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EPIDEMIOLOGIA DELLE INFEZIONI FUNGINE E FARMACO RESISTENZA DI MICETI LIEVITIFORMI IN AMBITO NOSOCOMIALE

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RIASSUNTO

Negli ultimi due decenni, in relazione all’ampio incremento di pazienti immunocompromessi o sottoposti a terapie immunosoppressive, è stata osservata una frequenza crescente delle infezioni sostenute da miceti. La necessità di pervenire a diagnosi rapide e terapie risolutive ha dato grande impulso al potenziamento di nuove e rapide tecniche diagnostiche, per l’identificazione dei miceti e l’analisi della farmaco resistenza. Nonostante ciò, lacunose sono le informazioni circa l’epidemiologia delle infezioni fungine nel nostro paese e l’incidenza di ceppi resistenti ai più comuni farmaci antimicotici

Il lavoro svolto nella presente tesi si inserisce in un più ampio studio che mira alla definizione della epidemiologia delle infezioni fungine in ambito nosocomiale. Durante questo studio, nei Laboratori di Microbiologia dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana, sono stati monitorati tutti gli isolamenti di miceti ottenuti negli anni 2005/06 a partire da materiali biologici. Campioni clinici provenienti da vari distretti corporei ed inviati dalle Unità Operative afferenti ai diversi Laboratori, sono stati raccolti ed analizzati per rilevare la presenza di miceti. Per le colture si è utilizzato primariamente agar Sabouraud e per tutti i campioni risultati positivi si è proceduto all’identificazione utilizzando il sistema semiautomatico Vitek2. I saggi di antibiotico resistenza sono stati effettuati sui vari ceppi, utilizzando sia il sistema in micropiastra Yeast One, che si basa sulla tecnica della brodo diluizione, sia il sistema E Test, metodica di agar diffusione. Valutata quindi l’incidenza di colture positive, si è poi deciso di focalizzare l’attenzione sulle micosi sistemiche. I risultati ottenuti indicano un generale aumento nella incidenza di isolamento di miceti; questo risultato è in accordo con l’incremento di pazienti ospedalizzati per il trattamento di neoplasie o sottoposti a trapianto di organo solido o di midollo. In relazione alle specie isolate, Candida albicans rappresenta ancora il micete lievitiforme più frequentemente isolato, seguito da altre specie di Candida non albicans. Alcune specie di Candida in particolare Candida glabrata e Candida krusei, manifestano

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resistenze ai farmaci antimicotici non rilevate per Candida albicans e ciò verosimilmente contribuisce all’incremento di diffusione di tali specie. Lo studio delle pressioni selettive e delle induzioni di resistenza ascrivibili alle terapie antimicotiche rivestono un altro importante capitolo nella comprensione dell’indagine epidemiologica, con notevoli ricadute anche in ambito economico.

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1. INTRODUZIONE

1.1 Breve nota storica

I nostri progenitori preistorici, non solo dovettero lottare contro le forze distruttive della natura o feroci animali, spesso si dovettero piegare a malattie insidiose che sembravano provenire dal nulla. Sono, infatti, occorsi millenni perché si arrivasse a formulare razionalmente concetti relativi all’eziologia delle malattie infettive, alla scoperta e all’isolamento dei microrganismi e all’inequivocabile dimostrazione della relazione causale con determinate malattie. La civiltà classica, greco romana aveva attribuito ai funghi facoltà e peculiarità che ancora oggi possiamo ritrovare, se non altro nell'etimo. L'origine del termine “fungo” pare provenire dall'unione dei termini funus (morte) e ago (portare), in quanto la peculiare tossicità di molti funghi era certamente conosciuta. Per ciò che riguarda il termine “micete”, una leggenda narra che l’eroe Perseo, stanco ed assetato dopo un lungo viaggio, si poté rifocillare con acqua raccolta nel cappello di un fungo. Per questo motivo decise di fondare una nuova città che chiamò Micene da mykés (fungo), dando vita alla civiltà micenea.

Il più antico riferimento ad una infezione fungina è riportato in una raccolta di scritture Indu del 1000 a.C., dove un micetoma del piede viene definito “formicaio del piede”. Ippocrate (460 – 370 circa a.C.) descrive nei suoi scritti il mughetto. Celso, enciclopedista romano del I secolo, descrisse la candidosi orale nel libro V della sua “De re medicina”. Ancora oggi, i dermatologi assegnano alla forma infiammatoria della tinea capitis, il termine di kerion di Celso.

Si riconosce a Gerolamo Fra Castoro (1478 – 1553) la formulazione della prima “teoria microbica”, inserita elegantemente nel poema Syphilis sive Morbo Gallicum, ma solo agli inizi del 1700, Malpighi, van Leeuwenhoek e Hooke riuscirono ad osservare, con rudimentali microscopi, gli sporangi ed il micelio di Mucor spp. e le cellule di Saccharomyces cerevisiae. Nel 1729, Antonio Micheli descrisse, nel Nova Plantarum Genera, novecento funghi diversi, inserendo anche

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taxa come Aspergillus, Botrytis, Mucor e Polysporus. Micheli si adoperò per dimostrare come l’insidioso “dogma” della generazione spontanea, introdotto da Aristotele nella sua Historia animalium, fosse errato. Se Micheli può essere considerato il padre fondatore della Micologia, è con Spallanzani e poi Pasteur, che si dimostra l’inesattezza della teoria aristotelica.

La prima malattia dovuta ad una infezione fungina fu descritta da Agostino Bassi (1773 – 1856) nel baco da seta; l’infezione causata da Beauveria bassiana provocava, al tempo, ingenti danni all’industria della seta. Nel 1873, Sebastiano Rivolta, docente dell'Università di Pisa, dimostrò che la malattia dei cavalli, nota come “farcino d'Africa”, era sostenuta da un microrganismo del genere Cryptococcus.

1.2 I miceti di interesse clinico: struttura e replicazione

I miceti sono protisti superiori, cioè organismi eucarioti con citoplasma organizzato in modo analogo a quello delle cellule animali. Dal punto di vista metabolico i funghi sono chemiosintetici eterotrofi, generalmente aerobi o anaerobi facoltativi. Le dimensioni delle cellule dei miceti sono intermedie tra quelle batteriche e quelle animali, sia pur con una grande variabilità. Possono essere unicellulari (lieviti) o pluricellulari, anche se uno spiccato dimorfismo di alcune specie ne rende complesso l'inquadramento tassonomico. Il corpo di un micete, unicellulare o pluricellulare è detto tallo. Ogni tallo origina da una spora e le modalità di riproduzione si differenziano notevolmente da specie a specie.

I miceti abbondano nel suolo, sulla vegetazione, nelle acque, crescono sul legname marcescente o stabiliscono rapporti simbiotici con altri esseri; sono, pertanto, microrganismi ubiquitari e solo alcuni possono determinare infezioni nell’uomo. In virtù della modalità di crescita, i miceti di interesse clinico vengono suddivisi in filamentosi (ifomiceti, muffe) o lievitiformi. Nei funghi filamentosi, l’elemento fondamentale è l’ifa fungina, una struttura di forma tubolare (2 – 10 micron) che ha uno sviluppo apicale e mostra numerose ramificazioni. Man mano che si sviluppa una colonia, o tallo, le ife formano il cosiddetto micelio vegetativo

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(Figura 1), mentre verso l’alto si dirama il micelio aereo. Agli apici delle strutture tubolari, si ritrovano spesso anche le strutture riproduttive (micelio riproduttivo). Nella maggior parte degli ifomiceti, le ife sono settate, ma esistono anche miceli cenocitici, nei quali numerosi nuclei sono circondati da una massa unica di citoplasma.

Figura 1. Struttura del micelio

A differenza delle muffe, i lieviti sono microrganismi unicellulari, ovali o sferici. Talvolta, in dipendenza delle condizioni di crescita o altri fattori, i lieviti possono assumere un aspetto a catenella o filamentoso e costituire una pseudoifa (Figura 2). La parete cellulare dei miceti, come quella dei batteri, è situata immediatamente all’esterno della membrana citoplasmatica e in alcuni casi, come ad esempio in Cryptococcus, è circondata da una capsula polisaccaridica. La parete dei miceti è formata da un intreccio di polimeri filamentosi di esosi ed esesosamine, ed uno dei componenti più comuni è la chitina.

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Figura 2. Pseudoifa di lievito

Riproduzione asessuata o vegetativa

Lo sviluppo vegetativo di un micelio cenocitico, implica la divisione nucleare ma non quella cellulare. Ogni nucleo figlio riceve l’intero patrimonio cromosomico tramite mitosi. Successivamente, il micelio può andare incontro a divisione cellulare. Questo tipo di riproduzione non implica scambio di materiale genetico. La riproduzione asessuata (Figura 3) può avvenire per estroflessione o per gemmazione,

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con presenza o assenza di pseudoife. A riproduzione avvenuta, la nuova cellula (blastospora) originerà altre gemme.

