et al., 2011) e le aspettative sul bambino (Stern, 1977; Stern, 2000) possono altresì incidere sui livelli di ossitocina i quali sono strettamente collegati all'andamento del parto, all'allattamento, ai comportamenti post-natali (Feldman et al., 2007; Levine et al., 2007) e all'incidenza di depressione post-partum (Grewen, 2010).

Riconoscere i fattori di stress consente a operatori e genitori di programmare una rete di supporto in una cornice di consapevolezza e condivisione che li avvicini gradualmente al nuovo status di famiglia: incoraggiandoli a comunicare con il bambino e tenere un diario (Martin, 2012), organizzare nel modo migliore le dotazioni destinate alla sua accoglienza, a visualizzarlo e a considerarlo già in un'ottica olistica può affievolire i momenti di apprensione lasciando posto a un senso di controllo e sicurezza.

Alla nascita poi sarà promosso il contatto pelle a pelle radicato ormai nella maternità come best practice (Unicef BFI 2012) in un ambiente adeguato ad accogliere il nuovo nato e sostenendo comportamenti di legame precoci e percorsi di screening di eventuali disagi da indirizzare prontamente a percorsi di assistenza.

Lo sviluppo del feto è influenzato dall’umore materno anche per l'esposizione a livelli troppo alti di cortisolo (Hompes et al., 2012)

La ricerca mostra che il maggior sviluppo del cervello umano si verifica infatti durante il periodo prenatale e i primi anni di vita (Shonkoff & Phillips, 2000; Puckering, 2011), e che le interazioni precoci caregiver-bambino forniscono le basi per uno sano sviluppo psicofisico del bambino (Collins et al., 2000; Coren et al., 2002; Dretzke et al., 2009; Gutman & Feinstein 2010; Stack et al., 2010; Stern, 2010; Trevarthen et al., 2006; Shaw & Vondra, 1995).

L'attaccamento è così un meccanismo per assicurare la sopravvivenza e il benessere del bambino, biologico e innato (Prior e Glaser, 2006; Golding, 2007)

Per quanto riguarda i neonati, soprattutto laddove i farmaci somministrati non ne abbiano compromesso la reattività, a seguito di comportamenti affettivi materni, sono da subito attratti dal viso e dalla voce della madre (DeCasper e Fifer, 1980; Slater e Quinn, 2001) si impegnano in movimenti di imitazione (Nadel e Butterworth, 1999; Nagy et al., 2005; Nagy, 2006) ma soprattutto mostrano una buona autoregolazione (Marchini et al., 1987).

L'attaccamento prenatale predice quello che è quindi il legame che si instaura successivamente: gli studi di Brody e Axelrad degli anni ‘60 diversificano così “tipi materni” da quelli più affettuosi a quelli distaccata.

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Quello che ne deriva è che un investimento sul bambino e sul legame prenatale è correlato ad una minore medicalizzazione del parto, minor ansia e dolore della madre al momento del parto, maggior reattività del neonato con basso pianto e miglior sonno. Gli operatori possono incentivare il legame prenatale col bambino attraverso semplici esercizi

“La donna incinta giace su un comodo materasso in una posizione rilassata con l'intenzione di concentrarsi sulle sue percezioni interiori, spesso indotte da un processo di rilassamento. Le sessioni iniziano con la centratura sulla consapevolezza del respiro, delle sensazioni corporee e delle emozioni. Concentrandosi sulla sua consapevolezza, il facilitatore aiuta la donna a entrare sempre più a contatto con le immagini interiori, come è noto dai sogni. Le immagini sono viste come simbolizzazioni di parole, sensazioni corporee ed emozioni. A poco a poco le immagini diventano più frequenti, creando un flusso di informazioni e di comunicazione tra la madre e il nascituro e questo crea la "corda dell'anima".

Le madri scoprono come si stanno sviluppando i loro bambini, ciò che sentono e hanno bisogno, anche su cose che potrebbero essere pericolose o minacciose. È molto più facile e più impressionante per le madri, oltre che meno costoso, meno invasivo e meno pericoloso per i bambini ottenere informazioni in questo modo, rispetto agli ultrasuoni o ai test medici.

L'effetto più potente: il legame prenatale (BA) consente un dialogo interiore con il

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2.4 Attaccamento perinatale in gravidanza

Nel corso della gravidanza la madre inizia a costruire un rapporto con il bambino attraverso fantasie e rappresentazioni che le permettono di creare un legame che assume in parte le caratteristiche di bambino fantasmatico e quelle del bambino immaginato frutto delle fantasie materne e paterne corrispondente alle aspettative attuali e coscienti relative alle caratteristiche del bambino come il sesso, le somiglianze, il temperamento. Alla confluenza fra queste immagini si scrive la partitura della gestazione psichica. La prima relazione genitore bambino sarà quindi improntata non solo dalla competenza biologica che si incontra con le caratteristiche del bambino stesso, ma soprattutto dalle rappresentazioni e dalle fantasie che i genitori sviluppano intorno al futuro bambino. L'assistenza e l'accompagnamento alla genitorialità hanno quindi un impatto non solo strettamente legato all'andamento del parto, ma anche alla costituzione di un legame

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profondo e significativo per tutta la famiglia nei confronti del futuro nato che è altresì la base per un sano sviluppo psicofisico del neonato.

Come detto in precedenza la gravidanza è un periodo molto delicato nella vita di una donna, del partner e della famiglia che possono attraversare periodi stressanti e andare incontro a disturbi d'ansia che, se non adeguatamente trattati possono andare ad incidere negativamente su un buono sviluppo del legame perinatale e sul successivo sviluppo psicofisico del bambino, possono provocare conseguenze sia a breve che a lungo termine sulla relazione di attaccamento tra madre e bambino.

Indipendentemente dal tipo di parto o dall'esito del parto, la qualità del sostegno che una donna riceve può fare la differenza nel fatto che ricordi la sua esperienza come depersonalizzazione e degradazione o come uno che ha accresciuto la sua autostima (Hodnett, 1996).

Una rete supportiva per la donna può essere quindi una ricca risorsa per affrontare il trambusto fisico e psicologico che la gravidanza comporta salvaguardando in tal modo l'attaccamento perinatale e promuovendo salute e benessere.

Diversamente sono sempre più diffusi sintomi post-traumatici acuti delle donne dopo la nascita (Creedy et al., 2000).

Una recente revisione sistematica degli studi dal 1990 al 2010 ha identificato inoltre associazioni tra ansia prenatale materna e problemi cognitivi, comportamentali e psicomotori dello sviluppo infantile (Kingston et al., 2012).

Il riconoscimento precoce di disturbi d'ansia consente la programmazione di un sostegno appropriato con la creazione di servizi ad hoc (Puckering, 2005) di facile accessibilità a tutta la famiglia fornendo quindi stabilità e sicurezza.

Diversi fattori possono concorrere allo sviluppo di una patologia: una storia personale costellata di eventi traumatici e stressanti come lutti, precedenti aborti o morte perinatale, problemi di salute o complicazioni nel corso della gravidanza, separazioni, uno scarso supporto sociale percepito , uso di sostanze, difficoltà economiche, disturbi di personalità ma anche eventi imprevisti come il taglio cesareo d'urgenza (Hunker et al., 2009, Dencker et al., 2010): lo sviluppo di sintomi post-traumatici post partum sono stati identificati nel 33% delle donne (Creed et al., 2000; Olde et al., 2005; Stevens et al., 2011; Stramrood et al., 2011; Yang et al., 2011) e il 5,6% delle donne rispondono ai criteri del DSM-1V per il disturbo da stress post-traumatico acuto (PTSD) associato a una cura intrapartum inadeguata durante il travaglio (Rivista Italiana di Educazione Familiare, n. 2 – 201).