Ci sono altri tipi di spore vegetative, i conidi, dal greco Konis (polvere), che si possono formare all'estremità o lungo i lati dell'ifa vegetativa. I conidi si originano a partire da un’ifa specializzata da cui, in seguito, si distaccano. Si è soliti distinguere microconidi e macroconidi, diversi per dimensioni ma, soprattutto, per organizzazione e struttura. I microconidi sono sempre unicellulari, di forma vagamente sferica o ovoidale, mentre i macroconidi presentano setti divisori e forme più clavate o fusiformi. In alcune specie, i conidiofori (in Figura 4 conidiofori di Aspergillus e Penicillium) hanno forme peculiari, tanto che la loro morfologia viene adoperata per la identificazione della specie di fungo.

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Un’altra via di riproduzione asessuata è basata sulla formazione di clamidiospore e artrospore (Figura 5). Mentre le clamidospore hanno una parete molto spessa e resistono a condizioni estreme, le artrospore non sono molto resistenti, si originano per frammentazione multipla e sono deputate a diffondere, per via aerea, grandi quantità di materiale cellulare.

Figura 5. Clamidospore (A) e artrospore (B)

Riproduzione sessuata

I miceti che si riproducono sessualmente hanno un ciclo sessuale che prevede le seguenti tappe: 1) un nucleo aploide penetra nel citoplasma di una cellula ricevente; 2) si forma uno zigote diploide; e 3) attraverso una meiosi, il nucleo diploide origina quattro nuclei aploidi. In alcune specie, la condizione di aploidia è caratteristica della fase vegetativa ed è molto lunga, mentre la fase diploide è intimamente associata al momento riproduttivo, in altre specie, avviene esattamente il contrario. Nelle specie omotalliche, la riproduzione avviene per unione di due cellule della stessa colonia, nelle eterotalliche la riproduzione è possibile solo per unione di cellule di colonie diverse. Gli studi di Bearle e Tatum su Neurospora crassa costituiscono, ancora oggi, il fondamento per la comprensione dei meccanismi genetici della riproduzione micotica e per la formulazione di regole razionali per la classificazione. In base alla modalità di unione ed alla struttura, si riconoscono quattro tipi di spore sessuali: oospore, zigospore, ascospore e basidiospore.

Esiste, nei funghi, una terza via riproduttiva, che garantisce lo scambio genetico senza formazione di gameti strutturalmente differenziati: è il ciclo parasessuale, che si basa sulla ricombinazione mitotica.

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1.3 Classificazione dei miceti

La tassonomia dei miceti si basa, prevalentemente, su criteri morfologici (struttura, modalità di riproduzione e propagazione), pur avvalendosi anche di indagini fisiologiche e biochimiche. Per esempio, se si intendono classificare i funghi in virtù della modalità di crescita, si può parlare di lieviti e ifomiceti, a seconda che si sviluppino in forme blastoconidiali o miceliali. Analogamente, se si considera la presenza o assenza di un plasmodio, si parla di Mixomyceti o Eumyceti. In linea generale, si possono raggruppare tutti i miceti in quattro phila maggiori (Hawksworth et al., 1995): i) Zygomycota, funghi saprofiti (muffe) o parassiti di animali che vivono nel suolo o nell'acqua; ii) Ascomycota e iii) Basidiomycota, raggruppamenti in cui trovano la loro collocazione tutti i macromiceti, ovvero i funghi che producono sporofori agevolmente individuabili ad occhio nudo, siano essi eduli oppure tossici; iv) Deuteromycota, conosciuti come “funghi imperfetti”, a riproduzione asessuata. A questa classe appartengono la maggior parte dei miceti di interesse clinico.

I basidiomiceti provocano spesso gravi malattie nelle piante, ma non determinano malattie infettive nell'uomo. Tuttavia, alcune specie sintetizzano alcaloidi tossici che possono produrre avvelenamenti mortali. La distinzione tra Ascomiceti e Basidiomiceti si fonda sul tipo di cellula che produce le spore (Figura

6). Gli aschi sono strutture sacciformi che contengono le spore sessuate. Anche il

basidio è una struttura specializzata alla produzione di spore.

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I conidi dei assomigliano molto a quelli degli ascomiceti e per lungo tempo si è sospettato che appartenessero alla stessa classe.

A complicare ulteriormente il complesso lavoro di riordino tassonomico, interviene il fenomeno del dimorfismo. Moltissime specie di funghi, si possono sviluppare in forma miceliale oppure lievitiforme, in dipendenza delle condizioni ambientali o nutrizionali. E' il caso di Coccidioides immitis, che nei tessuti infetti si moltiplica in forma di cellule sferiche, mentre nelle colture assume l'aspetto filamentoso peculiare delle “muffe”. Il dimorfismo può essere studiato sperimentalmente, modificando i parametri colturali. Interessanti i funghi come Blastomyces dermatitidis che a 25° si sviluppa con struttura miceliale mentre a 37° assume un aspetto lievitiforme.

Nelle Tabelle 1 – 4 sono riportati i diversi ordini, famiglie e generi appartenenti ai phila Zigomycota, Basidiomycota, Ascomycota e Deuteromycota.

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Tabella 2. Classificazione del Phylum Basidiomycota

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1.4 Le micosi umane: nomenclatura

Con il termine “micosi” si è soliti identificare le affezioni patologiche a carico dell'organismo. La nomenclatura delle infezioni micotiche nell’uomo è stata rivista dal British Medical Research Council, la International Society for Human and Animal Mycology (ISHAM) ed il Council for International Organizations of Medical Sciences (CIOMS), organo dell'Organizzazione Mondiale di Sanità. Negli anni ha prevalso una nomenclatura legata all'identificazione dell'agente eziologico (es. criptococcosi, sporotricosi), rivelatasi però insufficiente a descrivere correttamente la condizione patologica. In ambito clinico, si sono dovuti aggiungere aggettivi che specificassero almeno la sede del focolaio infettivo (es. criptococcosi meningea, sporotricosi polmonare).

Seguendo le indicazioni dell'ISHAM, è auspicabile utilizzare formule tipo: “patologia A causata dal fungo X”. In accordo con tale principio nomenclatore, ad esempio, è più corretto indicare una patologia comunemente conosciuta come “feoifomicosi cutanea” con un'espressione del tipo “cisti verrucosa cronica e sottocutanea causata da Aureobasidium pullulans”. Conformemente a tale regola generale, è possibile utilizzare una classificazione delle affezioni cliniche correlate alle infezioni micotiche che tenga conto, in modo primario, della sede anatomica o della peculiarità funzionale di un tessuto, di un organo o di un parenchima. E’, altresì, vero che i nomi di molte malattie infettive hanno radici comuni con la storia stessa della micologia ed è quindi concepibile e giustificabile il perdurare dell'utilizzo di forme di nomenclatura storicamente più consolidate. L'ISHAM ha proposto alcune indicazioni di riferimento per orientare in modo inequivocabile il microbiologo ed il clinico:

MICOSI: malattia infettiva causata da fungo

Il termine “micotico”, può essere talvolta utilizzato come aggettivo associato ad un sostantivo per identificare una particolare situazione patologica, ad esempio “mastite micotica”

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MICOSI SISTEMICA infezione fungina che coinvolge uno o più organi profondi

MICOSI DISSEMINATA micosi diffusa per via ematica che interessa due o più

organi non contigui

FUNGEMIA presenza di miceti nel sangue

La setticemia micotica implica persistenza e proliferazione dei funghi nel torrente circolatorio

CHERATOMICOSI infezione fungina invasiva della cornea DERMATOMICOSI infezione micotica invasiva della cute ONICOMICOSI infezione fungina invasiva dell'unghia FEOIFOMICOSI infezione causata da funghi dematiacei IALOIFOMICOSI infezione causata da un fungo ialino

ASPERGILLOSI infezione causata da specie del genere Aspergillus FAVO infezione causata da un dermatofita a carico della

porzione interna del bulbo pilifero COCCIDIOMICOSI o

FEBBRE DEL DESERTO infezione causata da Coccidioides immitis

1.5 Le micosi umane: classificazione

Analizzando i vari distretti corporei, le infezioni micotiche più frequentemente riscontrate sono:

Cute, micosi superficiali

Sono infezioni in cui l'agente patogeno è confinato allo strato corneo dell'epitelio. Non c’è alcuna reazione immunitaria. Gli agenti eziologici più frequentemente interessati sono Malassezia furfur responsabile della pityriasis versicolor, Pietraia hortae responsabile della piedra nera e Trichosporon beigelii responsabile della piedra bianca.