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momento che sono state rilevate evidenti differenze individuali nella sua quantità e qualità. Ad esempio sembra che l’attaccamento prenatale tenda a essere meno intenso in funzione dell’età e del livello di istruzione materni (Hjelmstedt et al., 2006; Della Vedova et al., 2008), dell’assenza di supporto emotivo e della presenza di violenza nell’ambiente familiare.

Il periodo della gravidanza determina eventi mentali nuovi e profonde modificazioni nei processi di organizzazione del sé, e viene concettualizzata come maternità interiore in riferimento alla realtà psichica che accompagna la gravidanza reale.

La maternità interiore (Ferrara e Mori, 2006) è riconosciuta come «un processo di sviluppo dell’identità femminile e un processo di elaborazione di rappresentazioni mentali.

È il luogo delle fantasie, delle emozioni, dei desideri, dei sogni, è la residenza di legami, di affetti, di relazioni nuove, è il contenitore di quel bambino fantasmatizzato interno che diventerà il bambino reale. Il concetto di maternità interiore costituisce quindi una sorta di mappa utile a definire il mondo della relazione della madre col figlio, da quando lo concepisce a quando ne avverte la vita fetale fino alla nascita e alla intima frequentazione quotidiana.

Quando questo stato mentale viene meno o non si presenta affatto rappresenta un segno prognostico negativo per lo sviluppo della futura genitorialità, Alcune condizioni estreme possono verificarsi come il diniego di gravidanza e l'infanticidio che è strettamente collegati all’assenza di un attaccamento prenatale e di uno spazio interiore: tale condizione di rifiuto è stato associato al 10% delle donne a inizio gravidanza ed è pericoloso in quanto la madre non è in grado di proteggere se stessa e il bambino da situazioni e comportamenti che possono essere lesivi (Muscialini, 2010).

Fattori collegati sono la giovane età della donna (Brozovsky e Falit, 1971), esperienze traumatiche familiari come la violenza e l’abuso sessuale (Bonnet, 1993; Courtois, 1988), sintomi di tipo dissociativo come esperienze di depersonalizzazione, di dissociazione, di amnesia, di psicosi dissociativa acuta (Spinelli, 2010) e di psicosi isterica (Hirsch e Hollender, 1969).

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2.5 Attaccamento perinatale e parto

Il parto è un evento che travolge tutta la famiglia compreso il bambino che è sottoposto a molteplici sollecitazioni e cambiamenti, dalle pressioni meccaniche alle contrazioni uterine che spingono la testa sull'apertura pelvica ancora bloccata, il cordone ombelicale può essere di intralcio o stretto a collo, si trova a contatto con abbondante materiale biologico come sangue, muco, liquido amniotico, urina e poi improvvisamente esposto alla luce esteriore, con frequente rescissione prematura del cordone ombelicale o esperienza di anestesia, forcipe e manovre ostetriche invasive.

Tutto questo può non essere nemmeno mediato dal calore e dalla sicurezza del corpo materno e dagli ormoni che si propagano attraverso le pressioni sulla sua pelle in caso di cesareo, rendendo ancora più stressante l'evento.

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evidenziato come nel 90% dei casi la nascita fosse un evento vissuto con totale coscienza e che i suoi pazienti fossero in grado di ricordarla e riviverla sotto ipnosi: per verificarne l'attendibilità confrontò i ricordi delle madri in ipnosi, della vita perinatale, trovando incredibile concordanza. Questo lavoro lo portò a dedurre che il cervello e il sistema nervoso di un neonato sono attive e ricettive già prima del parto e che in questa esperienza è già capace di una elaborazione che si imprime nella memoria.

Alcune di queste memorie riaffiorano spontaneamente intorno ai 3 anni in cui il bambino è in grado di esprimersi correttamente:

Testimonianza di Katy e sua madre, entrambe poste sotto ipnosi dal terapeuta, diversi anni dopo l’accaduto.

In sala parto

Katy: “E’ una stanza abbastanza grande, con tante cose argentate. Sembrano tutti abbastanza indaffarati. Penso ci siano quattro o cinque persone. Mi stanno tirando, mi tirano. Il dottore è agitato... nervoso.”