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Cute glabra, pieghe cutanee

La malattia più spesso riscontrata è la tinea corporis o tinea carcinata. Anche se l'infezione è confinata allo strato corneo, si ha spesso interessamento dei bulbi piliferi, che fungono da serbatoio per recidive od infezioni secondarie. L'infezione origina da artoconidi o da ife vitali che si depongono sul soggetto e invadendo lo strato corneo, si propagano in direzione centrifuga. L'infezione, in ragione della variabilità geografica, può essere originata da Microsporum audouinii, Trichophyton violaceum (per contatto interumano), Microsporum canis, Trichophyton mentagrophytes (da un animale infetto) o da Microsporum gypseum (dal terreno). Frequenti nei neonati sono le micosi da pannolino, ascrivibili, in massima parte, a Candida spp.. Per ciò che attiene alle pieghe cutanee, si riscontrano patologie a carico della porzione dello scroto maschile, degli spazi intergitali (intertrigine), spesso sostenute da Candida spp. ed, in particolare, da Candida albicans. In alcuni soggetti M. furfur può colonizzare i bulbi piliferi, ma le follicoliti sono causate anche da Candida spp. Le follicoliti metastatiche, che colpiscono il 90 – 95% dei soggetti tossicodipendenti, non sono da porsi in relazione alla Sindrome da Immunodeficienza Acquisita (AIDS), il meccanismo di propagazione infatti è imputabile alla pratica dell’inoculo di eroina per via endovenosa (De la Cuadra et al., 1986) ed alla conseguente piccola lacerazione praticata dall’ago. Con il termine “idi micotiche”, si indicano le eruzioni cutanee che insorgono a distanza di molto tempo da infezioni primarie. Si ritiene che la patogenesi sia su base allergica per sensibilizzazione dei soggetti ad antigeni di origine fungina.

Cute, annessi cutanei, bulbi piliferi, unghie

I dermatofiti, che sono funghi cheratinofilici, possono parassitare lo strato corneo, ma possono invadere anche le strutture pilifere in varie regioni corporee. Con il termine tinea si intende propriamente la penetrazione del pelo da parte del micete. Si riscontrano frequentemente tinea capitis e tinea barbae, la cui patogenesi è da ascrivere a i generi Microsporum e Trichophyton. Tali infezioni possono degenerare originando la tinea favosa, con interessamento e lesione dei bulbi piliferi. Le onicomicosi possono essere sostenute da molte specie fungine, dermatofiti, lieviti

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nonché miceti filamentosi ialini e dematiacei. Le onicomitosi da lieviti sono quasi sempre sostenute dal genere Candida e segnatamente C. albicans, C. parapsilosis e C. tropicalis. Esistono vari fattori predisponenti e spesso sono vere e proprie patologie professionali. Il prolungato contatto con acqua, idrati di carbonio, detersivi complicati dall'uso di guanti in gomma o lattice, favoriscono l'insorgenza di candidosi periungueali seguite da colonizzazione della lamina.

Sottocute

Numerose specie fungine sono in grado di sopravvivere e riprodursi nel derma e nei tessuti sottocutanei. Il meccanismo di penetrazione, sembra essere associato a lesioni o ferite accidentali, in zone precedentemente infettate a livello dello strato corneo. L'infezione dovuta a Sporothrix schenckii, la sporotricosi, si genera solitamente in prossimità di una lesione (spesso il dito di una mano) e poi si propaga risalendo la via linfatica (sporotricosi cutaneo-linfatica). Altra patologia a carico del derma è la maduromicosi, sostenuta da ife ialine e dematiacee. La sede della lesione primaria è di solito il piede (piede di Madura). Nella zona colpita si formano granulomi e talvolta fistole ulcerose dalle quali fuoriescono pus e “grani” tipici della sindrome, ammassi di ife fungine e clamidoconidi cementati da tessuto granulomatoso. Alcune specie di Actinomiceti, provocano una sindrome simile con analoga formazione di grani. Tale patologia va sotto il nome di actinomicetoma. Altri funghi dematiacei provocano rare lesioni definite cromoblastomicosi e feoifomicosi.

Cavo orale

Le infezioni micotiche di natura stomatologica destano grande interesse e prevedono un adeguato e tempestivo trattamento. La contiguità delle mucose buccali con i distretti dell'apparato respiratorio e digerente, la facilità di contatto e trasmissione, impongono una severa sorveglianza. Candida albicans può colonizzare un individuo già alla nascita per contatto coi lieviti frequentemente presenti nel canale del parto. Il 50% circa dei soggetti adulti alberga C. albicans come saprofita nel cavo orale. Alcune alterazioni della mucosa, associabili con la presenza di protesi ortodontiche, secchezza dovuta al morbo di Sjogren e sindromi HIV correlate possono

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determinare l'insorgere del processo infettivo, la stomatite. La forma più antica e comune di questa, il mughetto, è da correlarsi in modo univoco a Candida albicans. Nel neonato, se non trattato, il mughetto può estendersi a zone contigue, coane nasali e orecchio medio, compromettendo notevolmente il quadro clinico. Anche la glossite, infezione della mucosa linguale, è assai frequente, soprattutto in pazienti sottoposti a massive terapie antibiotiche (glossite eritematosa) nei pazienti diabetici (glossite losangica), nei fumatori (lingua villosa nera). Un caso particolare di stomatite è la cheilite angolare, che interessa la commessura labiale e provoca lesioni, anche purulente, agli angoli della bocca.

Apparato otorinolaringoiatrico

La facilità di penetrazione dei conidi nelle vie aeree rende queste sedi anatomiche particolarmente esposte alla contaminazione fungina. Tuttavia le riniti, le sinusiti e le otiti imputabili a funghi sono piuttosto rare. Alcune patologie sono associate a Cryptococcus neoformans e particolarmente pericolose sono le riniti da zigomiceti. Queste ultime sono infezioni acute che possono arrivare ad interessare anche il tessuto cerebrale con prognosi infausta. Il padiglione auricolare, solo occasionalmente diviene sede di una intertrigine, facilmente trattabile. Più complicati sono i casi di sovrainfezione della membrana timpanica quando ad una preesistente infezione batterica si va a sovrapporre la colonizzazione da parte di Aspergillus spp..

Occhio

Nel valutare le patologie oculari, non va sottovalutato il ruolo predisponente sostenuto dall'applicazione ed uso delle lenti a contatto. In particolare le lenti “morbide idrofile” sono determinanti nella patogenesi di cheratocongiuntiviti fungine. Uno studio francese ha rilevato che le lenti di tipo morbido funzionano ottimamente da substrato per la colonizzazione fungina. Si valuta che l'8 – 14% di tali lenti in uso possa essere permanentemente colonizzato (Batellier et al., 1992). Una crescente incidenza delle congiuntiviti fungine si riscontra anche in concomitanza di fenomeni stagionali che vanno ad incidere notevolmente su processi di natura allergica. Nelle secrezioni lacrimali si rilevano prevalentemente C. albicans

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e M. furfur. L'interessamento orbitario può manifestarsi sotto forma cronica od acuta. Spesso le patologie orbitarie sono correlate a precedenti contaminazioni a livello dei seni nasali e sono sostenute da Aspergillus spp.. Le patologie a carico della congiuntiva e della palpebra sono piuttosto rare, mentre la colonizzazione corneale è più frequente. L'assenza di vascolarizzazione, anche capillare, limita infatti l'attivazione di meccanismi locali di difesa. Candida albicans è la specie fungina più frequentemente isolata e si insinua solitamente su patologie preesistenti, come le cheratiti secche o cheratiti da Herpes simplex. Per ciò che attiene alle uveiti e retiniti, si tratta in massima parte di casi già ospedalizzati e con una storia chirurgica e terapeutica importante.

Sedi ginecologiche

L'ambiente vulvo vaginale costituisce un ecosistema assai complesso, fondamentalmente “ostile” allo sviluppo di microrganismi estranei alla normale flora saprofitaria presente. Le barriere naturali offerte dall'epitelio, dal livello di glicogeno, dal pH, dal complesso ritmo degli ormoni ovarici, dalla produzioni di enzimi batteriostatici e battericidi, rende inospitale questo ecosistema. Tuttavia la vulvovaginite sostenuta da funghi è evento assai frequente, in dipendenza di una trasmissione sessuale inconsapevole o di sovrapposizioni con infezioni batteriche, in particolare sostenute da Staphylococcus aureus. Le vulvovaginiti micotiche sono sostenute, per l'80% dei casi, da Candida albicans, C. tropicalis 8%, C. glabrata 7%, Candida spp. 5%. Prurito e dolore alla minzione sono i sintomi più evidenti, ma può manifestarsi anche leucorrea, per sfaldamento delle pseudomembrane che si formano sull'epitelio.

Apparato osteoarticolare

Le micosi a carico dell'apparato osteoarticolare si manifestano di solito come complicanza di eventi chirurgici o infezioni batteriche preesistenti. Le patologie si differenziano in osteiti e le artriti, con rari quadri di discite o borsite micotica. Alla base di una micosi osteoarticolare c'è sempre un envento traumatico o un'artoplastica, ma alcune localizzazioni nel ginocchio si sono verificate a seguito di trapianto di

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fegato. Le localizzazioni osteoarticolari sono imputabili, in massima parte, a Candida spp. e sono sovente periprotesiche. La tossicodipendenza è un fattore altamente predisponente per osteoartriti settiche da Candida spp..

Apparato respiratorio

Le infezioni esogene possono essere sia primitive che opportunistiche, mentre le endogene sono sempre opportunistiche. Si è soliti discriminare le infezioni micotiche in primarie e opportunistiche e solitamente l'eziologia, oltre che la patogenesi, sono ben distinte. Le micosi primitive sono quasi sempre provocate da “funghi dimorfi” che hanno una distribuzione geografica ben conosciuta. In Italia per esempio, possono essere considerate malattie d'importazione. L'istoplasmosi, causata da Histoplasma capsulatum var. capsulatum, ha molte analogie con la tubercolosi, al punto che i quadri acuti rilevati, sono sempre conseguenti ad una reinfezione o riacutizzazione di infezioni primarie asintomatiche. Anche l'esame radiologico propone immagini del tutto sovrapponibili alla patologia di natura batterica, con formazione di caverne alveolari. Le lesioni e la malattia possono evolvere sia in forme croniche che guarire, ma il reperto radiografico mostra sempre segni di calcificazione nelle sedi di infezione. L'istoplasmosi ha una variante africana causata da Histoplasma capsulatum var. duboisii, che si localizza in sede extrapolmonare, a livello della pleura. La coccidioidomicosi è una malattia a distribuzione desertica soprattutto in America Centrale; questa provoca sintomi solo nel 60% dei casi e il quadro radiologico evidenzia noduli ben marginati di addensamento. La coccidioidomicosi innesca anche meccanismi di tossicità ed è frequentemente accompagnata da rash cutaneo e ispessimento linfonodale alla base del collo. Fra le micosi primarie si annovera anche la paracoccidioidomicosi o malattia di Lutz-Splendore-Almeida e la blastomicosi o malattia di Gilchrist. Occasionalmente, sono state osservate e diagnosticate come infezioni primitive, infezioni da Cryptococcus neoformans e Aspergillus spp..

Nelle “micosi da funghi opportunisti”, giocano un ruolo determinante le muffe ambientali, per la facilità con cui i loro conidi, diffusamente presenti nel pulviscolo atmosferico, possono penetrare in profondità nella fase inspiratoria. Le infezioni

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sono spesso sostenute da lieviti, per inalazioni da preesistenti sedi infettive delle vie aeree superiori, o per contiguità prevalentemente ematica. Il micetoma polmonare endocavitario è una patologia che si sovrappone ad un quadro tubercolare ben definito. Le caverne tubercolari, fungono da incubatore naturale per Aspergillus fumigatus che si sviluppa spesso in modo abnorme. La malattia può avere anche decorso asintomatico, ma sono frequenti emottisi per la rottura di piccoli vasi sulla superficie del granuloma aspergillare. L’aspergillosi broncopolmonare allergica (ABPA) è una sindrome aspergillare che si sovrappone a quadri di rinite o asma allergica e il meccanismo patogenetico è legato alla tossicità e reazione di ipersensibilità a livello tissutale. L’agente eziologico è quasi sempre Aspergillus fumigatus. Troviamo poi le micosi polmonari invasive, che possono essere sostenute tanto dal genere Aspergillus che da Absidia, Mucor, Rhizomucor e Rhizopus. I fattori predisponenti l’insorgere della malattia sono correlati all’aumento delle infezioni da HIV, ma si possono rilevare anche in molti pazienti oncologici e trapiantati. La capacità delle ife di penetrare il lume dei vasi provoca copiosi episodi emorragici. Anche i lieviti possono sostenere patologie a carico dell’apparato polmonare. La mucosite tracheobronchiale è solitamente sostenuta da Candida spp.; tale patologia riveste un ruolo importante in tutti i pazienti ospedalizzati e sottoposti a ventilazione forzata. La stasi, la frequente contaminazione nosocomiale, la ridotta motilità polmonare, possono contribuire a determinare sedi infettive anche parenchimatiche.

Apparato cardiocircolatorio

L’endocardite fungina è una malattia in costante incremento e ciò è da correlarsi alla diffusione della pratica cardiochirurgia e segnatamente l’implantologia valvolare. Le endocarditi micotiche sono per il 50% dei casi, imputabili ad interventi di cardiochirurgia, ma molti casi sono segnalati anche a seguito di chirurgia addominale e di tecniche diagnostiche o parenterali invasive (cateteri intravascolari). Escludendo i pazienti chirurgici, l’endocardite colpisce più frequentemente i soggetti agli estremi dell’arco vitale, neonati ed anziani. Ciò è da correlarsi con un ridotto e spesso assente meccanismo di killing cellulare. L’eziologia è da imputarsi a Candida albicans almeno nel 60% dei casi, seguita da altre specie dello stesso genere. In evoluzione

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sono, comunque, anche le patologie dovute ad Aspergillus, conseguenti sempre ad interventi di impianto valvolare o by-pass aorto-coronarico. Le miocarditi e le pericarditi micotiche sono rilevate in numero esiguo e spesso si perviene ad una diagnosi soltanto post mortem. Le mediastiniti sono molto rare e sempre associate ad interventi di sternotomia.

Apparato digerente

Le micosi del tratto digerente sono da correlarsi ad una primitiva colonizzazione del soggetto ad opera di C. albicans. La flora batterica intestinale, peraltro in equilibrio instabile, garantisce che la popolazione micotica non diventi predominante. L’esofagite pediatrica si manifesta col rifiuto del biberon e vomito emorragico, ma tale patologia è anche assai diffusa tra i pazienti sieropositivi. Per la stasi pilorica si può assistere alla proliferazione all’interno dello stomaco di funghi che poi vengono rilasciati nelle porzioni più distali dell’intestino. Le coliti e le enteriti micotiche sono da correlarsi a tumori del tratto colico, alle emolinfopatie o a postumi di interventi sull’apparato digerente. Anche se le epatiti sono assai rare, l’interessamento epatico di una infezione micotica è di solito letale. La patologia è quasi sempre causata da Candida spp. tanto che la sindrome prende il nome di epatite focale da Candida, ma in alcuni casi, da prelievi autoptici sono state isolate anche Trichosporon spp..

Sistema nervoso

Le micosi del sistema nervoso centrale sono, di solito, secondarie ad infezioni di altri distretti corporei. La sede più probabile della infezione primitiva è il polmone. In caso di infezioni del sistema nervoso centrale, sono stati isolati miceti appartenenti a più di trenta generi, tutti ascrivibili alle classi degli Deuteromycetes, Ascomycetes, Zygomycetes. Tra gli agenti di neuromicosi neurotropica, il ruolo più importante lo riveste C. neoformans. La via preferenziale attraverso la quale può instaurarsi una meningite micotica è quella ematica, attraverso trasporto a livello dei seni paranasali per tramite dei vasi linfatici che afferiscono al subaracnoide, per trasferimento di trombi contaminati, per trasferimento diretto a livello dei plessi corioidei.

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Apparato urinario

Le micosi dell’apparato urinario sono raramente diagnosticate in vitam. Di solito si possono sovrapporre a patologie o insufficienze renali instaurate da tempo. La compromissione è di solito bilaterale e non di rado la proliferazione di ife fungine può portare ad ostruzione parziale o totale del rene con conseguente perdita di funzionalità. In ogni caso, le nefriti micotiche rappresentano soltanto il 3% di tutte le patologie fungine correlate. Colonizzando il 50% dei soggetti sani adulti in sede gastrica, Candida è la maggior responsabile delle infezioni delle alte vie. Discorso diverso per la diffusione delle uretriti, balaniti e vaginiti, che colpiscono rispetto alle nefriti una porzione maggiore di popolazione. E’ necessario operare un’ulteriore discriminazione tra la contaminazione asintomatica e l’infezione. Il rinvenimento di miceti nelle urine è un dato frequente e non corrisponde necessariamente a nessun quadro patologico. Alcune pratiche chirurgiche, come il posizionamento di un catetere, la vescica ileale, la cistoscopia, in soggetti colonizzati, possono determinare la comparsa di sintomatologia e l’ascesa della sede infettiva a livello prostatico e, infine, renale.

Micosi e situazioni a”rischio”

In linea generale, le micosi si instaurano quando il normale equilibrio bio-fisiologico di un organismo venga alterato. Le malattie o le pratiche che incidono più marcatamente sono la Sindrome da Immunodeficienza Acquisita (AIDS), le patologie oncologiche, le patologie ematologiche, i trapianti d’organo, i cateteri a permanenza. Anche il diabete e l’immunocompromissione da farmaci, sia pur temporanea, sono determinanti. Nelle infezioni del sistema nervoso centrale, si è osservato che i pazienti con agammaglobulinemia erano più facilmente soggetti. Senza ombra di dubbio, il quadro clinico che si instaura in un paziente trapiantato, prima ancora che la pratica chirurgica venga messa in atto, è il più rischioso per ciò che attiene le infezioni micotiche. Per ciò che attiene ai trapianti di midollo, operando una correlazione temporale con le insorgenze di infezione, è stato dimostrato che la probabilità di contrarre un’infezione post-intervento è elevata solo nei primissimi giorni che seguono ed è direttamente proporzionale al rischio di

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esposizione intraoperatorio (Kotloff et.al., 2004). Superata la soglia del primo mese, l’infezione micotica si presenta come evento rarissimo, mentre sono più probabili patologie virali da Cytomegalovirus o Herpes. Viceversa (Kotloff et.al., 2004), nel trapianto di organi solidi e segnatamente nel trapianto di fegato, le probabilità di contrarre una micosi sono più elevate (Tabella 5), anche a distanza di mesi dall’intervento.