Madre: “E’ una stanza grande e gelida. Riesco a vedere la sua testa che esce dalla vagina. Ci sono due dottori... Ci sono alcune infermiere... Controllano la testa... la testa è fuori.”

Katy: “Mi hanno messa sulla pancia, quasi scaraventandomi su di lei. Lui sta parlando con la mamma. Sembra vada tutto ok e che lei stia bene. Lui sembra ancora nervoso; mi ha sollevata e mi ha data a qualcun altro.”

Madre: “Me l’hanno messa sulla pancia in qualche modo ma la stanno ancora tenendo. Riesco a vederla... molto sangue e una stoffa bianca. Sta piangendo.”

Il neonato però non ha molti strumenti di reazione e espressione delle sue emozioni e la mancanza di sensibilità da parte di genitori e operatori può essere predittiva di patologie e morbosità future.

Nel suo libro Vita segreta prima della nascita Thomas Verny (1981) riflette sugli aspetti che collegano le esperienze prenatali con quelle postnatali:

“in breve, quindi, benché siano importanti gli stress esterni affrontati dalla donna, è chiaro che la cosa più importante sono i sentimenti nei riguardi del figlio. I suoi pensieri e le sue sensazioni sono il materiale sul quale il nascituro si modella. Quando sono positivi e favorevoli, il bambino riesce a superare molto più facilmente qualsiasi situazione di difficoltà...

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stato considerato come un fenomeno unico e insolito, è in realtà il prolungamento di un contatto che ha avuto inizio molto tempo prima, nell’utero”.

Già il medico francese Frédérik Leboyer , celebre per il suo libro Per una nascita senza

violenza (2017), dimostrò che creando un ambiente accogliente, partendo dal contesto

luci-suoni e ponendo come fondamentale che il bambino restasse con la madre pelle a pelle e che il cordone venisse tagliato a respirazione regolarizzata, potesse prevenire l'elaborazione traumatica dell'evento da parte di entrambi consentendo l'instaurarsi precoce di un legame duraturo e protettivo.

Così Michel Odent introduce il concetto di salute primale (1982) che va dal concepimento fino alla fine del primo anno di vita sostenendo che le modalità interattive del caregiver in questo periodo hanno importanti termine sull’equilibrio psicofisico del bambino .

Egli sostiene fermamente la necessità dove possibile di un parto naturale per la produzione del “cocktail di ormoni dell’amore” (ossitocina, prolattina, endorfine) che contribuiscono alla formazione del legame di attaccamento.

Maurer inoltre sostiene che tutte le pratiche di medicalizzazione e le prime precoci cure fornite al neonato impediscono l'imprinting, quel momento unico teorizzato da Lorenz (1967) secondo cui c'è un momento preciso dell'evoluzione in cui avviene, e procrastinarlo o ostacolarlo fa sì che si perda un'occasione unica.

Sondra Ray e Bob Mandel nel libro Nascita e Personalità (1996) elencano 16 ipotetiche tipologie di nascita con le relative caratteristiche:

-Nascite premature, incubatrici, travagli lunghi e nascite in ritardo darebbero vita a persone insicure e fragili, spesso immature, che sentono sempre separazione fra sé e gli altri restano bloccate in relazioni di dipendenza e ansia da separazione.

-Nascite veloci o trattenute genererebbero persone impazienti, diffidenti, inclini alla rabbia e alla frustrazione e all'iperattività .

-Nascite indotte possono dar vita a soggetti indolenti, pieni di risentimento per non essersi sentiti rispettati nei propri tempi, inclini al ritiro, al delegare e all'apatia.

-Nascite con cesareo vedono persone caratterizzate da conflitti e progetti interrotti, senza riuscire a portare a termine le cose e con un gran bisogno di contatto.

-Nascite con anestesia generano inconsapevolezza in soggetti che faticano a mettere a fuoco le situazioni e sopprimono le emozioni.

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