Tabella 5. Il rischio infettivo post-trapianto di organo solido

In relazione, invece, all’AIDS, è necessario correlare la probabilità dell’evento infettivo, con la competenza immunologica dei soggetti in esame. Il marcatore di tale competenza è il livello ematico della popolazione linfocitaria nota come CD4,

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facilmente computabile con gli esami di emodiagnostica. Se in molte pubblicazioni si mette in relazione un aumento delle probabilità di contrarre una micosi con il solo fatto di aver sotto controllo una popolazione HIV positiva, è necessario invece correlare l’andamento e la tipologia delle patologie infettive con la popolazione dei linfociti CD4. Da tener presente che spesso i soggetti sieropositivi per HIV, sono anche HCV positivi e in questi casi la sovrapposizione delle due infezioni riduce drasticamente il numero dei linfociti CD4. In sintesi (Tabella 6), si può affermare che l’insorgenza di micosi in soggetti con AIDS conclamata è rara, almeno fino a quando il livello dei CD4 resta sopra la soglia delle 50 cellule per millimetro cubo.

Tabella 6. Infezioni e neoplasie in AIDS Vs CD4/mmc

1.6 Le micosi umane: ecologia degli agenti eziologici

Nella disamina delle patologie a carico dell’organismo umano, non si possono ignorare le variabili geografiche e culturali, climatiche e sociali che

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contraddistinguono la popolazione del globo. Se ad un crescente miglioramento delle condizioni igieniche primarie è corrisposta una regressione delle affezioni, per esempio a carico della cute, il massivo e spesso ingiustificato utilizzo di molecole antibatteriche, nonché il ricorso alle terapie immunosoppressive, favoriscono l'emergere di nuove patologie. In linea generale si può affermare che i fattori che concorrono l’insorgenza dell’infezione micotica sono molti e spesso concatenati (Tabella 7).

Tabella 7. Fattori predisponenti le micosi

ecologici Alterazione normale flora batterica, insaturazione della transferrina dell’ospite Età, scarsa igiene, defedazione a seguito di interventi traumatici o

lesivi, cateteri a permanenza, ventilazione meccanica locali Alterazione della integrità mucocutanea

endocrini Diabete, sindrome di Cushing, morbo di Addison, ipoparatiroidismo e ipotiroidismo

immunologici Riduzione risposta umorale cellulomediata per patologie acquisite o per cause farmacologiche

Il mutare delle condizioni igienico sanitarie e la trasformazione di una società rurale in una più tecnologicamente avanzata ha sicuramente ridotto e talvolta eliminato la convivenza promiscua fra uomini e animali. Si è assistito così ad un forte decremento delle patologie ascrivibili a dermatofiti, ospiti abituali di animali, anche domestici. Negli ultimi decenni, si va assistendo ad un intensificarsi dei flussi migratori umani da regioni del globo meno accoglienti, verso situazioni geopolitiche più stabili. Alcune patologie considerate debellate o comunque mantenute ampiamente sotto controllo hanno preso nuovo vigore, per il massiccio afflusso di vettori umani ed animali da zone scarsamente controllate da un punto di vista microbiologico. Così, come per l’influenza aviaria o la tubercolosi non sono da sottovalutare possibili fonti di rischio considerate debellate.

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1.7 Miceti di interesse clinico

Cryptococcus. I miceti del genere Cryptococcus si presentano con cellule sferoidali

capaci di gemmare, ma la scoperta di una fase sessuata ha permesso di stabilire che Cryptococcus neoformans è un basidiomicete dimorfico, oggi classificato nel genere Filobasidiella. Nelle colture in agar Sabouraud si rileva solo la forma lievitiforme capsulata che presenta una enorme varietà di dimensioni e non è raro incontrare forme con diametro variabile dai 4 fino ai 20 micron. Sono state isolate ed identificate dodici specie di Cryptococcus, ma solo C. neoformans è realmente patogeno per l'uomo, dove penetra attraverso le vie aeree nel parenchima polmonare, diffondendosi poi per via ematica anche ad altri distretti. Le lesioni a carico del sistema nervoso sono sovente sovrapponibili a quelle causate da neoplasie o ascessi purulenti di origine batterica, per cui si rende necessaria una diagnosi differenziale, ricercando con sospensione in inchiostro di china le cellule eventualmente presenti nel liquido cefalorachidiano. L’infezione da Cryptococcus è rara, ubiquitaria e spesso correlata al contatto dei soggetti con escrementi di piccioni o colombi. Anche nel guano essiccato le spore rimangono numerose e vitali per molto tempo. I volatili comunque non subiscono danni dalla colonizzazione del loro apparato escretore; infatti, l’elevata temperatura corporea, 40-42 °C, propria di questi uccelli, inibisce la riproduzione di Cryptococcus.

Blastomyces dermatitidis. E’ un micete capace di dimorfismo che cresce come in

forma lievitiforme nei tessuti infetti o in colture a 37°C assumendo però l'aspetto ifale se coltivato a 25 °C. A bassa temperatura, Blastomyces si presenta come un ascomicete eterotallico con capacità di formare spore sessuate. Sotto questa forma, la tassonomia lo identifica come Ajellomyces dermatitidis. Anche se la blastomicosi si rileva prevalentemente in Canada e negli Stati Uniti, muffe di B. dermatitidis sono state identificate anche in terreni umidi e alcalini di Africa e Sud America. Nei tessuti infetti, invece, B. dermatitidis assume l'aspetto di lievito con cellule sferiche multinucleate provviste di una parete eccezionalmente spessa ed un diametro fino a

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15 micron. In colture su agar Sabouraud produce gemme adese alla cellula madre con una base molto larga.

Histoplasma capsulatum. Su agar Sabouraud presenta aspetto miceliale peculiare

degli ascomiceti e produce grossi conidi sferici con spicole radiate. Tassonomicamente, questa forma si identifica come Emmonsiella capsulata. Aumentando la temperatura delle colture ed aggiungendo sangue ai costituenti del terreno si può osservare il passaggio ad una forma lievitiforme; le ife presentano setti e si staccano, riproducendosi poi per gemmazione. L'infezione del parenchima polmonare è determinata dall'inalazione di spore, ma quasi mai la prima infezione determina la comparsa di sintomi. L'istoplasmosi secondaria, invece, produce lesioni imponenti in soggetti affetti da patologie preesistenti, quali la tubercolosi o il linfoma di Hodgkin. Negli strisci di sangue periferico o nei preparati istologici si possono ritrovare macrofagi o monociti contenenti piccole cellule lievitiformi.

Coccidioides immitis. Nei tessuti infetti, produce cellule sferiche di grandi

dimensioni, potendo raggiungere diametri fino a 20-60 micron. Queste sporule contengono endospore che si liberano alla rottura della cellula matura, si accrescono, si dotano di una spessa parete e ripetono il ciclo riproduttivo. In coltura, invece, in dipendenza della temperatura di incubazione, si ha lo sviluppo di un micelio con formazione di artrospore a forma di barile, che liberandosi nell'aria divengono potenzialmente molto pericolose. C. immitis è un saprofita dei terreni desertici del Centro America. Durante la seconda guerra mondiale, i medici militari americani ebbero modo di studiare una enorme casistica valutando i soldati di stanza nelle basi desertiche. Il 60% dei soggetti colpiti non presentava sintomi, ma soltanto conversione sierologica. Nel 40% si ebbero manifestazioni varie con percentuali inversamente proporzionali alla gravità della malattia. Infatti solo nell’1% dei soggetti colpiti la malattia si evolveva in forme sistemiche e mortali. Nei prelievi bioptici di casi di polmonite, furono rinvenute nelle cavità simil tubercolari, ambedue le forme del fungo dimorfo.

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Paracoccidioides immitis. Denominato anche Blastomyces brasiliensis, è una

variante Sud Americana di C. immitis. Mostra una diversa la forma delle sporule, che negli essudati e negli espettorati gemmano originando cellule figlie che rimangono adese con microtubuli. Questi “grappoli di cellule” si evolvono fino a raggiungere considerevoli dimensioni per poi lisarsi e liberare nuove spore.

Aspergillus. Il genere Aspergillus presenta circa 185 specie, di cui almeno cinque

patogene per l’uomo (Tabella 8).

Tabella 8. Principali caratteristiche di Aspergillus spp. Specie

Colore della colonia

Aspetto della colonia

A. fumigatus Verde con un bordo bianco Margini netti a superficie granulare, con abbondante produzione di spore pigmentate

A. niger Bianco con punteggiatura nera (teste aspergillari) o colorazione pepe e sale

Margini irregolari, abbondante micelio aereo fioccoso

A. nidulans Verde o giallo-verde Margini irregolari, superficie fioccosa

A. flavus Giallo Margini netti, abbondante micelio aereo fioccoso

A. terreus Marrone Margini irregolari, micelio cotonoso

Aspergillus fumigatus è l’agente eziologico più frequentemente isolato nelle

patologie respiratorie. A. fumigatus non è dimorfico e si sviluppa solo nella forma miceliale presentando in coltura colonie dal caratteristico aspetto polveroso di colore verde-grigio. Le conidiospore raggiungono notevoli dimensioni e presentano all’estremità una vescicola a forma di cupola con un diametro di 30 – 40 micron e una sola fila di sterigmi nella metà distale. Da questi si sviluppano conidi verdastri in file parallele che conferiscono il peculiare aspetto a forma di spazzola o aspersorio. La particolare struttura del micelio aereo, è fondamentale per discriminare le varie specie (Figura 7). Le colonie di Aspergillus spp., mutano velocemente aspetto man mano che si sviluppano. A. fumigatus si presenta dopo 24 – 36 ore con colonie

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bianche che poi mutano a verde marrone per formazione dei conidi maturi e pigmentati. Le spore di Aspergillus sono praticamente ubiquitarie e particolarmente abbondanti in zone prossimali a discariche e impianti di compostaggio, dove la decomposizione di materiale organico di varia origine, ne favorisce la moltiplicazione.

Figura 7. Conidiofori di A. niger osservati al microscopio a scansione

Particolarmente colpite risultano essere le persone o i lavoratori a diretto contatto con questi ambienti. Molte patologie su base asmatica o riniti allergiche sono spesso imputabili ad Aspergillus spp., che colonizzano frequentemente seni paranasali e le alte vie aeree. Le spore possono anche raggiungere il lume degli alveoli polmonari e svilupparsi formando ife che poi invadono i tessuti circostanti espandendosi per contiguità. La malattia ha spesso una progressione infausta con formazione di caverne polmonari, di trombi o emboli e disseminazione per via ematica di Aspergillus che si va ad insediare in altri organi e parenchimi. Uno dei motivi per cui Aspergillus colonizza con successo enorme il parenchima polmonare è che il tallo fungino ha spesso dimensioni superiori a quello dei granulociti o di qualunque altra cellula deputata alla difesa dell’organismo. Nelle colture di laboratorio, non è raro veder sviluppare colonie di Aspergillus. Tale evidenza non è di facile interpretazione,

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data l’alta concentrazione di spore nell’aria, i campioni biologici potrebbero giungere in Laboratorio già contaminati. Una diagnosi quasi certa, prevede l’isolamento di Aspergillus da preparati istologici di tessuto, oppure ripetuti isolamenti da campioni respiratori dei pazienti, una volta che si siano certificate le ottime condizioni di raccolta di materiale o si siano eseguiti dei prelievi protetti. Con le comuni immagini radiografiche è possibili diagnosticare una aspergillosi polmonare solo nel caso di danni ormai evidenti ed irreversibili (Figura 8).

Figura 8. Esame radiografico di paziente affetto da aspergillosi

L’indagine di elezione utilizzata per diagnosticare con certezza l’aspergillosi polmonare è la Tomografia Assiale Computerizzata (TAC) che rende immagini chiare e non altrimenti interpretabili (Figura 9).

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Figura 9. Lesione polmonare da A. fumigatus con alone da infiltrazione di ife Sporotrichum schenckii. E’ l’agente eziologico della sporotricosi, caratterizzata da

lesioni ulcerative nella sede di inoculo e ascessi multipli lungo il percorso dei noduli linfatici. S. schenckii è un micete dimorfico che cresce comunemente sulle piante, nel terreno e anche nel legno. La sporotricosi infatti colpisce sporadicamente ma in modo selettivo alcune categorie di lavoratori (malattia dei coltivatori di rose) con la penetrazione di spine o schegge. Anche in coltura S. schenckii forma un micelio, ma se si innalza la concentrazione di anidride carbonica si possono osservare al microscopio cellule lievitiformi perfettamente isolate le une dalle altre.

Trichosporon beigellii. E’ stato a lungo considerato l’agente eziologico della pietra

bianca, una micosi endemica in Sud America, che determina la formazione di granuli bianchi sul fusto dei peli. Le recenti revisioni tassonomiche e una più accurata pratica diagnostica hanno permesso di differenziare all’interno del genere Trichosporon numerose specie responsabili di micosi cutanee, ma anche più profonde. T. inkin e T. ovoides sono i veri responsabili della pietra bianca, mentre T. beigellii e T. asteroides sono gli agenti eziologici delle infezioni della cute. In alcune lesioni del sottocutaneo e ancora più profonde sono stati isolati T. asahii e T. mucoides. Trichosporon beigellii è un deuteromicete non dimorfico che in vivo

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forma ife di 2-4 micron di spessore che si segmentano originando artrospore e che producono anche gemme che evolvono in blastospore.

Geotrichum candidum. E’ la sola specie del genere Geotrichum patogena per

l’uomo ed è il responsabile di una forma morbosa denominata geotricosi. In coltura può svilupparsi sia in forma lievitiforme che produrre un micelio la cui porzione aerea si distingue per numerose catene di artrospore che si distaccano e si disperdono. Geotrichum può presentarsi come saprofita umano e causare forme di mughetto sulla mucosa orale, simili a quelle di cui è responsabile Candida spp.

Candida. Il genere Candida comprende almeno 200 differenti specie, di cui solo

alcune risultano patogene per l’uomo. Di queste, le specie più comunemente isolate sono C. albicans, C. tropicalis, C. glabrata, C. pseudotropicalis, C. krusei, C. guillermondii, C. sake, C. stellatoidea, C, viswanathii, C. kefir, C. lusitaniae, C. parapsilosis, C. dubliniensis. La distribuzione delle varie specie, l’incidenza degli isolamenti nelle colture, la diretta correlazione con patologie locali o sistemiche è suscettibile di numerose variabili. Nello scorso decennio, si era stimato che almeno il 60-75% delle infezioni in cui è coinvolto il genere Candida fosse ascrivibile a C. albicans e che la rimanente distribuzione percentuale ricadesse principalmente su C. tropicalis, C. parapsilosis, C. glabrata, C. krusei, C. guillermondii (Dormer et al., 1993). Occorre rilevare però che oltre alle variabili nosocomiali, fenomeni pandemici, quali la diffusione di malattie HIV correlate, un sempre crescente utilizzo di molecole antimicotiche e un notevole progresso e mutamento nelle pratiche chirurgiche quali la trapiantologia hanno portato una variazione nella situazione. Specie come C. glabrata e C. krusei presentano una resistenza fenotipica naturale agli Azoli e risulta chiaro che una pressione selettiva importante dovuta alla somministrazione delle terapie abbia contribuito a modificare i rapporti percentuali negli isolamenti facendo salire la responsabilità di specie non albicans fino al 45% (Wingard et al., 1995). Altra variabile importante è l’aumento del numero di trapianti d’organo negli ultimi anni. Purtroppo, insieme a questa pratica chirurgica si è implementata anche l’incidenza di isolamenti di miceti post-trapianto, con un

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aumento fino al 40% (Snydman et al., 2001) e una relativa progressione nel numero dei decessi (Singh et al., 2001) con aumento del tasso di mortalità fino al 50% . Alcune specie di Candida, come C. parapsilosis, presentano poi peculiarità biochimiche che, in particolari situazioni, la privilegiano rispetto ad altre specie. L’utilizzo di dispositivi medici di materiale sintetico, (cateteri a permanenza, materiale protesico, tubi di drenaggio) porta fatalmente ad aprire vie di ingresso dei microrganismi all’interno del corpo umano, ma C. parapsilosis, data la sua capacità di produrre un biofilm, aderisce perfettamente ai materiali plastici, determinando così infezioni sistemiche. Nelle Unità di Terapia Intensiva (UTI), sono in uso da tempo cateteri premedicati con molecole antibiotiche. Se questa pratica riduce l’insorgenza delle infezioni batteriche, privilegia però l’instaurarsi dapprima di colonizzazioni e poi di infezioni di miceti. Sono quindi allo studio materiali protesici e cateteri costruiti a partire da polimeri diversi che non offrono possibilità di adesione o in altri casi, cateteri premedicati anche con sostanze antimicotiche (Schierholz et al., 2000; Yucel et al., 2004). La riduzione di colonizzazioni ed eventi infettivi, usando cateteri supersaturati con rifampicina e miconazolo pare dia risultati soddisfacenti, anche se la loro preparazione è indaginosa e dispendiosa.

Candida albicans resta per diffusione e correlazione eziologia il micete più rappresentativo e studiato fra i deuteromiceti. Nei tessuti infettati da Candida albicans possono coesistere ambedue le forme di questo micete dimorfico. Ritroviamo infatti sia le caratteristiche blastospore di forma ovoidale colorate in viola scuro col metodo di Gram capaci di riprodursi per gemmazione, sia formazioni di pseudoife anche molto lunghe che possono portare alla produzione di clamidospore. Queste pseudoife presentano restringimenti a livello delle giunzioni intercellulari, da cui possono originarsi ramificazioni. Le clamidospore rappresentano una forma riproduttiva più adatta a resistere in situazioni difficili. In vitro, i preparati microscopici tratti da colture su agar Sabouraud presentano per le colonie giovani prevalentemente la forma a blastospora. Man mano che le colture invecchiano si rileva una progressiva presenza di ife. Candida albicans è un commensale di molti distretti corporei; non è infrequente isolare il fungo da colture provenienti dall’orofaringe, da materiale enterico, così come da urine o tessuto

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cutaneo. Raramente l’isolamento è da correlarsi con una reale patologia e l’isolamento di solito non prevede l’implementazione di terapie antifungine. Questo equilibrio fra ospite e commensale può repentinamente evolvere passando dallo stato di colonizzazione ad una vera e propria infezione. I fattori predisponenti sono ovviamente correlati al livello di deficit immunitario, ma Candida albicans può produrre anche vulvovaginiti ricorrenti in pazienti con gravi disturbi ormonali, candidosi cutanee in condizioni igieniche precarie e infezioni profonde nei diabetici. Frequente è anche l’insorgenza di infezioni a seguito di massive terapie antibiotiche che alterano i normali rapporti fra i batteri della flora intestinale, provocando fenomeni di malassorbimento, defedazione generale, calo delle difese immunitarie umorali e cellulari. Le specie del genere Candida più comunemente isolate presentano caratteristiche metaboliche e morfologiche che ben si prestano ad una identificazione differenziale. Le clamidospore sono prodotte in modo pressoché speculare soltanto da C. stellatoidea e C. albicans, ma la prima è molto più rara e scarsamente isolata nei materiali biologici in esame. Utilizzando colture in Corn-meal agar o Rice-agar, fatte crescere a temperatura ambiente per tre giorni, o in agar TOC in tubo a becco di clarino dopo solo tre ore, prelevando con ansa una piccola quantità, è possibile rilevare microscopicamente la presenza dei tubuli germinativi. Al tempo stesso C. krusei è l’unica specie che crescendo su TOC agar è incapace di produrre pseudoife. In tempi relativamente recenti, per differenziare le varie specie di Candida si ricorreva a prove di inoculo in vivo su animali da laboratorio o si procedeva seguendo lunghe metodiche per verificare l’utilizzo di idrati di carbonio per assimilazione o fermentazione. La verifica delle peculiarità morfologiche e biochimiche permetteva di discriminare fra miceti appartenenti a generi diversi ed anche identificare correttamente le diverse specie, almeno per il genere Candida. Lo schema di discriminazione e caratteristiche biochimiche delle specie di Candida di più frequente isolamento sono riassunti nella Tabella 9. Ad oggi i sistemi di identificazione biochimica o l’utilizzo di terreni cromogenici (De Caux et al., 2004) consentono rapide e precise identificazioni di specie, abbreviando i tempi di indagine e permettendo ai laboratori di fornire adeguate e tempestive risposte. Non esiste la possibilità di discriminare le specie di Candida attraverso una verifica della

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morfologia delle colonie o le ultrastrutture osservate microscopicamente, tuttavia sono apprezzabili, soprattutto in colture oltre le 48 ore, marcate differenze morfologiche.

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1.8 Prelievo di campioni clinici

A differenza di quanto avviene per le indagini, dirette o colturali, che mirano a rilevare la presenza dei batteri, per i miceti non è corretto parlare di esami di screening. Solitamente, se il clinico intende richiedere al laboratorio un’indagine per la ricerca dei miceti, lo fa sempre seguendo indicazioni anamnesiche precise o dopo aver formulato un puntuale quadro diagnostico. Di conseguenza, anche i materiali biologici destinati alla ricerca sono di solito selezionati e veicolati al laboratorio in modo conforme alle disposizioni. La raccomandazione delle guideline dell’American Thoracic Society (ATS) per la raccolta dei campioni destinati a ricerca di miceti, (Sarosi et al., 1985) esorta a non congelare mai i campioni, né far sì che si disidratino completamente. Conviene piuttosto mantenerli a temperatura ambiente o se possibile conservarli a 4 °C. E’ doveroso ricordare che un tempestivo invio dei materiali al laboratorio evita sicuramente il proliferare di flora batterica probabilmente presente, che potrebbe inficiare o comunque complicare notevolmente la ricerca. La scelta del materiale da inviare al laboratorio si fa dopo aver osservato un quadro clinico che depone già per una infezione micotica. E’ necessario operare la distinzione tra le indagini di tipo cito-istologico, che mirano a rilevare i miceti direttamente nei tessuti e nei parenchimi interessati, da quelle di osservazione diretta e colturale, che possono individuare i miceti anche nei fluidi corporei. Secondo l’ATS i campioni di elezione per la ricerca dei miceti sono:

Escreato, prelevato al mattino prima di fare colazione, facendo bene attenzione a

non raccogliere materiale salivare.

Broncoaspirato, per aspirazione diretta o dopo broncolavaggio.

Liquor, aspirato mediante rachicentesi. La quantità di liquor aspirato è di solito di

pochi millilitri e a meno di colonizzazioni massive del sistema nervoso centrale, si possono ritrovare rarissime unità formanti colonie (UFC).

Urine, preferibilmente della prima minzione. Se non immediatamente trattate è

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Secreto prostatico, dopo massaggio e raccogliendo in seconda istanza il primo mitto

delle urine emesse a seguito del massaggio. Alcune micosi profonde come la blastomicosi sono diagnosticabili con colture di questo materiale.

Essudati, da lesioni superficiali (cute) o da ascessi più profondi, mediante

agoaspirazione. Le moderne tecniche laparoscopiche permettono alle sonde di raggiungere sedi anatomiche altrimenti precluse e consentono la raccolta di liquidi da ferite o lesioni deiscenti o purulente.

Cute, unghie, capelli, prelevati dopo detersione della zona con alcool al 70% per

ridurre la contaminazione batterica. Le lesioni cutanee possono essere sottoposte a scraping con bisturi o vetrino, preferibilmente ai margini. Il prelievo da unghie deve essere effettuato al di sotto della lamina ungueale, vera sede di infezione micotica. I capelli devono essere prelevati dopo osservazione alla luce di Wood, concentrando l’attenzione solo su quelli fluorescenti.

Sangue, al letto del malato, a seguito dei ritmati rialzi termici, si eseguono prelievi

multipli da inoculare immediatamente nelle bottiglie con terreni bifasici. Sono da preferire i terreni liquidi dedicati anche se i miceti crescono in ogni caso anche nei flaconi per colture batteriche.

Biopsie di tessuto, eseguite in seduta operatoria. Al fine di evitare l’essiccamento

del pezzo bioptico è necessario avvolgerlo in garza umettata con fisiologica sterile e deposto in contenitore idoneo.

Sorveglianza di pazienti in Unità di Terapia Intensiva. Per ciò che attiene ai

pazienti ricoverati per lunghi periodi nelle Unità di Terapia Intensiva (UTI), è necessario effettuare una sorveglianza più serrata, viste le alte probabilità di colonizzazione cui vanno incontro. Solitamente, l’isolamento di miceti dal tratto urinario o dall’orofaringe non costituisce di per se un fattore di rischio, ma, in pazienti sottoposti a ventilazione meccanica e massive terapie antibiotiche, è necessario non trascurare nessun allarme. Secondo le direttive seguite nelle UTI (Pittet et al., 1994) è necessario monitorare più sedi del paziente verificando quante di queste possano risultare colonizzate da miceti (Charles et al., 2005). Solitamente, si eseguono tamponi o prelievi da più sedi: vaginale/uretrale, rettale, urinaria, alla stomia di inserzione della ventilazione, in ogni singola lesione se preesistente un

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politrauma. Se risultano colonizzati i 3/5 delle sedi indagate è ipotizzabile con buona probabilità un’evoluzione verso l’infezione sistemica. A questo punto, si rende necessario approntare anche se in via empirica, una terapia antimicotica. Infatti per i pazienti in UTI, la poli-colonizzazione di sedi diverse viene valutata alla stregua di infezioni sistemiche, e quindi capaci di produrre un danno elevato.

1.9 Trattamento dei campioni

I campioni ricevuti dal Laboratorio devono essere immediatamente trattati. Il laboratorio può essere multidisciplinare e può quindi porre in essere tutte le tecniche diagnostiche necessarie, ma più spesso, la settorializzazione e la specializzazione delle discipline di laboratorio fa si che le indagini microbiologiche possano non essere eseguite laddove invece si effettuano quelle istologiche, siero immunologiche, o viceversa. E’ buona norma, al momento della raccolta, prelevare idonee e necessarie aliquote diverse di campione da inviare ai competenti Laboratori.

Esame Istologico: un buon esame istologico, oltre ad evidenziare la presenza dei

lieviti in un tessuto o in un parenchima, può fornire corrette informazioni anche sullo stato della flogosi locale e della reazione cellulare dell’ospite. I campioni possono essere liquidi, per aspirazione di materiale da lesioni o utilizzo di escreati e bronco lavaggi, o solidi, per asportazione bioptica di tessuto. E’ necessario quindi in dipendenza del tipo di materiale, procedere alla centrifugazione/concentrazione, o alla fissazione. Il fissativo più comunemente utilizzato in passato era quello di Papanicolaou, costituito da una miscela in parti uguali di alcool etilico a 95° ed etere etilico. Data l’infiammabilità della miscela, si privilegiano fissativi a base di formolo, (liquido di Bouin o liquido di Gendre) o fissativi forniti dall’industria in pratiche confezioni spray. I materiali possono essere inclusi in agar o paraffina, oppure si possono allestire direttamente i vetrini, ma al fine si procede ai passaggi di colorazione. Le strutture fungine eventualmente presenti si mettono bene in evidenza utilizzando le colorazioni ematossilina-eosina o acido periodico di Shiff (PAS). Queste tecniche di colorazione non sono specifiche per la ricerca dei lieviti, ma

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ottenendo soprattutto con la PAS, la messa in evidenza dei polisaccaridi semplici, vengono evidenziate le struttura parietali in modo assai netto.

Esame diretto: è consigliabile su tutti i materiali pervenuti in Laboratorio, anche

perché evidenziando l’una o l’altra forma fungina, si possono trarre informazioni importanti per procedere alla scelta dell’idoneo terreno di coltura. Anche se l’indagine microscopica diretta, può portare al massimo ad una “identificazione parziale e presuntiva”, i risparmi in termine di tempo e di risorse saranno notevoli se la prosecuzione dell’indagine colturale, sarà razionalmente decisa sulla base delle evidenze microscopiche (Tabella 10). Data la natura del materiale, può rendersi

Tabella 10. Identificazione presuntiva basata sull’esame microscopico diretto

necessario talvolta procedere ad una omogeneizzazione, aggiungendo piccole quantità di Nacetil-cisteina o KOH al 10%, se necessario riscaldando alla fiamma del becco Bunsen. Talvolta invece può essere necessario concentrare il materiale, come nel caso del Liquor e si può procedere a centrifugazione per 10-15 minuti a 1500 r.p.m. o usando siringhe tipo Swinnex. Tra le indagini dirette si può elencare anche quella per la ricerca di Cryptococcus neoformans mediante sospensione del

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materiale in inchiostro di china. Moderne tecniche di agglutinazione si vanno sostituendo a questa pratica, offrono notevoli vantaggi, in considerazione del fatto che la sensibilità dei test al Lattice è di circa il 95-100% contro quella del 30-50% del test all’inchiostro di china. Dei materiali liquidi o omogeneizzati si possono anche allestire vetrini da colorare con la tecnica di Gram. Le strutture fungine, appaiono di solito in viola scuro per assorbimento e precipitazione del cristavioletto. Un buon ausilio può venire dalla microscopia a fluorescenza che permette di rilevare le strutture fungine ed in particolar modo le ife, dopo aggiunta di reattivi come il “Calcofluor White” o analoghi preparati. Ottimi risultati per l’evidenziazione delle strutture fungine si ottengono (Roberts et al., 1983) utilizzando il microscopio a contrasto di fase. I preparati non necessitano di nessuna colorazione e la visione dei vari elementi nel campo microscopico è notevolmente più chiara e dettagliata rispetto al normale microscopio. L’identificazione dei miceti filamentosi si basa prevalentemente sulle evidenze strutturali dei miceli vegetativi e riproduttivi. Anche se il campione analizzato non è un fluido biologico, ma materiale prelevato da colture, segnaliamo in questo paragrafo le tecniche microscopiche messe in uso. A partire da colture approntate in laboratorio, si può prelevare una porzione di preparato mediante ansa piccola o aghi e preparare uno striscio diretto su vetrino, aggiungendo una goccia di blu di lattofenolo o bleu di Porrier. La fragilità delle strutture conidiali non permette spesso una buona identificazione. Più appropriato è lo scotch test. Con nastro adesivo trasparente e non ruvido, si asporta una porzione del micelio aereo. Si applica lo scotch ad un vetrino portaoggetti facendolo ben aderire e si aggiunge con una pipetta Pasteur una piccola goccia di colorante che penetra per capillarità tra il vetrino e il nastro. Questa tecnica semplice e rapida consente di mantenere più salde le strutture dei funghi in esame, consentendo una migliore osservazione. E’ poi possibile operare una coltura diretta su vetrino, depositando un quadratino di un centimetro di lato di agar Sabouraud su un portaoggetti e seminando alla superficie di contatto una porzione di colonia in esame. Questa tecnica permette di osservare a tempi diversi l’evoluzione della coltura, ma richiede tempi lunghi, e notevole pratica di Laboratorio, per cui è raramente posta in essere.

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Esame colturale: i terreni per la coltivazione dei miceti, si distinguono per quelli

comunemente usati per le colture batteriche per avere un pH acido (intorno a 5.5) anziché neutro. L’aggiustamento del pH avviene solitamente per aggiunta di HCl prima della dispensazione in piastre di Petri. I terreni che storicamente sono stati usati per la coltura di funghi sono il TOC Medium, il terreno di Strippoli, il Cotton Bleu in lattofenolo, il corn-meal agar, ma il più utilizzato è, senza dubbio, il terreno di Sabouraud impiegando come fonte di carbonio il maltosio o, più frequentemente, il destrosio. Il terreno presenta spesso aggiunte di antibiotici allo scopo di inibire la crescita di eventuali batteri presenti. Solitamente sono utilizzati cloramfenicolo e/o gentamicina. Si può considerare il Sabouraud come terreno “standard” per la coltivazione dei miceti, ma occorre sottolineare che esistono terreni specifici per isolare i vari generi che consentono di osservare in modo specifico morfologia e sporulazione altrimenti sacrificate o condizionate. Il terreno di Emmons è un Sabouraud che consente, data la ridotta concentrazione di glucosio, la sporulazione di miceti che solitamente hanno scarso sviluppo di corpi fruttiferi. L’agar BHI, infuso cuore cervello, con aggiunta di cloramfenicolo, è indicato per l’isolamento di H. capsulatum, anche se, una volta isolato, il micete deve essere sottocolturato in terreni privi di sangue per indurre la formazione dei conidi. L’agar Czapek Dox è un terreno povero, ideale per mettere in luce clamidospore e artrospore e per spingere i miceti alla produzione di conidi. Ci sono poi terreni selettivi per dermatofiti, in sostanza si tratta di Sabouraud modificati aggiungendo rosso fenolo (indicatore di pH) capace, mediante il viraggio dall’arancio al rosso, di evidenziare la crescita. Per l’isolamento di Trichophyton spp., si utilizzano terreni alla caseina, addizionati di vitamine, ma è necessario essere sicuri che i materiali non siano contaminati da presenza di batteri, capaci di falsare le prove biochimiche di crecita. Negli ultimi anni sono entrati in uso nei Laboratori i terreni cromogenici, che in presenza di miceti appartenenti a specie diverse sono in grado di generare colonie pigmentate, la cui definizione cromatica consente una identificazione presuntiva. I primi tentativi di utilizzo di tali terreni videro l’uso di BiGGY Agar e Bird Seed Agar, rispettivamente usati per Candida spp. e Cryptococcus spp. Ad oggi sono disponibili terreni policromogenici, capaci di discriminare almeno le cinque principali specie di Candida. Fra questi terreni

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ricordiamo l’OCCA della ditta Oxoid Italia, il CAN ID della francese bioMerieux, il CHROMagar dell’americana Becton Dickinson. E’ utile ricordare che, in dipendenza dei terreni usati, le colonie di un’unica specie possono assumere caratteristiche morfologiche diverse. Questi “morfotipi” assumono spesso nomi derivanti dal loro aspetto. Per Candida albicans si riconoscono per esempio colonie a “cervello”, ad “anello”, a “uovo fritto”, a “verruca”. Le temperature ottimali per lo sviluppo delle colture, variano dai 25 ai 35 °C, ma il sospetto che si possano isolare miceti dimorfi dovrebbe far propendere per l’allestimento di due serie di colture da incubare a temperature differenziali.

Figura

Tabella 1. Classificazione del Phylum Zygomycota
Tabella 3. Classificazione del Phylum Deuteromycota
Tabella 4. Classificazione del Phylum Ascomycota
Tabella 5. Il rischio infettivo post-trapianto di organo solido
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